INSONNIA Dicembre 2019 Gennaio 2020

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 118 Dicembre 2019/Gennaio 2020 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

COLORI IN RETE Era il 2 di febbraio, faceva freddo e nevicava, malgrado il maltempo all’incirca duecento persone si erano radunate davanti al palazzo municipale per esprimere il proprio dissenso nei confronti dei cosiddetti decreti sicurezza. Sono passati diversi mesi, numerosi incontri hanno coinvolto esponenti di associazioni, movimenti e singoli cittadini che condividono valori di accoglienza e di convivenza civile. Ha preso corpo l’idea di costruire una rete che coinvolga famiglie, associazioni, operatori del settore, istituzioni con lo scopo di individuare i bisogni concreti dei migranti nel nostro territorio e mettere in atto iniziative per rispondere a questi bisogni, svolgendo quindi un ruolo suppletivo in una situazione di riduzione dei servizi offerti dallo Stato. Quali sono le motivazioni di questo progetto? Umana solidarietà, certo, semplice ed umana solidarietà. Ma anche la consapevolezza che questa sia la strada per assicurare le esigenze di convivenza e sicurezza a cui tutti teniamo e che rischiano di essere compromesse proprio da quei decreti che pretendono di difenderla, spingendo migliaia di migranti in una condizione di irregolarità e di marginalità sociale disumane e pericolose. Il fenomeno migratorio è vissuto nella cultura oggi diffusa come un problema, un grosso problema, da rimuovere, cancellare. Anche a costo di abbandonare i migranti al loro destino in mare quando sono in viaggio; di condannarli alla marginalità quando sono qua. Eppure decine e decine di migranti vivono da anni a Racconigi, qualcuno tra i racconigesi si è mai accorto che siano un problema per la nostra cittadina?

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SCAMPIA: da questa parte del mondo Incontri fecondi di Giovanni Cappello

Ci sono uomini che per qualche motivo, estraneo alla nostra piccola e testarda ragione, sono destinati a portare il fuoco, come nella preziosa immagi-

ne che ci è stata consegnata dal film dei fratelli Coen, Non è un paese per vecchi, tratto dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy.

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PUMS

I progetti dell’Amministrazione di Racconigi Il Sindaco Oderda a tutto campo tra cura del centro storico, viabilità, parcheggi e sostenibilità a cura di Guido Piovano e Pino Tebano

Sindaco, ci vuole spiegare cos’è questo PUMS? Due sono sostanzialmente le finalità del “Piano Urbano della Mobilità Sostenibile: 1. Agevolare tutta la mobilità agile, che significa rafforzare soprattutto nel centro città l’utilizzo pedonale e ciclabile. 2. Contenere in modo significativo qualsiasi tipo di emissione, quindi salvaguardare velocità e sostenibilità cioè la riduzione della CO2 che si ottiene con la riduzione della percorribilità inutile, promuovendo tutte le mobilità alter-

native. Non sappiamo quale sarà il modello finale delle mobilità elettriche o di mobilità di altra natura ma questo sarà il futuro della città. Un terzo aspetto è quello di educare affinché nell’arco dei prossimi 10 anni in città circolino meno autovetture, quindi immaginare un percorso che ci porti ad ampliare le isole pedonali. È il mandato che abbiamo dato ai redattori di questo strumento.

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XI Congresso Nazionale di Legambiente

IL TEMPO DEL CORAGGIO L’impegno dell’associazione nel denunciare i problemi ambientali e climatici

a cura di Francesco Boggio, Legambiente Circolo il Platano di Carmagnola

Domenica 24 novembre, dopo tre giornate intense, si è chiuso l’XI congresso nazionale di Legambiente con la riconferma delle cariche alla guida dell’associazione. Ospitati nella meravigliosa e suggestiva cornice del museo ferroviario di Pietrarsa di Napoli, oltre 800 delegati dai circoli di tutta Italia si sono riuniti per definire il cammino dell’associazione in un momento in cui senz’altro l’ambientalismo è quotidianamente al centro del dibattito pubblico. Tra i numerosi e autorevoli ospiti il sindaco De Magistris, il Ministro dell’ambiente Costa, il Presidente della camera Fico e poi Don Ciotti, Sandro Ruotolo, Cafiero De Raho e una lunghissima lista di altri interventi. Quello che vogliamo fare però non è un riassunto del congresso, quanto prenderne in prestito il titolo ed elevarlo ad invito personale prima ancora che collettivo. Il tempo del coraggio, questo deve essere. Il coraggio di denunciare i problemi ambientali e climatici, che nonostante la luce dei riflettori continuano ad essere oscuri a molte persone, è l’impegno che tante associazioni, noi compresi, porta avanti da tempo.

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MANDACARÙ NATALE SOLIDALE pag. 2

Bolivia Reportage

Costituzione

LILIANA SEGRE pag. 12

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NATALE SOLIDALE … CON GOLOSE NOVITÀ a cura dell’Associazione Mandacarù

L’Associazione Mandacarù di Racconigi propone a soci, simpatizzanti e amici un modo critico e sostenibile di prendere parte al rituale collettivo del regalo di Natale. I prodotti che trovate presso la nostra Bottega del Mondo sostengono attività economiche sane, fondate sul rispetto dei diritti dei lavoratori e della sostenibilità ambientale, siano essi provenienti dalla rete del Commercio Equo e Solidale o prodotti da Cooperative Sociali sul territorio italiano. A voi la scelta! Panettoni e pandori, presepi dal mondo, cesti e borse di prodotti alimentari, cosmesi e incensi, piccoli oggetti di artigianato, … oppure un gesto di concreta solidarietà a sostegno dei progetti in Ecuador, ad Haiti e in Terra Santa. Una golosa novità: dal mese di dicembre hanno fatto il loro ingresso in bottega i biscotti e i cioccolatini del progetto “Fate sempre i buoni” di Voci Erranti. L’Associazione Voci Erranti lavora da anni per tentare il recupero sociale dei detenuti della Casa di Reclusione “Rodolfo Morandi” di Saluzzo. Il recente laboratorio di pasticceria è un’azione concreta che guarda sì al futuro reintegro del detenuto, ma anche alla sua attuale partecipazione alla vita della collettività. Poter acquistare e consumare questi dolci realizzati in carcere restituisce dignità al lavoro di chi li produce e crea un ponte di relazione su una delle tante “soglie” che separano il nostro mondo in chi sta dentro e chi sta fuori. Il cibo riesce così là dove talvolta noi non riusciamo e supera confini, sbarre, barriere ideologiche e culturali. I volontari dell’Associazione Mandacarù vi aspettano nella Bottega di via Garibaldi, 12 con il nuovo orario di apertura natalizio: il lunedì dalle ore 16.00 alle 19.00; da martedì a domenica dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00.

IL RACCONTO FOTOGRAFICO di questo MESE

SOTTO IL CIELO DI SCAMPIA

In questo numero il “racconto fotografico“ riguarda quel laboratorio sociale che è SCAMPIA, il quartiere di Napoli che ha fatto molte volte parlare di sè per la droga e la camorra. Le foto realizzare da Giovanni Cappello ci presentano un'altra realtà facendoci comprendere che sotto lo stesso celo di Scampia si nascondono germogli di speranza. Le foto del racconto fotografico sono riconoscibili perchè circondate da una cornicetta nera.

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Strategie di marketing di Luciano Fico

Nostro Signore sfogliava sempre più preoccupato la relazione che San Pietro gli aveva fatto pervenire. Come ogni secolo, il Direttore della sua Chiesa gli sottoponeva i problemi a suo avviso più gravi da risolvere. Da quanto sbuffava e da come sudava, fu chiaro a tutti che stavolta il problema era molto, ma molto serio: era dai tempi di Martin Lutero che non lo si era più visto tanto preoccupato. Quando mandò a chiamare suo figlio, fu chiaro a tutti che la situazione stava per scoppiare! “Cristo! Spiegami di nuovo come ti è venuta questa idea del Natale…” E Cristo cominciò, occhi bassi, la sua spiegazione: “Intanto non volevo che fosse una semplice festa di compleanno e così ho fatto in modo che si festeggiasse, nel periodo in cui da sempre gli uomini facevano festa per il prossimo ritorno della Luce…” “Sì, questo lo so. Non ho mai pensato che ti fossi montato la testa, soprattutto da quando ti ho visto in quello stato sul Golgota…ma dimmi cosa avevi in mente, quando hai pensato al Natale!” “Beh…nascendo come son nato, ho capito da subito come fosse importante il calore delle persone che ti vogliono davvero bene: in quella capanna ero felice, anche se Erode mi cercava e nessuno ci voleva, perché avevo vicino i mei genitori, il bue e l’asino, e poi i pastori e persino i Re Magi!” “Così hai pensato ad una festa da vivere in famiglia…ma

come fanno oggigiorno che le famiglie sono scoppiate??? Metà dei bambini può festeggiare il Natale solo con un genitore per volta ed i parenti di quello; i nonni sono pieni di vita, con nuove storie e spesso anche nuovi figli; se poi penso ai matrimoni misti, con tradizioni diverse, neanche la mia onniscienza mi aiuta più! Già con te è stato difficile: ci sono voluti la Stella Cometa e gli Angeli in pompa magna per riunire tutta quella gente! Ma ora sulla Terra hanno solo il gps e tanta confusione in testa…” “Rimane la bella idea di scambiarsi i doni! A me aveva fatto tanto piacere, che ognuno portasse un segno della propria presenza e della propria gioia con un dono…” disse il Cristo con un certo luccichio negli occhi. “L’idea era bella per davvero… Natale la festa del dono…ma questi qui adesso non posseggono più nulla, solo il denaro hanno, quando ce l’hanno. Così si scambiano le buste, sperando di non sbagliare cifra. Oppure, non avendo più tempo, comprano di corsa qualcosa di carino. Pietro mi dice che addirittura non escono neppure più a cercare un dono, ma ordinano su Amazon quanto richiesto tramite un link su whatsapp… Ci rendiamo conto??? E poi io non posso dire le parolacce e nemmeno bestemmiare!!!!!” “…e poi mi piaceva l’idea che la notte di Natale diventasse un momento di attesa e di preghiera…” ormai il Cristo aveva solo più un filo di voce, ben sapendo quali fossero diventate le statistiche sul numero dei cristiani praticanti. Il Capo aveva recuperato il suo aplomb, anche se sul volto era rimasta quell’espressione furente e determinata, che aveva spaventato più di un credente nei millenni precedenti. “Per quest’anno va ancora così, perché ormai è troppo tardi per cambiare qualcosa, ma al più presto voglio una riunione con il tuo successore, Pietro: se non vogliamo chiudere bottega, dovremo puntare tutto sulla Pasqua e lasciar perdere questo Natale, che non ha più niente dell’idea originale di mio figlio…” Il serpente, arrotolato sotto il tavolo sibilò: “E per Amazon non facciamo niente?”


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PUMS

I progetti dell’Amministrazione di Racconigi Il Sindaco Oderda a tutto campo tra cura del centro storico, viabilità, parcheggi e sostenibilità segue dalla prima

Il Piano Urbano della Mobilità ce l’hanno quasi tutti ma quello Sostenibile è più attuale, va oltre. Molto interessante è che avendo incaricato qualcuno di esterno scopriamo aspetti mai immaginati di fruibilità della città, come la reinterpretazione di certi luoghi, punti che potrebbero essere trasformati. È un percorso lento, progressivo che va approvato. Il PUMS è un patrimonio della città e va interpretato come tale, dobbiamo far sì che i cittadini lo metabolizzino. Sono previste ciclovie protette e marciapiedi percorribili per passeggini e carrozzine? Sarebbe bello avere piste ciclabili in tutto il paese, ma ci sono spazi che non lo consentono allora iniziamo a fare in modo che il fruitore della città in bici o a piedi abbia qualche spazio in più. Un esempio è via Regina Margherita dove abbiamo ridotto un po’ la velocità e allargato un po’ i sedimi stradali vale a dire i marciapiedi. In via Priotti abbiamo tentato con i sensi unici alternati ma è un discorso da paesi nordici, avremo invece una pista ciclabile con spazio pedonale di 2 metri e 50 e la strada si ridurrà a 5 metri e 50. Ricaveremo una serie di parcheggi esterni al centro urbano e altri esterni all’area della scuola, sempre nell’ottica di arrivare nel tempo di 5 anni a migliorare la percorribilità nel centro storico con un’area pedonale allargata. Nel frattempo andiamo avanti con la realizzazione della pista ciclabile in via Stramiano, per la quale abbiamo ricevuto i finanziamenti. Sarà in terra battuta al di là del canale, fino alla fine della cinta del Castello per arrivare poi alle cascine. All’interno di questo piano si inserisce il discorso sulle soste a pagamento che riducono l’uso delle auto in centro, nel senso che se arrivi e parcheggi non ti metti a girare; sono l’atto prodromico della riduzione dei parcheggi in centro. Su 1800 parcheggi saranno circa 250 quelli a pagamento, il programma è a 5 anni. Parliamo di via Levis: marciapiedi insufficienti, carrozzine e biciclette contromano, … se mettete i parcheggi blu, bloccate questa situazione per 5 anni. No, il contratto consente la perequazione dei posti. Ci siamo interrogati molto su via Levis. Per ora non cambierà la situazione – ricaveremo qualche parcheggio per le biciclette. La soluzione sarebbe

quella di fare un piano stradale unico ed eliminare i parcheggi, portarli altrove. È vero, questo è il problema centrale, ma oggi non abbiamo le risorse per fare un intervento così significativo, non siamo pronti, dobbiamo fare una cosa progressiva. Il centro si sta svuotando di abitazioni e di esercizi… Siamo di fronte a un cambio epocale del mondo del commercio, l’on-line va pesantemente a sovrapporsi al sistema distributivo. Il sistema botteghe tradizionale sta superando la crisi, con qualche difficoltà in più a Racconigi. Chi cerca “quel” prodotto va alla bottega, chi vuole un prodotto da supermercato sa dove andare. La difficoltà è però nella raggiungibilità dei negozi, cioè il parcheggio, ma non per la singola bottega, per tutta la filiera. Prendi il pane, le scarpe e poi magari anche un caffè al bar, ma devi poter sistemare il mezzo. Sono fiducioso. Un segnale viene dalla prossima apertura di questo nuovo locale ristorante in centro, così come dalla nuova apertura ai Berroni e dalla Soms; entro giugno avremo la nuova Pinacoteca Levis-Sismonda che il 13 dicembre verrà approvata, altro spazio di riappropriazione del centro. Altra bella notizia: è arrivato il permesso della Sovrintendenza per rifare l’ala. Ancora: abbiamo concluso un bellissimo progetto di ristrutturazione della Scuola Media, siamo al 18esimo posto su 382 progetti nel piano finanziamenti. È un bellissimo esempio di sostenibilità:

cappotto termico, rifacimento dei tetti, tetti in erba, controsoffittature, serramenti, illuminazione progressiva nelle aule, sistema di ventilazione forzata con comfort abitativo e consumo di energia minori, piccolo impianto fotovoltaico e solare. Nel centro storico sono previste agevolazioni per le facciate degli edifici? Stiamo aspettando trepidanti il bonus facciate del governo. Poi potremmo guardare ad altri aspetti come l’occupazione del suolo pubblico, un sistema per agevolare ulteriormente chi vuole intervenire. Si parla di una difficoltà nell’applicazione delle normative… Questo è il problema. Bisogna combinare le leggi con quello che è il Piano Regolatore. Devo dire però che il PR poteva essere un poco più ambizioso per quanto riguarda il centro storico; su questo avevo fatto una battaglia economica nel senso che se voglio che si intervenga sul centro devo essere più agile ed economicamente più sostenibile; intervenire, deve essere interessante dal punto di vista della valorizzazione economica del bene. Ora un eccesso di aree edificabili abbatte il valore. Noi possiamo garantire tutta la disponibilità. È meglio vedere il degrado di una serranda arrugginita, di un immobile abbandonato o cercare soluzioni nuove interpretando le norme in un’ottica di sviluppo… Lo stiamo facendo: qualsiasi sia l’intervento richiesto ci mettiamo a disposizione del cittadino, ci sediamo a un tavolo a valutare e discutere, noi politici, l’Ufficio Tecnico e il cittadino. Rendere compatibili le esigenze normative e quelle del cittadino è l’unica strada percorribile. Non c’è scontro tra Amministrazione e Ufficio Tecnico? No, c’è dialettica, ma penso che

la politica non debba rinunciare al primato di dare un imprinting alle esigenze non di tizio o caio ma globali. Deve metterci la faccia. Non deve più dire “è colpa dell’Ufficio Tecnico”: se è colpa dell’U.T. allora è anche colpa mia! Dobbiamo davvero sederci col cittadino, per studiare modalità possibili, allora le soluzioni si trovano. E qualche volta si deve dire di no. Non per niente io, Sindaco, pur non essendo un tecnico mi sono tenuto la responsabilità dell’urbanistica. Avete rapporti con associazioni ambientaliste? Duraturi, no. Pianterete un albero per ogni cittadino, come chiede Stefano Mancuso? Sarebbe una bellissima cosa, devo dire che di verde già ne abbiamo. Posso dire che ogni spazio di recupero urbano avrà la sua strutturina per il verde; in via Regina Margherita all’inizio di ogni porzione di parcheggi avremo un alberello. Raccogliamo comunque le proposte di chi ha maggiore sensibilità su tema. Abbiamo individuato nella viabilità un punto potenzialmente di grande pericolosità ed è l’uscita dal maxisconto che molti fanno in contromano sulla statale. Pensate di metterci mano? Stiamo studiando il problema, valutiamo di ridisegnare la viabilità sul piazzale della Scuola Media. Ancora: perché non fate multe? sembra una chiara politica dell’Amministrazione. Non è così, ma con il Corpo Vigili che abbiamo diventa difficile attendere a tutte le esigenze; però abbiamo fatto una convenzione con una Polizia Municipale Esterna che viene appositamente random a Racconigi a fare sanzioni a tabula rasa. Racconigi, 2 dicembre 2019


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SCAMPIA: da questa parte del mondo Incontri fecondi segue dalla prima

Lo sceriffo Bell, dopo avere attraversato ed essere sopravvissuto a un mondo dominato dalla violenza e a una mattanza di morte, alla fine del film racconta un sogno: Stavo attraversando le montagne a cavallo, di notte. Attraversavo questo passo di notte. Faceva freddo e c’era la neve. Mio padre mi ha superato. Senza dire nulla. Mi ha solo superato. Aveva la sua coperta addosso, e il capo chino. Quando mi ha superato ho visto che portava del fuoco, dentro un corno, come si usava fare, e io potevo vedere il corno dal fuoco che c’era dentro. Del colore della luna. E nel sogno sapevo che stava andando avanti cercando un posto dove poter fare un fuoco in tutto quel buio e freddo. Sapevo che ovunque fossi andato, lui sarebbe stato lì.(1) Davide Cerullo è uno di questi uomini che portano il fuoco, vanno avanti e cercano un posto

Davide Cerullo - SCAMPIA: NON SOLO GOMORRA

ferma a raccogliere un piccolo abete cresciuto chissà come in una fenditura del marciapiede, gli assegna un nome, Fortunato, e subito dopo lo pianta nel giardino della sua creatura, L’Albero delle Storie. Una creatura a sua immagine e somiglianza. Uno spazio a misura di bambino, ma di bambino vero, non quel bambino mortificato da una pedagogia pigramente ludica. Uno spazio per rompere il ricatto della forza del pregiudizio che ancora resiste e pesa su chi è nato e vive in quei luoghi. Sono i bambini di Scampia quelli cui pensa Davide, bambini spogliati dell’infanzia, bambini come lo è stato lui, passato da pascolare le pecore del padre al cemento delle Vele, e poi dal collegio al carce-

dove fare un fuoco nel freddo; lui il posto l’ha trovato a Scampia. “Un tizzone scampato a un incendio”, lo descrive così Erri De Luca e chi lo conosce lo percepisce anche solo a guardarlo: inquieto, schietto fino all’osso, morbido di fronte a un bambino, sempre teso alla ricerca di un dettaglio di speranza nel quotidiano della normalità. Mentre camminiamo per le strade di Scampia, lui parla e ascolta, per lo più ascolta e intanto si

re di Poggioreale. Nel suo primo libro, Ali bruciate(2), ci racconta che a dieci anni era già inserito nella malavita, a quattordici gestiva una piazza di spaccio e a sedici è arrestato per la prima volta. A diciassette sta scalando le gerarchie della camorra e lo gambizzano e lo mandano all’ospedale, fino ad arrivare ai diciotto anni quando è nuovamente arrestato e rinchiuso a Poggioreale. È lì che la sua vita comincia a cambiare: “La mia ascesa nella camorra – dice Davide – è stata interrotta dalla felicità”. Una Bibbia che qualcuno ha lasciato sul suo letto gli apre un mondo inaspettato. In quelle pagine trova un nome come il suo, Davide, anche lui pastore da

bambino, che lo conquista, lo fa “sentire parte di quella storia” e gli apre la mente. Strappa quelle pagine degli Atti degli Apostoli, che ancora conserva, e quando esce dal carcere la sua vita comincia a cambiare. Con fatica, poco alla volta, come i cambiamenti veri. Legge, scrive, si fa una famiglia, va ad abitare al Modena, diventa padre di Alessandro e Chiara, ma poi torna. Torna a Scampia perché è lì che sente di dover portare il fuoco che ha dentro, lì fra i bambini cui è stata rubata l’infanzia come a lui. L’Albero delle Storie è questo, è l’impegno a scaldare le storie quotidiane dei bambini di Scampia perché possano starci dentro, sentirsi parte di qualcosa e di qualcuno, trovare un senso, uno scopo, un abbraccio, un libro da leggere. L’Albero delle Storie è un sentiero di sassolini che garantiscono orientamento e permettono ai bambini di essere bambini. Nel suo piccolo rifugio, una stanzetta senza finestre, piena di tutto quello che è la sua vita, si trova anche un foglietto lilla, su cui Davide ha scritto, a mano, “Quando ero un bambino sognavo

di avere una pistola. Adesso che sono grande sogno di essere un bambino”. In questa frase c’è molto di Davide e tutto della sua pedagogia. Negli anni, da boss della camorra Davide è diventato boss dell’educazione. Per strada lo


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salutano, lo conoscono tutti, si fermano a parlare con lui, se incontra un ragazzo che si fa una canna lo apostrofa, anche duramente ma sempre con rispetto, con quell’autorità senza armi in mano, forte delle proprie convinzioni. La sua è una pedagogia che mescola carezze, abbracci e prese di posizione anche dure, chiare, a volte fastidiose, mai umilianti. Un padre. Un padre vero. Un padre per tutti, quel padre che a lui è mancato e che per questo è diventato così importante. I bambini lo adorano, le mamme lo ringraziano. Uno degli atteggiamenti di Davide è quello di puntare il dito indice alla tempia, come dire: “Pensa!”. Pensare è il suo stile e pensare è quello che propone ai bambini e alle mamme che arrivano all’Albero delle Storie. Niente televisione, niente computer, tablet o cellulari,

chissà quanti anni, alti, imponenti, solidi. Su uno di questi Davide si è arrampicato per legare una corda a cui ha attaccato un copertone: ecco un’altalena che fa volare i bambini, come la

nemmeno palloni da calcio: tappeti, tende, giochi di legno, peluche, fogli, pennarelli, matite e forbici, colla, tavolini e sedie, materassini, automobiline, e tanti libri alle pareti, tantissimi, una vera biblioteca di quartiere. Libri per bambini ma soprattutto libri per adulti. Libri che quei bambini ancora non possono leggere ma possono vedere, annusare; fanno parte dell’ambiente in cui vivono in quei pomeriggi, lo rendono speciale, unico, riconoscibile. E frasi sui muri, il Piccolo Principe a far da padrone e tanti altri. Quei bambini, ancora piccoli, non sanno leggere ma le parole sono vive e quando sono scritte, da qualunque parte, si muovono, crescono, abitano, mettono radici e fanno crescere alberi. Ma Davide non si è fermato ad “arredare” pedagogicamente un dentro, il fuoco non si chiude in una stanza, ed è uscito a colonizzare anche il fuori. Uno spazio verde incolto, una vera e propria giungla, come sono molti giardini e spazi verdi lì intorno. Sotto le mani di Davide e dei suoi amici quello spazio è diventato a misura di bambino. Anzi, per dirla giusta, è diventato a misura di uomo. Animali innanzitutto. La prima a venirti incontro, fiera come solo le capre sanno essere, è Regina, color caffelatte. Al seguito trotterella, piccola piccola, Scintilla. E poi tre pacifici conigli, un’indaffarata coppia di anatre, polli bianchi e galline rosse, spazzolano il terreno e si lasciano coccolare docilmente dai bambini. Bambini che, prima d’ora, non hanno mai visto animali vivi, sono entusiasti e fanno a gara per spargere il mangime a terra. Luca e sua sorella, da quando si occupano degli animali, non vogliono più mangiare carne di pollo. E poi alberi, appena piantati, come l’abete che abbiamo raccolto per strada e un promettente cedro del Libano, oppure che stanno lì da

Nina di De André. E ancora, una corda tra un tronco e un altro sostiene una carrucola cui sta appeso un altro copertone, sempre per la gioia di chi ci sale e si fa correre sospeso in aria. E poi sedie piccole e tavolini e libri, ancora libri, da leggere al fresco dell’ombra. Un murale

bellissimo di un ragazzo iraniano abbellisce un muro di mattoni di cemento. Sullo sfondo torreggiano le Vele, a ricordare che c’è ancora molto da lavorare e non basterà nemmeno abbatterle, perché il pericolo arriva da dentro non dai luoghi, come ama ricordare Davide. Intanto questo spazio verde offre riparo, sostegno, ristoro, speranza di una vita migliore. Là dove c’era una città ora c’è l’erba, verrebbe da dire parafrasando Celentano. Davide e amici hanno restituito alla natura un pezzetto di quella terra incolta, abbandonata. E ora se ne prendono cura, con i bambini a fianco. Una luce nel buio, una lanterna nella notte, questo è L’Albero delle Storie. Questo è Davide Cerullo. (1) Ethan Coen, Joel Coen, Non è un paese per vecchi, Universal Picture, USA 2007 (2 )Davide Cerullo, in collaborazione con Alessandro Pronzato, Ali bruciate. I bambini di Scampia, Edizioni Paoline, Napoli 2009.

SCAMPIA CHIAMA… RACCONIGI RISPONDE E’ probabile che il nome di Scampia evochi in tutti le stesse immagini: la desolazione delle Vele, droga, camorra. Eppure Scampia è tante altre cose. Ce lo racconta l’articolo intitolato “Scampia: da questa parte del mondo”. Un articolo che prende lo spunto dal viaggio che alcuni soci del Fondo di Solidarietà di Racconigi hanno fatto per portare a Scampia il contributo destinato a finanziare il progetto di Davide Cerullo. Un personaggio straordinario, ma non l’unico. Persone che contribuiscono con il loro lavoro a fare di Scampia un vero e proprio laboratorio sociale. Il viaggio è stata l’occasione per scoprire direttamente questa realtà, fatta della gioia dei bambini, di libri, di spazi verdi per il gioco strappati all’incuria e all’abbandono, di caprette e galline con le quali i bambini scoprono la natura, di madri e la loro voglia di riscatto. L’albero delle storie è il nome del Centro dove, nel cuore di Scampia, bambini e mamme possono vivere una nuova esperienza. Ecco, Scampia è oggi anche tutto questo e molto altro. Sotto quello stesso cielo abbiamo scoperto un’altra Scampia, una Scampia di speranza.


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a cura di Guido Piovano

AMORI CONSACRATI, TESTIMONIANZE DI SUORE, FRATI E PRETI OMOSESSUALI

Gabrielli Editori, pp. 244, euro 16 La PREFAZIONE DI don Franco Barbero Dietro e dentro le pagine che ti accingi a leggere, ti verranno incontro storie vere di persone reali, in un cammino spesso lacerante ma infine liberante, in cui l’amore e la fede trovano il modo di intrecciarsi e sostenersi. Così le persone fioriscono e la fede manifesta la sua potenzialità liberatoria, portatrice di pace e di felicità. Da quasi 60 anni ascolto ed accompagno persone omosessuali che, nella ricerca di essere se stesse, hanno fatto esperienza di una chiesa istituzionale molto spesso estranea, ostile o addirittura persecutoria del loro percorso. Qui vengono alla luce testimonianze di suore, frati e preti omosessuali in Italia: una realtà che emerge raramente, se non per suscitare spettacoli e discorsi pruriginosi e costruire scenari da scoop. In queste pagine così documentate e rigorose non si trovano, anche attraverso il grido di dolore e di protesta, se non itinerari di persone che vogliono essere se stesse nella loro

radicate nella fiducia in Dio, trovano la libertà di amare secondo ciò che si è, fuori o dentro un convento, una canonica o un monastero. […]Circa 40 anni fa, nel convegno europeo su “Fede Cristiana e omosessualità”, svoltosi ad Agape nei pressi di Pinerolo, dopo una lunga preparazione avvenuta negli anni 1975-1979, e anche mentre presentavo a Roma il volume di John McNeill, fu per me decisivo lo scritto in cui lanciai il manifesto “Senza chiedere permesso”. Oggi vedo fiorire nei vari luoghi istituzionali questa libertà e responsabilità. Si tratta di persone adulte che finalmente sanno vivere appieno la libertà evangelica fuori dai sensi di colpa e dall’ombra del peccato. […]Tutte le testimonianze di questo libro sono anonime. Devono esserlo perché queste persone possano sopravvivere negli ambienti di Chiesa dove vivono. Le suore, i preti e i frati che in questo libro hanno parlato, se lo avessero fatto a viso scoperto, andrebbero incontro a problemi nelle loro comunità religiose e nelle loro

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parrocchie - dall’ostracismo all’esclusione. Alcuni di loro sono stati mandati dallo psichiatra, altri hanno perso i loro incarichi per il semplice fatto di essersi aperti sul proprio orientamento sessuale ai superiori: tentativi di parola coraggiosi, ma inutili. Anche il fatto che i due curatori restino anonimi deriva dalla situazione di queste persone che non possono rivelare la loro identità senza compromettere il loro impegno ecclesiale. Sono quindi nella stessa condizione delle persone che hanno testimoniato. Questa situazione e in sé specchio della realtà ecclesiale odierna. Come introduttore ed estimatore delle persone che hanno raccolto queste testimonianze, ho ben compreso e condiviso la scelta dell’anonimato, perché vogliono rimanere membri attivi di questa comunità ecclesiale, evitando la curiosità, per nulla utile ad un dialogo sereno. Contatto: librotestimonianze@gmail.com

COSA ABBIAMO LASCIATO O DOBBIAMO ANCORA LASCIARE… parte II

vita individuale, relazionale, amorosa ed ecclesiale. C’è di più: è la fede, finalmente scoperta e praticata come relazione di fiducia totale in Dio, che sostiene e spinge queste persone a trovare il coraggio di manifestare la loro identità, di sentirsi nell’abbraccio di Dio anche dentro luoghi istituzionali inaccoglienti. Persone che,

Nella prima parte di questa riflessione, in sintonia con l’esperienza delle comunità cristiane di base, ho ricordato alcuni riferimenti che non appartengano più al mio cammino di fede: - l’immaginario del Dio punitore, che si accompagna al senso di colpa di catechistica memoria; - la preghiera rivolta a madonna e santi, perché intercedano presso Dio; - l’idea di inferno e purgatorio come luoghi di punizione e l’idea del diavolo, come entità cui attribuire le mie cadute di creatura. Due temi invece sono entrati in questi anni nella mia esperienza di fede: - la prassi della lettura continuativa e comunitaria della Bibbia; - l’opzione per una chiesa ministeriale, in alternativa alla chiesa gerarchica. Di fatto ho abbandonato una lettura

nella quale la Bibbia è cronaca di fatti realmente accaduti e sperimentato la bellezza di una lettura non più orientata dalla, e alla, dogmatica, come se i dogmi stessi fossero nati davvero con la Bibbia. Una lettura condotta in comunità con l’uso di strumenti e commentari, nell’ascolto reciproco dove il prete non è il solo ad essere legittimato ad interpretare e fornire significati. Ho abbandonato l’idea di una chiesa gerarchica e maschilista, dove il ruolo delle donne è secondario, in favore di una chiesa ministeriale in cui alle persone della comunità vengono riconosciuti dei ministeri e luogo in cui si cresce insieme nella fede in Dio, secondo gli insegnamenti di Gesù, si prega, si celebra l’eucarestia, si legge in modo sistematico la Bibbia, si esercitano l’ascolto, la condivisione e l’accoglienza.

Dio ti vede… Insonnia forse di Zanza Rino

Ricordate il grido di dolore lanciato sul numero di settembre? Insonnia naviga in acque insidiose. Le ferree leggi dell’economia fanno pesare le loro ragioni. Dopo più di dieci anni vissuti sul filo del rasoio i conti non tornano. E allora è comparso il bussolotto. Un bussolotto rosso sullo scaffale del

book crossing, con l’invito ai lettori a dare una mano per mantenere in vita il giornale. I lettori hanno risposto, in molti hanno messo il loro obolo… un euro come invocato, qualcuno anche di più. Goccia dopo goccia, ad alimentare le esauste casse del giornale… ma… Ma non basta. Il bussolotto resta lì, in attesa di nuove gocce, chissà che non diventino un salvifico ruscello, ma da solo non può bastare. Gli acciaccati redattori fanno e rifanno i conti della tipografia... loro sono abituati al volontariato e non ci fanno caso, ma chi stampa il giornale deve essere pagato, e deve essere pagato senza ritardi, ci manchereb-

be, su questo nessun dubbio. Col nuovo anno arriveranno i contributi dei lettori che sostengono il giornale. Presto e generosi, si spera: dai vecchi sempre pronti a rispondere, dai nuovi che potrebbero arrivare, da quelli persi per strada magari semplicemente perché si sono dimenticati. E che succede ancora in questi tempi incerti? Succede che i giornali prelevati al book crossing sembrano registrare una improvvisa impennata. Giubilo! Bisogna subito correre ad alimentare lo scaffale. Messi… e scomparsi. Rimessi… e scomparsi. Il giubilo si attenua, anche i più ottimisti sulla natura

umana tentennano. Non è che qualcuno pensa di dare un contributo non richiesto alla diffusione (nella spazzatura) del giornale? Si sa, gli anziani sono sospettosi, ne hanno viste tante nella vita, magari esagerano… ma… E quindi bisogna correre ai ripari. Raffinate strategie di intelligence sono allo studio. E quindi, eventuale ed ignoto attentatore alla libera distribuzione della libera stampa, non credi che ci siano modi più dignitosi per esprimere il tuo dissenso? E comunque… pensaci. Dio ti vede… Insonnia forse.


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LA BOLIVIA SFIORA LA GUERRA CIVILE Che ruolo hanno gli USA? di Chiara Cosentino

Molto si dice e molto si discute sulla situazione politica Boliviana. Non avendo prove, penso non si possa escludere totalmente che gli USA stiano giocando un ruolo dietro la rivolta e non si può fare a meno di pensarlo perché è stata la stessa storia ad avercelo insegnato. Credo che al momento si possa però lasciare l’America in un angolo e provare a capire realmente quello che sta passando ascoltando ciò che la gente stessa cerca di dire. Solo così arriveremo a comprendere esattamente il problema di fondo che sta scuotendo la Bolivia in questi mesi. Innanzi a tutto, bisogna entrare nell’ottica che Evo Morales è andato contro la Costituzione e ha violato una legge ricandidandosi Presidente della Bolivia affermando che c’è bisogno di lui al potere e che nessun altro sarebbe capace di portare a termine questo compito. Questo è il problema principale. Dobbiamo pensare che, in Bolivia, solo nel 1982 ha avuto inizio un governo democratico ed è tutt’ora vivo il ricordo di una dittatura per cui la gente rimane costantemente all’erta e coglie tutti i segnali di pericolo, esattamente come è successo con Morales. Certamente, quando salì al potere, il Presidente indigeno fece molte cose positive e valorizzò la cultura boliviana dando molto spazio e risalto agli indigeni che fino a quel momento erano rimasti sempre ai margini della società. Questo non lo metto in dubbio. Vi lascio immaginare cosa possa aver

Chiara in miniera a Kami con Padre Michelangelo Aimar

significato per i campesinos, mineros e tutta la popolazione indigena. Col passare del tempo, però, il potere deve aver giocato con la mente di Morales tanto da fargli credere di poter arrivare ad ottenere molto di più e a questo punto si dovrebbe smettere di parlare di politica, di partito socialista o no, e per un momento dimenticare gli Stati Uniti. Qui si sta parlando di un uomo che è andato contro la legge, contro la Costituzione, contro il volere del popolo commettendo una frode,

SABATO 14 DICEMBRE ore 15 presso il salone SOMS INVITO- conferenza stampa A

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#COLORINRETE Per costruire una rete sul territorio che coinvolga famiglie, associazioni, operatori del settore, istituzioni che condividono i valori di accoglienza e di convivenza civile per cercare di dare risposte ai bisogni concreti dei migranti:

1. Sistemazione abitativa 2. Lavoro 3. Percorsi di istruzione e formazione.

COSA PUOI FARE TU?

Dona ora; IBAN : IT-38-O-07601-10200-000053989356 indicando causale “colorinrete” - ricordati che le donazioni sono deducibili fiscalmente

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manomettendo i voti auto-dichiarandosi Presidente. Ora, io potrei capire che tutta la storia della frode possa essere e possa sembrare una montatura degli USA se la gente fosse scesa in strada a difendere il nome di Morales. Ma non è così. Qui hanno urlato contro il Presidente accusandolo di essere un dittatore avendo anche delle prove a suo carico. Oggi la situazione è assai complicata. Evo Morales è rifugiato in Messico e prima di andarsene, ha invitato i cittadini che lo hanno votato a scendere in piazza e protestare a loro volta per difendere il proprio voto. I campesinos, i cocaleros, i mineros… stanno tutt’ora bloccando le strade, possiedono armi di cui non si sa la provenienza perché sono armi che questa gente non potrebbe permettersi e si sta parlando di bloqueos per nulla pacifici. Il numero di feriti e morti aumenta ogni giorno e, a La Paz, inizia a scarseggiare il cibo, saccheggiano negozi e case e continuano gli spari in strada. Sicuramente stanno facendo tutto questo perché hanno paura che senza Evo la loro situazione tornerà come prima se non peggio ed è lo stesso Evo Morales a promuovere questo caos. Come si fa a credere a un Presidente che un giorno dice che vuole solo il bene per la Bolivia, e il giorno dopo istiga alla guerra civile? Come si fa a non pen-

sare che tutta la gente che in piazza gridava chiamando la democrazia in realtà stesse esprimendo davvero ciò che pensava senza bisogno di essere per forza manovrata da istituzioni maggiori? Ogni tanto abbiamo bisogno di fermarci e ascoltare. E quello era sicuramente uno di quei momenti. Dimenti-

Bolivia: strade bloccate dalle manifestazioni di protesta

chiamoci della politica e guardiamo i dati di fatto, ascoltiamo la gente che la storia la vive sulla propria pelle, non dimentichiamo che a volte è tutta una questione di principio e che questi principi devono essere tutelati. Evo Morales cerca di giocare a favore della Bolivia? Fa tutto questo perché crede che un altro partito possa far tornare le multinazionali lasciando che le grandi imprese statunitensi sfruttino la Bolivia? Al momento non credo sia il suo principale interesse. Anche fosse, se davvero avesse voluto governare per difendere la Bolivia, avrebbe potuto far ricandidare un’altra persona appartenente al suo partito e continuare con le sue ideologie. Ma lui vuole assolutamente avere il comando. Questa è la differenza e non bisogna rifugiarsi dietro paroloni politici per spiegare e intendere tutto questo. Evo Morales non aveva il diritto di candidarsi, ma lo ha fatto. Non aveva i numeri sufficienti per autoproclamarsi Presidente senza un ballottaggio, ma lo ha fatto commettendo frode. Desidera il meglio per la Bolivia e al tempo stesso sta istigando le persone alla violenza. Quindi condivido la sua richiesta di quarto mandato? Assolutamente no.

COLORI IN RETE AL VIA Nei mesi successivi alla partecipata manifestazione del 2 febbraio 2019 davanti al palazzo comunale di Racconigi sono avvenuti numerosi incontri che hanno coinvolto esponenti di associazioni, operatori di settore e singoli cittadini che condividono i valori di accoglienza e di convivenza civile. In questi incontri ha preso corpo l’idea della costruzione di una rete che coinvolga famiglie, associazioni, operatori del settore, istituzioni con lo scopo di individuare i bisogni concreti dei migranti che vivono nel territorio di Racconigi e mettere in atto azioni utili a soddisfare questi bisogni, svolgendo quindi un ruolo suppletivo in una situazione di riduzione dei servizi offerti dallo Stato. E’ stato costituito, con la denominazione COLORI IN RETE, un coordinamento di famiglie, associazioni, operatori e istituzioni che vogliono dare il loro contributo. Una conferenza stampa avrà luogo sabato 14 dicembre alle ore 15 presso il salone SOMS, al fine di presentare il progetto, esporre le prime iniziative in programma e raccogliere le adesioni al Coordinamento.


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A 30 ANNI DALLA CRC, CHE COSA È ANDATO STORTO?

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Infanzia è stata fraintesa di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Il 20 Novembre avremmo dovuto festeggiarne i 30 anni, ma – come ha detto un’attivista dei Diritti dell’Infanzia – c’è ben poco da celebrare. Chissà cosa direbbe Eglantyne Jebb la crocerossina che nel 1923 scrisse la prima Carta dei Diritti del Bambino o Dichiarazione di Ginevra, che è stata adottata dalla Società delle Nazioni nel 1924 e che ha costituito il testo base per la successiva dichiarazione delle Nazioni Unite! Era da poco finita la Prima guerra mondiale. Orfani, feriti e affamati, i bambini, seppur migliaia, non erano considerati il problema maggiore di un mondo che doveva ricostruirsi e ripartire. Molto colpita dalle sofferenze inflitte dalla guerra ai più piccoli, Eglantyne pensò che fosse necessario affermare alcuni loro diritti fondamentali. Per questo, insieme alla sorella Dorothy, il 19 maggio 1919 a Londra fonda l'organizzazione Save the Children Fund per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini e quattro anni dopo scrive quel documento che costituì la base della CRC (Convention on the Rights of the Child) e che portò il mondo intero ad accordarsi sulla cura e la difesa dei diritti dei minori. Oggi, a 30 anni dal suo esordio, ci ritroviamo a riflettere sullo squilibrio che esiste nella tutela dell’infanzia nel Mondo. E solo un mese fa la reporter Andreja Restek che è venuta a parlare ai racconigesi presso il Museo della Seta ci raccontava del numero esagerato di bambini che soffrono per la mancanza totale dei diritti minimi perché esposti in Paesi in guerra: minori siriani, curdi, centrafricani... bimbi che vivono da anni nei campi profughi, costretti a lavorare come i grandi per poter mangiare qualcosa, senza diritto allo studio né ad una casa, né agli affetti o alla sereni-

tà. Come nello Yemen, dove i bambini che dovrebbero festeggiare la CRC sono prigionieri delle milizie e costretti a diventare bambini-soldato. Sembra impossibile, ma mentre scrivo accade questo a poche ore di aereo dalla nostra Italia, come ci racconta Alberto Melis nel suo un romanzo per bambini “Una bambina chiamata Africa” ( da regalare!). Ho provato a leggerlo ai nostri bambini italiani che mi hanno guardato con occhi sgranati e non volevano più che smettessi...loro, figli di un’interpretazione esagerata della CRC, faticano a concepire che esista un mondo così diverso dall’agio in cui sono immersi. (E devo stare attenta ad informarli, perché rischio di vedermi assalire da qualche gruppetto di genitori inferociti pronto ad accusarmi di traumatizzare i figli). Mi chiedo a volte se non abbiamo anche noi adulti italiani stravolto la dichiarazione dei diritti dell’infanzia costruendo per i nostri figli una sorta di mondo parallelo in cui siamo diventati i loro paladini e ... servitori. Un mondo fatato nel quale i nostri ragazzi non possono più crescere, perché glielo impediamo per paura che possano soffrire. Immersi in diritti senza doveri, pretese senza sforzo di conquista, così crescono questi nuovi bambini, “occupati” in faccende ludiche a 360 gradi, con gli adulti che si adoperano perché essi possano riempire le giornate al meglio, togliendo loro però, inconsapevolmente, il diritto di sbagliare, capire e organizzarsi da soli. Un esempio piccolo piccolo: a tavola, quando i grandi parlano di cose da grandi e i piccoli potrebbero ascoltare il loro mondo, prenderne le misure e comprenderne un po’ i meccanismi e i parametri, i nostri nuovi bambini sono

attorniati di adulti preoccupati di farli divertire, affinché non disturbino. Perché da noi il bambino può solo giocare, ma non può provare a diventare adulto, non ha il diritto di osservare la vita così com’è, con i suoi schiaffi in faccia e le conquiste, con le difficoltà e le sue stupende e faticose battaglie per superarle, quella stessa vita che tutti abbiamo dovuto affrontare. Gli adulti, senza accorgersene, tolgono costantemente ai bambini il diritto di ascoltare, di fare connessioni da soli, di trovare personalmente le soluzioni ai drammi della loro giovane esistenza. Se anche volessero provarci, perché i bambini ne sarebbero capaci, c’è qualche mammina o papino che, lancia in resta, lo va a difendere ovunque si trovi e qualunque età egli abbia. Chiedete agli insegnanti di ogni ordine e grado! Anche alle superiori, quanti genitori giungono arroganti ad affrontare i prof che - a loro dire – farebbero ingiustizie nei confronti del proprio marmocchio che magari ha già com-

piuto i ...15 anni! Qualcosa è andato storto! Se abbiamo genitori che non comprendono il diritto del proprio figlio di imparare dalla vita, di sbattere il naso, di provare e riprovare a cavarsela da solo, di trovare idee e strategie per vivere al meglio... Questa libertà che alla mia generazione (ormai di nonna) è stata data a tutti i bambini, oggi è una chimera. Riflettete, quando pensate di difendere con cipiglio i diritti di vostro figlio: ricordatevi che siete i primi a mancargli di rispetto! Perché la cura non è asfissia. Al contrario; è uno sguardo attento e coraggioso, ma a una certa distanza, che lascia sperimentare, con fiducia. Impariamo dalle cicogne, nostre concittadine da tanti anni! Esse lasciano partire i loro piccoli da soli nella migrazione verso l’Africa. Rischiano tanto, ma ... sanno che la vita va sperimentata. E sono certa che da lontano prestino attenzione al loro volo, seguendoli col cuore.

Convention on the Rights of the Child Per ricordare un po’ di storia: la CRC è stata scritta con lo scopo di creare un insieme di garanzie minime a tutela dell’infanzia nel mondo, accettabili dall’intera comunità internazionale. È considerato un documento innovativo perché racchiude in un unico trattato l’intera gamma dei diritti civili politici, economici, sociali e culturali dell’infanzia (infante = da 0 alla maggiore età), ma soprattutto la Convenzione sancisce una rivoluzione culturale riconoscendo il minore come soggetto di diritto, e quindi titolare di diritti in prima persona e non soltanto come oggetto di tutela e assistenza.

La CRC è composta di 54 articoli ed è suddivisa in un preambolo e tre parti: - la prima parte di 41 articoli contiene l’enunciazione dei diritti, - la seconda di 4 articoli individua gli organismi preposti e le modalità per l’implementazione e il monitoraggio della Convenzione stessa; - la terza (art. 46-54) spiega come i Paesi del mondo possono ratificarla e attuarla. La CRC è lo strumento internazionale più condiviso: è stata infatti ratificata da 196 Paesi, cioè da tutti i Paesi del mondo ad eccezione degli Stati Uniti.


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Parliamo di odio

Questo strano sentimento! di Maria Teresa Bono

Che cos’è l’odio? L’odio è un sentimento umano che si manifesta con atteggiamenti negativi fino a raggiungere la volontà di distruggere, annientare il soggetto odiato. Questo è uno dei sentimenti più pericolosi del genere umano, poiché non ha mai portato a buon fine alcuna questione, ma ha sempre generato intolleranza, ostilità e violenza. Chi odia non comprende le esigenze degli altri, né le ragioni e le sofferenze altrui, accecato dal bisogno di vendetta perde ragione e razionalità, convinto di essere nel giusto. In certi casi l’odio si allarga a macchia d’olio, molti si lasciano condizionare da persone influenti che hanno il potere di trascinare in questo oblio soprattutto soggetti scontenti, delusi, infelici della propria esistenza e privi di opinioni personali. Ma oggi l’odio dove lo possiamo trovare? Le guerre sono sempre state grandi portatrici di odio, in questo caso l’odio avanza in nome di un Dio che non è il loro, perché i propri credi non sono i loro, perché la propria pelle è diversa dalla loro. Perché, perché, perché … così si innalzano muri perché voi starete di là e noi staremo dall’altra parte, perché l’odio ha deciso così. Questa è una storia vecchia come il mondo perché purtroppo la storia si ripete. Le forti migrazioni degli ultimi anni hanno fatto sì che l’odio s’infiltrasse anche negli animi del nostro paese, dove episodi di razzismo e discriminazione sono tornati al centro delle notizie quotidiane. L’odio si trova negli stadi dove si urlano inni razzisti ai calciatori di colore, sui mezzi pubblici dove si nega un posto a sedere ad una bimba di pelle scura, verso i ragazzi profughi chiamati sporchi negri. L’odio si può trovare in Parlamento dove si offende e si disprezza una donna (nonché senatrice a vita) sopravvissuta ad Auschwitz mentre sul web viene quotidianamente insultata e minacciata. L’odio si trova fra alcuni rappresentanti politici che augurano alle ONG di affondare con donne e bambini, durante la traversata (da qualcuno definita crociera), su alcuni canali televisivi dove si dà voce a figure dichiaratesi pubblicamente fasciste che esibiscono un corpo totalmente tatuato da svastiche, volti di Mussolini ed Hitler. L’odio serpeggia fra un gruppo di ragazzini che insultano pesantemente e picchiano brutalmente una giovane donna africana che per le percosse subite perde il bimbo che portava in grembo. L’odio si trova sul web dove la gente si sente autorizzata ad insultare gratuitamente, si dicono cose

che mai si avrebbe il coraggio di dire di persona, si diventa leoni protetti da uno schermo, ci si sente più forti quando si fa parte di un gruppo che bullizza un compagno di scuola perché “diverso” o portatore di “handicap”, lo si distrugge psicologicamente fino all’esasperazione con un odio spietato e sprezzante. Le ideologie razziste e fasciste non sono mai morte, semplicemente si erano assopite perché se ne avvertiva l’illegalità nell’esternarle e nella non condivisione. Oggi tornano a farsi strada ed a entrare sfacciatamente tra di noi. Ma perché? Cosa sta cambiando? Alcuni sostengono che razzismo e fascismo siano due cose diverse, ho i miei dubbi perché le leggi raziali furono firmate nell’era fascista da Vittorio Emanuele III, sostenitore di Benito Mussolini. Fascismo e razzismo hanno un grande connubio in comune: l’odio. Alcuni sminuiscono e sdrammatizzano la gravità dei fatti, altri li ignorano, si voltano dall’altra parte poiché la cosa non li riguarda. Quest’ultima si chiama indifferenza. Purtroppo settant’anni fa tutto incominciò così, si odiava un popolo che poi fu sterminato, si odiavano i diversi, gli zingari, i disabili, coloro che la pensavano diversamente. L’odio fece il suo percorso, prima di fronte all’indifferenza, poi di fronte all’assuefazione ed infine nel delirio.

9 Qual è allora l’antidoto contro l’odio? Forse l’amore? Cara terra nostra, tu con noi sei stata generosa e ci hai dato l’opportunità di poter vivere in modo equo e pacifico, purtroppo l’uomo non ha compreso il tuo messaggio e con te non è stato altrettanto riconoscente. Chissà se mai potrai perdonare tutto il male che ti è stato fatto e che ti stanno facendo.


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(R)esistiamo Insieme: serata contro la violenza di genere

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“NESSUNO LASCIA LA PROPRIA CASA A MENO CHE CASA SUA NON SIANO LE MANDIBOLE DI UNO SQUALO” DI WARSAN SHIRE Il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, alla nuova sala Soms, con l’organizzazione del Comune di Racconigi e del Centro culturale “Le Clarisse” e con la conduzione dell’Associazione Mai+Sole in collaborazione con Goccia Dopo Goccia, Progetto Cantoregi e Tocca a noi, ha avuto luogo uno spettacolo in cui si sono alternati musica e letture sul tema della violenza di genere selezionate a cura delle associazioni che hanno ideato la serata. Sul palco, insieme ai numerosi lettori ed ai presentatori Cristina Ferrero e Federico Soldati, anche il gruppo musicale femminile Madamè, Serena Fumero e Bartolo Piacenza.

Tra le diverse proposte, particolarmente significativo ci è sembrato il testo di una poesia della giovane poetessa britannica di origine somala Warsan Shire, “Casa”, letta da Gabriele Caradonna. “Casa” parla a esseri umani in cammino, a tutti noi migranti alla ricerca di un porto sicuro, parla di pace e accoglienza. È storia di bambini vittime di guerre ingiuste, di famiglie in fuga, di madri che in fondo al mare stringono al petto i loro bimbi. Warsan Shire parla di immigrazione da immigrata.

CASA Nessuno lascia la propria casa a meno che casa sua non siano le mandibole di uno squalo verso il confine ci corri solo quando vedi tutta la città correre i tuoi vicini che corrono più veloci di te il fiato insanguinato nelle loro gole il tuo ex-compagno di classe che ti ha baciato fino a farti girare la testa dietro alla fabbrica di lattine ora tiene nella mano una pistola più grande del suo corpo lasci casa tua quando è proprio lei a non permetterti più di starci. Nessuno lascia casa sua a meno che non sia proprio lei a scacciarlo fuoco sotto ai piedi sangue che ti bolle nella pancia Non avresti mai pensato di farlo fin quando la lama non ti marchia di minacce incandescenti il collo e nonostante tutto continui a portare l’inno nazionale sotto il respiro soltanto dopo aver strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto singhiozzando ad ogni boccone di carta ti è risultato chiaro il fatto che non ci saresti più tornata. Dovete capire che nessuno mette i suoi figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra Nessuno va a bruciarsi i palmi sotto ai treni sotto i vagoni nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion nutrendosi di giornali a meno che le miglia percorse non significhino più di un qualsiasi viaggio. Nessuno striscia sotto ai recinti nessuno vuole essere picchiato commiserato Nessuno se li sceglie i campi profughi o le perquisizioni a nudo che ti lasciano il corpo pieno di dolori o il carcere, perché il carcere è più sicuro

di una città che arde e un secondino nella notte è meglio di un carico di uomini che assomigliano a tuo padre Nessuno ce la può fare nessuno lo può sopportare nessuna pelle può resistere a tanto Andatevene a casa neri rifugiati sporchi immigrati richiedenti asilo che prosciugano il nostro paese negri con le mani aperte hanno un odore strano selvaggio hanno distrutto il loro paese e ora vogliono distruggere il nostro Le parole gli sguardi storti come fai a scrollarteli di dosso? Forse perché il colpo è meno duro che un arto divelto o le parole sono più tenere che quattordici uomini tra le cosce o gli insulti sono più facili da mandare giù che le macerie che le ossa che il corpo di tuo figlio

fatto a pezzi. A casa ci voglio tornare, ma casa mia sono le mandibole di uno squalo casa mia è la canna di un fucile e a nessuno verrebbe di lasciare la propria casa a meno che non sia stata lei a inseguirti fino all’ultima sponda A meno che casa tua non ti abbia detto affretta il passo lasciati i panni dietro striscia nel deserto sguazza negli oceani annega salvati fatti fame chiedi l’elemosina dimentica la tua dignità la tua sopravvivenza è più importante Nessuno lascia casa sua se non quando essa diventa una voce sudaticcia Che ti mormora nell’orecchio Vattene, scappatene da me adesso non so cosa io sia diventata ma so che qualsiasi altro posto è più sicuro che qui. Warsan Shire

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) - ITALIA

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…VI CHIEDO UNA COSA SOLA: RICORDATEVI DI ME, OGNI GIORNO

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a cura di Rodolfo Allasia

LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Principi Fondamentali Art.3

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Il MIUR (Ministero Istruzione Università e Ricerca) per l’anno scolastico 1918/19 ha indetto un Concorso per studenti delle scuole superiori avente come tema un commento all’art. 3 della Costituzione Italiana. Il Liceo Arimondi di Savigliano nello stesso anno scolastico ha attivato per gli studenti un Laboratorio di Diritto, facoltativo, a cadenza settimanale, dove vengono affrontati temi giuridici ai quali si affiancano riflessioni filosofiche e discussioni su Diritto e Costituzione. Il laboratorio è stato guidato dai professori Casarole e Turco e prosegue anche nel corrente anno scolastico. La partecipazione al concorso, promosso anche dai Costituzionalisti e dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti è stata numerosa ma sono stati premiati a pari merito il Liceo Arimondi e la Scuola Magistrale di Pescia (Pistoia). Una rappresentanza degli studenti di queste scuole è stata accolta presso la sala Aldo Moro del ministero della pubblica istruzione. Il testo doveva stare entro le 2.000 battute e noi di insonnia siamo felici di pubblicarlo per il prezioso contenuto di riflessioni che i ragazzi hanno saputo comunicare a tutti noi e perché resta nei limiti dello spazio entro il quale sempre ci auspichiamo che i nostri redattori rimangano.

I ragazzi del Liceo Arimondi alla premiazione

Buongiorno, mi presento: sono l'articolo 3, nato il 1.1.1948 da un‘idea di Lelio Basso. I miei genitori sono la Repubblica Italiana e i Padri Costituenti. Ho 138 fratelli, di cui due gemelli, gli articoli 1 e 2. Sono stato fortemente voluto in quanto mia mamma Italia arrivava da un periodo molto difficile: vent‘anni di dittatura, due guerre mondiali, povertà, mancanza di ogni libertà. Sono composto da due anime: la prima è l’uguaglianza formale di tutti i cittadini di fronte alla legge senza discriminazioni di sesso, razza, lingua, opinione politica; la seconda è invece quella che mi rende unico al mondo ed è l’uguaglianza sostanziale: ognuno deve essere trattato secondo le proprie peculiarità, per poter disporre delle stesse opportunità. Fin da subito ho dato vita a dibattiti accesi: tutti i Costituenti concordavano sull'uguaglianza tra i cittadini, ma non tutti volevano riconoscere il ruolo dello Stato nella rimozione degli ostacoli che di fatto la limitano, perché ritenevano "una norma di

questa vaghezza e ampiezza un pericolo", in quanto causa di possibili interpretazioni differenti. Prevalse la tesi più garantista, tuttavia la mia esistenza non è mai stata scontata: c‘è sempre stato qualcuno che ha pensato che io, art. 3, non esistessi. L'uguaglianza formale e sostanziale sono una conquista quotidiana, anche oggi si finge di non sapere che io devo essere applicato a qualsiasi persona si trovi sul territorio italiano, terrestre e marittimo, e non solo ai cittadini, come ha da sempre affermato la Corte Costituzionale. Purtroppo, però, una grave malattia mi sta devastando: l’analfabetismo funzionale e di ritorno. Oggi sono molte le persone che non sono in grado di comprendere ciò che leggono e ascoltano, diventando facili bersagli di un dilagante populismo. Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia e dell'uguaglianza: poche parole, poche idee, poche idee, poca democrazia. Quest'ultima deve permettere a ogni uomo di avere la sua parte di sole e di luce, attraverso la scuola, organo costituzionale e vitale della democrazia come la definì Piero Calamandrei. In una società in cui l'ignoranza è motivo di vanto, la povertà della comunicazione si traduce in povertà di intelligenza e privazione di opportunità. Siamo uguali ma diversi e abbiamo bisogno della libertà per evitare gli abusi del potere dello Stato e dello Stato per evitare l'abuso della libertà. "Voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica”. Per questo vi chiedo una cosa sola: ricordatevi di me, ogni giorno.

Sabato 23 novembre, incontro nella sala consiliare del municipio

Il Sindaco Oderda ai giovani: “Prendetevi la responsabilità di diventare 18enni”

L’Amministrazione dona ai neo-maggiorenni la Costituzione al fine di divulgarne i principi e stimola la loro partecipazione attiva alla vita cittadina, attraverso l’incontro con le associazioni del volontariato a cura di Guido Piovano

“Conoscere il mondo del volontariato e dell’impegno sociale costituisce per voi giovani un momento di crescita e di assunzione di responsabilità. Determinazione, capacità ed impegno è ciò che vi chiede da oggi in poi la collettività”. Con queste parole il Sindaco ha accolto i 19 diciottenni che, a fronte degli 81 invitati, hanno risposto all’iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Racconigi e in particolare della consigliera delegata alle Politiche Giovanili, Giulia Porchietto. All’incontro erano state invitate le associazione del volontariato di Racconigi che hanno provveduto ad una breve presentazione di attività e finalità, volta a destare interesse nei giovani e a favorire un loro avvicinamento alla realtà del volontariato. Erano presenti 18 associazioni. Nella cerimonia di consegna della Costituzione, la consigliera Porchietto, rivolgendosi ai 18enni li ha così interpellati: “Da dove potete partire per ac-

quisire consapevolezza nei vostri diritti e nei vostri doveri e diventare padroni di voi stessi, più liberi e più autonomi, se non dalla Costituzione?” Prima della fotografia ufficiale, il Sindaco ha ancora rivolto ai giovani un ultimo accorato appello: “Voi avete nelle vostre mani il futuro di questa nostra collettività; cominciate dal piccolo perché bisogna guardare lontano facendo un passo per volta. Cominciate dal vostro dovere civile e personale di studenti, di lavoratori, di cittadini modello che sapranno anche esprimere quella coerenza e onestà che spesso nell'ambito politico non si vedono. Il vostro futuro potrà solo essere migliore di quello che viviamo oggi, se sarete in grado di assumervi le vostre responsabilità, di avere coraggio, di avere ambizioni, di avere la forza di sostenere le vostre opinioni. Questo è l'unico modo che vi consentirà di essere uomini e donne felici con un vostro ruolo nella collettività”.

Da parte nostra, di questi tempi, ci possiamo solo augurare che in futuro siano sempre più numerosi i giovani che aderiscono a questo tipo di iniziative.


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Per non dimenticare

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Lettera aperta all’on. Liliana Segre di Virna Lava

Signora Segre, Le scrivo dopo i fatti recenti, perché voglio condividere con lei e con chi vorrà il mio pensiero legato a questa Storia che sembra lontana eppure attuale per certi versi. La storia di tanti di noi, noi che fin da piccoli ci facciamo raccontare storie, a volte favole con una morale, racconti per imparare valori fondamentali o legati alla fantasia per farci volare lontano; ascoltandole la nostra mente viaggia e ci trasporta lì e noi immaginiamo paesi fantastici, eroi che ci salvano, e tanti lieti fini. Ci sono storie e poi c'è la Storia, che è fatta da miliardi di storie tutte insieme tutte in successione; anche quest’ultima ci viene raccontata, si dice per insegnarci ciò che è stato e far sì che non si ripeta. Purtroppo forse è davvero difficile riuscire ad immaginare certe cose, come invece ci viene semplice volare con la fantasia. Perché a volte la realtà la supera di gran lunga, in peggio. Ho avuto la fortuna di sentire la Storia oltre che studiarla a scuola. La Storia recente, sì perché 70 anni non sono poi così lontani. La Storia di famiglie spezzate, deportate, cancellate, come nomi scritti a matita da gomme impugnate da folli. Ho sentito questa Storia maledetta raccontata a voce, sono una di quelle fortunate che ha avuto nella propria vita dei sopravvissuti a tutto l’orrore. Le mie prozie e mio nonno. La mia famiglia non è d’origine ebraica, ma questo non ha tenuto lontano l’orrore di ciò che è stato. Da una parte i racconti delle mie prozie, trasferite dal Veneto a Torino per aiutare la famiglia d’origine. Sotto i bombardamenti, rimaste sepolte sotto palazzi, vittime della fame, sfollate nei rifugi. A lavorare come se ancora tutto fosse come prima e pensare che in fondo, loro, erano fortunate. A pregare anni che tutto arrivasse alla conclusione, a fare in bicicletta anche 60 km per trovare farina "a borsa nera", a portare di

nascosto cibo ai partigiani, a resistere! E poi il racconto più crudo, quello che davvero ancora oggi è per me impossibile da immaginare. Quello di mio nonno, un ragazzo di 17 anni, soldato, fatto prigioniero, privato della libertà, del suo nome, portato lontano in un luogo sconosciuto da quelli che dovevano essere alleati e che hanno dato il via a questa follia. Solo, seppure con altri, al freddo, affamato, non più un uomo ma un numero, il 303537 a cui dei tiranni in divisa in una lingua sconosciuta urlavano ordini. Ricordo che era un uomo di fede mio nonno, finché ha potuto ha frequentato la chiesa ogni domenica. E quando ci penso mi chiedo dove, dopo tutto quell’orrore, trovasse la forza per credere, forse me lo chiedo perché oggi è così difficile credere in qualunque cosa, persino in ciò che siamo certi sia accaduto. Lo ricordo spesso seduto, a strofinarsi la fronte pensieroso, con gli occhi persi lontano nel tempo e nello spazio. Occhi che hanno visto cose che per quanto vuoi dimenticare non puoi. E lui ha voluto più volte raccontare la sua storia, a chiunque volesse ascoltarlo. Parlava in tedesco e ci gridava gli ordini così come li avevano gridati a lui… Schnell! Schnell! Oppure in russo, col sorriso sulle labbra ricordando quel giorno che l'ha visto finalmente libero. Il giorno in cui dopo molti anni nascerà mia zia, il 25 aprile. E ogni anno in quel giorno sempre alla stessa ora lui iniziava a raccontare di come fosse uscito dal campo di concentramento pesando appena 37 kg, dopo aver lavorato, patito la fame, le frustate fino a non avere più un brandello di pelle, dopo aver visto la morte in faccia ed essere riuscito lui a salvarsi mentre altri cadevano accanto. Vorrei che fosse ancora qui, che potesse ancora testimoniare ciò che ha vissuto. Perché oggi più che mai ho paura, perché colgo ovunque allarmi, sentori di cose che ho già

sentito raccontare. Piccole storie, brutte, che accadono sparse e che sembrano slegate tra loro, ma che facendo attenzione non sono altro che campanelli d’allarme. Storie di intolleranza quotidiana, di paura del diverso, di odio che cova, rabbia che cresce, ignoranza che porta a pensieri unici… e il pensiero unico, uniformato, pilotato non ha mai portato a nulla di positivo. Allora bisogna fare una sola cosa, e io la ringrazio ogni giorno per ciò che fa, bisogna raccontare, ricordare e resistere a questo buio che si sta facendo largo poco per volta. Bisogna tenere accesa la memoria, ora che i testimoni se ne vanno uno dopo l'altro per via dell'età, ora che si mette in dubbio ciò che è accaduto, possiamo solo restare uniti, farci forza e passare il testimone a chi viene dopo. Non fermiamoci, nonostante gli ostacoli che creano per impedire che la verità resista. Portiamo luce.

ANPI Caduto per la Libertà di Pierfranco Occelli, Presidente A.N.P.I. (Ass. Naz. Partigiani d’Italia - Sez. Racconigi

Domenico Boasso – 31 agosto 1923 – 7 dicembre 1944 Nelle lapidi sotto il portico del Municipio il nome di Domenico Boasso lo trovate elencato tra i caduti sul fronte greco- albanese. Si tratta di un evidente errore perché, all’epoca del decesso del nostro concittadino, il fronte greco-albanese non c’era più da oltre tre anni e mezzo (21 aprile ’41: resa della Grecia ai tedeschi). Errore forse scusabile con il fatto che la morte è avvenuta effettivamente in Jugoslavia, ma nella Divisione Garibaldi, accanto ai partigiani

slavi, combattendo per la libertà contro l’occupante tedesco. Quindi andrebbe iscritto, con tutti gli onori, tra i caduti partigiani racconigesi. Domenico era un contadino di Oia, nato nell’agosto del ’23, che, nella primavera-estate del ’42, aveva visto con costernazione gli altri giovani della borgata, poco più grandi di lui, partire per le lontanissime steppe di Russia ad ingrossare le file della Divisione Alpina Cuneense (ne tornerà vivo

uno solo su otto partenti) Forse per questo motivo, sperando di evitare una simile lontananza, si arruola negli Alpini Finanzieri. Dopo l’impegnativo corso di addestramento, viene destinato in Croazia, allora sotto l’occupazione italiana, e per diversi mesi svolge il normale tran tran di un finanziere in terra d’occupazione. Con l’otto settembre tutto cambia. Il suo reparto, come molti altri in quelle terre, invece di arrendersi ai tedeschi, si schiera con la Re-

sistenza Jugoslava, dando vita alla Divisione Garibaldi , Battaglione Matteotti. Partecipa a tutte le vicissitudini della guerriglia contro i nazisti finché il 6 dicembre del ’44 viene gravemente ferito in combattimento. Il giorno successivo, a soli 21 anni di età, cesserà di vivere a Tovarnik(oggi Croazia). Onori al partigiano Domenico Boasso, caduto per la libertà. Racconigi, 25 novembre 2019


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Dicembre 2019 - Gennaio 2020 Ho apprezzato moltissimo il “ricordo” che avete fatto per Luigi, molti anni sono passati dalla sua morte ma il Suo ricordo è ancora vivo in me. Conobbi Luigi perché mia sorella lavorò con la compianta Marilena e presto diventò amico della nostra famiglia, accomunato con mio Papà per la comune passione della pesca. Di lui ricordo la “semplicità e bontà” che sempre lo hanno contraddistinto in tutta la sua Vita.

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Era una persona molto colta, intelligente e umile che ha saputo farsi voler bene da tutti quelli che hanno avuto la fortuna di poterlo conoscere. Ricordo le serate trascorse a casa dei miei, con una pasta aglio olio e peperoncino che diventava occasione per parlare del più e del meno dimenticando per un attimo il “professore” del quale mio Papà , inizialmente, aveva molta soggezione. Quando morì qualcosa si è spento in noi, non è

la solita retorica ma l’assenza di una carissima persona. Pochi mesi prima di “lasciarci” partecipò ancora al mio matrimonio e ogni volta che vado al cimitero passo a salutarli… ciao Luigi e ciao Marilena. Bartolo Giordana

XI Congresso Nazionale di Legambiente

IL TEMPO DEL CORAGGIO L’impegno dell’associazione nel denunciare i problemi ambientali e climatici segue dalla prima

La denuncia però non basta. La consapevolezza è il primo passo ma devono seguirne altri, più audaci e più difficili. Il coraggio sta proprio nel rifuggire il semplice allarmismo per tentare un cambiamento vero e concreto. Cambiamento che parte da ognuno di noi e che deve presupporre, data l’emergenza, qualcosa di più dei piccoli gesti che sentiamo di continuo e che spesso sono semplicemente poco più che un modo comodo di pulirsi la coscienza. Non buttare cartacce per terra e spegnere la luce sono utili, ma da soli non porteranno da nessuna par-

te. Si è da poco conclusa (16-24 novembre) la Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR), ricordandoci come la scelta e l’indirizzamento verso un consumo più sostenibile non possa fare altro che passare da noi consumatori. Cambiare abitudini non è facile, a nessuno piace farlo. Coraggio deve essere anche quello di ammettere che almeno una riduzione del consumo di carne, pesce e derivati alimentari deve essere presa in considerazione, dato il gigantesco im-

patto ambientale che questi comportano. Il coraggio deve essere anche quello di ammettere di non saperne abbastanza e fidarsi degli scienziati, in accordo al 99% riguardo al coinvolgimento dell’uomo nel riscaldamento globale. Ci sono tante forme di coraggio e a noi servono tutte. Coraggio è, prima di tutto, dire e fare le cose scomode. Perché se salvare il mondo fosse facile lo avremmo già fatto.

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RACCONTAMI...

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I racconti del faggio di Luciano Stella

Ancora questa volta presentiamo un racconto tratto dalla raccolta “I racconti del faggio” di Luciano Stella. Scrive Stella: “Il filo conduttore di questa serie di racconti è la paura. La paura, così come citata da un personaggio delle mie storie, è il sentimento più dannoso che l’essere Tre adolescenti – Giulia, Lorenzo e Paolo - avevano costruito una casetta di legno tra le fronde di un faggio secolare e quel giorno … una voce rimbombò nella capanna “Svegliatevi!”… io sono l’albero su cui avete costruito la vostra deliziosa casetta…. Dovreste proprio ascoltare un’illuminante storiella che mi ha portato il vento giusto ieri mattina.”

Il caso e il destino

Francesca stava vivendo un periodo di riflessione, aveva da tempo rifiutato la sua fede così come l’aveva vissuta, cioè, accettando principi, dogmi e misteri della Sua religione esattamente come gli era Stato insegnato, senza mai porsi dubbi e interrogativi. Prima, quando le accadeva di non comprendere perfettamente un concetto, pensava semplicemente che fosse la sua intelligenza a non essere in grado di spiegare l’arcano in modo Soddisfacente, pero pensava tra se “Esisterà sicuramente qualcuno che sia in grado di Spiegare Senza ombra di dubbio la mia perplessità.” Quell’atteggiamento mentale veniva avvalorato dalla propria convinzione che la fede fosse un principio che dovesse essere vissuto più che compreso e lei si limitava a viverlo. Oltretutto aveva già accettato l’idea dell`esistenza dei misteri, per loro natura incomprensibili perché inaccessibili alla mente umana, quindi, mistero più, mistero meno, tutto sommato non faceva una gran differenza. Con il tempo, assecondando via-via le sue naturali inclinazioni, acquisì sempre più una mentalità scientifica, aiutata in questo anche dal corso di Studi seguito, e ben presto la fede in precetti incomprensibili comincio a vacillare. Ormai maggiorenne, aveva completamente aderito alla massima che impone di riconoscere come vero soltanto ciò che puo essere scientificamente dimostrato, perciò, adeguandosi al Suo nuovo credo, rifiuto l’esistenza di Dio, almeno fino a prova contraria. A volte, passeggiando di notte sotto il cielo stellato, le Sue convinzioni sembravano vacillare e si sorprendeva ad esprimere pensieri del tipo “E’ un vero peccato che Tu non esista. oltretutto mi avresti fatto molto comodo, ma io devo attenermi ai fatti e Sopra di me vedo Soltanto uno stupendo manto di stelle.” Da qualche tempo la vita di Francesca era caratterizzata da strane coincidenze, come quella volta che dovendo partire per una mini crociera nel mediterraneo, programmata da tempo e agognata da mesi, perse la nave a causa di un'improvvisa interruzione della linea ferroviaria che collegava il suo paese al porto. L’eccessivo ritardo provocato dall’inconveniente ferroviario le permise però d’incontrare in quella città un gruppo di ragazzi socievoli e pieni di speranze che la consolarono della perduta occasione, invitandola a trascorrere la sua vacanza in loro compagnia in un delizioso campeggio sul mare. Tra quei simpatici ragazzi c`era anche l’amore della sua vita, che non avrebbe mai sconosciuto, se non si fosse verificata l’interruzione della ferrovia, bloccando per tre ore il suo treno sotto il sole. Ora si chiedeva sempre più spesso se fosse proprio vero che la vita delle persone, come quella dell’universo intero, fosse regolata esclusivamente dal caso, oppure se potesse esistere una specie di destino.

umano possa provare. Dannoso per se stessi oltre che per gli altri, perciò spero di essere riuscito a fornire sufficienti spunti affinché il lettore decida di allontanarla il più possibile dal proprio cuore”.

Le molte coincidenze che avevano contrassegnato l’ultimo periodo della sua vita a volte le davano la netta impressione che ci fosse qualcuno alla guida del suo "carrozzone", che decideva di girare a destra anziché a sinistra, creando il presupposto per il verificarsi del successivo evento, ma come dimostrarlo? “Per poter scientificamente dimostrare l’esistenza del caso o del destino Si dovrebbe poter dimostrare l’assoluta mancanza del suo opposto” rifletteva tra se Francesca “ma come posso dimostrare appieno che la perdita della crociera non sia dovuta alla casualità, e se anche potessi dimostrare che il guasto ferroviario fosse stato evitabile, se non addirittura volontario, io avrei potuto scegliere di prendere il treno precedente, o avrei potuto farmi accompagnare in macchina al porto. Come potrei dimostrare nel modo più assoluto che non sia stato il caso a farmi salire su quel treno?” Per quanto riguarda infine l’opposta argomentazione, era del tutto impossibile dimostrare l`esistenza, o la mancanza assoluta, di una volontà che abbia combinato i fatti in modo tale da farle perdere la nave. Tali pensieri giravano continuamente nella mente della ragazza, Senza avere in apparenza alcuna possibilità di trovare la soluzione per uscire da quel vicolo cieco nel quale si erano cacciati. Un giorno, leggendo casualmente una rivista di eventi misteriosi, che trattava diversi argomenti, tutti rigorosamente bollati come baggianate dal mondo Scientifico, come gli avvistamenti di ufo, arti magiche, ipotetiche fonti energetiche responsabili di mummificazioni naturali, astrologia, cartomanzia, ecc., la sua attenzione venne attratta da un articolo intitolato "L`astrologia scientifica” nel quale il relatore asseriva in modo categorico che

qualunque persona è in grado di formulare l`oroscopo di chicchessia a condizione di conoscerne esattamente l’ora e il luogo di nascita. Non bisognava avere doti particolari, ma soltanto alcuni libri che permettevano di ricostruire esattamente la mappa del cielo al momento della nascita dell’individuo. Dopo aver disegnato la mappa natale si dovevano estrapolare tutte le relazioni che i vari componenti formavano tra loro e consultando il responso di un apposito testo per ogni trigono, opposizione, quadrato, congiunzione, ecc. si otteneva come risultato l’esatta fotografia delle predisposizioni caratteriali dell’individuo esaminato Francesca leggeva quell'articolo con interesse, in passato non le era mai importato niente dell'astrologia e degli oroscopi, ritenendoli un`emerita sciocchezza, ma ora, se il relatore dell’articolo diceva il vero, lei aveva trovato un valido strumento per risolvere i suoi dubbi circa l’esistenza o meno del destino. Se lei, una mente scientifica, completamente priva di particolari percezioni extrasensoriali_ fosse riuscita ad identificare il carattere delle persone, semplicemente leggendo i responsi scritti in un libro stampato, l'ipotesi dell’esistenza del caso sarebbe crollata miseramente. Come si potrebbe, infatti, giustificare che ad una determinata disposizione del sole e gli altri corpi celesti in cielo, possa corrispondere ad una data forma caratteriale che la persona si postera addosso per tutta la vita, soltanto perché e venuta alla luce in una certa ora e in un determinato luogo? Prese infine la sua decisione e precipitatasi in libreria acquistò tutti i libri necessari alla compilazione degli oroscopi. Tra tutti il più costoso fu il libro delle effemeridi, nel quale viene riportato per ogni giorno dell’anno e per la durata di mezzo secolo, la posizione nel cielo dei vari corpi celesti, poi c'era il libro delle case, piuttosto piccolo ma molto utile per individuare l’ascendente e i confini delle dodici aree tematiche nel quale viene suddivisa la mappa natale. Non poteva mancare il libro dei responsi, che era intitolato naturalmente “Astrologia scientifica”, inoltre comprò ancora un paio di libri allo scopo puramente didattico perché di astrologia non ne sapeva proprio niente. Meno male che decise di acquistare anche gli ultimi due volumi che la aiutarono molto ad assimilare concetti astrusi quali l’ora siderale, l’ascendente, il medio cielo, le dodici case, i nodi lunari, ecc.. Un mese dopo l’acquisto del materiale era riuscita a compilare la sua mappa natale ed ora non vedeva l’ora di spulciare nel libro dei responsi per vedere se davvero ne sarebbe uscita la sua controfigura. Il risultato fu decisamente incoraggiante, ciò che era uscito dal libro era senza alcun dubbio lei, anche se alcune particolarità sembravano a prima vista non appartenerle, pero si sa che certi difetti potrebbero non farci piacere e quindi e abbastanza naturale tentare di non riconoscerli come nostri. La scienza però non si accontenta di una singola prova, la casualità, infatti, potrebbe aver influito sull'esito dell’esperimento, quindi decise di fare l’oroscopo a tutte le persone che conosceva. Nei mesi che seguirono ebbe modo di compilare una settantina di mappe natali fra parenti, amici, amiche, colleghe di lavoro e loro conoscenti, che si sottoposero volentieri al responso delle stelle. in effetti, non si trattava altro che un ritratto delle


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predisposizioni caratteriali positive e negative delle persone che avevano aderito. Spesso accadeva che la curiosità, prendendo il sopravvento, creava il presupposto per assistere, di comune accordo, ai responsi degli amici, cosi da trasformare la lettura dell`oroscopo in una specie di acclamato gioco di società, provocando ilarità e buon umore fra la chiassosa compagnia. Tutti, chi più chi meno, si identificarono con i responsi, riconoscendosi in quelle descrizioni come nel disegno di un abile caricaturista, soltanto uno non si riconobbe molto col il suo oroscopo, in particolar modo contestava il punto che lo dipingeva come una persona dalla guida spericolata. Al suo rifiuto di condividere il particolare responso. i presenti scoppiarono in una sonora risata e urla di scherno, infatti, era noto a tutti che negli ultimi sei mesi aveva demolito tre macchine, di cui l`ultima soltanto una settimana prima, strisciando per una ventina di metri la fiancata destra contro un muro di cinta. Francesca fece oroscopi a persone sconosciute che non avrebbe neanche mai visto, scrivendo le risposte fornite dall'apposito volume su alcuni fogli di carta e ricevendo i complimenti tramite loro conoscenti, con l’assicurazione che ne era stata fatta un’immagine perfetta. Ora poteva bastare, aveva avuto la ‘prova che da qualche parte esisteva una sorta di solco, di tracciato che ognuno di noi percorre più o meno consapevolmente e che poteva essere letto semplicemente riproducendo la mappa del cielo nel momento della nascita. Tutto ciò naturalmente non poteva esse-

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Cinema THE IRISHMAN di Cecilia Siccardi

Frank Sheeran è un anziano che vive in una casa di cura: sulla sua sedia a rotelle, racconta le vicende della sua

Lib

Libri di Michela Umbaca

"D'istinto capì che la Sposa giovane aveva imparato la lontananza, e non l'avrebbe mai dismessa, avendola scelta come la propria particolare e inimitabile forma di eleganza. Sarà ingenua e misteriosa, sempre, pensò. La adoreranno".

re frutto del caso. Non sapeva ancora chi ne fosse il responsabile, ma ora era sicura che qualcuno aveva deciso che lei fosse proprio cosi com’era, e la decisione era stata presa fin dalla nascita, o forse addirittura prima. Smise di fare oroscopi, non avevano mai attirato la sua attenzione prima, tanto meno ora che aveva risolto il suo dubbio. Anche l'occasione di leggere quella strana rivista era scaturita da una curiosa coincidenza, ma ora riusciva a vedere nella giusta luce le cosiddette combinazioni, dopo aver demolito la causalità non potevano che essere una forma quanto mai insolita di guida verso il compimento di un atto già determinato. Rimaneva da risolvere il quesito più grande: chi ha tracciato il destino degli individui? I corpi celesti, il Creatore o qualcun altro ancora? Per il momento tale domanda non aveva speranza di ricevere un'appropriata risposta, ma un improvviso pensiero la mise di buon umore: prima aveva un dubbio esistenziale a cui voleva dare una risposta creduta impossibile, e la risposta le era giunta, seppur in modo inaspettato, perciò prima o poi, prestando la dovuta attenzione alle varie coincidenze, sarebbe riuscita a fornire la soluzione anche a quest’ultimo interrogativo. “Lo dicevo io che esiste il destino!” Esultò Giulia … “E dove mettiamo la libertà di scelta? L’assunzione di responsabilità per i propri atti?" intervenne risentito Paolo “Come si spiega che un Dio buono e giusto possa creare dei destini orrendi, dove soltanto la sofferenza sembra essere la sola risposta

vita come sicario della mafia. Fedele alla famiglia Bufalino, Frank, detto “Irishman”, risponde al potente leader Russell Bufalino: sarà lui a presentargli Jimmy Hoffa, capo del sindacato degli autotrasportatori a cui Frank farà da guardia del corpo e di cui diventerà intimo amico. Hoffa conosce la famiglia di Frank e ha un ottimo rapporto in particolare con una delle sue figlie, Peggy, a cui è più vicino del padre stesso. L’attività criminale impedisce infatti a Frank di sviluppare un vero legame con le figlie; ma la lealtà mafiosa è più forte di qualsiasi cosa, e in nome di essa il freddo, all’apparenza imperturbabile Irishman sarà costretto a compiere sacrifici e scelte indicibili. The Irishman è l’ultimo, attesissimo film di Martin Scorsese, con Robert De Pubblicato nel 2015, La Sposa giovane è un romanzo ambientato agli inizi del Novecento, in cui viene raccontata la storia di una ragazza, appena diciottenne che, come da accordi, si reca a casa del suo promesso sposo. Qui la giovane protagonista viene accolta dalla Famiglia, composta dal Padre, la Madre, la Figlia, lo Zio e il domestico Modesto; presto però scopre che il Figlio - ossia il suo promesso sposo, è assente, in quanto occupato in Inghilterra per questioni di lavoro. Nessuno, infatti, ricordava di quell'accordo preso anni prima con il padre di lei, prima del trasferimento della ragazza in Argentina. Nonostante ciò, la giovane donna viene accolta a braccia aperte dalla Famiglia: da questo momento la Sposa giovane inizia così la sua attesa, durante la quale non solo scoprirà e cercherà di adattarsi alle quattro regole della casa, ma conoscerà meglio tutti i componenti della casa, ma soprattutto se stessa.

15 alla sua provvidenza?” “Noi siamo soltanto ragazzi” intervenne Lorenzo “Queste sono cose da grandi, … … lo riprese Giulia “Comunque Lorenzo non ha tutti i torti, noi dobbiamo studiare, crescere, farci una posizione e poi, forse, potremo dedicare un po’ del nostro tempo a questa interessante ricerca.” “Il tempo non conta e neppure l’età, l’unica cosa che conta e la volontà. Se voi veramente vorrete cercare la risposta, presto o tardi potrebbero accadere delle strane coincidenze che, senza sapere né come, né perché, vi serviranno su un vassoio d’argento la soluzione al vostro problema. Guardate la vostra attuale situazione, fino a questa mattina non avreste mai immaginato di poter scambiare allegramente quattro chiacchiere con un vecchio albero, eppure siete qui e avete ascoltato la mie storie. A volte capita di vivere dei fenomeni strani, molto spesso incomprensibili e di sicuro completamente irrazionali e in quel momento la vostra mente tenterà disperatamente di trovare una spiegazione logica, che poi di logica non ha proprio nulla, però ritenuta di essenziale importanza per mantenere l’equilibrio preesistente ed evitare il rischio di pazzia. Nella più comune delle ipotesi le persone coinvolte saranno indotte a negare l’esperienza solo perché non sono in grado di comprenderla, perdendo così l’occasione di estendere i propri confini ma infine contente di aver esorcizzato le loro paure.”

Niro, Al Pacino e Joe Pesci nei ruoli dei protagonisti. La distribuzione del film ha causato qualche polemica, dal momento che è stato distribuito in pochi cinema in Italia, e per un periodo di tempo limitato, e reso disponibile su Netflix a partire dal 27 novembre; tuttavia, un film di questa caratura meriterebbe di essere visto al cinema, e non sullo schermo di un computer. Scorsese racconta infatti attraverso la storia di Frank “Irishman” Sheeran il significato del legame mafioso, facendosi testimone dei fatti senza troppi fronzoli, ma evidenziando la condizione di solitudine in cui si trova il protagonista. Un film ammantato di malinconia, che colpisce con grande intensità. Consigliatissimo.

“La sposa giovane” è un romanzo il cui tema non è dichiarato volontariamente dall'autore, bensì è intuito dal lettore, che riscontra nell'Attesa, il fulcro della storia. È quindi dell’attesa che si parla ed è un’Attesa che si “riempie” in questo libro. È un’attesa che non è, appunto, vuoto da riempire, ma pare diventar vuoto nel riempirsi; è un’attesa fatta di personaggi incredibili, che quasi svaniscono sul finire dell’attesa, facendone sentire la mancanza e creando, quasi per paradosso, un’attesa dell’Attesa. È un’attesa che contiene mille arrivi e cento

Alessandro Baricco “La sposa giovane” 2015, pp. 184, € 17,00 Collana "I Narratori" Feltrinelli Editore Milano

ritorni e, in se stessa, il significato dell’attendere.


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Musica Amalia Grè Beige

di Giuseppe Cavaglieri

“Beige” è il nuovo album di Amalia Grè, anticipato dal singolo “Goodbye Pork Pie Hat”, grande classico jazz di Charles Mingus reso poi famoso da Joni Mitchell, che ne scrisse il testo. «“Goodbye Pork Pie Hat” è il brano che una splendida sera d’estate ho ascoltato a San Francesco al Prato a Perugia suonato dall’orchestra di Gil Evans, e che mi ha fatto decidere

Dicembre 2019 - Gennaio 2020 che sarei diventata una cantante di jazz – spiega Amalia – È lo standard americano con cui ho cominciato il mio percorso musicale». Amalia spiega così la sua scelta di tornare alle sue radici: «Il jazz per me è beige, non passa di moda, rimarrà sempre come musica di ribellione, valvola di sfogo e cuscino culturale maestoso sul quale io mi appoggio e mi appoggerò, avendo fatto tesoro di questo bagaglio immenso che sempre mi sosterrà. Mi ha dato le ali. Ho conquistato la libertà espressiva che ti dà l’arte di improvvisare, propria del jazz. Ma mi sono liberata ancora di più, quando poi ho deciso di scavalcare le regole che anche il jazz imponeva. L’ho ristrutturato, destrutturato e ne ho fatto casa mia, con ritmiche e strutture personali. Ringrazio la vita di aver avvicinato la mia anima a questa arte e di andarci a braccetto». Amalia Gré, nome d’arte di Amalia Grezio, è una cantautrice, designer e pittrice italiana. Dopo essersi laureata all’Accademia delle Belle Arti di Perugia in Scenografia Teatrale, si trasferisce nel 1993 a New York

per otto anni, dove viene seguita dalla famosa cantante jazz Betty Carter che la invita a cantare al “Sob’s” e al “Blue Note”. Si esibisce in numerosi locali newyorkesi, studia alla scuola per artisti Black Nexxus con Susan Batson (coach e guru di Madonna, Nicole Kidman e Tom Cruise) e contemporaneamente continua la sua attività legata al mondo dell’arte e del design mostrando i suoi lavori come pittrice e computer artist, oltre a creare collezioni di abiti per boutique americane. Torna in Italia nel 2001 dove è finalista del concorso “Musicultura” con il brano “Io cammino di notte da sola”, che l’anno seguente viene lanciata da Radio Deejay, riscuotendo un grande successo radiofonico nazionale. Nel 2003 esce l’album di debutto “Amalia Gré”. Per la critica e il pubblico è una vera rivelazione, tanto che segue da subito un tour nei più importanti teatri e festival. Nel 2006 esce il secondo album, “Per Te”, mentre nel 2007 è sul palco dell’Ariston per la 57a edizione del Festival di Sanremo nella sezione Campioni con il bra-

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no “Amami per sempre”, eseguita in coppia con Mario Biondi durante la serata dei duetti. Nel 2008 esce un album di remix intitolato “Minuta vs Amalia Grè”, realizzato dal gruppo di dj svizzeri Minuta. Lo stesso anno, Amalia è la voce di “Volerai”, colonna sonora del film d’animazione Disney “Trilli”. Non interrompe la sua attività pittorica esibendo le sue opere d’arte a varie mostre, tra le quali “In My Secret Place” ideata dal giornalista e critico musicale Massimo Cotto.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

C’è chi lavora, chi ha conseguito la licenza media, chi vive in affitto che paga regolarmente, chi ha svolto lavori socialmente utili per il comune di Racconigi. Qualcuno di loro è stato protagonista di qualche episodio di cronaca nera? A noi non sembra. Sono esseri umani che le vicende della vita, spesso drammatiche, hanno portato fin qui. Certo, il fenomeno migratorio è un problema. Ma siamo certi che la strada per risolverlo sia render loro impossibile trovare un lavoro? Avere una casa in cui abitare? Istruirsi e imparare l’italiano? Perché di questo si tratta. E per questo è nata la rete, che intende costituirsi come coordinamento di famiglie, associazioni, operatori professionali e istituzioni, con il nome di COLORI IN RETE. L’attenzione si è focalizzata su alcuni bisogni fondamentali: l’abitazione, il lavoro, l’istruzione. Attraverso essi non solo si possono realizzare le naturali aspirazioni di ogni individuo, ma anche i percorsi di integrazione sociale che sono fondamentali per la tenuta della nostra società. Nella fase di avvio si è partiti dal bisogno dei migranti non ospitati in strutture “istituzionali” di trovare una sistemazione abitativa, in quanto l’attestazione di residenza è una delle condizioni

indispensabili per il permesso di soggiorno. Una delle conseguenze dei decreti sicurezza è infatti l’aumento consistente degli stranieri senza permesso di soggiorno per mancato rilascio o per mancato rinnovo, in una condizione quindi di irregolarità. Ciò significa che non possono avere un lavoro regolare, non possono affittare una casa, non possono seguire percorsi regolari di istruzione, non possono beneficiare di assistenza sanitaria. Si sono focalizzati alcuni nodi fondamentali per rispondere a questo bisogno e si sono messe a punto le relative strategie operative. Per ognuno di essi esistono già esperienze concrete nel nostro territorio o in territori vicini, per cui la loro fattibilità è già stata sperimentata. a) Ospitalità presso famiglie. Occorre individuare famiglie eventualmente disponibili ad ospitare temporaneamente il migrante nella propria abitazione. Alcune esperienze in questo senso sono già state positivamente sperimentate. b) Locazione di alloggi. Occorre individuare privati o soggetti istituzionali disponibili ad affittare ai migranti con regolare contratto. Alcuni contratti sono in corso di attivazione. c) Supporto economico temporaneo e commisurato alle esi-

genze per la copertura totale o parziale delle spese di affitto nel caso di migranti senza reddito o con reddito insufficiente. Occorre verificare disponibilità di famiglie o associazioni a condividere l’onere economico. Il Fondo di Solidarietà di Racconigi ha attivato una apposita sezione del bilancio del Fondo in cui far confluire i versamenti delle famiglie specificamente destinati a questa finalità. Al fine di dare visibilità al progetto è stata convocata una conferenza stampa per il 14 dicem-

bre, alle ore 15, presso la sala SOMS. Sono invitati i giornali locali, i rappresentanti delle associazioni che intendono aderire al Coordinamento, le Cooperative che operano nel settore presenti sul territorio, il Comune di Racconigi. Scopo della conferenza stampa è la presentazione del Coordinamento e del suo programma, nonché la raccolta delle adesioni. A cura della redazione


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