INSONNIA Aprile 2019

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 112 Aprile 2019 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Il "friday for future" degli studenti di racconigi Venerdì 15 marzo eravamo circa quaranta studenti dell'IIS Arimondi-Eula di Racconigi a Torino per manifestare in difesa dell'ambiente. Abbiamo raccolto l'invito della ragazza svedese Greta Thunberg e siamo scesi in piazza, anche in rappresentanza della nostra scuola. Il corteo è partito da piazza Albarello alle 9.30 per poi proseguire in varie vie del centro della città e terminare in piazza Castello, dove si sono radunate ben 30.000 persone coinvolte in un flash mob. L'evento è stato il culmine, ma non la conclusione, di una lunga serie di venerdì di protesta a cui ha dato inizio appunto Greta nel mese di agosto 2018 e che si sono diffusi in Europa a partire da settembre, fino a diventare un movimento mondiale. La nostra partecipazione è stato un modo per dire a Greta "ci siamo anche noi con te". Durante il percorso la tappa più importante è stata di fronte al Palazzo Comunale dove i ragazzi hanno esortato il Sindaco ad impegnarsi per prima in favore dell'ambiente. Il corteo, animato da giovani studenti che guidavano e incitavano i partecipanti in nome di valori, non solo con slogan, proprio come farebbe un allenatore, ha visto però la partecipazione di una grande varietà di persone, dai bambini agli anziani. Molti i cartelli che invitavano alla riflessione sul rapporto uomo - ambiente, anche in toni scherzosi, per catturare l'attenzione e trasmettere efficacemente il messaggio. Molti i simboli indossati dai manifestanti, forse il più significativo le maschere antigas, a ricordarci che potremmo trovarci tra non molti anni a risolvere noi problemi che oggi, con altri, potevamo ancora evitare.

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CIAO GUIDO Lo scorso 28 febbraio, presso la struttura per anziani che lo ospitava, si è spento Guido Cardellino Lo scorso 28 febbraio, presso la struttura per anziani che lo ospitava, si è spento Guido Cardellino, fondatore e per anni presidente della Croce Rossa di Racconigi, nonché fondatore delle delegazioni CRI di Barge, Moretta e Paesana. Aveva 81 anni. Insegnante di chimica, impegnato in varie attività di volontariato, è stato consigliere comunale e assessore presso il Comune di Racconigi. Nella celebrazione funebre che ha avuto luogo nella chiesa di San Giovanni in Racconigi lo hanno ricordato Livio Ferrara, Luisa Perlo, Melchiorre Cavallo e Guido Piovano. Pubblichiamo il loro saluto di commiato.

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Perché ricordare ancora il 25 Aprile di Pierfranco Occelli, Presidente Sezione A.N.P.I. di Racconigi

È questo il primo 25 Aprile che celebriamo senza la presenza di testimoni diretti: l’ultimo partigiano, Marinetti, ci ha lasciati nel luglio scorso; gli altri se ne sono andati prima; anche in provincia i superstiti si possono contare sulle dita delle mani. Viene da pensare

cosa rimane oggi del loro sacrificio, della loro testimonianza. “forse il cuore ci resta, forse il cuore ….” scrive un grande poeta. Mi permetto di aggiungere che qui a Racconigi, come altrove “resta” qualcosa in più: il loro impegno, il loro esempio.

L’ultimo viaggio Il caso della Svizzera Un po’ di informazione e qualche riflessione sulla cosiddetta buona morte - 3 di Giancarlo Meinardi

Come ho già avuto occasione di ricordare, in assenza di una legge che regoli l’eutanasia, il codice penale italiano punisce non solo chi “determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio”, ma anche chi “ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione”. Come stanno le cose negli altri Paesi? Il panorama è molto vario. Per non allargare troppo il campo, vediamo l’Europa. Può servire allo scopo la mappa pubblicata a pagina 4; per leggerla e comprenderla bisogna tenere presenti le precisazioni fatte nel precedente numero di Insonnia, con la distinzione tra eutanasia attiva, eutanasia passiva, suicidio assistito. La Svizzera, dove esiste una forma di suicidio assistito, è l’unico Paese che lo permette anche ai cittadini stranieri, per cui è spesso la destinazione scelta dagli italiani che decidono di intraprendere l’ultimo viaggio. Le informazioni in materia si possono trovare in numerose agenzie di stampa, nelle interviste ai responsabili delle associazioni che si occupano di questa problematica e sui siti delle stesse associazioni.

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CAMPAGNA SOTTOSCRIZIONI 2019 Lo riceverai direttamente a casa tua IBAN: IT77 Q076 0110 2000 0000 3828 255 conto corrente postale n° 000003828255

MUSEO DELLA SETA pag. 5

Parrocchia

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Donne

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MICHELA pag. 9


Aprile

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IL RACCONTO FOTOGRAFICO di questo MESE GIORNATA MONDIALE PER IL CLIMA Il 16 marzo ha visto scendere nelle piazze e nelle strade di tutto il mondo milioni di studenti in sciopero in occasione della Giornata mondiale per il clima. Dalla solitaria iniziativa della giovane Greta Thunberg ha preso vita un vastissimo movimento che è cresciuto come una valanga, con l’obbiettivo di porre i grandi della terra di fronte alle loro responsabilità e di sensibilizzare i popoli di fronte alla emergenza del riscaldamento globale. Anche in Italia la partecipazione è stata massiccia, in città grandi e piccole. Il racconto fotografico di questo mese riguarda la manifestazione di Torino: moltissima gente, ragazze e ragazzi di tutte le età e di tutti gli ordini di scuola, combattivi, allegri, arrabbiati, ordinati. Uno spettacolo bellissimo ed emozionante, un messaggio di ottimismo verso il futuro. Le foto sono riconoscibili perchè circondate da una cornicetta nera.

A.N.P.I.

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia Sezione di Racconigi

Perché ricordare ancora il 25 Aprile segue dalla prima

È anche per questo che oggi, a 74 anni da quel giorno glorioso, non importa se sia stato il 25 o il 24 o il 26 o, come a Racconigi, il 29, è doveroso chiederci quale possa essere il modo migliore non solo per festeggiare il 25 aprile, ma per mettere in luce ed attualizzare i principi ed i valori della Resistenza. Certo, la memoria innanzitutto: dei fatti, dei luoghi, delle battaglie, dei caduti, dei martiri, dei torturati, dei fucilati, dei “crocifissi ai pali del telegrafo”. Una memoria coniugata con la storia, quindi non retorica, non agiografica, non reticente, perché chi ha scelto la parte giusta non ha comunque nulla da nascondere. Una memoria che deve essere il più possibile rinverdita, non solo una volta all’anno. La memoria, dicevo ma non solo. Anche la vigilanza, la denuncia di ogni possibile rigurgito sia esso fascista, antisemita, negazionista o razzista e Dio sa quanti se ne sentono oggi pressoché quotidianamente. E non parlo solamente dei più smaccati che forse non sono nemmeno i più pericolosi, ma di quelli più subdoli, che fanno leva sulla paura, sul senso di insicurezza, così diffusi di questi tempi e non solo nelle periferie urbane. E infine, ma non ultima, la difesa di quei valori, di quei principi, di quegli ideali che i partigiani ci hanno lasciato e che si compendiano, oggi come 71 anni orsono, in un unico documento: la Costituzione repubblicana. È la Costituzione, capolavoro sommo d’intesa tra forze politiche diverse, quando non opposte, nella quale si possono e si debbono riconoscere tutti gli Italiani, purché il loro valore di fondo sia la democrazia; è la Costituzione che dobbiamo continuamente difendere da qualsiasi attacco, da qualsiasi possibile stravolgimento ancorché abilmente mascherato sotto un alone di modernizzazione. Anzi, forse dovremo ancora batterci perché sia pienamente attuata. Solo in questo modo, non fermandoci ad una data, ma dando luogo a manifestazioni nell’intero arco dell’anno, a parer mio, potremo tenere alti i valori che i partigiani ci hanno lasciato. Quanto alla giornata del 25 Aprile vera e propria, perché magari non ritornare a quello che fu negli anni immediatamente successivi alla Liberazione, tra il 46 e il 48: una grande festa di popolo con canti, balli e tavolate? Sarebbe forse un modo per andare oltre le celebrazioni istituzionali, che giocoforza rischiano di essere un po’ troppo paludate.

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La sciamana della porta accanto di Luciano Fico

Enrico respira lentamente l’aria fresca e pura della campagna: odori gentili, latrati di cani lontani, umidità mattutina intridono quell’aria e la rendono preziosa alle narici di quest’uomo, che ha lasciato la città per riconciliarsi con un modo più naturale di vivere. I gatti dei vicini camminano guardinghi nel prato alla ricerca di una scia odorosa, che prometta una caccia proficua. Le talpe continuano a sollevare cumuli, ma Enrico non se ne cura: la natura va rispettata così com’è. Nulla può più distoglierlo dalla piacevolissima sensazione di avere, finalmente, trovato la pace che da tanto tempo cercava… “Hai visto come volano i corvi stamattina?” Quella voce alle sue spalle per poco non se lo porta al creatore per lo spavento! “Ah…sei tu Maria…mi hai fatto spaventare.” “Quando i corvi volano così in cerchio è segnale di una morte imminente…” Non aveva mai fatto caso allo sguardo della sua vicina Maria, ma ora si accorgeva che aveva un qualcosa di sinistro, come l’ombra di un altrove. “Vedi di non portare jella” dice Enrico per sdrammatizzare, ma Maria ha già portato le sue gambe rinsecchite sulla soglia di casa e sta appoggiando le mani sul muro, con gli occhi chiusi. “Cosa stai facendo, adesso…?” “Sento energie negative, che escono da questo muro. Forse uno spirito inquieto, forse una traccia di eventi passati…” Gli salta davanti, con insospettabile agilità, e lo fissa nel profondo degli occhi: “Devi bruciare tanto incen-

so…ogni mattina…non sarebbe male qualche cristallo o una lampada di sale…” “Ma…Maria…cosa stai dicendo?” Enrico quasi balbetta per lo stupore: la sua anziana vicina solitamente così gentile, ora sembra un’invasata e sente una certa inquietudine crescergli dentro davanti a quegli occhi chiari che lo fissano seri. “Sono una sciamana!” “Una sciamana? Ma se lavoravi in panetteria fino a qualche anno fa…” “Ho fatto un corso di sciamanesimo a Modena, con la liquidazione. Il nostro maestro ha riconosciuto in me poteri straordinari e ha attivato il mio animale totemico…la talpa!” “Ma allora è per questo che ho il giardino infestato da quelle bestiacce. Ma non poteva essere la farfalla il tuo animale? O anche il Barbagianni, che mi portasse via i topi di torno…” “Non scherzare Enrico!!! Hai una gran brutta aura e se leggo la tua frequenza energetica non vedo nulla di buono…” Con le mani nelle tasche dei pantaloni Enrico cerca d’istinto di toccarsi le parti nobili; accende subito un incenso e rassicura la vicina che prenderà seri provvedimenti. Quando lei finalmente se ne va, Enrico si ritrova a pensare con nostalgia ai tempi in cui le anziane donne di campagna ti davano qualche consiglio su quando piantare le insalate nell’orto e magari ti omaggiavano con una fetta di torta di mele. I corvi continuano a volare ostinatamente in tondo sopra la sua casa e, da un cumulo di terra, una talpa fa capolino: Enrico non ne è sicuro, ma gli è parso proprio di vederla sorridere…


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CIAO GUIDO segue dalla prima

IL SALUTO DI MELCHIORRE

IL SALUTO DI LIVIO Sai Guido, ci eravamo abituati a vederTi arrivare in sede CRI al pomeriggio perché nemmeno il terribile infortunio che Ti aveva colpito tre anni fa, Ti aveva allontanato dalla Croce Rossa, la tua seconda casa. Ancora fino a poche settimane fa arrivavi accompagnato dalla signora Ina per il caffè, ascoltavi i discorsi dei tuoi volontari, leggevi il giornale con Sergio, ma soprattutto sembrava che assaporassi un po' dei "frutti" dei tanti anni del tuo instancabile impegno. Oggi riceviamo un'eredità inestimabile, noi e soprattutto i cittadini che potranno contare sulla Croce Rossa. Grazie Guido, resta nei paraggi, avremo ancora bisogno dei tuoi consigli del tuo sostegno. Mi torna alla mente la beatitudine più bella "Beati gli uomini di buona volontà perché di essi è il regno dei cieli".

Livio

necessario, ma sempre oculate, ci hai sostenuti nei momenti critici, sempre dietro di noi, attento ai nostri passi. Il ruolo del cattedratico non ti si confaceva, non ti trovavamo mai davanti a noi per giudicarci, ma sempre un passo indietro, per lasciarci camminare da soli. Coi tuoi allievi non eri diverso, sapevi valutare le loro potenzialità e spronarli, se poi ti imbattevi in casi umani difficili, in famiglie in difficoltà eri il primo a capire, a diventare il loro crociato. Abbiamo trascorso tanto tempo insieme, il tuo darti agli altri era un tratto distintivo anche nel tuo lavoro di insegnante. Hai seguito il nascere e il crescere delle scuole superiori a Racconigi, abbiamo avuto il piacere di essere al tuo fianco fino alla tua pensione. I tuoi tratti distintivi sono l’eredità di affetti che ci hai lasciato, che abbiamo cercato di spendere bene. Ti abbraccio, caro Guido, anche se da lontano, con la certezza che la corrispondenza d’amorosi sensi troverà con te la sua ragione d’essere.

Caro Guido, quante persone, oggi, sono qui a dirti il loro grazie. Tanti grazie che non ti sono stati detti in vita o che tu, per scelta, hai abilmente schivato. Il dono più grande che ci hai fatto è proprio questo: la testimonianza limpida di chi serve facendo in modo di rendere superflui i ringraziamenti, non mettendo mai le altre persone nella condizione di sentirsi debitori nei tuoi confronti. Però è vero: tante persone ti devono tanto! Sei stato compagno discreto e fedele di tanti cammini. Pur avendone la capacità e la levatura non hai mai camminato in testa al gruppo, ma sempre a fianco di qualcuno. Questione di stile. Stile rigoroso che hai portato in tutti i ruoli che la vita ti ha dato o che ti sei assunto: da figlio, da fratello, da marito, da padre, da nonno, da amministratore pubblico, da volontario, … DA UOMO. Quando ci siamo conosciuti ho imparato da te che si poteva cercare nella Parola di Dio la verità di amore riservata per ciascuno di noi, senza inutili mediazioni, consapevoli della grandezza di ogni creatura. Ho imparato che la Parola può diventare azione quando accettiamo di diventare le mani di Dio nella storia. Ho imparato che prima di essere credenti bisogna essere credibili, per poter dare testimonianza. Tu non ci hai parlato dei valori della generosità, dell’altruismo, della solidarietà, dell’accoglienza, del servizio. Con la tua vita ci hai detto: si può fare. Si può vivere da persone giuste in ogni ambito, senza cercare ricompense, ma solo la serenità dell’uomo che può stare dritto davanti al Signore, perché è servo fedele del Suo amore. Hai seminato speranza. Grazie a persone come te possiamo credere in un mondo migliore. Se solo ci fossero tanti uomini e donne con la tua passione per la giustizia ci sveglieremmo ogni mattina respirando la consapevolezza della bellezza incredibile della vita. Quella bellezza incredibile che tu ritrovavi nella montagna.

Luisa

IL SALUTO DI LUISA Caro Guido, caro professor Cardellino, mi piace pensare di poter dialogare con te ancora una volta, aggiungendo altre parole alle mille e mille che hanno caratterizzato il tempo trascorso insieme a scuola. Se ora sarai un interlocutore muto, non importa, so cosa penseresti e cosa diresti. Innanzi tutto saresti indotto a schernirti, a sottrarti alla manifestazione di grande, grandissimo affetto e stima nei tuoi confronti che ha accompagnato il tuo percorrere nuovi e sconosciuti sentieri. Anche a scuola eri così: integerrimo nel tuo comportamento, puntuale come un orologio svizzero, deciso a difendere il tuo pensiero (e quello degli altri) se lo ritenevi giusto. Tu c’eri sempre, quando ce n’era bisogno. Hai accompagnato i giovani insegnanti che, come me quando diventai tua collega nel lontanissimo 1980, si sentivano persi affrontando l’insegnamento, timorosi di sbagliare: tu ci hai aiutato col tuo esempio e con le tue parole, severe se

Neppure ora che hai salito questa vetta importante ti permetteremo di riposare. Non sei abituato a farlo e non lo farai. Tu sai che abbiamo ancora bisogno di te. Magari non sapremo chiedertelo, ma tu non hai mai aspettato che ti venisse chiesto, per metterti al servizio. Abbiamo bisogno del tuo sguardo amorevole, ma rigoroso, per non disperdere l’eredità della tua testimonianza. Abbiamo bisogno che ci aiuti a vincere le nostre vanità, a trovare l’essenziale. Abbiamo ancora tanto bisogno di imparare da te come diventare persone credibili. Come al solito, non sapremo ringraziarti, ma, come al solito, tu continuerai ad agire. Ciao Guido.

Melchi


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CIAO GUIDO

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segue dalla prima

IL SALUTO DI GUIDO Caro Guido, maestro e fratello amatissimo, sei stato un uomo giusto, ricco di umanità e di spirito evangelico, capace di affrontare la vita con ironia e di sdrammatizzare nelle difficoltà, capace anche di battute spesso spiazzanti. Eri ricco di una fede limpida e libera da incrostazioni e condizionamenti, ricco di slanci e di passioni che ho spesso condiviso con te: la lettura biblica, la dimensione sociale e politica della vita, la montagna, il toro. Per anni animatore instancabile di tante attività di volontariato, il lavoro e lo studio sono stati la tua condizione naturale di vita, insieme all’amore per la tua famiglia. In questi giorni ho sentito dire che per gente come te, se non ci fosse nulla dopo questa nostra vita terrena, sarebbe una bella fregatura. No, non è così. Tu la tua ricompensa l’hai sempre cercata esclusivamente nello stare meglio delle persone che incontravi giorno dopo giorno. Non hai mai avuto un interesse personale, neanche nel pensiero di una ricompensa postuma. Nella tua stagione politica sei passato per uno intransigente, e forse lo eri, ma il rigore che ti aspettavi dalle persone era il tuo stesso rigore, quello che ti guidava nella gestione della cosa pubblica. Hai faticato tanto per andartene, tanta, troppa

Non preghiamo oggi per te, Guido, no, non preghiamo per te. Non c'è bisogno che noi ti si spinga verso il Cielo, saremmo comunque inadeguati. Là, tu vivi già nell’abbraccio di Dio, quel Dio che ama tutte le sue creature, insieme a tutte le loro debolezze. La nostra preghiera sia solo una preghiera di ringraziamento. Ringraziamo allora Dio per averci concesso il privilegio di compiere un tratto del nostro cammino terreno insieme a te.

Guido

Leggo ancora una breve preghiera di Franco Barbero che voglio pensare sulle labbra di Guido nei giorni del suo addio.

sofferenza che non meritavi, ma che hai accettato con grande serenità d’animo, senza mai un lamento. Anche questo un grande insegnamento. Sarebbe stato giusto che tu avessi potuto decidere liberamente della tua sorte.

Ti dico grazie, o Dio Non trovo le parole per dirti, o Dio della vita, il mio grazie per questi 80 anni di vita che ho assaporato come Tuo dono. Sono andato in direzioni che non avevo previsto. Grazie della Tua compagnia; grazie per gli uomini e le donne con cui ho cercato i sentieri del Vangelo. Grazie per ogni giorno che posso ancora vivere davanti a te.

L’ultimo viaggio. Il caso della Svizzera

Un po’ di informazione e qualche riflessione sulla cosiddetta buona morte - 3 segue dalla prima

Come avviene il percorso di accompagnamento alla morte volontaria assistita? Il primo passo è la scelta della associazione a cui rivolgersi. In Svizzera ce ne sono diverse, con strutture a Zurigo, Berna, Ginevra. Il percorso avviene nel rispetto di rigorosi protocolli, diretti ad accertare che il malato sia capace di intendere e di volere e che la malattia sia stata dichiarata incurabile o la persona malata soffra di dolori insopportabili o accusi handicap intollerabili. L’esistenza di queste condizioni deve essere accertata da un medico, a cui spetta anche verificare la determinazione del malato nel proseguire il percorso, rilasciare la ricetta del farmaco e prepararlo per l’assunzione da parte del malato. Quest’ultimo deve essere in grado di assumere il farmaco autonomamente o, qualora la sua patologia non lo consenta, di attivare in qualche modo un meccanismo che ne consenta il rilascio. Il “gesto decisivo” deve dunque essere necessariamente quello del malato. Nel giro di pochi minuti dall’assunzione il paziente si addormenta profondamente. La morte sopraggiunge poco dopo, in uno stato di assoluta incoscienza. I costi per questo percorso (spese amministrative per la preparazione dell’accompagnamento; visite mediche e acquisto del farmaco; spese per accompagnamento alla morte volontaria ecc.) vanno dagli otto ai diecimila euro circa. Un approfondimento di tutta la tematica relativa al fine vita può essere fatto consultando alcuni siti internet in lingua italiana: www.dignitas.ch www.associazionelucacoscioni.it www.exit-italia.it www.associazioneliberauscita.it

È importante precisare che il campo d’interesse di queste associazioni è assai ampio: testamento biologico e diritti del malato, accompagnamento alla morte e alla morte volontaria, prevenzione del suicidio, consulenza per le questioni riguardanti la fase finale della vita ecc. Insomma, tutto ciò che attiene a quanto è forse ben sintetizzato nel motto di una delle associazioni: vivere degnamente, morire degnamente. Un motto che richiama alla mente l’idea che la

vita è un bene prezioso, forse il bene più prezioso di cui ognuno di noi dispone; e che altrettanto preziosa è la dignità della vita. Della vita (e della sua dignità) fanno parte la nascita, con cui essa ha inizio, e la morte, con cui essa ha fine. Della nascita parliamo volentieri, della morte molto meno, non è difficile capirne le ragioni. Ma forse questa non è una buona ragione per non parlarne.


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Museo–Giardino della civiltà della Seta di Racconigi

Un programma ricco di eventi ed iniziative per tutto l’anno a cura di Pino Tebano

Il Museo-giardino della civiltà della Seta, sede nell’ex convento delle Clarisse ed ingresso da Piazza Burzio, con i volontari che ne curano l’apertura tutte le domeniche, ha approntato un programma di eventi con l’intento di avvicinare i cittadini racconigesi ed i turisti del castello ad uno spazio pubblico che può diventare un contenitore per molte e variegate iniziative. Vi illustreremo mese per mese le attività che spazieranno da feste ad incontri con scrittori e fotografi di guerra, da conferenze con tema Baco e Gelso a laboratori per le scuole, da mostre di pittura e di fotografie a concorsi di pittura su seta, da gite in bicicletta a collaborazioni con altre associazioni racconigesi, da musica in giardino ad aperitivi con la colla-

borazione di produttori locali. Sarà un anno ricco di iniziative e con qualche sorpresa. Nel mese di aprile riprenderà, con cadenza annuale, la festa del gelso. La prima ed unica edizione fu nel 2014 ed è intenzione del direttivo dell’associazione che ha in gestione il museo, riproporre la festa. Le date scelte sono il 27 e 28 aprile e questo il programma: • 27 aprile mattino 10-12 Laboratorio con studenti Scuole Medie e piantine di gelso 11-12 Aperitivo e prodotti del gelso • 27 aprile pomeriggio 15-17 Conferenza del Dott. Marco Ceriani dal titolo: “Economia circolare in Italy: il baco dal Fashion al Food” 17-18 Incontro con Enti Locali e Am-

ministrazioni dei comuni Progetto “la Via della Seta” 18-19 Aperitivo “Bachi e More” a cui seguirà una cena con i soci del Museo

pare ad un percorso in bicicletta, la prima tappa, “da Museo a Museo: Racconigi-Caraglio” che partirà dal Museo di Racconigi con arrivo a Savigliano e visita al “Centro della Memoria” Sempre a Maggio Il Museo sarà partner dell’Associazione Tocca a Noi per la PhotoMarathon, ma del programma dettagliato di maggio vi daremo conto nel prossimo numero del giornale. Eventi, incontri, musica e mostre copriranno tutti i mesi dell’anno… non resta quindi che passare in Museo e chiedere dettagli ai volontari che tengono aperto il Museo tutte le domeniche dalle 10,00 alle 12,00 e dalle 14,30 alle 17,00. Per approfondimenti: http://racconigicittadiseta.it/wp/

• 28 aprile 10 - 19 Presentazione delle attività delle Associazioni Racconigesi alla Città e spazio “Antichi Mestieri” Mostra Bonsai con suggerimenti e consigli agli appassionati 20 - 23 Chiusura della festa in “Musica” Ai primi di Maggio e precisamente l’1, il 4, il 5, l’11 e il 12 il Circolo Fotografico di Racconigi propone una mostra con tema “Il Lavoro” nella sede del Museo con orario 10-12,30 e 14,30-18,00 Il 12 maggio sarà possibile parteci-

ITALIA CHE RESISTE - ITALIA CHE RESISTE - ITALIA CHE RESISTE

Consiglio Comunale

Ordine del giorno sul “Decreto sicurezza”

All’inizio di seduta del Consiglio Comunale del 18 marzo il consigliere Brunetti, a nome delle minoranze, presenta un ordine del giorno sul decreto legge 113/2018 (nuove norme per il rilascio dei permessi temporanei per esigenze di carattere umanitario, in materia di protezione internazionale, di immigrazione e di cittadinanza). L’o.d.g. mette in rilievo che il decreto legge rende impraticabili i percorsi di integrazione degli stranieri immigrati, favorisce la loro concentrazione in grandi centri di accoglienza di difficile gestione, avrà come conseguenza l’aumento delle persone in condizione di irregolarità e di grave disagio potenzialmente coinvolgibili in attività illecite. Impegna quindi l’amministrazione comunale a chiedere al Governo la sospensione degli effetti del decreto legge e ad aprire un confronto tra ANCI (Associazione dei comuni italiani) e Governo con riguardo agli effetti del decreto in termini economici, sociali e di sicurezza del territorio; ad esprimere la piena adesione della città di Racconigi al ricorso contro il decreto presentato

alla Corte Costituzionale dalla Regione Piemonte; a trasmettere l’ordine del giorno alla prefettura di Cuneo, alla presidenza del Consiglio Regionale e ai parlamentari europei piemontesi. La maggioranza propone un emendamento all’o.d.g. di minoranza che, partendo da una diversa valutazione politica sulla opportunità del decreto, accoglie le richieste dell’o.d.g. di minoranza ma non quella di sospensione temporanea degli effetti del decreto in attesa di una valutazione dei suoi effetti. A seguito della discussione in Consiglio l’o.d.g. della maggioranza viene ritirato e quindi si vota solamente su quello di minoranza. Esito della votazione: Presenti 17 A favore 7 (5 della minoranza + 2 della maggioranza) Astenuti 10 (della maggioranza) Di conseguenza l’o.d.g. è approvato.

Teste di struzzo di Zanza Rino

Mi hanno raccontato una storia. Ve la racconto così come me l’hanno raccontata. È capitata in Consiglio comunale. La minoranza presenta un ordine del giorno sul decreto Salvini, dopo averlo comunicato qualche settimana prima al sindaco. Il sindaco si lamenta che non ci sia stata l’occasione di mediarne il contenuto e propone la sospensione della seduta per permettere ai capigruppo di discuterne.

Qualche minuto dopo escono dalla sala del Consiglio tutti i consiglieri di maggioranza per discutere il da farsi, in un inedito caso di metastasi del pubblico dibattito consiliare. Non se ne fa niente e la maggioranza tira fuori dal cappello un o.d.g. alternativo già belle pronto. Nella sala consiliare, dove finalmente tutti hanno ritrovato il naturale luogo istituzionale di dibattito, due consiglieri della maggioranza concordano con l’o.d.g. della minoranza, gli altri se ne stanno zitti, viene ritirato quello di maggioranza e il sindaco si affretta a dire che sulla questione c’è libertà di voto. L’esito del voto si può leggere nel box in questa stessa pagina. La conseguenza è che la maggioranza di dieci astenuti è vincolata a dare seguito all’o.d.g. della minoranza “allargata” di sette consiglieri.

Fatico a crederci. Questa maggioranza che ha deciso di non decidere non è la stessa che nella sua pratica amministrativa ha dimostrato in tante occasioni un approccio inclusivo e aperto nei confronti dei migranti presenti a Racconigi? Di gente che predica bene e razzola male abbiamo esempi a profusione; qui abbiamo un inedito caso di gente che razzola bene e predica male. Fatico a crederci, ma me l’hanno raccontata così, se è andata diversamente qualcuno lo dirà e saremo tutti più tranquilli. E gli struzzi cosa c’entrano? Da piccolino sentivo raccontare la storia che gli struzzi di fronte a un problema nascondono la testa nella sabbia. Una balla, una fake new diremmo oggi, ma una volta la raccontavano per buona (forse anche oggi). Spesso la raccontavano per fare un po’ di morale, per dire…non fare come gli

struzzi… non nascondere la testa nella sabbia… prenditi le tue responsabilità… abbi il coraggio delle tue azioni. Cose di questo genere. E allora… cosa c’entrano gli struzzi? Ditemelo voi.


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Fabrizio De Andrè

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LA BUONA NOVELLA-8 a cura di Guido Piovano

Siamo ancora alla crocifissione, ma questa volta il brano riporta le ultime parole di Tito, uno dei due ladroni condannati insieme a Cristo.

IL TESTAMENTO DI TITO [Tito] "Non avrai altro Dio all'infuori di me, spesso mi ha fatto pensare: genti diverse venute dall'est dicevan che in fondo era uguale. Credevano a un altro diverso da te e non mi hanno fatto del male. Credevano a un altro diverso da te e non mi hanno fatto del male. Non nominare il nome di Dio, non nominarlo invano. Con un coltello piantato nel fianco gridai la mia pena e il suo nome: ma forse era stanco, forse troppo occupato, e non ascoltò il mio dolore. Ma forse era stanco, forse troppo lontano, davvero lo nominai invano. Onora il padre, onora la madre e onora anche il loro bastone, bacia la mano che ruppe il tuo naso perché le chiedevi un boccone:

quando a mio padre si fermò il cuore non ho provato dolore. Quanto a mio padre si fermò il cuore non ho provato dolore. Ricorda di santificare le feste. Facile per noi ladroni entrare nei templi che rigurgitan salmi di schiavi e dei loro padroni senza finire legati agli altari sgozzati come animali. Senza finire legati agli altari sgozzati come animali. Il quinto dice non devi rubare e forse io l'ho rispettato vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie di quelli che avevan rubato: ma io, senza legge, rubai in nome mio, quegli altri nel nome di Dio. Ma io, senza legge, rubai in nome mio, quegli altri nel nome di Dio.

Non commettere atti che non siano puri cioè non disperdere il seme. Feconda una donna ogni volta che l'ami così sarai uomo di fede: Poi la voglia svanisce e il figlio rimane e tanti ne uccide la fame. Io, forse, ho confuso il piacere e l'amore: ma non ho creato dolore. Il settimo dice non ammazzare se del cielo vuoi essere degno. Guardatela oggi, questa legge di Dio, tre volte inchiodata nel legno: guardate la fine di quel nazzareno e un ladro non muore di meno. Guardate la fine di quel nazzareno e un ladro non muore di meno. Non dire falsa testimonianza e aiutali a uccidere un uomo. Lo sanno a memoria il diritto divino, e scordano sempre il perdono:

ho spergiurato su Dio e sul mio onore e no, non ne provo dolore. Ho spergiurato su Dio e sul mio onore e no, non ne provo dolore. Non desiderare la roba degli altri non desiderarne la sposa. Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi che hanno una donna e qualcosa: nei letti degli altri già caldi d'amore non ho provato dolore. L'invidia di ieri non è già finita: stasera vi invidio la vita. Ma adesso che viene la sera ed il buio mi toglie il dolore dagli occhi e scivola il sole al di là delle dune a violentare altre notti: io nel vedere quest'uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l'amore".

Il commento Tito cita i comandamenti uno ad uno e ne fa una lettura che mettere in luce superficialità e contraddizioni. Emerge allora il ritratto di un Dio complice dei potenti e distante dagli ultimi, fondamentalmente ingiusto e i cui precetti sono facili per gli uni e impossibili per gli altri. Emergono le falsità e le ipocrisie tipiche di prescrizioni sostanzialmente affini al potere. Ma se questo è il canto di un uomo che nell’ora della morte tro-

va la forza di ‘dirla chiara’ senza più nulla tacere, è anche il grido di un uomo che, presa coscienza dell’ingiustizia del mondo, proprio prima di morire ritrova nell’amore del Cristo la sua dimensione umana. Egli allora recupera tutti i comandamenti in quello unico dell'amore - nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l'amore cogliendo il senso profondo del Vangelo.

CHIESA E SESSUALITÀ Nella Buona novella abbiamo incontrato una Maria che, prima che Madonna, è donna e madre. Mentre senza sosta l’attualità ci offre notizia di stupri e femminicidi, rifletto sul fatto che la Chiesa è tutt’altro che esente dal doversi interrogare sulla sessualità: pensiamo allo scandalo della pedofilia e all’emergente caso delle suore abusate dai preti che esse accudivano. Si discute – troppo poco - del ruolo della donna nella chiesa ma l’esigenza sembra piuttosto quella di ripensare alla

radice il tema della sessualità nella chiesa a partire proprio da come è andata delineandosi nei secoli la figura di Maria. Scriveva già nel 1996 la teologa statunitense Elizabeth Schüssler Fiorenza, femminista cattolica, “Maria, la statuina di gesso della grotta di Lourdes totalmente desessualizzata e simbolo di umile obbedienza, è ampiamente utilizzata dal punto di vista religioso, per inculcare alle donne comuni la dipendenza, la subordinazione e l’inferiorità […] Le teologhe

femministe mettono in evidenza il fatto che la mariologia e il culto di Maria di tendenza maschile svalutano le donne in tre modi: primo, accentuando la verginità a detrimento della sessualità; secondo, associando in modo unilaterale l’ideale della «vera femminilità» alla maternità; e, terzo, valorizzando, da un punto di vista religioso, l'obbedienza, l’umiltà, la passività e la sottomissione come virtù cardinali delle donne.” Elizabeth Schussler Fiorenza,

Gesù figlio di Miriam, profeta della Sofía, Claudiana Editrice, Torino 1996, pag. 224.


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Si crede poco alle donne Nei casi di femminicidio prevale la parola del killer di Anna Simonetti

Qualche tempo fa, in una intervista su La Stampa mi ha colpito quanto dichiarato dalla giudice Paola Di Nicola, autrice del libro “La mia parola contro la sua ": “Sul tema delle violenze sulle donne si rischia una regressione culturale in quanto si crede poco alle donne e nei casi di femminicidio prevale la parola del killer”. La giudice infatti, dopo aver studiato 200 sentenze, rileva che ogni volta che una donna viene violentata, si manifesta inevitabilmente lo stereotipo nel non credere alla vittima sia quando la violenza viene raccontata in famiglia, sia in tribunale; sintomo di tale incredulità sono le frasi con cui viene accolto il drammatico racconto: sei sicura di quello che dici... cosa hai fatto... perché sei passata per quella via… lui era nervoso, lui non voleva, si calmi! Ma, se pensiamo un momento al perché di questo sentimento, è facile trovare la risposta: non credere alla donna ha un grosso risvolto sociale, significa salvare la famiglia e la società da conseguenze disastrose. Se è incomprensibile l’atteggiamento della famiglia che dovrebbe offrire solo empatia e non dubbi sull’accaduto, lo è ancora di più quello del tribunale in cui il

giudice deve essere al di sopra delle parti. In realtà non lo è perché pone il racconto della vittima e dell'imputato sullo stesso piano, con grave danno della vittima che è obbligata a dire la verità, mentre l'imputato può trarre vantaggio dalla menzogna e quindi avere l’opportunità di conformare il suo racconto all’antica cultura dei rapporti di forza uomo-donna. Il giudice che non sa porsi fuori da questo stereotipo considera la donna causa del suo male (violenza/ morte) ed emette sentenze che sembrano riportarci indietro di qualche secolo, sentenze che annientano anni di lotte fatte dalle donne per acquisire pari diritti e pari dignità nella società. Di recente, in pochi giorni due casi di femminicidio hanno beneficiato del dimezzamento della pena. Entrambi i delitti sono stati giudicati come effetti incontrollabili scatenati dal comportamento delle vittime, provocati da una passione incontrollata alimentata dalle due donne “uccise”! In una delle due sentenze l’uomo non ha agito per gelosia ma è stato spinto da rabbia, disperazione, delusione, risentimento, ha agito per un intenso sentimento umanamente comprensibile. Insomma, se la sua

donna non lo avesse offeso, tenuto nell’incertezza dell’esserci oppure no, lui non l’avrebbe uccisa. Il magistrato ha fatto sua la dichiarazione dello psichiatra che ha parlato di una “soverchiante tempesta emotiva” ed ha considerato la vittima provocatrice e responsabile del suo assassinio, insomma se l’è voluta! Un caso analogo si è verificato presso la Corte d’Appello di Bologna che ha ridotto di quasi la metà la condanna dell’omicida reo confesso che ha strangolato la donna con cui aveva una relazione da solo un mese e mezzo. Le motivazioni dello sconto di pena addotte nella sentenza sono che “sebbene la gelosia provata dall’imputato fosse un sentimento certamente immotivato, tuttavia essa determinò in lui, a causa delle sue esperienze di vita poco felici, una soverchiante tempesta emotiva e passionale che lo spinse, dopo il delitto, anche ad un tentativo di suicidio”. In uno dei due casi il giudice era donna, ma questo non deve stupirci perché, secondo la giudice Di Nicola, “lo stereotipo è di tutti e benché negli ultimi anni siano stati fatti passi in avanti con ottime leggi, tuttavia la sovrastruttura culturale non è crollata e non crollerà finché non si comprenderà che è un fenomeno

radicato nella società – una donna su tre subisce violenza – e sostanzialmente impunito – 8 donne su 10 non denunciano . È come la mafia, quando si diceva, anche nei tribunali, che la mafia non esiste”. La magistratura, aggiunge la giudice, deve approfondire l’analisi e le discussioni su queste sentenze senza atteggiamenti difensivi per poter uscire da schemi che la condizionano. Sono passati solo alcuni giorni dall’aver finito questo breve articolo, quando arriva la notizia che il Tribunale dei minori del Riesame ha disposto l’annullamento della misura cautelare in carcere anche per il secondo autore dello stupro avvenuto, qualche settimane fa, alla stazione della Circumvesuviana di Portici. “Sono delusa e amareggiata...mi fa pensare che non sono stata creduta! Sono stata interrogata per ore dalla polizia, dai magistrati e dagli psicologi. Ho cercato di dare il massimo contributo, a che è servito?” si sfoga la giovane di 24 anni stuprata da tre giovani ragazzi che, concordi, si sono difesi affermando: la ragazza era consenziente! La mia parola contro la sua, ancora una volta!

Sull’infibulazione e altre barbarie di Aleksandra Zivkovic, Classe III E CAT IIS Arimondi Eula Racconigi

Per infibulazione si intende la mutilazione dei genitali femminili. Questa pratica ha una lunga storia e proviene dall’antico Egitto. Una delle spiegazioni ipotizzabili per la sua introduzione è il desiderio di controllo della vita sessuale delle schiave. Viene ricondotta dunque alla volontà maschile di sottomettere la donna, da sempre considerata un oggetto. Le ripercussioni negative investono sia la sfera fisica, perché causa emorragie, problemi urinari e infezioni vaginali acute, sia quella psicologica, in quanto fonte di depressione, ansia e problemi relazionali. È quindi a tutti gli effetti una violazione dei diritti umani. Le mutilazioni genitali si distinguono a seconda delle diverse pratiche. Una di queste è la rimozione del clitoride, più tecnicamente cliterodectomia. Un’altra consiste nella rimozione totale o parziale delle piccole e grandi labbra, definita escissione. L’infibulazione implica anche la totale chiusura, tramite cucitura, dell’orifizio vaginale. I paesi in cui sono messe in atto tali pratiche appartengono perlopiù al continente africano e asiatico (Indonesia). In Somalia è stata riscontrata una percentuale del 98% di mutila-

zioni eseguite, in Guinea del 97%; nel Gibuti del 93%. Gli altri paesi (Sierra Leone, Mali, Egitto, Sudan, Eritrea, Burkina Faso, Gambia) le praticano sulle donne sopra i 15 anni, corrispondenti al 75-90% della popolazione femminile. In alcune comunità vengono mutilate anche bambine di 4-5 anni, in altre addirittura delle neonate. Si calcola che oggi circa 200 milioni di donne ne siano vittima. Coloro che operano tali ignominie vengono chiamate “donne tagliatrici”. Per incidere utilizzano lamette e strumenti affilati. In mancanza di precauzioni sanitarie, proliferano le infezioni che comportano, in seguito, cistiti, emorragie, forti dolori legati a rapporti sessuali, problemi durante il parto che portano ad una conseguente alta mortalità di madre e infante. La maggior parte delle donne si sottopone al taglio, pena l’esclusione dalla comunità. Questa pratica colpisce anche le comunità migranti residenti negli altri paesi, per esempio in Italia. Qui, in Irlanda, Spagna e Svezia è attivo un progetto, denominato After, volto a porre fine a tali pratiche e promosso da ActionAid. Il Parlamento europeo ha approvato il 7 febbraio 2018 una risoluzione che chiede i massimi livelli di protezione per le

richiedenti asilo che sono costrette a fuggire a causa del rischio di mutilazioni genitali, finanziamenti più flessibili per le organizzazioni che lottano per le vittime, una migliore formazione per le persone che si trovano a lavorare con le vittime, che in Europa,

sono circa mezzo milione. Nessuno dev’essere vittima di abusi. Si deve tentare di migliorare la situazione sociale portandola al passo dello sviluppo attuale ed eliminando gli usi antichi e tribali, espressione di crudeli credenze prive di fondamento.

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Anche per un laico la Parrocchia ha interesse di Rodolfo Allasia

Non sono cattolico e pertanto non dovrebbe interessarmi la vita interna di una comunità come quella parrocchiale ma negli ultimi mesi di tanto in tanto vengo a conoscenza di qualcosa di strano che riguarda questa comunità. Sono curioso e mi chiedo cosa c’è dietro, inoltre mi capita di scrivere su insonnia, di tanto in tanto, e vorrei sapere di più di queste stranezze prima di scriverne ma una cortina di silenzi cala quando si accenna a parlare di Parrocchia e manifestazioni vicine a questo ambiente. Ho saputo che quest’anno non si farà più il Bimbo Maggio come da anni era uso, anzi da anni l’evento aveva assunto una dimensione sempre maggiore ed ora, improvvisamente tutto si spegne. Ho chiesto a persone che ne erano l’anima ma le risposte sono state evasive e mi hanno detto di rivolgermi ad altri per saperne di più e così dagli uni agli altri mi è parso che della cosa non se ne voglia parlare. La stessa sensazione ho avuto quando ho chiesto la spiegazione del perché un funerale anziché svol-

gersi nella chiesa di San Giovanni ha avuto luogo nella chiesa della Madonna delle Grazie celebrato da Don Beppe e non dal Parroco, ed altri sono stati celebrati nella chiesa di San Domenico. Come sono regolate le cerimonie che scandiscono la vita dei fedeli? Non dico nulla, ovviamente, della fede che costituisce l’ossatura della vita di un cristiano (fede che a volte io gli invidio) ma mi pongo domande sull’aspetto più burocratico della gestione dei sacramenti: esiste una territorialità della somministrazione dei sacramenti oppure si possono ricevere dove si vuole, e si può scegliere il prete che si preferisce, hanno lo stesso valore? Posso capire che la complessità della nostra società ha bisogno di organizzazione, anche nella Chiesa, ma penso che proprio in questo ambito l’aspetto umano sia l’elemento prevalente. Ne ho sentita un’altra: è stata celebrata una messa in ricordo di Umberto II di Savoia ultimo re d’Italia (dal 9 maggio 1946 al 10 giugno dello stesso anno) chiamato “re di maggio” per la breve durata del suo regno, a causa del referendum che

scelse che l’Italia fosse una Repubblica. Capisco, anche se non ho la fede, che una messa non si nega a nessuno (a proposito quanto può costare far dire una messa in San Giovanni?) ma questa stessa Chiesa aveva visto la nascita del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Racconigi per iniziativa di due preti del tempo, quando la casa Savoia era alleata della Germania Nazista la quale seminava morti in tutta Europa. Questa messa ha avuto un momento stridente che ha allontanato dalla chiesa alcune persone quando è iniziata la lettura della preghiera che i monarchici presenti hanno pronunciato per il loro re. Ma sembra che ad abbandonare la chiesa, per ragioni diverse, sia da tempo un atteggiamento diffuso in questa Parrocchia intendo la chiesa di Racconigi e non quella Santa Cattolica Romana. Qualcuno mi potrebbe dire che queste spiegazioni dovrei, se proprio mi interessano, chiederle al parroco il quale potrebbe rispondere sicuramente con coscienza; vero, verissi-

mo ma la reticenza che accompagna tutte le richieste di chiarimenti è stata evidente fin dall’inizio dell’insediamento del parroco don Maurilio. Avevamo rivolto proprio a lui, come uso del nostro giornale intervistare coloro che aprono una nuova attività soprattutto quando questa coinvolge in modo così importante la vita di una città, alcune domande, per altro scritte e dando tutto il tempo per rispondere. La reticenza è stata palese: semplicemente Don Maurilio non ha voluto rispondere. Dunque dovremo tenerci le nostre curiosità oppure correre dietro alle voci che circolano, pur con grande circospezione, in Racconigi; molte di più di quelle che ho sommariamente descritto qui. Chiedo scusa del taglio poco religioso del mio scritto ma spero che altri con fede e con razionalità abbiano voglia di far sentire la loro voce. Insonnia è aperta a quasi tutte le voci che vogliono farsi sentire con debita correttezza ed educazione.


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Michela si confessa

“Un disabile ogni mattina che si alza ha qualcosa di nuovo da scoprire…” di Michela Dellavalle

Ho voluto scrivere questo articolo perché la disabilità vista da fuori può sembrare una cosa facile, ma non lo è. Tempo addietro, quando girava la notizia di quel ragazzo rimasto paralizzato dopo una sparatoria, mi è capitato di parlare con una persona: “sicuramente per te è più facile perché tu comunque sei nata così, non hai mai provato a camminare”, mi dice. Non rispondo, ma decido di scrivere queste riflessioni perché non condivido: io, nella mia vita, sono ben contenta di averle fatte, però questa tetraparesi spastica della quale sono affetta, mi ha portata a tante rinunce. La butto lì, sarebbe piaciuto anche a me portare un paio di scarpe col tacco perché i tacchi mi piacciono da morire, e non l’ho potuto fare; oppure, da piccola, provare a giocare o muovere le mani come gli altri bambini e non lo potevo fare. Però papà è stato un grande uomo: ha accompagnato il mio pellegrinaggio terreno, facendomi capire da subito che si poteva comunque vivere nella società. Pur non potendolo fare, io sapevo come un bambino gioca. Io so come si cammina, io so come ci si lava da soli, io so come ci si comporta nella vita normale. Lo vedo, perché sono stata buttata nella società, però non lo posso fare. Questo comporta tantissime rinunce, perché una cosa non la puoi fare, l’altra nemmeno, così prendere la patente, scrivere, lavarmi da sola con un po’ di intimità. Devi comunque sempre dare il tuo corpo a chi capita; oggi ci può essere una persona, domani un’altra, quindi devi sempre avere il tuo corpo in mano ad altri ed è una cosa che col tempo puoi anche dire bella, ma che all’inizio non lo è. Siamo sinceri, nello sviluppo, al momento del ciclo mestruale, è stato traumatizzante. Sapevo - papà mi aveva preparata - che un’altra persona mi avrebbe dovuto aprire il pannolone, dal momento che lui doveva andare a lavorare e la nonna anziana non lo poteva fare ed ero consapevole di non poter procreare, perché la mia schiena non avrebbe supportato un peso ulteriore e le mie braccia non mi avrebbero consentito di reggere un bimbo, dal momento che se prendevo in mano una bambola, poi me la facevo sfuggire. Non dico queste cose per me, ma perché voglio che

la persona disabile quando sente la gente parlare in certi modi non entri in depressione, col rischio di non uscirne più. Io rifarei tutto quello che ho fatto nella vita, però è dura comunque. Voglio portare un altro esempio. Come ho detto in altri articoli, io non posso firmare. Ero ragazzina e volevo anch’io avere una postpay tutta mia: entro alla posta, e scopro che questa cosa non si può fare. Allora, papà me la fa fare lui e con l’amore di tanti amici che si sono interessati sono riuscita ad avere una cosa solo mia; è stato importante. Due anni fa, a dicembre ho cambiato carrozzina e dunque con Nicoletta - non mi piace chiamarla badante - non conoscevamo tutto di quella carrozzina nuova, era una scoperta. Un disabile ogni mattina che si alza ha qualcosa di nuovo da scoprire, magari un dolore, una difficoltà, una gioia diversa. Quel 19 gennaio 2017, con Nicoletta, mentre mi stavo lavando - io alla sera faccio doccia, capelli, tutto - sono caduta e Nicoletta piano piano mi ha adagiata sul pavimento e ha chiamato i vicini di casa per potermi tirare su. Di quella caduta, come ho già detto tempo fa in un altro articolo, ho apprezzato di aver potu-

to toccare con le mani le piastrelle del pavimento che non avevo mai toccato, una sensazione nuova; è stato anche bello cadere, fare questa esperienza. Non lo dimenticherò mai. Penso che il Signore mi abbia prestato un paio di ali perché cadendo non mi facessi male… Nella vita sono anche stata fortunata, perché mi sono potuta integrare. Così, grazie alla redazione di Insonnia, ho compensato certe cose che non ho potuto fare esprimendo me stessa e tante mie sensazioni. Questo pezzo di carta per me è un documento importante… Però, certe cose che si sentono fanno male. Io sono riuscita a superare le mie difficoltà – nel mio immaginario e nei miei sogni, io mi vedo in piedi – ma vorrei che non capitasse ad altri disabili di sentirle, perché i disabili sono tutti uguali, tutti hanno gli stessi diritti: gli stessi diritti il disabile mentale e il disabile che non riesce a muoversi bene, e anche il disabile che necessita di cure e invece deve ricorre ad un Centro perché i genitori non hanno la possibilità di assisterlo. Non dovrebbe essere così. Papà mi ha sempre detto “un figlio non è mai uno sbaglio, è una benedizione di Dio, va amato così com’è”. Però è possibile che tanta gente non ce la faccia, perché un disabile comporta tantissime spese; gli devi garantire cose in più, una donna che lo assista, un’auto per salire con la carrozzina e altro ancora. Per finire: ringrazio Dio che mi dà la forza di vivere questa vita con quanti mi vogliono bene e lo prego perché nella vita che prima o poi avrò presso di Lui io possa realizzare quanto non ho potuto fare qui.

TORRE DI BABELE 2/3/4/?/?/...

Spett. Redazione, leggo ogni mese il Vostro giornale e lo trovo decisamente interessante! Complimenti. Questa mattina ho buttato giù queste righe ed ho deciso di farvi partecipi... Cordialmente,

Simonetta Colucci, coluccisimo@libero.it

"Sto ascoltando come sempre vari telegiornali e dibattiti con le ultime notizie del giorno... non dissimili purtroppo da quelle che sentiamo ormai tutti i giorni... che avvengono in un modo o nell'altro, ma comunque in un crescendo continuo. Oggi parlano della manifestazione pro clima/ambiente organizzata dai ragazzi seguendo l'iniziativa di Greta... ma girano anche informazioni sull'attentato in Nuova Zelanda... sui cantieri e gli investimenti pubblici, infrastrutture, economia e lavoro in Italia..., social, robotica, tecnologia avanzata, ecc... Riflettendo sul tutto, ho visto improvvisamente davanti a me l'immagine della Torre di Babele: rotonda, ritta in piedi, ma con rovinose distruzioni lungo la sua struttura, sempre più profonde e scavate; piena di gente nelle rovine e da queste altre a salire verso

tutti i piani, fino alla cima, dove sagome di persone, con le mani sollevate, costruivano ancora e ancora ad aggiungere altri piani su piani... persone su persone... Lì per lì non mi sono chiesta come fosse possibile continuare a costruire su rovine sgretolate e sparpagliate, né come senza più fondamenta si potesse levare una torre rotonda fino al cielo, (forse dal centro della terra?) e ancora come potessi vedere tra le sue pietre così tanti percorsi segnati nel tempo... Tempo? Da Prima di Cristo, molto prima, a Dopo Cristo, durante e dopo... molto dopo. Le linee dello spazio e del tempo si uniscono e confondono in un'unica struttura a spirale dove appaiono immagini e pensieri di sogni, illusioni, speranze, idee di grandezza, di potenza e sopraffazione, di dolore e

rabbia, di ideali, sofferenze e disillusioni... amore, indifferenza, odio... È' tutto lì distrutto e finito, ricostruito e tentennante, proseguito, ricostruito e ridistrutto: ecco perché la torre appare rotonda! È la spirale che si ripete all'infinito, la circonda a partire dai fondamentali e cresce, cresce circondandola, avvinghiandola, soffocando i più deboli, elevando i più forti... ma prosegue e continua soffocando ed elevando... e stringe, stringe sempre di più; gli ultimi, soffocati dai primi, urlano sotto le macerie; i primi vedono la spirale stringersi intorno ai loro piedi e scalciano, non capendo che saranno stritolati e schiacciati come le loro vittime. Ed io continuo a guardare... so cosa accade, ma non riesco ad impedirlo."


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Passi in avanti nella lotta contro la violenza sulla donna: i risultati del progetto nel cuneese di Adonella Fiorito

Centri antiviolenza, cooperative sociali, amministrazioni comunali, servizi del territorio e volontari uniti nel rafforzare le misure a sostegno delle vittime di violenza di genere. Si conclude il progetto “Un Passo dopo l’altro per uscire dalla violenza”, promosso da Mai + Sole e co-finanziato dal Ministero delle Pari Opportunità. Aiutare più di 40 donne a fuoriuscire dal percorso di violenza migliorando le loro competenze professionali e promuovendo la loro autonomia abitativa, accompagnare minori vittima di violenza assistita nell’elaborazione del loro vissuto attraverso la partecipazione ad attività psico-pedagogiche, svolgere attività di prevenzione nelle scuole e negli istituti di reclusione per sensibilizzare sul tema della violenza di genere, mettere in rete territori, attori pubblici e privati per migliorare le capacità di cooperazione. Sono questi gli obiettivi principali raggiunti grazie al progetto “Un Passo dopo l’altro per uscire dalla violenza”, promosso dal centro antiviolenza Mai + Sole in collaborazione con la cooperativa sociale Caracol, Oasi Giovani Onlus e il Comune di Savigilano. La violenza di genere è una piaga sociale che va affrontata con azioni tra loro complementari, volte a sostenere le vittime in diversi ambiti: occupazionale, culturale, psicologico, educativo ed istituzionale. Per questo il progetto “Un passo dopo l’altro per uscire dalla violenza” è stato pensato ed implementato in modo corale, attivando su ciascuno di questi fronti azioni volte a stringere le maglie del sostegno intorno alle vittime presenti nel territorio. Sono così state attivate 9 borse lavoro, che hanno consentito a 6 donne di fare passi importanti verso l’autonomia e l’allontanamento dalla relazione violenta. La sensibilità dimostrata da aziende operanti nel campo della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) e della cultura hanno consentito a 3 di queste donne di proseguire nella collaborazione con dei contratti di impiego stabili, permettendole di trovare soluzioni abitative indipendenti, di

garantire un ambiente nuovo e protetto ai propri figli, ma soprattutto di sentirsi riconosciute come risorse professionali. Venti donne hanno poi partecipato a laboratori di cucito, e una dozzina ai laboratori di cucina. Obiettivo di questi corsi era innanzi tutto offrire alle beneficiarie degli strumenti di acquisizione di competenze professionale, ma il vero valore aggiunto dei corsi è stata l’occasione di confronto e compagnia che questi spazi hanno rappresentato per le donne in un loro momento di particolare vulnerabilità e solitudine. Si sono creati rapporti di amicizia, di solidarietà e di scambio, sia sul piano umano che pratico. I laboratori di cucina, che si sono svolti grazie alla disponibilità di spazi e risorse professionali offerte dal Caffè Intervallo di Savigliano, hanno portato le donne alla scoperta di piatti tipici della cucina piemontese, aiutandole così a cogliere aspetti del territorio che non erano conosciuti da tutte. Di fatto, una delle partecipanti al corso è riuscita a trovare un impiego in questo campo, a dimostrazione di come uno dei risvolti fondamentali del sostegno alle donne vittima di violenza debba essere uno stimolo all’autonomia anche attraverso il miglioramento delle possibilità occupazionali. Otto donne hanno poi anche beneficiato di un’assistenza psicologica, usufruendo di cicli continuativi di incontri con professioniste del settore. Il supporto psicologico alle vittime di violenza, seppur previsto dal nostro ordinamento, spesso non riesce a concretizzarsi per tempi di attesa lunghi e per la scarsità delle risorse messe in campo rispetto alle necessità. Per questo il progetto del cuneese ha voluto rafforzare questa componente, indispensabile per consentire una fruizione adeguata delle altre attività. Infatti, una donna vittima di violenza spesso

porta con sé complessi sentimenti di inadeguatezza, di paura e diffidenza che ostacolano la sua emancipazione in ambito professionale, ma che rendono anche più difficile il rapporto educativo con i figli. I minori vittima di violenza assistita sono infatti stati un altro target fondamentale del progetto. Il sostegno alle donne non può infatti prescindere da un supporto ai loro figli, che essendo testimoni sin dalla tenera età di violenza domestica, sviluppano una visione distorta dei rapporti interpersonali che rende più difficile il loro inserimento sociale. Il progetto ha anche promosso attività di prevenzione attraverso la realizzazione di laboratori artistico-ricreativi nelle scuole elementari e medie, così come in un istituto di reclusione del territorio. Le attività sono state incentrate su esercizi, giochi e rappresentazioni teatrali volte a stimolare la riflessione sui concetti di rispetto, parità di genere, empatia, portando i partecipanti a ragionare su aspetti più profondi delle relazioni socioaffettive individuali. A latere di queste varie attività molto concrete, questa esperienza ha altresì consolidato i rapporti di collaborazione tra le varie agenzie territoriali che si occupano di lottare contro la violenza sulla donna implementando il lavoro di rete tra i vari portatori d’interesse. Un passo dopo l’altro quindi, grazie al sostegno del Ministero delle Pari Opportunità e all’impegno di molteplici attori con epicentro a Savigliano, il territorio del cuneese si è mobilitato per offrire un futuro fatto di speranza e possibilità alle donne di vittime di violenza.


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Correre per mantenersi in forma

I SEGRETI DI MOHAMED DUASS di Francesco Cosentino

Intervista a Mohamed Duass, podista e membro del direttivo dell’Atletica Racconigi. Ciao Mohamed, parlaci di come ti sei avvicinato al mondo dell’atletica. Ho iniziato a correre in maniera sistematica più di dieci anni fa. Questa scelta fu dettata principalmente dalla volontà di mantenermi in forma. Intorno ai 40 anni il fisico inizia a modificarsi, metabolizzando in maniera differente il cibo, e proprio intorno a quell’età notai che il mio corpo stava cambiando in maniera considerevole. Ero arrivato a pesare 70 kg e a quel punto decisi di impegnarmi più seriamente. La scoperta della società di atletica racconigese fu provvidenziale per me: in questi anni sono riuscito a tornare al mio peso forma, raggiungendo i 55 kg attuali. L’obbiettivo della società è proprio quello di portare la gente a muoversi di più, abbandonando la vita fin troppo sedentaria che spesso siamo abituati a sottovalutare. Per ottenere risultati bisogna essere costanti e trovare le motivazioni giuste, la competitività e il miglioramento delle prestazioni arrivano di conseguenza. Quanto ha influito questa scelta nella tua vita? Molto. Come detto prima, ho iniziato a correre più che altro per perdere peso, ma andando avanti con gli allenamenti ho notato che l’atletica porta effetti molto evidenti anche sull’umore e sulla salute. Io soffro di una forte allergia alle graminacee, che in passato mi ha portato a rischiare addirittura la morte. Il periodo primaverile è sempre stato un incubo per me. Agli inizi questo problema mi costringeva ad inter-

rompere gli allenamenti tra aprile e giugno, poiché mi risultava difficile anche solo respirare. Riprendere l’attività dopo mesi di pausa era estenuante, ma grazie alla dedizione negli allenamenti la mia capacità polmonare è migliorata giorno dopo giorno e con il passare degli anni sono riuscito ad affrontare sempre più facilmente l’ostacolo dell’allergia. Sono ormai cinque anni che non mi fermo più durante la primavera, anche grazie alla rassicurante presenza dei miei compagni di corsa. Porto sempre i medicinali con me per sicurezza, ma servono sempre più raramente. L’atletica è una medicina naturale, mi ha davvero salvato sotto questo aspetto. Ogni quanto ti alleni? In media mi alleno 3 o 4 volte alla settimana. Gli orari di allenamento sono influenzati dagli orari di lavoro. Sono un operatore sociosanitario e perciò non ho orari fissi: quando ho il turno lavorativo al mattino mi alleno di pomeriggio e viceversa. Durante la settimana sono solo, mentre nei weekend corro insieme ad altri podisti. In che cosa consiste un allenamento per un podista? Solitamente io corro per 11 km ogni allenamento, che sommati nell’arco di un anno risultano essere circa 2000 km. Agli inizi impiegavo circa un’ora a percorrere questa distanza, con il passare degli anni ho diminuito le tempistiche ed ora la stessa distanza la percorro in non più di 45/50 minuti. Io preferisco una corsa regolare, senza scatti ripetuti, anche se probabilmente porterebbero ad impiegare ancora meno tempo. Cosa consiglieresti a chi si affaccia per la prima volta al mondo del podismo? Nella corsa farsi male è molto più semplice di quello che può sembrare, quindi è fondamentale cercare in tutti i modi di prevenire gli infortuni. Per questo è importantissimo prepararsi con stretching e riscaldamento, a cui dedico almeno una ventina di minuti ogni sessione di allenamento. Anche l’abbigliamento non è da sottovalutare: occorre coprirsi in maniera adeguata, soprattutto in inverno, ed utilizzare scarpe e calzature appropriate. Inoltre, è bene per un atleta non sforzare troppo il proprio corpo, quindi in caso di fastidi o piccoli infortuni è bene saper dosare la corsa ed evitare di correre sull’asfalto, preferendo terreni sterrati. Ne approfitto per ringraziare Giovanni Bonavia, un tesserato della nostra società che continua ad ottenere ottimi risultati in ambito sportivo e ha saputo darci consigli preziosi in fatto di abbiglia-

mento, nutrizione e prevenzione sugli infortuni. A che genere di gare partecipi? Circa venti giorni fa ho partecipato alla mezza maratona di Saluzzo, arrivando quinto tra i master 50 (la mia categoria di età) e 103esimo nella classifica assoluta. Sono molto soddisfatto, soprattutto perché ho stabilito il mio miglior tempo personale di sempre, avendo percorso 21 Km in 1 ora, 24 minuti e 52 secondi, quando normalmente impiego circa un’ora e mezza. Era la terza volta che partecipavo a questa manifestazione e noto anno dopo anno un miglioramento sempre più evidente. Oltre alla competizione di Saluzzo ho da poco avuto modo di gareggiare alla nove miglia di Bra, un percorso molto complicato e con un dislivello importante, soprattutto per chi come me è abituato ad affrontare terreni pianeggianti. Il bello dell’atletica è che ognuno di noi corre per sé, ma allo stesso tempo formiamo una squadra. Alle premiazioni delle gare viene sempre nominata la società in cui l’atleta è tesserato e questo è motivo d’orgoglio anche per i compagni di allenamento. Un concetto molto importante per affrontare al meglio qualsiasi tipo di gara riguarda l’alimentazione: è necessario correre a stomaco vuoto, in modo da essere il più leggeri possibile. Per le lunghe distanze è consigliabile mangiare un piatto di riso quattro ore prima della corsa, ma le brevi distanze, come può essere ad esempio uno dei miei allenamenti, vanno affrontate completamente a digiuno. Si recupera mangiando dopo. Le strutture e gli spazi che avete a

disposizione sono adeguati? A mio parere una città come Racconigi meriterebbe strutture più adeguate. In questo senso ci stiamo muovendo molto e c’è l’intento di costruire una pista d’atletica al più presto. Esiste già una pista, ma è stata trascurata e il tempo l’ha resa inutilizzabile. La nostra associazione unisce persone di tutte le età, a partire dai 6 anni fino ad arrivare ad atleti più anziani. I più grandi possono allenarsi anche per strada, ma per i bambini non è sicuro. Inoltre, la nostra società è rappresentata da atleti di varie discipline e un campo di allenamento più consono, con attrezzature più efficienti, porterebbe un miglioramento di tutto il panorama dell’atletica racconigese. Per anni abbiamo avuto la possibilità di poterci allenare nel parco del castello, io stesso ho fatto l’abbonamento per poter correre immerso nella natura. Purtroppo, per motivi di sicurezza non è più possibile ed è un peccato perché rappresentava una risorsa preziosa. Credo che nonostante si possa ancora migliorare come strutture, rappresentiamo comunque una realtà importante per i racconigesi, in quanto offriamo l’opportunità a chiunque lo voglia di fare sport e di mantenersi in forma. A tal proposito ci tengo a sottolineare come ci siamo avvicinati al mondo dello sport per disabili, soprattutto grazie all’entrata in società di Dario Oderda, corridore ipovedente che, aiutato da una guida, riesce ad affrontare questo sport con grande dedizione, con una grande dimostrazione di cuore e volontà.


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IL DISERBO IN CITTÀ

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Un problema che le amministrazioni comunali sono tenute ad affrontare a cura di Rodolfo Allasia

Ho saputo da un amico agronomo che a Saluzzo c’è stato un importante convegno riguardante la promozione delle pratiche sulla gestione ecologica delle aree verdi urbane e la conseguente salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini. Gli ho chiesto un articolo per insonnia, e lui gentilissimo si è messo al computer, a fianco di un altro collega che aveva partecipato con lui come uditore al convegno, e mi ha mandato una sintesi, completa di ogni dettaglio delle relazioni degli esperti di chiara fama intervenuti in questo convegno del 7 marzo. DEVO per necessità legate al giornale ridurre a citazioni il loro lavoro. Ho compreso come la materia sia regolata da una serie di documenti ufficiali che vanno da delibere della Giunta Regionale, Decreti Interministeriali, Piano d’Azione Nazionale, Direttive della Comunità Europea e regolamenti della stessa e già solo questo dà l’idea di come la questione del diserbo in città sia materia che interessa tutti noi e va

affrontata con cautela e di questa si interessano istituzioni nelle quali confidiamo. Gli ambiti riguardano l’igiene e l’incolumità pubblica, il basso rischio dei prodotti fitosanitari, l’individuazione di aree specifiche come parchi, giardini pubblici, campi sportivi, aree ricreative, cortili delle scuole, parchi giochi ed aree vicine a strutture sanitarie. Il prof. Aldo Ferrero dell’Università degli Studi di Torino ha sottolineato come la vegetazione spontanea si sviluppa anche in aree pavimentate: si trovano fino a seimila semi di Composite e Graminacee per ogni metro lineare di pavimentazione. “L’ambiente urbano è favorevole allo sviluppo delle piante per isole di calore con temperature superiori alle circostanti zone agricole di 3-4 gradi centigradi, illuminazione artificiale e concentrazione dell’anidride carbonica più elevata del 30%, rispetto alla campagna”. Non si vuole con ciò demonizzare la vegetazione spontanea urbana ma i danni ed i rischi legati ad uno

sviluppo eccessivo sono notevoli (accumulo sporcizia, smaltimento acque meteoriche, effetti allergici, ecc.). Nelle relazioni sono stati affrontati i temi delle modalità della gestione di queste infestanti con metodi indiretti (legati alle scelte progettuali delle aree pubbliche: tipo di pavimentazione e altre) e diretti sia meccanici (macchine operatrici) sia biologici (impiego di coleotteri che si nutrono di foglie e di pollini – responsabili di asma, riniti, congiuntiviti – e la pacciamatura). Un ampio spazio è stato dato alle misure che limitano l’uso di prodotti fitosanitari ritenuti nocivi alla popolazione pertanto nelle gare di appalto per le imprese che operano i trattamenti di disinfestazione sono da tenere in considerazione queste normative. Esistono lavori sperimentali di operazioni di diserbo che sono stati presentati dal dott. Matteo Bontà (Commissione tecnica della Fondazione Agrion) che hanno dato buoni risultati. Interessante è che nel convegno è stato dato spazio anche ai costi di questa gestione ed è emerso che “gli interventi di diserbo effet-

tuati con mezzi fisici ed in particolare con il decespugliatore risulterebbero più economici rispetto a quelli effettuati con mezzi chimici”. Le conclusioni tratte dagli amici che hanno assistito al convegno, ricavate dalle stesse parole degli esperti relatori, sono che “la gestione della vegetazione spontanea nelle aree urbane deve cercare di conciliare: rapidità di intervento, efficacia, persistenza e costi ridotti, sicurezza per gli operatori e la popolazione, tutela dell’ambiente nella sua più ampia accezione e quindi di fauna, flora, acqua e aria. Questo risultato si può ottenere con il rispetto delle normative, una adeguata formazione degli operatori e l’uso di prodotti meno pericolosi con attrezzature protette e sicure”. Chiedo scusa ai miei amici, che tre l’altro si firmavano solamente B&B, per aver drasticamente tagliato il loro testo molto tecnico e completo di dati ma spero di aver comunicato ugualmente ai lettori l’importanza che anche nel nostro Comune debbano essere tenute in considerazione le raccomandazioni fatte nelle conclusioni del Convegno di Saluzzo, citate qui in ultimo.


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Respiro. Respiri. Come imparare felice…mente

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La meditazione come pratica che facilita l’apprendimento di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Non è vero quello che ci raccontano i mass media. Non è così. In alcuni “spettacoli” televisivi che mettono alla gogna qualche “esaurito” che andrebbe ritirato immediatamente dall’insegnamento, si fa strada l’idea che ci siano sempre più maestre che picchiano i bambini o insegnanti fuori di testa, ma … Chi ha la mia età si ricorda bene come invece sia migliorata a prescindere la scuola di oggi rispetto a com’era un tempo: accanto a insegnanti splendidi che hanno lasciato un indelebile ricordo nel cuore dei propri allievi, c’erano infatti diversi docenti – ve li ricordate vero? - che prendevano a schiaffoni i malcapitati studenti delle proprie classi o sollevavano per le orecchie gli alunni che sbagliavano un esercizio… e c’era chi umiliava quotidianamente i più deboli, chi gridava come un forsennato e chi congelava con lo sguardo tutta la classe rendendo ciascuno incapace di proferir parola. Erano molti di più di oggi! Eppure non c’era l’eco dei media ad ampliarne la brutalità dei gesti. Oggi “beviamo come tontoloni” le notizie montate a misura per fare audience e crediamo che la scuola sia disastrosa sotto tutti i fronti, ma in realtà vi posso assicurare che ci sono sempre più insegnanti che amano i loro alunni, che si mettono in gioco e continuano a formarsi ed imparare, cercando strade nuove e diverse per arrivare al cuore, prima ancora che al sapere. Visto che adoro le buone notizie e trovo deleterio il terrorismo mediatico, vi racconto con piacere una bellissima esperienza appena accaduta nell’ultimo weekend di marzo. La Rete insegnareducando di cui faccio parte aveva organizzato una strana formazione “I CARE: PAESAGGI DELL’ANIMA”. Eravamo consapevoli che un titolo così lontano dal concreto non potesse attirare folle di insegnanti, anzi, eravamo preoccupati che non si iscrivesse nessuno. E invece… Sono arrivate in una villa sperduta sulle colline di Valdarno più di 25 insegnanti e da subito si sono resi disponibili ad un cammino formativo completamente diverso. Figuratevi che il primo “intervento” è stata una danza. Sì, abbiamo ballato tra sconosciuti interfacciandoci gli uni agli altri, senza parole, ma col sorriso e la dolcezza. Il corpo è stato subito protagonista dell’apprendimento, come dovrebbe esserlo a scuola. Perché il corpo parla, comu-

nica, dice a volte più delle parole. E gli insegnanti che si mettono in gioco sanno il valore della musica e del movimento nei percorsi scolastici. Le due giornate di formazione si sono aperte alle 7 del mattino con una meditazione guidata. Ogni docente col suo tappetino, una coperta e i calzettoni antiscivolo, in posizione meditativa all’alba, nonostante il cambio dell’ora legale!

assicuravi che è davvero di grandissima efficacia. Insieme alla musica e al movimento del corpo, insieme agli esercizi del teatro dell’ascolto, che nel seminario sono stati condotti rispettivamente da Federica Felici e Paolo Senor, tutti co-redattori di www.insegnareducando.it, la meditazione è stata accolta con gratitudine dagli insegnati sempre più consapevoli

contrario un contesto positivo crea apertura, capacità creativa, attenzione, intuizione, memoria, consapevolezza… anche noi insegnanti dobbiamo esserne consapevoli: la nostra postura, il nostro sguardo, la nostra espressione viene percepita dai nostri allievi che reagiscono di conseguenza. Noi possiamo fare la differenza se per primi sviluppiamo un’attitudine alla gentilezza e alla

Grazia Roncaglia, autrice di due libri di meditazione per bambini e adolescenti, attraverso esercizi e teoria, ha guidato gli insegnanti a sperimentare cosa accade quando la mente si acquieta dal suo vortice di pensieri. Questa maestra pratica la meditazione in classe con costanza, i suoi alunni utilizzano normalmente la campana tibetana per “ritornare a se stessi”. La campana prima viene “svegliata” da un bimbo di turno che dà un piccolo tocco prima di suonare una delicata ma decisa vibrazione sonora che lascia risuonare nell’aula, mentre tutti chiudono gli occhi per un attimo praticando pochi lunghi respiri. È così che si impara a diventare “saldi come un monte” anche quando le distrazioni ci vorrebbero portare via dai nostri obiettivi. Ed è così che si resta “freschi come un fiore” o “calmi come un lago” nonostante le burrascose tormente dei nostri pensieri e delle nostre emozioni che ci porterebbero “sul treno della rabbia” dal quale poi sarebbe difficile scendere. Da qualche anno alcuni insegnanti seguendo il suo esempio hanno introdotto la pratica meditativa come attitudine per poter apprendere meglio, per insegnare “a stare attenti” a scuola e nella vita. Anch’io sperimento la sua metodologia e posso

che l’educazione è inter-essere e parte innanzitutto dai docenti che per primi imparano a lavorare su se stessi per poi trasmettere qualcosa di positivo, proprio a partire da sé. Solo da questo stato di serenità interiore è possibile insegnare e creare un ambiente di apprendimento sereno in cui si sta bene e si impara. Ma la felicità cosa c’entra con l’apprendimento? Ce lo ha spiegato bene Tessa Marzi, docente della facoltà di medicina all’Università di Firenze che ci ha illustrato gli studi scientifici degli ultimi 5 anni sulle aree cerebrali coinvolte nella comprensione. È incredibile l’effetto della mindfulness sul cervello! Essa sviluppa calma interiore e quindi sensazione di benessere, pace e serenità, emozioni dalle quali scaturisce l’ossitocina, l’ormone della felicità che apre le porte all’apprendimento. Pensate a quando la paura regnava in un’aula dei nostri tempi prima di un’interrogazione: l’insegnante che scorreva su e giù i nomi del registro guardandoci tutti da sopra la montatura degli occhiali. Noi intimoriti avremmo voluto fuggire, ci pareva di non sapere più nulla. E infatti la paura genera blocco, fuga o combattimento. Con la paura non si può apprendere perché tutta l’attenzione è concentrata sulla difesa. Al

calma, gli ingredienti dell’insegnamento. Come dice Grazia R.: “Se devi spiegare qualcosa che non va, fallo con la calma nel cuore. Altrimenti non arriva il messaggio, ma arriva la rabbia. E poi esercitati nell’ascolto profondo e sperimenta com’è importante a scuola pensare: io sono qui per te. Non faccio altro, ti ascolto”. I bambini sentono come è il maestro, colgono la sua serenità interiore oppure il suo affanno. Perché siamo tutti inter-connessi, perché noi e gli altri inter-siamo come un albero lo è con tutti gli elementi naturali che gli garantiscono la vita. Se ci abituiamo a scuola a guardare in questo modo, noi insegnanti per primi, possiamo insegnare ai nostri allievi a sviluppare “gli occhi del gruppo” che permettono di vivere con gli altri diversamente. E quante cose si risolvono o migliorano con questo sguardo! Cade l’egoismo come nebbia al sole, e si fa nitido in classe un obiettivo comune per apprendere meglio: essere più felici. Se vi par poco!!! Per chi desidera approfondire: 2 testi di Grazia Roncaglia “Connesso a me stesso, agli altri e al pianeta” e “Felice…mente” Ed. Età dell’Acquario


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Una Giovane Ambasciatrice di Racconigi si unisce alla lotta globale contro la povertà estrema Francesca Dalmazzo, 19 anni, di Racconigi, è stata selezionata per partecipare al prestigioso programma “Youth Ambassador” dell’associazione anti-povertà The ONE Campaign. La sesta edizione del programma è stata inaugurata il 28 marzo a Roma e ha visto Francesca e gli altri 40 giovani attivisti selezionati in Italia partecipare a una serie di incontri istituzionali tra Palazzo Chigi e la Camera dei Deputati. Tra gli altri, Francesca ha incontrato il Vicepresidente della Camera Ettore Rosato e il consigliere diplomatico del Primo Ministro, l’Ambasciatore Piero

Benassi. In un anno che vede i giovani protagonisti della lotta per un mondo più equo e sostenibile e inaugurato dall’attivismo studentesco nelle piazze di tutta Europa e Italia, Francesca si farà portavoce di ONE nella provincia di Cuneo e a Roma, attivandosi per incontrare rappresentanti politici e organizzando eventi locali col fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di investire risorse adeguate nella lotta alla povertà estrema. Insieme a ONE, Francesca condurrà azioni di campagna in vista delle elezioni europee, del vertice

del G7 e della conferenza di rifinanziamento del Fondo Globale per la lotta all’AIDS, la tubercolosi e la malaria, un’organizzazione pubblico-privata che punta a porre fine a tre delle malattie più mortali al mondo. Francesca ha dichiarato: “Ho una grande passione per le tematiche internazionali e ritengo che sia importante mettersi in gioco e esortare i nostri rappresentati politici a fare la propria parte nella lotta contro la povertà estrema. Sono molto orgogliosa di essere stata selezionata per il programma Youth Ambassador che mi permetterà di impegnarmi per ottenere un cambiamento concreto per le persone che vivono in condizione di povertà estrema. Voglio inoltre dimostrare ai miei concittadini che, se ci uniamo e facciamo sentire la nostra voce, riusciremo a costruire un futuro migliore per tutti”. Caterina Scuderi, referente di ONE per l’Italia, ha aggiunto: “È davvero incoraggiante sapere di poter contare su un gruppo di giovani così dedicati e appassionati per portare avanti la nostra battaglia per un mondo libero dalla povertà estrema, dalle malattie prevenibili e dalle disuguaglianze sociali. Dalle elezioni europee alla conferenza di rifinanziamento del Fondo Globale, passando per il G7 ad agosto, si presenteranno momenti internazionali importanti per intensificare la lotta alla povertà estrema. Francesca svolgerà un ruolo importantissimo nel sensibilizzare la città di Racconigi su questi temi. Siamo molto contenti di averla al nostro fianco”.

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Per ulteriori informazioni contattare:Francesca Dalmazzo, fra.dalmazzo@gmail.com Nella pagina, una foto di Francesca pronta a cominciare la sua esperienza come ONE Youth Ambassador e una del gruppo italiano presso la Camera dei Deputati.

Cos’è ONE “YouthAmbassador” ONE è un movimento globale che opera con campagne e attività di sensibilizzazione per combattere la povertà estrema e le malattie prevenibili, soprattutto in Africa. Apolitica, ONE mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e a lavorare di concerto con i leader politici per combattere l’AIDS e le malattie prevenibili, aumentare gli investimenti per l’istruzione, l’agricoltura e l’alimentazione e chiedere ai governi maggiore trasparenza nei programmi di lotta alla povertà. Per saperne di più visita: one.org Gli ambasciatori ONE sono un gruppo di giovani volontari estremamente motivati, selezionati tramite bando pubblico, che conducono attività di sensibilizzazione in tutta Europa per porre fine alla povertà estrema. Sollecitano un impegno concreto dei responsabili politici, lavorano con i mezzi di comunicazione per aumentare la visibilità delle campagne ONE e incoraggiano il pubblico a sostenere le petizioni e le altre azioni ONE con attività online ed eventi locali. Per saperne di più visita: one.org/youthambassadors.


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SE LA QUARESIMA FOSSE UN'OPPORTUNITÀ PER TUTTI L'Associazione Mandacarù di Racconigi

Le Chiese cristiane, in questo periodo, stanno vivendo la "Quaresima" che, seppur nelle specificità di linguaggi e pratiche differenti a seconda della propria appartenenza, conserva alcuni tratti comuni. Vorremmo proprio a partire da tali tratti condividere con i lettori di questo giornale alcune riflessioni e una proposta non necessariamente "confessionali". Vogliamo provare a lasciarci interpellare dalla ricchezza delle tradizioni delle chiese che oggi sanno ancora parlare al cuore dell'uomo, di ciascun uomo, non solo ai credenti, di un uomo in ricerca di spazio e tempo interiori per sfuggire al vortice di cose da fare per essere efficienti, di beni da acquistare per essere al passo coi tempi, di risultati da raggiungere per essere adeguati al contesto … • Silenzio: potremmo declinare così l'invito alla preghiera della Quaresima cristiana. Nel tempo dei talk show abbiamo bisogno di mettere a tacere l'invasione delle parole, di prenderci del tempo per ascoltare e per ascoltarci. Abbiamo bisogno di silenzio per far nascere una parola umana autorevole, piena, comunicativa, che nasca dal "cuore" dell'uomo, dalla sua capacità di analisi, di lettura profonda della realtà, di pensiero, che non si limiti al "secondo me", a quella che i sociologi chiamano la dittatura dell'opinione, ma sappia parlare a ragion veduta.

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Cinema

I film al cinema in questo periodo di Cecilia Siccardi

Passata la stagione degli Oscar, in cui generalmente escono nelle sale cinematogra-

Lib

Libri di Michela Umbaca

“L’anima non ha cultura, non ha nazione. L’anima non ha colore, accento, stile di vita. L’anima è per sempre. L’anima è una. E quando il cuore prova un momento di verità e di dolore l’anima non sa restare immobile”. Shantaram in lingua marathi significa “uomo della pace di

• Sobrietà: mentre altre fedi sottolineano con forza l'importanza del digiuno, le chiese oggi lo propongono ai fedeli più timidamente, ma è proprio la Quaresima a restituirgli un giusto ruolo. Da diversi movimenti e associazioni operanti soprattutto in ambito ambientale viene l'invito a ridurre. Ridurre i consumi e ridurre gli sprechi, in nome di una conversione degli stili di vita non più sostenibili dall'ambiente che riportino al centro la natura, come risorsa da rispettare e come bellezza da contemplare e non solo come oggetto da sfruttare e da dare per scontato. Si tratta di un invito a fare un passo indietro sulla strada del consumo compulsivo, consapevoli che rinunciare aiuta a ridare il giusto valore ai beni, alle risorse, al cibo che noi abbiamo, ma che potrebbero non esserci. • Restituzione: lo stile di vita che sta profondamente danneggiando la natura miete ancora più vittime fra gli esseri umani. E veniamo così all'ultima parola simbolo della Quaresima, condivisione, che vogliamo qui formulare come un impegno a restituire. Il Commercio Equo e Solidale si impegna da circa 50 anni in Europa perché le risorse naturali e le materie prime presenti nel Sud del Mondo tornino ad essere fonte di ricchezza per i suoi abitanti, che, riuniti in cooperative, mettono a servizio dei loro clienti modalità di lavoro

agricolo e abilità artigianali e artistiche frutto di tradizioni millenarie. Secoli di saccheggi legalizzati da vecchi e nuovi colonialismi sono stati e sono ancora causa di povertà, malattie, degrado culturale, guerre, … e proprio la presenza delle Botteghe del Mondo tiene vivo l'impegno a "restituire" qualcosa di questo secolare ladrocinio, pagando un giusto prezzo a chi produce e promuovendo istruzione e salute, condizioni base per qualsiasi sviluppo umano. A partire da queste considerazioni estendiamo l'invito a vivere questo tempo, credenti e non credenti, come un'opportunità per rientrare in se stessi, per riscoprire che la qualità della vita non coincide con la quantità di beni posseduti, per ritrovare strade di condivisione anche sostenendo progetti di reale promozione umana. Noi abbiamo scelto di sostenere in questo periodo, insieme a soci e amici, l'associazione Ponte di Pace che promuove progetti di pace e di accoglienza in Terra Santa, destinati in modo particolare ai giovani e alla loro formazione. Se qualcuno fosse interessato a saperne di più può passare in Bottega (via Garibaldi, 12 a Racconigi) a informarsi e a conoscere le storie di chi costruisce reali percorsi di pace in una terra ancora troppo minata dai conflitti.

fiche i film dell’anno, la programmazione primaverile si presente ricca di interessanti novità. Fra le principali ci sono senza dubbio due film di distribuzione Disney: il primo è Captain Marvel, prodotto dai Marvel Studios e ventunesimo capitolo del Marvel Cinematic Universe. Il film, che ha ottenuto incassi da record e recensioni perlopiù positive da parte della critica, introduce il personaggio di Carol Danvers, interpretata dall’attrice premio Oscar Brie Larson. L’eroina Marvel sarà sicuramente destinata a ricoprire un ruolo di grande importanza nella lotta contro Thanos in Avengers: Endgame, in uscita in Italia il 24 aprile 2019. Appena arrivato nelle nostre sale è invece Dumbo, remake in live action diretto da Tim Burton del classico Disney del 1941, che vanta nel cast la presenza di attori del calibro di Colin Farrell, Michael Keaton, Eva Green e Danny de Vito. Come la gran

parte degli ultimi lavori di Burton, però, anche questo film non ha ottenuto il successo sperato, ottenendo recensioni mediocri e incassando meno del previsto. È inoltre uscito il 4 aprile in Italia Noi, atteso ritorno dietro la cinepresa di Jordan Peele, che aveva acquisito notorietà nel 2017 con Scappa - Get Out, horror vincitore, fra le polemiche, dell’Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale lo stesso anno. Nel cast sono presenti due attrici di rilievo: Lupita Nyong’o, premio Oscar 2014, e Elizabeth Moss, vincitrice di Golden Globe e Emmy nel 2017 per The Handmaid’s Tale. Il film è stato accolto positivamente dalla critica. Gli amanti delle storie tragiche troveranno poi pane per i loro denti nel romantico A un metro da te, mentre chi ama i supereroi, in attesa degli Avengers, potrà intrattenersi con Shazam!. Insomma, ce n’è per tutti i gusti!

Dio”. Ed è proprio in India, nella caotica Bombay, che la storia di Shantaram ha inizio. Un’autobiografia che ci riporta direttamente al secolo scorso, ripercorrendo la vita di Lim, un uomo qualunque, semplice, che si muove nella vita con le sue debolezze, con le sue passioni e con le sue paure. Né eroe, né mito, la sua storia si districa in un viaggio verso la riconciliazione con se stesso, con la redenzione di un’anima velata dagli errori di un passato e di una vita lontani, da ricostruire. Passando dal ruolo del fuggiasco ricercato, a medico improvvisato per poveri e indigenti in un fatiscente slum di Bombay, diventando un attore nel film di Bollywood, ad essere un amico di mafiosi e giungendo persino a trovarsi combattente con i mujahideen islamici in Afghanistan e in Pakistan, Lim non è altro che il Dante del nostro tempo, l’uomo che ha vissuto e toccato con mano la miseria, la

disperazione e l’infimità umane. L’uomo che ha riscoperto se stesso, illuminato dalla luce di una consapevolezza nuova, che sa di libertà, di rinascita. Con uno stile narrativo semplice e lineare, Shantaram non è solamente un’autobiografia: è un viaggio da vivere e assaporare attraverso il tentativo del protagonista di recuperare e iniziare un percorso esistenziale di rinascita, verso la scoperta del vero se stesso, cambiando il punto di vista di quei valori che gli impediscono di comprendere l’essenza stessa dell’esistenza.

Gregory David Roberts “Shantaram” 2009. pp. 1177, € 23,00 Editore: Neri Pozza

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Gruppo Kairòs

Il Gruppo Kairòs, costituito da un insieme di persone impegnate nell’organizzazione di serate di solidarietà con l’obiettivo di destinare il ricavato, proveniente da offerte libere, ad iniziative benefiche, ed in particolare ad aiutare le famiglie disagiate, promuove, con il patrocinio del Comune di Racconigi, le seguenti due conferenze: Giovedì 11 aprile 2019, alle ore 21:00 presso la Chiesa di Santa Croce: “Potenzia la tua memoria” Relatrici: Giustina Veneziano, psicologa, esperta in Neuropsicologia; Rosabianca Putzu, educatrice professionale. La serata sarà dedicata alla ginnastica della mente: informazioni, curiosità, giochi ed esercizi per tenere in allenamento la memoria e l’attenzione. Venerdì 17 maggio 2019, alle ore 21:00 presso la Chiesa di Santa Croce: “Passaggio in India” Relatore: Enrico Busso Un viaggio fotografico nell’India dei Maharaja con i tesori dei palazzi e delle fortezze, dei coloratissimi mercati, ma anche l’India semplice e popolare con la sua spiritualità. Ingresso libero.


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Musica JULIAN LAGE LOVE HURTS di Giuseppe Cavaglieri

Acclamato come uno dei chitarristi più prodigiosi della sua generazione, Julian Lage, a soli

31 anni, vanta un lungo e prolifico curriculum come sideman accanto a icone come Gary Burton e John Zorn, in duo con Nels Cline, Chris Eldridge e Fred Hersch, e infine come solista. Il suo nuovo album intitolato “Love Hurts” segna il suo terzo lavoro per la Mack Avenue. Registrato con il bassista Jorge Roeder e il batterista Dave King (The Bad Plus), l’album vede il chitarrista esplorare un catalogo particolare di artisti audaci e originali, da Roy Orbison a Ornette Coleman, da Jimmy Giuffre a Peter Ivers. Lage e la sua sezione ritmica continuano il percorso intrapreso nei precedenti lavori del chitarrista, spingendo ulteriormente avanti l’amalgama di fusion jazz, rock 'n' roll e improvvisazione avventurosa. «Per

me questa registrazione completa una trilogia di approcci al trio – afferma Lage – Sono tutti simili, ma illuminano aspetti diversi». I precedenti lavori di Lage lo hanno visto attraversare la storia musicale del 20° secolo, con “Arclight” che esplorava l'era del pre-bebop e del country swing e “Modern Lore” che indagava il panorama post-bellico del primo rock 'n' roll. “Love Hurts”, invece, vede Lage trarre ispirazione dalla libertà artistica della fine degli anni Sessanta e Settanta. Anche se composte più di mezzo secolo fa, canzoni come la title track - scritta da Boudleaux Bryant e registrata per la prima volta dagli Everly Brothers – mostrano tutta la loro modernità nelle reinterpretazioni evocative di

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Lage. A questo si affianca la profonda influenza che hanno avuto pionieri del jazz di avanguardia come Ornette Coleman, Jimmy Giuffre, e in particolare Keith Jarrett, sulla musica del chitarrista.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Francesca Galante, Marco Capello, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Michela Umbaca, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Questo corteo è stato diverso da quelli a cui abbiamo assistito (e raramente partecipato come ragazzi) fino ad oggi: siamo abituati a vedere persone diverse che manifestano sostegno o dissenso per qualcosa che sta accadendo nel Paese in quel momento, che manifestano o protestano per il presente. Questo corteo invece voleva manifestare e protestare per il futuro, per proteggere il nostro

futuro, perché dobbiamo essere noi ad agire in prima persona. C'era aria di cambiamento, e si sentiva. Soprattutto ci si credeva. Per un giorno ci siamo sentiti importanti tanto quanto gli adulti, perché questa volta toccava a noi muovere la pedina. La nostra generazione sta già pagando le conseguenze di errori del passato, ma se non si agisce i nostri figli dovranno fare i conti con problemi anco-

RACCONIGI DOMENICA 12 MAGGIO PRIMA TAPPA IN BICI DA MUSEO A MUSEO MUSEO DELLA SETA RACCONIGI - MUSEO CIVICO A. OLMO SAVIGLIANO IL MUSEO DELLA SETA di Racconigi promuove per il giorno 12 maggio una pedalata che unirà simbolicamente il museo della seta di Racconigi con il museo civico A. Olmo di Savigliano. La pedalata si svolgerà lungo le strade sterrate e asfaltate che costeggiano il torrente Maira. Il ritrovo è previsto alle ore 8.00 all’inizio del viale di corso di Principi di Piemonte. La partenza alle ore 8.15 in direzione della strada sterrata della “Brunotta” fino a Cavallerleone. Si proseguirà poi su strada asfaltata (strada della Basse) fino a Savigliano con sosta al museo civico A. Olmo. All’interno del museo la prof.ssa Rosalba Belmondo terrà una breve conferenza sul lavoro femminile nelle filande del nostro territorio. Proseguimento su strada asfaltata per il lago della Sirenetta per pranzo al sacco. LE ISCRIZIONI, PRESSO IL MUSEO (domenica 10-12 ; 14-17) DOVRANNO PERVENIRE ENTRO SABATO 4 MAGGIO – COSTO 10 € (spese assicurazione, ingresso museo di Savigliano, organizzazione interna). Info: matteo.racca@alice.it coniglio67@gmail.com

ra più grandi, verso un degrado sempre più veloce. Se non prendiamo innanzitutto noi giovani consapevolezza di quello che sta accadendo all'ambiente e di quanto ne siamo responsabili, quel futuro è già segnato. L'ambiente è una causa super partes e sarà lui a decidere se volgere o no la mano verso i suoi abitanti. È quindi necessario manifestare per il domani, ma impegnarci oggi. Forse noi

abbiamo aperto un po' gli occhi, ora bisogna convincere chi conta e ha potere a fare le scelte giuste per cambiare sul serio le cose. Non sarà una giornata di scuola persa a farlo, ma sarà un impegno costante e quotidiano, che, speriamo, un giorno rifletterà la sua luce anche nei loro occhi… a cura degli studenti dell'IIS Arimondi - Eula di Racconigi partecipanti al corteo


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