INSONNIA Aprile 2018

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mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 102 Aprile 2018 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Eravamo tre amici al bar CON-FRONTO Guido

Come mi sono sentito ai risultati elettorali? Nessuno me l'ha ancora chiesto, allora, me lo chiedo da solo. E allora? La risposta è solo una: obsoleto. Come obsoleto? Sì, dopo anni di fiera minoranza, se non elettorale, almeno di fede, dopo anni di partecipazione, almeno ideale, è venuto il tempo della estraneità, del fuori campo. Ecco, mi sono sentito, fuori gioco. Extra time. Vecchio. Superato. Qualcuno dice… conservatore (!?). Alieno al cambiamento. Resistente all’aria che tira. E allora? Due ipotesi. La prima. Continuare fieramente a stare fuori dal campo. D'altra parte questa storia che gli elettori hanno sempre ragione, non mi convince poi così tanto. Un solo esempio: se tutti vanno dietro al pifferaio magico che suona la ninnananna anti-immigrazione, piuttosto che quella populista del “tutto facile e subito”, non è forse meglio fermarsi prima di precipitare nel baratro?

Rodolfo

Io penso all’elettorato, quello che comunemente viene definito “la gente“; sembra che buona parte di costoro stiano giocando. Perché nelle ultime elezioni amministrative a Racconigi c’è stata una bassissima percentuale di voti alla lista del Movimento Cinque Stelle tanto da non avere neppure un rappresentante in consiglio comunale e a marzo di quest’anno alle elezioni politiche, lo stesso Movimento, ha avuto sia alla Camera che al Senato il 27% circa?

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BNI E BUSINESS LOCALE: QUALI REGOLE?

Centro diurno Alambicco

UN'IMPRONTA CREATIVA

di Melchiorre Cavallo

di Luca Sanino

La definizione di CREATIVITÀ parla della capacità artistica di creare con la fantasia o con l'intelletto, cioè la ragione, l'elaborazione di concetti e di pensieri.

Concetto che personalmente condivido in parte e, lavorando da nove anni al Centro diurno Alambicco, ho realizzato che l'azione del creare non è strettamente legata ad inventare qualcosa di

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Elezioni politiche

LE RAGIONI (O ALMENO ALCUNE) DI UNA DISFATTA ANNUNCIATA di Luca Meinardi

Nel periodo compreso tra la campagna elettorale e i giorni post elezioni ne ho viste e sentite veramente di tutti i tipi. Talmente tante che è fin difficile ricordarle tutte. Dichiarazioni del tipo noi siamo i migliori e gli altri non sono in grado di governare (una versione edulcorata del “Perché io sono io e voi siete un cazzo” del Marchese del Grillo) o gli italiani sanno distinguere tra chi è in grado di guidare un Paese e chi non può farlo. Candidati paracadutati in collegi con i quali l’unica affinità erano le ferie passate durante le vacanze estive. Scelte politiche delicatissime prese

per scimmiottare quelle fatte da altri, con il solo occhio ai sondaggi e dimenticandosi che la versione originale è sempre la migliore e la più gradita all’elettore. Addirittura un eminente ministro (che peraltro a mio parere si è anche distinto positivamente durante il proprio incarico) che il giorno dopo la disfatta ha dichiarato che avrebbe preso la tessera del Pd perché è un partito da risollevare (stile arrivo del Salvatore), per poi dopodomani pretendere di dettare la linea che secondo lui il partito avrebbe dovuto prendere.

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Da parecchi anni è attiva, anche nel nostro Paese, una organizzazione (BNI ITALIA) che ha lo scopo dichiarato di favorire lo sviluppo attraverso lo scambio di referenze e la reciproca collaborazione tra attività economiche di un determinato territorio. Gli aderenti sono degli operatori economici che, attraverso questo strumento, intendono rendere maggiormente visibile la propria attività e, possibilmente, trovare delle occasioni per svilupparla. I gruppi locali si definiscono “Capitoli” e gli aderenti si incontrano settimanalmente in orari molto mattinieri (per interferire il meno possibile con le attività economiche) per scambiare esperienze e informazioni e supportarsi vicendevolmente. All’interno di ogni Capitolo viene consentito l’ingresso di un solo rappresentante per ogni categoria commerciale, professionale e di servizi. Ovviamente la partecipazione all’organizzazione non è gratuita, ma evidentemente gli aderenti ritengono che le opportunità che si possono creare all’interno del gruppo possano rappresentare un vantaggio per il quale sono disposti a sopportare dei costi. Ogni aderente è anche impegnato a cercare di promuovere le attività degli altri aderenti, proprio per lo spirito di collaborazione che sta alla base del progetto. E qui può crearsi qualche anomalia, in assenza di regole precise.

segue pag. 3 MONDO AGRICOLO

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Insonnia Giovani

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Appello al Papa

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BULLISMO

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Dopo il successo di passapORTObio CONSUMO DI ENERGIA E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

Solare Collettivo, incontro pubblico il 19 aprile a cura di Pino Tebano

La terza edizione di PassapORTO.bio si è conclusa con successo nel mese di marzo, quattro incontri su differenti tematiche per la coltivazione di un orto sano, salutare, sostenibile. L’Associazione Solare Collettivo Onlus ha per finalità la promozione attiva di una nuova cultura ecologica, con particolare attenzione al tema cruciale dell’energia rinnovabile e di tutte le problematiche ambientali connesse ad una gestione responsabile delle risorse naturali e dei comportamenti umani. L’energia e la sua produzione sono un fattore importante dei comportamenti umani e dell’impatto che può avere sull’intero pianeta. Già da qualche anno si sono sviluppate in Europa le cooperative energetiche che promuovono la realizzazione ed il consumo di energia rinnovabile, a Racconigi ha la sua sede Retenergie che produce energia rinnovabile con impianti realizzati in tutta Italia e la commercializza ai propri soci attraverso È Nostra, fondata tre anni fa, socio fondatore la stessa Retenergie. Sappiamo che tutti entro il prossimo primo luglio 2019 dovremo cambiare fornitore di energia elettrica per passare al mercato libero, due terzi di noi non ha mai cambiato fornitore ed è rimasto prima con Enel e poi con SEN, il servizio elettrico nazionale che rappresenta oggi il “Mercato di maggior tutela”; la scelta dovrà essere fatta obbligatoriamente ed è per questo che molti operatori ci chiamano continuamente al telefono per aderire alla loro proposta. L’illustrazione di una opportunità, sostenibile e rinnovabile, di consumo dell’energia elettrica di E’ Nostra sarà il tema dell’incontro pubblico che Solare Collettivo organizza presso il

Centro di Aggregazione Giovanile ex GIL Via Divisione Alpina Cuneense 20, Racconigi

Giovedì 19 aprile alle ore 20,45

Come ogni anno Solare Collettivo organizza l’assemblea di resoconto dell’attività svolta e raccoglie le proposte per l’attività da svolgere. Quest’anno l’incontro sarà anche l’occasione per informare soci e cittadini delle novità in tema energetico.

IL RACCONTO FOTOGRAFICO di questo MESE a cura di Rodolfo Allasia

Questa volta si racconta per immagini, di Simone Anselmo, Rocco Agostino e suo figlio Bruno, un avvenimento che possiamo definire storico: il ritorno a Ponza dell’estinto Gino Longagnani. Per festeggiare gli ottantacinque anni di questo personaggio la sezione del Pd di Racconigi organizzò, il 10 e 11 di ottobre del 2008 un viaggio nell’isola di Ponza: qui Longagnani era stato confinato dal Regime fascista dopo un processo per attività antinazionale: era stato trovato in possesso di propaganda contro lo stesso Regime. Nello stesso confino si trovavano personaggi come Terracini, Amendola, Pertini, Camilla Ravera e molti altri che svolsero poi, a diverso titolo, attività politica anche dopo la liberazione e la proclamazione a Repubblica dello Stato Italiano. Gino no, lui continuò nella sua vita normale come normalmente aveva vissuto anche prima di essere condannato al confino. Gli ultimi anni di pena, Longagnani li trascorse a Ventotene dove lui e i suoi compagni dovettero patire anche la fame benché il suo ruolo fosse quello di cuoco (ma senza gli ingredienti per cucinare). Nell’occasione di questo viaggio-ricordo a Ponza furono scattate queste foto (e anche molte altre) che presentiamo in questo mese in ricorrenza del 25 aprile, per non dimenticare che durante il periodo fascista anche le persone comuni che pure non combattevano una guerra armata contro il regime potevano subire dure condanne. Berlusconi aveva pubblicamente dichiarato che “Mussolini mandava gli oppositori in vacanza al confino” (!). Nel 2009 fu prodotto da Bruno, il figlio di Rocco Agostino, un video “Ritorno all’isola” che noi come insonnia non siamo in grado di proporvi fino a che il giornale lo stampiamo su carta. Le fotografie costituiscono però il racconto per immagini di questo mese, ricordando così questo personaggio che visse a Racconigi dal 1960 al 2010 anno della sua morte.

Liberare Cupido

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di Luciano Fico

Da almeno mezz’ora Venus era ferma di fronte allo schermo del portatile; la luce azzurrina rischiarava debolmente la stanza buia. Proprio non riusciva a decidere se portare il cursore sul tasto “RINNOVA ABBONAMENTO” oppure su quello “DISDICI ABBONAMENTO”. Il servizio CUPIDO ON LINE l’aveva indirizzata e sorretta fin da ragazzina nel complesso mondo degli incontri con l’altro sesso: da almeno cinquant’anni, ormai, era diventato quasi l’unico modo per provare a creare una relazione, sia essa occasionale o con pretese di stabilità. I suoi nonni si erano ancora incontrati e innamorati con i metodi arcaici: incontro diretto, corteggiamento e poi un bel salto nell’ignoto. Si erano amati fino a quando ci erano riusciti e poi le crepe avevano segnato sempre più a fondo il loro rapporto, fino a farli separare e poi divorziare, sia quelli paterni che quelli materni. Ai loro tempi esisteva ancora il matrimonio come impegno per la vita e se i due non si amavano più allora dovevano avviare una pratica legale per sciogliere quel contratto sociale. Era tutto molto faticoso e molto doloroso… Finalmente l’istituto del Matrimonio decadde e fu sostituito dei più moderni Accordi di Convivenza, che potevano avere una durata di 2, 5 o 10 anni, dopo di che andavano rinnovati oppure decadevano ed ognuno riprendeva il proprio cammino individuale. Tali Accordi erano vietati prima dei trent’anni: la Psicologia aveva dimostrato che nessun essere umano poteva avere la maturità necessaria per sottoscriverli prima di quell’età. CUPIDO ON LINE risolveva poi il problema del ricambio relazionale, con una modica spesa annuale. Venus provò a ricordare le sue relazioni degli ultimi anni. Aveva incontrato l’uomo concentra-

to sul lavoro per il quale la relazione era un bisogno sociale e fisiologico, da incastrare in modo agile fra i molti impegni. Ricordava con disgusto l’uomo dal cuore completamente chiuso, che sa solo manipolare la compagna senza sapere mai entrare in contatto autentico. Malgrado la grande evoluzione sociale degli ultimi decenni, erano ancora molto frequenti gli uomini/ bambini in cerca di una donna/ mamma a cui consegnare i propri bisogni e la propria dipendenza. Non si era ancora riusciti ad estirpare la tipologia dell’uomo violento, che nascondeva la propria enorme fragilità dietro ad una fantasia malata di possesso della donna. La fedeltà sessuale era ormai scomparsa nell’esperienza comune: se ne parlava nei romanzi o nei film più datati. Eppure… il Sito continuava a promettere l’incontro speciale, che le avrebbe potuto cambiare la vita, magari con un contratto 10+10 che poteva coprire il suo bisogno fin oltre i settant’anni! Finalmente le fu chiara la natura del suo dubbio: si trattava di un grande inganno. Una voce antica in lei le parlò di come Cupido era divinità potente ed imprevedibile, capace di suscitare a suo capriccio l’amore negli umani. Comprese che quelle frecce dovevano suscitare una follia capace di portare l’individuo fuori da sé stesso. La ricerca logica e controllata dell’algoritmo non aveva nulla a che fare con quella corrente irrazionale che ancora veniva chiamata Amore. L’abbonamento fu disdetto e Venus cessò di cercare l’uomo giusto per lei: decise di dedicare la vita rimasta a costruire un’anima salda ed indipendente, disponibile a lasciarsi prendere per mano se Cupido, quello originale, avesse mai deciso di scagliare ancora qualche dardo…


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LE RAGIONI (O ALMENO ALCUNE) DI UNA DISFATTA ANNUNCIATA

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segue dalla prima

Sono rimasto allibito. E a stento a volte mi sono trattenuto dall’esprimere il mio dissenso da una conduzione che poteva solo portare a tale deriva. Ho votato ancora una volta Pd. Ma per me il Pd non è questo. E non è nato per essere questo. A mio parere sono stati commessi tanti errori. È stato perso innanzitutto lo spirito unitario, Ulivista, che ne aveva caratterizzato la formazione. Chi conduce il partito comanda e per gli altri la porta è aperta per uscire. Cosa puntualmente avvenuta. Non credo che fosse questo lo spirito con cui questo partito è nato. Per non parlare di alcune scelte politiche, fatte sicuramente in buona fede, ma dalle conseguenze complesse e non valutate a pieno o sfuggite di mano. Ne cito, tra le tante, solo un paio. Job Act. Da un’idea giustissima basata sul facilitare l’ingresso alle generazioni più giovani vessate dagli effetti di una crisi economica epocale, si è arrivati a una situazione in cui le aziende hanno un sicuro interesse ad assumere giovani a condizioni peggiorative rispetto a chi è stato assunto molti anni prima e a far uscire lavoratori “anziani” per loro troppo costosi, ma con una capacità di reimpiego nell’attuale mondo del

lavoro pari quasi a zero. Quanti ultra cinquantenni hanno perso il posto e vivono ora nel limbo che separa il loro vecchio posto dalla tanta agognata pensione? Chi vive quotidianamente il mondo del lavoro sa che questa è la realtà. Ma se è così, a una intuizione giusta, creare facilitazioni per l’ingresso dei più giovani, non è seguita un’operazione che mettesse in sicurezza o desse nuove prospettive a chi invece dal lavoro usciva, quasi sempre forzosamente. Immigrazione. Dal salvare (giustamente) i migranti lungo le traversate, con un occhio ai sondaggi siamo arrivati a stringere degli accordi secondo me non degni di un paese che si vuole definire civile con bande di trafficanti e milizie libiche per detenere in veri e propri campi di concentramento centinaia di migliaia di donne e bambini vittime quotidianamente di soprusi e violenze di ogni tipo. Oltretutto vantandocene, ridicolizzati dai complimenti degli altri stati europei ai quali non pareva vero che ci prendessimo noi non solo l’onere degli sbarchi ma anche quello di farli cessare. Li teniamo lì, ma investiamo sul territorio, è stato detto. E magari apriamo dei cor-

ridoi umanitari. E cosa è stato fatto sul territorio? E quali corridoi umanitari sono stati aperti? Mentre delle opportunità portate dagli immigrati nel nostro Paese, della ricchezza da questi prodotta, del fatto che le nostre pensioni un giorno potranno essere pagate solo grazie alle seconde e terze generazioni di queste famiglie… nulla… non se ne è parlato. Preferendo scimmiottare le posizioni di altri partiti. Devono tutti rimanere a casa loro. La Lega nel frattempo in maniera molto astuta e altrettanto strumentale è riuscita a far eleggere il primo senatore di colore tra le proprie fila… simbolo stesso della contraddizione delle loro proposte… un uomo di colore, imprenditore di successo che ha creato posti di lavoro, che si candida e diventa senatore. Basterebbe ribadire la sua storia, una versione italiana dell’American Dream, per azzerare i contenuti di chi li vuole “far tornare tutti là”. E invece non ho sentito un solo commento in proposito. Ho citato questi due esempi perché il primo penalizza sì una fascia particolare di lavoratori, ma riguarda tutti, elettori di centro destra e centro sinistra; mentre il secondo umilia letteralmente

i valori di solidarietà che io personalmente sento come parte integrante e non rinunciabile del mio bagaglio politico – culturale. Ci sarebbero tanti altri casi di cui parlare. Ma il limite ferreo delle 4.000 battute imposte da Insonnia (che peraltro ho già ampiamente superato) non consente di farlo ora. Così come non entro nel merito dei numeri delle elezioni, di chi ha vinto o perso, delle promesse fatte e non mantenute pur di prendere i voti. Dico solo, chi ha vinto governi… se è in grado di farlo. Ma, da elettore di centro-sinistra e del Pd, da persona che ha ancora a cuore il destino di questo Partito, chiedo che al suo interno si avvii un dibattito costruttivo e si inizi a ricostruire, partendo dalle cose buone ma anche e soprattutto dagli errori commessi. Gli eletti (vecchi o nuovi che siano), una volta concluse le tante formalità burocratiche successive alle elezioni, escano dalle mura del Parlamento, non per chiedere voti ma per aprire un dibattito, vengano nei circoli a parlare con la base e con i cittadini, per capire cosa non ha funzionato. È questo il momento di farlo. Ora o mai più.

BNI E BUSINESS LOCALE: QUALI REGOLE? segue dalla prima

Se, infatti, la pratica di privilegiare le ditte e i professionisti appartenenti allo stesso gruppo ha un senso nei rapporti tra privati, dove ognuno può disporre liberamente delle proprie risorse, la questione diviene molto differente quando entrano in gioco gli enti pubblici. Senza andare lontano, il nostro Sindaco Oderda aderisce ad un Capitolo del BNI. Recentemente l’Amministrazione di Racconigi ha deciso di cambiare la ditta che gestiva il sito WEB del Comune. La ditta che precedentemente faceva questo servizio ha presentato un’offerta di 3.600 euro.

L’Amministrazione ha deciso di affidare il servizio ad un’altra ditta (guarda a caso, aderente al BNI), per un importo superiore al doppio. Sempre senza andare tanto lontano il Comune di Monasterolo di Savigliano, il cui Sindaco è un ingegnere informatico, ha recentemente rifatto il sito facendo, a mio modesto parere, un lavoro più che dignitoso (https://www.comune.monasterolodisavigliano.cn.it/it-it/home) spendendo 2.340 euro. È chiaro che qualche migliaio di euro di differenza poco spostano su un bilancio comunale. Però…

Però se il BNI favorisce anche queste pratiche sinceramente non ne sentivamo proprio la mancanza. A questi livelli è già attiva un’organizzazione che, almeno a livello storico, ha un po’ più di esperienza. Si chiama Massoneria.


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IL MONDO AGRICOLO INCONTRA I RICHIEDENTI ASILO Dove si incontrano tradizione e tecnologia di Anna Simonetti

In questo numero presentiamo Andrea Costantino (anni 52), imprenditore agricolo di Bra. Siete una azienda grande? Ortogranda è una società cooperativa nata nel 2000. Siamo tre fratelli, ciascuno con una propria azienda, ma, per esigenze commerciali, al momento di presentarci alla grande distribuzione, abbiamo deciso di organizzarci come cooperativa. In seguito si sono uniti a noi altre aziende di Bra, di Carmagnola per i peperoni, due del Lazio (zucchine) ed ora siamo arrivati ad essere 13 soci. Quanti dipendenti avete? La cooperativa Ortogranda ha 48 dipendenti, ma l’azienda Costantino d’estate arriva ad avere anche 200/300 dipendenti impegnati nei campi per la raccolta dei prodotti. Quali sono i prodotti? A Bra ormai da almeno 200/300 anni si coltivano orti, già nostro padre produceva orticoli e noi continuiamo con pomodori, zucchini, cetrioli, melanzane. Il nostro cavallo da battaglia è il pomodoro “cuore di bue”. Quale mano d’opera impegnate? Negli anni ’70 venivano ragazzi dal meridione che facevano 8/9mesi di lavoro stagionale, al termine del quale tornavano a casa. Poi, con una costante evoluzione, negli anni ’90 sono arrivati gli albanesi, i rumeni, gli indiani, tutta gente che piano piano ha trovato lavoro nelle industrie e non è più venuto da noi. Abbiamo uno zoccolo duro di operai ormai diventati capisquadra, ma abbiamo sempre bisogno di altra mano d’opera e negli ultimi due anni i richiedenti asilo sono diventati una forza lavoro disponibile e facilmente reperibile. Come siete venuti a contatto con le cooperative? In genere sono le cooperative stesse che ci contattano, ben conoscendo le nostre necessità. Nella scorsa stagione

abbiamo assunto circa 20 ragazzi: tre lavoravano per Ortogranda nel confezionamento e 15 nei campi per la raccolta. Come è stato il rapporto con i ragazzi che avete impegnato? Erano africani, del Bangladesh, afgani e non abbiamo avuto alcun problema, ma devo dire che non abbiamo mai problemi con i nostri dipendenti, la nostra è un’azienda familiare. Siamo soddisfatti perché si danno da fare, tutti. Che tipo di contratto? Contratto di tirocinio la cui durata va da 3 a 12 mesi per 40 ore settimanali. Li paghiamo una volta al mese con bonifico, per qualcuno poi, viste le capacità, si è passati a contratti agricoli. Dal punto di vista burocratico avete difficoltà? Noi abbiamo un ufficio che si occupa di questo, nel momento di far partire un tirocinio, in 24/48 ore espletiamo ogni atto tramite la Coldiretti. Perché non impegnate ragazzi italiani? È difficile trovarne! Forse perché ci sono sempre stati dei pregiudizi per cui il lavoro dei campi è stato da sempre considerato di serie b. Quindi questi ragazzi non portano via il lavoro agli italiani!? No, assolutamente no! Credo che la scuola dovrebbe far capire ai nostri ragazzi che non è poi così brutto lavorare in agricoltura, forse è più pesante che altri lavori, ma può essere una opportunità di lavoro che non c’è in altri settori. Oltre al fatto che è un lavoro impegnativo, faticoso, che richiede anche flessibilità, è anche un problema di immagine? Facciamo una produzione molto tecnologica che importiamo dall’Olanda

e dal Belgio, ebbene ci dicono che hanno lo stesso problema nel reperire mano d’opera e aggiungono che forse anche le aziende agricole dovrebbero aprirsi e far conoscere il tipo di lavoro che fanno. È vero, noi, partendo dalla curiosità di conoscere l’esperienza delle aziende nell’impiego dei richiedenti asilo, stiamo scoprendo che la vostra generazione ha completamente rinnovato il settore agricolo grazie anche alla tecnologia. Noi siamo fornitori di grandi market che ci chiedono grandi quantità e elevata qualità, dobbiamo attenerci a severi protocolli in quanto sono prodotti a marchio. Produciamo pomodori cuore di bue fuori suolo, su substrati di lana di roccia dove si sviluppano le radici, le nutriamo con fosforo e potassio e bagniamo con flebo. Piantiamo ai primi di gennaio, a marzo iniziamo la raccolta che continua fino a novembre. Sono cicli lunghi, i lavoratori

sono sempre dentro la serra, d’estate fa caldo ma non più che fuori per cui il lavoro non è né difficile né faticoso, ma permane la convinzione di essere questo un lavoro poco nobile. Nel futuro pensa che la collaborazione con i richiedenti asilo possa proseguire? Cosa potrebbe migliorare questa esperienza? Sicuramente, come già accaduto nel passato, ci sarà un’evoluzione, ma finché non arriveranno gli italiani, continueremo così. Viviamo in un territorio con la peculiarità dell’agricoltura, i prodotti piemontesi sono molto apprezzati e richiesti e quindi abbiamo bisogno di operai. Come avviene la commercializzazione? Noi portiamo i prodotti presso piattaforme a Torino, a Milano e a Candiolo: i market provvedono alla distribuzione presso le loro filiali. Lei ha parlato di alta tecnologia, possiamo vedere di che si tratta?


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Certo, andiamo nelle serre (insieme al sig. Costantino entriamo in una delle grandi serre dell’azienda). Qui ci sono 3 ettari coltivati solo a pomodori cuore di bue. Con questo tipo di tecnologia avete problemi di malattie? Le malattie da fungo si risolvono con il caldo e il freddo, ma ad esempio attualmente ci sono degli insetti infestanti che catturiamo con delle trappole. Usiamo le api per impollinare i fiori, quindi niente insetticidi sia per il rispetto dei protocolli d’intesa con i market, sia per non nuocere alle api. Quando arrivano i primi pomodori? A marzo. Ora gli operai stanno facendo dei trattamenti biologici. La pianta si avvolge per circa tre metri sul filo di canapa, quando arriva in alto la srotoliamo verso il baso e gli operai, su carrelli ad altezza regolabile che

scorrono su binari, raccolgono i frutti ormai maturi: a novembre ci sarà una pianta lunga 13 metri a terra. Il riscaldamento è a metano e l’acqua calda scorre nei tubi in basso, mentre l’anidride carbonica prodotta dalla com-

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bustione non viene immessa nell’aria, bensì incanalata e distribuita in serra durante la notte per la fotosintesi delle piante. Le piante alla fine della stagione vengono triturate per il compost.

Quante persone impegnate? In inverno abbiamo circa un centinaio di persone di cui 60 assunti a tempo indeterminato, ma tra luglio e agosto arriviamo ad impegnare fino a 250/300 operai. Tra i rifugiati abbiamo trasformato due contratti di tirocinio in apprendistato che potrebbero diventare a tempo indeterminato. Inoltre, come vede, abbiamo una linea di confezionamento con 20 postazioni cui sono addette delle donne che selezionano i pomodori, li etichettano e li confezionano in vaschette di varia misura per l’avvio al mercato. Di che quantità parliamo? Qui abbiamo 30 mila metri, ma in tutto ne abbiamo 300 mila e produciamo all’incirca 5 milioni di chili di pomodori unicamente cuori di bue, oltre a zucchine, cetrioli e melanzane. Grazie per la disponibilità e buona… stagione!

AMA DI CARMAGNOLA 20 aprile 2018 spettacolo di cabaret e musica con Sonia De Castelli & Pino Milenr in ricordo di Micky Spina e raccolta fondi per il Punto Alzheimer di Carmagnola La sezione distaccata AMA di Carmagnola, nata in memoria di Micky Spina, fornisce, attraverso le sue attività, un supporto alle famiglie di persone con malattia di Alzheimer e svolge anche attività di prevenzione per il mantenimento della memoria: tali servizi sono realizzati grazie a contributi e donazioni liberali di aziende e privati cittadini. Venerdì 20 aprile ci troveremo in occasione del quarto anniversario di Micky Spina per trascorrere una serata divertente come piaceva a lui ... sorridere sempre ... ed anche per un altro scopo: la raccolta fondi a sostegno del Punto Alzheimer di Carmagnola, in collaborazione con l’AMA - Associazione Malati di Alzheimer di Chieri e Carmagnola e Telecupole-Evita disco. Il noto duo cabarettista Sonia De Castelli & Pino Milenr darà vita ad un avvincente ed esilarante spettacolo di cabaret presso il teatro Elios a Carmagnola P.zza Verdi. Lo spettacolo vedrà Sonia e Pino in uno show scoppiettante e “semplice”, che non ha bisogno di particolari oggetti di scena o di situazioni logistiche in cui poterlo effettuare. Vi aspettiamo venerdì 20 aprile ore 20,45 al teatro Elios in piazza Verdi a Carmagnola.

Biglietti in Prevendita presso: Magic Moment- Via Valobra,144. Carmagnola Info: Telecupole 0172.713333 335 7416579 Telecupole 335 5368731 Anna


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a cura di Guido Piovano

FALSI MITI E PROPAGANDA: 10 COSE DA SAPERE SUI MIGRANTI La Caritas italiana ha realizzato un sussidiario con l’obiettivo di fare chiarezza, dati alla mano, su una serie di affermazioni fuorvianti. Eccone alcune. “Gli immigrati sono troppi - Tutti in Italia. E in Europa?” Secondo i dati del Ministero degli Interni i rifugiati a metà 2016 sono 131 mila su una popolazione di circa 60 milioni. In Svezia la popolazione è circa un sesto di quella italiana (10 milioni) e i rifugiati sono 186mila. In Germania (82 milioni di abitanti) i rifugiati sono 478 mila, quasi 4 volte quelli presenti in Italia, 131 mila su 60 milioni, pari al 2 per mille. Significa che per una cittadina come Legnano di circa 25 mila abitanti – secondo la proporzione nazionale – sarebbero 50… non proprio un’invasione. In Europa la percentuale dei rifugiati rispetto alla popolazione totale è molto bassa, anche se in continua crescita. Nel 2016 ci sono state 1.259.955 richieste di asilo, poco meno rispetto al 2015. La Germania ha ricevuto quasi 750 mila domande ovvero 6 volte in più dell’Italia che ne ha ricevute 122 mila. L’Italia riceve flussi importanti d’ingresso ed è sotto pressione per gli sbarchi a causa della sua posizione geografica in mezzo al Mediterraneo e di frontiera dell’Ue a sud, ma ha una percentuale molto contenuta di rifugiati, un numero gestibile attraverso

lungimiranti politiche di accoglienza e integrazione che possano generare risorse sostenibili per i territori. “Gli immigrati ci rubano il lavoro” Stando ai numeri, dal 2008 al 2016 la presenza dei lavoratori stranieri si è fatta sempre più evidente, da 1,7 milioni si è passati a 2,4 milioni (+41%). Nello stesso periodo, il loro peso sul totale degli occupati è cresciuto dal 7,3% al 10,5%. Gli immigrati restano però occupati prevalentemente in lavori di media e bassa qualifica. Oltre un terzo degli stranieri (35,6%) esercita infatti professioni non qualificate, il 29,3% ricopre funzioni da operaio specializzato e solo il 6,7% è un professionista qualificato. […] il 74% dei collaboratori domestici è straniero, così come il 56% delle badanti e il 51% dei venditori ambulanti. E ancora: il 39,8% dei pescatori, pastori e boscaioli è d’origine immigrata, così come il 30% dei manovali edili e braccianti agricoli. Gli stranieri restano invece esclusi dalle professioni più qualificate. “Gli stranieri non pagano le tasse” Secondo i dati della fondazione Moressa, però, sono 2,3 milioni i lavoratori stranieri, pari al 7,5% del totale, e pagano 7,2 miliardi di euro di Irpef, con un aumento del 6,4% in un anno. Non solo. Dal 2010 al 2016 l’Irpef degli stranieri è aumentato del 13,4%, mentre il gettito degli italiani è diminuito dell’1,6%. I ‘campioni’

restano romeni, albanesi e marocchini, che rappresentano le nazionalità più numerose, ma sono i contribuenti filippini, moldavi e indiani a segnare il record di crescita nell’ultimo anno. “Aiutiamoli a casa loro” Gli immigrati non arrivano dai paesi più poveri del mondo e non sono i più poveri dei loro paesi: per emigrare occorre disporre di risorse. Questo vale anche per i rifugiati. I più poveri di norma fanno poca strada e non potrebbero farne di più. Inoltre, si dimentica il bisogno che le società sviluppate hanno del lavoro degli immigrati. Basti pensare alle centinaia di migliaia di anziani assistiti a domicilio da altrettante assistenti familiari, dette comunemente badanti. “Immigrazione uguale terrorismo” Secondo i dati forniti dal Global Terrorism Database e studiati dalla ricercatrice italiana Belgioioso, il 62,25% degli attentati in Europa viene compiuto da organizzazioni europee, (gruppi di estrema destra e sinistra e gruppi anarchici, separatisti e anima-

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listi). Il 15% circa, poi, sono perpetrati da movimenti antiimmigrati, il 4,08% da gruppi anti-Islam e il 3,89% da gruppi jihadisti. Per il 14,0% circa degli attentati non si è riusciti a individuare i responsabili. “Hanno tutti il telefonino” Per i rifugiati che scappano da paesi distrutti dalla guerra come la Siria, l’Iraq e la Libia, lo smartphone è essenziale tanto quanto un giubbino salvagente. Il cellulare è indispensabile per comunicare con la famiglia lontana e con gli amici, per scambiarsi informazioni legate al viaggio o al luogo in cui si arriva e per sapere quali sono i tanti pericoli che si possono incontrare. Ecco perché il cellulare è il primo bene che una persona si porta dietro. In Italia, al loro ingresso nella struttura di accoglienza, i richiedenti asilo ricevono una ricarica telefonica che gli permetterà di informare le mogli, i mariti, i figli, le madri e i padri che il viaggio è andato bene, che non sono annegati, come purtroppo spesso succede.

PER GURDARE OLTRE

Nota informativa di Zanza Rino

Sembra che qualcuno dei nostri attenti lettori abbia chiesto più precise informazioni su Magdalena von Neipperg e, data la comune origine tedesca, se vi sia qualche relazione tra la stessa e Vera Erzähltlügen, di cui Insonnia ebbe a ospitare un contributo in occasione dell’ab-

battimento della ciminiera presso il complesso manicomiale di Racconigi. Per fortuna c'è il web, fonte inesauribile di informazioni attendibili. Entrambe hanno visto i natali a Tubinga, ma non hanno avuto occasione di conoscersi perché vissute in epoche diverse. Magdalena è nata verso la fine dell'ottocento e la sua opera risale alla prima metà del novecento. Manifestò assai presto il suo talento in campo linguistico, come testimoniato dalle note scolastiche collezionate fin dalla scuola primaria perché chiacchierava molto con la sua compagna di banco durante le lezioni. Ormai giovinetta si invaghì di un indiano esperto in arti amatorie che la aiutò non poco ad aumentare la sua

sensibilità verso una dimensione antropologica che prima di allora aveva trascurata. Una certa labilità psicologica, infine, la portò ad approfondire gli aspetti più intimi delle dinamiche psichiche, alla ricerca di una stabilità mentale che non trovò mai. Seppe coniugare in maniera originale questi diversi aspetti nello studio delle dinamiche politiche, scrivendo quell'unica opera magistrale, citata in Insonnia di marzo, che pubblicò in proprio. L'unica copia a stampa andò distrutta durante un trasloco. Scomparve poco più che quarantenne durante una spedizione in Papua Nuova Guinea dove intendeva approfondire i suoi studi antropologici. Vera è nata nella seconda metà del novecento, fin da piccola ha eviden-

ziato un talento naturale nel campo della progettazione architettonica costruendo complessi castelli di sabbia sulla spiaggia di Alassio che ha frequentato per anni con i suoi genitori. Conseguita la laurea in architettura, ha sviluppato un crescente interesse per le nuove tecnologie e ha conseguito un master sulla applicazione delle tecnologie laser all'architettura, con particolare attenzione alle demolizioni ricostruttive. Interpellata da alcuni sostenitori della preservazione del Chiarugi, ha declinato l'invito a preparare un progetto per la sua salvaguardia perché ritiene che dopo la questione della ciminiera è meglio se non si fa vedere in giro per Racconigi. Fonte: Fakepedia


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Appello al Papa

Padre Zanotelli: “No ai 10 milioni di euro dello Stato per i cappellani militari” a cura di Guido Piovano

Alex Zanotelli Missionario Comboniano impegnato da sempre per la pace, la nonviolenza e la giustizia sociale. Direttore sin dalla fondazione della rivista Mosaico di Pace.

La notizia

Con delibera dell’8 febbraio, il Consiglio dei Ministri informa che è stato approvato “lo schema d’Intesa tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede sull’assistenza spirituale alle Forze Armate.”

Il commento di Padre Alex Zanotelli

“Purtroppo in questa Intesa l’inquadramento, lo stato giuridico, la retribuzione, le funzioni e la disciplina dei cappellani militari restano quasi gli stessi di prima. Unica novità: la riduzione del numero dei cappellani dagli attuali 204 a 162. Gli stipendi invece rimangono gli stessi. L’ordinario militare (il cosiddetto vescovo castrense), assimilato a un generale di corpo d’armata avrà 126 mila euro all’anno; per il vicario generale (generale di divisione) 104 mila euro; per il primo cappellano capo (maggiore) 48 mila euro e per il cappellano (capitano) 43 mila…. Lo Stato spenderà oltre dieci milioni di euro per mantenere i preti con le stellette. Ora l’Intesa “sarà

sottoposta alla firma delle due Parti, Stato e Santa Sede e il suo contenuto dovrà essere recepito con apposito disegno di legge” del Parlamento. L’iter è ancora lungo e così noi tutti possiamo far sentire la nostra voce. Sinceramente, dopo anni e anni di contestazione dei cappellani militari sia da parte laica come da parte ecclesiale (preti e vescovi inclusi!), non riesco a capire come si sia arrivati a una tale Intesa. Sappiamo la posizione di Papa Francesco: per assistere spiritualmente i soldati, non servono sacerdoti con i gradi. Papa Francesco è stato sulla tomba di don Milani, un duro contestatore di tale realtà con la famosa lettera “Ai cappellani militari toscani”. Tra poco Papa Francesco si recherà sulla tomba di don Tonino Bello che si è espresso contro i cappellani perché “non consoni alla credibilità evangelica ed ecclesiale.” Ma allora, se questo è quanto pensa il Papa, chi ha voluto questa Intesa? Forse la Conferenza Episcopale Italiana? O forse l’ordinario militare, il vescovo responsabile dei cappellani militari? Chiunque abbia deciso, una cosa mi sembra chiara: questa decisione è in chiaro contrasto con il magistero di Papa Francesco contro la guerra e in favore della nonviolenza attiva. Ma è in contrasto soprattutto con il Vangelo perché l’Intesa integra i cappellani nelle Forze Armate d’Italia sempre più impegnate a fare guerra “ovunque i nostri interessi vitali siano minacciati”, come recita il Libro Bianco della Difesa della Ministra Pinotti. È questo che è avvenuto nelle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia. E per fare questo, il bisogno di armarsi fino ai denti, arrivando a spendere lo scorso anno in Difesa 25 miliardi di euro, pari a 70 milioni di euro al giorno. Tutto questo è in profondo contrasto con quanto ci ha insegnato Gesù. Per cui diventa una profonda contraddizione avere sacerdoti inseriti in tali strutture.

Centro Alambicco

UN'IMPRONTA CREATIVA

segue dalla prima

nuovo o essere originali per forza, ma è trovare soddisfazione nell'utilizzare al meglio le proprie capacità purché si elevi la propria autostima e di conseguenza il livello di benessere psico-fisico. Diversi sono i momenti che mi vengono in mente... una è l'esperienza che vivo gestendo, da ben 4 anni, insieme ad una mia collega, un laboratorio integrato con realtà dei paesi limitrofi che accolgono persone con disabilità medio grave; dunque il gruppo lavoro è formato da persone con capacità diverse. In questo spazio, di due ore del giovedì mattina, si utilizzano diversi materiali come il legno, il feltro, la ceramica e i colori acrilici. Inizialmente i ragazzi arrivavano taciturni e con il pensiero di dover svolgere al meglio le consegne che venivano date, in base alle proprie potenzialità, ma con il passare del tempo questa cosa si è trasformata nella voglia di impegnarsi al meglio nella realizzazione di un lavoro che doveva essere terminato da un compagno e gioire insieme del risultato finale. Ecco qui la bellezza di “creare” un gruppo dove non vi è giudizio, competizione ma dove si sente serenità, armonia e piacere di vedersi. Altri momenti significativi sono: il laboratorio di

danza dove alcuni dei nostri utenti, al sentir della musica, iniziano a ballare con un ritmo e con passi che nessuno si sognerebbe di fare; il laboratorio integrato, durante il mese di giugno con i ragazzi dell'estate insieme, dove, usando diversi attrezzi tipo pennelli, spruzzini, tamponi abbiamo dato vita donando colore alle staccionate e fioriere del centro, a borse di stoffa, a magliette bianche che abbiamo regalato ai ragazzi per lasciare un nostro ricordo. Il momento però che ricorderò con più emozione è stato quando abbiamo deciso di abbellire un mobile del nostro centro... usando le mani. La mano è lo strumento più importante che usiamo abitualmente per dare una forma alla nostra creatività, messa in azione con concretezza e movimento, può stupirci. Le mani rappresentano nello stesso tempo l’unità e la diversità. Ogni mano è composta da cinque dita tutte diverse, per forma e lunghezza, e le dita, a volte, sembrano andare ciascuna per conto proprio, in libertà. In questa circostanza non dipinsero le mani, ma lasciarono un’impronta... ecco la nascita della creatività... e la scelta del titolo!

Ma sono soprattutto i fedeli a scandalizzarsi nel vedere sacerdoti con le stellette con gradi di generale, maggiore, capitano e per di più pagati così profumatamente. È da anni che tanti cristiani continuano a chiedere ai vescovi che l’assistenza spirituale al personale militare sia data alla pastorale ordinaria e che il Sistema dei cappellani militari venga soppresso. Fino a quando devono attendere? […] Mi appello a Papa Francesco perché intervenga e renda così più credibile la scelta della Chiesa per la pace.”

L’impegno di Insonnia

Da anni il nostro giornale è impegnato a favore dell’abolizione del Concordato tra lo Stato Italiano e la Santa Sede di cui l’istituto dei cappellani militari è soltanto una delle amare conseguenze. Per questo siamo oggi contenti di aderire alla raccolta di firme, promossa dai vertici del movimento cattolico Pax Christi, per smilitarizzare i cappellani militari modificando il recente schema d’intesa tra Stato e Santa Sede. Con convinzione invitiamo i nostri lettori a fare altrettanto. A questa campagna aderisce Nigrizia, la rivista italiana mensile dei missionari comboniani dedicata al continente africano e agli africani nel mondo. Per adesioni e sottoscrizioni: Mosaico di pace, info@mosaicodipace.it


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ALFABETIZZANDO..... LE PAROLE DEI GIOVANI

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G Come Generazione 2.0 di Francesca Cavallo IV L Liceo Scie

Sentiamo spesso parlare di gene r a z i one 2.0, sovente in termini negativi o comunque non di approvazione. Ma che cosa si intende con questa etichetta? Da chi è rappresentata questa generazione? La generazione 2.0, o semplicemente “generazione 0”, è formata da 7 milioni di italiani, ben il 14% della popolazione, cresciuti nell’era digitale. Sempre connessi, soprattutto tra di noi. Connessi: su cosa e per cosa? Sugli eventi, esclusivamente in tempo reale, sulle esperienze, mai troppo prese sul serio, sulle relazioni, per avere la sensazione di vivere un pezzo di vita delle altre persone e di condividere un pezzo della nostra vita con il mondo. Un mondo che non fa più paura, fatto di luoghi sempre più a portata di mano. Potendo seguire in diretta anche la vita dei “famosi”, sappiamo che, con i nostri post, entriamo a far parte della stessa realtà, e ci sentiamo un po’ più vicini a loro; allo stesso tempo, però, non siamo così stupidi da il-

luderci. Quasi mai. Possiamo vedere chi ci segue, e i ‘mi piace’ stanno diventando la più grande testimonianza di fedeltà. Non crediamo nella politica, forse perché la politica non crede abbastanza in noi, almeno non abbastanza da chiedere il nostro parere, ma quando qualcuno lo fa, ottiene spesso la nostra fiducia e si stupisce per la profondità delle cose che abbiamo da dire. Veniamo visti come la generazione svogliata, pigra, senza carattere, valori e ideali. Una generazione “senza Dio”, senza pareri, più attenta all’apparenza e al possesso piuttosto che all’essere. Forse è più facile etichettarci, piuttosto che darci una mano. Quanti sono gli adulti che ci considerano una risorsa, e quanti un peso? Siamo per l’opinione comune degli sfiduciati. Ma come si fa ad avere fiducia in chi non ha fiducia in noi? Se il mondo fosse un po’ più attento, si accorgerebbe che siamo anche la generazione che crede nella cultura, che si impegna nel volontariato, che viaggia ed è curiosa di conoscere, che vuole salvare una natura maltrattata da chi è venuto prima, che è pronta ad accogliere il diverso e ama il confronto, e che considera gli altri come concittadini dello stesso mondo. Vogliamo e possiamo reagire, basta solo che qualcuno ci dia un po’ di spazio, forse facendo semplicemente un passo indietro,

accettando non di guidarci, ma di accompagnarci. Il nostro futuro appare oggi più che mai incerto e insicuro, soprattutto in campo sociale e lavorativo, ma noi siamo pronti ad accettare la sfida e a metterci in gioco: vogliamo dare forma ai nostri sogni e riusciremo a trasformarli in opportunità.

Help Classe seconda E corso geometri

Help! Gli anziani , superata una certa soglia d'età , sono soggetti a diverse problematiche, sia fisiche che psichiche, perciò hanno bisogno di cure e attenzioni: oltretutto vengono spesso dimenticati o giudicati negativamente per i loro comportamenti, dettati dagli anni. Vengono affidati alle case di riposo, oppure si recano ai centri per gli anziani, dove vengono accuditi da operatori o volontari comunque specializzati nel settore. Essi sono soggetti a un male di vivere, che li porta alla solitudine, alle sofferenze e a sentirsi dimenticati . Qui entra in gioco l'offerta di persone altruiste che operano tramite il volontariato e ogni giorno si oc-

cupano della salute di questi anziani, laddove abbiano bisogno anche solo di una presenza. È una vera opera di bene offrire una parte del proprio tempo alle persone che ci sono accanto ogni giorno, senza lasciarle nell'indifferenza, rispondendo alla domanda di aiuto che si legge nei loro occhi . È uno dei modi a disposizione dei giovani per fare volontariato, per dare una mano alle persone con problemi di integrazione sociale, legati alla loro età, in cerca di aiuto e di qualcuno che li segua . Esistono varie forme di volontariato adatto agli adolescenti, ad esempio nella Croce Rossa, oppure nelle associazioni che distribuiscono il cibo alle persone senza una fissa dimora, nelle associazioni che aiutano proteggendo l'ambiente per la salvaguardia degli animali . Il volontariato è una forma di aiuto sociale enorme , perché dare un the caldo, un pasto caldo o una dimora ad un senzatetto può essere prima di tutto un gesto d'affetto: il volontariato non costa nulla ma genera innumerevoli benefici, più siamo e più possiamo realizzare,

la forza dell'unione non conosce limiti o confini . Help! I giovani d’oggi non sono solamente soggetti all’indiscriminato utilizzo dei cellulari o dei video giochi, ma talvolta intraprendono cattive strade come quella della tossicodipendenza. Questo fenomeno, che ha purtroppo radici lontanissime nel tempo, è sempre molto diffuso, per mancanza di comprensione da parte degli altri o per la curiosità nel provare queste sostanze: coloro che ne fanno utilizzo certamente ne traggono piacere. Molte persone con questo tipo di problema non accettano di essere aiutate, perché suppongono di avere il totale controllo sull’utilizzo di questi stupefacenti; ma, nonostante il loro comportamento, non bisogna arrendersi ed occorre far loro intraprendere un percorso di disintossicazione organizzando ad esempio incontri con persone che abbiano avuto le medesime difficoltà e le abbiano superate, cercando di indurli a raccontare i propri sentimenti per orientarli nel mondo della realtà.


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Dobbiamo accogliere le richieste di aiuto che provengono dai nostri coetanei in difficoltà, senza giudicare e senza sentirci migliori. Ogni storia di vita ha una sua ragione, che spesso non conosciamo; capire ed aiutare devono diventare i nostri imperativi. Help? Donne: un argomento discusso in tutto il mondo per le violenze , gli abusi, che sono costrette a subire ogni giorno . La donna, che ha sempre vissuto in una società dove ha un ruolo fondamentale, si trova ad essere sfigurata, maltrattata e sofferente, a combattere ogni giorno per la propria libertà, i propri diritti . Una donna che non chiede altro che un po’ di serenità, una vita normale, sana, felice, è invece costretta a subire i voleri di chi fa proprie ipocrisia e ingiustizia. Le donne hanno lottato nel tempo per far valere i loro valori e troppo spesso sono abusate, violentate. Una donna costretta a vivere nell'indifferenza ha bisogno di aiuto per poter sperare in una vita migliore, quella stessa che a volte le viene tolta. Bisognerebbe punire chi compie questi gesti spregevoli, chi decide di fare di una donna un oggetto qualsiasi. Una donna ha bisogno di rispetto, prima di tutto, di attenzioni, di affetto, di amore, non di

dolore, di crudeltà. Ogni giorno una donna spera che tutto ciò che la sua pelle deve sentire sia una carezza e non uno schiaffo. Help! Nell’istituto di Istruzione superiore Arimondi Eula di Racconigi alunni, professori e personale non docente partecipano, nel corso dell’anno scolastico, a corsi sulla sicurezza, i cosiddetti DVR. Vengono insegnate varie norme di sicurezza, tecniche di primo soccorso, si impara ad utilizzare le attrezzature antincendio, a riconoscere le segnaletiche che aiutano in caso di emergenza e come comportarsi durante un’evacuazione. Per quanto riguarda gli alunni, tutto quello che apprendono in questi corsi è applicabile non solo in ambito scolastico, ma anche in una futura esperienza lavorativa. Nella scuola sono presenti estintori, cassetta per il primo soccorso, cartelli segnaletici per le uscite di emergenza. Inoltre in ogni classe è presente un apri fila e un chiudi fila, per le emergenze (incendio/ terremoto). Questo insieme di norme è di fondamentale importanza, pensando agli eventi successi negli ultimi anni: in caso di necessità le prime persone che devono portare aiuto sono coloro che sono direttamente coinvolti, a cui faranno

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ia gi ova ni seguito gli altri. Ecco perché bisogna mettersi in condizione di essere i primi a poter portare aiuto a se stessi e agli altri.

Help! Negli ultimi anni molte persone straniere si sono dovute integrare in Italia, rispettando le tradizione e culture del nostro paese. Questi individui si sono inseriti nella collettività attraverso un processo di socializzazione, con l'esclusione di discriminazione razziale. Il continuo aumento di questo flusso di persone, però, ha portato a diverse problematiche, per esempio la difficoltà ad essere accettati con le proprie usanze e culture, oppure alla difficoltà di cambiare quest'ultime in così poco tempo. Anche la religione è un problema non indifferente, perché in certi casi può contemplare usanze che non vengono accettate dal paese ospitante. I più giovani sono spesso seduti con noi in classe, ma hanno grandi difficoltà con la lingua e dunque con lo studio. Hanno bisogno del nostro aiuto quotidiano per sentirsi di nuovo “ a casa”, in cambio del quale possono darci la loro amicizia, una possibilità di conoscere il mondo al di là dei nostri piccoli confini. È una forma di aiuto che costa poco e arricchisce molto e sono proprio gli adolescenti a capirne il valore, in prospettiva di un futuro multietnico.

Dalla mitologia una metafora dell’adolescenza

Il volo di Icaro

Edoardo Bonacossa e Matteo Damiano - Classe 5ªA Periti "Apprendisti" piloti

Appartengo alla mitologia greca. Mi chiamo Icaro. Ero un ragazzino imprigionato dal re di Creta Minosse, con mio padre Dedalo. Il mio ingegnoso genitore ha costruito per noi delle ali di cera con cui poter fuggire. Prima di lanciarci da una torre, mi ha raccomandato di seguirlo da vicino e di non volare troppo in alto, perché il sole avrebbe potuto sciogliere la cera. Non sono sopravvissuto: sono precipitato in mare. Molti adulti direbbero che sono stato il prototipo dell'adolescente trasgressivo fino all'autodistruzione. Io, invece, penso di rappresentare i ragazzi di tutti i tempi, coloro che non sono disposti ad abituarsi a “volare basso”. Penso che ciò significherebbe rinunciare a priori alla possibilità di trovare la propria strada, la propria occasione di vita, solo per la paura di sbagliare. Ogni genitore sa che i bambini vengono cresciuti, educati, ammoniti, protetti con un grande investimento di tempo ed energie. Forse proprio per questo non ammettono la necessità di metterli alla prova, perché possano scoprire le proprie potenzialità e i propri

limiti da soli. La crisi adolescenziale si pone come un'inevitabile sfida per crescere. Assumersi qualche rischio può essere costruttivo se gli adulti, al momento giusto, sanno via via fidarsi dei propri figli, in parallelo con la loro crescita e la loro maturazione. La mia breve vita, diventata leggenda, insegna che un unico improvviso distacco dalla tutela degli adulti può essere disastroso. Al contrario, esso deve essere graduale e ragionato. I primi “voli” devono essere brevi, protetti e costituiscono esperimenti di autonomia guidati dalla rielaborazione del dialogo. Con i

genitori si deve parlare per capire cosa è andato storto, per avere nuovi consigli e nuove regole. Gli adolescenti sicuramente proveranno ad infrangere anche queste, ma con consapevolezza e prudenza crescenti e potranno essere attribuite loro responsabilità sempre maggiori. Nella vita si corre sempre qualche rischio, ma si impara a dosarlo quando l’esperienza insegna che ogni conseguenza dipende da una causa razionale. Questo è l' unico modo che abbiamo per imparare a vivere: per questo motivo “volare e cadere” portano il seme dell’apprendimento e dell'equilibrio.


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Quanti errori fa Alice!

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Le paure di un bambino che deve iniziare il percorso di certificazione per DSA. di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

Alice legge bene, ma quando scrive, il suo quaderno diventa un cimitero di errori. Fa solo terza elementare ma sembra non migliorare. La mamma, preoccupatissima, mi incalza dalla prima, ma io ho voluto aspettare che la bambina si consolidasse. Volevo DARLE TEMPO, permetterle di sbagliare, provare, trovare strategie e riprovare. Non volevo che la si inquadrasse subito con una certificazione. Sebbene sappia quando sia importante riuscire a diagnosticare per tempo una dislessia per supportare l'alunno con strumenti compensativi, penso anche che l'eccessiva medicalizzazione possa bloccarli un po' anziché aiutarli davvero. Lo so, sono completamente controcorrente, ma lasciatemi questo dubbio. Comunque, a metà della terza mi incontro più volte con la mamma di Alice per chiederle di portarla da una logopedista. I tempi sono lunghissimi con l'Asl e la mamma decide di percorrere un percorso privato. Così una logopedista incontra subito la bambina, le somministra vari test e poi mi chiama per spiegarmi che è molto grave: DISORTOGRAFIA RII che significa richiesta di intervento immediato. Deve iniziare al più presto il percorso diagnostico che le spetta di diritto. Le spiego che sarebbe importante capire come aiutare Alice in questo tempo che precede la scuola media. Lei insite che è prima necessario fare i test presso la NPI (neuropsichiatria infantile) e stabilire la diagnosi per la certificazione. Dopo la certificazione, si valuteranno le misure compensative. DOPO. I tempi però sono molto molto lunghi. La specialista della NPI, contattata al telefono dalla mamma, chiede subito: - Come sono i maestri? Comprensivi o vogliono al più presto la certificazione? ... Ci vorranno mesi... Faremo al più presto un incontro per conoscere il "caso" e poi la metteremo in lista d'attesa. Ci sono sempre più bambini con gravi disturbi di apprendimento o di attenzione. I neuropsichiatri delle ASL sono sommersi di "casi" e a volte non ne possono più. Così Alice, che a malincuore aveva accettato di conoscere la prima logopedista privata, deve prepararsi a incontrare altre figure che la valuteranno. La mamma viene da me chiedendomi aiuto perché la filgia non vuole saperne e fa scenate, sbotta, grida, se la prende con la mamma troppo ansiosa, le butta in faccia tanta rabbia per questioni antiche e decide risoluta che non andrà proprio da nessuno: - Non ho nulla, mamma! Lo vuoi capire che sono come gli altri, non ho niente di sbagliato, faccio solo un po' di errori, non voglio andare da nessun altro dottore! Ecco quello che temevo. Alice è troppo intelligente per non reagire a questo sistema di procedure che la nostra società ha creato. Avere un disturbo nell'apprendimento è grave, ma oggi diventa asfissiante: per l'ASL, per la famiglia, per gli insegnanti e anche per i bambini. E dopo tanta fatica, giunta la certificazione, a volte non segue l'aiuto necessario, perchè i "casi" sono troppi sia per la NPI sia per la scuola . Provo a parlare io con Alice. Ma prima di incontrarla a tu per tu, la guardo a lungo giocare in cortile. Lei è geniale nella partita a basket.

Ha sempre la palla in mano e riesce a fare canestro sebbene sia piccolina. Corre, palleggia, passa e tira, coordina tutto, ordina ai compagni dove collocarsi e con una sola occhiata, dirige le mosse del compagno di squadra al quale passa il pallone dandogli indicazioni per rimbalzarlo ad un altro e poi di nuovo a lei, finalmente sotto canestro, dribblando tutti gli avversari che le stanno appiccicati. Alice ha "uno sguardo d'insieme", si coglie subito. Gioca avendo in testa “la mappa” che il pallone può fare per arrivare a destinazione. Lo spiego alla mamma: "L'ha mai vista sua figlia giocare una partita a pallacanestro? Ma quant'e brava?!" E la mamma mi racconta che Alice piccolina, ancora prima di frequentare la scuola primaria, era stata la loro guida in un enorme villaggio turistico in cui avevano campeggiato. Mamma, papà e i loro amici si perdevano, le vie tutte uguali, i bungalow identici, un labirinto per tutti ma non per lei. Alice aveva in testa la piantina e conduceva i grandi ovunque, guardandoli con quell'aria di chi ha pietà per l’ignoranza. Incontro Alice a tu per tu e le dico la verità. Le parlo della sua grande capacità di vedere "a mappe", orientandosi in luoghi complessi, individuando i collegamenti, i nessi e le strade. Le parlo del suo "dono" che non tutti hanno, le spiego che potrà esserle molto utile nella vita, quando dovrà dirigere qualcosa di complesso, oppure aiutare una squadra a organizzare bene un lavoro. Le spiego che molti manager hanno una visione di quel tipo e anche alcuni grandissimi scienziati quali Einstein. Sono persone speciali che riescono a vedere quello che altri non sanno a cogliere. Lei mi guarda con gli occhi azzurri sgranati a palla. La tensione che aveva quando si è seduta davanti a me si sta sciogliendo, sento che sta immaginando qualcosa di grande che la riguarda, forse sogna cosa farà da adulta, oppure sente di aver ricevuto dalla vita un dono speciale. Le dico che l'ho vista organizzare e "dirigere"

la partita di basket e ho capito che di fronte a un problema riuscirà a trovare velocemente molte soluzioni. Alice apre un bellissimo sorriso, gli occhi si rilassano. Ho fatto centro. Adesso posso continuare a spiegarle che questa capacità di vedere in modo "spaziale" ha un difetto: facilmente chi la possiede non riesce a far caso ai particolari. E come se non vedesse bene le cose piccole. Le spiego che non si può avere tutto. Se qualcuno è molto perfezionista e cura il dettaglio può avere il difetto contrario, ovvero non riuscire a orientarsi di fronte a un problema complesso. A questo punto chiarisco ad Alice come funziona il nostro sistema scolastico e sanitario e chiedo ad Alice di provare a potenziare la visione del particolare andando dalla logopedista per qualche incontro così da rafforzare la correttezza ortografica. Accetta. Ma non vuole andare da altri dottori, si riferisce alla NPI. Le spiego che quella è la seconda fase del percorso, le potrebbe servire per le scuole medie per avere a disposizione qualche strumento come il PC per lavorare più agilmente senza la preoccupazione di sbagliare. Ma le suggerisco anche un po' di ottimismo: le dico che sono certa della sua capacità di risolvere i problemi e credo che potrà trovare qualche strategia per superare questa difficoltà, che crescendo si impara e si speriementa e, quando si recherà dai medici della NPI, avrà già fatto molta strada. Alice allora si illumina: - L'ho detto a mia mamma che non ho dei problemi gravi. Vedrai maestra che non farò più errori. - Alice - la riprendo - fare errori non è grave. L'importante è trovare la strada per correggerli. Ho sempre pensato che i bimbi siano speciali perché, se incoraggiati, riescono a trovare dentro di sé forza e abilità inaspettate. Non so perché, ma dopo quell'incontro, Alice scrive più volentieri e ... gli errori si sono ridotti dell'60%. Sarà un caso isolato, sicuramente! Ma mi fa piacere raccontarvelo.


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FOOD FOR CHANGE: la rivoluzione di Terra Madre Salone del Gusto

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La dodicesima edizione a Torino dal 20 al 24 settembre 2018 «Terra Madre Salone del Gusto è un osservatorio privilegiato che ci permette di aprire una finestra sul futuro del cibo nel mondo e sull’evoluzione di Slow Food e Terra Madre, come associazione e movimento» afferma Carlo Petrini, presidente e fondatore di Slow Food. «La nostra ambizione, la grande sfida che lanciamo con l’edizione 2018, è fare in modo che tutti gli attori del tessuto sociale torinese e piemontese si sentano protagonisti. Speriamo che l’invito rivolto ad associazioni, enti e cittadini a organizzare una iniziativa in sintonia con i nostri temi non rimanga solo una palestra per i prossimi mesi, ma che possa entrare a far parte del quotidiano della comunità interrogarsi su cosa finisce nel nostro piatto, ispirandosi ai principi di Terra Madre Salone del Gusto, anche se non c’è un evento dietro l’angolo» conclude Petrini. Food for Change è il tema della dodicesima edizione della più importante manifestazione internazionale dedicata al cibo buono, pulito e giusto. Cibo per il cambiamento è quindi il fil rouge che accompagna tutte le iniziative, dal programma di Conferenze e Laboratori del Gusto al grande Mercato e ai Forum di Terra Madre con la presenza di contadini, allevatori e artigiani da tutto il mondo, sino alle centinaia di proposte che arriveranno in risposta ai due bandi che lanciamo oggi. L’edizione 2018 di Terra Madre Salone del Gusto anima quindi molti luoghi della città di Torino: il Mercato a Lingotto Fiere, le attività didattiche nel Palazzo della Giunta Regionale in piazza Castello, l’Enoteca, realizzata nuovamente nella splendida scenografia di Palazzo Reale, le Conferenze, organizzate in collaborazione con il Circolo dei Lettori di Torino,

nel centro della città. E molto altro che riveleremo nelle prossime settimane. Per l’edizione 2018, la rete dell’ospitalità si fa ancora più forte con l’ingresso di nuove realtà tra le Città di Terra Madre, perché Terra Madre Salone del Gusto significa anche fare rete. Ci sono quelle dei produttori, dei giovani, dei cuochi e poi ce n’è una

Lucia Macchiorlatti e suo marito, una lunga esperienza in fatto di ospitalità. «I primi che abbiamo accolto sono stati dei ragazzi brasiliani - mamma mia! -, con loro le cose andavano sempre per le lunghe, ma è stato un Terra Madre travolgente, giorni di pura festa». È bello ascoltarli Lucia e Teresio, ve-

lo abbiamo seguito fino a recuperarlo. E poi c’era anche una ragazza nepalese che faceva il test del cibo: ne assaggiava poco di ognuno per vedere se le piaceva. Alla fine abbiamo preso a farle sempre il riso, che almeno era abituata. Ma è normale le abitudini sono diverse». Sara, poi, ha un bel ricordo legato a

speciale, che si crea nei giorni dell’evento, alimentandosi spesso anche oltre l’evento stesso. È la rete delle famiglie e delle Città di Terra Madre che aprono le loro porte ai delegati provenienti da tutto il mondo. Proprio la Città di Racconigi è stata tra le prime ad entrare a far parte della rete. È qui che risiedono la signora

dere l’entusiasmo con cui parlano di questa esperienza e capire perché siano arrivati a questa decisione. «Mi piace conoscere gente nuova, se non lo facessimo non conosceremmo nessuno. Per me, negli anni, diventa sempre più faticoso perché faccio fatica a conciliare tutto. Per questo, però, ci sono le altre famiglie che ci aiutano, nella gestione dei delegati è importante il lavoro di squadra, lavoro che fanno anche loro, aiutandosi l’un l’altro per affrontare le difficoltà comunicative. Il lavoro di squadra è fondamentale, e poi è divertente: ci sono le cene comuni, la serata conclusiva, e diventa anche un’occasione per conoscere meglio altre famiglie racconigesi che hanno sposato la causa». Sempre a Racconigi anche Carla Rolando e Sara Brizio hanno aderito al progetto di ospitalità. Carla ricorda Olga, una ragazza kazaka, con grandissimo affetto. «Era un’ospite modello, perfetta. Alla festa finale continuava a ringraziare per l’ospitalità, ci siamo commosse entrambe». Di ricordi divertenti ce ne sono… «Ho ospitato brasiliani, senegalesi… una volta li abbiamo portati con la macchina al bus che era già partito e

una sua ospite. «Una volta mi sono organizzata con le mie zie che pure ospitavano dei delegati. Abbiamo cucinato per loro piatti piemontesi, e a tavola ci hanno raccontato la loro esperienza, è stato bello. Io ho messo a disposizione la mia conoscenza delle lingue e anche la mia delegata, una delle poche che parlasse un po’ di inglese, faceva da tramite. Mia zia ospitava una delegata che parlava solo la sua lingua. Comunicavano a gesti o tramite disegni. Alla fine però riuscivano, ci voleva tanta buona volontà ed erano ridicole a volte ma sono state simpatiche, hanno trovato un bel modo!». Della sua esperienza parla come di un momento di grande arricchimento. «La donna che abbiamo ospitato è musulmana, fa parte di un’organizzazione di donne che lotta per l’emancipazione, quindi le siamo andate incontro per quanto riguarda il cibo. È stato un momento importante, in cui ho potuto dimostrare alle mie figlie che convivere si può, e anche bene. È una bella esperienza, sono ben contenta di rifarla è un’occasione di confronto e apertura; e poi la persona che ho trovato era molto disponibile quindi è stato molto facile».


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GLI ALTRI SIAMO NOI

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Storie di ordinario bullismo di Alessia Cerchia

In queste ultime settimane ho dovuto tornare a riflettere, mio malgrado e con non poca tristezza, sul tema del bullismo tra i più giovani. I telegiornali ci propongono, ahimè, con troppa frequenza, storie di giovani schiacciati dal peso insopportabile di veri e propri atti di violenza fisica e/o verbale, ripetuti costantemente nei loro confronti da compagni di scuola e coetanei, nell’indifferenza o nella sottovaluzione di chi, adulto, dovrebbe vigilare perché simili fatti non possano verificarsi. Purtroppo per alcuni, il peso di una simile situazione diventa talmente insostenibile da rendere impossibile immaginare un futuro diverso, fino ad arrivare a gesti estremi di ribellione, di fuga dalla realtà, (ahimè) di morte. Proprio recentemente, il progetto di gestione creativa dei conflitti che sviluppo da qualche anno, mi ha portato ad affrontare una simile problematica con alcuni studenti di scuole secondarie inferiori e superiori. Giovani che ti parlano del loro problema con una visibile angoscia, quasi a chiederti con lo sguardo se ne hanno colpa loro, se sono loro gli inadeguati, i diversi, in questa situazione. Se meritano ciò che accade. Ogni volta che parlo con giovani vittime di bullismo, lo scenario è sempre pressappoco lo stesso: il gruppo, l’odioso branco, attacca con frequenza crescente il povero malcapitato nell’indifferenza generale. Non importa quale sia il presunto difetto della vittima che la renderebbe degna di simili, negative, attenzioni da parte degli altri: può essere la statura, possono essere i capelli ricci, qualche problema a parlare o a camminare, può essere la gentilezza o il fatto di aver voluto difendere qualche altro compagno. Ce n’è per tutti, nessuno escluso. Il branco lavora, quindi, proprio secondo le leggi della savana, se vogliamo dire così: individua il soggetto più debole, lo “allontana” dal resto del gruppo, lo rende facile preda e poi colpisce. L’arma può essere una frase, un commento odioso, un giudizio spietato che, ripetuti e ripetuti e ripetuti, lasciano un segno indelebile nell’animo di chi li subisce. Può essere un dispetto, uno sgambetto, fino ad arrivare a veri e propri atti di violenza fisica. E gli adulti? Che ruolo hanno, in tutto questo? Purtroppo gli adulti, anche quelli che hanno il compito di vigilare, genitori, insegnanti, istrutto-

ri, spesso si accorgono troppo tardi di ciò che sta accadendo, quando la situazione è già molto (troppo) avanti. Non sempre per colpa loro. Il primo istinto, anche di noi genitori, è spesso quello di consigliare la vittima di adottare le stesse tecniche che loro adottavano quando erano adolescenti (tutti abbiamo avuto il nostro bulletto d’infanzia). Nell’ordine, normalmente: ignorali, rispondi a tono, segnalali alle maestre… Parlando con una ragazza vittima di bullismo, tuttavia, pur non essendo un’esperta, mi sono detta che c’è qualcosa di profondamente sbagliato nelle soluzioni che proponiamo, da genitori e da adulti, a questi ragazzi. Sì, perché i loro bulli non sono i nostri bulli. Perché i loro bulli hanno molti più strumenti per arrivare a tormentarli: li inseguono fisicamente nei corridoi della scuole, nelle strade per tornare a casa, certamente, ma non solo. Oggi i bulli sono diventati telematici: possono inseguire la loro vittima fin dentro le pareti della sua stanza, isolandola dal resto del mondo e facendola sentire definitivamente sola, indifesa, esposta. Non sono in grado di indicare quale sia lo strumento migliore per combattere questo fenomeno

odioso, sempre più aggressivo e violento, che porta alcuni dei nostri giovani a pensare di non potercela fare: il controllo della scuola e dei mezzi di comunicazione è certamente un buon inizio. Ciò che manca, tuttavia, mi sembra essere il diretto coinvolgimento dei giovani nella ricerca della soluzione migliore per la singola situazione: se uno studente viene preso di mira da un gruppo di compagni di classe, forse dovrebbe crearsi – in modo automatico e tempestivo – un secondo gruppo di studenti a sua difesa. Dove il branco di bulli cerca di far sentire isolato qualcuno, chi meglio del resto della classe può agire in senso contrario? Come si può dividere qualcuno da un gruppo “fluido” che si riunisce spontaneamente a chi ne viene separato? Bisogna, forse, mettere i nostri ragazzi di fronte al crescente individualismo in cui la società (quindi anche noi) li sta facendo crescere e che, privandoli dell’empatia nei confronti del prossimo, li rende sempre più soli e attaccabili, nella convinzione che certi fenomeni colpiscono sempre e solo “gli altri”. Ma, come diceva una vecchia canzone, “gli altri siamo noi”.


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E il re disse alla serva raccontami una storia … e la storia incominciò…. UN AMORE IN GIARDINO

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di Daniela Anna Dutto

Un giorno, facendo una passeggiata in campagna, la mia attenzione fu attratta da un giardino molto curato, con prato all’inglese e una betulla con il tronco piegato e appoggiato ad un abete. Un signore anziano, che mi vide osservarli, disse: “Sa perché la betulla è così curva?” “Non saprei…” risposi “Per amore – mi disse sorridendo - se ha tempo le racconto una storia”. Tutto accadde molti anni fa. All’inizio nel prato c’era solo l’abete ed era il re. Perché ogni giardino è un regno con abitanti e mille storie di vita ma solo le persone attente le sanno vedere. Ci sono formiche, api, talpe, uccellini, gatti e farfalle. E l’abete era lì bello e maestoso a dare consigli, indicare agli uccellini dove fare il nido, mettere fine ai bisticci dei fiori su chi era più profumato. Ma sapeva anche ascoltare e consigliare; spesso Briciola, il gatto, è salito sui suoi rami a confidare una pena d’amore o la piccola Sara quante cose gli ha raccontato! Perché i bambini e i vecchi vedono la vita segreta dei giardini, solo gli adulti non si accorgono di nulla. Un giorno il giardiniere piantò un

acero giapponese che iniziò subito a pavoneggiarsi. “Sono piccolo ma prezioso, i miei antenati vengono da molto lontano” e allora gli abitanti del giardino decisero di dargli una lezione. Chiamarono il vento che soffiò forte forte, l’abete si piegò e gli diede una botta sui rami “Vedi sarai prezioso ma piccolo e con un soffio di vento ti schiaccio” L’acero si arrabbiò “Sei impazzito? Potevi spaccare i miei bellissimi rami” ma in quel momento arrivò Black, il pastore tedesco e andò a fare la pipì sul suo prezioso tronco. Le foglie divennero rosso fuoco, iniziò a scrollarsi tutto, si arrabbiò ma dopo quell’episodio fece meno lo sbruffone. La primavera successiva il giardiniere piantò una piccola betulla tra l’acero e l’abete. Era molto timida e non dava confidenza ma poi con il tempo iniziò a conoscere gli abitanti del giardino e a farsi volere bene da tutti. Era dolce e affettuosa. Gli uccellini giocavano tra i suoi rami e la micia Ginetta insegnava ai gattini a salire sul tronco. L’acero si prese subito una cotta per lei e le faceva sempre complimenti “Ma come sei bella, slanciata. Sono contento che finalmente ci sia qualcuno di classe come me in questo giardino”. La betulla sorrideva di quello spasimante così piccino. L’abete, si era dimostrato indifferente alla nuova

Racconigi XXV APRILE 73° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

arrivata, ma poi avevano iniziato a scherzare e a parlare, e alla fine si erano innamorati, si mandavano messaggi d’amore tramite gli uccellini e le farfalle o i micetti che correvano da un tronco all’altro. L’acero vedendo il nuovo rivale in amore si ritirò e iniziò a dire a tutti “La pensavo più raffinata, non ha nulla di speciale”. I due amanti però erano lontani, l’abete provava ad allungare i suoi rami ma la sfiorava appena, avrebbero voluto essere vicini, ma poi accadde un fatto imprevisto. A dicembre ci fu una bufera di neve e alla betulla venne un’idea. Ne parlò con il vento che iniziò a soffiare forte, forte depositando tanta neve sul tronco della pianta che cercava di piegarsi facendo uno sforzo immenso e anche l’abete, avendo capito il piano della sua innamorata, cercava di flettere il suo grosso tronco. Tutto il giardino faceva il tifo per loro, anche il piccolo acero. Alla fine il loro sforzo fu premiato, la betulla si appoggiò al tronco dell’abete e i due amanti poterono finalmente abbracciarsi. Arrivò la bella stagione e un giorno mio figlio, proprietario del giardino disse “ La neve ha piegato la betulla, devo chiamare il giardiniere per tagliarla”. Il panico si diffuse nel giardino, tutti avevano sentito quelle parole. E l’abete, forte e possente scoppiò a piangere. La

25 APRILE : “Il mondo dei vinti” di Nuto Revelli IL MIO MOROSO MI HA RUBATA e altre storie di montagna

Spettacolo di teatro, canzone e musica

MARTEDI’ 24 APRILE 2018 Ore 20,30 - Chiesa di San Giovanni Battista Celebrazione della Messa in memoria delle Vittime della dittatura fascista e di tutte le guerre.

OSTANA (CN) - RIFUGIO GALABERNA 25 Aprile 2018

Ore 21,30 - con partenza da Piazza S. Giovanni Corteo con fiaccolata lungo le vie cittadine, con sosta: - in Piazza Carlo Alberto per la deposizione delle Corone d’alloro di fronte alla Lapide ed al Monumento dei Caduti; - in Via Priotti per l’omaggio alla lapide in memoria del Caduto partigiano Giovanni Appendino (Mimì).

PROGRAMMA ore 14,30: Passeggiata Resistente (ritrovo di fronte a "La Porta del Monviso" ore 17,30: Merenda Sinoira ore 20,00: Spettacolo liberamente ispirato a "Il mondo dei vinti" di Nuto Revelli

Ore 22,00 in Piazza Vittorio Emanuele II Saluto del Sindaco e Commemorazione Ufficiale tenuta dal Professor Sergio Soave, Presidente del “Polo del ‘900” e dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea in Provincia di Cuneo. Alla celebrazione prenderanno parte la Banda Musicale di Racconigi e la Corale “Le Verne Giuseppe Milano”.

Racconigi, Aprile 2018

Il Sindaco (Valerio Oderda)

betulla gli disse “Se deve finire così non ci possiamo fare nulla. Abbiamo passato dei bei momenti insieme”. “Preferisco che taglino anche il mio tronco, non posso vivere senza di te”. “No, sei il re qui, il giardino ha bisogno di te” disse la betulla accarezzando i suoi rami. Non potevo permettere che questo accadesse!! Il giorno dopo mio figlio e sua moglie sarebbero stati fuori tutto il giorno. Chiamai le mie nipoti Sara e Giulia, anche loro a conoscenza della storia dei due innamorati e esposi il mio piano. Chiamammo l’altro mio figlio Franco, io corsi in ferramenta, poi al vivaio, poi dal falegname…. Al tronco della betulla appendemmo le corde dell’altalena, e tanti vasi di fiori pendenti ed edere, poco distante sotto l’abete una panchina di pietra, a terra un tappeto di fiori e per ultima una piccola fontana. L’effetto era bellissimo. Alla sera arrivò mio figlio e anche a lui piacque tantissimo che decise di non tagliare più la betulla!! Il nostro piano aveva avuto successo e tutto il giardino esplose in un boato di gioia e i due amanti, la betulla e l’abete si abbracciarono senza parole perché nulla poteva descrivere il loro amore. E dopo anni sono ancora lì sempre vicini e innamorati. ... Osservate i giardini hanno tante favole da raccontarvi…

RESTITUIRE LE STORIE A "IL MONDO DEI VINTI"

Con il nostro piccolo gruppo di teatranti e musicisti appassionati di cultura popolare cercheremo di amplificare la voce di quei vinti che, senza Nuto, nulla ci avrebbero raccontato del loro mondo, lasciandoci come mute testimoni le pietre delle tante borgate abbandonate. Queste voci – insieme ai visi, gli accenti dialettali, le canzoni e le danze plasmate dalla terra – vorremmo soprattutto restituirle ai luoghi che delle stesse sono stati culla: andando quindi a raccontarle nelle malghe, nei rifugi, tra le vecchie borgate e i paesi di montagna. Anche dove non arrivano le auto, mettendoci in spalla gli strumenti musicali, i pochi abiti e oggetti di scena, e così ripercorrendo i sentieri del nostro passato. Con: PAOLA PARINI, ANDREA ATZENI, DANIELE CONTARDO, ARIANNA CIBONFA, PAOLA MARCHISIO, NICA MAMMI’

Adattamento e regia: PAOLO SENOR In collaborazione con: “Livres como o Vento”, “Atti o Scene in luogo pubblico”, “Due ruote di Resistenza” PER INFORMAZIONI: Paolo 3356410727 - tdo@livres.it - www.livres.it/wordpress/


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CUBA: UN'ISOLA ISOLATA

insonnia

Dal nostro inviato alla Habana di Juanito Jubilado (JJ)

Quando ci si organizza per andare a Cuba bisogna chiedersi cosa si cerca in questa isola. Molti turisti negli anni ‘70 volevano vedere come funzionava il socialismo da quelle parti, allora il viaggio era organizzato qui in Italia da gruppi amici di Cuba, il viaggio era una testimonianza “sono stato a vedere dove il “Che” ha fatto la rivoluzione e ha vinto”, seguirono più tardi i visitatori puramente turistici: le spiagge, i mojitos, i sigari, le belle ragazze, la musica. Quest’ultimo gruppo di visitatori oggi potrebbe tornare deluso se ha concentrato, alla partenza, l’attenzione su un unico aspetto di questa isola, infatti a Cuba non c’è tutto ma di tutto! Io ci sono arrivato da inviato speciale di un piccolo giornale con pochi soldi e quindi la mia breve visita me la sono pagata, sono andato al risparmio e ho fatto il mio lavoro aiutandomi con qualche pubblicazione che per deontologia professionale citerò puntualmente: - Le storie al rallentatore - inserto di Repubblica 5 gennaio 2018 - Cuba senza Castro. - Meridiani XXI - Cuba Raùl Castro, fratello del più conosciuto Fidel morto a novembre del 2016, aveva assunto, provvisoriamente, il posto di Fidel già nel 2006 quando questo si era gravemente ammalato, nominato poi presidente nel 2008, ora, ad aprile o maggio, Raùl lascerà la guida del paese. La leadership che dal 1959 ha governato Cuba non ha più l’età per continuare nel compito che si era data e l’incertezza sul futuro è sempre maggiore; che cosa sarà di Cuba? I residenti con i quali ho parlato, senza scegliere nessun campione utile per fare una inchiesta seria, a domanda precisa rispondono che non cambierà

nulla. Una inchiesta la mia fatta a muzzu dunque, ma prendetela per buona. In campo internazionale la situazione è molto mutata dagli anni ’60, la Russia e la Cina non hanno più interessi a fornire aiuti al “popolo fratello”. Gli interessi ora sono soprattutto economici, investimenti di denaro in infrastrutture (soprattutto nei porti) ma questi investimenti non creano vantaggi all’isola, gli investitori stranieri portano da casa loro tutti i mezzi di produzione e le maestranze ed interrompono i lavori quando sembra che l’interesse sia inferiore alle previsioni. Cuba è piccola (un terzo dell’Italia) e non rappresenta più un punto strategico militare come testa di ponte contro gli USA (90 miglia dalla Florida!) ora le armi possono colpire da molto più lontano. Cuba non ha più gli amici come Chavez del Venezuela che potevano vendergli il petrolio, non ha risorse del

suolo che gli permettano una economia ricca, la canna da zucchero che prima, Castro, vendeva alla Russia ha perso il suo cliente principale. L’apertura di Obama verso una prospettiva di buone relazioni, ora con Trump, è tornata a chiudersi. Il turismo si potrebbe sviluppare ma lo Stato vede l’iniziativa privata come un rischio da non correre. La maggior fonte di denaro restano le rimesse dei parenti emigrati che mandano a casa i soldi alla famiglia che abita ancora lì. A Cuba però ci sono ospedali di buon livello e una sanità pubblica funzionante, scuole per tutti, sicurezza e assenza di bande criminali mafiose e non. Si può circolare anche nei quartieri più fatiscenti senza avere problemi di furti ma nemmeno tante richieste di elemosine. Tutto ciò però è riconosciuto come positivo solo da coloro che hanno vissuto nel periodo precedente il regime di Castro. I giovani lamentano l’assenza di tutte le comodità in uso nei paesi capitalisti e dei beni che vengono visti in TV o descritti nei racconti dei turisti stranieri. Viaggiare all’interno dell’isola è un problema, non grave ma da tenere in conto: i trasporti sono scarsi e inefficienti, prenotare un autobus non è facile, i taxi privati sono cari e quelli collettivi non sono una gran comodità, il treno è quello dell’ottocento, l’aereo (due aeroporti) ha le tariffe internazionali, affittare una auto a noleggio è più caro che in Italia. Il turista fai da te deve tenerlo presente se vuole andare al risparmio. La ricezione turistica, se si escludono gli hotel di gran lusso e quelli a conduzione statale, si riduce alle casas particulares, una sorta di B&B, ma non date per scontato di avere sapone, carta igienica, acqua calda; bisogna chiedere prima, trovando così case più che decorose che si sono messe al passo con un turismo europeo o nordamericano, ad un prezzo ottimo tra i 20 e 30 CUC (all’inizio del 2018, 1

euro valeva 1,18 cuc) a notte per camera doppia. L’Avana è una città che nel centro storico (Habana Vieja) ha il fascino dell’abbandono, molti edifici appaiono non aver mai avuto una manutenzione da quando Batista fu spodestato nel 1959, l’immondizia è lasciata spesso nelle strade per lungo tempo, l’odore di ignoti additivi al gasolio che vengono bruciati nelle vecchie auto degli anni 50 (veramente suggestive al punto di essere catalogate dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità) creano nelle vie del centro un odore non facile da sopportare. Questi quartieri, nonostante alcuni disagi, attraggono per buona parte dell’anno turisti da tutto il mondo. Basta pensare ai due famosi bar (La bodeguita del Medio e la Floridita) che erano i preferiti di Hemingway (il suo “Il vecchio e il mare “ è ambientato e scritto a Cuba) e da altri famosi personaggi della letteratura e del cinema. Se isoliamo un particolare colorato o l’atmosfera multicolore che si trova tra le strade buie ma animate a suon di trombe e chitarre allora si può trovare il fascino del caraibico e dello spirito cubano, gioioso anche nel disagio. Si può incontrare tutto ciò che fa sgranare gli occhi in centinaia di locali nello stesso barrio, tutti pieni di avventori di cento nazionalità diverse compresa quella cubana (quella con gli abiti sempre esagerati in tutti i sensi). In ogni angolo puoi mangiare o bere qualcosa a qualunque ora, ma non bisogna aspettarsi prodotti tipici. Ci sono sempre gli stessi menu: pollo, carne di vacca o agnello o di maiale in spezzatino, pesce sempre più o meno lo stesso, il tutto accompagnato da riso bollito e pomodori o peperoni, da bere c’è la birra (Crystal o Bucanero). Anche i cubani mangiano così ma molto meno dei turisti; come potrebbero mangiare di più costando, il menu descritto, circa 10 CUC, come pagavo io, se un impiegato statale ne guadagna 30 al mese? Fuori dall’Avana i cubani possono fare una economia casalinga con prodotti facili da reperire o coltivare. Ho visto comunque abitanti dell’isola mangiare anche fuori casa ma il loro piatto non era abbondantemente riempito e spesso costituito solo da una minestra. Certo il turista può mangiare anche l’aragosta allo stesso prezzo del maiale basta trovare la persona che ti ospita che abbia buona iniziativa e la procuri. Non è difficile trovare queste persone che diano ospitalità e che siano sinceramente cordiali e disponibili. Dove si trovano gli alberghi di catene statali a diverso livello di comodità offerte, ci sono grassi turisti provenienti dai paesi dell’ex unione sovietica, canadesi, qualche europeo, e anche qualche italiano ovviamente nessun cubano a meno che non sia un inserviente, cameriere cuoco o impiegato


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alla reception; sono resort dove in camera c’è anche la tv che trasmette la pubblicità di prodotti che nessun cubano che lavora in questi centri comprerà mai, dove puoi avere l’ombrellone e la sdraio, gli asciugamani e qualunque bibita compresa nella tariffa completa. La vegetazione di Cuba è a tratti rigogliosa e a tratti coltivata ma è quasi impossibile trovare grandi estensioni

Cin

Cinema ANNIENTAMENTO di Cecilia Siccardi

Lena, professoressa universitaria di biologia con un passato da militare, ha perso il marito, Kane, in una missione. Un anno dopo, però, Kane

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che non assomiglia per nulla ad una casa, ma dove ci vive una famiglia giovane che si affaccia da un buco nel muro con un sorriso di denti bianchissimi. Felici? La mia inchiesta a muzzu non lo ha potuto chiarire. Dovrò farmi mandare un’altra volta dal giornale, sicuro che saprei muovermi meglio e capire molte più cose: bisogna stare a lungo in un paese per conoscerlo.

di qualunque tipo di vegetazione; l’isola è piccola e le terre non appartengono a grandi imprese perché questa tipologia non esiste; non sempre ci troviamo di fronte a paesaggi sorprendenti; ovviamente si trovano angoli veramente affascinanti, tutte le provincie hanno un fascino particolare che ti conquista, sia sulla costa che nel centro dell’isola. Si trovano ovunque uomini a cavallo col machete appeso al fianco o su un carretto sgangherato e trainato da coppie di animali; nel cielo distendono le loro grandi ali numerosissime tiñosas, uccelli spazzini che si nutrono di carogne, sembra davvero di rivivere l’atmosfera della guerriglia dei barbudos con la mochila. L’ultimo taxista, quello che mi porta all’aeroporto dopo avermi lasciato per un quarto d’ora a rimirare il mausoleo del “Che”, su mia richiesta risponde “Che cosa è per me la rivoluzione? Una storia! Non LA STORIA: che cosa centro io con i barbudos che hanno spodestato Batista? Cosa centro io con l’embargo? Nulla, io voglio andare a vivere con la mia famiglia a Parigi e se rimango qui vorrei non essere controllato nei miei spostamenti, vorrei avere Internet sul mio cellulare” -

“…coraggio, sei giovane, il futuro te lo costruirai con le tue stesse mani” gli ho risposto con una pacca sulla spalla. “Non qui a Cuba!” mi contraddice lui commuovendomi fino alle lacrime. Un altro, più avanti con gli anni, mi commenta sulle prossime elezioni “non cambierà mai nulla qui”. Non voglio concludere con queste ultime immagini poco allegre voglio invece ricordare i cieli cubani, il colore del mare attorno a questa isola e la musica che ti segue ovunque anche uscendo a volte da una costruzione

si riaffaccia inaspettatamente a casa, ma è subito chiaro che non si tratti più della stessa persona; dopo aver bevuto un sorso d’acqua, Kane ha infatti un malore, e viene portato in un ospedale militare. Lì Lena scopre che suo marito era scomparso durante l’esplorazione della cosiddetta Zona X, colpita tre anni prima da un misterioso fenomeno biologico elettromagnetico, e che nessuno di chi si era avventurato in quel luogo aveva mai fatto ritorno prima. Con il marito in stato comatoso e senza più nulla da perdere, Lena decide dunque di seguire la nuova squadra che entrerà nella Zona X, nella speranza di scoprire la verità e salvare Kane. Annientamento, diretto da Alex Garland, è un film di fantascienza uscito sulla piattaforma streaming Netflix il 12 marzo, e si basa sull’omonimo romanzo di Jeff VanderMeer, primo

volume della Trilogia dell’Area X. Il cast è stellare: oltre a Natalie Portman nel ruolo di Lena, troviamo anche Oscar Isaac (il Poe Dameron di Star Wars) nei panni di Kane, e Jennifer Jason Leigh e Gina Rodriguez interpretano rispettivamente la dottoressa Ventress e il paramedico Anya Thorensen, compagne di viaggio della protagonista nella missione. Annientamento affronta argomenti di grande attualità e interesse, come lo stupore di fronte alla contaminazione e al diverso, e si interroga sulla possibilità di accettare un nuovo concetto di esistenza, totalmente alieno rispetto al nostro. L’universo visivo creato in questo film possiede certamente una sua poesia, e un certo livello di fascinazione estetica; tuttavia, il film non colpisce fino in fondo, risultando un po’ superficiale nell’affrontare i temi principali, e lasciando nello spettato-

re la sensazione che si potesse, forse, ambire a un livello di maggiore profondità.

INVITO INCONTRI PER 100° NUMERO INSONNIA

MARCO REVELLI

VENERDÌ 18 MAGGIO, ore 21 chiesa S. Croce via Morosini

“Alziamo lo sguardo politico. Un’analisi a partire dai risultati delle elezioni 2018” Uno storico, sociologo e politologo commenta per il nostro giornale i risultati delle elezioni politiche. Insegna scienza della Politica all’Università del Piemonte Orientale. È figlio dello scrittore esponente di spicco della Resistenza Nuto Revelli. Scrive sul Manifesto ed ha pubblicato una serie di saggi che analizzano la situazione politica e sociale dell’Italia e le trasformazioni in corso delle “forme della politica”. È il Presidente della Fondazione Nuto Revelli di Cuneo


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Mus

Musica CARLOT-TA

MURMURE

di Giuseppe Cavaglieri

Murmure è il nuovo album della cantautrice e pianista ventisettenne Carlot-ta, al secolo Carlotta Sillano. Il disco raccoglie 11 canzoni originali per organo a canne, voce, percussioni ed elettronica. Il disco è stato registrato tra Italia, Svezia e Danimarca ed è prodotto da Paul Evans, parte del team del Greenhouse Studio di Reykjavik che annovera tra le sue produzioni

album di Bjork, Sigur Ros, Damon Albarn, Cocorosie e molti altri. Murmure è il suono che l’aria produce quando entra nei polmoni. In questo disco è il respiro delle canne d’organo, strumento che Carlot-ta ha scelto per comporre i brani del suo terzo album, abbandonando per la prima volta il pianoforte. In Murmure i suoi registri, a volte imponenti, altre intimi e malinconici, si alternano tra composizioni solenni e impetuose, ballate romantiche, valse musette, danze macabre, motivetti synth-pop. Virgin of the Noise è un'algida e misteriosa richiesta di perdono accompagnata da timpani profondi e rumori elettronici, Sparrow strizza l'occhio al dream-pop, Garden of Love è un'elegante ballata sulle liriche di William Blake, Conjunctions sorprende con una melodia lirica e romantica, Sputnik 5 trasforma l'organo a canne in un synth anni '80, Samba Macabre è la danza voodoo di una mantide religiosa, La Valse du Conifère il ritratto naif di una conifera solitaria sulle Alpi francesi, Minstrel è una ballata introspettiva dalle venature

black, Churches descrive una Spoon River post-moderna, Glaciers è il racconto folk un amore non corrisposto, To the Lighthouse è la storia di un naufragio e di terre ferme cui riapprodare. Percussioni e tessiture elettroniche dettano il tempo. Il risultato è un canzoniere cupo e barocco, in cui la musica risente delle influenze nord-europee, del cabaret weimariano, del chamber folk, della canzone francese. Un disco fuori dal tempo che coniuga sonorità arcaiche a una scrittura contemporanea e marcatamente pop. Per le registrazioni sono stati utilizzati un organo mesotonico di epoca barocca e un organo romantico, entrambi italiani. Le percussioni, suonate da Paolo Pasqualin e Loris Stefanuto, sono state registrate nello spazio acustico della chiesa. Carlot-ta ha già all’attivo due album. Il primo, Make me a Picture of the Sun (2011) è stato insignito del Premio Ciampi per la Migliore Opera Prima, del Premio MEI Supersound per il miglior disco dell’anno. Il secondo, Songs of Mountain Stream è prodotto da Rob Ellis (PJ Harvey, Anna Cal-

insonnia

vi, Marianne Faithfull…) ed è pubblicato nel 2014 anno in cui Carlot-ta vince il Premio SIAE alla Creatività. Carlot-ta ha circa 400 concerti all’attivo ed è stata ospite di rassegne e palchi prestigiosi (Premio Tenco, Premio Ciampi, Auditorium Parco della Musica, Teatro La Fenice, MiTo Settembre Musica, Festival dei Due Mondi, Torino Jazz Festival, Liverpool Sound City, Paratissima Skopje). Le sue musiche sono state utilizzate per campagne pubblicitarie (Ford, 2012) e colonne sonore (La luna su Torino, 2014).

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Francesca Galante, Marco Capello, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Grazia Liprandi, Barbara Negro, Anna Simonetti, Giancarlo Meinardi, Melchiorre Cavallo, Elisa Reviglio, Francesco Cosentino Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 1800 copie

Cambiamento improvviso di opinioni? Semplice incongruenza? Ognuno si dia la propria risposta, tanto non ci sarà la possibilità di confrontarla con la risposta esatta, perché non c’è. Non è solo un fenomeno racconigese quello di una marcata mancanza di opinioni fondate; tutta l’Italia manca di chiarezza. Ma si trovano nella medesima situazione anche l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America: la gente vota senza rendersi conto che il proprio voto ha grande importanza. Pensate allo sconcerto inglese del dopo Brexit o a quello USA del dopo Trump, ma anche a quello catalano del dopo referendum sulla indipendenza. Allora “la gente“ non sa per che cosa va a votare? Non vota più per “ideologia“ (parola quasi scandalosa negli ultimi tempi) vota per “simpatia”, per “suggestione”, spesso non sa neppure a che cosa serve votare, quasi sempre dimentica che una elezione non è una partita di calcio che ha due tempi, più uno supplementare

a volte, o addirittura si vince ai rigori.

Giacomo

Siamo nel mese di aprile e circa 70 anni fa uscivamo da una dittatura e grazie a coloro che avevano combattuto per ottenere questa vittoria noi potevamo andare a votare e scegliere tra proposte chiare. Chiare come il pensiero di chi aveva scelto di andare a combattere tra le montagne e chi preferiva invece restare ambiguamente nelle maglie del potere della dittatura. Quella fu una scelta di campo! Coloro che hanno rischiato di morire, quelli che sono morti, non immaginavano ciò che a noi oggi viene mostrato: questo teatro dei burattini che passano da una alleanza a destra a una a sinistra. Allora aveva un senso stare da una parte o dall’altra.

Noi, nel nostro piccolo, continuiamo ostinatamente col giornale. Non si sa mai che il vento, pri-

a cura di Guido, Rodolfo, Giacomo

2018

entro dicembre 2018 Tel 371 1529504

Guido

Allora passo alla seconda ipotesi: riprendere, pazientemente le fila di discorsi fatti e rifatti, individuare umilmente gli errori compiuti, valutare temi e compromessi possibili, in una parola confrontarsi, stare comunque nel campo.

ma o poi, faccia un altro giro…

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