INSONNIA Aprile 2017

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insonnia

mensile di confronto e ironia

Insonnia n° 92 Aprile 2017 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009 Ops! Siamo in chiusura del numero di aprile e non abbiamo ancora uno straccio di editoriale. Pensiamo di scrivere un divertissement, ma ci accorgiamo che in questo numero già ce n’è abbastanza. Ci toccherà essere seri, d’altra parte guardandoci attorno ci accorgiamo che c’è poco da ridere, in giro vediamo molte situazioni che ci sconcertano. Allora, prendiamo una frase del nostro articolo “Tieni il tempo… e cerca un centro!” - e, dal momento che “scrivere è una forma di terapia” buttiamo giù queste poche righe sperando di guarire almeno dallo sconcerto. In politica, ci sono i nuovi che hanno impegno, buona volontà e spesso l’onestà, ma mancano di competenza; i più navigati che hanno la competenza ma sovente non l’onestà e c'è chi fino a ieri voleva costruire un muro appena sotto Bologna e oggi fa comizi a Napoli per un pugno di voti e si stupisce di un'accoglienza un po' troppo calorosa… Ci sono ministri che millantano tesi di laurea e lauree taroccate e, ancora, appalti che triplicano il loro valore per soddisfare l'ingordigia di politici e uomini di malaffare … La caduta delle ideologie ha tirato giù anche gli ideali! Nella vita di tutti i giorni vediamo adolescenti che torturano altri adolescenti e tutti rischiano di ripercorrere le strade del femminicidio e della prevaricazione di genere nei rapporti interpersonali; vediamo chirurghi che spaccano le ossa per poterle riaggiustare a pagamento, l’arte di arrangiarsi eletta a modus vivendi, l’accoglienza che diventa un business. E gli esempi potrebbero continuare. Qui ci starebbe un “ma dove andremo a finire?”, poi ci ricordiamo che nel salto generazionale sempre i valori dei padri sono stati vissuti come l’ultima spiaggia cui aggrapparsi per non morire. Allora ci sentiamo vecchi, inadeguati a capire una società che cambia, inadeguati a coglierne i germogli che possano essere segni di ripartenza verso quel nuovo umanesimo di cui sentiamo il bisogno.

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25 Aprile 2017

72° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE di Bruna Paschetta

I risultati della simulazione del Politecnico di Torino

Nell’attuale marasma delle vicende politiche italiane, che spesso si sovrappone e complica la reale situazione socio-economica del Paese, ci avviciniamo ad una importante ricorrenza storica, il 72° anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo. Solo per semplificare, sono almeno tre le generazioni di italiani, e di europei, nati dopo quegli eventi conosciuti unicamente dalle testimonianze orali dei sopravvissuti o dalla divulgazione storica veicolata sia dalle Istituzioni scolastiche sia dalla informazione di vario genere.

di Anna Maria Olivero

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Sulle prossime elezioni pubblichiamo il contributo di un noto politologo che abbiamo l’onore di avere come nostro nuovo collaboratore

IL FUMO E L'ARROSTO Grandi manovre pre elettorali a Racconigi Niccolò Macchiavelli

Da diverse settimane assistiamo a una girandola di ipotesi sulle liste che presto si confronteranno a Racconigi per le elezioni comunali. I giornali locali hanno continuato ad avanzare ipotesi, raccogliere dichiarazioni, immaginare formule più o meno fantasiose. Le scadenze si avvicinano e non

IL CHIARUGI STA CADENDO … OGGI, DOMANI… (NON SI SA) CHISSÀ …

possiamo più sottrarci al dovere di rendere partecipi i nostri lettori di quel che bolle in pentola, grazie ai canali informativi riservati su cui possiamo contare e che ci permettono di ricostruire le complicate e talvolta occulte vicende di questi mesi.

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Il 3 Marzo, nella sala del Consiglio Comunale, l’Amministrazione, i dirigenti ASL e il Politecnico di Torino hanno presentato i risultati della simulazione fatta sul Chiarugi e le relative decisioni prese. Pensiamo importante informare la popolazione sui contenuti esposti durante l’incontro, poiché il Chiarugi fa parte della storia di tutti noi. Il crollo, in estate, della parete della manica centrale ha allertato tutti e ha accelerato i processi decisionali delle parti interessate. Il sindaco, per tutelare l’ incolumità pubblica ha emesso un’ordinanza sindacale per la messa in sicurezza dell’edificio e la chiusura di via Ormesano, l’ASL, quale proprietaria del bene, ha commissionato al Politecnico di Torino il “modello matematico”. Durante la riunione, il Dott. Magni, Direttore Generale dell’ASL, ci ha informati che due anni fa, appena avuto l’incarico, si è subito dovuto occupare del problema del Chiarugi, anche se il suo deterioramento risale agli inizi degli anni ’70:

segue pag. 3 Pendolari

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SCUOLA

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AIKIDO pag. 8 Intervista Nadia Abellonio

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25 Aprile 2017

72° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE segue dalla prima

Anche nella nostra realtà territoriale di piccola città di provincia c’è attenzione e si preparano iniziative su quegli eventi: da parte della Scuola di ogni grado, da parte dell’Amministrazione comunale, e da parte dell’A.N.P.I., l’Associazione Nazionale dei Partigiani Italiani istituita subito dopo la Liberazione, per storicizzare e diffondere le testimonianze dirette dei partigiani superstiti, e attualmente per proseguire e presidiare con la conoscenza la vitalità delle conquiste di allora. Tra i Partigiani storici, a quell’epoca poco più che adolescenti, nella nostra città vive e della Resistenza è testimone attivo ed attento il partigiano Pepi, per noi Beppe Marinetti. Lui è stato uno di quei quaranta e più giovani racconigesi che, dopo l’8 settembre, hanno lasciato famiglia, lavoro, progetti di vita, tutto e tutti, per combattere il fascismo sulle montagne cuneesi. Intanto, in Racconigi operavano organizzazioni che si contrastavano totalmente. Il Comune era governato dal podestà fascista; dalla sede del Fascio si controllava e si denunciava chi si opponeva al

regime. Contro questa oppressione dello Stato fascista si organizzava la Resistenza politica con l’istituzione del CLN locale che aveva sede nella parrocchia di S. Giovanni, di cui faceva parte un prete, don Carlo Chiavazza, reduce dalla spedizione fascista contro la Russia. Nei giorni della Liberazione in Racconigi, sarà ancora un altro prete, il parroco di quella stessa chiesa, a trattare con il comando repubblichino che stanziava nel Castello reale, l’uscita dalla città senza rappresaglie da entrambe le parti. Questi luoghi, seppur citati frettolosamente, possono rappresentare una sorta di mappa storica e culturale individuabile in luoghi della nostra città che potrebbe contribuire a rendere più realistica la narrazione odierna di quel 25 Aprile. È per contribuire ad una simile finalità che l’ANPI, da alcuni anni, consegna ai ragazzi di tutte le classi terze della locale Scuola media una pubblicazione che sintetizza le vicende e le biografie dei partigiani racconigesi, tratta dal libro di Beppe Marinetti.

In edizione integrale, il libro – Racconigi 1943-45 uomini, scelte, storie di guerre – è reperibile, in prestito o in acquisto, presso la Biblioteca Civica.

Iniziamo un nuovo CAPITOLO di Insonnia: i temi di grande respiro possono essere sviluppati con parole ma anche con immagini, ce lo hanno dimostrato alcuni grandi fotografi. In questo numero di Aprile, nel quale ricordiamo la LIBERAZIONE dal giogo nazista, abbiamo proposto ad Angelo Gambetta di raccogliere una serie di sue fotografie che potessero rappresentare il concetto di LIBERTÀ nel senso più ampio del termine; le abbiamo distribuite nel giornale, indipendentemente dall’articolo che affiancano e contraddistinguendole con una cornicetta nera. Ne nasce un racconto fotografico per leggere il quale dobbiamo farci guidare dallo sguardo e cogliere le sensazioni che SOLO il linguaggio visivo può suscitare.

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Un sorriso tra la folla di Luciano Fico

I finestrini sporchi e le gocce che rigavano il vetro, rendevano insopportabilmente triste il paesaggio invernale in cui si muoveva. Il viaggio in treno gli sembrava, in quel momento, la migliore metafora della sua vita: un viaggio senza avventura, una serie di tappe decise da altri e tutte prevedibili, lo sforzo dell’andare senza alcuna meta se non quella di tornare. Quanti anni erano? Almeno trenta… Trent’anni che ogni santo giorno, cinque volte alla settimana, lasciava il suo paesino per raggiungere il posto di lavoro in città. Trent’anni che tornava ogni sera, un po’ più stanco e con meno vita da stringere tra le mani. Non aveva guadagnato alcuna amicizia in quegli anni di viaggi da pendolare, si era convinto di non esserne capace. Però aveva letto tanti e tanti libri; li poteva scorrere nella propria mente, come foto dell’album della sua vita. Aveva vissuto avventure, risolto enigmi, aveva esplorato mondi lontani anche nel tempo, aveva amato e anche pianto di nascosto, qualche volta. Ricordava anche libri impegnativi, che, di tanto in tanto, lo sfidavano a guardare oltre e più in profondità. Gurdjieff, riaffiorava da quei ricordi con la sua durezza, che non lasciava scampo all’illusione. Aveva letto un libro arduo e spigoloso di quell’autore ed ora gli tornava alla mente… “L’uomo è una macchina!”, proprio così diceva quel maestro atipico. Nulla di ciò che facciamo o diciamo o pensiamo è veramente

libero, ma tutto è determinato in modo rigido ed inconsapevole dalla pressione di influenze esterne. Era proprio così la sua vita: la libertà un’illusione, lo stupore un concetto astratto, la creatività una chimera. Non aveva deciso nulla lui, aveva fatto ciò che si doveva; era anche una brava persona e quindi lo aveva fatto bene, con buon senso e con riguardo per gli altri. Fu così che, per la prima volta in vita sua, egli provò la rabbia; una rabbia furiosa, che gli bruciava nel petto e nelle mani; una rabbia che premeva per farsi grido e che, infine, esplose in una grande, sonora e sorprendente risata! I suoi vicini di posto reagirono come se, all’improvviso, un nano da giardino si fosse messo a cantare a squarciagola e, lentamente, cambiarono carrozza. Lui guardò fuori dal finestrino con gli occhi ancora pieni di lacrime e di furore, giusto in tempo per vedere scorrere il nome del suo paese. D’istinto afferrò la valigetta per precipitarsi giù dal treno, ma, giunto di fronte alla porta, rallentò, sporse la testa fuori, sentì nascere un sorriso sulla faccia e, lentamente, tornò a sedersi posando la valigetta di fronte a sé. Le porte si richiusero con uno sbuffo ed il treno ripartì, dapprima lento e poi sempre più spedito. Ad una delle stazioni successive, guardando il frenetico agitarsi delle persone, scorse un uomo alto e con degli incredibili baffoni neri e la testa rasata: sembrava estraneo a tutto quel movimento e, per un attimo, parve sorridergli…


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IL CHIARUGI STA CADENDO…OGGI, DOMANI… (NON SI SA) CHISSÀ …

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I risultati della simulazione del Politecnico di Torino segue dalla prima

quindi era noto già da quei tempi che quest’edificio presentava dei problemi. Quello che mi ha allarmato - ci ha detto - è che dalla perizia geologica, fatta qualche anno fa, emerge che l’instabilità dell’edificio è dovuta al fatto che fino a trenta metri non c’è che sabbia bagnata, che subisce l’effetto della falda, che si alza e si abbassa e che inoltre per il consolidamento delle fondamenta, dato che l’edificio ha un perimetro di 1300 m, occorrerebbero circa 25 milioni, senza peraltro che il consolidamento renda agibile l’immobile. Dopo il crollo nella manica centrale, il Sindaco, con un’ordinanza, ci ha imposto una serie di interventi di tutela per l’incolumità . A questo punto come ASL abbiamo voluto capire meglio: che

pubblici né privati si sono fatti avanti. Come direttore dell’ASL - ha dichiarato - non posso utilizzare il fondo del servizio sanitario nazionale, cioè togliere i soldi ai farmaci, ai pazienti oncologici,… per la tutela di un bene che non è più destinato a fini sanitari ma bene culturale. Oggi ho trasmesso quindi la relazione del Politecnico, alla Sovrintendenza, alla Regione, al Comune e a tutti gli enti che hanno più e meglio di noi capacità ed interesse e forse anche risorse per poter meglio sistemare quello stabile, comunicando loro la volontà di regalarlo. Se nessuno di questi manifesta interesse avvierò la procedura per un abbattimento controllato, per garantire l’incolumità pubblica. Ho inviato questo provvedimento anche

tazioni che sono però di natura diversa: sicurezza dell’edificio, il fatto che è un bene culturale, è vincolato, ecc. Tale lavoro ha evidenziato che le murature non sono in una tipologia antisismica, e hanno già in sé una pericolosità intrinseca, che è stata incrementata da una serie di interventi che nel tempo han-

l’edificio stia male si vede, ma quanto sta male, dove sta male, quali sono le cause e quali sono la velocità di evoluzione del fenomeno fessurativo, la velocità di degrado e del livello di sicurezza? Abbiamo allora commissionato al Politecnico di Torino il “modello matematico” per avere un quadro conoscitivo della struttura, il più possibile oggettivo e coerente con le normative vigenti riguardo ai beni culturali e all’antisismica. Nel 2016, come ASL abbiamo anche fatto un bando per la vendita dell’immobile, ma né enti

alla Procura della Repubblica, perché qualora l’autorizzazione all’abbattimento venga negata, l’autorità lo imponga, data l’oggettiva pericolosità dell’immobile. Il geologo Ceravolo ci ha poi illustrato lo studio fatto dal Politecnico. L’uso di un “modello matematico” mette in evidenza l’accuratezza di un processo di valutazione che prevede la conoscenza del bene culturale da tutti i punti di vista: storico, geometrico, meccanico. Dallo studio otteniamo dei “numeri” che possono orientare le valu-

no appesantito la struttura. Le zone più vulnerabili sono quelle del corpo centrale, mentre le zone vicino alla strada hanno un livello di vulnerabilità che desta comunque preoccupazioni. A seguito dei cedimenti continui del terreno, lo stato di fessurazione continua ad evolversi determinando un ulteriore indebolimento della struttura. L’edificio è purtroppo soggetto ad un degrado continuo e molto potente. Il Prof. Pistone ha quindi illustrato l’ultimo intervento, che deve ancora essere realizzato,

per la messa in sicurezza del Chiarugi. Anche su via Lobetto saranno posizionati una serie di tiranti, come quelli su via Fiume, in modo tale che, in caso di collasso, le murature non vadano a finire sulla strada, sulle persone. Oltre a questo, visto che le masse potrebbero anche schizzare all’esterno, verrà fatta, su tutte le pareti prospicienti via Lobetto e via Fiume, una protezione con delle reti, tipo quelle che vediamo per le strade di montagna, dette parasassi. Purtroppo, - ci ha detto - non è possibile prevedere un intervento analogo per via Ormesano, perché questi interventi hanno dei costi altissimi, e quindi l’unica soluzione rimane la chiusura. In conclusione: con questi interventi avremo un edificio di cui non è garantita la sopravvivenza, ma che perlomeno ha una probabilità altissima di non causare danno a persone o cose. In ogni caso non è possibile pensare che tali interventi abbiano una durata di molti anni. Per finire, il Sindaco BRUNETTI: il Chiarugi è un bene architettonico vincolato dalla Sovrintendenza, ma oggi costituisce un grosso rischio per l’incolumità pubblica. La viabilità di Racconigi è fortemente penalizzata dalla chiusura di via Ormesano, quindi una soluzione è d’obbligo. Abbiamo chiesto un appuntamento al Sovrintendente e al Segretario Generale per i Beni Culturali del Piemonte, ma siamo disposti a seguire la strada dell’abbattimento di questo edificio e, se non fosse autorizzato, siamo pronti a fare un’ordinanza sindacale di demolizione. Sia l’Asl che l’Amministrazione si sono dichiarati disponibili a suggerimenti e a un confronto su soluzioni alternative credibili, praticabili, vere e oggettive.


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IL MEDIATORE INTERCULTURALE: apertura di spazi nuovi

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a cura dell’Associazione Mediatori Interculturali di Cuneo

All'interno del delicato scenario migratorio di cui siamo quotidianamente spettatori, sta acquisendo un ruolo sempre più marcato e necessario una figura professionale fino a poco tempo fa sconosciuta ai più: quella del mediatore interculturale. Questa figura, inizialmente associata ad un mero interprete, con la sua preparazione multidisciplinare e la sua profonda conoscenza della Cultura di origine e di quella "ospite" si sta ritagliando uno spazio di rilievo all'interno delle politiche di accoglienza e integrazione in diversi ambiti istituzionali, culturali e sociali legati all'immigrazione. In questo percorso di costruzione e di offerta delle proprie competenze al servizio dei cittadini e degli enti che si rapportano con gli utenti stranieri, il mediatore interculturale incontra un ostacolo. L'ostacolo è rappresentato dal fatto che questa professione non ha ancora un riconoscimento a livello nazionale e la legge che lo disciplina è ferma alla Camera al 15 marzo 2013. L'associazione cuneese Spazio Mediazione&Intercultura, nata ufficialmente il 14 aprile 2016, si pone come obiettivo proprio la valorizzazione e il riconoscimento della figura del mediatore interculturale come professionista, autonomo e presente in ogni tavolo di discussione e progettazione in cui si affronti il tema dell'integrazione e dell'intercultura. Il riconoscimento e la conseguente creazione di un albo professionale rappresentano, per l'Associazione,

un traguardo importante non solo per favorire la presenza del mediatore ma soprattutto strumenti per tutelarne l'assenza: in questo modo si potrebbe impedire lo svolgimento di tale professione da parte di persone non qualificate e debitamente formate o in possesso di una

formazione in un altro ambito professionale. A questo obiettivo i membri di Spazio Mediazione&Intercultura affiancano il desiderio di un impegno sulla via dell'innovazione e di apertura di nuovi spazi di espressione per il proprio lavoro, attualizzando-

lo alle esigenze della realtà migratoria che la provincia di Cuneo si trova ad affrontare. Questo desiderio li porta ad organizzare diverse attività: dai corsi di formazione per i nuovi mediatori interculturali all'instaurazione di contatti e collaborazioni con i propri paesi di origine per confrontarsi sulle tematiche legate all'immigrazione. Fanno conoscere numerosi aspetti culturali e sociali dei paesi di origine attraverso diversi canali di comunicazione: dalla radio, con la creazione del programma "Voci dal mondo" su Radio Stereo 5 Cuneo, alla cucina realizzando laboratori culinari nelle scuole e nelle carceri attraverso il progetto educativo Equochef della Cooperativa Colibrì. A pochi giorni dal primo anniversario di nascita dell'Associazione, i suoi membri possono sicuramente sostenere di aver trovato uno Spazio in cui è stato dato il giusto valore alle loro idee e competenze. Molto rimane ancora da fare ma sicuramente questo gruppo, che ormai si ritiene una famiglia, può guardare con soddisfazione ai risultati dell'impegno e del duro lavoro svolto. Spazio Mediazione e Intercultura Via Carlo Barbero 6, Cuneo Tel: +393774280224 +393343677414 gruppomedcuneo@gmail.com / www.spaziomediazione.org


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QUEL 25 APRILE DEL 1945 Testimonianza di Giovanni BONO di Maria Teresa Bono

Quel mattino partimmo all’alba da Monforte d’Alba per raggiungere Torino a piedi dove ci saremmo incontrati con tutti gli altri Partigiani della zona. Con noi c’era il Tenente della nostra Brigata, si chiamava Jimmy, era un giovane uomo coraggioso di origine francese che ci aveva guidati durante tutto il periodo della Resistenza. Grazie alla sua astuzia ed alle sue capacità organizzative ci aveva salvati parecchie volte in situazioni disperate negli scontri con il nemico. Quante volte, quando ormai tutto pareva perso era riuscito a riportarci salvi ai nostri rifugi, esponendosi sempre in prima persona e trasmettendoci sempre il suo coraggio e la fiducia in noi stessi: quando la fame ti chiudeva lo stomaco, quando la pioggia ti aveva inzuppato i vestiti, quando avevi visto morire i tuoi compagni. Ma quel mattino eravamo felici, era una bellissima giornata ed il cielo era di un azzurro intenso, era la fine di un periodo buio e di oppressione, la fine di un incubo. Finalmente potevamo tornare a casa e riabbracciare le nostre famiglie. Giunti in città dopo parecchie ore di

cammino ci accorgemmo subito che Torino era già in festa, la gente per le strade cantava e ci accolse con gioia, applaudendo al nostro passaggio, ma in qualche zona si sparava ancora perché alcuni gruppi di fascisti non si erano ancora arresi. Una raffica di mitra sfiorò me ed alcuni compagni, ci buttammo a terra, riparandoci dietro i sacchi di sabbia che erano stati messi lungo la strada. Questi furono la nostra salvezza. Rimanemmo impietriti a terra senza quasi respirare. Gli spari venivano dall’alto, sui tetti di un palazzo scorgemmo il cecchino appostato, Jimmy non esitò, entrò nel portone del caseggiato, salì le scale, lo vedemmo sui tetti pronto a fermare la mano di quell’uomo che avrebbe causato altre morti inutili. Purtroppo qualcuno fu più veloce di lui, alcuni spari trafissero il suo corpo, lo vedemmo accasciarsi sui tetti e poi rotolare giù. Questo è stato l’ultimo giorno di battaglia per il nostro Tenente e l’ultimo giorno della sua vita, sacrificatosi per salvare noi. Non credevo ai miei occhi, non pote-

va essere vero, morire in quel modo, nel giorno in cui si festeggiava la liberazione del nostro Paese. Sicuramente se avesse dovuto scegliere come morire avrebbe voluto morire così per i suoi ideali e per la libertà di tutti. Non l’ho mai dimenticato e per lui ho sempre avuto una grande stima e riconoscenza. Molte volte mi sono chiesto come ho fatto a salvarmi da quell’inferno e non

auguro a nessuno di vedere le cose che ho visto io. Ho sempre sperato che tutte queste persone che si sono sacrificate per la Libertà di tutti noi non fossero mai dimenticate, per questo motivo sarebbe giusto continuare a parlare di questi fatti ai nostri figli e nipoti affinché si conosca la storia, non la si dimentichi e gli errori fatti non vengano ripetuti. Questo serva specialmente ai giovani.

SIAMO STATI BRAVI!!! Meno TARI per tutti di Pino Tebano

I cittadini di Racconigi sono stadi bravi e meritano un premio, la ripartizione dei risparmi che si sono realizzati con la diminuzione dei rifiuti che vanno in discarica. La cifra complessiva del risparmio si aggira intorno ai 100.000 euro annui, circa 350 tonnellate in meno da quando è partito il progetto nel 2014. Il dettaglio dei buoni risultati ci sono stati forniti da Luca Meinardi e Melchiorre Cavallo in conferenza stampa il 20 marzo scorso. Ormai siamo stabilmente sopra il 70%, la media del 2016 è il 72,08 di differenziata, aumentano plastica, carta, vetro e lattine che si riciclano e ci vengono riconosciuti dal Conai, attraverso il consorzio dei rifiuti, premi crescenti per i materiali che mandiamo al riciclo. Da quando è partito il progetto, il risparmio medio per le famiglie racconigesi si attesta intorno al 20% di riduzione della Tariffa Rifiuti mentre quella delle attività commerciali è intorno al 16%. Si può fare di più? Secondo Luca Meinardi si può ora pensare di puntare a superare l'80%, è questo l'intento programmatico che la Lista Brunetti vuole portare avanti per il prossimo mandato quinquennale, se gli elettori gli daranno la vittoria alle prossime elezioni comunali. Si è ipotizzata l'introduzione della tariffa puntuale che in sostanza è il pagamento di ciò che non si ricicla e che va in discarica con misurazione a chilogrammo o a volume. Ovviamente maggiore sarà la raccolta differenziata maggiore sarà il risparmio ma questa volta andando a premiare in modo puntuale le famiglie più virtuose. Nessuno dei comuni a noi vicini ha ridotto la Tari, il nostro comune sì, e questo va senz'altro riconosciuto, come è stato ricordato in conferenza stampa, al lavoro della Consulta Ambiente, degli Ecovolontari, degli uffici Ambiente e Tributi ma

TARI 2017: FAMIGLIE

soprattutto alla sensibilità dimostrata dai cittadini e al lavoro continuo che viene svolto con progetti ed attività dalle scuole di ogni ordine e grado. È questa la cultura che va aiutata maggiormente a crescere perché i ragazzi di oggi saranno i cittadini di domani. Segnaliamo che in questi giorni anche i "Migranti" ospitati a Racconigi con la collaborazione della Protezione Civile stanno dando il loro contributo volontario nella pulizia di via Umberto I, lungo la cinta del Parco.

Componenti nucleo famigliare

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differenza in € (rispetto a 2016)

differenza % (rispetto a 2016)

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a cura di Guido Piovano

ABITARE IL PRESENTE Una delle imprese più difficili, a mio avviso, oggi è - per dirla con un giochetto di parole – “essere presenti al presente”. Non è raro ritrovare anche in noi onde ritornanti di nostalgia. La nostra chiesa, in particolare, è piena di cantori del bel tempo antico, che costruiscono i panegirici del passato. Una cristianità pingue, con verità inossidabili e ben riconosciute e difese anche dai poteri. Tutto chiaro e ogni cosa al suo posto: le donne al posto loro assegnato, i poveri un po' assistiti, gli omosessuali come peccatori al confessionale, i teologi dediti ad inquadrare con linguaggi pii i sacrosanti dogmi, i preti a dar benedizioni e a garantire tutti i certificati sacramentali, la gerarchia come altoparlante di Dio... La forte seduzione e la solidità del “castello” che fu sono difficili da superare. Offrono non poche comodità e sicurezze. Entrare nell'oggi ed abitarlo implica varcare una soglia ed entrare in una stra-

da piena di insicurezze e di rischi. Vale anche per la politica, sia che la nostalgia si chiami Democrazia Cristiana sia che si chiami Rivoluzione Proletaria. Cercare e costruire sentieri in cui si valorizzino le esperienze positive del passato e si facciano i conti con la “rivoluzione possibile” esige la presenza di personalità progettuali, culturalmente attrezzate, psicologicamente riconciliate con la realtà e nello stesso tempo ricche di creatività, di un pensiero e di una prassi altra. È inutile, per dirla con ironia, progettare le ferie su Marte se non “inventiamo” il lavoro sulla terra. È fuorviante pensare ad una chiesa evangelicamente nuova che fiorisca come per incanto se oggi non lottiamo perché in essa crescano l'accoglienza, la sobrietà e il rigore della riflessione biblica. Oggi devo esserci. don Franco Barbero, Comunità di base di Pinerolo [http://donfrancobarbero.blogspot.it/]

sa” - non crede alla veridicità delle apparizioni? Davvero la nostra povera fede necessita di alimentarsi di queste pratiche di superstizione? Non dovremmo attingere alle Scritture come fonte prima del nostro credere? Soltanto una lettura biblica condotta con continuità attraverso i metodi storici critici ci può ricondurre ad una fede adulta. Già, ma nelle nostre parrocchie quando va bene si prepara una lettura domenicale del tutto decontestualizzata e destoricizzata.

L’ULTIMA TROVATA Le Edizioni Paoline hanno messo sul mercato la "Bibbia per ragazze" e la "Bibbia per ragazzi", due distinte edizioni della Bibbia, una per le femmine che presenta una selezione di storie di personaggi femminili della Bibbia ed una per i maschi che presenta solo storie di personaggi maschili. Curati da Melissa Alex, i due volumi sono destinati ad essere regalati a bimbe e bimbi in occasione della loro prima Comunione. Viene da domandarsi il perché di una ope-

razione di questo tipo e quale immaginario concorrano a costruire i due volumi nelle menti dei giovani futuri lettori. Il messaggio di salvezza non è forse unico per maschi e femmine? E poi: le storie delle donne che Gesù accoglie e porta in primo piano, in un tempo in cui alla donna sono vietati i consessi che contano, non possono far riflettere ancora oggi proprio i maschi? Niente paura, però, Gesù, maschio, c’è anche nella “Bibbia per ragazze”. E meno male…!

PAPA FRANCESCO E IL LAVORO Il papa, nel corso dell'udienza generale in piazza San Pietro di mercoledì 15 marzo, ha denunciato l'atteggiamento di chi "per manovre economiche" o in nome di "negoziati" poco chiari toglie lavoro e dignità alle persone. Bisogna "Fare di tutto perché ogni uomo e ogni

donna possa lavorare e così guardare in faccia gli altri con dignità". E ancora: "Chi per manovre economiche, per negoziati non troppo chiari chiude fabbriche o imprendimenti lavorativi e toglie il lavoro agli uomini, fa un peccato gravissimo".

QUALE SCUOLA?

QUALE FEDE? Cosa succede alla nostra fede? Cosa succede a noi stessi? Abbiamo proprio bisogno di tutto quest’armamentario? Madonne che piangono a comando, diavoli

uno stuolo di dogmi almeno improbabili, cerimonie di benedizione nelle quali benediciamo di tutto dagli sposi di tutte le fasce di anzianità agli animali, dagli edifici alle armi, agli eserciti, senza problema alcuno e soprattutto senza ricordare che è Dio che benedice, noi al più possiamo annunciare la Sua benedizione. E vi pare che Dio possa benedire … gli eserciti! A quando una seria riflessione su tutto questo? Continueremo invece con i viaggi a Medjugorje dove perfino il vescovo di Mostar – “ qui la madonna non è mai appar-

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che impegnano frotte di preti esorcisti loro sì “indemoniati”, santi fatti a pezzi ed esposti in macabri reliquiari a radunare turisti- pellegrini e incrementare il business,

“Tutti siamo dei geni, ma se giudichi un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi su un albero, vivrà tutta la vita pensando di essere stupido”. [Albert Einstein]

Guardate il video al link che segue poi, se volete, ne possiamo discutere. https://youtu.be/58yLFGsUWHs

Gli zanzarini sono insetti molesti. La loro puntura non è mortale e neppure dolorosa, ma è spesso irritante. Se ne scacci uno ne arriva subito un altro. Tanto vale farci l’abitudine.

Dio lo vuole di Zanza Rino

“Vox Populi vox Dei”. “La voce del Popolo è la voce di Dio”. E il popolo racconigese ha parlato, ha sussurrato il suo nome, lo ha blandito, lo ha invocato. Lui ha fatto il ritroso, per un po’. Ha ascoltato la Sua voce, ha cercato di sottrarsi. Ma

alla fine ha ceduto. Ha dovuto cedere e accollarsi il suo fardello. D’altra parte lo fa per amor Suo (del popolo) non per amor suo (proprio). Tutti lo dicono, è vero, tutti lo fanno per spirito di servizio. E non c’è ragione per non crederlo: tanto di cappello a tutti quelli che mettono tempo, testa, energie per una impresa in cui è tanto facile raccogliere mugugni, pretese, indifferenza. Per cosa? Denaro? Ma non scherziamo. Potere? Viene

un po’ da ridere. Prestigio? Forse un pochino. Davvero, tanto di cappello a tutti ma più di tutti a lui che ancora una volta si mette in gioco o, per dirla alla popolare “a smia ca n’abbia mai a basta”. Ha mantenuto a lungo celate le sue intenzioni. Ma intanto non ha cessato di tessere la tela. Piano piano ha costruito la sua squadra. Ed ora scende in campo. Una squadra centrata su uomini nuovi, dinamica come solo i

giovani possono essere, votata a ridare freschezza alla stremata comunità racconigese, a inventare strade nuove. Ecco, finalmente, il nuovo che avanza. Se ne sentiva il bisogno. Ed ora per tutti gli altri sono cazzi. È finito il tempo dei giochi. Lui scende in campo, “non c’è due senza tre”, si dice. Vale anche “non c’è quattro senza cinque”? Staremo a vedere. I racconigesi hanno bisogno di lui.


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BINARIO FREDDE PARALLELE DELLA VITA

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La tragica situazione del sistema ferroviario piemontese e racconigese

Chi non ha mai provato ad andare a Cuneo in treno e si è trovato a dover sempre cambiare a Fossano senza avere l'opportunità di prendere un treno diretto? Chi, prendendo il treno a Racconigi, non si è reso conto della fatiscenza della stazione? Come è ben noto, la situazione dei nostri pendolari è peggiorata sensibilmente nell’arco degli ultimi anni. E questa purtroppo è una realtà non solo cittadina, ma dell’intera regione che, come rileva il dossier "Pendolaria 2016" di Legambiente, tocca più di 165 mila pendolari che in Piemonte prendono il treno tutti i giorni per spostarsi per ragioni di lavoro o di studio, il 9,5% in meno rispetto al 2011 quando sono iniziati i drastici tagli al servizio ferroviario piemontese. Da allora, grazie all’opposizione e la pressione del comitato dei pendolari di Racconigi e dell’Amministrazione, la stazione di Racconigi ha continuato a vedere passare 7 treni al giorno nel 2013 e 9 nel 2014 scongiurando così il rischio della chiusura della stazione, ma non risolvendo i tanti problemi che ancora pesano sui pendolari racconigesi. Le ragioni di questa situazione sono da individuare, secondo Legambiente, in alcuni gravi errori compiuti in questi anni nelle politiche dei trasporti. Innanzitutto un trasferimento dei poteri sul servizio ferroviario locale

alle Regioni senza indirizzi e controlli. Per cui sono state chiuse linee e cancellati collegamenti senza alcun intervento da parte dello Stato, quando i diritti dei cittadini alla mobilità sono gli stessi da Bolzano a Ragusa e garantiti da risorse pubbliche. In secondo luogo le risorse da parte dello Stato per far circolare i treni regionali sono state ridotte tra il 2009 e il 2016 del 19,1%, e solo poche Regioni hanno investito per garantire il servizio, in tutte le altre sono avvenuti tagli

e aumenti dei biglietti, come in Piemonte che vince il record di regione col divario più grande tra tagli complessivi dei servizi (8,4%) e aumento tariffario (47,3%). È da sottolineare poi che le Regioni hanno investito pochissimo per potenziare il servizio e comprare treni: tra il 2005 e il 2015 il Piemonte ha investito appena 7,06 euro all’anno per abitante contro i 14,35 euro della vicina Lombardia. Stanziamenti che nel 2015 hanno raggiunto in Piemonte la risibile cifra

dello 0,06% del bilancio regionale. La Regione Piemonte inoltre ha concentrato i suoi investimenti sul nodo di Torino con il servizio ferroviario metropolitano a scapito dei territori più periferici che hanno visto un netto peggioramento sia in termini di tagli di corse sia con vere e proprie soppressioni delle linee che hanno visto così isolare interi territori. Francesca Galante

MIGRANTI? PERSONE

Storia di Sareed Ahmad arrivato a Racconigi dall’Afghanistan di Anna Maria Olivero

Il mio nome è Sareed Ahmad, ho 28 anni e sono nato in Afghanistan, in un paese al confine con il Pakistan dove c’è guerra. Ho due sorelle e la mamma, mio padre non c’è più, è morto per malattia a 55 anni. Sono sposato e ho tre figli, due maschi: Aryan di quattro anni, Haris di tre e una femmina, Laiba, di un anno. Ho studiato in Pakistan, perché quando ero piccolo e in Afghanistan c’era la guerra, tutta la mia famiglia si è spostata in Pakistan. Allora molti afgani sono scappati in Iran o in Pakistan! Ero piccolo allora e solo da grande ho letto che la guerra era tra la Russia e l’Afganistan, ma non so perché. In Pakistan stavamo in un “centro” ed è lì che ho studiato. Finita la guerra, dopo sette anni la mia famiglia è tornata in Afghanistan e io mi sono fermato ancora un anno per terminare gli studi: sono diventato un “perito

meccanico”. Adesso in Afghanistan ci sono i talebani (sappiamo tutti che il 25% dei talebani sono afgani, il rimanente pakistani) e c’è l’America che ci aiuta. In Afghanistan ho iniziato a lavorare in una società dove c’erano anche gli americani. Solo lì ho potuto trovare un lavoro adeguato al mio titolo di studio! Quando i talebani hanno saputo che lavoravo con gli americani, mi hanno rapito e allora mi sono messo d’accordo con mio cugino Usman e sono scappato per venire in Italia. Ho scelto di venire in Italia perché un mio amico/collega mi ha detto che qua potevo ottenere i documenti velocemente, solo che adesso sto scoprendo che invece ci vuole molto tempo per ottenere i documenti! Bisogna aspettare tanto… questo è il problema più grande. Sono qui da 12 mesi. Il mio “sogno” è di trovare un lavoro, anzi

prima i documenti: se non hai documenti non puoi lavorare, poi il lavoro, così se lavoro mando i soldi alla mia famiglia per mantenersi. Una volta ottenuti i documenti ed il lavoro, visto che là c’è guerra, voglio far venire qui la mia famiglia, così almeno i miei figli possono andare a scuola, avere un’istruzione. Nella mia città c’è una scuola ma è molto malmessa, insegna quasi niente matematica, niente inglese: si insegna proprio poco. Ci sono anche altre scuole in altre città, ma noi abitiamo in montagna e quindi è un problema andare e tornare da scuola! In quelle scuole inoltre ci va solo il 50% delle persone, perché lì si insegna male: viene detto che i talebani sono buoni e i bambini, anche piccoli, vengono preparati a fare la guerra. Io non voglio questa scuola per i miei figli. Mi trovo bene qui, però sono preoc-

Sareed Ahmad

cupato per la mia famiglia che è là. Sento la mia famiglia per telefono ma con difficoltà, quando non c’è il segnale non riesco. Dove vive la mia famiglia non c’è tanto segnale, quindi loro per parlarmi devono andare in città o in qualche altro posto dove c’è il segnale, così a volte, se li chiamo loro sono a casa e quando loro sono fuori non riesco a chiamarli. C’è questo problema di comunicazione. Ringrazio Singh Kuljeet che mi ha aiutato nella traduzione dell’intervista dalla lingua urdu.


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TIENI IL TEMPO… E CERCA UN CENTRO! di Alessia Cerchia

Non sono certo la prima a sostenere che scrivere è una forma di terapia. Lo è anzitutto per chi scrive. Di sicuro lo è per me, perché mi permette di dare forma a idee ed emozioni che altrimenti rimarrebbero mute, nello spazio senza tempo della coscienza e dei non detti. Ebbene, oggi userò questo spazio su Insonnia (faccio autodenuncia) per condividere ciò su cui rifletto da tempo, per chiedere aiuto a voi, o forse solo per spedire questi pensieri lontano da me, in attesa di una risposta o di un cenno del destino. Mi chiedo e vi chiedo se anche voi siate alla ricerca di quello che mi piace definire come “equilibrio dinamico”, quella magica, soprannaturale capacità (forse meglio dire inclinazione d’animo) di riuscire a mantenersi concentrati su se stessi mentre tutto cambia, tutto corre, tutto si trasforma. Tutto sfugge. In Aikido buona parte della ricerca è finalizzata a trovare il proprio centro di equilibrio e sviluppare gli strumenti – tecnici ed emotivi – per gestirlo e preservarlo in qualunque condizione: a riposo, sotto attacco o mentre si sta cadendo. È proprio attraverso il filtro della pratica che si afferra, forse un po’ prima

di altri, che l’equilibrio non ha nulla a che vedere con il mantenere la propria posizione immutata. Il vero equilibrio, lo scopo finale della nostra ricerca, mi sembra essere – per l’appunto – un equilibrio dinamico, ovvero la sottile, difficilissima arte del sapersi muovere in armonia con ciò che ci circonda, in modo da ritro-

Via Teatro, 2 - 12038 SAVIGLIANO (CN) ITALIA Tel.: +39 335 1701008 +39 331 6893698 +39 331 6893684 Email:

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varsi sempre altrove ma sempre se stessi, sempre diversi ma pur sempre uguali. Non è facile da spiegare a parole, ma spero di riuscire a tirare fuori dal groviglio di idee che mi si affacciano alla mente qualcosa di sensato. E così chiedo a voi, lettori di Insonnia, come ve la cavate con il vostro equilibrio dinamico. Sì, perché io ammetto di averlo più volte trovato e più volte perso. E oggi mi aggiro sconsolata nelle stanze del mio vissuto, alla disperata ricerca di qualcosa che ho nuovamente perso. Pensieri confusi, per alcuni senza senso. Mi sono anche convinta che l’ennesima perdita di equilibrio sia legata al rapido avvicinarsi dei miei primi quarant’anni. Una cifra tonda che un po’ spaventa. Spaventa soprattutto il non riuscire a capire quale salto temporale ci abbia portato dalle scuole elementari, da una calda serata d’estate e dai giochi di bambini ad una tiepida mattina del marzo 2017. Dai graffi sulle ginocchia alle rughe sul viso, dalla bocca sporca di fragole ai capelli bianchi, da un trono costruito tra i rami di un albero alla scomoda poltrona della scrivania da cui scrivo queste righe. Certo, il tempo mette a dura prova il nostro baricentro emotivo, perché ci tira e ci sposta senza che ce ne accorgiamo, intenti

come siamo a vivere e a cercarci. Intenti a trovare il nostro centro e a scoprire come tenercelo stretto, mentre lui, inesorabilmente, è già volato via. In aikido ho capito come trovare il mio centro. E questa consapevolezza mi permette anche di capire che il più delle volte il mio centro è fuori di me, sia che si parli di una tecnica, sia che si parli di lavoro, famiglia, amici, desideri, sogni da realizzare, progetti e paure. Tutto, tutto, ci spinge ad abbandonare il nostro equilibrio per inseguire ogni giorno un risultato, un obiettivo, una chimera. Non ho ancora trovato una formula magica per ritornare in me, per vivere al centro di me stessa. Voi come fate? Ci riuscite? Per quel che mi riguarda, per il momento mi accontento di sapere che il mio centro ancora non mi appartiene (ho il sospetto che non mi apparterrà mai!). Mi accontento di sentirlo, un po’ più avanti o un po’ più indietro rispetto a dove sono io. So che c’è e che prima o poi saprò come controllarlo. E se non ci riuscirò, beh, forse non sarà comunque un problema. Per il momento mi accontento di sapere che il mio centro appartiene al sorriso di mio figlio, che ha il potere di riportarmi nel qui ed ora ogni volta che mi perdo e lui mi ritrova.


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Centro Alambicco

LA MAGIA DI UNA STANZA i ragazzi e gli operatori dell’Alambicco

Se pensiamo agli interventi necessari per favorire una reale integrazione delle persone con disabilità capiamo immediatamente che ci attende un’ardua sfida: trovare nuove soluzioni, nuove idee. A questo proposito abbiamo “pensato” ad un progetto controtendenza per offrire uno spazio stimolante dove i ragazzi possano sperimentare nuove esperienze sensoriali. “IL TAPPETO VOLANTE…LA MAGIA DI UNA STANZA”, è così che abbiamo intitolato il nostro progetto che prevede la creazione di una stanza multisensoriale all’interno del centro diurno Alambicco, nella quale si possa fare attività secondo l’approccio Snoezelen. Il termine Snoezelen è di origine olandese significa “esplorarsi”, “rilassarsi” e si riferisce ad un approccio volto a promuovere il benessere delle

Sii Naturale cOn lE tue sensaZioni Esperienze Limiti paurE emozioNi

persone attraverso la stimolazione di tutti i sensi. La camera multisensoriale è un luogo avvolgente e accogliente fatto di luci, colori, aromi, essenze, suoni, oggetti e immagini, offre l’opportunità di attivi, quindi di assaggiare, annusare, toccare e muoversi solo perché se ne ha il piacere, con lo scopo di creare esperienze autentiche. Lo spazio creato verrà suddiviso in tre categorie essere e utilizzato a seconda delle esigenze del fruitore: uno spazio di rilassamento, uno di scoperta dove poter rotolarsi, spostarsi, nascondersi, arrampicarsi salire e scendere, uno di interazione dove vengono offerti stimoli sensoriali tramite tende luminose, materassi ad acqua, cilindro a bolle e proiezione di luci. “Niente dovrà essere fatto, ogni cosa è permessa”, l’essenza della scelta Snoezelen è permettere al soggetto di vivere esperienze seguendo il proprio ritmo, fare delle scelte e ritrovare se stessi; in questo ambiente si possono intraprendere attività che abbiano anche un intento pedagogico, per educare all’autonomia, all’orientamento spaziale, alla comunicazione anche attraverso la musica, il canto e il gioco. In questo progetto abbiamo pensato di coinvolgere altre realtà con cui abbiamo collaborato negli anni: le famiglie dei soggetti coinvolti, gli

utenti seguiti e segnalati dal servizio sociale del Consorzio Monviso Solidale, le scuole materne di Faule e Marene, la scuola elementare di Carmagnola, il centro residenziale Villa Annari-

sti molto elevati perché è necessario svolgere un’apposita formazione per la tecnica Snoezelen e per l’acquisto delle attrezzature e degli arredi necessari. Abbiamo dunque presentato delle richieste di finanziamento a banche e privati per avere dei fondi e speriamo quindi di riuscire a realizzarlo entro l’anno 2018.

ta, la comunità e i gruppi appartamento della cooperativa Laboratorio di Cavallermaggiore, l’associazione circolo “L’Aquilone” e la cittadinanza di Racconigi. La realizzazione di questo spazio privilegiato ha dei co-


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IL FUMO E L'ARROSTO Grandi manovre pre elettorali a Racconigi

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segue dalla prima

Sulla loro attendibilità grava forse qualche dubbio ma, confortati dal gioco di specchi alimentato spesso dagli stessi candidati e amplificato dai giornali locali, ci buttiamo anche noi senza troppe preoccupazioni. A quanto ci risulta in merito alla candidatura Tosello, l’intreccio di illazioni, smentite, ammiccamenti avrebbe fatto parte di una sofisticata operazione dell’ex plurisindaco che lo avrebbe voluto protagonista di una triplice candidatura: Tosello 1, con Tosello candidato sindaco di un listone che avrebbe dovuto raccogliere (quasi) tutti gli oppositori della lista Brunetti. L’accordo sarebbe stato stretto tra il primo e il secondo antipasto durante la cena che Tosello ha ostentatamente abbandonato in modo frettoloso al fine di far credere il fallimento dell’intesa. Tosello 2, con Tosello candidato sindaco insieme a Brunetti contro tutte le altre liste. Sarebbe stato previsto un tandem, grazie alla attesa approvazione di una riforma della legge elettorale, con Tosello sindaco nella prima metà della legislatura e Brunetti nella seconda metà, per dare al primo la possibilità di dedicarsi a tempo pieno ai nipotini. Tosello 3, con Tosello candidato sindaco di un listino che avrebbe raccolto nomi nuovi per la politica locale. Si è sentito parlare di geometri che tornano a frequentare assiduamente la piazza, di operatori

idrici risvegliati da un improvviso ritorno di interesse verso l’amministrazione pubblica e di altri protagonisti vecchi e nuovi della scena politica e culturale racconigese. In questo modo Tosello si sarebbe assicurato il ruolo di sindaco e al tempo stesso di capo dell’opposizione, garantendo ai racconigesi probabilmente per i prossimi trenta anni una saggia e innovativa amministrazione. Venuta meno l’ipotesi 1 perché sembra che il candidato sindaco nella notte non abbia digerito l’antipasto; venuta meno l’ipotesi 2 perché il Parlamento impegnato tutto nella discussione sul testamento biologico non ha trovato il tempo per discutere la nuova legge elettorale; al candidato sindaco non è rimasto che ripiegare sulla soluzione 3. Per quanto riguarda le altre liste, pare che ad oggi quella di Annibale sarebbe al completo ma non avrebbe ancora individuato il candidato sindaco, e quella del movimento 5 stelle avrebbe il candidato sindaco ma faticherebbe a trovare candidati. Le due liste avrebbero lavorato allora ad una fusione con Bissardella a capo di una lista con i candidati di Annibale. Ma tutto sembrerebbe tornato in discussione in questi ultimi giorni. Quanto a Tuninetti, non sarebbe stato indifferente ad una eventuale proposta di candidatura a sindaco da parte di Brunetti, a patto che Oderda avesse preso la tessera dal

PD. Oderda avrebbe subordinato la sua adesione al riconoscimento da parte di Brunetti che lui (Oderda) è il più bravo di tutti. Tutti e tre comunque (Brunetti, Tuninetti e Oderda) sarebbero stati concordi nel pretendere che Insonnia la smettesse di fare il grillo (minuscolo) parlante perché non ne possono più. Poiché Brunetti avrebbe avuto qualche riserva a riconoscere il primato di Oderda, l’operazione non sarebbe andata in porto e Oderda e Tuninetti sarebbero pronti a giocarsi a ruba mazzetto la candidatura a sindaco in una lista che potrebbe chiamarsi “Uniti nel-

la diversità”. Ma la situazione resta fluida e non si può escludere che Oderda si lasci attrarre dalla sirena di Tosello, per cui Tuninetti si troverebbe a giocare un solitario. A questo quadro già abbastanza complesso si potrebbero aggiungere due novità assolute. Sembrerebbe in dirittura d’arrivo una lista rosa, formata da sole donne; la lista sarebbe già completa di candidatA sindacA e candidatE consiglierE, ma inaspettatamente faticherebbe a trovare quattro candidati maschi come imposto dalla legge sulle pari opportunità. Infine tutto il quadro attuale potrebbe essere sconvolto dalla discesa in campo di una nuova lista denominata “Cittadini insonni per una Racconigi sempre sveglia”. Abbiamo fatto un sondaggio per capire il gradimento da parte dei racconigesi, molto riservato per cui non l’abbiamo detto a nessuno: 3 cittadini racconigesi si sono dichiarati entusiasti, 14 non si sono pronunciati e 3.412 si sono messi a ridere. Vi terremo informati sulle prossime evoluzioni. Ci scusiamo se nella ricostruzione delle vicende elettorali siamo caduti in qualche errore, ma a nostra discolpa ribadiamo che la tattica pre elettorale dei candidati ha seminato molta confusione. Invitiamo comunque i cittadini, forse un po’ disorientati, a non scoraggiarsi. La democrazia ha i suoi difetti, ma è pur sempre la migliore delle opzioni possibili. Andiamo tutti a votare, racconigesi e… vinca il migliore.


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Passione e rispetto per una scuola efficace Che cosa determina il “successo formativo” di alcuni insegnanti

enza di intelligservare a m r fo os lta La più a la capacità di è a uman iudicare. senza g ) namurti (J. Krish

da: “Un prof mi ha detto che non sono da liceo, posso solo fare un professionale e già è tanto. Ma io desidero tantissimo studiare lingue e diventare una traduttrice. Subito mi sono demoralizzata, poi ho deciso di fare quello che ho nel cuore. Non lo ascolterò”. Mi è tornata alla mente una scena di quando anch’io come lei frequentavo l’ultimo anno di scuola media: mi sentivo così incerta, traballante, eppure avevo un forte desiderio: insegnare sport ai bambini. Ricordo che un’insegnate aveva detto: “Le magistrali sono così facili…” e aveva fatto una brutta smorfia “fare il liceo classico non è da tutti”. Adesso saprei risponderle. Allora mi umiliò. Quando, qualche anno fa, mi sono trovata a fare formazione ad un grup-

rare dalla vita in ogni istante? Accompagniamo un ragazzo per soli 3 o 5 anni. Di lui sappiamo come si comporta in quelle poche ore che è in classe con noi, pochissime alla settimana. Stop. Non sappiamo altro del suo percorso. Non ne conosciamo i sogni, le paure, le fissazioni, le speranze. La nostra scuola con orari frammentati e brevi non ci permette di sapere di più. Perché allora continuiamo a sentenziare, oggi come un tempo, con tanta facilità e stupidità? Dovremmo avere molto più rispetto. Ne aveva molto per i suoi allievi Don Milani. Con loro viveva, li incoraggiava, li supportava, li istruiva, li faceva sentire cittadini sovrani sebbene fossero pluriripetenti e molto ignoranti.

si azzarderanno in molti a dire di lui qualunque stupidaggine (come già fa la Mastrocola o Lorenzo Tomasin che ha scritto “Io sto con la professoressa” sul sole 24ore del 26 febbraio). Ma chi di noi ha letto “Lettera a una professoressa” e si è lasciato scuotere dalla provocazione lanciata da allievi senza possibilità alla scuola della saccenza, chi di noi ama i propri studenti, tutti, anche quelli insopportabili, faticosi e pelandroni, sa bene che le proposte della scuola di Barbiana non sono state assolutamente applicate! La nostra scuola continua imperterrita a ripetere le stesse parodie. Non incoraggia, non fa sbocciare, non sperimenta, non inventa, non emoziona, non entusiasma. Non è capace di insegnare a partire dal “motivo occasionale”. Forse non

po di insegnanti di liceo, io, semplice maestra, mi misi a ridere. Che buffa è la vita! Pensai che non sapevo più nulla di quella sentenziosa insegnante. Se mi avesse vista, dopo 40 anni, ridere delle sue saccenze mentre incoraggiavo quei prof di liceo, così incerti e traballanti, così immersi nel loro sapere da non riuscire a trovare la strada per agganciare i ragazzi coi i quali si poteva lavorare bene senza troppa fatica! Allora come oggi la scuola continua a perpetuare crudeltà. Ed essa ci si rivolta addosso. Alcuni nostri allievi sono prepotenti, maleducati, poco rispettosi, giudicanti e strafottenti. Ma noi adulti che esempio abbiamo dato, soprattutto a scuola? Forse il rispetto totale per l’essere umano, i suoi limiti e le sue incertezze? Forse la prudenza, la pazienza, l’ascolto, la capacità di attendere? Oppure la passione, la gioia, la bellezza dell’impa-

Usava la pratica, la sperimentazione, l’incontro con testimoni, il raffronto su vari testi. Ognuno poteva dire il proprio parere, tutti avevano voce e la voce di tutti diventava un testo collettivo, una proposta. Il Maestro di Barbiana doveva avere molta fantasia per immaginare la trasformazione di quei “testoni” del Mugello affinché diventassero autonomi, attenti, critici e capaci di cavarsela da soli nella scuola e nella vita. Fu il suo sguardo il trampolino che li portò a oltrepassare i loro limiti e “osare” spingersi dove neanche l’immaginazione poteva supporre. Ecco cos’era la scuola di Barbiana. Un severo e intenso bagno di autostima capace di superare gli steccati della povertà culturale. Quest’anno, che si celebrerà il 50esimo anno dalla morte di don Lorenzo,

sa neppure cosa significhi davvero. Noi docenti restiamo ancora come un tempo incatenati, prigionieri di orari antipedagogici e di programmi vecchi e obsoleti. Ma neppure ce ne accorgiamo. E dal fondo delle nostre prigioni, ci dimentichiamo di una semplice regola: che nel 2017, esattamente come nel 1970, dire a un ragazzo “Non sei fatto per il liceo” equivale a non riconoscergli una possibilità di volare alto. È come mancare di rispetto all’uomo che potrà diventare. Esattamente il contrario di quello che fa il miglior professore del mondo che riesce a donare fiducia. La fiducia ha due facce: da un lato significa pensare: “caro ragazzo, tu diventerai capace di fare un grande passo”; dall’altro significa rimarcare a se stessi e a lui: “io sarò al tuo fianco e ti sosterrò”.

di Grazia Liprandi - Rete Insegnareducando

I ragazzi lo amano e soprattutto lo ascoltano. Si accendono di passione per la sua materia, sperimentano, provano, inventano brevetti … e lui li incoraggia, li sprona, li scuote, li riprende, li motiva e li sostiene. Si chiama Armando Persico, il professore appassionato dell’Istituto Tecnico Superiore – ITS ( alta formazione tecnica post diploma, situato nella campagna bergamasca) che quest’anno è finito tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize, prestigioso titolo che assegna ogni anno 1 milione di dollari a miglior insegnante del mondo. I ragazzi dicono del Prof Armando: “Non ha peli sulla lingua, se deve farti i complimenti ti manda e-mail lunghissime, ma se hai sottovalutato il lavoro, viene anche a tirarti fuori dall’aula” (Primo piano- la Stampa, 17 marzo 2017) Pare che sia la passione il motore del processo di risveglio dei giovani studenti all’ITS. La passione dell’insegnante Armando di sicuro, ma anche quella di tutti i suoi colleghi e del preside. La stessa che contagia i ragazzi che arrivano “sottotono” dalle superiori e presto si riaccendono, riuscendo a dare gambe alle proprie idee (un esempio: il 20% degli studenti gestisce imprese che hanno creato 800 posti di lavoro). Il direttore di quella scuola ha dichiarato al giornalista della Stampa che lo ha intervistato il 17 marzo: “Allievi a cui è stata pronosticata poca attitudine allo studio, per noi sono talenti; il nostro primo compito, al di là delle tante cose che facciamo per rispondere alle esigenze delle imprese, è riconsegnare ai ragazzi la voglia di intraprendere, di rischiare…; perché non sia il divano l’orizzonte unico delle loro giornate”. (http://www.sistemaits.it) Allora è vero l’effetto pigmalione! Se credi nei ragazzi e ti appassioni lavorando con loro, li vedi sbocciare! Ma cosa accade se hai deciso che non valgono nulla? Quante volte noi insegnanti, sconfitti dalla fatica, diciamo “I miei ragazzi sono spenti” oppure “che fatica, non cavo un ragno da un buco”. Ci dimentichiamo che il pensiero è molto potente, come il giudizio. Dovremmo aiutarci di più e chiederci l’un l’altro: “Cosa pensi di positivo di questi allievi? Vedi in loro un possibile talento?” Don Bosco diceva che ogni ragazzo ne ha almeno uno, di talenti. C’è molto da riflettere! In particolare noi della scuola dell’obbligo, che accompagniamo i ragazzi nel momento di maggior trasformazione, quale immagine riusciamo ad accendere (o spegnere ahimè!) in loro? Ci ricordiamo che il nostro sguardo potrà essere determinante nella direzione del loro futuro? L’altro giorno una ragazzina mi confi-

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UNA STORIA DI ANORESSIA E BULIMIA Intervista a Nadia Abellonio a cura di Anna Simonetti

Il 15 marzo scorso, in occasione della quinta giornata internazionale per la lotta ai disturbi alimentari, gli operatori del centro di Cuneo, che hanno in cura presso l’ex villa Santa Croce 170 pazienti, si sono resi disponibili per sensibilizzare il pubblico su bulimia e anoressia, malattie che colpiscono soprattutto donne, tra i 15 e i 18 anni, non solo procurando loro danni fisici e psichici, ma anche mettendo a rischio la vita. Pochi giorni prima, a Racconigi, in occasione dell’8 marzo, la nostra concittadina Nadia Abellonio, presentando il suo libro “1grammo di amore” sul dramma da lei vissuto per 27 anni, aveva lanciato un accorato appello per una migliore conoscenza dell’anoressia/ bulimia. Ho voluto incontrarla per sottolineare alcuni punti salienti della sua storia. Nadia, continua a presentare il suo grammo di amore? Sì, mi chiamano di continuo, c’è preoccupazione nei genitori. Lunedì sera ho avuto un incontro in una palestra di Racconigi, erano soprattutto mamme che chiedevano quali potessero essere le avvisaglie del malessere. Ho indicato tre luoghi da tenere d’occhio, magari con l’aiuto di chi li gestisce: i gabinetti di estetica per i massaggi, le palestre per ridurre il peso, le farmacie per diuretici e lassativi. Da qui dovrebbero partire segnali alle famiglie, non per una inopportuna ingerenza, ma perché a volte i genitori stentano a recepire i sintomi della malattia. Dopo questi incontri, mi hanno contattato i genitori di una ragazza a rischio di vita, pesa 34 chili! Un’altra ragazza spontaneamente è venuta ad abbracciarmi, ha pianto sulla mia spalla… Dopo qualche giorno, alla mamma che mi chiedeva consiglio circa un eventuale ricovero ospedaliero, ho spiegato, ricordando la mia esperienza, quanto sia sbagliato mettere insieme persone con questo stesso problema. Infatti, se durante la mia prima partecipazione ad una terapia di gruppo, che mi ha dato conto che la bulimia era una malattia e non solo un mio modo di essere, dopo i primi risultati positivi, minimi (in questa malattia “introdurre un pisello” è come mangiare un piatto di pastasciutta), se nel gruppo c’era chi aveva valori inferiori

ai miei, era a quelli che volevo arrivare, non a migliorare i miei: la bulimia è una malattia che va per emulazione ed è diabolica la mentalità che sviluppa nella persona malata… Ora sono in contatto giornaliero con lei e la sua mamma, non sarà ricoverata, l’aiuterò con la mia esperienza ma l’ho avvisata, dovrà essere sincera, niente bugie o finzioni se vuole guarire… il percorso sarà lungo e difficile. Da dove è nato il suo disturbo alimentare? Dai rapporti familiari. Il rapporto con papà, con mio fratello Roberto e quello con mia mamma che nella sofferenza mi è stata vicina, tantissimo soffrendo con me, ma non è riuscita a penetrare nel mio animo. I rapporti familiari sono un denominatore comune nell’anoressia/bulimia? Senz’altro, nasce tra le mura domestiche, dal rapporto sbagliato tra i componenti della famiglia. Oggi madre, do ai miei figli quello che non ho avuto io: sono cose semplici, il bacio prima di dormire è una inezia, ma per una bimba è un momento tutto suo con la mamma, col papà. I miei genitori mi hanno dato tanto, ma non quello di cui avevo bisogno e io non ho saputo chiederlo. Sono sicura che se tutta la famiglia, prendendo atto dei suoi sbagli, andasse in analisi, sarebbe più facile sconfiggere la malattia. La sua famiglia lo ha fatto? No, allora non era così facile accettare di farlo, ho avuto grandi luminari, ma nessuno mai li ha convocati, solo la dott.ssa Castelli lo ha preteso, e grazie a lei ho capito che i miei genitori, pur volendomi un amore infinito, avevano sbagliato ed io, ormai cresciuta, dovevo staccarmi e non chiedere più niente. Oggi abbiamo raggiunto un ottimo rapporto, ma abbiamo un comune rimpianto: avere perso 27 anni della nostra vita! Ha voluto dire il fatto che le artefici della sua guarigione fossero due donne? Sì, ha significato molto, una sen-

sibilità al femminile ha creato rapporti speciali… È quello che anche io ho percepito dal suo libro; quando le ha incontrate? Solo tre anni fa! Abbiamo impiegato poco per la guarigione, ormai ero predisposta. Ormai avevo trovato un equilibrio, malgrado avessi l’aspetto di una malata e non passava giorno in cui non stessi male. Il vomito era fisiologico ormai, ma convivevo con la malattia. Ci è voluto un anno di lavoro con la dott.ssa Castelli, poi ho incontrato la dott.ssa Oliveri e per tre mesi abbiamo messo in analisi il mio metabolismo, ho tenuto il diario delle reazioni ai singoli alimenti, e considerato che il mio intestino ormai da 27 anni non lavorava più, il mio corpo ha avuto reazioni terribili, dolori dappertutto, mal di testa terribili … Quale sarà il percorso delle ragazze che oggi si sono rivolte a lei? Partire dai rapporti familiari e per loro sarà più facile, perché le origini del disagio sono ancora recenti; io ho avuto difficoltà a ricostruire, attraverso ricordi ormai lontani, quello che era stato il rapporto con mio fratello. Un rapporto molto bello da ragazzini, cosa lo ha guastato? Intanto essere maschio e femmina e unica femmina nella famiglia paterna con un nonno che non ha mai avuto alcuna considerazione della donna. Mentre mio fratello d’estate andava dal nonno paterno, io sempre e solo dai nonni materni. Per lui si è scelta una scuola

speciale, per me no: io soffrivo di queste differenze, ma i miei non se ne sono accorti. Mio padre non ha accettato la mia malattia “così stupida”: avevo bisogno di amore, di empatia e invece venivo tacciata per una ragazza difficile. Mio fratello ha fatto peggio di tutti: giovane, intelligente, colto e con grandi capacità, mi definiva “la pazza che ha bisogno dello psicologo”. Mia madre, tra un padre che non accettava la malattia e un figlio che mi definiva pazza, finiva per pensare che le mie erano solo “paturnie”, e non ha potuto o saputo prendere posizione. Insomma, questa famiglia che tutti esaltano è il luogo dove nascono i problemi… i disagi? La famiglia va aiutata, l’amore è importante ed è fatto di cose piccole. Io mi massacravo per essere valutata quanto Roberto, a scuola avevo ottimi risultati, ma non erano considerati, eccellevo nelle attività sportive… davo sempre tanto, non dovevo mai fallire in nulla… perché l’anoressica è sempre la prima della classe, la prima in un gruppo, la prima in tutto quello che fa, è perfetta ma non è perfetta con se stessa. Ora, il mio scopo è lavorare con queste due dottoresse, fare uno sportello, magari due ore al mese, per parlare e indirizzare le malate presso i centri ospedalieri dove, con un modesto ticket, si può entrare in contatto con operatori di grande professionalità e umanità, in grado di indicare la strada “giusta”, ma lunga e a volte difficile da percorrere.


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Le storie di Mario... Na scudela ëd cafelàit di Mario Monasterolo

Le mezze stagioni, ognuna con il proprio profumo e i propri riti, arrivavano sempre puntuali, e così il 21 marzo insieme con la primavera, si presentavano le rondini: magari solo per il fatto che era San Benedetto e il loro arrivo era indispensabile per la rima. Nella loro attesa, si scrutavano gli orizzonti come neanche Cristoforo Colombo, stando attenti al fatto che una rondine non faceva mai primavera, come ammonivano anche le vignette sui primi libri di latino: hirundo una ver non facit. Oggi le rondini sono sempre meno, arrivano sempre in ritardo e nessuno se ne cura più: non sono avifauna per birdwatchers! Quando si seminava meno granturco e le mucche venivano ancora portate

al pascolo, finite le ultime case del paese si estendevano i prati dove, a fine febbraio - inizio marzo, le mamme seguite dai figli (propri e non) si recavano a raccogliere girasoli teneri per economiche insalate serali con uovo sodo e fisca d’aj. Intanto i ragazzini raccoglievano violette lungo le rive dei canali di irrigazione ombreggiati dai salici, le cui foglie piacevano molto ai conigli e dai cui rami si ottenevano i gorìn per i lavori dell’orto. Non si dovevano invece raccogliere i ranuncoli, molto belli nel loro giallo splendente, ma che avevano quella capacità misteriosa ‘d fè croè l’onge. In realtà il ranuncolo (l’erba scellerata di Apuleio) se ingerito, può fare ben di peggio e quella minaccia vale-

va più di qualunque citazione di classici latini. Guardare ma non toccare era infatti una delle massime che si insegnavano per prime. Accanto a quella per cui la puntualità è il fiore dell’educazione, come ripeteva sempre il teologo Saglietti, priore di San Giovanni. Si vede che quelle “mezze” erano stagioni educate. I confini tra le case rurali di periferia erano perlopiù segnati da semplici recinzioni di rete; e su queste si arrampicavano i luvertin, ottimi per le frittate. La sera, la cena consisteva spesso, oltre che d’un’insalata o della panada, di una minestra ëd ris al làit o di una scudela ‘d cafeleit, la supa con il pane e più raramente i biscotti, soprattutto quelli fiordilatte che diventavano paciarin-a, o della salu-

te, che scrocchiavano al morso. Così, mentre Gianni Morandi cantava il mondo delle latterie, alle cinque esatte e con qualunque tempo nòna Neta ci aspettava alla cascina dei Gay, appena fuori paese, e ci riempiva il barachin di latte munto di fresco e con tanta schiuma. Per arrivarci, si percorreva la viëtta longa con la cascinotta dove Cecu Glòria teneva degli asini: lì si “ripassava” sul campo la differenza tra l’asino, il mulo ed il bardotto, già appresa sul Sussidiario e rafforzata dalla consultazione dell’enciclopedia Conoscere, che si comprava a dispense.

Sul testamento biologico

Guardando la profondità dell'Universo provo sempre un profondo sgomento. Quel buio infinito che si specchia nel cuore m'impone interrogativi, che da secoli l'uomo si pone, senza darmi giustificazioni attendibili per stare tranquillo ed accettare la morte come un evento della mia esistenza. Sono in tanti ad avere diverse "fedi" che propinano risposte divine di paradisi celesti. Dio – secondo Margherita Hack – sarebbe un’ipotesi non necessaria, non soddisfacente dal punto di vista scientifico, inventata dall’uomo per vincere la paura della morte e per dare un senso all’immensità dell’universo che lo circonda. Ma una "fede religiosa", qualsiasi essa sia, non si limita solo a tranquillizzare. Sul detto di Tertulliano "credo quia absurdum", i religiosi, sono diventati nei secoli, potenti e altrettanto prepotenti da dettare "le varie leggi di Dio" ed uccidere tutti quelli che non la condividevano e non la condividono. Non sto ad elencare le persone uccise per il loro "pensiero libero", le guerre, gli schiavi, ... ma sulla questione "donne" oggi non possiamo far finta di niente. Religioni patriarcali hanno costruito una discriminazione mondiale ignobile e tale da provocare migliaia di donnicidio. Solo in

Italia nel 2016 sono state vittime di femminicidio 115 donne. Stessa analisi si può fare sulle vittime "omosessuali". Purtroppo non vediamo i cosiddetti "movimenti per la vita" darsi da fare con petizioni che pretendano, nelle loro religioni, gli stessi diritti per le donne e per i "diversi". Ma tornando al "testamento biologico", chi vuole impedire di scegliere di morire ad un uomo, che non ha più speranze per il futuro se non la sofferenza, è quasi sempre chi ha scelto una fede religiosa. Per i cattolici, ad esempio, la sofferenza sarebbe un aspetto centrale. La passione di Cristo ha salvato l’umanità, con la sofferenza dei fedeli salveranno loro stessi. Ma i cattolici non escludono il ricorso alla pena di morte (art. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica), dimenticando: "A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra" di Gesù. La morte come pena sì, la morte come sollievo dalla sofferenza no?

L'articolo 32 della Costituzione italiana dichiara: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Tuttavia in Italia viene disatteso anche questo principio, guardando agl'elettori cattolici e non all'etica e all'intelligenza, producendo il fenomeno dell’eutanasia clandestina o per chi ha i soldi andando ad attuarla all'estero. Sappiano, quelli che hanno la "fede", che opponendosi con tutte le forze alla volontà dell’uomo malato, non rispettano la dignità di quell’uomo, non lo rispettano come uomo, non lo amano e gli vogliono imporre, con la loro indifferenza, la loro fede. I laici non farebbero mai questo, non li obbligherebbero mai a seguire le proprie scelte di vita, poiché i laici credono nella libertà dell’individuo, e rispettano per prima cosa la sua volontà.

Invece delle numerose lamentele per la pedonalizzazione dei centri storici ecco come un com-

merciante di Torino si è inventato una interessante soluzione al problema: da imitare!!!

Imporre a tutti le proprie convinzioni, giuste o sbagliate che siano, è sempre un esempio prepotente del più forte e non del rispettare le diversità, diventando la scusa (del più forte) per causare guerre con lo scopo, in fondo, di depredare le risorse degli altri. Oggi consiglio di essere cauti con le petizioni, prima occorre guardare il "trave" che si ha nel proprio occhio e curarlo, non basta chiedere scusa o "lo stesso stipendio". Il saggio Norberto Bobbio scriveva: «La speranza è una virtù teologica. Quando Kant afferma che uno dei tre grandi problemi della filosofia è "che cosa debbo sperare", si riferisce con questa domanda al problema religioso. Le virtù del laico sono altre: il rigore critico, il dubbio metodico, la moderazione, il non prevaricare, la tolleranza, il rispetto delle idee altrui, virtù mondane e CIVILI.». Franco Luigi Carena 04.03.2017


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utti co rare allaloro che vorran moria c ricostruzione no collaboinviare ollettiva sul Ne di una mead esserfoto, racconti o uro potranno le esper e contattati pe disponibilità familiarienze proprie or raccontare Antone i ai referenti: dei propri (cell. 34lla Marello m.anton72714454 - e-m e a Anna Mlla60@gmail.c il: RICORDI DELL’OSPEDALE NEUROPSICHIATRICO … o a r ia Olivero m (cell. 34 8 2 8 2 COME INFERMIERA 0 15 am.olive ro54@g 1 - e-mail: Testimonianza di B.B. ex infermiera, raccolta da Marello Antonella mail.com ) Sono stata un’infermiera dell’ex mattino, pomeriggio e notte, poi nel Con una paziente ho instaurato fin da O.N.P. per oltre 15 anni e, precisa- corso degli anni si è dato più “stacco” subito un rapporto di fiducia, trasformente, dal 1 ottobre 1966 al 31 mar- tra la notte ed il turno seguente. mato poi in amicizia, al di fuori della zo 1981. Io ero nella lettera “A”, cioè si turna- struttura ospedaliera, dove è rimasta Sono stata contenta che mi sia stato va settimanalmente in base alla let- solo per alcuni mesi. richiesto di scrivere qualche pensiero tera di appartenenza; nei vari reparti Un altro ricordo, riferito alla metà sulla mia vita lavorativa, ormai di- erano presenti le suore del Cottolen- degli anni ’70 e durante il periodo stante nel tempo, ma ricca di ricordi, go, alcune molto amorevoli e premu- natalizio, quando, con l’autorizzasempre vivi. rose verso i degenti, altre severe ed zione del Direttore ed accompagnata Innanzitutto sono entrata a far parte esigenti. da una collega suora, invitavo alcune della grande famiglia delle infermie- Il mio primo reparto in cui ho lavora- malate a casa mia per un caffè, ma sore dopo aver superato un concorso to è stato il Morselli; le malate erano prattutto mi faceva piacere che uscis(scritto e orale) a Cuneo e, vi assicu- 98 (se non ricordo male), suddivise in sero, anche solo per poche ore, dal Foto Mario Solavaggione ro non è stata una passeggiata, così allettate, semiautonome e solo poche loro mondo ed entrassero nella realtà. come non lo sono stati i primi mesi erano autosufficienti che, diventava- Ripensandoci bene sono stati anni verso chi è stato “castigato” dalla di lavoro: i turni erano suddivisi in no aiuto prezioso per il personale. che mi hanno arricchito di umanità, vita.

RACCONTAMI IL NEURO

Storie e testimonianze da chi lo ha vissuto

Testimonianza di A.P. ex infermiera, raccolta da Marello Antonella

Ho iniziato a lavorare al Neuro il 16 settembre 1970 dopo aver superato il concorso indetto della Provincia. Dei primi giorni ricordo di aver avuto un’impressione decisamente migliore rispetto alle aspettative, se non per quell’unico bicchiere di lat-

ta appeso ad una catena in cortile a disposizione di tutti i pazienti… Un altro particolare che mi aveva colpito era vedere tante donne girovagare senza far nulla per il cortile, mentre quelle che sembravano star meglio erano occupate in attività di

lavanderia, cucina e cucito. Nell’ospedale stavano già prendendo forma i primi cambiamenti per rendere la vita dei pazienti più dignitosa, di lì a poco tempo infatti sarebbe stato aperto un piccolo bar nel giardino a cui i pazienti a piccoli

gruppi sarebbero stati accompagnati. Ho lavorato al Neuro per 30 anni e di questi piccoli e grandi cambiamenti ne ho visti tanti…

MA LEI PARLA CON I MALATI? Testimonianza di A.D., ex infermiere

Lavoro al Neuro da pochi giorni e oggi, ad inizio turno, al momento dell’appello del sorvegliante, vengo inviato in servizio al reparto di lungodegenza Morselli. Nell’ambito dell’organizzazione interna al reparto poi, il caposezione mi demanda alla sorveglianza in soggiorno, incarico che consiste nel trascorrere, con gli utenti, le ore che intercorrono fra un pasto e l’altro. Tocco con mano, ahimè, che si tratta di vera e propria sorveglianza, fatta su un gruppo di 40 - 50 pazienti che stazionano in un salone, chi seduto/sdraiato sulle panche affisse ai muri, chi su una sedia, chi rannicchiato per terra, chi infine, passeggiando ininterrottamente su e giù per lo stanzone. Tantissimi fumano: pochi le sigarette (consegnate al mattino dalla suora), la maggior parte tabacco recuperato quasi sempre dalle cicche gettate a terra dai più fortunati e immediatamente arrotolato in carta di giornale! L’impressione è di tante - troppe persone costrette a stare assieme, ognuno chiuso nel proprio mondo, fatto di silenzio, pensieri, deliri. Oltre alla sorveglianza, e quindi far sì che “tutto sia tranquillo”, è compito dell’infermiere aprire la porta che dà accesso al parco del Neuro, per permettere di andare a passeggiare nel giardino a chi ne ha il permesso, facendo altresì attenzione a non lasciare uscire quelli che, per svariati motivi, questo permesso non l’hanno fin qui avuto: per loro,

c’è un cortiletto interno al reparto. Fortunatamente, con il trascorrere degli anni poi, quasi tutti i pazienti saranno autorizzati ad uscire autonomamente a passeggio, almeno nel parco. L’altra incombenza dell’infermiere è di provvedere, al bisogno, al cambio degli indumenti ai pazienti incontinenti ed al momento prestabilito, alla somministrazione della terapia. In questo quadro di tristezza e per me di estrema confusione (non conosco neppure il nome di una di queste persone…), improvvisa-

Foto Mario Solavaggione

mente, in fondo del salone, fra tanti volti sconosciuti, ne vedo uno che mi sorride: è G. che ho avuto occasione di conoscere alcuni anni fa, in una particolare occasione. A questo punto è necessario spiegare perché e come ho conosciuto G. Negli anni ’68 - ’70, siamo un gruppo di amici che, fra le altre cose, giocano a pallavolo. Non ho mai saputo il perché, ma qualcuno del nostro gruppo aveva ottenuto il permesso, al sabato pomeriggio, di entrare al Neuro (istituzione al tempo ancora molto “chiusa”) e accompagnare in Racconigi un ri-

stretto numero di ospiti (7 – 8), per portarli con noi a giocare a pallavolo nella palestra ex Gil. La pallavolo era il motivo dell’uscita; ben più gratificante della partita era però per “loro”, prima del rientro, la tappa d’obbligo da Falco: un caffè, una bibita, a volte anche un furtivo mezzo bicchiere di vino, prima dei saluti e dell’arrivederci al sabato successivo. Ecco il motivo della mia conoscenza di G. che, detto fra di noi, al momento del mio “ritrovamento” era un arzillo ottantenne, che fino a pochi anni prima veniva a giocare a pallavolo… Torniamo al Morselli: un cordiale saluto fra persone che si conoscono e si ritrovano dopo un certo tempo e che cominciano immediatamente a parlare di ricordi comuni. Alzo lo sguardo: c’è la suora del reparto (è la prima volta che mi vede, forse sarà l’aspetto di un ragazzo di 22 anni . . . ) ma tant’è - notato il colloquio - mi fa immediatamente cenno che deve parlarmi; saluto G. (tanto ci rivedremo ancora altre volte!) e vado da lei. La frase con cui mi accoglie mi lascia a dir poco stupefatto, sicuramente molto più confuso di prima: “Ma lei parla con i malati?”… Sono passati tanti anni da quel giorno (quasi 45), 35 dei quali trascorsi al “Neuro”; ripensando all’episodio ho più volte cercato, ma fin qui mai trovato appieno, giustificazioni alla domanda!


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Città di Racconigi

XXV APRILE – ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE LUNEDI’ 24 APRILE 2017 Ore 20,30 Chiesa di San Giovanni Battista Celebrazione della S. Messa in memoria delle Vittime della dittatura fascista e di tutte le guerre. Ore 21,30 - con partenza da Piazza S. Giovanni Corteo con fiaccolata lungo le vie cittadine; in Piazza Carlo Alberto deposizione della Corona d’alloro di fronte alle lapidi dei Caduti. Ore 22,00 in Piazza Vittorio Emanuele II Saluto del Sindaco e Commemorazione Ufficiale tenuta dall’Onorevole Mino Taricco. Alla celebrazione prenderanno parte la Banda Musicale di Racconigi e la Corale “Le Verne – Giuseppe Milano”.

CUNEO 25 Aprile 2017

TANGO PER LA LIBERAZIONE Una Staffetta Tanguera avrà luogo nel cuore di Cuneo in occasione della giornata della Liberazione. Il ricordo va agli italiani che scesero in piazza, felici e finalmente liberi, a festeggiare anche ballando, la fine dell’oppressione e così faranno, i ballerini, percorrendo le strade della città al ritmo della musica del Tango. La staffetta, simbolo di libertà e memoria storica di ogni paese, vedrà la partecipazione di gruppi tangueri che si alterneranno “passandosi il testimone”. L’inizio della manifestazione è previsto alle ore 16, Milonga finale in Piazza Virginio a partire dalle 19 e terminerà intorno alle ore 21. I ballerini sono pregati di presentarsi al punto di partenza dalle ore 15, con l’obiettivo di assicurare un sereno svolgimento dell’evento. La quota di partecipazione è di € 2 JUNTOS SOMOS MAS, PROMOCUNEO, ANPI, IL PATROCINIO DEL COMUNE DI CUNEO

Cin

Cinema LA BELLA E LA BESTIA di Cecilia Siccardi

Lib

Libri a cura di Barbara Negro

Il protagonista del romanzo Cal/ Calliope Stephanides, affetto da una rara forma di ermafroditismo, narra l’epica saga della propria famiglia che ha inizio negli anni ’20 in Grecia, fino alla metà degli anni ’70 negli Stati Uniti. Il filo conduttore del romanzo biografico-famigliare

In un piccolo villaggio della Francia del Settecento, a Belle, giovane e bella ragazza con una spiccata passione per la lettura, la vita di provincia va sempre più stretta. La svolta arriverà quando, per salvare il padre, inizierà a vivere in un castello stregato, popolato da oggetti parlanti e, soprattutto, dalla temibile Bestia. Il vero amore, però, si trova nel cuore e sa andare al di là delle apparenze. Adattamento cinematografico

dell’omonimo classico Disney del 1991, La bella e la Bestia è uscito il 16 marzo nelle sale italiane, riscuotendo un buon successo di pubblico. Emma Watson veste i panni della protagonista, sorretta da un cast a dir poco stellare, che comprende attori Ewan McGregor, Ian McKellen ed Emma Thompson. Molto fedele all’originale, il film riesce a trasmettere la stessa magia: consigliato agli appassionati del genere.

è un gene misterioso e dispettoso che, come un peccato originale, segnerà tre generazioni per poi completarsi nell’eccentrica e ambigua sessualità di Cal: nata e cresciuta come una bambina, durante i giorni dell’adolescenza subirà la ribellione del proprio corpo, da cui emergerà la finora celata, ma ormai predominante, parte maschile: «Sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960, in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell'agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan». La cronistoria inizia nel lontano 1922 con la fuga in America degli allora giovani nonni da un piccolo paese greco in fiamme, depredato dai Turchi nel pieno della caduta dell’impero ottomano. L’arrivo sulla costa est degli Stati

Uniti segna un nuovo inizio per la famiglia Stephanides che, per-duta la propria identità, potrà reinventarsi, abbandonando solo apparentemente il segreto incestuoso che li perseguita. L’odissea continua a Detroit negli anni del Proibizionismo, dove le difficoltà dell’emigrazione s’intrecciano con la ricerca quotidiana di un’agognata integrazione sociale, marcata allo stesso tempo dallo sforzo di mantenere ben salde le proprie radici. Attraverso le generazioni, il racconto delle vi-cissitudini della famiglia di migranti affascina e trascina il lettore in un viaggio nel tempo intriso di emozioni e desideri contrastanti. Vincitore del premio Pulitzer per la narrativa 2003, Middlesex è un mito contemporaneo, potente e evocativo.

Jeffrey Eugenides “Middlesex” 2002, pp. 612, € 18.00 Edizioni Mondadori


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Musica TESTA GIANMARIA

EN STUDIO

di cose: nove dischi – Montgolfières (1995), Extra-Muros (1996), Lampo (1999), Il valzer di un giorno (2000), Altre Latitudini (2003), Da questa parte del mare (2006), il live “SOLO – dal vivo” (2009), Vitamia (2011) e l’ultimo il live Men at work (2013)-, più di 3000 concerti in Francia, Italia, Germania, Austria, Belgio, Canada, Stati Uniti, Portogallo, quattro serate tutte esaurite all’Olympia e una lunga teoria di articoli omaggianti sui principali gior-

di Giuseppe Cavaglieri

Nato a pochi chilometri da qui, a Cavallermaggiore, ci è voluta la Francia per scoprirlo. Da quando inviò al Festival di Recanati la sua cassetta registrata chitarra e voce, vincendone il primo premio una prima volta nel ’93 e poi di nuovo nel ’94, sono successe un bel po’

nali (“Le Monde” in testa). Il 30 marzo è passato un anno dalla scomparsa di Gianmaria Testa, ma la sua poesia, la sua musica, il suo essere stato un uomo diritto continuano per fortuna a riscaldare il cuore di tanti. Molti sono stati in questo anno gli incontri sulla sua figura di uomo, musicista, poeta e scrittore, molte le presentazioni del suo libro “Da questa parte del mare” (Einaudi), uscito postumo il 19 aprile 2016. Ed è così che, quasi a chiudere un cerchio, il 24 marzo è uscita la sua opera completa racchiusa in due cofanetti, uno dedicato ai dischi realizzati in studio e l’altro dedicato ai dischi live, 11 cd in tutto che percorrono 20 anni di canzoni e di carriera senza mai cadute o compromessi al mercato. I suoi sette album in studio insieme, in questo caso riflettono un lavoro denso, ar-

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monico, sensibile, delicato, sempre ispirato, che si dimostra anche prezioso come l’aria pulita e la limpidezza dell’acqua. Particolarmente importante la presenza di due album che mancavano da tempo, Montgolfieres e Extramuros. Splendido anche il cofanetto "live" nel quale Gianmaria Testa riesce a trasmettere tutta la magia, l'intensità e la poesia della sua musica e dei grandi musicisti che l'hanno ispirato.

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009 Direttore responsabile Miriam Corgiat Mecio Redazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Alessia Cerchia, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Francesca Galante, Marco Capello, Anna Maria Olivero, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Cecilia Siccardi, Pino Tebano, Luciano Fico, Grazia Liprandi, Barbara Negro Sede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti contatti@insonniaracconigi.it Conto corrente postale n° 000003828255 Stampa Tipolitografia La Grafica Nuova - Via Somalia, 108/32, 10127 Torino Tiratura 2000 copie

Tutto questo a livello nazionale ma il livello locale? È forse di altra natura la realtà vicina? Certamente la vita sociale nelle grandi città ed in quelle di medie dimensioni ha spesso aspetti diversi ,ed anche la politica locale non ha quegli “accenti” che si possono notare a livello nazionale; la dimensione del gruppo sociale crea le differenze. Del locale, allora, cogliamo solo alcuni aspetti, spesso contraddittori: crolla il Neuro ma cresce la solidarietà verso i migranti, il paese straripa di auto dentro e fuori gli spazi di parcheggio ma andiamo verso l’approvazione del testamento biologico, rinasce la sala SOMS ma non abbattiamo le barriere architettoniche, siamo bravi nella raccolta differenziata, ma in assenza dei codici personalizzati buttiamo cartacce e cicche ovunque… Andiamo allora a votare comunque, sperando nel meglio! Nel locale, in assenza di un serio giornalismo d’inchiesta – e noi facciamo quanto ci è possibile - è difficile trattare notizie complesse senza scivolare nella chiacchiera da mercato, senza che il tutto venga considerato come un pettegolezzo o come un risentimento verso qualcuno. Tutto diventa troppo personale da noi. Lungi dal voler fare in questa occasione una proposta organica, o dal voler proporre una soluzione, chiediamo a voi e a noi stessi solo di riflettere: dunque guardiamoci dentro e sforziamoci di comprendere, prima di mollare.

Book Crossing

AVVERTENZA

Un nostro lettore ci segnala che ci sono state persone che hanno sottratto dal Book Crossing TUTTI i libri che qualche altra anima buona aveva donato per questa iniziativa che va avanti da alcuni anni. Consigliamo a coloro che vogliono regalare i loro libri all’iniziativa del Book Crossing di farlo scaglionando la donazione nel tempo mettendo i libri a quattro o cinque per volta anziché tutti in unica soluzione. Questo modo di distribuire i libri nel tempo disincentiva coloro che intendessero appropriarsi dei libri per scopi diversi dalla lettura poiché si renderebbero conto che questo furto non è per nulla redditizio.

2017

entro dicembre 2017

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