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I Vigili del Fuoco di Cuneo
I VIGILI del FUOCO,
dediti alle emergenze con cuore e mezzi d'avanguardia.
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Il comandante Bennardo: «La prevenzione. L’arma più efficace contro incidenti e catastrofi»
Se si parla di Vigili del Fuoco, si pensa subito al corpo di soccorso dedicato a risolvere il problema degli incendi, e non è certo sbagliato, ma resta comunque riduttivo. Perché il corpo nazionale si occupa delle emergenze a 360 gradi, con personale specializzato e strumentazioni di altissimo livello tecnologico, capaci di gestire un'emergenza con tutti i problemi logistici e comunicativi che può comportare, direttamente sul posto. Per conoscere questa realtà siamo andati a visitare il Comando Provinciale di Cuneo che si occupa delle emergenze in tutta la Provincia Granda, un grande sforzo vista l'estensione del territorio. Anche per questo nel suo insieme il Comando dispone di un numero ingente di addetti: 265 complessivamente i permanenti in tutta l'area, divisi fra Cuneo e i distaccamenti territoriali, ovvero Alba, Saluzzo e Mondovì, cui si affianca anche Levaldigi,
il gruppo che gestisce la sicurezza all'interno dell'aeroporto ma che può effettuare anche servizi fuori quando questo è chiuso (nelle ore notturne), a loro si affiancano anche 400 volontari in tutta la provincia, si tratta di persone addestrate di supporto ai vigili permanenti, che svolgono questa attività al di fuori del loro lavoro. Sul territorio provinciale sono 17 i gruppi di volontari. Una forza importante che si deve occupare di ogni tipo di emergenza, non certo solo degli incendi. Anche per questo dispone di strumentazioni e mezzi tecnici altamente avanzati, capaci di facilitare notevolmente il lavoro già difficile dei vigili. Fra i mezzi disponibili merita certamente una menzione particolare il Posto di comando avanzato, un veicolo in grado di diventare il centro delle operazioni di soccorso sul posto. Infatti è dotato di connessioni a tutte le reti disponibili, alle onde radio di tutte le frequenze, in modo tale da coordinare uomini e mezzi direttamente nell'area di intervento. In questo modo può gestire tutte le operazioni e mettere in collegamento gli operatori intervenuti, con la disponibilità di strumentazioni informatiche di altissimo livello. Un vero gioiello che accentrando al suo interno la gestione di un'emergenza locale, anche acuta, permette al centro provinciale di continuare a gestire l'ordinaria amministrazione, o comunque di essere alleggerito di una gran mole di chiamate di soccorso. Infatti in caso di emergenze, come si può ben immaginare, il numero delle richieste di aiuto aumenta in maniera esponenziale e la migliore gestione delle chiamate permette agli operatori di effettuare i soccorsi nel


Ing. Vincenzo Bennardo, comandante del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Cuneo
miglior modo, con le giuste priorità. Un altro mezzo particolarmente importante, che in questi giorni rischia di diventare molto utile, è quello a disposizione del Nucleo Nbcr (NucleareBiologico- Chimico-Radiologico). Il giorno della nostra visita alla caserma i vigili stavano effettuando uno speciale addestramento con questo veicolo perché potenzialmente può essere utilizzato in caso di emergenza legata al Coronavirus. Infatti dispone di sofisticate attrezzature per il contenimento da pericoli biologici, come le malattie, o legati a radiazioni o sostanze chimiche pericolose. Gli operatori sono addestrati per l'utilizzo di tute speciali di biocontenimento e strumentazioni necessarie per l'isolamento delle persone in pericolo esposte ad agenti pericolosi. L'automezzo dispone di tutte le tecnologie d'avanguardia per agire in simili contesti così come gli uomini e le donne presenti delle capacità e conoscenze per utilizzarli. Non solo, il Comando dispone anche di un piccolo rimorchio in grado, nella zona dell'emergenza, di creare le condizioni per il contenimento di agenti pericolosi, e per il supporto al lavoro di soccorso dunque un'unità mobile specializzata per affrontare realmente qualsiasi tipo di pericolo possa presentarsi di fronte ai vigili. Non è certo una novità per loro, visto che fin dalle emergenze nucleari dei decenni passati, come quella di Černobyl, sono proprio i Vigili del fuoco a occuparsi della verifica del grado di radioattività presente nell'atmosfera. Ovviamente in caso di crisi, queste misurazioni sono molto frequenti, ma vengono effettuate, una volta la settimana, anche in condizioni di calma. Al Comando di Cuneo i dati sono prelevati ogni giovedì. All'interno del cortile della caserma c'è anche una speciale antenna di misurazione permanente per questo scopo. Non va dimenticato che gli operatori si dividono anche in Nucleo investigativo antincendio (Nia), organo di polizia giudiziaria che si occupa delle indagini sulle cause degli incendi. Il nucleo sommozzatori per le emergenze derivanti dall’elemento acqua. Il nucleo speleo-alpino fluviale per il soccorso in ambito fluviale e alluvionale, che purtroppo sui nostri territori di tanto in tanto risulta necessario. Il nucleo cinofili per interventi di ricerca di ogni genere con l’ausilio di cani. Il Nucleo Tas si occupa di rendere fruibili i dati cartografici. Gli aeroportuali lavorano per la sicurezza degli aeroporti e in provincia sono a Levaldigi. I radioriparatori che si dedicano al corretto funzionamento delle apparecchiature di comunicazione. A gestire le chiamate d’aiuto è la sala operativa con le sue postazioni, che gestisce la classificazione del tipo di intervento e indirizza alla soluzione. In caso di situazione critica si aggiunge una sala di emergenza con altre postazioni e nel caso anche una sala Crisi. Attualmente al Comando di Cuneo questi tre spazi sono suddivisi su piani diversi, ma sono in corso dei lavori che porteranno nell’arco di un paio di mesi circa ad avere queste tre aree affiancate, per un coordinamento più efficiente delle situazioni di soccorso. Per quanto riguarda gli interventi effettuati a partire dall’inizio del 2020, sono stati 1.536 di cui 1.140 sinistri. In maggior numero al momento per incendi (484),
poi incidenti stradali (232), soccorsi e salvataggi (200). Nel corso di un anno si superano di solito i 10.000 interventi, il numero varia anche a seconda del numero di grandi emergenze, poiché in quelle occasioni purtroppo si possono anche avere 200 interventi al giorno. Abbiamo chiesto al comandante, l'ing. Vincenzo Bennardo che guida i Vigili del Fuoco in Provincia di Cuneo alcune informazioni sull'attività svolta sul territorio. Quali sono gli interventi più frequenti da parte vostra? «Gli incidenti stradali. Si tratta di un tipo di intervento per noi piuttosto frequente, purtroppo. La Provincia di Cuneo non è percorsa da una fitta rete di autostrade, ma sono ben tremila i chilometri delle strade provinciali. Insomma un tracciato piuttosto esteso, lungo il quale si verificano numerosi incidenti, anche di una certa gravità. Purtroppo è un problema presente sul territorio ormai da diversi anni. Inoltre interveniamo spesso anche per gli incendi boschivi. Sotto questo aspetto recentemente ci siamo potenziati visto che come Vigili del Fuoco abbiamo assorbito le guardie forestali che gestivano i mezzi aerei per la soppressione di questi focolai. In questo senso è nata una figura molto specializzata, quella del Dos, ovvero il Direttore delle operazioni di spegnimento, che coordina gli interventi aerei con le squadre presenti a terra. Anche attraverso la mappatura e perimetrazione dei focolai di incendio riusciamo a essere molto efficienti nei nostri interventi». Vi occupate di tanti tipi di interventi d'emergenza, ma non vi limitate al solo lavoro nel corso di una crisi, piccola o grande che sia. In che modo portate avanti il discorso della prevenzione? «La prevenzione è importantissima e noi promuoviamo incontri a tutti i livelli per far crescere la cultura della sicurezza. Partecipiamo a incontri con le associazioni di categoria, convegni. Proponiamo anche eventi popolari capaci di coinvolgere i più piccoli, qui a Cuneo per esempio organizziamo Pompieropoli, grazie al prezioso supporto dell'Associazione dei Vigili del Fuoco in congedo. Nel corso di questa manifestazione organizziamo animazione e giochi che possono attirare l'attenzione dei bambini, con simulazioni di situazioni d'emergenza e percorsi divertenti di addestramento. Alla fine ci sono anche gli attestati da mini pompiere. In questo modo contiamo di diffondere nelle famiglie la cultura delle prevenzione e della sicurezza, che è veramente molto importante. Per le aziende può essere realmente fondamentale. In caso di incendi o qualsiasi altro incidente, conta che non ci siano vittime, ma anche il contenimento dei danni. È vero che i beni delle aziende sono tutti assicurati e che dunque un incidente è superabile economicamente grazie ai risarcimenti, ma nel mondo d'oggi in cui si compete globalmente con tutto il mondo, restare fuori dal mercato troppo a lungo potrebbe comportare la fine della propria attività. La produzione non può fermarsi per tempi troppo prolungati, altrimenti si rischia di non riuscire più a riconquistare le posizioni di prima sul mercato,
Dall'alto al basso:


Bellino: incendio vegetazione
Melle: ricerca e soccorso persona
Cardè: evacuazione abitanti
Macra: soccorso persona

magari superati da altri concorrenti. Per questo sostengo che quello in prevenzione e sicurezza del lavoro è uno degli investimenti più importanti che un'azienda possa fare. Noi cerchiamo di diffondere il più possibile questa mentalità». Ritenete che ci siano stati risultati sotto questo punto di vista? «Sì. La cultura della sicurezza si è diffusa notevolmente nel corso dei decenni, e il modo di vedere le cose è variato. Vero anche che è cambiata la società, le nostre abitudini e gli strumenti che utilizziamo nella vita di tutti i giorni anche in casa. Alla fine degli anni '60 a Torino c'erano cinque squadre che si occupavano degli incendi nei camini (ovvero delle canne fumarie). Ora questo tipo di interventi si fa raramente, le chiamate di questo tipo sono per lo più falsi allarmi o comunque gli interventi si risolvono facilmente. I piccoli incidenti sono meno pericolosi e producono solitamente danni contenuti. Questo grazie anche ai controlli che si fanno sempre più spesso sulle caldaie, le canne fumarie, in generale sugli impianti domestici. In compenso le nostre case sono diventate sempre più complesse, dotate di congegni elettronici e anche materiali che prima nelle abitazioni non si trovavano. In generale solo il 30% dei nostri interventi è correlato con il fuoco, il resto denominato “Soccorso tecnico urgente” riguarda tutti gli altri generi di emergenze. Le nostre funzioni sono cambiate nel corso degli anni, si sono ampliate e diversificate. Anche la legislazione, che in Italia è molto prudente e restrittiva in termini di sicurezza e precauzioni, ha fatto crescere la sensibilità nelle aziende e questo ha ridotto le situazioni di rischio anche solo, per esempio, rispetto ai nostri cugini francesi. A livello europeo in Italia abbiamo il numero più basso di morti in presenza di incendi. Inoltre e parlo a livello nazionale, siamo un corpo capace di rispondere alle emergenze in maniera veloce e efficiente. Abbiamo mezzi tecnici e competenze che ci permettono di offrire una risposta celere e il supporto immediato praticamente da tutta Italia. Nei vigili del fuoco ci sono tecnici specializzati di prim'ordine e grazie a queste competenze siamo veloci nella lettura delle situazioni e nella risposta. Ad esempio il terremoto a L'Aquila è avvenuto alle tre di notte e subito c'è stata la prima risposta, ci sono volute poche ore per far arrivare sul posto squadre provenienti da tutta Italia per prestare i primi soccorsi. Poi magari anche noi abbiamo i nostri piccoli problemi con la burocrazia, ma per fortuna questo non avviene nella risposta alle emergenze». È un impegno, quello dei Vigili del fuoco che inevitabilmente crea legami fra soccorritori e persone colpite dalle catastrofi ed è capace di lasciare spazio a storie tristi, ma anche a lieto fine. Come per esempio quella semplicemente narrata da una maglietta incorniciata a una parete del comando provinciale con una scritta in grande evidenza che recita “Bentornata Eleonora” e sotto la risposta con pennarello nero: “Grazie di cuore!” È dedicata a una ragazza salvata dalla Casa dello Studente durante quel fatidico terremoto a L'Aquila nel 2009.
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Giovanni Monchiero, Commissario straordinario all'Ospedale di Verduno per l'emergenza Coronavirus
Su questo numero di Terra & Tradizione proponiamo un'intervista a Giovanni Monchiero, esperto amministratore in campo sanitario che ha vantato molte esperienze nella sua carriera per quanto riguarda la gestione delle aziende della sanità in Piemonte e che nelle settimane del lock down è tornato a ricorpire un ruolo delicato in quanto commissario straordinario per la gestione dell'Ospedale di Verduno dedicato alla cura dei malati di Covid-19 da tutto il Piemonte. Ora ricopre un ruolo di primo piano nella riorganizzazione della sanità piamontese alla luce dell'emergenza che sta entrando nella fase due. Giovanni Monchiero è nato a Canale e ha diretto con alcune interruzioni l'Asl di Alba e Bra, fra il 1991 e il 2012. Nei quattro anni fra il 2002
e il 2006 è stato chiamato a dirigere l'azienda ospedaliera San Giovanni Battista di Torino, nota a tutti come Ospedale Molinette. Nel 2013 si è candidato alla Camera dei Deputati nelle liste di Scelta civica, diventando deputato. Nel 2015 è anche diventato capogruppo di Scelta civica alla Camera dei Deputati. La sua esperienza in Parlamento si è conclusa in quella legislatura, dopo essere diventato capogruppo della formazione “Civici e innovatori”. Con l'arrivo dell'emergenza Sanitaria legata al Coronavirus è stato chiamato dalla Giunta regionale del Piemonte a guidare, come Commissario straordinario, la gestione dell'ospedale di Verduno come Ospedale dedicato alla cura del nuovo virus, almeno nella fase più acuta. Il suo incarico si è esaurito alla fine di aprile e subito, sempre dal Governo regionale, gli è stato affidato un altro compito importante: la presidenza di un gruppo di lavoro di esperti a supporto dell'Assessorato alla Sanità per valutare e formulare proposte finalizzate al miglioramento dell'assistenza ospedaliera. Si tratta, sul fronte ospedaliero, dell’identica operazione per la riorganizzazione della medicina territoriale e affidata, in quel caso, al gruppo di lavoro del professor Ferruccio Fazio. Alla luce di queste esperienze gli abbiamo chiesto alcune valutazioni sulla situazione di emergenza che abbiamo appena vissuto e sul prossimo futuro che ci attende.
Guardando indietro alla sua recente esperienza nella gestione dell'ospedale di Verduno per la cura dei malati Covid, come pensa che sia andata nel complesso?
«Date le circostanze, sono moderatamente soddisfatto dei risultati raggiunti. Siamo riusciti ad attivare i reparti “covid” ( degenza e terapia semintensiva) in tempi rapidissimi e a gestirli, senza particolari problemi, con soddisfazione degli utenti».
Quali sono le maggiori problematiche nella cura dei malati di Coronavirus, sia a livello organizzativo che strettamente sanitario?
«Il massiccio afflusso di persone colpite da una
malattia sconosciuta ed insidiosa ha messo a dura prova le strutture ospedaliere. In Piemonte non si sono verificati i casi estremi registrati in Lombardia e i nostri presidi hanno retto bene. Difficoltà maggiori le hanno incontrate le Rsa, i cui ospiti rappresentano una categoria particolarmente a rischio. Nella nostra zona, comunque, salvo un paio di casi, anche queste strutture hanno superato le difficoltà del momento. Dal punto di vista sanitario si trattativa di una malattia sconosciuta, capace di portare complicanze gravissime come di non provocare sintomi. I portatori apparentemente sani del virus sono stati e saranno ancora, agenti inconsapevoli della sua diffusione. E’ necessario tornare al lavoro, ma senza abbandonare le misure precauzionali individuali adottate in questi due mesi di quarantena».
Lei ha guidato l'Asl di Alba e Bra per molti anni e l'Ospedale Molinette di Torino. Aveva in precedenza affrontato una situazione simile a quella che si è verificata in queste settimane?
«Ricordo, ovviamente, l’alluvione del 1994, che generò problemi gravissimi, ma di altra natura. Grazie all’efficienza dell’ufficio Tecnico guidato dall’ing. Gaudino, riuscimmo a non evacuare l’ospedale - e a mantenerlo pienamente operativo - in una città senza acquedotto. Una specie di miracolo. Nessuno ha esperienza di pandemie provocate da un virus nuovo con una mortalità percentuale molto elevata. Anche la cosiddetta “asiatica,” che ben ricordo, era una influenza più aggressiva del solito : mise a letto milioni di persone, ma con conseguenze molto meno gravi»
Quali sono state, se ci sono state, le principali difficoltà incontrate nella gestione dell'ospedale per la cura del Coronavirus?
«Era facilmente prevedibile che avremmo avuto difficoltà a reperire il personale, e così è stato. Si sapeva della cronica carenza di medici, ma pochi sono risultati anche gli infermieri effettivamente disponibili ad assumere un incarico.






La norma che consente di acquisire temporaneamente la professionalità di medici neolaureati si è rivelata provvidenziale. Questi giovani medici si sono dimostrati molto motivati ad accelerare i processi di apprendimento pratico. A portare il necessario contributo di esperienza è stato un gruppetto di pensionati, competenti e generosi, che davvero non si sono risparmiati. Il mio ringraziamento va a tutti coloro che hanno lavorato a Verduno riuscendo ad offrire agli utenti un ottimo servizio di assistenza e di cura».
Come ha reagito la popolazione alla situazione di emergenza sanitaria? Ha sentito la vicinanza dei cittadini al lavoro che stava svolgendo a Verduno?
«La gente comune ha capito che si era voluto cogliere l’occasione dell’epidemia per finalmente aprire il tanto atteso ospedale unico. Qualche critica è venuta dal mondo politico, come l’accusa – palesemente infondata - rivolta alla Regione di voler trasformare Verduno in un presidio “ Covid” permanente. Un segno dei tempi: quando Alba e Bra pensarono di realizzare un ospedale unico c’era ben altra concordia. Del resto, a Roma, reiteratamente , la minoranza chiede le dimissioni del Governo o di qualche Ministro. Nelle Regioni, a ruoli invertiti, succede la stessa cosa. E’ un triste gioco delle parti, che neppure l’epidemia è riuscita a interrompere».
Ora l'Ospedale di Verduno si appresta a diventare il centro di cura sul territorio dell'Asl Cn2, quali sono le prospettive future della nostra sanità con la nuova struttura?
«L’ospedale è molto bello, spazioso, accogliente. Saprà certamente attrarre professionisti di valore e quindi un gran numero di pazienti. E’ ragionevole credere che il nuovo presidio costituirà un formidabile strumento per un duraturo rilancio della sanità locale».
Per quanto tempo vivremo in una situazione di allerta legata alla presenza di questa nuova malattia? Farà parte della nostra vita anche quando sarà finito il periodo dell'emergenza?
«Virologi ed epidemiologi, dicono di sì. Fino a che non si produrrà un vaccino efficace, la convivenza con il virus sarà inevitabile e ci costringerà mantenere protezioni e precauzioni alle quali ci siamo progressivamente abituati. Potremo limitare qualche eccesso di cautela, ma non abbandonare né il principio della “distanza”, né l’uso di guanti e mascherine».
Lei ora guida il gruppo di lavoro voluto dalla Regione sulla riorganizzazione ospedaliera. In che modo ritiene che questa crisi cambierà la Sanità, sia a livello territoriale che nazionale?
«Temo che la cambierà meno di quanto dovrebbe. Appena superata la fase emergenziale, bisognerà portare al tavolo della politica una riorganizzazione complessiva del Servizio Sanitario Nazionale, da molti auspicata in questi ultimi anni, ma alla quale Governo, Regioni e Parlamento non hanno saputo mettere mano. La drammatica esperienza vissuta rappresenta un’opportunità per superare pigrizie e resistenze. Non dobbiamo lasciarcela sfuggire».
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