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L’infinito, perfezione o imperfezione? di Diego De Finis

Anche l’Infinito è uno di quei temi su cui inevitabilmente la filosofia si è concentrata. Il concetto di non finito, di qualcosa che non è compiuto e che dunque per certi versi è anche difficile da immaginare, non può che attrarre coloro che ragionano sull’assoluto. Noi occidentali odierni in realtà con l’infinito abbiamo già una certa abitudine. Infatti anche se ci appare impensabile concettualmente non possiamo non considerare Dio infinito, chi ovviamente crede nella sua esistenza. Se il mondo in cui viviamo è finito, per opposizione Dio non può che essere infinito, poggiandosi su questo concetto Anselmo D’Aosta aveva elaborato la sua prova logica della sua esistenza, che i critici però hanno squalificato in quanto, appunto, solo logica (se Dio è infinito, allora non può mancargli il fondamentale carattere dell’esistenza). I progenitori della filosofia, gli antichi Greci, invece, avevano timore dell’infinito. Certamente per loro aveva un connotato negativo. L’infinito era in realtà non finito, ovvero non concluso, anche non perfetto. Pitagora, filosofo e fondatore di una celebre corrente filosofica, sembra lo temesse. Infatti, insigne matematico, considerava i numeri come la base di ogni cosa, fonte di armonia ed equilibrio. Ma questa è data solo in presenza di rapporti finiti, misurati e misurabili. Ciò che non è finito non può essere considerato bello, armonico o compiuto. E’ significativo che l’essere perfetto per Parmenide fosse una sfera. E anche se Platone e Aristotele non hanno parlato in maniera significativa di questo tema, le divinità da loro immaginate non sono esseri infiniti: per Platone è sostanzialmente un grande architetto, per Aristotele il motore immobile, colui da cui tutto prende vita, ma sostanzialmente un essere impersonale, il pensiero che pensa se stesso. Con l’arrivo del Cristianesimo, come detto, si introduce l’immagine di un Dio infinito, dunque incommensurabile, non misurabile. Nel medioevo si può sottolineare la teoria di un filosofo che già guardava verso il rinascimento, Nicola Cusano. Nella sua filosofia Dio è in tutto anche negli opposti. La coincidenza degli opposti implica che infinito e finito si incontrino e questo avviene nell’uomo. Com’è possibile. L’uomo è limitato,

non potrà mai avere una conoscenza paragonabile a quella di Dio, ma infinita è la sua potenzialità di accrescere questa conoscenza: non ci sono limiti al suo progresso. La svolta sul concetto di infinito in epoca moderna arriva da Giordano Bruno, filosofo di Nola morto sul rogo nella piazza di Campo dei Fiori a Roma nel 1600. Il suo processo e condanna gli hanno dato grande notorietà, è diventato simbolo del libero pensiero oppresso dal sistema dominante del Cattolicesimo, alcuni lo hanno definito anche ateo, ma Bruno forse ha richiamato il pensiero cristiano a una maggiore coerenza. Infatti la tesi accettata dalla chiesa (e imposta allora come dogma) era quella della terra al centro di un universo chiuso, fisso, regolato da meccanismi di movimento simili a quelli di un enorme orologio, era la visione di Tommaso D’Aquino, che aveva ripreso le teorie di Aristotele. Bruno molto coerentemente sosteneva che se Dio è infinito non può che aver creato un universo infinito, nel quale è in tutte le cose. In sostanza l’universo coincide con Dio stesso che però si trova infinitamente e totalmente in ogni sua parte. Una visione che lo esaltava a tal punto da suscitargli “eroici furori”. Con l’affermazione infine della scienza, la questione dell’infinità dell’universo si è spostata verso la scienza (e la fantascienza). Paradossalmente l’idea della sua infinità si è un po’ complicata, grazie alla teoria della Relatività di Einstein che ha introdotto il fattore tempo all’interno dello spazio. Così fra fisici e matematici si dibatte se l’infinito sia come ce lo immaginiamo (se mai sia possibile) oppure un po’ diverso, uno spazio in continua espansione ma per certi versi “curvo” a tal punto che alcuni ipotizzano che lanciando un oggetto da un punto, questo prima o poi tornerebbe alla partenza. Così alla filosofia è rimasta come sempre quello spunto intuitivo in più, per farla andare oltre. Ad esempio l’attivista socialista francese Blanqui, ipotizzava che l’esistenza di dimensioni parallele infinite: “Quello che io ho scritto in questo momento nella mia cella, l’ho scritto e lo scriverò per l’eternità, sullo stesso tavolo, con la stessa penna, vestito degli stessi abiti, in circostanze uguali”. Immagini note agli appassionati di fantascienza e anche di fantasy.

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A cura del Caporedattore Diego De Finis

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