Voci del mare, saperi e proposte dei pescatori artigianali del Mediterraneo

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Voci del mare

Saperi e proposte dei pescatori artigianali del Mediterraneo

Vincenzo Bruno (Enzo) e Cosimo de Biasi, in conversazione con Roberto Haudry de Soucy

In seguito alla Conferenza di Nizza sugli Oceani (6-13 giugno 2025), la delegazione dell'Università di Colima, in Messico, ha richiesto il supporto della Plataforma de Diversidad Biocultural y Territorios per ascoltare le voci dei pescatori artigianali pugliesi sullo stato del Mare Mediterraneo e sulle loro proposte per una migliore gestione delle acque.

Dal 18 al 21 giugno 2025, con la collaborazione dell'Università di Bari e il forte supporto di Slow Food Puglia, hanno visitato Bari, Torre San Giovanni (Ugento) e Torre Santa Sabina (Brindisi).

Di seguito, un breve resoconto dello scambio con i pescatori impegnati nella rigenerazione della vita marina e la sopravvivenza della piccola pesca artigianale.

Torre Santa Sabina (Brindisi)
Torre San Giovanni (Ugento)

Vincenzo Bruno (Enzo), pescatore artigianale di Torre San Giovanni, in Italia

C'è sempre meno pesca e sempre meno pescatori;

soprattutto perché le attuali normative vietano ai minori di 16 anni di imbarcarsi. I figli dei pescatori non possono più essere apprendisti; la conoscenza di uno specifico territorio marino non verrà trasmessa.

Controlli, multe, divieti di pesca e l'obbligo di rigettare in mare specie come il tonno rosso, seppure catturate accidentalmente, rischia di esporre i pescatori a sanzioni pesanti.

Normative di "sicurezza" sempre più stringenti, ispezioni, protocolli, attrezzature omologate, costi e giorni persi nelle procedure a terra accumulano decine di disincentivi a una pesca migliore, generano costi, costringono i pescatori artigianali ad abbandonare l'attività e inducono inconsapevolmente alla pesca illegale. Le autorità nazionali ed europee considerano i pescatori artigianali potenziali ignoranti e criminali che devono essere controllati senza sosta. Nel territorio marino di Torre San Giovani, generazioni di pescatori si sono succedute, tramandando le loro conoscenze e adattandosi continuamente a un mare in continua evoluzione senza chiedere il permesso ad alcuna autorità.

Dalla civiltà Messapica (800 a.C.), passando per i Greci, i Romani, gli Arabi, i Normanni e molti altri, fino ai giorni nostri, i suoi abitanti hanno convissuto con il mare.

Ogni visitatore in questi 3.000 anni ha potuto ammirare le piccole imbarcazioni e i loro pescatori. Oggi, tutto indica che potrebbero scomparire in meno di una generazione. Ciò può essere evitato se la gestione di questo territorio viene a data ai suoi abitanti – attori locali dell'ecosistema socioeconomico – alle sue istituzioni, e se vengono incorporate conoscenze, tecnologie, innovazioni e partner esterni. Vengono creati standard, accordi e calendari di utilizzo specifici, distribuite responsabilità e compiti e si instaura una collaborazione con istituzioni nazionali e sovranazionali e altri territori di pesca del Mediterraneo.

Espellere i piccoli pescatori dopo millenni, a favore di grandi aziende e regolamenti burocratici, non giova al mare.

Gli abitanti di Torre San Giovanni non investiranno nella rigenerazione biotica, economica e culturale del loro territorio se il loro impegno non viene ricompensato o se le loro risorse naturali vengono sfruttate da altri. Rifiutano che le regole di gestione siano imposte da protocolli generici che non tengono conto delle specificità locali e scoraggiano le iniziative della comunità. Nel caso della pesca, da decenni si registra una forte riduzione delle catture, sia in volume che in diversità, dovuta a molteplici cause.

Alcune cause possono essere a rontate e invertite attraverso accordi tra le parti interessate (in particolare autorità di regolamentazione, operatori del settore estrattivo e inquinatori marini), rendendo gli attori territoriali della zona costiera gli unici responsabili della loro gestione.

Altre richiedono investimenti per migliorare la qualità dell'acqua, il fitoplancton e le catene alimentari. È il caso degli impianti di trattamento delle acque, della rimozione di reti abbandonate, della plastica e di altre sostanze che minacciano la vita marina.

Altre cause della perdita di vita marina richiedono soluzioni rigenerative autogestite e nuove tecnologie: zone a pesca zero, implementazione di erbari marini, barriere coralline, ecc., rigorosa stagionalità delle specie ittiche (non pescare mai un pesce che non si è riprodotto) e un notevole sforzo per valorizzare specie relativamente abbondanti, alcune delle quali invasive, ma che i consumatori rifiutano. È il caso, nel Mar Mediterraneo, del consumo di granchi blu, pesci sega, barracuda, ecc. Una grande sfida per chef, ristoranti , tecnologi alimentari, programmi nutrizionali, ma soprattutto per le nonne che trasmettono nuove conoscenze e sapori, ecc.

Vincenzo, figlio di agricoltori e pescatori con sei fratelli, ha iniziato il suo apprendistato in mare all'età di 5 anni, imparando contemporaneamente a lavorare come meccanico, carpentiere e a leggere molto.

Insieme ai suoi colleghi, crea proposte, spazi di dialogo, imprese, organizzazioni e reti di capitale relazionale nel Territorio, che hanno ottenuto risultati notevoli, come una nuova forma di rigenerazione marina: l'Oasi Blu. A 57 anni, lui e i suoi colleghi hanno vissuto così tanti fallimenti e sconfitte che a volte pensano di abbandonare l'attività. Qui condivido alcuni elementi della sua filosofia di vita e della sua esperienza di azione.

Di fronte a problemi complessi e a una rapida accelerazione di tutto, dobbiamo o rire soluzioni semplici e negoziate, legate alla natura specifica del territorio. Valorizziamo chi sa, chi fa, e integrando altri saperi.

Sappiamo che il mare è vivo (anche se ferito e martoriato), che sa rigenerare la vita che ospita, ma che richiede attenzione e azioni precise e tempestive in ogni spazio. Il mare di un territorio è un mosaico complesso di sistemi vitali e in continua evoluzione.

Non risponde a regole dettate da scrivanie o teorie; è una realtà creativa che dobbiamo ascoltare, accompagnare e con cui dobbiamo interagire.

I nemici del mare sono l'inquinamento umano e le burocrazie che generano protocolli e regolamenti per ogni cosa senza considerare la popolazione locale, attori quotidiani che conoscono bene un determinato mare. I nemici più grandi sono la permissività dei potenti, l'abuso normativo contro i più deboli e la massimizzazione dei profitti rapidi, anziché aumentare la quantità e la qualità della vita marina e, quindi, della vita umana.

Ogni territorio ha aree di terra, costa, acque interne e mare che devono essere gestite in modo armonioso, non da entità diverse e contraddittorie. Gli attori locali permanenti devono avere il potere di prendere decisioni sulle proprie vite, risorse e attività, e farlo coordinando i propri interessi e dibattendo le proprie divergenze con il supporto di tutte le altre entità, senza che queste ultime assumano il controllo dei propri spazi. A nché ciò funzioni, gli attori locali devono agire insieme e rivolgersi alle autorità nazionali o ad altre autorità quando non riescono a raggiungere un accordo.

Enzo ci racconta che se un consorzio di pescatori artigianali (entro un raggio di 5 chilometri), insieme a istituzioni, associazioni civili, biologi, ricercatori, subacquei e altri, decide di proteggere un'area di rigenerazione vitale accuratamente selezionata, non potrà farlo se le autorità navali non esercitano un forte controllo, se falsi pescatori sportivi estraggono il pesce e lo vendono, se i pescatori industriali usano le loro reti a strascico, se i pescatori fraudolenti usano la dinamite, se i tour operator stagionali utilizzano quest'area in modo irrazionale, ecc.

Circa 20 anni fa, questo consorzio ha selezionato piccole aree con una grande capacità di rigenerazione vitale e ha deciso di proteggerle. Sono passati molti anni prima che questa iniziativa diventasse un regolamento approvato dalla Giunta Regionale, grazie alla mediazione virtuosa di biologi, marinai, università e organizzazioni per la tutela del territorio come Slow Food/ Slow Fish.

L'iniziativa si chiama Oasi Blu ed è stata replicata in altre località in Italia e, più recentemente, in Croazia. Non è un'istituzione con personale e budget. Si tratta di un Consorzio che mobilita gli attori territoriali e ne fa convergere gli interessi promuovendo innovazioni tecnologiche, commerciali e normative che consentano/agevolino l'accesso a servizi e finanziamenti per la rigenerazione della vita biotica ed economica marina.

Nasce dal consolidamento di una rete di attori dell'ecosistema territoriale (scienziati, albergatori, ristoratori, tour operator, forze dell'ordine) che responsabilizza pescatori artigianali, subacquei e altri attori direttamente coinvolti nella vita marina e li rende responsabili della gestione delle acque. Norma l'ingresso di soggetti terzi (pesca industriale, ricreativa o artigianale da altri territori) in determinate aree e stagioni.

Include azioni per la rimozione dei rifiuti (reti, plastica dai fondali marini) per limitare l'ingresso di inquinanti attraverso le fonti d'acqua e i sistemi di drenaggio.

Considera anche la valorizzazione dei relitti (centinaia di naufragi si sono verificati in questo mare per almeno due millenni).

Selezione e protezione di sottozone a pesca zero, zone di pesca controllata e altre con requisiti di controllo minori. Regolamentazione delle attività estrattive da parte di attori esterni, valorizzazione dei prodotti ittici locali (molti dei quali sono specie invasive che, pur essendo abbondanti, hanno mercati limitati e un elevato potenziale).

Enzo dovrà vendere la sua attuale barca di nove metri, che richiede due membri dell'equipaggio, perché non riesce più a trovare nessuno con cui condividere il lavoro. Ne ha appena comprata una più piccola che può gestire da solo.

Il 19 giugno, siamo partiti alle 3:15 del mattino con degli scienziati messicani in visita in Puglia per conoscere le pratiche di pesca artigianale del Mediterraneo. Vincenzo doveva recuperare le reti e rilasciarne altre per la pesca del giorno successivo. Eravamo accompagnati da Mario, un pescatore part-time che sta per andare in pensione. La pesca è stata discreta: circa nove chili di pesce di prima qualità e altri dodici chili di pesce di seconda qualità. Tre chili per casa e gli amici: specie senza valore commerciale, ma non per questo meno gustose. Sono state consegnate al pescivendolo del porto meno di 30 minuti dopo il rientro in banchina, verso le 9:00, e vendute per circa 130 euro.

Vedere Enzo cantare mentre lavorava con le reti, il suo sorriso radioso e la sua determinazione a rimanere un uomo libero, senza un capo e senza orari; se non quelli dettati dal mare, è stato un piacere.

Spero che continui a lottare, che non ci abbandoni!

Cosimo de Biasi: difensore della vita marina

Cosimo è un pescatore artigianale di Carovigno, Puglia. Figlio di una famiglia numerosa (12 figli,) il padre faceva piastrelle e amava la pesca. La pesca dell’epoca era realizzata con la dinamite, la raccolta di pesci che emergevano la facevano i figli con mascherine e pinne.

Cosimo è uno dei virtuosi pescatori della Riserva di Torre Guaceto (20 km al nord di Brindisi) ritenuta dagli esperti internazionali come una delle aree marine protette meglio gestita del Mediterraneo (fra le 3 delle più di mille esistenti) con risultati confermati di aumento della biomassa e della biodiversità. L’ho visitata due volte incontrando pescatori, imprenditori, autorità, associazioni e piccoli contadini del territorio.

La Riserva nasce da una iniziativa dello stato e della popolazione locale, cautelando punti di alta biodiversità in pericolo (uccelli migratori, fauna marina eterrestre, flora, varietà di pomodori antiche - cautelate da presidi Slow Food…).

Per i pescatori, la creazione della riserva 20 anni fa, significò un fermo totale della pesca per i successivi 5 anni.

Cosimo iniziava nel mestiere di pescatore artigianale con le reti. L’interruzione della pesca lo spinse a cercare altre attività e trovò una buona fonte di reddito nel contrabbando con l’Albania.

Fu arrestato e pesantemente multato. Sua moglie gli ordinò di cambiare vita o di andarsene. Scelse di cambiare vita

La Riserva di Torre Guaceto ha moltiplicato tutta la vita marina dell’ecosistema, dal fitto plancton alle pregiate cernie, creando esternalità positive nel mare dei dintorni dove “viaggiano” pesci, polpi, seppie e microrganismi.

I notevoli risultati ottenuti sembrano essere il frutto di un'eccellente gestione da parte della direzione — a cui Cosimo esprime continua gratitudine — e della collaborazione e dei sacrifici di pescatori, agricoltori, associazioni ambientali, turisti con una crescente coscienza ecologica, enti pubblici e imprenditori.

La vita marina si è moltiplicata ed i pescatori locali - attualmente solo 7 - stabilirono, dopo il fermo, di pescare solo una volta alla settimana, con reti a maglia molto larga, selezionando e registrando le catture. Sono anche assistenti scientifici. Questo anno la Riserva sembra aver raggiunto la sua massima potenzialità nelle subaeree più protette: la massa biotica non aumenta più; servono nuovi spazi protetti e fermare la pesca fraudolenta (frequentemente fatta da pescatori ”sportivi” benestanti che rivendono il pesce sui mercati). La Riserva è meno protetta del necessario. L’istallazione di telecamere di sorveglianza può individuare i “nuovi pirati” però non sembrano bastare. Nel 2025, i pescatori hanno concordato con la direzione di pescare solo una volta al mese per ridurre gli e etti del calo di biomassa.

Nel bar di Torre Santa Sabina Cosimo finisce il suo crodino, i professori messicani dell’ università di Colima non finiscono mai di fare domande. Marco D’Adamo, presidente di Slow Food Puglia, mi chiama per sapere come è andata la riunione. È stato uno scambio di conoscenze utilissimo e ho incontrato un essere umano splendido

Diseño: sebastianbarbosa.com

Fotografía: Roberto Haudry

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