Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 421/2000 del 6/10/2000
DIRETTORE EDITORIALE E RESPONSABILE
Alessandro Cerreoni a.cerreoni@gpmagazine.it
REDAZIONE
Info. 327 1757148 redazione@gpmagazine.it
IMPAGINAZIONE E GRAFICA
GP Spot
HANNO COLLABORATO
Lisa Bernardini, Patrizia Brancati, Mariagrazia Cucchi, Rosa Gargiulo, Francesca Ghezzani, Silvia Giansanti, Marisa Iacopino, Marialuisa Roscino, Roberto Ruggiero
SPECIAL THANKS
Ai nostri inserzionisti, Antonio Desiderio, Dottor Antonio Gorini
EDITORE
Punto a Capo Srl
PUBBLICITA’
Info spazi e costi: 327 1756829 redazione@gpmagazine.it
Claudio Testi - c.testi@gpmagazine.it
Chiuso in redazione il 04/07/2024
Contatti online: 10.000 giornalieri attraverso sito, web, social e App
Sito: www.gpmagazine.eu
Seguici anche sui social GP Magazine Clicca direttamente qui sotto
EDITORIALE
by Alessandro Cerreoni
IL FALLIMENTO DEL CALCIO E LE COLPE DELLA FIGC
Ancora un fallimento per l’Italia calcistica. Dopo la mancata qualificazione alle due precedenti edizioni dei Mondiali, è arrivata la delusione degli Europei 2024. Una Nazionale abulica, senza gioco e con grossi ed evidenti problemi di identità, ha rimediato una figuraccia che resterà impressa negli annali. Quattro partite giocate una peggio dell’altra, culminata con l’eliminazione agli ottavi di finale per mano di una Svizzera che, seppur dotata di un buon impianto di gioco, ha trovato una squadra azzurra senza né capo e né coda. Responsabile principale di questa debacle è il commissario tecnico Luciano Spalletti, andato letteralmente in confusione trascinando con sé gran parte dei giocatori. Alcuni di essi sono sembrati irriconoscibili: Scamacca, Chiesa, Raspadori, Jorginho, Bastoni, Di Lorenzo e Dimarco. Gli unici a salvarsi sono stati il portierone Donnarumma, Calafiori e Zaccagni, autore del gol che aveva illuso la nostra Nazionale portandola a superare il girone. Per buttarla a ridere, sembra che all’interno dello spogliatoio siano volate parole grosse contro lo stesso Zaccagni, reo con il suo gol di aver costretto i giocatori italiani a ritardare di quattro giorni la partenza delle vacanze. Scherzi a parte, l’ennesimo fallimento azzurro chiama in causa l’intero movimento calcistico italiano, in primis la FIGC presieduta da quel Gravina che, nonostante i continui fallimenti, non ha mostrato l’umiltà di dimettersi. E questo la dice lunga sul fatto che come spesso accade quello che conta è mantenere la poltrona. C’è di più, però. Il calcio italiano sta attraversando una profonda crisi, dovuta soprattutto ad una politica della Federazione che nulla ha fatto per rilanciare i vivai e favorire gli investimenti nei settori giovanili. Al contrario di quello che accade negli altri Paesi, dove il calcio giovanile viene incentivato attraverso scelte ben ponderate. Basti pensare che da noi si consente ai maggiori club di essere fortemente indebitati e di continuare ad acquistare i giocatori più costosi all’estero. Quando invece sarebbe opportuno far rispettare i paletti finanziari ed impedire a queste società di sperperare denari, spingendole invece a puntare sui giocatori del vivaio e/o provenienti dalle categorie inferiori. Tutto questo si traduce in una competizione “drogata” da club bravi a ricorrere alla finanza creativa e di conseguenza a produrre perdite. Con la benedizione della FIGC e di Gravina.
CONDIZIONI - Nessuna parte di GP Magazine può essere riprodotta. GP Magazine è un mensile a distribuzione gratuita a servizio dei lettori. Salvo accordi scritti, le collaborazioni sono da intendersi a titolo gratuito; articoli e interviste sono realizzati in maniera autonoma dai collaboratori che ne chiedono la pubblicazione senza nulla pretendere in cambio e assumendosi ogni responsabilità riguardo i contenuti. I banner pubblicitari da noi realizzati sono di nostra proprietà e qualsiasi utilizzo al di fuori di GP Magazine deve essere da noi autorizzato dietro esplicita richiesta scritta
L’EVENTO DEL MESE
ANTHONY PETH
PARATA DI VIP ALLA FESTA DELLA VITA
E’
STATA UNA SERATA
INDIMENTICABILE
AL COTTAGE ANIENE
Al cottage Aniene di Roma parata di vip per la Festa della Vita del conduttore Tv Anthony Peth. Reduce dal successo televisivo di Vip4Padel che ha visto la vittoria della prima edizione del talent sportivo il coreografo Garrison Rochelle, ha radunato 350 invitati in una location da sogno. Ad accogliere gli invitati al Party i padroni di casa Roberto Mangione e Pina Pitoni coadiuvati dalla web star Emilia Clementi. Numerose le personalità di spicco presenti alla serata organizzata nei minimi dettagli in tre momenti che hanno dato vita ad un percorso enogastronomico nei giardini della location fiorita immersa nel verde. L’aperitivo nel primo giardino con le note dell’Orchestra Ergocantemus presieduta da Luana Frascarelli, hanno accolto le persone con eccellenze di qualità e cocktail spaziali.
I primi ad arrivare sono stati la Patron di Miss Italia Patrizia Mirigliani e Roger Garth, Milena Miconi, il giornalista Amedeo Goria e l’influencer Donatella Zaccagnini Romito, il prefetto Fulvio Rocco con la Marchesa Daniela Del Secco D’Aragona, i blasonati Principe Guglielmo Giovannelli Marconi e il Marchese Giuseppe Ferrajoli, Denny Mendez col compagno l’Onorevole Gimmi Cangiano, le conduttrici Janet De Nardis e Veronica Ursida con Andrea Iannuzzi, l’attrice Elisabetta Pellini ed Elena Russo, Massimiliano Buzzanca con Raffaella De Rosa, Emilio Petrini Mansi , il giornalista Gian Marco Sansolino, Conny Caracciolo e Giò Di Sarno, l’attore internazionale Mario Ermito, la stilista Krizia Orfei, Enzo Merli della
Maison Furstenberg, Paola Lavini, l’inviata Rai Margherita Basso e le colleghe Roberta Ammendola di Rai Italia ed Antonietta Di Vizia, la produttrice Didi Leoni, Hary Daqua e l’artista Valerio De Filippis, Elisabetta Viaggi, Jolanda Gurrieri e Irene Bozzi, Conny Caracciolo, i mentalisti Daniele Losquadro e Pasquale Buonanno, la stilista Grazia Urbano e le giornaliste Barbara Molinario con Daniela Chessa e Lisa Bernardini, il press agent Riccardo Ciccarese, il presidente della Fair Play Ruggero Alcanterini, il regista Mario Maellaro e Francesca Aiello in compagnia della cacke creator televisiva Manuela Romiti e il giornalista Gustavo Marco Cipolla, direttamente da Avanti Un Altro la curvy anni 60′ Francesca Giuliano e Sandra Gomez, l’astrologa Terry Alaimo, la pink editor Michelle Castiello e l’avv. Giada Bernardi, l’imprenditrice Paola Pisani, Marco Lorenzoni, Walter Wurzburger e Stefano Roncaccia, il presidente del Premio Eccellenze Michele Oggioni, Nicol Di Mario e le Fashion Manager Graziela Saez e Antonella Ferrari, il regista Alessandro Di Filippo, Donatella Gimigliano, il gallerista Roberto Sparaci, il driver dei vip Marco Piccione e tanti altri..
Dopo il cocktail di apertura si passa nell’area ristorante del secondo giardino, per il menù a base di pizza napoletana, fritti e carbonara e amatriciana rivisitata e selezioni di tartare accompagnati da mozzarelle di bufala selezionate, con ben otto chef e tre maestri pizzaioli del Doc Italy provenienti da diverse regioni d’Italia per l’occasione, coadiuvati dal presidente Doc Italy Tiziana Sirna. A mezzanotte dolce imperiale a tre piani realizzato dalla cake designer Katia Malizia con candeline di rito, e pasticciotti di ogni tipo. Selezioni musicali del dj Andrea Bruzzese per scatenarsi nei giardini fioriti fino a notte fonda.
Doc Italy Seletion: Edoardo Cicchinelli, Cannaiola Di Marte, Chef Annamaria Palmi, Chef Gabriele Amicucci, Chef Loredana Errichiello, Chef Michele Fortran, Maestra Mara Labella, Maestri Gennaro e Raffaella Galeotafiore, Maestro Orlando Di Mario, Campione Mondiale di Pizza Matteo Vari, Maestro Pizzaiolo delle Centenarie Antonio Spanò, Maestro Pizzaiolo Carmine Del Sordo, Maestro Pizzaiolo Michele Lopez, Maestro Pasticcere Donato Perrone “Re Pasticiotto”.
Media partner: Lazio Tv, Markappa Digital, Rid 96.8 Fm, DiTutto Settimanale, Becool, GP Magazine, Wine & Luxury, Up Italia Magazine, Art&Art.
Partner: Cottage Aniene, Doc Italy Selection, N&M Management, Accademia Ergocantemus, Imperium Group, Equivoque, Fast Drink, Kremoso, L’ Officina Gelato e Backery, Lab 33, Marco Piccione Ncc.
COVER STORY
by Silvia Giansanti
Ph-
ELISABETTA VIAGGI
ALLA SCOPERTA
DEL SUO MONDO
UNA DONNA CORAGGIOSA E UN'ARTISTA COMPLETA
La sua classe innata e il suo coraggio di affrontare con grinta la vita, rendono Elisabetta un personaggio unico nel suo genere. “La diversità non è un mondo a parte, ma fa parte del mondo stesso”, commenta lei fiera e orgogliosa. Ha un cuore d'oro, ma è capace di far conoscere l'altra faccia a chi ha comportamenti poco maturi nei suoi confronti. Abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente Elisabetta, incontrandola spesso a eventi di rilievo. Non si può non notarla fasciata da abiti bellissimi. La tecnologia ci è stata molto utile in questo caso per poter effettuare un'intervista con lei.
Elisabetta, quanto c'è di reale nel tuo cognome? Ami i viaggi?
“Sì, mi piace molto viaggiare e ho viaggiato abbastanza per quasi tutto il mondo”.
Un posto dove torneresti 100 volte.
“Ad Anacapri dove è nata mia madre”.
In breve parlaci della tua famiglia.
“Sono Toscana come mio padre, mia madre era di Anacapri, mia nonna era spagnola. Tutti sono deceduti tanti anni fa, vivo a Roma da bambina”.
Come è avvenuto il contatto con il mondo dello spettacolo?
“All’inizio del 1982 ho fatto l'Accademia delle Belle Arti per quattro anni. Durante quell'anno ho frequentato anche l'Accademia di modelle con Silvana Augeri e Paola Zanoni, e infine nel 1985 ho frequentato l'Accademia d'Indossatrice del professor Corrado Monteforte. Questo professore ha inviato il nostro composit fotografico per i concorsi Miss Italia. Il manager Claudio Giorgi, vedendomi, mi ha portato a partecipare a tanti concorsi nel Lazio per Miss Italia di Enzo e Patrizia Mirigliani. Così grazie a lui sono arrivata in finale a Salsomaggiore”. Cosa rappresenta per te la moda?
“Amo la moda di una volta, tutti gli stilisti degli anni '90. Ho sfilato e ho fatto la modella per Rocco Barocco, Egon Von Furstenberg, Centinaro e tanti altri. Oggi la moda è finita”.
Premio “Lazio Star Awards 2024” presso
Sala del Carroccio - Campidoglio (a cura di Diego Spiego & Antonella Giordano)
Giuseppe Lidano
Evento “Donne di oggi” di Michelle Castiello
COVER STORY
Un momento della tua carriera che ti fa ancora emozionare.
“Mi emozionava lavorare per i fotoromanzi ‘GrandHotel con Massimo Ciavarro, Pasquale Africano e tanti altri personaggi”. Un momento saliente della tua vita è avvenuto nel 1985 quando hai vinto Miss Modella per Miss Italia. Cosa ricordi?
“All'epoca scoppiò la polemica e la solidarietà della gente. Dissero che era stata una sfida, che volevo dimostrare che una persona in situazione di handicap potesse arrivare dove arrivano le altre, riuscendoci!
L’anno dopo, Mirigliani cambiò il regolamento del contratto anche per le disabili. Nel 1990 il patron mi richiamò per partecipare in giuria alla finale di Salsomaggiore, era la serata dei giurati 'i coraggiosi'. Dopo alcuni anni arrivò la non vedente Annalisa Minetti, che poi vinse Sanremo. Per questo motivo mi chiamarono come premiata 'Miss Coraggio'. Non mi dimenticherò mai di questa meravigliosa esperienza dove conobbi Fabrizio Frizzi, conduttore per 17 anni di Miss Italia”.
Come vivi il tuo handicap?
“Sono orgogliosa e sono fierissima di essere sorda. Da precisare, sono solo sorda ma non muta, quindi non sordomuta! Continuo a dire sempre che ‘la diversità non è un mondo a parte ma fa parte del mondo stesso!’. Pochi sanno che a noi disabili la natura ci ha privato di qualcosa ma ci ha premiato con altro. Ci ha donato una sensibilità, un potere e un'intelligenza superiori. Noi non ci arrenderemo mai per tutta la vita”. Parliamo delle tue opere artistiche.
“Oltre al passato da Miss, possiedo una particolare sensibilità nell'arte. Tutte le opere realizzate sono firmate con il nome d'arte di Eliza Viaggi (nome d’arte di Elisabetta Viaggi). Ho iniziato a dipingere sin da bambina. Dal 1983 al 2003 ho collaborato come artista nella pittura su vetro presso le 'Vetrate d'arte Giuliani', realizzando dipinti di genere religioso e storico. Restauro e creo bozzetti in stile moderno, ideando e realizzando stemmi nobiliari, soggetti liberty o di fantasia, animali e piante. Tutt'ora creo quadri. Alcune opere e in particolare interessanti vetrate artistiche sono ancora oggi in molte chiese: Padre Pio e Madre Teresa di Calcutta-Chiesa Sant'Ignazio D'Antochia (Appia Nuova-RM), S.Josemaria Escriva de Balaguer e Angelo CustodeChiesa Sant'Eugenio (Piazza delle Belle Arti-RM), Casina delle Civette (Villa Torlonia-RM), S. Marco Evangelista e S. Francesco-Chiesa (Laurentina-RM), La vita di Santa Rita (Latina), Ascensione di Cristo dal Mondo con gli
Apostoli, Chiesa dell'Ascensione di N.S.G.C.(Rm), Dalles stile astratto moderno . Dal 2000 espongo le opere realizzate con varie tecniche presso varie gallerie e mostre”.
Immagina un mondo senza animali. Che mondo sarebbe?
“Amo gli animali , sono molto fedeli e sensibili come me anzi sono strasensibili, mi riempiono la vita. Non riesco ad immaginare un mondo senza Animali”.
Sei sempre presente agli eventi mondani. Ami stare anche tranquilla a casa?
“Vado solo agli eventi e alle feste interessanti o importanti. A quanti si chiedono stupiti come mai io, da non udente dalla nascita, partecipo come ospite d’onore e madrina a vari eventi artistici, musicali e di moda, rispondo che se non odo con gli orecchi, vedo con gli occhi, comprendo con la mente e infine, esattamente come tutti, ascolto con il cuore. Mi piace stare tranquilla nella mia casa, seguo notizie TG, cultura, film per la tv solo con i sottotitoli”.
Hai molti amici?
“Ho molti conoscenti, i miei veri amici sono pochissimi e si contano sulle punta delle dita”.
Progetti e impegni?
“Ne ho ma preferisco tenerli per me, sono molto riservata”.
Padre Pio e Madre Teresa presso la chiesa di Sant’Ignazio
CHI E’ ELISABETTA VIAGGI
Elisabetta Viaggi, Miss e Artista Sorda. Tutte le opere realizzate sono firmate Eliza Viaggi, nome d'arte di Elisabetta. E' nata a Grosseto il 30 Aprile sotto il segno del Toro con ascendente Vergine/Bilancia.
Si definisce dolce, socievole ma aggressiva. Diventa "Elyza Black Panther" solo quando la trattano male, la prendono in giro o la fanno arrabbiare.
Ama il riso bianco con olio extra-vergine crudo e parmigiano senza lattosio. Tifa Juventus fin da bambina anche se non segue tanto il calcio.
Ha come hobby l'equitazione, ama gli animali e ha le due figliole sorelle panterine nere, Puma e Fufà di 7 anni. Le piacerebbe vivere a Dubai. Attualmente è single dopo varie delusioni. L'anno fortunato della sua vita è il 1985 quando vinse Miss Modella per Miss Italia. In quell'anno quando partecipò al concorso e quando ormai era in finale, scoprirono con grande sorpresa che era sorda dalla nascita. Per la prima volta al Mondo una sorda partecipava ad un concorso con ragazze udenti e per di più il concorso era proprio Miss Italia. Ma sul contratto c'era voce per i disabili, sposate e mamme. Non la poterono premiare al 1° posto di Miss Italia, perciò il patron
Enzo Mirigliani con la figlia Patrizia e i giurati, la premiarono ugualmente con la fasci da 1° classificata Miss Modella Domani. Dopo il concorso è stata scelta per realizzare importanti lavori per i non udenti. Nel corso degli anni Elisabetta ha sfilato con abiti di Rocco Barocco e altri. Nota è la sua arte che ha dato vita a molte opere. Attualmente è molto richiesta come modella da fotografi italiani e stranieri.
Gli anziani e l’importanza di un supporto psicoanalitico
L'invecchiamento è un processo naturale che porta con sé una serie di cambiamenti fisici, emotivi, relazionali e sociali. Questi cambiamenti possono essere difficili da affrontare e possono portare a disagio psicologico, come depressione, ansia e solitudine. Ma i fattori che possono deprimere gli anziani possono essere molteplici e di diversa natura: da quelli di salute più comuni come diabete, malattie cardiovascolari, ipertensione, problemi osteoarticolari, dolore cronico, a quelli infine psicologici e sociali, come l’isolamento, i lutti, la perdita del ruolo lavorativo, la fragilità finanziaria. Ecco allora come la psicoanalisi può rappresentare un aiuto importante e fattivo per gli anziani. Ne parliamo, in questa intervista di oggi, con la dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Dottoressa Lucattini, quali sono le principali sfide psicologiche che gli anziani affrontano nel loro quotidiano?
“Innanzitutto, il corpo che per sua natura cambia e l’arrivo di patologie fisiche tipiche dell’invecchiamento che possono essere maggiori o minori a seconda della predisposizione individuale, la familiarità, dei traumi fisici e psichici, dello stile di vita che si è avuto negli anni. Le persone anziane soprattutto se vivono o trascorrono molto tempo da sole, si sentono abbandonate, inutili, escluse dalla vita familiare e sociale, senza sostegno nel momento del bisogno, finite”.
Come influisce, in particolare, la solitudine sulla salute mentale e fisica degli anziani e in che modo la psicoanalisi può mitigare questi effetti negativi?
“La solitudine, il vuoto depressivo, l’ansia e crisi di angoscia, causano una grande sofferenza personale con risvolti anche somatici e talvolta con conseguenze serie, andando a riacutizzare patologie croniche di cui spesso gli anziani soffrono e provocando in alcuni casi anche somatizzazioni di origine mentale. La depressione non curata aumenta del 35% la mortalità, un dato paragonabile all'effetto di patologie fisiche gravi. L’isolamento, inoltre, azzera la vita sociale, rende difficile trovare delle buone compagnie, problematico incontrare un nuovo partner e di avere occasioni gioiose e di divertimento. Com’è noto, il buon umore allunga la vita. Ma il primo elemento è che l'analisi si fa con qualcuno; quindi, si instaura un rapporto profondo e una abitudine al dialogo scandito, settimana dopo settimana, con la certezza di essere ascoltati con attenzione, ricevere delle risposte appropriate e riflettere insieme a dei processi inconsci. Inoltre, è importante ripensare alla propria vita da un nuovo punto di vista, adottando uno sguardo diverso utilizzando una lente che permette di evidenziare dei particolari che erano sfuggiti”.
Secondo la Sua esperienza, quali sono i principali benefici che gli anziani traggono dalla psicoanalisi rispetto ai loro coetanei che non vi si sottopongono?
“La caratteristica comune tra gli anziani che abbiano fatto un'analisi è che sono più sereni, maggiormente riflessivi, attenti a se stessi e alla propria salute, affrontano la depressione e la paura della fine della vita. Non di rado sono più longevi a parità di malattie fisiche, rispetto ai loro coetanei che non hanno fatto un’analisi, poiché si osservano, pensano creativamente, sono più vitali. Sanno chiedere aiuto, non hanno timore a consultare i medici o a sottoporsi ad accertamenti, controlli e prevenzione. Parlare con un analista non è una conversazione di tipo familiare o amicale, inizia per una difficoltà ed è incentrata sulla risoluzione dei sintomi e sul recupero di aspetti positivi di se stessi. Inoltre, attraverso il lavoro analitico è possibile bonificare esperienze negative, elaborare esperienze traumatiche, recuperare ricordi. La riflessione in analisi aiuta a dare un altro o un nuovo significato al passato, consente di immettere in se stessi la forza vitale necessaria per affrontare il presente. Inoltre, nella propria analisi vengono coniugati aspetti relazionali e affettivi con una comunicazione sincera e profonda. Insieme, è possibile osservare se stessi da punti di vista diversi o non focalizzati in precedenza. Oltre a ciò, si dà anche un nome alle proprie intuizioni e considerazioni, si chiariscono i concetti che illuminano i pensieri, trovando in loro nuovi significati e un senso. Poter parlare dell’amore, presente e passato, asse portante dell’esistere e della vita”.
Può spiegare come la psicoanalisi aiuta gli anziani a elaborare i lutti e ad affrontare la paura della fine della vita?
“Il pensiero della morte e della fine della propria vita comincia ad essere presente nell'esistenza di tutti, da un certo momento in poi. Se vi sono malattie importanti certamente accade prima, altrimenti è posticipato e spesso inizia con la nascita di un nipote o di un pronipote, in occasione di un ricovero ospedaliero, quando c’è un lutto importante di un amico caro, talvolta di familiari più giovani. La psicoanalisi è una cura che permette di affrontare il lutto in modo specifico, John Bowlby ne ha parlato nel libro “Attaccamento e perdita” mettendo in evidenza le varie fasi del lutto, dalla negazione fino alla rassegnazione, ovvero l'interiorizzazione della presenza della persona perduta che è recuperata dentro se stessi e con cui si instaura un dialogo interno. Per quanto riguarda la paura di morire, ogni persona la affronta a modo proprio e trova nella sua vita presente e nel futuro che verrà, le proprie ragioni per affrontare il più serenamente possibile. La psicoanalisi non offre formule, ricette, non dispensa consigli pratici, aiuta i pazienti a trovare le risposte a partire dall’interno di se stessi. Non sono possibili generalizzazioni, il lavoro psicoanalitico è personale e intimo, permette di sentirsi più forti, stabilizza le emozioni, aiuta a dare un senso alla propria vita. Migliora l'umore, aiuta a pensare. Quello che si può affermare per certo è che tutti coloro che fanno un'analisi cessano di vivere perseguitati dalla paura della morte e, qualunque siano le difficoltà da affrontare, apprezzano l'esserci nell’hic et nunc, l'esistere oggi e il vivere”.
che non corrisponde ad un decadimento cognitivo, poiché non intacca la capacità di pensare o di comprensione. Si tratta di uno stato psicologico che può presentarsi nell'anziano in assenza di malattie organiche del cervello o di problemi psichiatrici, che non ha a che vedere con la demenza agevolmente identificata da specialisti, geriatri e neurologi, attraverso colloqui, test specifici ed esami strumentali (risonanza magnetica, TAC, etc.)”.
Come è possibile essere più vicini a loro quando ci sono distanze fisiche, ad esempio per motivi lavorativi o nelle grandi città?
Quanto è determinante il ruolo dei familiari nella vita di un anziano?
“I familiari sono preziosi e indispensabili in tutte le fasi della vita e a qualsiasi età. Gli anziani hanno bisogno dei loro familiari ma anche i figli e i nipoti sono sempre legati a loro e hanno piacere a trascorrere del tempo insieme. Gli impegni familiari, di studio e lavoro possono causare sofferenza per la difficoltà di vedersi. Alcuni ingredienti indispensabili sono la sensibilità, l’attenzione, la dedizione, l’affetto, la comprensione. Accanto a questi, anche la possibilità di trascorrere del tempo insieme, creando occasioni speciali, tante “feste di non compleanno”, senza limitarsi alle feste comandate”. Oltre al tempo al lavoro e agli impegni inevitabili, i familiari possono avere anche delle difficoltà particolari?
“Un punto nodale è che talvolta i familiari scambiano alcuni cambiamenti dovuti all'età (l'essere più lenti, essere taciturni, rispondere con una certa latenza, l’affaticabilità, le difficoltà motorie) per problemi psicologici o per oppositività e pigrizia, per cui si stancano, perdono la pazienza e iniziano a iperstimolare i propri familiari anziani, pensando così di ravvivarli, vivacizzarli e rimetterli in moto. Certamente, vanno considerati aspetti depressivi che, nell'anziano, possono essere legati al ripresentarsi di aspetti depressivi già apparsi in gioventù. D’altro canto, esistono delle sindromi depressive che sono specifiche e tipiche dell'anziano, che sono talvolta causate dai cambiamenti fisici, come può esserci un rallentamento psicologico o un cambiamento nella memoria
“L’utilizzo della tecnologia, molto frequente adesso anche in terza età, è un ottimo strumento per mantenersi in contatto anche quotidianamente. Esiste un'ampia fascia di popolazione che nella terza età ha il tempo, la curiosità e la motivazione, per poter apprendere l'utilizzo degli strumenti tecnologici. Spesso sono aiutati dai nipoti, nelle occasioni in cui si incontrano o quando vengono appositamente “convocati”. Da nativi digitali possano spiegare, insegnare, aiutare, verificare il corretto funzionamento e talvolta anche di apprendimento. Le persone anziane possono più o meno avere una passione reale per la tecnologia, ma tutte ne comprendono l'inevitabile presenza nella vita quotidiana e anche i risvolti utili del loro utilizzo. Vi sono intensi scambi tra genitori e figli come tra nipoti e nonni, passando per zii e amici, di foto, video e un largo utilizzo delle videochiamate. Gli anziani che fanno un'analisi, in casi di emergenza, sono in grado di utilizzare la tecnologia dalle videochiamate allo smartphone per non perdere la loro seduta”.
Quali consigli darebbe ai familiari di una persona anziana che sta considerando di iniziare un percorso di psicoanalisi?
“Cercare di rimuovere i pregiudizi. La principale difficoltà è comprendere questo bisogno nella terza età. Gli anziani hanno esigenze specifiche che potrebbero non aver avuto in precedenza;
Comprendere che affrontare le proprie difficoltà psicologiche permette di prendersi cura di sé in un modo migliore, anche dei problemi di salute fisica;
Spezzare il cortocircuito della solitudine per chi fa l'analisi e per i suoi familiari, sia che ne restino al di fuori come accade abitualmente, sia che partecipino su richiesta del proprio congiunto;
Sapere che si può avere bisogno di riappacificarsi con se stessi e con momenti specifici della loro vita passata. È evidente che i genitori non hanno raccontato tutto della loro vita ai propri figli, della propria infanzia, degli anni della guerra e del dopoguerra, degli amori, degli abbandoni, della scuola, di un mondo che non c'è più nella realtà esterna ma che esiste e vive ancora nella realtà interna;
Accettare che con l'avanzare dell'età, quando ormai c'è una significativa distanza dal periodo della giovinezza, può comparire l'esigenza di rievocare con uno specialista, uno psicoanalista, gli avvenimenti, i ricordi e le emozioni. Per allontanare la paura della morte bisogna ricordare, condividere, sentire di avere vissuto”.
SALUTE & BENESSERE
by Alessandro Cerreoni
Medicina individuale L’individuo come soggetto unico e irripetibile
Qual è il significato più corretto di “medicina personalizzata”? Perché è fondamentale oggi considerare ogni individuo come un essere a sé? Come si supera lo scetticismo di chi ancora crede solo nei protocolli standard per tutti?
Ne parliamo con il dottor Antonio Gorini (*) un medico che ha scelto la mission professionale di mettere al centro la persona nella sua complessità e trovare la cura che sia personalizzata e volta a ristabilire uno stato di salute prolungato
Dottor Gorini, quando si parla di medicina personalizzata o medicina individuale, cosa si intende?
Sono termini “personalizzata” e “individuale” oggi molto usati. Ognuno li applica al suo mondo di conoscenze con significato diverso. Per alcuni vuol dire utilizzare una diagnostica di precisione, per altri utilizzare una terapia con obiettivi molecolari molto precisi e, quindi, relativi a quel preciso individuo, per altri ancora è la determinazione di aspetti genetici su cui basare l’intervento dietetico o terapeutico. Anche il marketing sanitario usa molto questi termini per accattivarsi le simpatie del cliente: “sto pensando proprio a te con questo prodotto…”. Ovviamente non c’è un giusto o sbagliato nelle definizioni di cui sopra. È la cultura occidentale moderna che ha creato la necessità di riportare in auge una medicina ritagliata sulle caratteristiche del singolo individuo. Dopo decenni di protocolli, linee guida, “massificazione” delle malattie, etichettatura del singolo in gruppi omogeni da trattare tutti allo stesso modo si è sentita la necessità di riparlare di personalizzazione. Nel mio modo di fare medicina non vi può essere un modo diverso per approcciare la diagnosi e cura. Ogni individuo è unico anche solo dal punto di vista biologico, fisico e biochimico, se consideriamo anche l’aspetto psicologico e spirituale diventa palese come ogni individuo sia un mondo a sé, un network infinito di collegamenti, strategie di funzionamento, sogni, desideri, azioni e reazioni, convinzioni potenzianti e depotenzianti, il macrocosmo all’interno di un microcosmo. Le culture più antiche hanno sempre considerato il singolo come un complesso sistema corpo-mente-spirito. Nel ciclo degli avvenimenti umani ora si sta tornando a considerarlo in questo modo”. Quanto è importante poter mettere al centro l’individuo e “cucirgli” addosso una cura personalizzata?
“Ben venga la diagnostica di precisione e le terapie “elettive” per il corpo malato, ma alla base della vera guarigione ci deve essere anche la salute mentale e la risposta alle domande sul senso della vita, risposte che fanno parte del mondo della filosofia e della spiritualità. La cultura dominante in cui siamo immersi ci fa credere che un mal di stomaco (gastrite) sia uguale per tutti, ne consegue che anche la terapia sia sempre la stessa per tutti. Se questo assunto fosse vero, di certo non lo sarebbe per la totalità delle persone. La gastrite da esame che ha l’universitario, non è la gastrite dell’alcolista, così come non è la stessa cosa per chi fa un digiuno forzato o per chi non produce sufficientemente succhi gastrici come accade spesso nell’anziano. Il colloquio iniziale per conoscere il paziente è fondamentale, ascoltare attivamente come viene raccontato un disagio, come viene approcciato e gestito istintivamente dal paziente, le sue abitudini di vita, l’alimentazione, i ritmi lavorativi e di riposo, le situazioni affettive, i conflitti esistenti, attuali e prima che comparisse il disturbo, sono tutte informazioni molto utili per comprendere la peculiarità del disturbo in quella specifica persona. Solo quando si è compreso il quadro d’insieme sarà possibile proporre una
“cura” integrata per corpo-mente e spirito”. Medicina difensiva e medicina individuale, protocolli e cure personalizzate: può coesistere un equilibrio nell’esclusivo interesse del benessere della persona?
“La risposta è già nella domanda. Se si mettesse al primo posto l’interesse del malato avremmo l’elemento fondante della medicina. Purtroppo, la politica ha messo al primo posto il “risparmio” e la lottizzazione dei posti di potere anche in sanità. Come si fa a risparmiare sulla salute dei propri cittadini? Non sprecare sarebbe giusto, ma totalmente sbagliato è risparmiare alla cieca, riducendo i servizi ed i posti letto, e obbligando così le persone a pagarsi le cure. Quando ho iniziato la mia pratica medica il malato percepiva che stavi lavorando per il suo bene, infine, una buona comunicazione completava il quadro ed era raro doversi difendere da denunce e aggressioni. Oggi le visite durano troppo poco, i reparti sono presi d’assalto, il medico ha, spesso, perso la capacità di comunicare e di conseguenza sono aumentati i contenziosi. Il sistema organizzativo/politico ha portato a ciò, insieme alla riduzione della formazione universitaria nelle competenze umane (empatia, comunicazione, intuizione, ascolto, ecc.) ed al corrispondente incremento dell’uso delle tecnologie”.
Qual è il principio su cui si basa la medicina individualizzata?
“A mio avviso il principio è considerare ogni individuo come unico e irripetibile e come un tutt’uno di corpo-mente-spirito”.
La medicina individualizzata presuppone un rapporto di massima fiducia reciproca tra medico e paziente, giusto?
“Il processo di guarigione è un processo che fa l’individuo. Il medico può dare indicazioni e suggerire la via più corretta, ma a guarire pensa l’individuo. Rovesciare i termini pensando che il paziente debba essere passivo e eseguire solo ordini prescrittivi non porta grandi risultati. Abbiamo sotto gli occhi come nonostante investimenti in farmaci super costosi non stiano diminuendo in nessun modo le problematiche cronico-degenerative come le malattie cardiache, i tumori, le varie forme di demenza, ecc., ecc. Ovviamente nelle problematiche acute, incidenti, ecc., il ruolo del medico è indiscutibile. Il rapporto di fiducia è indispensabile! Permette l’apertura nel dialogo e la confidenza nel riferire abitudini anche poco virtuose, che indirizzano verso una diagnosi e terapia. Ad esempio, un giovane che lamenta frequenti mal di testa, ma non riferisce per vergogna o ignoranza (o altro motivo) di assumere droghe quotidianamente porterà su una falsa pista il curante… L’alleanza tra medico e paziente è indispensabile nell’arte della cura, dove non vi è la matematica certezza del risultato, ma si può raggiungere un ragionevole stato di salute, aggiustando via via il percorso terapeutico in base a verifiche periodiche e confronti tra medico e paziente”.
Viviamo in un periodo storico dove ancora molte persone ancora fanno fatica ad uscire fuori dalla logica delle terapie standardizzate, a cosa è dovuto questo scetticismo?
SALUTE & BENESSERE
“Gli ultimi 100 anni hanno costruito l’attuale cultura dominante in campo medico. Le persone sentono ciò che i vari mass media dicono 24/24 e si adeguano. L’industria farmaceutica ha sempre più peso nelle politiche sanitarie e nella stesura di linee guida e protocolli, inoltre, porta la sua influenza nella formazione del personale sanitario. L’accerchiamento del cittadino utente e cliente è completo. Avere una visione più ampia, che osa uscire dal cosiddetto “main stream”, non è affatto semplice. Circa un 20% degli italiani lo sta facendo e illumina la strada a chi sta dietro”.
La medicina individuale viaggia di pari passo con la medicina integrata?
“Chi segue la medicina integrata fa una medicina della persona, non potrebbe essere altrimenti, Fino a qualche anno fa la medicina
integrata si chiamava “olistica” per indicare il prendersi cura dell’insieme”.
All’atto pratico, come cambia il lavoro di un medico che sceglie di svolgere il proprio lavoro mettendo al centro la persona?
“Cambia perché richiede più tempo, soprattutto in prima visita, e richiede la conoscenza di più discipline che possano raggiungere le varie chiavi di accesso all’individuo. Ad esempio, se il problema fisico ha origine emotiva, bisognerà lavorare sulle emozioni per risolvere il disturbo. Per far ciò si può lavorare in modi diversi a seconda delle preferenze del paziente e delle competenze ed esperienza del medico. Ognuno di noi ha una o più modalità preferenziali per accedere ai segnali di regolazione del nostro complesso mondo biologico. Per alcuni sarà preferibile usare tecniche di massaggio o di contatto corporeo, per altri tecniche energetiche, per altri sarà dominante la risposta a rimedi naturali o di sintesi chimica”.
(*) Il dottor Antonio Gorini è esperto di Nefrologia, Oncologia Integrata, Medicina Funzionale di Regolazione, Low Dose Medicine, Medicina Integrata, Fitoterapia, Omeopatia e Omotossicologia, Microimmunoterapia, Ossigeno Ozono Terapia, Statistica della Ricerca e Pratica Clinica, Agopuntura. E’ docente presso l’International Academy of Physiological Regulating Medicine
Possiamo dire che esiste l’equazione tra medicina personalizzata e stato di benessere prolungato?
“Lo stato di salute psico-fisico e spirituale è più duraturo quanto più in alto si riesce ad andare, cioè quanto più diventiamo consapevoli e capaci di accogliere gli insegnamenti, che la vita ci manda. Queste “lezioni” arrivano anche mediante gli acciacchi fisici, i conflitti emotivi e le crisi esistenziali. Per questo la guarigione fa parte dei processi di crescita interiore e incamminarsi in questo sentiero è indispensabile. Ognuno lo farà col suo passo e col peso che deciderà di portarsi dietro. Alla fine, scopriremo la bellezza di camminare nel presente senza bagagli e pesi del passato o aspettative/desideri collocati in un futuro che non è. Questo è per me il senso della “Cura” e deriva dagli insegnamenti dei grandi Maestri, che hanno popolato il nostro mondo in ogni epoca e latitudine”.
Basta scuse. Abbandonare un animale è un reato. La responsabilità è tua.
NATUROPATIA & BENESSERE
by Patrizia Brancati - Naturopata
DAL “BRODO PRIMORDIALE” AL “BRODO ELETTROMAGNETICO”
Come ha avuto origine la vita? Tra le ipotesi quella del brodo primordiale o prebiotico.
Miliardi di anni fa, nell'ambiente terrestre erano presenti i quattro elementi fondamentali per la vita: idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio. Con tutta probabilità, una scarica elettrica, come quella generata da un temporale, ha portato alla sintesi di piccole molecole organiche, che, trasportate dalle pioggie nella massa oceanica allora esistente, si sono accumulate, dando vita a quel brodo prebiotico in cui si sarebbero formate le prime cellule. Se pensiamo che da una scintilla possa essere scaturita la vita, che ci sono voluti miliardi di anni per giungere sino a qui, non possiamo non provare un'immenso stupore per questo miracolo, che ci ricollega al mistero profondo dell'esistenza.
Nasce l'uomo, in un pianeta sconosciuto, spesso ostile: si fa amica la natura, osserva il cielo, le stelle, scruta l'aria, fiuta gli animali, impara a vivere. Si riproduce, coltiva, costruisce, crea, inventa, scopre come adattarsi, e come trarre beneficio dall'ambiente circostante.
Resiste alle intemperie, battuto dai venti e dai temporali, sa vivere con poco e resiste al digiuno, al freddo e al sole cocente per arrivare, passo dopo passo sino a Noi... A questo tempo in cui l'uomo dialoga con l'intelligenza artificiale e si stupisce delle capacità di quest'ultima, dimenticando da dove è arrivato sino a qui. Si sente padrone della terra, il pianeta è suo, non se lo fa più amico, ma lo possiede, lo sfrutta, lo riempie di plastica ed immondizia, inquina i suoi cieli, i suoi oceani e la terra, per poi accorgersi che sta inquinando sè stesso.
Siamo nati da una scintilla, siamo immersi in campi elettromagnetici naturali e per migliaia di anni con questi ultimi abbiamo convissuto e ci siamo adattati, e laddove il campo elettromagnetico era troppo intenso per poterci vivere, l'uomo non costruiva, non sostava, per sensibilità ed istinto.
Adesso, in poco più di vent'anni, la tecnologia radiomobile ha fatto passi da gigante, il mondo della comunicazione è stato stravolto dall'arrivo dei cellulari e da internet e siamo passati dal brodo primordiale, da cui ha avuto origine la vita, ad essere immersi in un brodo elettromagnetico artificiale sempre più pervasivo ed intenso.
Da fine aprile 2024 i limiti cautelativi e precauzionali di esposizione della popolazione italiana ai campi elettromagnetici, sono passati da 6 V/m a 15 V/m nella media delle 24h, in seguito all'entrata in vigore
dell'art. 10 di cui alla Legge n. 214 del 30 Dicembre 2023.
Gli studi scientifici sono innumerevoli, e molti attestano i rischi e i danni per la salute umana, l'ambiente e l'intero ecosistema.
Quali sono i rischi a medio e lungo termine?
Uno degli studi più importanti è quello condotto contemporaneamente in America ed in Italia, da un lato dal National Toxicology Program e dall'altro, dall'istituto Ramazzini di Bologna, a partire dal 2013. Entrambi gli studi, sono giunti alla stessa conclusione: hanno evidenziato l'aumento di tumori a livello del sistema nervoso centrale e periferico, danni al DNA, aumento dello stress ossidativo.
I rischi non sono solo di tipo oncologico, ma anche di tipo neurologico, riproduttivo e metabolico e questo si riferisce non solo alle radiazioni emesse da cellulari, pc e tablet, ma anche alle radiazioni emesse dalle antenne e dalle stazioni radio base e da altri dispositivi ormai ubiquitari, quali wi-fi urbani e domestici, varchi magnetici, bluetooth, etc, ai quali le persone vengono esposte contemporaneamente e con effetti sommatori. In attesa che i legislatori comprendano che il diritto alla salute deve essere anteposto ad interessi di aziende private, quali accorgimenti dobbiamo avere per ridurre i rischi?
A mio parere è fondamentale e necessario insegnare comportamenti correttivi nell'utilizzo della tecnologia e degli smartphone a tutela della salute dell'intera polazione, ed in particolar modo delle fascie più fragili, quali bambini, anziani, donne in gravidanza, portatori di pacemaker e di apparecchi cocleari, elettrosensibili, persone affette da sensibiltà chimica multipla (MCS) e fibromialgia, patologie queste ultime sempre più diffuse, al punto che in Svezia l'elettrosensibilità (EHS) è riconosciuta come disabilità funzionale, ed alcuni tribunali l'hanno riconosciuta come malattia professionale in Francia, Germania e Spagna. L'elettrosensibilità è "una reazione avversa ai campi elettromagnetici, caratterizzata da un'ampia gamma di sintomi specifici che possono variare con intensità e durata e sono vissuti da alcuni come risultato dell'esposizione sul posto di lavoro, o in casa, a campi elettromagnetici emessi da varie sorgenti, sia a bassa che ad alta frequenza" (Prof. Johansson 2006). Ma quali sono i sintomi più frequenti?
Cefalee, insonnia o sonno non ristoratore, debolezza e facile esauribilità fisica, riduzione della memoria e deficit di concentrazione, dolori localizzati e diffusi, eruzioni cutanee, disturbi uditivi, visivi e pressori che possono causare sanguinamenti nasali e palpitazioni cardiache.
Dato che l'aumento dello stress ossidativo è uno dei più frequenti effetti non termici dei campi elettromagnetici, è importante avere uno stile di vita sano, una vita attiva e nutrirsi in modo vitale, mantenendo performanti i sistemi di detossificazione ed utilizzando sostanze antiossidanti come vitamina C, resveratrolo, melograno, bromelina, curcumina , glutatione, melatonina. Molto indicate, previa specifica anamnesi e sotto
stretto controllo medico, le grandi autoemoinfusioni con ossigeno ozono e la fleboterapia con mix di sostanze antiossidanti e attivanti la funzionalità epatica. Tra i comportamenti da adottare, al fine di limitare e ridurre la propria esposizione ai campi elettromagnetici, ci sono piccoli accorgimenti nell'uso quotidiano di smarthphone, tablet e reti wifi:
1) se si ha sul proprio smartphone la predisposizione 5G, deselezionarla, in quanto le latenze tra 4G e 5G, non sono percepibili per il normale utilizzo dello smartphone;
2) quando si telefona usare preferibilmente auricolare o vivavoce;
3) se si tiene lo smartphone lontano 30 cm dal corpo, si riduce di circa 1000 volte la propria esposizione ai campi elettromagnetici;
4) se non si utilizza l'auricolare o il vivavoce, effettuare chiamate di breve durata ed alternare l'orecchio;
5) meglio non tenere lo smartphone in camera da letto, ma qualora non fosse evitabile questo comportamento, mettere il dispositivo in modalità aereo e tenerlo ad una distanza superiore al metro;
6) quando c'è poco segnale, evitare di telefonare: poche bande di segnale, significano più emissioni elettromagnetiche, perchè lo smartphone aumenterà di molto la sua potenza per fornire il servizio;
7) stesso comportamento occorre adottare sui mezzi di trasporto, nei quali, per effetto della schermatura dell'abitacolo, c'è poco segnale e lo smartphone in queste condizioni emette molto di più;
8) ove possibile navigare con il wi-fi invece di utiizzare la rete mobile: le antenne wi-fi emettono migliaia di volte meno potenza rispetto alle reti mobili, ed in più con la stessa qualità di navigazione, si riduce anche l'inquinamento elettromagnetico ambientale; 9) in casa, anche per il wi-fi, prediligere la linea dati fissa cablata come la fibra ottica, la quale non genera radiazione elettromagnetica a differenza di smartphone o di altri dispositivi usati come hot-spot, i quali si appoggiano alle reti mobili; 10) posizionare il modem wi-fi preferibilmente ad un paio di metri da dove ci si intrattiene più a lungo. Tutti questi suggerimenti valgono ancor di più per i bambini, che hanno un cervello in crescita e una scatola cranica nettamente più sottile di un adulto. I bambini devono essere protetti, utilizzare il cellulare non prima dei 13 o 14 anni, ed essere resi consapevoli sul loro corretto utilizzo e sui rischi per la salute. Adesso che hai ricevuto queste informazioni, puoi cercare, documentarti, chiedere e scegliere più salute per la tua vita, per la tua famiglia, i tuoi figli, la comunità e l'ambiente in cui vivi!
Per saperne di piu: www.patriziabrancati.it "Le informazioni contenute in questo articolo, non costituiscono nè terapia, nè cura ed hanno scopo puramente informativo ed in nessun caso possono costituire la formulazione di una diagnosi o la prescrizione di un trattamento"
NUTRIZIONE & BENESSERE
by Luca Dell’Oro
SIMONA VITALI
IL CIBO, L’AMORE E LA FANTASIA
Il cibo, l’amore e un pizzico di fantasia: tre ingredienti per stare bene con sé stessi e con gli altri, per ritrovare l’armonia (e l’energia) perduta così da potersi porre nuove sfide e nuovi traguardi. Simona Vitali ha studiato come Nutritional and Nutraceutical Consultant, Naturopath e Nutraceutical sport Consultant, tre percorsi che le hanno permesso di realizzarsi come consulente nutrizionista. Nel corso degli anni, ne ha viste e sentite (purtroppo) di storie nelle quali il cibo è diventato un nemico, un ostacolo, spesso un avversario silenzioso e malefico. Ed è proprio per quello, oltre che per il desiderio di condividere con gli altri la propria storia personale segnata da quegli stessi problemi, che Simona ha deciso di lanciare la pagina https://www.instagram.com/simonaciboamorefantasia dove fornisce strumenti e strategie per nutrire il proprio benessere.
Un progetto, lo dicevamo, che nasce dalla tua storia personale.
“Il mio rapporto con il cibo, fin da ragazza, è stato molto conflittuale: non ero in grado di gestire i pasti in maniera consapevole, senza rendermene conto passavo dalle grandi abbuffate a periodi di scarsità di cibo. Alcune parole mi scossero e, finalmente, iniziai a guardare il mio corpo con occhi diversi. Ma, nonostante tutto, non riuscivo a mettermi a dieta. Il mio corpo continuava a trasformarsi e io non mi rendevo conto del danno. Un anno trascorso in solitaria senza la mia famiglia d'origine mi fu di aiuto, mi permise di comprendere le ragioni di quel difficile rapporto col cibo e di avere un nuovo approccio: il problema non era mettersi a dieta per dimagrire ma imparare a mangiare”.
Fu questa la chiave di volta, ed è la chiave che insegni anche a chi si rivolge a te.
“Esattamente! Affinai le mie capacità culinarie prediligendo pasti sani, nutrienti e bilanciati attraverso i quali, tenendo conto dei miei gusti, inizia con il cucinare piatti golosi e saporiti senza impegnare troppo tempo. Iniziai a controllare le etichette dei cibi e a verificare esattamente i loro ingredienti, prediligendo sempre di più cibi sani, senza additivi e soprattutto semplici partendo da materie prime”.
È un messaggio che trasmetti a chi ti segue, anche attraverso i tuoi social.
“Non ci sono alimenti da evitare ad ogni costo, ma solo diete scorrette. Proprio perché rinunciare ad alimenti gustosi porta a una repressione psicologica controproducente, credo che un “pasto libero” ogni tanto permetta di prolungare e seguire la dieta per un tempo coerente con l’obiettivo che si intende raggiungere. Un piatto di sushi, una pizza, un buon dolce a fine pasto, è bene goderselo lentamente e senza alcun senso di colpa. Nelle “giuste quantità” significa che puoi mangiare la tua pizza preferita, ma non puoi divorarne tre in una sera. Questo ti aiuterà ad affrontare al meglio il week end, senza sensi di colpa, ansie o preoccupazioni”.
C’è un segreto dietro questa filosofia della buona alimentazione?
“Il segreto è stare bene, è allenarsi e mangiare sano! Il fisico non si modella da solo, questa è la cosa fondamentale. Io ne sono l’esempio: non crediate che, per me, sia semplice e facile trovare il tempo, la voglia e la determinazione per allenarmi. Cerco sempre l’equilibrio tra il lavoro, accudire la mia famiglia, fare la spesa, tenere in ordine la casa e pensare al mio benessere mentale e fisico. Per cambiare le nostre abitudini alimentari, dobbiamo imparare a mangiare consapevolmente, essere più consci di masticare e assaggiare ciò che mangiamo in modo che il cervello possa registrare i nutrimenti in arrivo”.
Una visione che veicoli anche tramite il progetto “Cibo, amore e fantasia”.
“Perché amo il mio lavoro e perché cerco sempre di avere al centro di me stessa il concetto di equilibrio. Mi reputo una donna prudente, organizzata, riflessiva, ma anche determinata e pragmatica: affronto coraggiosamente ogni situazione, risolvendo tutti i problemi in modo corretto e razionale”.
La giusta nutrizione passa anche da un adeguato stile di vita.
“Ed io, infatti, sono una persona attiva: pratico regolarmente attività fisica, dal bodybuilder alle camminate. Ma sono ormai consapevole che al cibo va posta la giusta attenzione. La mia colazione preferita è il porridge oppure i pancakes, nella versione salata uova e avocado. Amo svegliarmi presto la mattina e fare colazione in silenzio ascoltando musica classica, ma adoro anche il cioccolato… d’altronde la golosità è parte della
vita! I miei alimenti healthy preferiti sono la zucca, salmone, patate dolci, barbabietola e il cioccolato! Adoro comporli con passione e fantasia, ed adoro condividerli con il pubblico social per ricevere suggerimenti e… spunti per nuove ricette!”.
Un tema serio, come quello della nutrizione, affrontato con serietà, consapevolezza e un tocco di sana genuinità.
“Ho un trascorso da bulimica, ho sfiorato l’anoressia, di conseguenza so di cosa parlo e so bene quanto importante sia trattare questi temi portandoli nelle case degli italiani. Ecco perché il mio obiettivo è quello, anche attraverso la mia figura, di poter aiutare sempre più persone ad intraprendere un percorso di benessere sostenuto da una corretta alimentazione. Ansia, depressione, malattie metaboliche sono purtroppo un tema centrale nella quotidianità delle nostre persone: occorre parlarne, perché questo male oscuro possa essere affrontato e vinto”.
by Fabio Campoli - prodigus.it
C’è frittura... e tempura
La tempura è una preparazione gastronomica entrata a pieno a far parte della cucina internazionale contemporanea. Tutti la conoscono come ricetta tradizionale della cucina giapponese, ma in realtà le sue origini riportano all’Europa: furono infatti i missionari cattolici portoghesi - nel periodo Muromachi del XVI secolo – ad esportare in Giappone l’usanza di passare nella farina le verdure per poi friggerle. Ogni anno, all’ inizio di ciascuna delle quattro stagioni, i religiosi osservavano il digiuno dalla carne e con le verdure fritte trovavano il modo per rendere più appetitosa la loro dieta vegetariana; questi periodi nel gergo latino erano definiti “Quattro Tempora”, da cui più probabilmente è derivato il nome di tempura. Secondo altri, la parola “tempura” deriverebbe invece da “tempêro”, che in portoghese significa condimento o spezia.
Antenati della tempura sono i peixinhos da horta tradizionale piatto portoghese che si traduce in “pesciolini dell’orto” e che consiste in un mix di verdure tagliate a listarelle e passate in una pastella di farina di grano e acqua per essere poi fritte. Di solito si friggono i fagiolini, ma aggiungendo peperoni, zucca e zucchine il fritto misto portoghese risulta così colorato da sembrare un insieme di pesciolini variegati. Ma tornando alla nostra storia, risalirebbe alla fine del XVI secolo la tempura di Nagasaki, proveniente dall’Occidente e dalle sue colonie asiatiche; questa tempura era dolce, preparata molto semplicemente con zucchero, farina e sakè e poi fritta nello strutto. Quando la cultura culinaria raggiunse le regioni di Kyoto e Osaka, la tempura a base di verdure ebbe grande successo, in quanto la religione buddista vieta il consumo di carne; la tempura vegetale, la shoijn tempura prevedeva la frittura in olio di sesamo o comunque in olio vegetale. Sulle tavole dei Giapponesi la tempura con frittura in olio era riservata alle tavole dei ricchi, ma quando alla fine del XVIII secolo (nel periodo Edo) giunse a Tokyo, anche i cuochi ambulanti cominciarono a proporre questo piatto assieme ad altri popolari. Esso si rivelò un ottimo cibo da strada anche perché la frittura all’aperto era più funzionale e meno esposta al rischio d’incendio dei locali al chiuso. A Tokyo si aggiunse acqua alla farina per intingervi all’interno prima solo verdure, poi anche pesce; in accompagnamento alla frittura veniva servito il daikon oroshi, della radice di daikon grattugiata e mescolata con salsa di soia. La tempura è un caratteristico fritto molto leggero e croccante: il suo segreto è nella preparazione della pastella ma non solo. Partiamo proprio da lei, che nella versione originale non prevedrebbe uova: la tempura “originale” si prepara infatti con farina di riso, sale e acqua ghiacciata. Le varianti in tutto il mondo sono oggi numerose, e al posto della farina di riso si ottengono ottimi risultati anche con la farina di grano tenero (anche tagliando quest’ultima con dell’amido, di riso o di mais), con la birra (aggiunta ugualmente ben fredda) utilizzata al posto dell’acqua, e alcune ricette (anche giapponesi) prevedono anche
l’inserimento di uova. Realizzando la miscela d’ingredienti, è importante considerare che la giusta consistenza finale sarà più tendente alla fluidità che alla densità, dal momento che la pastella dovrà caratteristicamente andare a “velare” il prodotto da friggere in uno strato sottile che in cottura renda i pezzi croccanti ma senza andarne a coprire mai il gusto. Inoltre, la pastella non va lavorata a lungo, anzi, praticamente solo il tempo minimo indispensabile ad amalgamare gli ingredienti. La temperatura ben fredda della tempura prima di procedere al suo uso è fondamentale a dar vita ad uno shock termico che all’immersione del prodotto in olio per frittura bollente porterà immediatamente al rapprendimento della pastella.
Altra caratteristica della tempura è di presentarsi spesso di colore chiaro, bianco o al massimo giallo tenue: questa caratteristica è data sia dagli ingredienti di base utilizzati per la pastella, sia dal brevissimo tempo di frittura. Come già menzionato, la tempura nasce infatti per essere un sottile film di rivestimento a cottura rapida, così come dovrebbe esserlo sempre ciò che contiene al suo interno. La tempura si usa infatti soprattutto su pezzi piccoli a rapida cottura, o se necessario su pezzi di cibo precotto, per non prolungare troppo la cottura in immersione in olio e dunque portare anche ad un cambio di colore e consistenza della parte esterna (con eccessiva perdita d’acqua). Oggi si friggono in tempura, oltre le verdure, anche calamari, filetti di pesce, gamberi, frutti di mare e tanto altro: a voi divertirvi per una croccante e golosa cucina d’estate!
La
ricetta del mese: Baccalà in tempura di fiori di zucca
Ingredienti per 4 persone: Fiori di zucca, 12; Farina 00, q.b.; Olio per friggere, q.b. Per il baccalà: Baccalà ammollato, 400g; Latte, 200ml; Acqua, 200ml; Olio extravergine d’oliva, 100ml; Sale fino, q.b.; Pepe nero, q.b. Per la pastella: Farina 00, 150g; Amido di mais, 150g; Acqua frizzante ghiacciata, 240ml (circa); Sale, q.b.
Tagliate il baccalà (lasciato ammollare in acqua in frigorifero per 3 giorni con ricambio frequente) in pezzi (mantenendo la pelle) e mettetelo in una casseruola con l’acqua ed il latte. Fate cuocere il tutto a fiamma dolce schiumando se necessario. Quando il baccalà sarà diventato tenero, rimuovetelo dal liquido di cottura, eliminatene la pelle e le spine e lasciatelo freddare. In seguito, mettetelo in un mixer e frullatelo unendo a filo l’olio. Regolate infine con il sale e il pepe e tenete da parte in frigorifero. Nel frattempo, in un recipiente preparate una pastella lavorando velocemente gli ingredienti, aggiungendovi al termine l’acqua, e mescolate con una frusta fino al raggiungimento di una densità fluida. Riponete la pastella in frigorifero, affinché risulti ben fredda al momento dell’utilizzo. Pulite i fiori di zucca avendo cura di rimuovere i pistilli e i sepali con delicatezza. Con l’aiuto di una sacca da pasticceria, farcite i fiori di zucca con la crema di baccalà. Passate ciascun fiore farcito prima nella farina, poi nella pastella e friggetelo in immersione in olio bollente. Scolate i fiori su carta da cucina e serviteli caldi in tavola.
Popoli
Sulmona
Polpenazze del Garda: Successo per la IX edizione del Premio Eccellenze
Si è svolta con successo la nuova edizione del Premio Eccellenze a Polpenazze del Garda presso Cantina Bottenago. La serata di gala ha ospitato per l’occasione i professionisti dell’imprenditoria che portano avanti con grandi risultati ed elevata qualità in Italia e nel mondo il “Made in Italy”. La manifestazione, giunta alla nona edizione, quest’anno ha premiato dieci imprenditori che si sono contraddistinti per valore, etica e tradizione.
Il riconoscimento di questa edizione è stato conferito a Orlando Redolfi di Autorlando (Pedrengo, Bergamo), uno dei preparatori di punta della casa automobilistica Porsche. La sua officina, Centro Autorizzato Porsche dal 2006, creata nel 1972, oggi conta uno staff di 12 persone ed è punto di riferimento per tutti i porshisti d’Italia alla ricerca di un assetto performante e prestazioni al top; Marco Cornali di LMG Building (Corteno Golgi, Brescia e Bergamo), impresa di eccellenza specializzata in edilizia pubblica e privata e gestione ambientale da 40 anni punto di riferimento in tutto il Nord Italia; Cal.Fer (Pedrengo, Bergamo), impresa di riferimento per il settore della sagomatura dell’acciaio per cemento armato con due stabilimenti, con 60 dipendenti e collaboratori, un fatturato di oltre 20 milioni di euro all’anno e una clientela diffusa in tutto il Nord Italia; Zampetti Immobili (Milano), la prima agenzia italiana che segue tutte le fasi della compravendita, legale, burocratica e dell’intermediazione.
Pierantonio Rota di Falegnameria Rota Defendente (Roncola, Bergamo), attività storica a conduzione famigliare specializzata nella realizzazione di serramenti e infissi, nata 63 anni fa e diventata una realtà di riferimento del settore dei serramenti in tutta la Lombardia; Mario Mazzoleni di ART EVENTS (Bergamo), società con sei prestigiose gallerie d’arte in Italia che promuove e celebra l’arte in tutte le sue forme; Andrea Bertè (Ponteranica, Bergamo), cantante che dopo essersi fatto notare nel talent show “The Voice” ha ricevuto ufficialmente la consacrazione del grande pubblico; S.A. Engineering (Arcore, Monza Brianza), azienda attiva dal 1978 nel settore dell’insonorizzazione industriale e civile, specializzata nella realizzazione e installazione di soluzioni antirumore su misura; Ogni edizione viene scelto inoltre un personaggio publico del mondo dello spettacolo e della cultura che si è contraddistinto per la valorizzazione e la promozione della cultura italiana, della storia e della comunicazione, ritira il premio conferito dal manager Beppe Pettinato, Drusilla Gucci per essersi distinta portando alla luce tematiche culturali importanti e che si sono dimenticate, quali la mitologia e il rapporto con il mondo naturale. Da quando l’uomo si è scostato dal mito e dai suoi simboli trova più difficoltà ad affrontare le proprie problematiche psichiche e coltivare un’interiorità ricca e sana. La mitologia e i riti ad essa collegati fornivano simboli che aiutavano il progresso spirituale umano.
La serata è stata magistralmente presentata dal conduttore Tv Anthony Peth affiancato da Benedetta Mazza.
Main Partner di questa edizione Dott. Emanuele Puzzilli.
Durante l’evento sono stati raccolti dei fondi con finalità benefica a favore dell’Associazione Italiana per la Schwannomatosi “Butterfly”.
Gli ospiti si sono intrattenuti fino a tarda sera per festeggiare le eccellenze del Made in Italy tanto amato in tutto il mondo.
Successo al Foro Italico per la terza edizione di FAIR PLAY FOR LIFE
Questo mese permettetemi di parlare di un evento che riguarda anche me, in quanto coinvolta come giornalista e presidente dell’Occhio dell’Arte APS, l’associazione che guido da tanti anni. Penso che parlare di Fair Play, nel tempo difficile che stiamo vivendo a livello globale, possa essere un messaggio utile per i nostri lettori. E allora, buon Fair Play a tutti!
Lo scorso 28 giugno, nel Salone d’Onore del CONI, le inappuntabili regole del Fair Play hanno inaugurato la terza edizione dell’iniziativa “FAIR
PLAY for LIFE”, nel medesimo mese in cui il Comitato Nazionale Italiano Fair Play, dal 2005 guidato da Ruggero Alcanterini, ha festeggiato il traguardo delle trenta candeline di esistenza. Con il patrocinio del CONI e di Sport e Salute, in collaborazione strategica con ACSI - Associazione di Cultura Sport e Tempo Libero presieduta da Antonino Viti, e il supporto dell’ Associazione Culturale Occhio dell’Arte APS condotta dalla sottoscritta. Partners per il 2024 ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) e Associazione MOVE (Arte, Sport, Spettacolo, Cultura).
Versante INFORMAZIONE: premiati i giornalisti Paolo Borrometi, condirettore dell’AGI, da almeno dieci anni sotto scorta per aver raccontato la mafia in Sicilia, e Davide Di Santo, attuale caposervizio e responsabile del sito web de Il Tempo.
Fronte SPORT: il neo campione del mondo a Perth di windsurf freestyle Nicola Spadea, Federica Cappelletti (Presidente della Divisione Calcio Femminile Professionistica – Figc nonché Presidente della Fondazione Paolo Rossi e presidente dell’Accademia Paolo Rossi), il Direttore Scuola dello Sport Rossana Ciuffetti, Michela Moretti Girardengo (Presidente GIRO D’ITALIA D’EPOCA), Andrea Perugini (Presidente PEDALANDO NELLA STORIA), il belga Philippe Housiaux, ex olimpionico e leader nel campo della comunicazione, nonché’ attuale guida dell’European Fair Play Movement, il cardiochirurgo Antonio Lopizzo, tra i fondatori del Comitato Nazionale Italiano Fair Play e Primo Presidente Nazionale nel 1994.
Per lo SPETTACOLO, award al tre volte Premio Oscar Vittorio Storaro e all’Autrice televisiva, teatrale, musicale e sceneggiatrice Carla Vistarini (l'unica donna ad aver ricoperto il ruolo di Direttore artistico del Festival di Sanremo nell'intera storia del Festival).
Infine, per il multiforme contenitore SOCIETÀ, riconoscimenti alla top manager Arianna Dalla Zanna , Amministratore unico di WINECAVE SRLS, ad Antonella Di Tonno (guida della Talamonti, un’icona del rinascimento enologico in Abruzzo e una delle realtà produttive più dinamiche nel mondo dei vini italiani), al Prof. Oncologo Pasquale Montilla, alla leader Anna Pasotti nei panni di Ceo & Founder di SOSTENIBILITA’ D’IMPRESA capace di navigare attraverso i complessi meandri della sostenibilità aziendale valorizzandone principalmente gli aspetti etici e sociali.
Tra gli argomenti toccati: l’origine del concetto del Fair Play, la genesi del CNIFP, il valore della memoria, le regole corrette dell’informazione, la lotta alla mafia, i multiformi talenti nel mondo femminile, la tutela della salute.
La manifestazione – trasversale – è stata dedicata alla difesa dei valori fondanti una Società di Pace – con un inno appositamente composto dal musicista internazionale e sound designer Davide Perico – e ha avuto lo slogan “L’Italia che vorrei, l’Italia del Fair Play!”.
Ha emozionato i presenti, con un breve ed intenso concerto, una nutrita formazione della Banda dell’Esercito Italiano, dal luglio 2019 diretta dal Magg. Filippo Cangiamila, che in questo 2024 festeggia il compleanno dei 60 anni.
Giunti al Foro Italico, per l’occasione, un flash mob di ciclisti.
Hanno partecipato a vario titolo all’evento alti rappresentanti delle Istituzioni nazionali e regionali, nonché prestigiosi premiati delle due precedenti edizioni di “Fair Play for Life”.
Un evento da incorniciare, di cui vado orgogliosa come giornalista coinvolta a condurre sul palco, e come presidente associativa motivata dalla fantastica tela intrecciata dal Presidente CNIFP Ruggero Alcanterini.
FOTOGRAFIA & VIAGGI
by Paolo Paolacci
SALVATORE RAGUSA SUD SUDAN, L’ULTIMA AFRICA
“Ho raccolto parte delle fotografie scattate in un libro personale, che ho intitolato Sud Sudan, l'ultima Africa perché penso che tra poco tempo di questa Africa rimarrà solo il ricordo”. Così in questa intervista il dottor Salvatore Ragusa ci racconta, anche con le sue foto, un mondo che sta per scomparire non solo esternamente.
Perché un viaggio in Sud Sudan?
“Ho viaggiato la prima volta nell'Africa "nera" ormai 41 anni fa, nel 1983, e visitai il Mali e rimasi affascinato dai luoghi che conobbi. Interessato a proseguire l'esplorazione dell'Africa centrale l'anno successivo intendevo visitare il Sudan attratto da alcune pubblicazioni fotografiche riguardanti le etnie che lo abitavano ma mi fu impedito dallo scoppio di un conflitto tra il nord, in prevalenza arabo e mussulmano e il sud abitato da popolazioni di colore, animiste e cristiane ribellatesi alle imposizioni del governo centrale di Kartoum . Questa guerra civile durò più di 20 anni fino a un armistizio e dopo qualche anno un referendum sancì l'indipendenza di quello che ora si chiama Sud Sudan ed è il più giovane stato al mondo”.
Quale esperienza resta di questo luogo?
“Recentemente si è verificata la possibilità di viaggiare nuovamente in sicurezza in quelle zone e ho potuto viaggiare con una piccola spedizione nella provincia di Equatoria , la più meridionale del Paese, confinante a est con L'Etiopia, a sud con Kenia , Uganda e Congo, a ovest con la repubblica Centroafricana. Li vivono diverse etnie che hanno mantenuto in buona parte i costumi e le tradizioni della loro cultura ancora poco contaminata dalla modernizzazione che avanza e che si distinguono tra di loro separati da distanze notevoli in territori di non facile accesso. Le strade fuori dalla capitale Giuba sono in grande prevalenza non asfaltate e per raggiungere i diversi insediamenti , fatti di capanne di varia
forma e fattura , bisogna percorrere vere e proprie piste e spesso lunghi tratti a piedi Le popolazioni visitate sono soprattutto stanziali nei villaggi ad eccezione di quelle che si trovano nella pianura lungo il Nilo Bianco che sono nomadi e allevatori e si spostano col loro bestiame dalle caratteristiche lunghe corna alla ricerca dei pascoli migliori”. Quali differenze sociali e umane hai incontrato e qual è il futuro di un mondo così?
“Da questo viaggio ho riportato dentro di me le immagini di un mondo che sta per scomparire incalzato dal mondo moderno che non sempre significa progresso ma a volte anche violenza e sfruttamento oltre a una perdita di cultura che è perdita di identità e radici, come ho avvertito in precedenza nei viaggi che ho fatto in altri paesi africani durante i quarant'anni passati da quel primo , indimenticabile , in Mali. Molti paesi usciti dal colonialismo sono caduti in mano a dittature o afflitti da guerre tribali, aggrediti dall'estremismo islamico e ora depredati dai nuovi colonialisti cinesi, russi, arabi. Ho raccolto parte delle fotografie scattate in un libro personale, che ho intitolato " Sud Sudan, l'ultima Africa" perché penso che tra poco tempo di questa Africa rimarrà solo il ricordo”
La prossima sarà una vacanza?
“Ora ho altre parti del mondo da scoprire e anche vacanza più facili da fare”.
Salvatore Ragusa, nato per caso a Marostica (VI) da padre siciliano e madre milanese, ha vissuto a Milano dove ho fatto l'Università e si è laureato in Medicina e iniziato a lavorare come specialista in Ortopedia fino al trasferimento a Malcesine (VR), nel cui ospedale ha lavorato per 35 anni. E’ amante del viaggiare e ha visitato diversi paesi nel mondo. Nel 2021 ha pubblicato il libro "Un'anima in viaggio", con lo pseudonimo di Salvalago, dove parla di esperienze di vita ordinarie e straordinarie, di viaggi interiori ed esteriori.
Chi è Salvatore Ragusa
by Francesca Ghezzani
LUCA GIUMAN
“AL PRESENTE, TUTTO”
Luca Giuman è tornato in libreria da alcuni mesi con “Al Presente, Tutto” per la casa editrice Il Ciliegio, collana di Narrativa. Veneziano di nascita e colombiano di adozione, è esperto di sviluppo internazionale e diritti umani con le Nazioni Unite in Palestina, Haiti e in vari paesi dell’America Latina e dei Caraibi. Ha vissuto a lungo in Honduras e proprio qui ci porta con il suo libro, quando il Presidente viene arrestato e detenuto dai militari per essere poi deportato in Costa Rica.
Luca, quali pensieri sono passati nella tua mente da quel periodo, che hai vissuto in prima persona, al momento della stesura?
“Al Presente, Tutto’nasce dall’esperienza di vivere in Honduras durante il periodo di un colpo di Stato, e dall’avere avuto l’opportunità di accompagnare le organizzazioni che si sono coraggiosamente opposte al golpe per vari mesi. L’origine del materiale che uso nelle descrizioni del romanzo sono i miei quaderni d’appunti e il registro fotografico. Per scrivere il libro avevo dunque a disposizione non solo la mia memoria, ma un ampio registro di eventi e aneddoti. Avevo registrato attentamente le parole della gente, i cori che venivano cantati per strade, i timori dei manifestanti, le cariche della polizia e cosa succedeva la notte, durante i prolungati oscuramenti. Queste testimonianze costituiscono la base storica del romanzo. Per scrivere la storia, però avevo bisogno di mettere questi aspetti in prospettiva. La mia inquietudine era tro vare le domande a cui volevo dare una risposta. Cercare il punto di do manda attorno al quale fare girare i personaggi. E le domande che mi interrogavano con insistenza erano relative al coraggio e alla relazione tra il cittadino e la collettività, tra l’individuo e il potere. Per anni ho riflettuto al si gnificato di ciò che ho vissuto durante il colpo di Stato in Centroamerica, e guardando indietro mi sembrava che rimanesse dentro di me la convinzione che in quel momento, tutti noi, stavamo vivendo un episodio in cui potevamo mettere in strada il nostro coraggio, potevamo vedere con chiarezza ciò che era giusto e ciò che non lo era. Sapevamo con certezza che esistono valori collettivi, comuni, democratici, che danno valore alla vita. E verso quei valori ci siamo inclinati”.
Cito, di Albert Camus in “L’uomo in rivolta”, quanto troviamo nel tuo libro: “È questa la pazza generosità della rivolta, che dà senza indugio la forza d’amore e rifiuta senza dilazioni l’ingiustizia. Il suo onore sta nel non calcolare nulla, nel distribuire tutto alla vita presente e ai suoi fratelli vivi. In questo modo essa giova agli uomini di là da venire. La vera generosità verso l’avvenire consiste nel dare tutto al presente”. Mi piacerebbe un tuo commento al riguardo.
“In Al Presente, Tutto parlo di una generazione di giovani che, dopo la rottura dell’ordine costituzionale, ha preso la decisione di opporsi. Si è rivoltata contro un’ingiustizia. Il saggio di Albert Camus che cito, inizia con queste parole: un uomo in rivolta è un uomo che dice no. Menziona uno schiavo che per tutta la vita ha ricevuto ordini, e che d’un tratto reputa inaccettabile sottostare a un altro comando. È a questo che ho assistito in Honduras:
un risveglio collettivo. Questi giovani e queste ragazze si sono alzate in piedi e hanno detto no. Si sono alzati e hanno marciato per giorni, sotto il sole leonino, con i più poveri, con quello che chiamiamo “popolo”. Hanno messo in gioco la propria integrità fisica in difesa di un ideale. In Europa, forse lo diamo per scontato, ma la democrazia, in molte parti del mondo è una realtà che va difesa, perché sono molte le forze che la minacciano. E vedere questo coraggio, questo candore, a me metteva i brividi. Al Presente, Tutto è un libro sulla superazione dell’egocentrismo. Sull’idea di trovare nella rivolta un gesto d’amore per gli altri e per chi verrà dopo di noi. La forza d’amore che rifiuta senza dilazioni l’ingiustizia, che è generosa verso il presente, al punto di mettere il proprio cuore su un piatto. E che nel presente vive una vita intera”.
Sempre in una delle tue pagine leggiamo, all’interno di un dialogo: «Alla gente piace farsi gli affari suoi.»… «Alla gente piace star tranquilla e che la lascino dormire in pace.» Tu, viaggiando per tutto il mondo, che idea ti sei fatto delle persone, o per meglio dire, dell’umanità intera a prescindere dai confini geografici?
“Incarniamo le contradizioni, questo è ciò che contraddistingue la nostra specie — siamo un coacervo di contraddizioni. Possiamo mettere a rischio la nostra vita per le persone che amiamo, per la patria, per dei valori. Sappiamo essere nobili. Le nostre anime aspirano a ciò che è sublime ed eterno. Ma siamo anche animali feroci, in grado di ogni forma di grettezza e violenza. Ci hanno socializzati come lupi, e come lupi possiamo comportarci. Ho visto nelle strade di Porto Principe il livello di degrado a cui possiamo condurre i nostri simili. E nei campi di migranti, alla frontiera del sud del Messico, la violenza con cui trattiamo chi è straniero, al punto di mettere in una fossa comune il neonato di una donna africana che non aveva con che pagare i servizi funebri. In ogni paese madri e padri si svegliano per costruire un futuro migliore per i propri figli, i giovani partecipano in attività di volontariato, o c’è chi dopo la pensione dedica il suo tempo per insegnare una nuova lingua agli immigrati. L’empatia, la dolcezza, l’amore, che convivono nel nostro animo con la violenza possibile, l’egoismo o l’avarizia. Siamo così a livello individuale, ma anche di nazioni: la nazione schiavista, o la nazione con aspirazioni imperiali. Questo costituisce la tragedia umana, che si trasmette di generazione in generazione. E questa è la materia dei miei libri. Gli esseri umani sono angeli terribili, indomabili, votati all’amore e alla depredazione, capaci di bellezza e di orrori”.
Vivere la Storia è per te un privilegio?
“Vivere è un privilegio. Avere uno sguardo lucido per osservare il mondo è un privilegio che accompagna il primo. Avere un corpo sano che ci permette di attraversarlo ne è un altro, così come l’opportunità di avere studiato. Non dobbiamo dare nulla per scontato. Non
lo è. Non lo è per moltissime persone. E quando si vive, e si tengono gli occhi aperti, e si cammina per il mondo, senza timore, allora la storia ci si apre davanti. È così che ho visto il processo di pace in Colombia, il colpo di Stato in Honduras, e in Bolivia, la repressione del regime di Maduro in Venezuela, o l’occupazione Israeliana della Palestina, e Gaza prima che fosse rasa al suolo. È la curiosità, e la determinazione di fare della ricerca un modo di vita. Perché nella Storia, con la esse maiuscola, come la definisce lei, in fondo ciò che cerchiamo non è il fatto di cronaca, ma la natura umana, la sua essenza, che si svela dietro al tendone della Storia. Perché nel momento della tragedia, nel momento della rottura dell’equilibrio, è come se ci accendesse una luce, e quella scintilla ci permette di intravedere lo spirito umano. E se le religioni hanno un valore, allora nello scorgere la verità della natura umana, si intravede anche Dio, che è ciò che la precede e ciò che l’attende. Mi capisce? L’unione, tra il singolo e ciò che ci supera. Tra le radici e il destino ultimo del cammino. Ed è questo il privilegio di assistere alla Storia; la Storia ci può svelare l’anima umana — la mette a nudo. Chi siamo? Parte di che sistema che ci oltrepassa? E quando si arriva ad avere un’intuizione di questo tipo, come quella che racconto attraverso le parole di Davide, seduto tra i feriti in un ospedale, quando in un momento di epifania crede di intravedere l’assoluto negli altri, allora si ha voglia di raccontarla, di condividerla. Lì l’origine di Al Presente, Tutto”.
Farai leggere questo libro ai tuoi figli quando saranno più grandi?
“Ai miei figli provo a trasmettere l’amore per i libri e la lettura. Vorrei che leggessero Tolstoj, e Steinbeck o Grossman e Zolà, Valeria Luiselli e Juan Rulfo. Vorrei che leggessero i grandi autori della letteratura, ma anche che si incuriosissero per la storia, la filosofia e le religioni. Il tempo è prezioso, e ci sono autori e autrici, come Morante o De Beauvoir che vanno lette. O libri, come il Bhagavad Gita o il Dhammapada che si devono conoscere. Perché essere alla presenza dei grandi intelletti che ci hanno preceduti è come fare una chiacchierata con una maestra benevola. Ciò che io scrivo è insignificante, ma la lettura, come pratica, è una cosa meravigliosa. Lo stato mentale di attenzione e di riflessione che genera la lettura è qualcosa che va difeso, soprattutto in questi tempi d’immediatezza e ansietà. Spero che i miei figli leggano ciò che li attira, e, se sono come me, si incuriosiranno per ogni cosa. Questo è molto più importante, per trovare il proprio cammino, che vivere all’ombra di un padre. E se un giorno sentiranno che vogliono conoscere ciò pensava il loro papà, come vedeva le cose, e come leggeva la vita, allora saranno loro ad avvicinarsi ai miei libri. Ma qualcosa mi suggerisce che questo succederà quando non vivranno più sotto il mio tetto, o sotto lo stesso cielo, forse quando avranno voglia di ascoltare di nuovo una voce che è ormai lontana”.
by Marisa Iacopino
STEFANO MARINUCCI
“C’ERA UNA VOLTA LA COLLATINA ANTICA” UN’UTOPIA ARCHEOLOGICA
Sugli scaffali delle librerie fa bella mostra di sé, tra le guide atipiche per camminatori urbani, “C’era una volta la Collatina antica”. Reportage itinerante, racconto della trasformazione di un paesaggio.
Stefano Marinucci, scrittore dell’ambiente, traccia dieci itinerari da Porta Tiburtina all’antica Gabii. E’ un percorso lungo un tratto di Roma che sembra aver smarrito la memoria della sua Storia; luoghi in cui il degrado moderno è il triste controcanto alle gloriose rovine del passato.
Abbiamo chiesto all’autore di raccontarci quest’esperienza.
Quanto è durato il “cammino narrativo” fino a Gabii?
“In totale, il cammino è durato quattro giorni e tre notti, è iniziato in primavera e si è concluso in un altro periodo dell’anno. Il libro sottolinea i diversi colori delle stagioni”.
Ammaliante la lingua: prosa precisa, asciutta, a volte impastata di poesia. Di professione, sei un tecnico ambientale. Come è nato l’interesse per una narrativa d’inchiesta dedicata a questa zona periferica della città?
“Con il lavoro di tecnico ambientale ho conosciuto molti luoghi in zone industriali dove andavo a campionare, e che poi ho ripercorso. Per esempio, le Latomie di Salone, antiche cave di tufo con laghetti privati, che dovrebbero essere tutelate. Attraverso questa nuova narrazione, è subentrata l’altra voce, che è quella della Storia, della Mitologia”.
Hai svolto anche un’indagine semantica: per affermare la devastazione criminosa dei luoghi, ti sei fatto onomaturgo, coniando un nuovo termine. Ce lo racconti?
“’Archeocidio’. Un termine che dovrebbe essere inserito nel vocabolario insieme a genocidio, femminicidio. Si riferisce a luoghi d’arte e strutture antiche depredate non solo per costruire altri mo-
numenti, come in antichità, ma devastati per semplice abbandono, incuria. Pensiamo alla ‘Fullonica’ di Casal Bertone, la più grande dell’impero romano. Un impianto industriale imponente misteriosamente scomparso dai radar degli archeologi. I cittadini aspettavano un sito musealizzato, e invece è stato tutto nascosto, i reperti sepolti in depositi”.
La Fullonica, sito archeologico da ritrovare, per l’epoca non era però fonte di inquinamento?
“Effettivamente si trattava di un luogo nefasto. Uno dei primi siti industriali inquinati d’inizio impero. Durante gli scavi hanno scoperto scheletri infantili. Ciò significa che in quel comparto erano presenti bambini, oltreché donne che pestavano panni dalla mattina alla sera respirando ammoniaca, sostanze sulfuree, urina”.
Tanti gli incontri fatti in quindici chilometri di percorso: Remo, Eriona, Bruto, Antonio. A quali di questi personaggi sei più affezionato?
“Ognuno ha una sua caratteristica letteraria. L’ispi-
razione viene da persone che ho incontrato non solo in questo cammino, ma anche nel mio percorso di tecnico ambientale. Eriona, ad esempio. Una ragazza albanese venuta a Roma per vie avventurose. E’ uno dei personaggi chiave, è riuscita a scampare a un paio di insedia menti Rom, a trovare alloggio nella casa dello studente e a terminare gli studi”.
Ci sono poi personaggi mitici, come Lucrezia. Chi era esattamente?
“Si tratta di un’antica ma trona dalla vita esemplare. Lucrezia ha una forte va lenza simbolica e religiosa. uno dei racconti mitici più significativi dell’immaginario romano, parla della donna nella civiltà romana, di violenza sessuale, adulterio, di ruoli familiari. Abbiamo avuto due possibilità di riportare alla luce Lucrezia: nel 1972 e nel 2009, per il cantiere della Tangenziale Est. Non abbiamo sfruttato né l’una né l’altra. L’antica cittadina di Collatia, dove Lucrezia ha vissuto, dove sarebbe nato il seme della Repubblica di Roma, è stata distrutta per sempre. Quello che gli archeologi hanno potuto asportare si trova al Museo delle Terme di Diocleziano, il resto è stato nuovamente sotterrato. Oggi le macchine sfrecciano sopra un luogo sacro ridotto a suburbio malsano. Degli antichi fasti, non rimane che
uno scarno cartello: Uscita 15 La Rustica”. Questo è il tuo secondo libro. Per il futuro che progetti hai? “Il primo libro, ‘Il maestro delle Soffianti’, per Malatempora, era una raccolta di racconti, ed è appena uscito il terzo, dal titolo ‘Guida ai Fiumi di Rom’a. Lavorerò ancora sul patrimonio storico-artistico della città, ma non posso svelare altro”. Tu sostieni che “abbiamo estinto il genius loci, lo spirito del luogo”. Cinzia Tani, che ha curato la prefazione, scrive del tuo libro che è “un romanzo curativo dell’animo della nostra città.” In conclusione, si può dare una risposta alla domanda che tu stesso poni: “Nei millenni della sua civiltà l’uomo ha saputo creare tanta bellezza. Oggi è capace di rinnovarla o tute-
“Penso di sì. Ci sono esempi illuminanti. Mi vengono in mente il Macro, all’ex Mattatoio, il Maxi, un museo di arte contemporanea che nasce da un luogo degradato. E ancora luoghi magici, come il Parco della Caffarella che conserva importanti reperti. Bisogna ripartire dal basso, dalle istanze dei cittadini. Occorre pensare all’ambiente e agli ecosistemi come un insieme che riguarda la nostra salute, la cultura, la bellezza. A Roma ci sono tante aree che non riescono a emergere per mancanza di fondi o, forse, di volontà. Eppure basterebbe poco per riscoprirle, tutelarle per dare ancora un senso al nostro paesaggio. Insomma, rimbocchiamoci le maniche e riappropriamoci di un territorio che ci appartiene!”.
by Rosa Gargiulo
La voce di Anna
Anna Annunziata narra, attraverso le poesie, il suo trauma personale, dando parola alle ferite ancora sanguinanti che l’infanzia violata ha provocato. Anna non ha stabilità, non ha sicurezza, non ha una pelle protettiva. L’unica cosa davvero “sua” sono i quaderni e i libri che le fanno compagnia. Negli ultimi anni una certezza si è fatta spazio nell’animo dell’autrice: raccontare la sua storia per seppellire i fantasmi. Questo libro, attraverso la poesia, racconta di una donna impegnata ad evitare la gente, le relazioni, la vita. Parla di difese, stati d'animo, rappresentazione di sé e la lontana speranza del riscatto. La voce di Anna (78edizioni) è la sua prima pubblicazione. La poesia che cura!
La storia di Giacomino
Giacomino è un bambino vivace e curioso, ma a volte anche un po’ sbadato. In alcune circostanze è intollerante alle regole, altre volte si comporta come un bulletto. È lui il protagonista del nuovo libro di Annunziata Gallo, ex insegnante e scrittrice per bambini, che torna con una storia dedicata al “buon comportamento”: La storia di Giacomino (Voglino Editrice).
In realtà, il bambino vorrebbe comportarsi bene e non combinare guai, ma chissà perché ottiene sempre il risultato opposto. Tra una disavventura e l’altra, si sforza di cambiare e di scoprire il segreto di un comportamento adeguato al suo benessere ed a quello degli altri.
L’incontro con un cucciolo di cane e la nascita della sorellina Sofia gli faranno scoprire sentimenti sconosciuti, spronandolo a migliorare e riflettere, prima di intraprendere azioni potenzialmente dannose.
Letti per Voi
La donna che fugge
Alicia Gimènez Bartlett ci propone la nuova indagine di Petra Delicado, nel romanzo “La donna che fugge” (Sellerio). Accompagnata dal suo vice, Fermìn Garzòn, Pedra si aggira tra i vicoli di Barcellona e dintorni, investigando con intuito e senza lesinare polemiche e battibecchi. Stavolta lo scenario è quello degli ambulanti dello street food, che Garzón considera «saltimbanchi senza tetto». Da qui, le schermaglie comico-giocose tra l’ispettrice e il suo aiutante, che danno il ritmo alla storia – e all’intera serie. Ad aiutarli, Bob Castillo, simpatico quarantenne il cui socio è stato ucciso, accoltellato al cuore, proprio all’interno del furgone di specialità francesi. Scavando, Petra e Garzón scoprono una ricevuta intestata a una donna francese, che però è irreperibile. Il suo passaporto è addirittura falso, come risulta falso anche quello della vittima. Un «tunnel di cui non si vede l’uscita» che rafforzerebbe l’ipotesi del commissario Coronas, a proposito di eventuali implicazioni legate alla criminalità organizzata.
Ma Petra non ne è convinta e, scarpinando per Barcellona insieme a Garzón, si infiltra in un vero e proprio gioco di ombre. Come sempre, un giallo ricco di umori picareschi e satira sociale.
Petra Delicado, ispettrice della Policía Nacional di Barcellona, è una detective hard boiled al femminile, immersa nell’atmosfera ruvida e passionale del “giallo latino”, femminista senza rinnegare il caratteristico intuito delle donne.
by Roberto Ruggiero
BIBLIOCABINA “PRONTO CHI LEGGE?” A PRATOLA PELIGNA
Inaugurata a Pratola Peligna (Aq) la BIBLIOCABINA, che ricalca il modello inglese del Bookcrossing. Allestita nella Villetta Comunale di Pratola, scopo dell’iniziativa è quello di favorire lo scambio e la condivisione di libri – promuovendo il piacere della lettura tra lettori di tutte le età, a cominciare naturalmente dai più piccoli.
L’iniziativa è stata promossa dalla consigliera comunale Marialaura Iacobucci, a cui tutta l’amministrazione - guidata dal sindaco Antonella Di Nino - ha dato ampio sostegno. “Essendo consigliere con delega alla Scuola, ma prima ancora un'insegnante e soprattutto una mamma, cercavo qualcosa che potesse riavvicinare i bambini e i ragazzi alla lettura, allontanandoli un po’ da tutta la tecnologia da cui siamo pervasi. Cercavo un'idea originale, che potesse catturare la loro attenzione: nasce così il progetto BIBLIOCABINA, PRONTO CHI LEGGE?” ci racconta la consigliera Iacobucci, con grande entusiasmo.
L’amministrazione si è adoperata nei mesi scorsi, chiedendo alla TIM l’autorizzazione a utilizzare l’unica cabina rimasta in paese, che diventa in questo modo una postazione attiva di cultura e aggregazione, scambio e incontro, attraverso il magico mondo dei libri.
“Il mio obiettivo era creare una biblioteca che potesse essere di facile accesso a chiunque, a qualsiasi ora del giorno; le regole sono quelle classiche del Bookcrossing: lascio un libro e ne prendo un altro in prestito. Ho voluto che il progetto fosse inclusivo, e che coinvolgesse gran parte della comunità, per renderla parte attiva.” spiega ancora la Iacobucci.
All’allestimento della Bibliocabina hanno, infatti, partecipato un falegname locale, per la scaffalatura, i ragazzi del CENTRO DIURNO DELL'AUTISMO - che l’hanno impreziosita con i loro disegni, un tipografo locale per le belle scritte che le hanno dato un’identità, e le scuole, con la donazione di libri.
“Cultura e sociale, un binomio commovente a guidare la realizzazione di questo piccolo grande progetto a servizio della nostra comunità.” commenta il sindaco Antonella Di Nino, a margine dell’inaugurazione.
“DI SABATO POMERIG-GIÒ”
CUSANO ITALIA TV: SI CONCLUDE LA PRIMA EDIZIONE
E’ finita in bellezza la prima edizione del programma “Di Sabato Pomerig-Gio”, ideato e condotto da Giò Di Sarno e prodotto da Cusano Media Group per Cusano Italia Tv Un anno ricco di soddisfazioni per Gio’ Di Sarno, cantautrice, giornalista e autrice tv, oltre che presentatrice.
Dopo il day-time di L’Emigrante sempre su Cusano Tv nella stagione ‘22/’23, Giò è stata promossa al sabato con un programma di intrattenimento di tre ore in diretta nazionale. Visibilmente emozionata ha chiuso in bellezza le 40 puntate festeggiando il primo classificato del Contest “Io Canto per…”, e premiando tutti i collaboratori che a vario titolo hanno collaborato alla trasmissione. Indubbiamente Giò è una leader che ha saputo guidare una carovana molto complessa, scegliendo collaboratori capaci di stare al suo passo che è svelto, non solo per la falcata. Dotata di grande velocità mentale, non perde mai la concentrazione. Quello che la contraddistingue è anche l’umanità che mette in tutto quello che fa e che contagia con tutta la sua origine “vesuviana”, come lei stessa ammette. Una solida intesa quella con il M° Alex Parravano,
che via via andando avanti nel programma ha saputo con professionalità e disponibilità far diventare un tassello indispensabile per tutta la trasmissione interpretando oltre 250 canzoni dal vivo, dal napoletano all’arabo, passando per la lingua francese e inglese.
Cinque rubriche:
L’Emigrante, ideato e condotto da lei stessa. Interviste appassionate e intime, attraverso racconti di vita vissuta;
IusArte Libri (il Ponte della Legalità) ideata e condotta dall’avv. Antonella Sotira, la quale ha invitato molti degli scrittori che si sono avvicendati negli 11 anni dell’omonimo premio Letterario; Pittori a Confronto, idea di Giò, presentata e organizzata con cura e professionalità dall’artista e docente calabrese, Mauro Russo. Una novità assoluta in Tv;
Sapore di cinema, ideata e condotta da Graziano Marraffa, presidente dell’archivio storico del cinema italiano. Un viaggio affascinante nell’enorme panorama culturale del nostro cinema; L’oroscopo Colto. Curata dallo stilista, giornalista, co-
noscitore di segni e simboli, Massimo Bomba. I 12 segni zodiacali spiegati con ironia e sarcasmo. All’interno della rubrica non sono mancati i duetti tra Bomba e la Di Sarno, appassionando il pubblico tra serio e faceto. Ultima ma non per ultimo, il contest Io Canto per…
Vincitore assoluto il giovanissimo cantautore romano Lorenzo Venditti con il brano Ed Io. Tre ex aequo: Giulia Pagano che si è esibita accompagnata da due ballerine in un classico di rhythm and blues Lady Marmalade, Luca Segnalini con un brano di sua composizione Quanto costa sorridere e con il brano Danza gitana i Babols, che hanno brillato non solo per i costumi scenici ma anche per aver fatto incetta di premi.
80 i cantanti che si sono alternati fino ad arrivare solo in 4 alla finale di sabato 29.
Il primo posto si aggiudica la produzione di un brano musicale e relativo videoclip, offerto da Planet Record di Guido Planeta, il trofeo realizzato a mano, pezzo unico ed esclusivo del M° artigiano Mauro Carrazza, creatore di Ferrum Jewels. I tre secondi posti si sono aggiudicati un Trofeo esclusivo sempre del M° Carrazza
La produttrice Sara Lauricella ha offerto due premi ex aequo, Premio Promo Start a Marco Soncina, eliminato ai quarti di finale e a i Babols
Mentre con la etichetta LaLa Label, ha offerto un contratto discografico per un brano a Mossa, eleminato alle semifinali.
Infine il Premio Giuria Interna. Giuria composta da: Alessandro Cerreoni – editore e direttore responsabile di GP Magazine; Elena Parmegiani, giornalista di costume e direttrice di Galleria del Cardinale Colonna e Coffee Hause di Colonna; Remo Francesconi, ideatore Festival della canzone d’Amore (premio San Valentino), manager musicale di grandi nomi della musica italiana, Mino Reitano su tutti; Antonella Polini, presidente della Background Model Management e Luca Angelosanti, autore e produttore. Anche questo premio è andato a i Babols. Preziosa la collaborazione delle due hair stylist Asia Barbosi e Siria Cipolla, arrivate in trasmissione grazie ai docenti Lello Sebastiani e Jessica Recine. Altra collaborazione che ha reso l’immagine di Giò impeccabile è quella con la Boutique Meravigliosamente Donna, di Viterbo, che ha saputo individuare look adatti alla figura maestosa della front woman, assieme alle mani fatate dell’hair stylist Barbara Ercolani
Numerosi i collaboratori, dalla social media manager Beatrice Mazzoni alla PR Lucy Bove. La regia ufficiale del programma è stata di Lorenzo Rocchi, e in 40 puntate qualche volta si sono alternati altri registi: Manuel Mazzei e Lorenzo Fantin. Le scenografie sono state curate dal direttore creativo di Cusano Italia Tv, Antonello Risati.
Alla fine dell’ultima puntata una mega torta per 50 perone a sigillare l’enorme successo di un sabato pomerig-Giò all’insegna della Cultura a 360 gradi.
SPETTACOLO
by Alessio Certosa
EMANUEL CERUTI E LA COMICITÀ GENUINA DEI VICO ALLERIA
Emanuel Ceruti dalla tv al teatro sino ad arrivare al web. Una comicità genuina che abbraccia il quotidiano e differenti generazioni. Raccontaci un po’ il tuo percorso fino ad oggi. “Il mio percorso è un po’ “atipico”. Di solito il percorso è all’ inverso, molti dei miei colleghi hanno iniziato sul web per poi approdare in tv. È stato un percorso del tutto casuale”, sono partito dalla tv con Made in sud dopo 3 anni di laboratorio e dunque di preparazione alla trasmissione. Insieme a mio fratello (in suo) eravamo i più giovani della trasmissione e un po’ la nostra inesperienza ha pagato ma allo stesso tempo ci ha temprati. È stata una esperienza che mi ha fatto crescere tanto. Successivamente sono approdato sul web dopo la chiusura della trasmissione e dei teatri a causa del “Covid”. Ho dunque di riversarsi sul web con risultati inaspettati all’ inizio e dopo con una crescita costante dedicandomi al 100% alla creazione di contenuti per i social. Il teatro è stata la mia più grande passione, non l’ho mai abbandonato, anche a livello amatoriale. Poi dopo la mia esplosione sui social e grazie al seguito che mi ha donato sono riuscito a portare i miei “followers” a teatro e questa è stata di sicuro la mia più grande soddisfazione artistica”. Che ruolo ha la comicità nella vita delle persone? Sembrerebbe che i trend (e i numeri lo testimoniano) siano in costante crescita anche sul web. La gente ha bisogno di ridere, della serie siamo troppo stressati?
“La risata ha un ruolo fondamentale nelle persone. Io trovo il mestiere del comico un ruolo nobilissimo.
Spesso mi viene detto per strada e in direct su Instagram o nei commenti che siamo riusciti a strappare un sorriso in un momento difficile. Ed è un po’ questo il nostro “compito” distrarre le persone dagli stress costanti della vita e magari mettere in stand-by, per pochi istanti sul web e per un paio d’ore a teatro, i problemi che può riservare il quotidiano”.
SPETTACOLO
Parlaci del vostro nuovo progetto. Vico Alleria è un collettivo di comici che ha quali obiettivi? Raccontaci tutto di voi.
“Vico Alleria nasce dopo in progetto teatrale durante all’incirca un anno. Tutto il gruppo di Vico Alleria fa parte della mia compagnia teatrale che ha messo in piedi lo spettacolo “click”, e dopo il grande successo avuto in teatro e la forte coesione tra noi ci ha spinti a continuare a collaborare insieme e portare il progetto sul web con l’aiuto della mia agenzia 2Watch che entusiasti hanno subito sposato il progetto. È raro che sul web dei giovani collaborino senza alcun tipo di invidie, anzi con passione e amicizia”.
Affrontate una comicità genuina e comprensibile a tutti. Ci sono però delle tematiche sociali di cui sentite l’esigenza di comunicare con il vostro pubblico?
“Di solito nei nostri video trattiamo il quotidiano. È
quello che li rende condivisibili dal pubblico del web, ma il nostro scopo è sempre quello di lasciare un piccolo messaggio e perché no anche un insegnamento. Ad esempio trattare la forte difficoltà di noi neo trentenni ad affermarci lavorativamente e affettivamente in questa società moderna. Viviamo in un’epoca che ci dà molte opportunità ma poche certezze e stabilità sotto tutti i punti di vista, nel privato come nel lavoro”.
La comicità in tre aggettivi è perché.
“Altruista. Benefica. Pura. Tutti e tre gli aggettivi scelti sono legati alla risata. La comicità dunque la risata fa bene al mondo. la risata come l’applauso è un gesto istintivo senza alcuna struttura, ma che viene dritto dal cuore, senza pregiudizi senza, senza pensarci fin troppo e dunque pura”.
Il vostro è un pubblico molto ampio dai millenials alla Gen Z fino agli over 44. È proprio vero il linguaggio della comicità è universale? Il linguaggio della comicità deve essere universale. Chi lo fa ha sempre un vantaggio in più su tutti. Per esempio Checco Zalone ha sempre parlato a un pubblico ampio e soprattutto trasversale di ogni genere, ogni età, ogni classe sociale. La comicità è una sorta di livella, un po’ come quella di Totò riferendosi però alla morte. Pensandoci sono un po’ due estremi che però in questo combaciano. La risata è un bene di tutti, disponibile a tutti”.
Progetti futuri? Vi troveremo in giro quest’estate? Diversamente sul web ce ne saranno delle belle per il vostro pubblico?
“Quest’estate faremo una data a sorpresa dell’ultimo spettacolo portato in tournée tutto l’inverno dunque rimanete connessi perché a breve riveleremo luogo e data. Dopodiché ci metteremo subito a lavoro per scrivere il prossimo spettacolo per la prossima stagione teatrale. Mentre sul web pubblicheremo costantemente ogni settimana video sul profilo di Vico Alleria, molto probabilmente a breve anche con qualche sorpresa… magari con qualche guest proveniente dal web o dalla TV”.
ALBERTO SORDI SECRET
ANEDDOTI E SEGRETI NEL PRIMO DOCUFILM SULLA SUA VITA PRIVATA
È arrivato nei cinema indipendenti e nelle due catene multinazionali di multisale “Uci Cinemas” e “The Space Cinema” l’attesissimo docufilm internazionale “Alberto Sordi secret”, con la storia inedita della vita privata del grande attore, tratto dal libro “Alberto Sordi segreto” scritto dal giornalista e conduttore Rai Igor Righetti, cugino dell’attore – che ne è anche il regista e sceneggiatore – e pubblicato da Rubbettino editore, giunto all’11ª ristampa. L’opera è uscita in occasione dei 104 anni dell’Alberto nazionale ed è stata presentata ieri alla stampa alla Casa del Cinema di Roma. Righetti ha diretto un cast corale, credibile e ben assortito con grande agilità e naturalezza. Il regista svela allo spettatore, per la prima volta, l’infanzia e l’adolescenza di suo cugino Alberto Sordi che lo chiamava nipotino. E lo fa attingendo ai tanti ricordi vissuti in prima persona o narrati da suo padre e da suo nonno Primo Righetti in situazioni di vita familiare assieme all’Alberto nazionale. “Li ho raccontati attraverso scene filmiche girate in bianco e nero, ambientate tra il 1920 e la fine del 1930, in costume e con auto d’epoca –dice Righetti – che grazie al cast eccezionale emozioneranno e strapperanno tante risate agli spettatori. Inoltre, vedere Alberto bambino così determinato e disposto a enormi sacrifici pur di poter avverare il suo
sogno di diventare l’attore più grande faranno capire tanti aspetti della sua vita personale”.
Del resto, chi meglio di un familiare come Igor Righetti che ha frequentato Alberto Sordi assieme alle rispettive famiglie può conoscere veramente fatti e antefatti? Di grande impatto la fotografia e l’uso sapiente della luce da parte del maestro Gianni Mammolotti, le musiche coinvolgenti di Maria Sicari, le dettagliate scenografie e i costumi di Stefano Giovani.
Il docufilm, emozionante ma anche molto divertente, si compone di una parte documentaristica con gli interventi inediti di amici e parenti dell’attore tra i quali il regista Pupi Avati; l’annunciatrice e presentatrice tv Rosanna Vaudetti; la nipote di Totò Elena de Curtis; il re dei paparazzi Rino Barillari; Patrizia e Giada de Blanck; Sabrina Sammarini (figlia dell’attrice Anna Longhi); Tiziana Appetito e Alessandro Canestrelli (figli dei fotografi di scena di decine di film di Alberto Sordi, Enrico Appetito e Alessandro Canestrelli senior); Jason Piccioni (figlio del compositore e musicista Piero); l’attrice Piera Arico (moglie di Gastone Bettanini, grande amico e primo segretario-agente di Sordi fino al 1965) e la figlia Fiona Bettanini; il segretario di Stato per il Turismo di San Marino Federico Pedini Amati; l’editore Cecilia Gremese; il direttore della fotografia Sergio D’Offizi; il sin-
daco di Sgurgola (paese in cui nacque la madre dell’Alberto nazionale, Maria Righetti) Antonio Corsi; il giornalista Luca Colantoni; la chef del relais “Marchese del Grillo” Emanuela Della Mora; Fabio Bianchi (già presidente dell’associazione Marchese del Grillo), foto di famiglia, video dell’Istituto Luce e audio originali. Non ci sono, quindi, i soliti due nomi celebri con i loro soliti tre ricordi che ormai sanno tutti a memoria. Questa parte si intreccia a un’altra dove la narrazione diventa racconto filmico con personaggi vissuti realmente, in cui viene mostrata l’infanzia e l’adolescenza di Alberto Sordi negli Anni Venti e Trenta grazie alle interpretazioni di attori e attrici amati dal grande pubblico come Enzo Salvi, Fioretta Mari, Emanuela Aureli, Maurizio Mattioli, Daniela Giordano, Dado Coletti, Mirko Frezza, Daniele Foresi, Lorenzo Castelluccio, Emily Shaqiri, Vincenzo Bocciarelli, Fabrizio Raggi, Valerio Mammolotti, Moira De Rossi e a tre ragazzi di età diverse che impersonano l’attore (Marco Camuzzi, Flavio Raggi e Daniel Panzironi). “Nella parte filmica mi sono fermato ad Alberto diciassettenne, al suo ritorno a Roma da Milano, perché l’errore più grave che può essere fatto, ed è stato fatto da un altro film che non a caso è stato un flop – è imitarlo, magari mettendo protesi all’attore che lo interpreta per farlo somigliare all’Alberto nazionale. I suoi fan andrebbero su tutte le furie. Di Alberto Sordi ce n’è stato uno solo”. Un’ottima occasione per scoprire Alberto Sordi fuori dal set, dalle interviste e dalle apparizioni televisive ufficiali. Il docufilm mostra Alberto Sordi uomo, con i suoi pregi e i suoi difetti.
Viene descritto il suo rapporto conflittuale con il padre che non voleva facesse l’attore, la sua attrazione per la nobiltà, la gelosia verso i suoi beni, gli amori mai svelati, l’ostentazione della cultura – che sapeva di non avere – attraverso l’antiquariato e la collezione di libri che non aveva mai letto, la dedizione totale alla sua professione, la scelta di avere pochissimi amici, il grande affetto verso gli animali, la sua mania per le case e la meravigliosa villa di Castiglioncello. E guai a chiamarlo Albertone.
La regia, il soggetto e la sceneggiatura sono di Igor Righetti, una produzione Cameraworks, prodotto da Massimiliano Filippini. Grazie all’iniziativa “Cinema Revolution” promossa dal Ministero della Cultura, “Alberto Sordi secret” può essere visto a 3,50 euro.
La sigla finale è rappresentata dalla prima canzone dedicata a Sordi in chiave stornello romano scritta e interpretata da Igor Righetti e Samuele Socci dal titolo “Alberto nostro” con l’arrangiamento di Phil Bianchi.
STORIE DI RADIO
by Silvia Giansanti
FRANCESCO SCELTA
L’ AMICIZIA CON A NTONELLA C ONDORELLI , VANNI ...
E DA LÌ COMINCIÒ LA SUA AVVENTURA RADIOFONICA
Mai stato scontato o banale al microfono. Francesco ha sempre optato per far vivere emozioni all'ascoltatore
Il nostro entusiasmante viaggio nel tempo prosegue, sempre alla scoperta di quelle voci che hanno dato inizio ad una grande avventura chiamata radiofonia.
Francesco Scelta non è più in onda dal 2000 ed è sempre stato in attesa di qualche occasione che lo soddisfi completamente. Non sempre infatti è facile coniugare i propri gusti con le esigenze editoriali, che oggi mirano solo ad un tornaconto fatto di ascolti e di fatturato. Francesco è un personaggio che si definisce non malleabile e dal suo timbro vocale traspare tutta la sua forte personalità. E' romano di origini siciliane. Francesco non sei più in onda da ventiquattro anni. Nel frattempo non ti è capitata qualche proposta interessante?
“Sì, ma nulla che mi soddisfacesse su tutta la linea. In tutti questi anni ho diretto un tentativo di rimetter su la vecchia Radio Dimensione Suono. Ci siamo incontrati nell'attico del primo fondatore Roberto Giorgio e senza volerlo avevamo pensato bene, in quanto successivamente è avvenuta una fioritura di radio vintage. L'idea era ottima, ma si sono presentate davanti alcune difficoltà tecniche in fatto di frequenze, ecc. Quindi il progetto non ha avuto seguito”.
Quindi non hai mai abbandonato l'idea di fare radio. Dove hai lavorato nel passato?
“Nell'ordine a Dimensione Suono, a Rai Stereo Uno, poi è arrivata L'Aradio Città Uno con Roberto Brandolini, Radio Centro Suono, Radio Radio, Radio Rock e RTL Roma”.
Ricordi la data del tuo inizio?
“Aprile del 1978”.
Com'è avvenuto l'approccio con il mondo radiofonico?
“Ero molto amico di Antonella Condorelli, la nota Regina della radiofonia e così un bel giorno ci vedemmo da Vanni a Roma dove incontrammo il suo collega di Radio Dimensione Suono, Mario Tagliaferri. Dopo aver scambiato due chiacchere, fui invitato il giorno dopo ad andare negli studi radiofonici. La cosa fu veloce, perché avendo la radio dentro, andai in onda quel giorno stesso”.
Per quanto tempo sei rimasto lì?
“Per otto anni ed è stato tutto molto emozionante. Ad un certo punto però mi stavano strette alcune
scelte editoriali a livello di format e ho così deciso di chiudere un capitolo”.
Poi è arrivata la Rai.
“Fui chiamato da Molinari per Stereo Uno a condurre la notte del week end e a seguire tutte le altre esperienze”.
Hai sempre nutrito passione per la musica?
“Certamente, sempre avuta da bambino, sommerso com'ero, da una montagna di 45 giri casalinghi”. Un conto però è amare la musica e l'altro è af-
frontare il microfono.
“Non ho mai avuto paura di buttarmi davanti ad un microfono, avevo timore solo della parte tecnica. Ho sempre amato il rapporto coinvolgente con il pubblico. Quando presentavo i pezzi, non sono mai stato didascalico sulla storia, ma il mio intento è sempre stato quello di far venire i brividi all'ascoltatore, magari prendendo spunto dal testo e facendolo riconoscere in qualche situazione vissuta. E' la mia caratteristica”.
Hai seguito l'evoluzione della radio in questi ultimi anni?
“Sono sempre sul pezzo! Seguo tutto e sono informato anche se non sto al microfono”.
Sei d'accordo sul fatto che oggi esiste la radiovisione?
“No affatto. Sono della vecchia scuola e figlio dei Buggles (Video Killed the Radio Star). Per me la radio deve essere mistero, sogno, magia e immaginazione”.
Qual è il tuo tipo di radio?
“Attualmente mi piacerebbe fare una radio che abbia passato e presente. Non amo il vintage assoluto”.
by Silvia Giansanti
GIANNI TOGNI
“E DIZIONE
“E DIZIONE
S TRAORDINARIA ”
S TRAORDINARIA ”
L’ EVOLUZIONE
L’ EVOLUZIONE
MUSICALE
MUSICALE
Musica
Puntualmente con l'arrivo della bella stagione, Gianni Togni è pronto a sfornare un nuovo lavoro, giusto per rifarci ai classici del suo passato che hanno visto la luce e un enorme successo proprio durante il bel periodo dell'anno. Un inizio avvenuto negli anni '70 e una lunga storia da raccontare quella di Gianni che non si è mai interrotta e che è arrivata fino al 2024. Nel presente c'è l'album “Edizione Straordinaria”, trainato dal singolo “Parole in libertà”. Ogni brano è dedicato a personaggi di storie vere e lo spunto iniziale è nato dalla lettura dei quotidiani. Gli argomenti spaziano dalla natura all'ambiente, passando per l'amore e andando a toccare la vita di strada. Quello che amiamo particolarmente di lui è la sua eleganza, la sua riservatezza e il suo essere creativo senza mai ripetersi. In poche parole un signor artista. Gianni, sei soddisfatto di questo nuovo lavoro? “Sì, ci ho lavorato circa tre anni. Ho sospeso soltanto perché sono stato impegnato con il live nel 2022, in quanto i concerti a causa del covid sono stati rimandati. Ho ripreso subito dopo. Questo è un disco come un giornale, composto da tutte canzoni una completamente diversa dall'altra. Si rifà musicalmente parlando all'indie rock pop internazionale di artisti di nicchia ma che in realtà hanno un grandissimo pubblico. I testi sono tratti da personaggi e interviste di persone famose e non, che ho tratto dai quotidiani. E' molto particolare come storie. Dentro l'album c'è anche un fumetto di dodici pagine che è stato inventato, pensato e inchiostrato da Greg di Lillo & Greg”.
All'interno di questo lavoro c'è un pezzo che ha un titolo davvero curioso “Un marziano lungo il Tevere”. Qual è il suo significato?
“A Roma se si scende giù lungo le sponde del Tevere, ci si ritrova in solitudine ammirando un'altra città, contemplata dal basso. Si ammira un mondo che sopra non si riesce ad immaginare e quindi ci si sente un marziano. Tutto va più lento, quasi senza tempo e così s'immagina uno spazio diverso in cui vivere un'altra vita”.
Dove hai tratto l'ispirazione per questo album in un mondo di cose ormai ripetute e scontate?
“Sono un lettore di quotidiani, di fanzine rock e pop internazionali. L'idea è venuta da queste letture e quindi ho voluto raccontare qualcosa. C'è addirittura una canzone dedicata all'arte, riguardo ad una mostra che ho visto all'estero di Hopper, un pittore americano degli anni '50 e '60. Attraverso le sue opere, aveva intuito cose importanti della nostra società, quel rinchiudersi e non riuscire ad avere empatia verso gli altri. Una non comunicazione, diffusa specie tra i giovani che si chiudono in casa”.
Nella canzone “Parole in libertà” che traina l'album, viene spesso ripetuta la parola curiosità. Sei un curioso?
“Moltissimo. Canto non pensare all'età, quella non conta niente, l'importante è avere curiosità. E' bene anche reinventarsi e mai ripetersi. Molti mi dicono
che questo disco non contiene le canzoni di una volta. E' giusto così, altrimenti sarebbe una noia ripetersi e quindi bisogna guardare avanti e inventarsi qualcosa di diverso e questo fa parte della curiosità. Sono un onnivoro, ascolto tutta la musica del mondo e colleziono più di tremila vinili ed è ovvio che spazio da una parte all'altra. Ho messo al servizio del disco non solo il mio passato ma quello che ho imparato di nuovo. Ogni giorno bisogna apprendere qualcosa”.
C'è in serbo qualche concerto a supporto del nuovo album?
“Me lo auguro ma non in estate, perché oramai eseguo i concerti solo in teatro. Bisogna considerare che non sono un cantante, ma un autore di musiche e di testi. Ho inoltre un'etichetta discografica indipendente che non è una cosa semplice da mandare avanti, compongo musical e tra breve ne inizierò a comporre uno con Guido Morra. Il mio tempo a disposizione non è tanto ma spero di trovare un management che mi possa far fare un po' di date nei teatri tra l'autunno e l'inverno prossimi”.
COSE BELLE
by Mariagrazia Cucchi
MARTINA MIRANDA
DALL’ARGENTINA A BRESCIA A BORDO DI UN… TAXI!
La musica ce l’ha nel sangue fin da piccola, quando canticchiava a memoria con la madre le canzoni trasmesse dalla radio, così come le sue origini latine, di cui è innamorata e fiera, che si manifestano con dolce prepotenza nel suo nuovo singolo deep house dal titolo davvero particolare: “Taxi”. La giovane e talentuosa Martina Miranda, nata e residente a Brescia da papà argentino e da mamma per metà spagnola e per metà del sud della Penisola, ha però vissuto in modo conflittuale questa sua appartenenza al mondo latino, per l’impossibilità di conoscere a fondo la vita e i legami dei paesi che porta dentro al suo DNA. Grazie alla sua sensibilità, ha però deciso di usare la musica come strumento “per accorciare le distanze”, riversando il suo amore inizialmente nella poesia. “Ho iniziato a scrivere versi a quattordici anni, sempre accompagnata dall’immancabile musica nelle cuffie, e da lì a decidere di trasformare i miei pensieri in canzoni il passo è stato breve. Ho potuto così unire le mie due passioni: la scrittura e la musica. Inizialmente ero gelosa dei miei brani, poi, grazie al mio attuale ragazzo, che mi ha sempre incoraggiata a credere in me e nei miei sogni, ho iniziato a cercare qualcuno che mi potesse supportare e indirizzare concretamente nel mio cammino artistico”.
Ma come spesso accade a chi ha un obiettivo ambizioso, le difficoltà non tardano ad arrivare: Miranda sentiva di dover far sentire la propria voce a qualcuno, ma non sapeva come fare.
“Tanti oggi fanno musica per diventare ricchi e famosi, per me invece è sempre stata un’esigenza: amo trasmettere sensazioni forti e la musica è un mezzo che mi permette di farlo. Per anni mi sono concentrata a scrivere e riscrivere i miei brani fino ad arrivare al risultato che desideravo” .
Tanta determinazione, la ricerca di un lavoro per poter pagare le prime lezioni di canto e l’aiuto fondamentale di Youtube: Miranda ha voluto dimostrare a sé stessa che la volontà e l’impegno possono andare oltre tutto e ha trovato il modo di fare le cose anche non avendo la possibilità di farle. Tra tanti squali, false speranze e centinaia di mail inviate, è arrivata infatti un giorno la risposta del noto produttore milanese Giovanni Rosina.
“Lui è stato la prima persona a credere veramente in me e nel mio talento. Tra noi è nata una bellissima collaborazione e un grande ri- spetto personale e professionale. È anche una persona di rara generosità, che non ha mancato di darmi l’opportunità di provare a lavorare in questo mondo anche al di là del suo interesse di produttore”.
E da qui è iniziata l’avventura in… taxi!
“Eh già… ‘Taxi’ l’ho scritta sul divano di casa, come spesso mi accade. Mi ha suonato in testa la musica e all’improvviso ho pensato: se io dovessi assolutamente andare dal mio ragazzo lontano e mi si fosse rotta la macchina… cosa farei? Chiamerei un taxi! Da lì è partito tutto e il resto e venuto da sé, per metà in italiano e per metà in spagnolo, come le mie due anime”.
Ma questo è solo il punto di partenza, perché la ragazza dimostra di avere, oltre che il talento di cantautrice, anche le idee molto chiare sul suo futuro.
“Ciò che desidero di più è portare la mia musica a livelli superiori, crescere, poter trasmettere emozioni a chi mi ascolta e lanciare dei messaggi importanti… e magari partecipare al Festival di Sanremo! ‘Taxi’ è una canzone spensierata, ma ho tanti altri brani in cantiere, che raccontano di me e che penso possano toccare il cuore e l’anima di altre persone. Vorrei poter essere d’aiuto a chi sta male e come me si rifugia nella musica: far sentire loro che sono vicina, anche se non li conosco, anche se siamo distanti”.
E allora… l’appuntamento con Martina è su Spotify e su YouTube, naturalmente a bordo del suo taxi!
#CoseBelle
NUOVI CORSI E PERCORSI FORMATIVI PER LA JP VOCAL STUDIO ACADEMY
Grandi novità riguardanti la Vocal Coach Johanna Pezone dopo il restyling dell'Accademia e l'apertura della sede di Roma includono una serie di progetti lavorativi in corso.
1. Corsi di Canto: Johanna Pezone offre corsi di canto per coloro che vogliono avvicinarsi al mondo della musica e per coloro che desiderano perfezionare le proprie tecniche vocali. Questi corsi sono adatti a tutti i livelli, dai principianti ai professionisti.
2. Percorso formativo per insegnanti di Canto: Per coloro che desiderano trasformare la propria passione per il canto in una carriera, Johanna Pezone offre un percorso formativo specifico per insegnanti di canto. Questo corso fornisce le competenze necessarie per diventare un insegnante di canto qualificato e offre un'opportunità di sviluppo professionale.
3. Master di Canto: Johanna Pezone tiene anche un master di canto aperto a tutti. Questa è un'opportunità per cantanti di ogni livello di esperienza di lavorare direttamente con la Vocal Coach e approfondire le proprie abilità vocali. Il master offre un ambiente di apprendimento intensivo e personalizzato.
Queste sono solo alcune delle iniziative in corso presso l'Accademia della Vocal Coach Johanna Pezone. La sua missione è di fornire supporto e formazione di alta qualità nel campo del canto, aiutando gli studenti a sviluppare le proprie abilità vocali e realizzare i propri obiettivi nel mondo della musica.