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EDITORIALE
by Alessandro Cerreoni
PIÙ CHE UN INCUBO
SARANNO DAZI AMARI
Detto e fatto. Annunciati, minacciati, introdotti. Uno spauracchio che sta mettendo in crisi il Mondo. Con il ritorno sulla scena politica di Donald Trump e le sue dichiarazioni a favore di una nuova ondata di dazi doganali, l’economia globale si prepara a un possibile nuovo scossone. L’introduzione dei dazi su una vasta gamma di prodotti importati, soprattutto da Paesi come la Cina, ma anche da alleati storici come l’Unione Europea, è realtà. L’obiettivo dichiarato è quello di proteggere l’industria americana e ridurre la dipendenza dagli altri Paesi. Per alcuni “opinion leader”, invece, la decisione del Presidente degli Stati Uniti è figlia degli attacchi subiti dal Tycoon, da parte dei leader politici di mezza Europa e di mezzo Pianeta, durante la campagna elettorale e il suo insediamento alla Casa Bianca e i dazi sarebbero semplicemente una sorta di “rappresaglia”. Secondo Trump, le misure adottate serviranno per rendere più competitivi i prodotti “Made in USA”, per costringere le aziende straniere a produrre direttamente negli Stati Uniti e per ridure il deficit commerciale americano. Ma le ripercussioni sull’economia mondiale saranno inevitabili, a partire dall’aumento dei prezzi e dall’inflazione, con maggiori costi per le imprese e per i consumatori. Le aziende che importano componenti o prodotti finiti si troveranno a pagare di più, e questi costi verranno quasi sicuramente trasferiti ai clienti finali. I Paesi colpiti potrebbero rispondere con i “contro dazi”, creando una spirale di tensioni che colpirà il commercio globale.
Anche il turismo e i viaggi potrebbero subire diversi contraccolpi. Anzitutto ci potrebbe essere l’aumento dei prezzi dei voli. Molte compagnie aeree, infatti, si affidano a pezzi di ricambio, carburanti e tecnologia che arrivano dall’estero. Se questi beni dovessero diventare più costosi, viene da sé pensare che le tariffe aeree potrebbero salire per compensare i costi. Idem per gli hotel, i resort e le strutture ricettive che usano prodotti importati e potrebbero vedersi aumentare i costi operativi, che a loro volta ricadrebbero sui clienti.
Senza dimenticare che le tensioni geopolitiche potrebbero scoraggiare il turismo internazionale. Contestualmente ci sarà da fare i conti con uno shopping all’estero più limitato per chi è solito acquistare prodotti tecnologici, di abbigliamento o altri beni durante i viaggi, perché il rischio è pagare prezzi più alti o addirittura trovarsi di fronte ai dazi al momento del rientro in patria, soprattutto se provenienti da Paesi colpiti dalle tariffe.
In definitiva, la reintroduzione massiccia di dazi da parte di Trump segna un ritorno a politiche commerciali aggressive e meno globalizzate. Questo non solo inciderebbe sull’economia generale, ma avrebbe ripercussioni dirette su consumi, viaggi e stili di vita. Per i cittadini comuni, il risultato più immediato sarebbe un aumento del costo della vita e delle vacanze, in un mondo dove spostarsi e acquistare liberamente potrebbe non essere più così semplice.
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L’EVENTO
WOMEN FOR WOMEN
ROME CONVENTION CENTER “LA NUVOLA”:
GRANDE SUCCESSO PER LA SFILATA DI 67 DONNE
RESILIENTI AL TUMORE AL SENO
Un’emozione collettiva ha avvolto il pubblico della Rome Convention Center “La Nuvola” domenica 6 aprile, in occasione della giornata-evento celebrativa dei 10 anni di Women for Women against violence, l’iniziativa ideata e prodotta da Donatella Gimigliano, presidente dell’Associazione Consorzio Umanitas ETS. Un progetto coraggioso e unico nel suo genere, che da dieci anni accende i riflettori – anche attraverso il format televisivo in onda su RAI – su due “die killer” delle donne: la violenza di genere e il tumore al seno. Momento clou della giornata è stata l’eccezionale sfilata che ha visto protagoniste ben 67 donne oncologiche, vere e proprie ambasciatrici di resilienza e forza. A supportarle e unirsi all’iniziativa, numerose associazioni impegnate da anni sul territorio: Tricostarc di Giusi Giambertone, Ramo Rosa da Bologna con Giuliana Fiorini, Donne in Rinascita di Elisabetta Faraoni, Sportello Supporto Donna di Fabrizia Confalonieri, Zitto Cancro di Daniela Raponi e Avvraccio Rosa ODV di Maria Pia Dionisi.
La sfilata ha portato in passerella bellezza e dignità, grazie alle creazioni dello stilista, e organizzatore dell’evento, Gianfranco Venturi. Il trucco e parrucco sono stati curati da Massimo Polese e Irene Quaglia di Mixart, mentre le modelle hanno brillato indossando anche le collane colorate realizzate da Maria Cristina Mannocchi.
Ad arricchire l’evento anche la musica dal vivo, con le performance di Roberto Icaro, noto per la sua voce che imita perfettamente Renato Zero, e Edy Giordano, una delle donne resilienti ritratta in uno degli scatti d’autore esposti in mostra, con un repertorio dedicato a Donna Summer. A rendere ancora più speciale il mo-
mento, ogni donna è stata omaggiata con i fiori offerti da Maria Fernanda. A presentare la serata, l’attrice e conduttrice Antonella Salvucci, splendida in un abito “Camomilla” a crochet dedicato al Premio della kermesse, e alla pianta simbolo della solidarietà, e realizzato con amore e maestria della fashion designer Antonietta Tuccillo, anch’essa donna resiliente al tumore.
Il ciclo di eventi prosegue con un’importante tavola rotonda dal titolo Come la tossicità economica influenza la qualità della vita nelle donne con tumore al seno, in programma mercoledì 9 aprile scorso. Un tema urgente e ancora troppo poco discusso, che punta l’attenzione sulle difficoltà economiche che si aggiungono alla sofferenza della malattia, penalizzando l’accesso alle cure e il reinserimento nella vita sociale e lavorativa.
A moderare l’incontro è stato Gianni Todini, Direttore di Askanews, con i saluti istituzionali di Svetlana Celli, Presidente dell’Assemblea Capitolina. Tra i relatori: Valeria Vittimberga(Direttore Generale INPS), Fabrizio d’Alba (Presidente Federsanità), Mario Baccini(Presidente ENM), Francesca Rovera (Presidente Scuola di Medicina Università dell’Insubria), Simona Loizzo (Presidente Intergruppo Parlamentare Tumore al Seno), Cosimo Damiano Capolupo (Vice Direttore Generale Banca Popolare del Lazio), Antonio Tomassini (Presidente Ass. Iniziativa Parlamentare per la Salute), Lucio Fortunato(Direttore Senologia Ospedale San Giovanni di Roma) e Giorgio De Toma, membro del Comitato Scientifico Nazionale LILT.
Un confronto aperto e trasversale, per costruire insieme nuove consapevolezze e percorsi di vera inclusione.
COVER STORY
by Alessio Certosa
GRAZIA URBANO
ICONA DEL MADE IN PUGLIA
Richiesta ormai in lungo e in largo nello stivale, protagonista delleultime cornici del Fashion System, la designer di Sansevero continua a collezionare successi e riconoscimenti che rendono il suo nome fra le stiliste più apprezzate del momento. Infatti, gran parte dei designers ormai noti in tutto il globo hanno fatto un percorso di sacrifici fino a essere contesi in manifestazioni e sfilate di successo. È questo il momento che vede Grazia Urbano fra le più protagoniste di sfilate delle manifestazioni di moda.
Assistere ad una sfilata della stilista Grazia Urbano è veder sfilare capolavori di alta sartoria. Sono abiti-tulipano, gonne-bocciolo dalla linea a calla, giacche a baschina tagliate a petali. Gonne lunghe danzanti come fiori mossi dal vento, in colori rubati alla natura: azzurro fiordaliso, rosa ortensia, rosso papavero, verde prato, fucsia, ciclamino, giallo girasole, con una serie in bianco e nero. Gli abiti per il giorno e per il cocktail hanno gonne a campana, anni ’50, e vita sottolineata da strette cinture o fusciacche. I ricami di micro-paillettes, fili di seta o perline, compongono foglie verdi e boccioli di rose rosa sull’abito da sposa. L’abito-simbolo ha il corpetto e la gonna lunga ricamata con fiori di campo in filo di seta.
Una stagione ricca di impegni appena conclusa hanno visto Grazia protagonista in prima linea con le sue creazioni. Tanti gli appuntamenti che hanno visto Grazia Urbano e le sue creazioni in prima linea come
icona del Fashion System italiano.
“Ho sempre seguito la moda sin da piccola. La consideravo la mia più grande passione oggi diventata il mio lavoro. Per me vedere i miei abiti sfilare in diverse cornici così importanti mi rende ancora più motivata a perseguire il mio percorso di stilista”.
Imminente l’apertura di un nuovo show room in Puglia, cosa porterai di nuovo con questo progetto imprenditoriale?
“Porterò l’arte sartoriale dell’alta moda e il prêtà-porter nel cuore della Puglia, dando privilegio a stoffe di qualità e capi originali, che possano far sentire una donna protagonista nelle grandi occasioni, con un abito iconico e differente”.
Progetti futuri?
“Voglio portare la mia nuova linea di abiti da sposa in giro per l’Europa. E’ stato un lavoro faticoso ma ricco di soddisfazioni. La linea è come l’avevo immaginata e spero che il pubblico possa apprezzare le mie creazioni”.
by Marialuisa Roscino
Gli effetti benefici della primavera sugli adolescenti Analisi dei fattori rilevanti legati alla psicologia stagionale
L'arrivo della primavera porta con sé una serie di cambiamenti che possono avere un impatto significativo sul benessere mentale e fisico, specialmente negli adolescenti. Le temperature più miti, la fioritura della natura e l'aumento delle ore di luce solare che in particolare, stimola la serotonina, “l'ormone del buonumore”, possono, infatti, infondere un senso di ottimismo e di positività, invogliando gli adolescenti a trascorrere più tempo all'aperto e aumentando di conseguenza, i livelli di energia, la voglia di essere più attivi e di fare attività fisica all'aperto, coltivando allo stesso tempo anche le connessioni sociali. Le attività all'aperto, come passeggiate, sport e giochi, offrono, in particolare, una vera e propria valvola di sfogo per le tensioni accumulate, riducendo in tal modo, ansia e stress e migliorando l'umore nei ragazzi. Di questo e molto altro ancora, ne parliamo con Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, la quale, sempre in questa intervista, affronta il concetto di "Psicologia stagionale", ovverosia: le stagioni sembrano essere una fonte fondamentale di variabilità nel modo in cui le persone, pensano, sentono e si comportano di conseguenza.
Dottoressa Lucattini, quali effetti benefici l'arrivo della primavera può avere in particolare sugli adolescenti?
“Gli effetti benefici sugli adolescenti sono sia a livello fisico, che mentale. L’aumento delle ore di luce stimola la produzione di serotonina, il cosiddetto "ormone della felicità", e altri neuromodulatori che favoriscono il benessere emotivo e contrastano la tristezza maggiormente prevalente nei mesi invernali. La luce naturale e le temperature più miti possono favorire un aumento dell'energia, della motivazione e del desiderio di socializzare. Quasi un secolo fa, in un articolo sul fattore stagionale nella cultura umana, Robert Thomson scrisse che le stagioni avevano un effetto così potente sul comportamento delle tribù nomadi che, se osservate durante le diverse stagioni, queste persone sembravano essere, addirittura, persone completamente diverse e coniò il termine “Psicologia stagionale”, che merita senz’altro attenzione”.
Poco fa accennava alla "Psicologia stagionale", può spiegarci di cosa si tratta e come le stagioni possono avere un'influenza sul benessere mentale?
“Le stagioni sono non sono solo una questione meteorologica, poiché includono cambiamenti caratteristici di luce solare, temperatura e precipitazioni. Nelle regioni temperate, il ciclo annuale in genere è di quattro stagioni. Fatta eccezione per chi soffre di disturbi dell'umore, sindromi bipolari
e depressione stagio nale (SAD) come ripor tato nell’interessante pubblicazione di Sadaf Munir, Seasonal Affec tive Disorder del 2025, i cui tassi di preva lenza variano dall'1% al 10% con variazioni osservate in molti paesi; la primavera può avere degli effetti positivi sugli adole scenti e sulle persone in generale. La prima vera è un anticipo dell’estate e della fine della scuola, infonde energia e speranza”. La primavera inco raggia, in particolare, a trascorrere più tempo all'aperto con amici e familiari, fa vorendo negli adole scenti anche il desiderio di raffor zare legami sociali importanti, cosa ne pensa al riguardo?
“Il cambiamento di stagione può risvegliare la creatività e il desiderio di nuove esperienze. Questo periodo diventa un'opportunità per gli adolescenti di sperimentare nuove attività, coltivare interessi e rafforzare le relazioni amicali. Con le sue giornate più lunghe e il clima mite, crea un contesto favorevole alla socializzazione.
Per gli adolescenti, che vivono una fase della vita in cui il gruppo dei pari assume un'importanza centrale, il trascorrere del tempo all'aperto con amici e anche i familiari può rafforzare i legami e contribuire allo sviluppo di competenze relazionali. La qualità delle relazioni ha un impatto significativo sulla gestione dello stress e delle emozioni. Le relazioni positive e gratificanti con coetanei e familiari possono agire come fattore protettivo contro l'isolamento e il disagio emotivo”.
Lo Sport può avere un ruolo determinante nella vita degli adolescenti soprattutto in primavera, favorendo luoghi all'aperto piuttosto che al chiuso? E l'umore può essere influenzato, a Suo avviso, anche da questa differenza di tipo di ambiente "chiuso “o "aperto"?
“Uno studio pubblicato su ‘Applied Psychology: Health and Well-Being’, evidenzia come l'esercizio in contesti naturali sia associato a un maggiore
incremento del benessere psicologico rispetto all'attività fisica svolta in ambienti al chiuso o urbani. I partecipanti agli studi riportavano livelli di energia più alti, riduzione dello stress e miglioramento dell'umore dopo aver praticato sport all’aperto, soprattutto in ambienti verdi. Per gli adolescenti, questa differenza può essere ancora più significativa. Questo studio recente dimostra che bisogna favorire l'attività fisica all'aperto e è particolarmente possibile, quasi spontaneo, con la primavera quando gli adolescenti lo fanno istintivamente. L'influenza dell'ambiente in cui si svolge l'attività fisica sui risultati di salute psicologica ha ricevuto anche un notevole interesse da parte dei ricercatori negli ultimi anni. In particolare, gli studi hanno dimostrato come l'attività fisica, svolta in un ambiente naturale, ‘green exercise’ (esercizio verde) abbia maggiori effetti benefici psicofisici rispetto all'attività fisica svolta in ambienti al chiuso, come le palestre al coperto”.
Molti studi scientifici si sono concentrati prevalentemente sulle patologie e sui disturbi periodici, non crede tuttavia, che sia importante mettere l'accento anche sugli effetti positivi che invece, possono esserci?
“Sì, certamente e non se ne parla mai abbastanza, mettendo necessariamente l’accento sulle difficoltà, i disturbi e il disagio psicologico su cui è sempre bene mantenere viva l’attenzione e non abbassare mai la guardia. È importante però mettere l’accento anche sul benessere che i cambiamenti stagionali possono procurare. Numerosi studi mostrano come soprattutto per chi vive in città, l'attività fisica in un ambiente naturale siano una vera e propria terapia per ansia, rabbia, ostilità e che favorisca il recupero di energia fisica e psichica nonché un coinvolgimento positivo nelle attività sociali. I risultati sulla depressione sono meno definitivi, ovvero non tutti gli adolescenti depressi migliorano, ma qui entra in gioco la diagnosi di base”.
Attraverso la prevenzione ed un corretto stile di vita, secondo lei, è possibile prevenire maggiormente i disturbi depressivi o di ansia legati al cambiamento di stagione?
“È interessante notare che i cambiamenti che avvengono nelle persone, a seconda delle stagioni, sono indipendenti dalla latitudine, vale cioè dal Polo nord o sud all’Equatore, e che a questo contribuiscono in minima parte fattori biologici e genetici, e in massima parte fattori educativi, culturali e sociali. È su questi, che bisogna agire per promuovere il benessere, prendendo coscienza di una serie di informazioni importanti di cui le persone non sono ancora del tutto consapevoli, ad esempio che la primavera può favorire un’attitudine e una predisposizione positive verso gli altri, con un conseguente miglioramento dell’umore stesso. Questo è ancora più vero per gli adolescenti, che spesso sono preoccupati per la promozione di fine anno scolastico, elemento che è una delle maggiori cause di disturbi ansioso-depressivi, somatizzazioni ed emicrania. La primavera che anticipa le vacanze estive è benefica per ragioni psicologiche e anche per il cambiamento di stile di vita, il maggior movimento, la migliore alimentazione e le nuove amicizie”.
Quali consigli si sente di dare ai genitori? “Favorire l'esplorazione dell’ambiente esterno in generale. La primavera stimola il desiderio di scoperta e apertura verso il nuovo, processo
che porta all'autonomia; Promuovere e valorizzare il contatto con la natura. Invogliare i ragazzi a trascorrere tempo e fare sport immersi nella natura può offrire un’occasione di un benessere profondo e duraturo;
Accogliere le mutevoli emozioni dei figli. La primavera può risvegliare emozioni intense e ambivalenti. Essere aperti e disponibili all’ascolto, accogliere le inquietudini, le riflessioni, le fantasie e le speranze dei figli senza giudicarli; Aiutare i figli adolescenti a dare un significato alle proprie esperienze e alle trasformazioni interiori che stanno vivendo. Il dialogo aperto e rispettoso favorisce la costruzione di un’identità più consapevole e solida. Farlo mentre si fanno insieme gite all’aperto, senz’altro aiuta; Sostenere i figli nel frequentare gli amici. Gli adolescenti vivono un periodo esistenziale in cui le relazioni con i ragazzi della loro età, sono centrali. I genitori possono “facilitare” queste esperienze, accogliendo il bisogno di socializzare, offrendo anche spazi e momenti di condivisione, senza essere troppo intrusivi; Osservare i figli e cercare di capire se in caso di ansia o umore depresso migliorano con l’arrivo della buona stagione o se restano invariati o se peggiorano. In caso di persistenza troppo lunga o di peggioramento, è consigliabile consultare uno specialista e psicoanalista per una consulenza per aiutare i figli a stare meglio”.
ZOOM
FOCUS
by Gianfranco Tomei, Docente di Psicologia Generale e Sociale – Università Roma Sapienza
COACHING, PSICOLOGIA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE
IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
NELLA MODERNITÀ
Il Coaching è una disciplina anglosassone, nata in California, e affonda le proprie radici nella maieutica socratica, una pratica basata sul dialogo e sull'arte di porre domande aperte e chiuse per guidare l'individuo alla scoperta della verità dentro di sé. L'importanza dell'introspezione nel coaching è evidente negli studi di Timothy Gallewey e John Whitmore. In particolare Galleway, nei suoi bestseller Inner Game of Golf e Inner Game of Tennis dimostra come la performance sia influenzata dall'equilibrio tra consapevolezza interna e stimoli esterni. Il coaching, pertanto, non si limita a trasmettere tecniche, ma sviluppa una mentalità capace di affrontare le sfide con lucidità e determinazione.
Dal punto di vista normativo, in Italia la Legge 4/2013 disciplina le professioni non regolamentate da albi, tra cui il coaching, evidenziandone la natura di professione di mercato. La professione è quindi libera, senza la necessità di accedere ad un albo professionale, fatto salvo il divieto di trattare persone che vivono un disagio mentale. Questo sottolinea il ruolo pratico del coaching nel mondo del lavoro e della crescita personale, rendendolo una disciplina dinamica e adattabile ai bisogni di aziende e privati.
Le basi teoriche del coaching si intrecciano con la psicologia umanistica, rappresentata da figure come Carl Rogers, Alfred Adler e Abraham Maslow. L'idea di autorealizzazione e di “eudaimonia”, concetto aristotelico di pieno sviluppo del potenziale umano, trova una diretta applicazione nel coaching moderno. Anche le ricerche del Mental Research Institute di Palo Alto hanno offerto contributi fondamentali, esplorando il ruolo della comunicazione e delle dinamiche interpersonali nel cambiamento comportamentale. La Psicologia Umanistica è una corrente della psicologia nata negli anni cinquanta e sessanta come reazione alle visioni deterministiche della psicoanalisi e del comportamentismo. Si concentra sul potenziale umano, sulla crescita personale e sull’autorealizzazione. Carl Rogers sviluppò la terapia centrata sul cliente basata sull’idea che ogni individuo abbia una tendenza innata alla crescita e all’autorealizzazione. Il terapeuta deve fornire un ambiente caratterizzato da accettazione incondizionata, assenza di giudizio, empatia comprensione profonda delle emozioni del paziente e autenticità ovvero congruenza tra ciò che il terapeuta sente e ciò che esprime. Rogers riteneva che il benessere psicologico dipendesse dall’allineamento tra il sé reale e il sé ideale.
Alfred Adler, inizialmente vicino a Freud, si distaccò sviluppando la psicologia individuale. I suoi concetti chiave sono il sentimento di inferiorità, secondo cui gli esseri umani nascono con un senso di inferiorità che li spinge a migliorarsi. La spinta all’autorealizzazione è il desiderio di superare l’inferiorità che guida il comportamento, lo stile di vita che rappresenta il modo unico di affrontare il mondo e l’interesse sociale che indica il benessere raggiunto at18
traverso la connessione con gli altri e la par tecipazione alla società. Adler sosteneva che i problemi psicologici derivano da una percezione distorta di sé e del proprio valore rispetto agli altri.
Abraham Maslow è noto per la sua gerarchia dei bisogni: un modello che descrive i livelli motivazionali dell’essere umano rappresentati come una piramide. Alla base ci sono i bisogni fisiologici come cibo, acqua e sonno seguiti dai bisogni di sicurezza che comprendono protezione e stabilità, dai bisogni di appartenenza che riguardano relazioni, amore e amicizia, dai bisogni di stima che includono autostima rispetto e riconoscimento sociale, fino ad arrivare all’autorealizzazione che rappresenta lo sviluppo del proprio potenziale di creatività e crescita personale. Secondo Maslow solo soddisfacendo i bisogni di livello inferiore si può aspirare ai livelli più alti e infine all’autorealizzazione.
Tutti e tre questi psicologi sottolineano il potenziale umano e la crescita personale. Rogers si concentra sulla relazione terapeutica e sulla congruenza tra sé reale e sé ideale. Adler enfatizza il ruolo dell’inferiorità e dell’interesse sociale nello sviluppo individuale. Maslow fornisce un modello motivazionale che spiega il percorso verso l’autorealizzazione. Questa visione umanistica ha influenzato la psicoterapia, la pedagogia e il
coaching ponendo l'accento sulla crescita po sitiva dell’individuo.
Parallelamente, l'approccio comportamentista di B.F. Skinner ha influenzato il coaching attraverso l'uso di rinforzi e nudges (spinte gentili) per favorire cambiamenti positivi. Questo si collega al concetto di biopotere di Michel Foucault, che evidenzia come il controllo delle abitudini e dei comportamenti possa influenzare la società. L'evoluzione del coaching si lega oggi all'intelligenza artificiale e ai wearables, dispositivi indossabili che monitorano parametri fisiologici e comportamentali. Queste tecnologie permettono un approccio sempre più data-driven, facilitando il monitoraggio della performance e della crescita personale. Tuttavia, in un contesto dominato dalla sorveglianza digitale e dalle dinamiche di controllo sociale, emergono alcuni dei timori delineati nelle distopie di Aldous Huxley e George Orwell (Il mondo nuovo, 1984). Se da un lato la tecnologia offre strumenti innovativi per l'automiglioramento, dall'altro pone interrogativi etici sulla libertà individuale e sull'autodeterminazione. In un'epoca caratterizzata da cambiamenti rapidi e dalla crescente influenza dell'intelligenza artificiale, il ruolo del coach diventa cruciale per aiutare individui e aziende a navigare l'incertezza e a sviluppare il proprio potenziale in modo consapevole e sostenibile.
FOCUS
I dispositivi wearable stanno rivoluzionando il coaching, soprattutto in ambiti come benessere, produttività e leadership. Grazie a smartwatch, fitness tracker e occhiali AR/VR, il coaching può diventare più personalizzato e basato sui dati. Nel coaching per il benessere e la performance, i wearable permettono il monitoraggio di parametri fisiologici come frequenza cardiaca, livello di stress e qualità del sonno, offrendo consigli mirati sulla gestione dello stress e sulla produttività, mentre dispositivi come Apple Watch o Oura Ring possono inviare notifiche in tempo reale per la regolazione del respiro e il rilassamento. Nel coaching per la leadership e la comunicazione, sensori posturali come Upright Go aiutano ad analizzare postura e linguaggio del corpo durante meeting, mentre strumenti basati su intelligenza artificiale offrono feedback in tempo reale sulla modulazione della voce e sull’impatto della comunicazione. Nell’ambito del business e del team management, alcuni dispositivi tracciano le abitudini lavorative per prevenire il burnout, mentre soluzioni in realtà aumentata come Microsoft HoloLens permettono sessioni immersive e simulate. Nel coaching sportivo e nel mental training, i wearable rilevano dati biomeccanici per ottimizzare il gesto atletico e alcuni sensori EEG
aiutano a migliorare concentrazione e gestione dello stress prima di performance importanti. Nel coaching per il benessere e la performance, strumenti come smartwatch, anelli intelligenti e fitness tracker raccolgono dati in tempo reale sulla frequenza cardiaca, la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), i livelli di stress, la qualità del sonno e l’attività fisica. Questi dati permettono di adattare il coaching in modo personalizzato, ad esempio suggerendo momenti di rilassamento quando lo stress è elevato, notificando l’utente quando è necessario prendersi una pausa dal lavoro o analizzando trend nel tempo per migliorare il rendimento e la gestione dell’energia.
L’uso dei dispositivi wearable nel coaching offre molte opportunità, ma presenta anche alcuni aspetti negativi che vanno considerati attentamente. Uno dei principali problemi è la dipendenza dai dati, che può portare sia il coach che il cliente a concentrarsi eccessivamente sulle metriche quantitative, trascurando aspetti qualitativi e soggettivi del processo di crescita personale. Il rischio è che il coaching diventi troppo rigido, basato su numeri e statistiche piuttosto che su intuizioni e interazioni umane. Un altro aspetto da considerare è la barriera economica e
tecnologica. Non tutti i clienti possono permettersi dispositivi avanzati, e non tutti sono disposti a utilizzarli costantemente. Alcune persone trovano scomodo o invadente indossare sensori tutto il giorno, mentre altri potrebbero avere difficoltà nell’interpretare correttamente i dati raccolti senza un’adeguata formazione. Questo può creare una disparità tra chi ha accesso a queste tecnologie e chi no, limitando l’applicabilità del coaching basato sui wearable.
Se analizziamo l’uso dei wearable nel coaching attraverso il pensiero di Michel Foucault, emergono diverse problematiche legate al biopotere, alla sorveglianza e alla disciplinarizzazione del corpo e della mente. Uno dei principali rischi è la trasformazione del coaching in un dispositivo di controllo che rientra nelle logiche della “società disciplinare” descritta da Foucault. I wearable, raccogliendo continuamente dati sul corpo e sulla mente, possono diventare strumenti di auto-sorveglianza che portano l’individuo a normarsi da solo, seguendo standard di produttività, benessere e performance imposti dall’esterno. Questa interiorizzazione della sorveglianza può generare una forma di soggettivazione regolata, in cui il soggetto diventa il proprio carceriere, sempre attento a correggere ogni deviazione dai parametri considerati ottimali. Il coaching, invece di essere un percorso di emancipazione, rischia di diventare un sistema di addestramento continuo, in cui l’individuo è costretto a misurarsi costantemente con modelli di comportamento prestabiliti. I wearable non si limitano a raccogliere dati personali, ma entrano nella dimensione della regolazione della vita biologica, trasformando il corpo in un oggetto di calcolo e ottimizzazione. Se analizziamo il coaching mediato dall’intelligenza artificiale attraverso il pensiero di Shoshana Zuboff, in particolare la sua teoria del capitalismo della sorveglianza, emergono criticità legate alla raccolta massiva di dati, alla manipolazione comportamentale e alla perdita della libertà individuale. L’IA nel coaching, invece di essere uno strumento neutrale per la crescita personale, rischia di diventare parte di un sistema di estrazione e sfruttamento dei dati umani, in cui le persone non sono più utenti ma fonti di valore economico. Secondo Zuboff, le grandi aziende tecnologiche hanno creato un modello eco-
nomico basato sulla raccolta, analisi e vendita di dati comportamentali. Questo significa che ogni interazione con un sistema basato su IA (che si tratti di coaching sulla produttività, sulla salute mentale o sulla leadership) può essere registrata e trasformata in previsioni di comportamento. Il coaching non è più solo un servizio, ma una forma di estrazione di surplus comportamentale, ovvero di dati che possono essere monetizzati attraverso la pubblicità mirata o la vendita a terze parti.
Un’altra grande preoccupazione è la perdita di autonomia e di autodeterminazione. Le persone che si affidano a sistemi di IA per il coaching finiscono per delegare sempre più decisioni alla tecnologia, riducendo la loro capacità critica e il loro senso di agency. Questo fenomeno è parte di quella che Zuboff chiama Dispossession by surveillance, ovvero il processo in cui gli individui vengono privati della loro libertà decisionale senza nemmeno accorgersene. Il risultato è che, invece di promuovere una crescita individuale autentica, il coaching può trasformarsi in un sistema che spinge le persone a conformarsi a un modello unico di produttività, benessere o successo, definito da chi controlla gli algoritmi.
L’intelligenza artificiale nel coaching potrebbe trasformarsi in un nuovo strumento di governo delle persone, in cui la libertà individuale è progressivamente erosa da un sistema che conosce sempre meglio i nostri punti deboli e sa come influenzarci senza che ce ne accorgiamo. Il vero rischio è che, nella ricerca continua di ottimizzazione e miglioramento, gli individui finiscano per cedere il controllo della propria identità e delle proprie scelte a un algoritmo che li conosce meglio di loro stessi.
Se applicassimo il pensiero di Zuboff al Coaching digitale, vedremmo che non si tratta solo di una questione di efficienza o di miglioramento personale, ma di potere e controllo. Chi possiede i dati possiede anche il potere di determinare quali comportamenti sono desiderabili e quali no, quali modelli di successo vengono promossi e quali vengono esclusi. Il coaching basato sull’IA, se non regolato con attenzione, potrebbe diventare non uno strumento di emancipazione, ma un meccanismo invisibile di condizionamento sociale ed economico.
LA FABBRICA DEI SOGNI
Questo editoriale esplora il contrasto tra la dura realtà delle donne che lavorano in fabbrica e il sogno di una vita diversa, fatta di eleganza e lusso. Ogni giorno, queste donne affrontano il faticoso lavoro tra macchinari e routine, ma nel loro cuore alberga il desiderio di una giornata in cui, al posto della tuta da lavoro, possano indossare abiti di alta moda, passeggiando con grazia in mezzo ai macchinari. La moda diventa per loro il simbolo di libertà, riscatto e emancipazione, un sogno di bellezza e femminilità che va oltre l’apparenza, toccando temi di pari opportunità e rispetto. Un richiamo a un futuro in cui l'eleganza non è solo un privilegio, ma un diritto per tutte.
Uova indiavolate: un classico piccante della tradizione
Secondo The History Channel, le cosiddette “uova alla diavola” potrebbero risalire addirittura all'antica Roma nonché all’antico Egitto, dove le uova venivano già servite bollite e condite con salse piccanti. Nel XIII secolo, le uova ripiene cominciarono ad apparire nelle regioni meridionali della Spagna: un libro di cucina di quest'epoca, ad esempio, suggerisce di macinare tuorli d'uovo sodi con coriandolo, cipolla, pepe, ed una salsa di pesce fermentato. Due secoli dopo, ricette simili erano ampiamente disponibili in gran parte dell'Europa medievale. Solo alla fine del XIX secolo, però, abbiamo iniziato a veder comparire in tavola le uova alla diavola che assomigliano a quelle che tutti oggi conosciamo. Un libro di cucina americano del 1896 - The Boston Cooking School Cookbook di Fannie Farmer - è stato il primo a suggerire l'uso della maionese come espediente goloso per legare insieme i tuorli d'uovo macinati per poi reinserire il tutto negli albumi sodi. In Piemonte questa delizia è nota come "uova alla bella Rosina", un omaggio a Rosa Vercellana, moglie di Vittorio Emanuele II. La preparazione prevede uova sode tagliate a metà e farcite con una crema a base di tuorlo, maionese, senape e talvolta acciughe o capperi per esaltare il gusto. La spolverata finale di paprika in polvere dona un tocco di piccantezza, rendendole perfette per chi ama i sapori decisi.
Quando l’uovo sodo è fritto: il tocco goloso e raffinato della cucina borbonica
Le “uova alla monachina” sono un piatto tipico della tradizione napoletana, nato dall'incontro tra la cucina partenopea e l'influenza francese dei monzù, i celebri cuochi delle case aristocratiche. Questa preparazione prevede la cottura delle uova fino alla completa rassodatura, la loro divisione a metà e la rimozione dei tuorli, che vengono poi amalgamati con besciamella, formaggio grattugiato e noce moscata. Il composto ottenuto viene reinserito negli albumi svuotati, per poi essere impanato e fritto fino a ottenere una croccante doratura. La loro cremosità interna e il contrasto con la crosta croccante le rendono una specialità irresistibile del pranzo pasquale, non solo partenopeo. Ma le uova sode fritte (in diverse versioni) sono in realtà apprezzate in tutto il mondo, e ci sono ricette diverse sia nella preparazione che negli ingredienti a seconda delle tradizioni culturali e gastronomiche di tanti paesi. Ad esempio, in Scozia le uova sode vengono avvolte in un impasto a base di carne di maiale tritata, poi impanate e fritte per dar vita alle irrinunciabili Scotch eggs. In Portogallo le ovos verdes, che si traducono letteralmente come
“uova verdi”, sono ideali da gustare come aperitivo, antipasto o anche come secondo piatto. La ricetta è tipica di Lisbona, dove si trovano in accompagnamento all’arroz de tomate. Simili alla versione “alla monachina”, si differenziano nel ripieno per la presenza di burro morbido, prezzemolo e noce moscata. E ancora, in diversi stati asiatici le uova sode vengono fritte senza alcuna impanatura o pastella di rivestimento e servite con svariate salse, spesso piccanti, dalla Thailandia alle Filippine.
L’uovo sodo nei biscotti: un simbolo di fertilità e rinascita
Le festività pasquali in Italia sono arricchite da dolci legati alla simbologia dell'uovo, elemento cardine di rinascita e abbondanza. Tra questi vi sono gli inconfondibili biscotti con l'uovo sodo a vista, diffusi in diverse regioni e dalle forme più differenti quali colombe, campane, cestini o cavallucci. In Puglia e in Calabria si trovano le "scarcelle" e i "cuddura", mentre in Sicilia si preparano i "pupi cu l’ova". L’impasto di questi biscotti è generalmente a base di farina, zucchero, uova, burro o strutto, con aromi di limone o vaniglia. Le uova sode, poste al centro della preparazione e spesso decorate con glassa o zuccherini colorati, conferiscono un aspetto festoso al dolce. La tradizione vuole che questi biscotti vengano preparati il Venerdì Santo e consumati la domenica di Pasqua, spesso donati ai bambini o offerti come segno di buon auspicio per l'anno a venire. L’uovo era scambiato come augurio e auspicio di fertilità abbondanza, ricchezza per il futuro, anche prima del cristianesimo: già i Persiani si scambiavano uova di gallina finemente decorate per augurare un anno ricco di vita e ricchezza, mentre presso i Greci lo scambio avveniva in primavera per festeggiare la dea Demetra (e la figlia Persefone), protettrice della natura, dei raccolti e delle messi, del grano e dell'agricoltura, responsabile del ciclo delle stagioni, della vita e della morte.
La ricetta del mese
Biscotti pasquali con l’uovo in vista
Ingredienti per circa 6 pezzi:
Per l’impasto Farina 00, 450 g; Burro morbido, 220 g; Zucchero, 160 g; Tuorli, 5; Scorza di limone
Per completare Uova sode, 6; Albume, 1; Zucchero a velo, 80 g; Codette di zucchero colorate
Preparazione: Iniziate dalla realizzazione dell’impasto di base: lavorate la farina ed il burro ammorbidito con le mani, finché il composto risulterà ben sabbiato. In seguito, unite all’impasto lo zucchero, mescolando bene nuovamente. In ultimo, aggiungete i tuorli d’uovo (precedentemente sbattuti in un recipiente) e lavorate velocemente il composto finché risulterà compatto e omogeneo. Avvolgete l’impasto in pellicola per alimenti e lasciatelo riposare in frigorifero per almeno un’ora prima di utilizzarlo. In seguito, stendete l’impasto sul piano da lavoro allo spessore di circa 1,5 cm aiutandovi con il matterello e poca farina. Ricavate le vostre forme pasquali preferite utilizzando un tagliapasta di buone dimensioni (generalmente questo tipo di biscotti è piuttosto grande - almeno 14-15 cm); abbiate cura di tenere una piccola parte d’impasto da parte. Posizionate ciascun uovo sodo (con la buccia) su ciascun biscotto, e fissatelo meglio alla base realizzando dei cordoncini d’impasto incrociati, che avranno anche una funzione decorativa. Posizionate i biscotti su una teglia rivestita con carta da forno, e cuoceteli in forno preriscaldato a 160°C per circa 25 minuti (i tempi dipenderanno sempre e comunque dalla dimensione/spessore dei vostri biscotti e dalla potenza del vostro forno). Una volta sfornati, potrete divertirvi a decorarli spennellandoli con una ghiaccia ottenuta montando l’albume d’uovo con lo zucchero a velo; cospargete poi con le codette di zucchero colorate e lasciate asciugare i biscotti a temperatura ambiente fino a completa solidificazione della ghiaccia.
Wine Spot, successo per la seconda edizione
A Villa Campolieto la seconda edizione di Wine Spot con la partecipazione di centinaia di persone da tutta Italia. Un successo che ha messo in luce il gioiello architettonico situato nel cuore del Miglio d'Oro, come spiegano gli organizzatori di DROP eventi e lo stesso presidente della Fondazione Ente Ville Vesuviane, Gennaro Miranda, secondo cui “Eventi come quello di stasera contribuiscono alla valorizzazione delle Ville Vesuviane: grazie a queste occasioni si ha la possibilità di intercettare un pubblico che riesce a coniugare le eccellenze enologiche e gastronomiche della nostra terra con la bellezza delle ville stesse. Pertanto siamo molto felici di ospitare iniziative del genere”. La serata, scandita dalla musica di Dj Cerchietto e di Vox Inside, che ha intrattenuto il pubblico con un live acustico che ha mescolato grandi successi pop in chiave jazz & blues, ha offerto un'opportunità straordinaria per esplorare gli spazi storici della villa, con tour guidati che hanno messo in risalto i dettagli architettonici e le magnifiche vedute del Vesuviano. L’atmosfera è stata arricchita da giochi di luci e proiezioni che hanno creato un contesto incantevole e suggestivo. Al centro della serata l’importante percorso enologico, degustato al buio nelle antiche stalle della villa e sotto le arcate esterne, un approccio innovativo che ha permesso ai partecipanti di concentrarsi esclusivamente su profumi e sapori, senza il filtro della vista e allietati dalla gastronomia di Tavernetta Colauri. Così, gli esperti del settore hanno guidato i partecipanti in un viaggio sensoriale tra le diverse etichette selezionate, rivelando le sfumature e le caratteristiche uniche dei vini del Sud Italia, alla scoperta delle eccellenze dell’ex Regno delle 2 Sicilie”. Calici al cielo stellato fino a tarda sera all'insegna dei sentieri del gusto.
La magia della Moda conquista Sorrento
Sorrento celebra l’alta moda. Presso l'Hotel Bellevue Syrene si è svolta la sfilata dell'anteprima delle nuove collezioni di Michela Ferriero. L’evento, curato dalla celebre wedding planner Cira Lombardo. A seguire, una cena di gala presso il rinomato ristorante O’ Parrucchiano la Favorita, storico simbolo della tradizione culinaria sorrentina, dove ospiti e professionisti del settore hanno potuto condividere idee e impressioni sulle nuove tendenze bridal. Le giornate del 9 e 10 Marzo, invece, hanno visto protagonisti gli incontri B2B presso l’Hilton Sorrento Palace, offrendo a buyer e retailer l’opportunità di scoprire da vicino i dettagli della collezione e di stringere nuove collaborazioni.
Alla sfilata sono state presentate collezioni dal forte impatto stilistico, ognuna con una propria identità ben definita:
Michela Ferriero – “Diva”: Un omaggio alle dive del passato e all’intramontabile fascino di Sophia Loren. Abiti dalle linee audaci, giochi di trasparenze e tessuti preziosi come mikado, tulle e organza hanno raccontato una sposa sensuale e carismatica.
Capri Sposa – “Muse Moderne”: Una celebrazione della femminilità ispirata alle divinità Afrodite e Venere. La collezione è caratterizzata da dettagli ricercati, silhouette e ricami in pizzo che esaltano il corpo con grazia e leggerezza.
Felicia Couture – “Belle Époque”: Un viaggio nell’eleganza senza tempo della Belle Époque, con ricami alla moda vittoriana. Linee romantiche, volumi e tessuti di altissima qualità come seta, mikado e chiffon hanno dato vita a creazioni perfette per la sposa che sogna un look regale.
“Torna a Surriento” si è rivelato un appuntamento imperdibile per il mondo del bridal, offrendo una visione chiara sulle tendenze del 2026. Tra linee strutturate, richiami vintage e dettagli sartoriali d’eccezione, le collezioni di Michela Ferriero, Capri Sposa e Felicia Couture si confermano un punto di riferimento per le spose che desiderano un abito esclusivo e indimenticabile.
In arrivo la XXV Edizione di COMICON Napoli
Altro grande successo in arrivo per COMICON Napoli, giunto alla XXV edizione e in programma dal 1 al 4 maggio presso la Mostra d’Oltremare. Solo due parole per definire “Comicon Napoli”: una “esperienza folle”. Lo scorso anno è stata la prima volta in cui la nostra testata ha partecipato direttamente. Il poster ufficiale della edizione di COMICON Napoli 2025 è firmato da Jamie Hewlett, creatore di Tank Girl e, con Damon Albarn, della band Gorillaz. Vorremmo sottolineare ai nostri lettori quanto irreale e fantascientifica sia questa avventura dedicata al mondo della cultura pop. Almeno una volta nella vita, “Comicon” va vissuto in primis come esperienza culturale. In una manifestazione così ricca di ospiti provenienti da tutto il mondo, riassumere questa quattro giorni non è facile. Ricordiamo, per motivi di spazio, solo qualcuno degli ospiti principali. Arriveranno per la prima volta in Campania e a COMICON i Playoff e le Final Eight della eSerie A Goleador, il campionato virtuale organizzato da Lega Serie A, giunto alla sua quinta edizione, giocato in esclusiva su EA SPORTS FC™ 25. La eSerie A Goleador è una delle Competizioni ufficiali di Lega Serie A – insieme alla Serie A Enilive, alla Coppa Italia Frecciarossa, alla EA SPORTS FC Supercup, oltre alle Competizioni Primavera – ed è l’unico torneo italiano a far parte del circuito competitivo FC Pro. Sedici sono le squadre che si sfideranno per aggiudicarsi il trofeo e il titolo di Campione d’Italia nei giorni 1 e 2 maggio.
Tra i talent in arrivo a Comicon, accenniamo a Matteo “Riberaribell” Ribera, Marco “Dr. Whi7es” Bianchi, Marco Brandino, Sabino Palermo, Lorenzo “Noweak” Giannotta, Mattia “flokox” Smania, Nello “hollywood285” Nigro, Dario” Moonryde” Ferracci, Leci “Athena” Begalli, Jessica “Misshatred” Armanetti e Brandon Smith. E poi ancora, debutterà il primo volume di Absolute Batman, la serie a fumetti più venduta lo scorso anno negli U.S.A., alla presenza dei creatori della serie Scott Snyder (uno dei più celebri sceneggiatori di fumetti contemporanei) e Nick Dragotta (tra i disegnatori contemporanei più in auge). Absolute Batman è una versione di Batman che sovverte la formula classica, raccontando un universo nuovo e inaspettato, dove niente è come prima. Per la prima volta in Italia, dal Giappone in arrivo Kafka Asagiri e Sango Harukawa, sceneggiatore e disegnatrice della serie manga fenomeno Bungo Stray Dogs, l’originale action soprannaturale che ha venduto oltre 16 milioni di copie ed ha esteso il suo successo anche, ad esempio, a film, videogame, spettacoli teatrali. Gli autori introdurranno la proiezione del film Bungo Stray Dogs: Dead Apple. Sicuramente, tra i tanti protagonisti in scaletta, va ricordato anche Charles Cecil, una figura chiave nello sviluppo e nell'evoluzione del gaming, co-fondatore di Revolution Software e figura di spicco nel campo delle avventure grafiche, noto soprattutto per videogiochi come Broken Sword e Beneath a Steel Sky. Inoltre, dal Regno Unito si annuncia la presenza di Simon Bisley, fumettista dall’inconfondibile stile dinamico e conosciuto per i suoi ABC Warriors, Sláine e Lobo. La sua arte fonde spesso tecniche pittoriche tradizionali con influenze graffiti, punk e metal, rendendo il suo stile immediatamente riconoscibile. E poi, e poi….come ogni anno, COMICON Napoli vuol dire anche tanta musica, con i concerti dallo storico palco dell’Area Flegrea. Per concludere questa panoramica assolutamente parziale di una manifestazione unica e difficile da riassumere per la sua complessità, ecco qualche altro nome di ospiti attesi: il Maestro del fumetto Tanino Liberatore, Magister 2025, la leggenda vivente del gaming Yuji Horii, game designer e creatore di Dragon Quest, il fumettista e illustratore americano Jon J. Muth, il mangaka di #DRCL e Innocent Shin’ichi Sakamoto, l’artista e animatore francese Arthur De Pins, il co-creatore della serie The Boys Darick Robertson, il mangaka di Dr. Stone Boichi, l’illustratore della prima copertina di Harry Potter Thomas Taylor, l’autrice di webtoon Paskim, il co-creatore del pluripremiato fumetto The Nice House on The Lake Álvaro Martínez Bueno e la leggenda del fumetto e della satira Altan, che riceverà il Premio Speciale COMICON 2025 alla Carriera. Ultimissime ospitate per incuriosirvi: il creatore di Ultramega James Harren, il fumettista, regista e artista Dave Mckean e il pluripremiato game designer Mike Mason, direttore creativo del gioco di ruolo Call of Cthulhu.
L’ANNO D’ORO PER L’ARTISTA ENOMIS
L’artista internazionale Enomis al secolo Simone Maria Cimini, originario di Roma, dopo aver vissuto per anni negli Stati Uniti, ritrova la sua più grande passione punto di forza della sua arte che oggi è esposta persino a Parigi. Richiesto in lungo e in largo per le sue opere provocatorie, bizzarre, seducenti, innocenti e scomode, sono alcune delle affermazioni che i più grandi critici hanno affermato ammirando le sue opere definite “senza regole”, sono dei veri viaggi attraverso messaggi frutto dell’anima di Enomis.
L‘artista passa in rassegna tutte le impercettibili sfumature della società del ventunesimo secolo, traendo ispirazione e linfa vitale da un complesso creativo che affonda le sue radici nel suo vissuto. Una sfida difficile che l‘artista accetta tra il divertissement e la cruda realtà.
Un tripudio di vernici spray, legno, ferro, plastica e molti altri materiali di uso quotidiano.
Enomis si riesce ad adattare al contesto contemporaneo, avvicinarsi tanto al mondo dell‘arte quanto a quello del design e dell‘arredo. L‘artista riesce in maniera istrionica e camaleontica ad adattarsi al vissuto del momento, per dar vita all‘atto creativo.
Il suo compito è dare voce e nuova vita agli oggetti in disuso che la società ha scartato, quindi dargli una nuova dignità dell‘esserci.
Con Enomis ci si trova difronte un universo di oggetti significanti, dove tutta la molteplicità dell‘esistenza passa in rassegna, passando tanto attraverso l‘omaggio alle più celebri icone musicali, quanto agli oggetti di uso comune che si potrebbero vedere sui banconi dei bar.
L‘artista sembra essere collocato all‘interno di una sua personalissima macchina del tempo, in grado di portarlo tanto a catturare scarti effimeri della società giornaliera , quanto a trasformarsi in un viaggiatore del passato, a metà tra un idolo punk-rock ed uno Jack Sparrow, che lo portano ad inseguire la sua personale visione fatta di sogni, speranze, curiosità, fantasia e rabbia, agendo fuori dal contesto delle regole. Da qui’ la sua esatta collocazione nella scena artistica contemporanea, con un saper fare che si rinnova, si distrugge, si rigenera senza sosta.
Di recente ha ricevuto a Roma il premio Rivelazione davanti una platea di esperti del settore e critici d’arte, annunciando una sua personale a Luglio proprio nella Capitale. Sarà un evento straordinario senza precedenti per l’artista italiano conosciuto nel resto del Mondo.
CULTURA
by Paolo Paolacci
ALESSANDRO MASI UN GRANDE UOMO
DI
ARTE
E DI CULTURA
Alessandro Masi è il nuovo Presidente della Giuria del Premio Letterario Città di Castello. Storico dell’arte, critico d’arte e giornalista; dal 1999 ricopre la carica di Segretario Generale della Società Dante Alighieri. È docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università Telematica Uninettuno e tiene corsi nel Master IULM di Roma.
Dagli anni Novanta a oggi è stato titolare di molti incarichi didattici nel mondo accademico presso la Sapienza di Roma, l’Università del Molise, l’Università della Calabria, l’Università di Chieti/ Pescara e l’Università di Cagliari.
I suoi studi sono incentrati sull’arte italiana negli anni dal Futurismo ai giorni nostri. È autore di diverse pubblicazioni monografiche e di saggi. I suoi interessi spaziano dal futurismo (Zig Zag. Il romanzo futurista, il Saggiatore) a trattati di politica culturale del ventennio fascista (Giuseppe Bottai. La politica delle arti. Scritti 1918-1943, Editalia). Il suo studio sull’arte italiana a cavallo tra fascismo e repubblica (Idealismo e opportunismo della cultura italiana. 1943-1948, Mursia) ha dato vita a un lungo dibattito sulla figura di Palmiro Togliatti e gli intellettuali. Per Neri Pozza ha scritto Vita maledetta di Benvenuto Cellini e L'artista dell'anima. Giotto e il suo mondo.
Ha curato numerose mostre in molte città d’Italia.
Nel corso degli anni ha collaborato con diversi programmi RAI ("Terza Pagina", "Il Caffè", "Dorian - L'arte non invecchia") e con numerose riviste d’arte e quotidiani nazionali ("Corriere della sera", "Avvenire", "Il Tempo", "Capital"», "Viaggi del Sole 24ORE"). È stato direttore editoriale del trimestrale «Terzocchio» e della rivista telematica «Artwireless».
Gli abbiamo fatto alcune domande per questo nuovo ruolo.
Prof. Masi, lei da quest’anno è Presidente del Premio letterario Città di Castello, dopo Alessandro Quasimodo. Quali sono le sue prime sensazioni? Quali saranno le novità per indirizzare il nuovo corso?
“Sono molto onorato di succedere ad Alessandro Quasimodo che è stato per anni il patron del Premio Città di Castello. Credo che quello che è stato fatto sia qualcosa di eccezionale. Ovviamente si può sempre migliorare. In questa direzione noi stiamo lavorando con Antonio Vella (presidente dell'associazione "Tracciati Virtuali”) allo sviluppo del sistema digitale al fine di favorire una maggiore comunicazione del Premio a tutti i livelli. Stiamo dando un’impronta anche regionale al Premio, valorizzando quelle che sono le risorse del luogo, le bellezze, l’arte, la gastronomia. Perché un Premio come Città di Castello non può non prescindere dal territorio. Stiamo aprendo anche a nuove realtà
della letteratura e della poesia italiana”.
Se dovesse rivolgersi ai nuovi scrittori, quali sono i motivi per cui è utile scegliere di partecipare al premio letterario di Città di Castello?
“In Italia ci sono migliaia di premi e concorsi letterari. Io concordo con il grande storico dell’arte Federico Zeri che diceva che ne sono pure troppi! Ma in ogni caso, aldilà della formula “premio”, è importante che molti scrittori trovino una “casa" dove rifugiarsi, in un tempo in cui si legge sempre meno e al contempo si stampa sempre più. La nostra è una “casa di ascolto”, un luogo dove ricoverare le loro opere e comunque farne parlare. Accelereremo molto sulle novità editoriali, soprattutto dei giovani che nel loro esordio iniziano a mettere i primi passi in quei “castelli” complicati che sono premi letterari”.
I suoi ultimi libri di successo hanno come comune denominatore l’ARTE. Può darci un’anticipazione sui prossimi progetti letterari?
“Sto lavorando alla biografia di Antonello da Messina, un autore importantissimo quanto complicato e misterioso. Questo volume uscirà per la collana di Neri Pozza. E immediatamente dopo è il turno di Masaccio”.
by Francesca Ghezzani
EZECHIELE BERETTA, NATO
DALLA PENNA DI DARIO GALIMBERTI, TORNA IN SCENA CON “UNA LEZIONE DI RIVALSA”
“Una lezione di rivalsa”, uscito lo scorso 9 gennaio per Indomitus Publishing, segna il ritorno di Dario Galimberti con il quinto, attesissimo capitolo della serie gialla noir dedicata al delegato di polizia Ezechiele Beretta. Un successo consolidato che, con ogni nuova uscita, conquista il cuore degli appassionati di gialli storici e noir, confermandosi come una delle serie più amate del panorama letterario italiano.
Già responsabile del corso di laurea in Architettura della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e professore in progettazione architettonica, hai pubblicato scritti specialistici su riviste di settore e alcuni testi professionali, per poi nel 2014 esordire con Il Bosco del Grande Olmo. Dall’architettura alla narrativa come è stato il passo?
“Scrivere un romanzo, in particolare un romanzo giallo, presenta una forte analogia con la progettazione architettonica. Il celebre architetto neoclassico francese Étienne-Louis Boullée affermava: “La concezione dell’opera ne precede l’esecuzione. I nostri antichi padri costruirono le loro capanne dopo averne creata l’immagine”.Se riflettiamo su questa frase, ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale, già nella fase di concepimento di un'opera, avere chiara l'immagine finale, così da procedere in funzione di essa. La struttura narrativa di un romanzo giallo, a mio avviso, deve seguire la stessa logica, in modo da giungere a un finale convincente, magari spiazzante e non semplicemente scontato. Dal punto di vista compositivo applico quindi una strategia che mi è congeniale e che fa parte del mio modus operandi che uso da sempre. Un altro elemento che accomuna il processo progettuale a quello narrativo è la necessità, in entrambe le discipline, di indagare lo stato dell'arte e la storia. In definitiva, pur generando risultati profondamente diversi, il procedimento compositivo di un romanzo e quello di un progetto architettonico si rivelano sorprendentemente simili”.
Oggi torni con il quinto capitolo della serie gialla noir dedicata al delegato di polizia Ezechiele Beretta. Come è nato il personaggio e perché, secondo te, è così amato?
“Ezechiele Beretta ha fatto il suo ingresso con “L’angelo del lago”, il primo romanzo della serie. Avevo bisogno di un protagonista investigatore, ma non volevo che fosse l’ennesimo commissario. A Lugano, in quel periodo, esisteva la figura del delegato di polizia, che mi è sembrata originale o perlomeno unica, almeno nel nome. Dalle recensioni, dai commenti dei lettori e dalle conversazioni con chi ha letto il romanzo, mi è parso di
una certa normalità. Pur essendo ostinato e appassionato del suo lavoro, non è mai sopra le righe: ha le debolezze di tutti e un grande cuore. Dal punto di vista professionale, ricorda gli investigatori molto “svizzeri” di Dürrenmatt, abili nel ragionamento e nella deduzione, ma poco inclini al confronto fisico”. Quali sono le principali sfide che hai incontrato nel costruire l'intreccio di questo quinto capitolo?
“Le sfide o se vogliamo le difficoltà, erano legate ai vari elementi che compongono l’intreccio e ai due riferimenti chiave: Delitto e Castigo e un fatto di cronaca nera realmente accaduto. Interagire con il capolavoro di Fëdor Dostoevskij era ed è un rischio, ma l’incredibile somiglianza con l’episodio di cronaca nera avvenuto nella tranquilla Lugano mi ha spinto a superare ogni titubanza. Di conseguenza, per affrontare le complessità insite nell’intreccio e scongiurare
il rischio di incoerenze, è necessario procedere avanti e indietro nel testo e, se necessario, riscrivere interi capitoli”.
Lugano e il Canton Ticino sembrano essere quasi un personaggio aggiunto nel romanzo. Potremmo dire che ben si prestano alle ambientazioni noir?
“In tutti i romanzi del Beretta, il paesaggio e, ancor di più, gli edifici di valore storico fanno parte degli avvenimenti, e in effetti si possono considerare personaggi aggiunti. La prima vicenda, che ha dato avvio alla serie, aveva l’obiettivo di mettere a fuoco il quartiere Sassello, situato nel centro di Lugano e demolito a picconate con troppa leggerezza dai miei concittadini. Il Sassello era dipinto come un luogo pericoloso, popolato da malfattori, prostitute, ladri e assassini, un’ambientazione perfetta per un romanzo noir. Si scoprirà poi che i veri assassini abitano nelle lussuose ville, mentre gli abitanti del quartiere avevano come unica colpa quella di essere dei poveracci. Un modo per parlare di tutti quei luoghi carichi di memoria, senza la quale non siamo nulla”. Trovi che il panorama editoriale svizzero e quello italiano abbiano dinamiche e gusti simili o differenti tra di loro?
“Più che della Svizzera parlerei del Cantone Ticino e mi piace sempre ricordare che è tra i pochissimi luoghi al mondo - fuori dall’Italia - dove la lingua madre è l’italiano. Questo significa, giocoforza, che la nostra realtà letteraria è come quella italiana. In sostanza, per avere un termine di paragone, quello che sta in classifica in Italia lo è anche qui. Sono invece diverse, per chi scrive, le possibilità editoriali in quanto la realtà è così piccola da rendere difficoltoso l’approccio alle poche case editrici esistenti e in genere piuttosto orientate al mercato locale”.
Cosa puoi dirci del tuo prossimo progetto? Torneremo a vedere Ezechiele Beretta in azione?
“In cantiere, per usare un termine familiare, ci sono alcune cose. Una sceneggiatura per una Graphic Novel animata del primo romanzo con protagonista Ezechiele Beretta, e inoltre è in lavorazione il sesto episodio del delegato di polizia, questa volta alle prese con il controspionaggio durante la Seconda guerra mondiale”.
by Marisa Iacopino
FABIO BIFERALI
“BLOCCATO
DAL BEL TEMPO”
MEMOIR
DI UN MEDICO
PERPLESSO
Pagine che inseguono la Bellezza. Bellezza nell’eredità artistica dei luoghi che più hanno contato nella sua vita: Roma, città di nascita e di fortunati ritorni; la penisola Sorrentina della giovinezza; Napoli, prezioso scrigno di saperi antichi che dà l’avvio alla sua esperienza professionale e umana. E ancora, la bellezza tra le pieghe dell’umanità, illustre o sconosciuta, incontrata nelle sale degli ospedali dove per anni ha prestato le cure come dottore in cardiologia. Tutto questo dispiega con precisione ‘chirurgica’ e dovizia di particolari Fabio Biferali nel suo memoir “Bloccato dal bel tempo “, Edizioni Efesto.
Cosa possiamo dire del titolo?
“’Bloccato dal bel tempo’ è la frase di un aneddoto che troviamo all’interno del libro. Ma lasciamo la curiosità a chi vorrà leggermi!”.
Un memoir è una narrazione che racconta esperienze personali alla luce di una memoria emotiva. E’ così?
“E’ la mia storia che incontra la Storia dell’Italia – ci sono episodi di momenti anche tragici del nostro Paese. E poi, l’occasione per parlare di luoghi che ho molto amato. Napoli, città contraddittoria di bellezza e drammi. Roma, dove ho conosciuto personaggi e intellettuali che gravitavano intorno al centro storico, facendo io il medico all’ospedale San Giacomo. Tanti ricordi di una vita professionale che danno spazio a riflessioni di natura sociologica, culturale, affettiva”.
Ha anche curato una rubrica in una trasmissione radiofonica, una contaminazione tra arte e scienza…
“Sì, assieme a un amico editore ho curato per Radio Città Futura, un’emittente romana, un angolo di medicina letteraria, o letteratura medica. Uno Scrittore, nello scrivere un romanzo che tratta di argomenti medici, si documenta scientificamente e poi mette al centro del racconto l’uomo: la sua sofferenza, la perdita del ruolo sociale, degli affetti; s’interroga sul senso della vita, della sua fugacità, del pensiero angoscioso della morte. Ho ripercorso l’esperienza letteraria di ‘Memorie di Adriano’, dove la Yourcenar de-
scrive lo scompenso cardiaco meglio di un medico, raccontando di Adriano malato, di tutto quello che sta per perdere. Cose che un medico non può percepire. Oppure ‘Malato d’inverno’ di Moravia che parla di un malato di tubercolosi. E ancora ho analizzato ‘La montagna incantata’, anzi ‘La montagna magica’, come si chiamava nell’edizione di Pietro Citati. C’è una lettera di Thomas Mann indirizzata a un medico, Rosenthal, per farsi descrivere gli attacchi epilettici. La radio è stata un’esperienza breve ma straordinaria, un modo di comunicare e stare vicino alla gente”.
Il libro si avvale di una prefatrice d’eccezione, Edith Bruck. Ci racconta del vostro incontro?
“Edith Bruck, scrittrice, poetessa, regista di grande personalità e sensibilità, forgiata anche dalle sofferenze della Shoah. L’ho incontrata come paziente, poi siamo diventati amici. E’ grazie a lei che ho aperto la mia casa a un salotto letterario all’inizio degli anni 2000. L’esordio fu proprio in occasione della presentazione del suo libro l’Amore offeso; da allora ho ospitato numerosi artisti, letterati, musicisti, politici che avevo avuto l’occasione di conoscere, personaggi di grande caratura di un’epoca irripetibile. Il Covid interruppe questa ricorrenza”. Da medico, come ha vissuto quella esperienza?
che ti spinge a conoscere; più conosci e più hai dubbi”.
Fin dall’ingresso nel mondo clinico come giovane cardiologo, sosteneva che “i malati sono i nostri maestri, occorre ascoltarli”. Non pensa che oggi i medici curino la patologia ignorando la persona?”
“La cultura anglosassone, estremamente pragmatica, ha imposto una medicina fondata sulle evidenze scientifiche, scalzando la medicina osservazionale in cui il rapporto umano veniva prima di tutto. Questa è una evoluzione negativa. Il paziente non lo curi più dal punto di vista personale, ma attraverso linee guida internazionali. Un tempo, invece, eravamo fautori di una medicina più vicina alla filosofia. Non a caso, nel passato tutti i grandi filosofi, pensiamo a Voltaire, agli Illuministi, per colmare le loro lacune studiavano medicina. Era la completezza della cultura scientifica. Oggi si cura una malattia e non l’uomo. Ma se il medico capisce tutto questo, si ferma un attimoecco perché è perplesso - e fa delle scelte vicine all’uomo più che alla malattia”.
2Sono stato il primo medico a Roma che si è ammalato prima del lockdown. Proprio durante questa esperienza, mi sono seduto a un tavolo a scrivere, anche per esorcizzare, allontanare da me quel pensiero. Allo stesso tempo, è stato un racconto terapeutico. Aver trovato all’interno della mia biografia tanti ricordi è stato importante”. Il sottotitolo del libro recita: “Memoir di un medico perplesso”. Perché questa perplessità?
“Perplesso non per dire insicuro o esitante, ma dubbioso. Ecco, il dubbio è alla base della conoscenza, è qualcosa di eccitante, di estremamente dinamico
Questa esperienza letteraria ha fatto nascere una passione per la scrittura, o pensa sia stata solo una parentesi?
“E’ la mia prima esperienza, un esordio che mi ha fatto conoscere un lato del mio carattere. Il riscontro dei lettori mi spinge a continuare, sto già scrivendo un’altra cosa. Cerco di rendere produttiva l’insonnia”.
Cosa rappresenta l’immagine di copertina?
“Il quadro è stato fatto da un amico pittore, Nino La Barbera, e descrive un luogo che mi rappresenta: la discesa che facevo con la vespa da Sorrento a Positano. E’ anche questo il bel tempo di cui parlo, bellezza atmosferica e dei luoghi di cui subisci la fascinazione, come la sindrome di Stendhal”.
by Rosa Gargiulo
C’era la Luna
Sara Mei è la giovane protagonista del nuovo romanzo di Serena Dandini – “C’era la luna”. Curiosa e vivace, sente che il ginnasio le sta stretto, il suo sguardo è rivolto alle ragazze e ai ragazzi più grandi, che sembrano sicuri e padroni di sè, come se avessero già le risposte a tutte le domande! Siamo a Roma, è il 1967: grazie all’amicizia con un gruppo di ragazze con una personalità forte e una femminilità disinibita che la affascina, Sara scoprirà un mondo nuovo ed esaltante. La sua identità andrà plasmandosi tra serate al Piper e cineforum, alle prime esperienze sessuali - timide ma cariche di emozione. Il 1969 segna la maturazione più compiuta, ma anche il momento in cui le sue illusioni, come quelle del mondo intero, sono messe a dura prova. All’esaltante sbarco sulla luna fa da contraltare l’esplosione di una bomba, che spezza il sogno di un’epoca. “C'era la luna" è una preziosa macchina del tempo, grazie alla quale recuperiamo le grandi speranze, l’unità di visione nei giovani e le battaglie per diritti da conquistare. Un’epoca in cui il futuro appariva in tutte le sue infinite possibilità.
L’antico amore
Maurizio de Giovanni ci regala un romanzo potente, in cui il focus narrativo è l’amore oltre le barriere spazio temporali, che intreccia storie e personaggi molti distanti tra di loro eppure legati dal sentimento a cui – in assoluto – la letteratura e l’arte hanno dedicato le opere migliori, da sempre. “L’antico amore” è un viaggio da Catullo alla vita di un anziano professore di letteratura, dall’amore lacerante del poeta latino all’amore che è bellezza e luce. L’autore ci accompagna con grande perizia narrativa attraverso storie parallele, dove i personaggi si cercano e si riconoscono, rivelando il filo che li unisce e che lega anche i lettori. Come sempre, de Giovanni si conferma maestro di scrittura e attento conoscitore dei moti dell’animo, donandoci personaggi dotati di profonda empatia.
Letti per Voi
Dalla memoria al cuore
L’amore viscerale per il proprio padre, la necessità di rico struire la storia di famiglia - che spesso resta intrecciata alla Storia con la S maiuscola, quella che vive e respira anche grazie alle tante vicende individuali, costituiscono il focus narrativo del memoir di Patrizia Sereno, “Dalla memo ria al cuore” (Infuga Edizioni). Un diario che diventa intervista al genitore che non c’è più, alla mamma la cui memoria di venta ogni giorno più fragile, a se stessa e alla sua perce zione del mondo, degli affetti, di una terra che è stata ed è madre e matrigna (parafrasando Leopardi).
L’autrice intesse una trama in cui gli aneddoti familiari, gli eventi che hanno sconvolto e rivoluzionato il Novecento, la storia particolare di un territorio che ha vissuto grandi tra sformazioni sociali e culturali – oltre che economiche –creano una calda coperta, quella di cui ognuno di noi ha bisogno ad un certo punto della vita, per conservare e pro teggere le proprie radici. Dal 1929, anno in cui nasce Vin cenzo Sereno, fino al suo saluto finale nel 2024, la vita di un uomo in cui “il respiro corto della cronaca si confronta con l’onda lunga della Storia.” Il valore delle radici e della memoria, dell’impegno civile e della famiglia, l’attaccamento alla propria terra, costituiscono l’humus di un racconto ricco di pathos – restituito ai lettori con grande efficacia.
La ragazza dei sassi
Armida Cioffi torna in libreria con “La ragazza dei Sassi” (Infuga Edizioni), un romanzo caratterizzato da una scrittura fluida e delicata, semplice e diretta, ma con un messaggio potente e importante: l’autodeterminazione femminile, il diritto di ogni donna a diventare ciò che desidera, affrancandosi anche da situazioni non facili.
Dalle “grotte” di Matera degli anni Cinquanta muove i primi passi la storia di Anna, che riuscirà a realizzare il suo sogno – a dispetto di un contesto familiare difficile e di un’epoca di grandi rivolgimenti sociali e culturali.
La passione per le sue amate “pietre” la porterà lontano dalla Basilicata: prima a Milano, poi a Londra e in giro per il mondo, diventando una stimata archeologa.
Nel suo percorso incrocerà le lotte femministe degli anni ’70, gli anni di piombo, l’evoluzione dei costumi e della società, riuscendo a trovare il suo posto nel mondo e cercando di difendere e risanare quello all’interno della famiglia d’origine. Ferita più volte sentimentalmente, si dedicherà anima e corpo al lavoro e alla carriera, chiudendo il suo cuore per molti anni, fino a quando un evento imprevisto le farà cambiare prospettiva.
La storia di una donna del Sud, che attraversa l’Italia e i decenni più significativi del Novecento, arrivando alla sua autodeterminazione, raccontata con sobrietà e apparente leggerezza – caratteristica dello stile lineare e diretto dell’autrice.
by Francesca Ghezzani
BRUNO DESANDO
"PURITIA. LA CITTÀ DELL'ARIA": MAGIA, AVVENTURA E CRESCITA NEL SUO FANTASY
Bruno Desando è arrivato in libreria a dicembre scorso con “Puritia. La città dell'aria” pubblicato da Rossini Editore per la Collana Narrativa Rossini. Collocandosi tra il genere fantasy e quello fantascientifico, il libro vede come protagonista Emma, una ragazza come tante altre, che scopre per caso di possedere dei poteri sovrannaturali e di appartenere a un mondo sconosciuto: il Mondo degli Elementi.
Il suo percorso da maga inizierà proprio nella città dell’aria, dove imparerà a padroneggiare i suoi poteri e come gestire al meglio la sua magia. Comincerà per lei un’avventura senza eguali, che la porterà a scontrarsi con il tanto temuto principe Edoardo e il suo gruppo di amici.
Nonostante il prezioso aiuto dei suoi nuovi compagni di viaggio, Lana e David, Emma non tarderà a scoprire che il Mondo degli Elementi nasconde anche minacce oscure, che le daranno filo da torcere. Bruno, qual è il significato più ampio della parola “puritia”?
“La parola “puritia” fa riferimento al concetto proprio di magia. Si è scelto di utilizzare questo termine
perché è un chiaro riferimento ai puri, o purus, coloro che effettivamente abitano il Mondo degli Elementi”.
Le avventure di Emma includono prove, amicizie e la scoperta dei propri poteri unici. Che valore assume il concetto di “alleanza” nel libro mentre affronta la lotta per la salvezza del regno?
“Emma è una ragazza molto introversa, fatica a trovare degli amici sulla Terra. Il suo arrivo nel Mondo degli Elementi le permetterà di cambiare questa situazione. Per Emma infatti sarà importante trovare qualcuno come Lana o David. I due saranno una colonna portante per la ragazza e l’aiuteranno a credere in sé stessa, a credere nelle sue capacità, accompagnandola pian piano in questa avventura totalmente nuova e di certo con non poche insidie da superare”.
Il racconto si articola in diverse ambientazioni, tra cui scuole di magia, città incantate e luoghi proibiti. In qualche modo ti hanno influenzato le serie tv basate su famose saghe fantasy?
“Il genere fantasy ha sempre avuto un impatto straordinario nel mio modo di vedere o raccontare le storie. Di sicuro ci sono state diverse saghe fantasy, alcune più famose di altre, che hanno sola-
mente incrementato questa passione per le ambientazioni magiche, fatte di misteri, intrighi e fantasia. Perché, ogni tanto, per quanto le vicende dei personaggi il più delle volte rispecchiano il nostro modo di vivere, un pizzico di magia non guasta mai”.
Sei un lettore onnivoro o ti concentri su alcuni generi in particolare?
“In verità leggo poco, ma di tutto. All’inizio mi concentravo molto sui gialli, con quel loro tono misterioso, la loro suspense, ingredienti comunque fondamentali anche per un romanzo fantasy, a mio parere. Poi ho cominciato a strizzare l’occhio principalmente ai libri dedicati ai ragazzi, trovando particolarmente interessanti alcune opere di una scrittrice italiana, Susanna Tamaro, come “Tobia e l’angelo” o ancora “Tutti abbiamo una stella”. Frequentando molto la biblioteca – e questo soprattutto quando andavo ancora a scuola – di certo ho avuto il piacere di conoscere alcuni classici intramontabili come “Cuore” o “I ragazzi della Via Pal”. Insomma generi diversi ma ricchi di significato che in qualche modo, chi più chi meno, hanno influenzato e resa viva la mia passione per la scrittura”.
Cosa ci dobbiamo aspettare da Emma per il prossimo futuro?
“Emma tornerà a farci compagnia, permettendoci di conoscere le altre città del Monto degli Elementi, coi loro misteri e le loro magnificenze. Ma avrà anche tempo di stupirci con le sue prime cotte adolescenziali, insomma con i problemi tipici di un’adolescente della sua età. E il principe Edoardo giocherà, in tutto questo, un ruolo fondamentale in quello che si prospetta essere uno scontro tra caratteri così diversi e distanti l’uno dall’altro”.
by Mirella Dosi
ROBERTO BASSOLI “SHAKESPEARE NON È PER TUTTI” IL THRILLER
CHE APPASSIONA
E’ uscito il 14 marzo in tutte le librerie e negli store digitali il nuovo libro di Roberto Bassoli, "Shakespeare non è per tutti", edito da Santelli editore. Un thriller che terrà i lettori con il fiato sospeso, tra le montagne dell'Alto Adige, il cuore dell'Africa e il Nord Europa, in una spirale di violenza, morte e vendetta. Le tranquille abitudini di Alfred Ploner, imprenditore altoatesino, vengono sconvolte dall'incontro con una spietata organizzazione criminale. Suo malgrado, Ploner si ritroverà coinvolto in una vicenda drammatica, dove un carico d'oro macchiato di sangue e gli effetti devastanti della vendetta saranno i protagonisti. Dalle vigne dell'Alto Adige alle strade di Bolzano, dai deserti africani alle città del Nord Europa: il romanzo di Bassoli è un viaggio mozzafiato nel cuore del thriller. Un intreccio di suspense, azione e colpi di scena che terrà i lettori incollati alle pagine fino all'ultima riga.
Roberto Bassoli, nato a Modena nel 1961, è uno scrittore, giornalista, musicologo ed esperto in Marketing e Comunicazione. Tra le sue passioni la musica barocca, il jazz, gli sport velici e il tiro a segno di cui è anche tecnico federale. I suoi precedenti romanzi thriller, "Le idi di luglio", "La sindrome di Bosch" e "Qisas", hanno riscosso un notevole successo di pubblico e critica. L'autore dedica questo suo quarto libro alla moglie Eva, per il sostegno e la pazienza dimostrati durante il processo di scrittura del libro. Il titolo "Shakespeare non è per tutti" è intrigante. Cosa l'ha ispirata a sceglierlo e come si lega alla trama del libro?
“Quando stavo raccogliendo le idee per la stesura del romanzo, mi trovavo in un periodo di rilettura di alcune tragedie di Shakespeare. Una di queste, “Macbeth”, mi aveva colpito particolarmente per il tema centrale trattato, riconoscendolo come motore della trama che stavo elaborando. In quel momento ho deciso di strutturare il racconto come un’opera shakespeariana. Il titolo, il cui senso viene svelato verso la fine del romanzo, è al tempo stesso un omaggio al grandissimo drammaturgo inglese e un gioco di ombre dietro altre ombre sul quale si fonda il mio testo”.
Nel libro c'è un mix di location molto diverse tra loro. Come mai ha scelto di ambientare il suo thriller tra le montagne dell'Alto Adige, il cuore dell'Africa e il Nord Europa?
“Ho deciso ambientare il romanzo in parte a Bolzano, poiché è una città che viene nominata solo per l’alta qualità della vita e in cui pare non accada mai nulla di drammatico. Credo che non esista un luogo nel quale vi sia solo luce, tranquillità e benessere; quindi, ho voluto esplorare i lati oscuri che inevitabilmente
si nascondono dietro le migliori apparenze. Per quanto riguarda l’Africa e l’Europa del nord, sono legate da un carico d’oro contrabbandato: il motivo per cui si sviluppa un disegno fatto di complotti e intrighi”.
Alfred Ploner, il protagonista, è un imprenditore che viene coinvolto in una vicenda criminale. Cosa l'ha spinta a creare un personaggio così "ordinario" catapultato in una situazione straordinaria?
“Non ho voluto creare un personaggio da romanzo, bensì portare sulla scena un uomo il più reale possibile, la cui vita potrebbe essere quella di chiunque di noi: potenzialmente a rischio di un coinvolgimento in eventi che sfuggono al nostro controllo. Alfred siamo noi, persone “normali” che possono precipitare in situazioni estreme senza averle immaginate né cercate, e che si trovano a dover sfidare chi le ha spinte nel precipizio e soprattutto i demoni che non sapevano di nascondere nella propria mente”.
scrittore deve essere capace di convivere. E il tiro con la pistola olimpica, mi aiuta a mantenere la concentrazione e a osservare il rispetto delle regole. In generale, penso che tutto ciò che riempie la vita di sensazioni profonde non possa che rendere “vivi” i lavori di un narratore”.
I suoi precedenti romanzi hanno avuto buon successo. Cosa si aspetta da "Shakespeare non è per tutti"?
“Mi piacerebbe che i lettori divorassero il testo, dalla prima all’ultima pagina, senza mai sentirsene sazi. Per un autore di thriller sapere che il suo lavoro non ha concesso un attimo di respiro al proprio pubblico è il riconoscimento più ambito. Nonché una spinta fortissima per continuare a scrivere. Da cui si origina, come conseguenza, quella di collaborare sempre più strettamente con i maggiori editori. Sarò sincero: un libro che rimane in un cassetto è terribilmente malinconico”.
Come è stato il processo di scrittura di questo thriller? Ha incontrato particolari sfide o difficoltà durante la stesura?
“Francamente non ho avuto grossi problemi nello scrivere il romanzo. Conclusa la fase di ricerca e studio, cioè quella che mi diverte di più, e redatta una scaletta comprendente gli avvenimenti descritti in linee generali, non è stato molto complicato redìgere il testo. Avevo già le idee abbastanza chiare e man mano che affrontavo le stesure successive alla prima si definivano nitidamente. Una parte, complessa ma davvero gratificante, è stata l’opera di approfondimento della psicologia dei personaggi. Creare esseri umani, con i propri caratteri articolati, e non solo fotografie in bianco e nero da incollare sulle pagine si è rivelata una sfida appassionante”. Tra le sue passioni ci sono la musica barocca, il jazz, gli sport velici e il tiro a segno. C'è un legame tra queste passioni e il suo modo di scrivere?
“La musica mi dona emozioni che cerco di trasmettere ai miei personaggi. La vela mi ha fatto apprezzare, oltre al senso di libertà connesso alla navigazione, anche la solitudine, con la quale uno
Tra le dediche c'è quella a sua moglie Eva. Quanto è stato importante il suo supporto durante il processo di scrittura?
“Temo che non sia sempre facile vivere con chi trascorre ore chiuso nella propria mente. Assorbito da un mondo fatto di trame, colpi di scena, personaggi immaginari e limature grammaticali, un autore si autocondanna a temporanei esili dalla realtà. Per mia immensa fortuna, mia moglie ha una sensibilità tale da comprendere e accettare le mie assenze senza considerarmi matto. O, più probabilmente, reputa il supporto che non mi ha mai fatto mancare come un aspetto naturale della splendida vita che stiamo trascorrendo insieme. E per me è di aiuto più di quanto riesca a esprimere”.
A quale tipo di pubblico si rivolge con questo libro?
“Il mio è un romanzo che non risparmia la violenza, sia fisica che psicologica. È ricco di colpi di scena, di omicidi, di demoni nascosti nelle tenebre dell’animo e della mente. Racconta la caduta del protagonista in un inferno dal quale – forse – non esiste un’uscita. Credo che piacerà ad un lettore adulto, disposto a seguire un percorso tortuoso durante il quale essere aggredito da emozioni intense”.
TELEVISIONE
by Francesco Fusco
DENIS CARNELLO IL TUTOR DELLE PIANTE DI RAI DUE
Denis Carnello è il tutor delle piante nel programma tv “I fatti vostri” ogni giovedì su Raidue con la rubrica “Ci vuole un fiore”. Conosciamolo meglio attraverso questa intervista Come è nata l’idea di portare in tv una rubrica sulle piante? “Sai quando si dice “per caso”? Esattamente così. Una mia amica, che lavora nel mondo della tv, mi chiamò un giorno di 7 anni fa e mi chiese di sostituire una professionista per presentare uno spazio di giardinaggio. Io non ero esperto di televisione e ci volle un po’ per convincermi. Andare in diretta il giorno dopo, su Rai 1, accanto a Valeria Graci, lo immaginavo come un uragano di ansie che mi avrebbero bloccato anche sul concetto più semplice di giardinaggio! Ma lei mi rassicurò dicendomi che l’ambiente era familiare e che in fondo io avrei dovuto parlare di quello che io faccio quotidianamente. Insieme all’ansia presi anche una piccola parte di adrenalina al solo pensiero di essere in diretta l’indomani e accettai. Era estate, nel programma “Quelle brave ragazze” mi ritrovai a spiegare come coltivare al meglio la bouganville. Qualche mese dopo, un autore de “I fatti vostri” mi volle nel programma per parlare di giardinaggio, insieme a Roberta Morise, ogni giovedì e da allora non ci siamo più lasciati… artisticamente parlando”.
Parlaci della tua rubrica “Ci vuole un fiore” che conduci insieme ad Anna Falchi. “Ogni giovedì, insieme ad Anna, raccontiamo e spieghiamo agli amanti del giardinaggio come prendersi cura dei fiori e delle piante più diffuse nei terrazzi e nei giardini delle nostre case, soprattutto a chi dice di non avere il pollice verde. Il tutto prediligendo metodi ecosostenibili, come il recupero degli scarti di cucina, o l’utilizzo di ingredienti facili da reperire per allontanare i parassiti. Dove collocare una pianta o quanto innaffiarla può essere scontato per qualcuno, per altri possono essere informazioni di vitale importanza (per le piante ovviamente). Il tutto contornato dalle immancabili battute di Anna. Ha un modo tutto suo di scherzare, non scontato, che ti lascia a volte senza parole e che ti fa ridere allo stesso tempo. Dopo 4 anni insieme si è creata un’intesa che ci fa lavorare con grande serenità. Anche nelle giornate meno euforiche per uno dei due, abbiamo la sensibilità di comprenderci e rimanere nei limiti. Ma posso assicurare che dietro le quinte non mancano momenti di grandi risate insieme”. Con l’arrivo della primavera, che consigli dai agli amanti delle piante? “Di lasciarle in pace! No, scherzo. Ma sai quante persone esagerano con le cure e hanno l’effetto contrario a quello che vorrebbero? La primavera è una delle stagioni che regala maggiori fioriture, profumi. E questo per natura, non di certo perché lo decidiamo noi. In questo periodo è stupendo andare in
giro per vivai e garden center. A quanti di noi non è mai successo di uscire per acquistare un geranio e rientrare con diverse altre piante? Perché magari ci ha colpito una tonalità di colore, o il fogliame di una pianta meno conosciuta. Innanzitutto consiglio di partire da piante più rustiche per chi si sente poco esperto: gerani, lavande, begonie, lantane. Queste sono solo alcune tra le più diffuse e facili da coltivare, perché resistenti a errate irrigazioni o esposizioni. Potremmo dire che si ha un margine di errore più ampio rispetto a delle orchidee o a delle azalee. Ma il consiglio più importante, che non mi stanco mai di ripetere, è di osservare. Se il nostro vicino ha una boungaville fiorita non è detto potremmo averla anche noi. Magari lui ha 2 ore di sole in più, che fanno la differenza. Osservare delle foglie flosce ma non secche significa che abbiamo esagerato con l’acqua, non che sta seccando. Quindi, quando andate dal vostro vivaista di fiducia, fatevi spiegare come prendervi cura della pianta che volete acquistare e, una volta a casa, osservate come risponde alle vostre cure”.
Progetti futuri? Farai sempre tv?
“Mi piacerebbe. Gli ascolti e i commenti delle persone mi danno forza. E ho avuto modo di vederlo di persona anche durante una serie di incontri fatti di persona. Mi piace mostrare il lato semplice ed introspettivo del giardinaggio. Soprattutto dopo l’ar-
rivo della pandemia da Covid nel nostro Paese, molte persone hanno riscoperto il piacere della manualità. Così come in cucina, molti si sono cimentati nell’abbellire i propri spazi all’aperto, anche con soluzioni fantasiose. E mi piace pensare che per qualcuno possa essere stato terapeutico allora, e ancora oggi. E proprio perché c’è bisogno di positività e benessere, mi piacerebbe proseguire questo percorso in tv, anche creando qualcosa di nuovo. E non tralasciando le piante, troppo spesso demonizzate, soprattutto durante le forti perturbazioni meteorologiche. C’è ancora molto da raccontare e nuove generazioni da educare sull’importanza del contatto con la natura. Intanto continuo a tenervi compagnia e a raccontarvi di piante e fiori ogni giovedì fino giugno. Per la prossima stagione televisiva sicuramente ci saranno delle novità”.
SPETTACOLO
by Alessio Certosa
VINCENZO MACARIO
“TUTTA LA MIA VITA RUOTA ATTORNO ALLA DANZA”
La danza l’ha rapito prestissimo e oggi è un grande organizzatore di eventi su tutto territorio nazionale e internazionale mirando alla formazione crescita e a promuovere ballerini.
Partiamo dai suoi esordi e del tuo approccio alla danza... Come è avvenuto?
“Ho iniziato danza a 16 anni, grazie ad un mio amico e all'incontro con il maestro Dimo Wrubel dell'Opera di Sofia, quando sono entrato in sala danza per la prima volta, mi sono sentito rapito e affascinato, come se facevo parte di quel mondo da sempre. Non è stato facile, iniziare con le classi delle bambine di primo corso, ma il maestro, molto severo mi diceva che era essenziale. Con il tempo ho capito cosa significa avere delle buone basi. Poi ho continuato gli studi anche all'estero”.
Come hai vissuto la danza nel tuo paese?
“Penso come tutti i ragazzi, gli amici cercavano di prendermi in giro, con battute poco carine, ma avendo, da giovane, un carattere forte e impulsivo, risolvevo subito, si capisce cosa intendo. Poi con il passare di poco tempo, sono stato apprezzato e tutti volevano conoscere il mio mondo. L'ostacolo più duro l'ho avuto con mio padre, che purtroppo non accettava e non ci siamo salutati per un bel po’, ma il tempo risolve tutto e alla fine è diventato super orgoglioso di me”.
I tuoi primi lavori?
“Nel 1996 organizzo il mio primo evento "Danza nel Mediterraneo" con un gemellaggio tra Sicilia, Malta e la Sardegna. Un evento con grandissimi ospiti, 20 scuole selezionate e una compagnia con oltre 50 ballerini. Una kermesse di una settimana per ogni isola”.
Sei uno dei maggiori organizzatori di eventi Danza specialmente in sud Italia... Raccontaci.
“Dopo il successo del primo evento, non sono più riuscito a fermarmi. Ho iniziato a organizzare concorsi, rassegne, spettacoli, vetrine, stage, campus estivi, masterclass, audizioni, un po’ tutto quello che gira attorno alla danza. I primi anni ero molto territoriale, poi mi sono aperto all'Italia e da oltre 10 anni anche con l'estero fino ad arrivare in Canada, Stati Uniti, Inghilterra e prossimamente in Cina”.
Tra i prossimi impegni la grande kermesse “NonSoloDanza”. Ne vogliamo parlare?
“NONSOLODANZA è un evento nato 18 anni fa e a oggi è il concorso più atteso e apprezzato in Sicilia. Quasi 500 coreografie in due giorni di kermesse, stage, audizioni e numerosi artisti sono il punto forte dell'evento. Ogni edizione ha visto la partecipazione di circa 2 mila persone con 30 artisti presenti. Quest'anno si svolge il 12 e 13 aprile al Teatro Città della notte di Augusta (Siracusa), la presenza dell'étoile Eleonora Abbagnato, programmata per il 13 aprile, ha portato ancora più lustro all'evento. Inoltre le collaborazioni aperte fino ad oggi mi permettono di assegnare borse di studio che vanno dal 50 al 100 per cento in alcuni casi si è intervenuto con dare anche il viaggio e l'alloggio, per poter usufruire della borsa di studio. In questa edizione ho il piacere della presenza di Antonio Desiderio che assegnerà borse di studio e inviti per il Festival Internazionale del Balletto di Miami, chissà se anche qui ci scappa il viaggio per un talento”.
Ti sei sempre speso per i giovani... cosa sono pe te? “Il mio cuore. I giovani sono il futuro della danza, sono la nostra ricchezza, dobbiamo investire tutti su di loro. Quando vedo giovani talentuosi e non, che si appassionano alla danza, facendola con amore e dedizione, con impegno e rispetto, mi sciolgo e farei di tutto per loro. Infatti ogni volta che invito in giuria un artista, un diret-
SPETTACOLO
tore di teatro o di compagnia, la prima cosa che chiedo è: ‘cosa puoi darmi per i giovani partecipanti?’ Gli dico: ‘se trovi un talento, puoi invitarlo a delle summer o anche un week, per fargli fare esperienza, per conoscere la danza in maniera professionale’. Per giovani non intendo solo i danzatori delle scuole di danza, il mio interesse è anche per i giovani coreografi, che purtroppo, nel nostro territorio è veramente difficile emergere. Mi piace spendermi con le mie conoscenze, per promuovere la loro creatività, la loro forza di volontà, la loro grande professionalità, perché vi giuro, ci sono tanti giovani coreografi che meritano un interesse maggiore. Provo sempre a inserire qualcuno nel territorio italiano ed estero, non è facile, ma si fa.
E dopo “NonSoloDanza”?
“Dopo ‘NonSoloDanza’ ci sarà subito Amici & Beyond workshop, stage e competition, che farò a Malta dal 25 aprile al 7 maggio presso Junior College di Msida. Anche qui grandi personaggi della danza con ospite la maestra Alessandra Celentano. A seguire ho la direzione del Festival della Danza di Noto che si terrà il 25 maggio e le Feste Archimedee di Siracusa che si svolgeranno a Ortigia dal 2 al 5 luglio. Poi United Dance Tirana, una settimana di studi organizzati presso l'Accademia Nazionale e il Teatro dell'Opera di Tirana. Per finire l'inserimento dell'evento clou della danza in Sicilia, con la direzione artistica di Antonio Desiderio, ci sarà il Premio delle Eccellenze, un evento a cui tengo tantissimo, dove il prezioso lavoro del direttore ci permette di premiare le grandi stelle della danza. Abbiamo fatto realizzare un premio artigianale, in ceramica di Caltagirone, molto ambito dalle grandi star, lo hanno già ricevuto, per citare qualcuno, Julio Bocca, Vladimir Malakov, Giuseppe Picone, Oriella Dorella, Maria Grazia Galante, Vladimir Derevianko, Siamo giunti alla quinta edizione e sarà un evento strepitoso. Per adesso la location è riservata, ma a breve usciremo con tutte le news”. Cosa auguri al mondo della danza e cosa rappresenta questa per te?
“Auguro un po’ più di armonia. più collaborazione e apertura. Auguro che la classe politica si impegni di più e che, chi ci rappresenta faccia uno sforzo maggiore per far sì che la danza non sia più la Cenerentola delle arti. La danza per molti è solo quando vedono lo spettacolo, quando ci sono i grandi artisti sul palco, quando si studia solo nelle grandi accademie. Io dico ‘no’. La danza nasce prestissimo, nelle scuole di danza, con i corsi di predanza. Non si riesce a capire che tutto parte da lì. Da quelle scuole che fanno tantissima fatica a educare alla danza non solo i bambini o giovani che si iscrivano, ma anche i genitori. Si spendono ogni giorno per questa grande arte, e ancora in molti non gli danno il giusto merito. Lavorano sempre al servizio della danza, anche le domeniche e le festività, quando sono a casa… So per certo che il loro pensiero è alla nuova coreografia che devono fare, come devono gestire la lezione perché ha due nuove allieve, cosa deve preparare quest'anno per il saggio. Per me la danza rappresenta la mia vita, tutto gira intorno alla danza, ho coinvolto, completamente la mia famiglia, che da sempre mi supporta. Oggi sono felice di far parte di questo mondo, ho conosciuto tantissime belle persone, dai ballerini, ai direttori, alle stelle, ai giovani danzatori, ai maestri delle scuole di danza, ai genitori. Mi piace parlare di danza con i genitori, vedo brillare la luce nei loro occhi e sento tangibile il loro orgoglio per i propri figli quando li vedono danzare. Insomma è un mondo magico”.
In collaborazione con:
STORIE DI RADIO
by Silvia Giansanti
MARIO PEZZOLLA
GRAZIE AI BEATLES ARRIVÒ ANCHE IL FESTIVAL DI SANREMO
Un altro personaggio che è stato una pietra miliare della radiofonia italiana. L’inizio risale al 1976 e ancora oggi è sulla “breccia” su Radio Uno Sport occupandosi però di musica
Quanti aneddoti hanno da raccontare i grandi della radio, i nostri precursori, che si sono ritrovati negli anni '70 davanti ad un microfono e a volte senza sapere il perché. Quella di Mario Pezzolla è un'altra storia interessante e piena di fascino, se pensiamo che si è avvicinato al mondo della radio tramite un semplice quiz e quindi in veste di ascoltatore. Forse si fatica pensare ad un inizio così, considerando che ancora oggi Mario è una delle voci più rilevanti della radiofonia nazionale, nonché giornalista e membro qualche tempo fa, della direzione artistica del Festival di Sanremo. Da non dimenticare la sua paternità di Sanremo Night, a cui Mario tiene particolarmente. Si tratta di una creazione unica. Mario, so che è difficile, ma proviamo a ricordare la data della prima volta in cui sei andato in onda. “Ricordo solo che fu nell'estate del 1976. Ma riguardo al giorno, non l'ho memorizzato”.
Come è avvenuto il tuo aggancio con questo mondo, visto che all'epoca non era ancora considerato un lavoro vero e proprio, tranne per pochissime realtà come la Rai o Radio Monte Carlo?
“E' divenuto con il tempo un lavoro, infatti all'epoca non l'avremmo mai immaginato. Iniziai su Radio Antenna Musica, situata all'Hilton di Roma. Mi imbattei in un simpatico quiz e partecipai come ascoltatore, vincendo. In quel periodo ci lavorava Emilio Levi, il quale un giorno mi chiamò in privato e mi invitò a fare in radio un programma sui Beatles, visto che dimostrai di essere preparato nell'approccio che ebbi appunto con la radio”. Avevi già un tuo bagaglio musicale a monte.
“A vent'anni si ha sempre la passione per le canzoni e per la musica in generale, ma non sai quello che farai. Come generazione già eravamo andati più di una volta in Inghilterra e quindi avevamo questa influenza”.
Fino a quale momento sei stato su RAM?
“Fino all'ultimo giorno degli anni '70, chiudendo così quel decennio”.
Quando hai capito che avresti fatto sul serio?
“Nel nostro mestiere si vive alla giornata, è questa la filosofia vincente. Si va avanti finché dura. Comunque quando ho aperto la partita iva nei primi anni '80. Dirò la celebre frase 'Ce l'ho fatta', quando avrò la pensione. Voltandomi indietro, potrò dire 'Beh, una cosa l'ho fatta dai!'”.
Ricordi e aneddoti di quell'epoca indimenticabile.
“Mi metti in difficoltà, perché di situazioni ce ne sono state tantissime, così come nelle interviste con i vari personaggi. Comunque non posso dimenticare la nascita delle Stereo Rai, avvenuta esattamente l'8 dicembre del 1982, in cui mi fu affidata la fascia serale insieme a Cinzia Donti. L'anno prima condussi già un programma su Radio Uno e poi curai le scalette della filodiffusione, ecco come è avvenuto il mio aggancio con la Rai. Poi da incontri e situazioni, nacquero altre cose”.
Mario Pezzolla con Emilio Levi e Antonella Giampaoli
Il bello è dato proprio dall'avventura e dall'imprevedibilità. Un momento importante che hai nel cuore?
“La prima volta quando andai al Festival di Sanremo nel 1984. Successivamente nel novembre 1993 fui chiamato da Pippo Baudo in persona a fare la mia prima commissione artistica, ovvero la selezione delle canzoni. All'epoca Baudo inventò Sanremo Giovani. Ero uno dei cinque della commissione artistica. Pescammo personaggi come Giorgia, Andrea Bocelli e Irene Grandi. Partimmo davvero bene”.
Dove ti possiamo ascoltare attualmente?
“Quotidianamente sono su Radio Uno Sport, occupandomi però di musica. Da quarant'anni nei programmi sportivi ho sempre fatto la parte musicale. Un'altra cosa importante a cui tengo molto è Sanremo Night. Lo possiamo trovare su Rai Play Sound, ci sono tutte le puntate di un programma notturno andato in onda su Radio Uno, ecco perché si chiama Sanremo Night. Il tutto in vista del Sanremo del 2019. E' composto da tutte le canzoni che hanno fatto parte della storia del Festival di Sanremo, ma la particolarità è che non sono ordinate in ordine cronologico, bensì in ordine alfabetico dalla A alla Z. Il bello è che non sai mai quello che ti capita. Ad esempio, se menziono la lettera A, esce proprio 'A', una canzone che Francesco Salvi portò al Festival di Sanremo del 1990, se dico lettera D, ad un certo punto uscirà anche 'Donne' di Zucchero e così via. L'ascolto delle canzoni è sui 30 secondi”.
Quanti titoli sono?
“Ad oggi sono 2186 titoli in 75 anni”.
Colleghi del passato con cui hai instaurato ottimi rapporti.
“Con Barbara Condorelli che ho incontrato appena arrivai a Radio Antenna Musica, insieme abbiamo condiviso tanti momenti di lavoro. Oggi siamo ancora in contatto”.
Come hai vissuto l'evoluzione della radio? Hai accettato il discorso relativo alla radiovisione?
“La radiovisione mi ha toccato fino ad un certo punto, l'ho solo sfiorata. Certo, non è più soltanto radio da ascoltare, ma è diventata anche tv e si è snaturata”.
Hai mai pensato di metter su una web radio, magari improntata sulla storia dei Beatles su cui sei ferrato?
“Ci ho pensato, ma sono stato scoraggiato dai costi”.
COSE BELLE
by Mariagrazia Cucchi
DIETRO LE QUINTE DI UNA CANZONE
I GIOVANI DIBLA E JIZZ FIRMANO INSIEME A SHUNE
LA PRODUZIONE DEL SUCCESSO SANREMESE “LA TANA DEL GRANCHIO” DI BRESH
Mentre la 75esima edizione del Festival di Sanremo continua a far parlare di sé, soprattutto sui social, e gli artisti si preparano per lunghi tour estivi, questo mese ho deciso di portarvi dietro le quinte di una delle canzoni più particolari che abbiamo potuto ascoltare tra quelle proposte dai big in gara.
Sì, perché spesso ci dimentichiamo che dietro le luci del palco e gli abiti scintillanti ci sono autori, compositori e produttori che lavorano per mesi per cucire addosso a un artista il giusto “vestito musicale”. Durante la mia incursione a Sanremo ho avuto il piacere di incontrare due giovani che proprio di questo si occupano e che mi hanno davvero incuriosito. Ho dunque deciso di addentrarmi ne… “La tana del granchio”, brano presentato in gara da Bresh – nome d’arte di Andrea Brasi – un brano raffinato e dalla spiccata originalità nel sound che esplora le fragilità umane e descrive il mondo dell’artista attraverso l’attento e sensibile lavoro di Dibla, al secolo Luca Di Blasi, insieme ai colleghi e compagni di avventure Jizz e Shune “Come dichiarato dallo stesso Bresh – spiega Jizz – il titolo del brano fa riferimento al suo segno zodiacale: quello del cancro. La canzone parla di una relazione e della difficoltà nell’esprimersi, nel doversi aprire quando si provano emozioni contrastanti che ti fanno avere dei ripensamenti. Si tratta di un brano molto criptico, è un dialogo con la propria coscienza. Il pezzo nasce molto in freestyle, il significato si è evoluto durante la composizione, anche se il messaggio è rimasto fondamentalmente lo stesso: la canzone è il contenitore dei suoi pensieri, il granchio è l’artista che esprime cose, talvolta anche scomode, appartenenti alla sua vita, in maniera enigmatica”.
Dibla in proposito sottolinea: “Con Bresh lavoriamo sin dagli inizi, dai tempi di brani come ‘Che Dio mi aiuti’, così come con Shune, mentre con Jizz, che è entrato in squadra poco dopo, portiamo avanti anche altri progetti, ma siamo tutti parte di un grande e affiatato gruppo. Siamo felici di aver scritto brani fondanti della carriera di Andrea, ovvero Bresh”. In quanto al loro coinvolgimento all’interno del Festival, entrambi si sono divisi tra i riflettori e il backstage: “Facciamo parte di Drilliguria, il collettivo dei rapper genovesi – la flotta della Repubblica marinara del rap italiano Ndr – Ci sono stati diversi momenti che ci hanno visto coinvolti, oltre a quello con Bresh: abbiamo preso parte alla direzione del
suono della messa in onda, dato il nostro contributo agli arrangiamenti e suonato con Tedua nella serata di sabato a Sanremo. Indossavamo con orgoglio la casacca del collettivo”.
Ma come nasce la passione per la musica di questi due giovani rampanti autori e produttori?
Quali sono i loro punti di riferimento?
#CoseBelle
“Io sono nato nel ‘97 – racconta Jizz – e verso i dieci anni ho iniziato a suonare con mio fratello, in arte Sethu, in piccole band. Il mio primo grande riferimento musicale, grazie a mio padre, sono stati i Pink Floyd. Da lì mi sono perso nella produzione del rap, dove sono rimasto per una ventina d’anni. Ho prodotto e registrato praticamente tutti i rapper della zona di Savona. Nel 2017 mi sono trasferito a Milano e da lì è iniziata un’escalation: sono entrato in contatto con il collettivo ed è scattata la scintilla che ha fatto girare le cose per il meglio. Devo ringraziare in particolare il mio manager Tobe, che mi ha inserito nel collettivo e mi ha permesso di iniziare la collaborazione con Dibla”.
Anche Dibla inizia molto presto ad avvicinarsi alla musica: “Sono del 1991, nasco come chitarrista e ho vissuto varie realtà in adolescenza, dal punk al funky, suono da quando avevo nove anni. L’ambiente in cui ho cominciato a lavorare è l’alternative rock. Con Shune ho iniziato ad esibirmi nella provincia di Pavia, poi abbiamo preso strade diverse: io alternative rock e lui elettronica. Insieme alla mia band ho collaborato con gruppi come Subsonica, Linea 77… Mi trovavo in un ambiente particolare, ma ho sempre avuto la passione per l’hip hop e per la musica contemporanea. Con Shune ci siamo sempre confrontati sui rispettivi progetti, finché un giorno abbiamo detto: perché non facciamo qualcosa insieme, provando a riportare delle sonorità un po’ più cantautorali nella musica di oggi? Abbiamo iniziato ad elaborare delle basi che utilizzassero un po’ di più il suono di chitarra e pianoforte all’interno dell’hip-hop… e da qui è nato il sound di Bresh. Insomma, abbiamo lanciato una spruzzata di cantautorato su base moderna. In “Oroblu”, l’album più importante di Bresh, abbiamo creato questa svolta sonora, ed è uscito questo suono caratteristico”. Tra i progetti in corso c’è anche quello con il rapper Sayf, col quale i due stanno lavorando alla realizzazione di un disco, ed entrambi saranno coinvolti come musicisti in due live dell’artista a Milano ad aprile. Dibla sarà impegnato anche con il tour europeo di Tedua e con quello nei palazzetti di Bresh. Si prospetta dunque un anno parecchio movimentato per i giovani producer. Ma per Jizz c’è anche in arrivo una nuova collaborazione con il fratello: “Insieme a Sethu stiamo preparando il nuovo album, che descriverà un suo momento di maggiore consapevolezza e in cui verranno smorzate le atmosfere dark a cui ci ha abituati”.
Come ultima, doverosa domanda chiedo loro qual è l’artista con cui vorrebbero collaborare un giorno.
“Vasco Rossi – esordisce senza indugio Dibla – perché a mio parere rappresenta la dannazione della giovinezza, sarebbe bellissimo poterci sedere l’uno di fronte all’altro e confrontarci. Sentirei molto la differenza d’età tra di noi ma solo per una questione di esperienza, non per il fattore anagrafico”.
Anche per Jizz c’è il sogno di una collaborazione con un grande cantautore emiliano: “Sicuramente Cremonini: in questo momento della mia vita è un artista che ascolto spesso insieme a mio fratello, ci piace moltissimo il suo sound e il suo modo di scrivere”. … E allora tendiamo l’orecchio all’originalità e alla sensibilità di questi giovani produttori, ben decisi a far evolvere e contaminare la musica italiana, augurando loro di far soffiare un vento nuovo sullo splendido mare della Liguria.
credits: Claudia Campoli / Andrea Tafel
Photo
Dibla e Jizz con Bresh
MUSICA
“MILLE VOCI”: IL NUOVO SINGOLO
DI JOHANNA PEZONE E MARCOLISA
Il 21 marzo ha segnato un'importante data per gli amanti della musica: è uscito "Mille Voci", il nuovo singolo di Johanna Pezone, vocal coach di talento, in collaborazione con il suo partner artistico Marco Ciampica, conosciuto come Marcolisa.
Questo brano è disponibile su tutte le piattaforme digitali ed è prodotto dalla JP Vocal Studio Academy. "Mille Voci" è molto più di una semplice canzone; è un viaggio emotivo che esplora le complessità delle relazioni e le sfide della comunicazione.
Il testo, scritto da Johanna e Marco, cattura la tensione tra un ambiente festoso, pieno di paparazzi e luci scintillanti, e la ricerca di una connessione autentica con una persona speciale che si trova in disparte.
La canzone affronta temi di desiderio e vulnerabilità, invitando l'ascoltatore a riflettere sulla propria autenticità in un mondo spesso superficiale. La metafora del "patto col diavolo" rappresenta le influenze esterne che possono distorcere le scelte personali, mentre la ripetizione delle "mille voci" suggerisce una confusione interiore e la lotta per trovare la propria strada.
In questo brano, Johanna e Marcolisa ci incoraggiano a valorizzare le piccole cose e a cercare la pace interiore, piuttosto che lasciarsi sopraffare dalle aspettative esterne. "Mille Voci" è una canzone che invita alla riflessione, perfetta per chi cerca un momento di autenticità in un mondo caotico. Non perdete l'occasione di ascoltare "Mille Voci" su tutte le piattaforme digitali e di vedere il videoclip su YouTube.
Sede di Roma: Via Tancredi Cartella 63 zona Stazione Tiburtina
Sede di Tivoli: Via Via Campolimpido 55/B - Campolimpido Favale Info: 375 7445664. - E-mail: jpvocalstudioacademy@gmail.com
WORLD BEAUTY CELEBRITIES BELLEZZA E BRAVURA IN SCENA
JANET DE NARDIS
CONDUCE LA SECONDA EDIZIONE
CON HIND JALEEL
Si è appena conclusa la seconda edizione del World Beauty Celebrities (ideato dal make-up artist Raffaele Squillace), l’attesissimo evento internazionale della bellezza che ieri ha incantato il pubblico romano. A condurre l’evento per la seconda volta, la giornalista e regista Janet De Nardis, che ha magistralmente guidato il pubblico attraverso una giornata dedicata all’arte del make-up e alla bellezza universale. Quest'anno, l'evento ha avuto come ospite d'onore la regina del make-up del Medio Oriente, Hind Jaleel, direttamente da Dubai, con una straordinaria Live Masterclass Make-Up Show. Durante questa esclusiva masterclass, i partecipanti hanno avuto l'opportunità unica di apprendere direttamente da Hind Jaleel, una delle artiste del make-up più rinomate a livello mondiale. Al termine della sessione, tutti i partecipanti hanno ricevuto un attestato di partecipazione internazionale, firmato da Hind Jaleel in persona. La manifestazione, che ha avuto luogo al Teatro Adriano di Roma, ha visto la partecipazione di un pubblico internazionale, con numerosi ospiti provenienti da tutta Europa, ansiosi di scoprire i segreti del make-up at-
traverso la visione e la tecnica di una delle più grandi esperte del settore. Tra i molti ospiti in sala anche Sergio valente e lo stilista Gianni Calignano, Cosetta Turco, Andreea Duma, Francesca Silvi, Maria Monsè, Antonella Salvucci, Patrizia Bellucci e Vincenzo Merli. "È un grande onore per me poter presentare nuovamente il World Beauty Celebrities dopo il successo della prima edizione. Questo evento è un'opportunità straordinaria per il pubblico italiano e internazionale di immergersi nel mondo della bellezza e della cultura del make-up. Tutto merito di un creativo visionario come Raffaele Squillace. ", ha dichiarato Janet De Nardis.
Il World Beauty Celebrities è stato ideato e prodotto da Global Fashion System, ente internazionale che dal 2017 si dedica alla formazione nel settore della moda e della bellezza. Quest'anno, l’evento ha continuato la sua missione di promuovere l'integrazione culturale attraverso la bellezza, consolidando il suo ruolo come uno degli appuntamenti più esclusivi e importanti del panorama internazionale. L'evento ha ricevuto il patrocinio di importanti istituzioni, tra cui l'Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti, rappresentata da [Nome], l'ANAPET (Associazione Nazionale Truccatori), con il presidente Gino Pandolfi e la vicepresidente Daniela Argiolas, e la Camera Nazionale Fashion Designer, rappresentata dal direttore Dario Caminiti. Gli abiti di Janet De Nardis e della modella truccata da Hind Jaleel erano firmati Radapola Haute Couture che insieme ad Abipro sono stati sponsor dell’evento.