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EDITORIALE
by Alessandro Cerreoni
SANREMO E LE POLEMICHE
UN CONNUBIO INEVITABILE
Il Festival di Sanremo non è solo musica, spettacolo ed emozioni, ma anche un appuntamento fisso con le polemiche. Ogni anno, puntualmente, il palco dell'Ariston diventa il centro di discussioni, critiche e controversie che accendono il dibattito pubblico. Ma perché il Festival della Canzone Italiana è sempre accompagnato da tensioni e dibattiti accesi? Vediamo insieme i principali motivi.
Uno dei primi motivi di polemica riguarda la scelta degli artisti in gara e dei brani selezionati. Ogni edizione porta con sé accuse di favoritismi, esclusioni eccellenti e brani che, secondo alcuni, non sarebbero all'altezza della competizione. Alcuni artisti emergenti lamentano un sistema chiuso e poco meritocratico, mentre il pubblico spesso si divide tra nostalgici delle vecchie melodie e amanti delle nuove tendenze musicali.
Un altro nodo cruciale riguarda il sistema di votazione. Le giurie di esperti e della sala stampa vengono spesso accusate di influenzare troppo il risultato finale, penalizzando il televoto popolare. Al contrario, altri sostengono che il televoto favorisca gli artisti con una fanbase più ampia, piuttosto che il valore artistico delle canzoni. Il risultato? Accese discussioni su social e media tradizionali.
Ogni anno si discute sui compensi dei conduttori e degli ospiti, spesso ritenuti troppo alti rispetto alle risorse investite per il Festival. Inoltre, si polemizza sulla gestione economica dell'evento, con domande sulla trasparenza delle spese e sull'effettivo ritorno economico per la RAI e per l'industria musicale italiana. Sanremo non è solo musica, ma anche un palco per esprimere messaggi politici e sociali. Alcuni artisti e ospiti sfruttano la visibilità del Festival per trattare temi delicati come diritti civili, violenza di genere, immigrazione e ambiente. Questo genera spesso divisioni nel pubblico e nel panorama politico, con accuse di strumentalizzazione dell'evento.
Non mancano mai momenti di tensione o gaffe che alimentano la macchina delle polemiche. Dalle dichiarazioni infelici di ospiti o conduttori a problemi tecnici, ogni errore diventa un caso mediatico, amplificato dai social network. Sanremo e le polemiche sembrano due facce della stessa medaglia. Forse, proprio grazie a queste controversie, il Festival continua a essere un evento atteso e seguito con passione. Le discussioni, i dibattiti e le critiche contribuiscono a mantenere viva l'attenzione, rendendo Sanremo non solo un concorso musicale, ma un fenomeno culturale che ogni anno cattura l'Italia intera.
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L’EVENTO DEL MESE
IL RUOLO CENTRALE DI NAPOLI
EMANUELE FILIBERTO E ALESSANDRO CECCHI PAONE
ALLA PRESENTAZIONE DELLA COLLANA “PALEPOLIS”
È stata presentata presso l'Istituto per gli studi filosofici di Palazzo Serra la nuova collana editoriale "Palepolis - Chi ha contribuito a rendere grande Napoli". L'evento, organizzato dall'editore Armando De Nigris, ha visto la partecipazione di ospiti illustri e autori che hanno condiviso storie, aneddoti e un amore profondo per la città partenopea, in una sala gremita di appassionati di storia e letteratura. Una serata che ha dimostrato il ruolo centrale di Napoli come culla della cultura e della storia italiana.
A dare il benvenuto al pubblico è stato il Prof. Arturo Martorelli, storico collaboratore dell'Istituto, che ha sottolineato l'importanza della giovane editoria per la cultura campana. L’intervento di Martorelli ha posto le basi per una serata ricca di emozioni e riflessioni.
L’evento è entrato nel vivo con la presentazione di Stefano Cortese, autore del libro "Nicola PuglieseL'arte di non scrivere". Moderato dall’agente letteraria Rosa Gargiulo, Cortese ha catturato l'attenzione dei presenti con la delicatezza e la profondità del suo racconto sulla vita di Pugliese, scrittore che ha scelto
l'esilio volontario e la solitudine, riflettendo sul successo e sull'arte di scrivere.
Anna Poerio, moderata dal Prof. Alfonso Piscitelli, ha presentato le vite de “I fratelli Alessandro e Carlo Poerio”, figure emblematiche di amore verso la patria, la poesia e la libertà. Gli aneddoti inediti, tramandati di generazione in generazione, hanno emozionato il pubblico, unendo cuore e letteratura in un racconto sentito e appassionato.
Il Prof. Rocco Romeo ha poi intervistato l'avvocato Domenico Ciruzzi sul suo Maestro, Vincenzo Siniscalchi, descritto magistralmente nel volume “Vincenzo Siniscalchi. Da Maradona a Fellini, storia di un penalista e intellettuale che ha fatto scuola”. L'intervento di Ciruzzi, già Presidente del Premio Napoli, è stato un tributo commosso e appassionato a Siniscalchi, descritto come un visionario dell'avvocatura italiana.
La giornalista Angela Feluca ha intervistato Alessandro Cecchi Paone che, come ha ricordato De Nigris, ha dato un contributo significativo alla crescita del progetto editoriale grazie alla sua passione per la conoscenza e la storia. Nel suo libro, "Raimondo Di Sangro di Sansevero, dialogo sull'immortalità", il divulgatore scientifico ha un colloquio immaginario con il principe di Sansevero, figura storica che ha lasciato un'impronta indelebile nella sua vita fin da quando aveva dieci anni.
Moderato dal giornalista Antonio D'Addio, Emanuele Filiberto di Savoia ha chiuso la serie di presentazioni con il suo libro "I Savoia a Napoli", un libro che esplora la storia di quattro re e due principi e il loro legame con Napoli. Il racconto del Principe ha offerto al pubblico una visione più profonda di Casa Savoia e del loro forte legame con la città di Napoli.
COVER STORY
by Silvia Giansanti
KARIN PROIA
“DA GRANDE VOLEVO FARE LA REGISTA E MI SONO RITROVATA ATTRICE”
Un'attrice che dà continuamente prova della sua bravura e che è pronta per entrare in scena nel nuovo spettacolo teatrale “Premio Produzione”. Appuntamento il 15 e 16 febbraio al Teatro Nuovo Sala Gassman di Civitavecchia. Dal 20 febbraio al 2 marzo al Teatro degli Audaci di Roma
Stare al posto giusto nel momento giusto. Spesso i modi di dire combaciano con la realtà. E' quello che è accaduto all'affascinante Karin Proia, che nella vita voleva fare altro e cioè la regista, ma il mestiere di attrice le è piombato addosso, proprio iniziando a frequentare determinati ambienti. Simpatica, con la testa tra le nuvole e disposta a cambiare idea. Non è assolutamente una figlia d'arte, ma un personaggio nato in piccolo borgo in provincia di Latina, che si è costruita da sola e che è arrivata a raggiungere traguardi internazionali a livello di premi e riconoscimenti. Adesso la vedremo nella nuova commedia brillante “Premio Produzione”, accanto a Monia Rosa, Giacomo Porcari e Daniele Trombetti. Lo spettacolo non è solo comicità, ma vuole mettere l'accento su alcuni aspetti lavorativi che si incontrano all'interno di alcune fabbriche. Karin, com'è avvenuto l'aggancio con il mondo artistico?
“Direi molto presto. Sono cresciuta in un piccolo borgo in provincia di Latina, Borgo Podgora. Fin da bambina ero attratta dai lavoretti artistici che si facevano per Natale e anche dalla fotografia. Sono sempre stata affascinata dalle pubblicità che vedevo in tv e mi chiedevo quale lavoro ci fosse dietro. Ecco che è scattata in me la voglia di fare regia. Riuscivo a notare perfino la differenza tra alcuni spot e altri”. Che ruolo ha avuto invece la musica nella tua vita?
“Sono stata avvolta completamente dalla musica fin dai primi anni della mia vita. L'approccio
con la musica è subirla, ma in senso positivo, perché essa scaturisce molte emozioni. Ricordo che scoprii la pianola a casa di un amichetto e rimasi folgorata da quello strumento a tasti. Obbligai così mio padre ad iscrivermi ad un corso di pianoforte. Quindi propendevo in tutto e per tutto all'arte”.
E il canto?
“C'è stato anche quello ai tempi della scuola materna. Siccome cantavo bene, mi fecero cantare come solista in un programma tv locale per un concerto di solidarietà. Ricordo che indossai gli stivali di Candy Candy”.
Pensavi di fare l'attrice?
“No, perché come ripeto il mio primo amore è stata la regia. Volevo fare la regista. Ero attratta dalla costruzione degli spot, dai piani sequenza delle immagini. Essendo in un piccolo borgo, andavo disperatamente chiedendo in giro come si facesse per diventare regista. Non avevo la più pallida idea. Provengo da una famiglia in cui i miei hanno fatto altro e all'epoca non c'era internet che potesse indirizzarmi verso una scuola a livello di informazioni”.
Com'è proseguito il tuo percorso?
“Frequentai l'istituto d'arte e ho fatto dei corsi di fotografia e di montaggio. Dopo alcune indicazioni, andai successivamente al Centro Sperimentale, ma il bando era già uscito. Peccato perché avrei dovuto attendere almeno due anni. Non mi persi d'animo e nel frattempo mi iscrissi ad un corso di recitazione per comprendere meglio quali fossero le esigenze degli attori. In quel corso scorsi un annuncio affisso su di un
muro in cui stavano cercando una protagonista per lo spettacolo teatrale 'Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller', con Michele Placido, per la regia di Teodoro Cassano. Cercavano una donna mora con i capelli lunghi che camminasse bene sui tacchi, sapendo ballare e cantare. Come ballo era richiesto il boogie-woogie che sapevo fare grazie a mio padre che era un fenomeno. Fu così che mi scelsero al provino che dovetti fare davanti al pubblico di candidati. Non nascondo che mi demoralizzai perché avevo davanti a me persone molto preparate che uscivano dal Centro Sperimentale o dall'Accademia Nazionale d'Arte Silvio D'Amico. Avevo un semplice monologo. Decisi di andare via, ma il regista mi invitò facendomi ballare. Andò benissimo e fui presa. Praticamente da che volevo fare la regista, mi ritrovai a svolgere il mestiere di attrice. Dovetti riorganizzare la mia vita in base allo spettacolo che mi avrebbe portata in giro. Psicologicamente non ero preparata”.
A oggi hai potuto mettere su un signor curriculum. Qual è l'esperienza che ti ha segnata?
annoiano un po' e non mi soffermo. Non conosco bene i giovani attori”.
Colleghi che ti hanno donato gioia nel lavorare insieme.
“Claudia Cardinale, una donna straordinaria e Sergio Castellitto”.
Tra uno spettacolo e l'altro, è poi arrivata la tanto attesa regia?
“Sì, esattamente dieci anni fa”.
“Senza dubbio la prima. Il mio debutto è avvenuto al Teatro Greco di Taormina”.
Hai avuto l'occasione di lavorare a fianco di nomi illustri del teatro e della tv tra cui l'indimenticabile Gigi Proietti. Che ricordo conservi di lui?
“Era veramente un grande, non era una persona ordinaria, si capiva subito. Ho un ricordo meraviglioso umanamente parlando”.
Che cosa noti nelle attrici di nuova generazione?
“Sono sincera, ma ultimamente non sto prestando attenzione nelle produzioni italiane. Mi
Occupiamoci del tuo nuovo spettacolo teatrale intitolato “Premio Produzione”.
“E' una grande riflessione su alcune delle tematiche importanti.
La scrittura di questo spettacolo è molto intelligente e sorprendente. L'autore David Mastinu non usa una scrittura classica e tutto questo stimola sia il lettore che lo spettatore”.
A chi è rivolto?
“Ad un pubblico eterogeneo”.
Il tuo ruolo?
“E' quello di un'operaia che lavora all'interno di una fabbrica che deve riuscire ad ottenere un premio di produzione”.
A proposito di premi, hai avuto prestigiosi riconoscimenti per la tua carriera?
“Sono felice di aver ricevuto molti premi sia come attrice che come regista. Addirittura tredici premi internazionali”.
Hai un rito prima di affrontare il palco?
“Certo, ripeto dentro di me una vecchia battuta articolata e complicata che mi aiuta a sciogliere i muscoli facciali e la lingua”.
Cos'è più importante per te nel tuo lavoro?
“La felicità di farlo”.
Come ti appresti ad affrontare questo nuovo 2025?
“Con la speranza che sia un anno pieno di serenità e di stimoli”.
CHI Ḕ KARIN PROIA
Karin Proia è nata a Latina il 14 marzo del 1974 sotto il segno dei Pesci con ascendente Acquario. Caratterialmente si definisce con la testa tra le nuvole, ma determinata al tempo stesso. Ama il cioccolato, tifa per la Roma e ha come hobby i viaggi. Colleziona stivali. Possiede una lupa cecoslovacca di nome Licaonia. Il 2008 è stato il suo anno, poiché è venuta al mondo sua figlia. Le piacerebbe vivere in tante capitali del mondo. Attualmente vive a Roma ed è sposata con l'attore Raffaele Buranelli. L'attrice ha esordito in tv con Fabrizio Frizzi e in seguito con Carlo Conti, Michele Placido e Gigi Proietti a teatro. Ha girato un film da regista con protagonisti Philippe Leroy e Claudia Cardinale, è stata protagonista di diverse serie tv Rai e Mediaset e ha lavorato in tv con Carlo Conti, Pippo Baudo e altri. Attualmente è impegnata nello spettacolo teatrale “Premio Produzione”
by Marialuisa Roscino
Adolescenti e autonomia: il compito guida dei genitori
Gli aspetti psicologici e il parere della dottoressa Adelia Lucattini
L'adolescenza è una fase di grandi cambiamenti, sia fisici che psicologici, i ragazzi cercano di affermare la propria identità, di cimentarsi in nuove esperienze e di conquistare sempre più autonomia. Questo percorso, sebbene naturale e necessario è caratterizzato da una complessa interazione di fattori fisici, psicologici e sociali e può generare non poche tensioni tra genitori e figli. L'adolescenza rappresenta, dunque, un periodo di grandi cambiamenti e sfide, sia per gli adolescenti, che per i genitori. E allora come è possibile affrontare questo delicato momento di crescita? Qual è il compito- guida dei genitori in questa particolare fase di transizione della vita dei propri figli? Quanto conta lo sviluppo dell'autonomia emotiva degli adolescenti? Di questo e molto altro, parliamo con la Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Dottoressa Lucattini, in che modo la cultura e il contesto sociale influenzano il modo in cui gli adolescenti sperimentano l'autonomia e come i genitori possono adattarsi a queste influenze? “Il contesto familiare, culturale e sociale gioca un ruolo fondamentale nel plasmare le modalità con cui gli adolescenti percepiscono e vivono l’autonomia. In ambienti in cui prevale un forte individualismo, l’autonomia è associata spesso all’indipendenza precoce e alla capacità di prendere decisioni personali. Al contrario, in culture in cui la vita è condivisa con la collettività, l’autonomia si sviluppa più gradualmente e spesso all’interno di legami familiari forti.È importante comprendere come i giovani interpretano le pressioni sociali e culturali, mantenendo un dialogo aperto e non giudicante. Inoltre, i genitori possono fornire una guida chiara, aiutandoli a distinguere ciò che è realmente significativo per loro, rispetto a ciò che è imposto dalle mode o dalle aspettative esterne. L’obiettivo è supportare i figli nel costruire la propria identità, bilanciando valori familiari e personali con le influenze culturali. In questo processo, empatia, flessibilità e capacità di adeguare il proprio stile educativo alle necessità del contesto sono strumenti fondamentali per ogni genitore”.
I Social possono avere in questo contesto un peso rilevante?
“Certamente, i social media hanno un grande impatto nell’influenzare lo sviluppo dell’autonomia degli adolescenti, influenzando profondamente il modo in cui si percepiscono e interagiscono con il mondo. Da un lato, i social possono rappresentare uno spazio di espressione personale, dove i giovani sperimentano la propria identità, si creano interessi e costruiscono nuove relazioni. Dall’altro, offrono un’opportunità di confronto con i coetanei, ampliando anche i loro orizzonti e alimentando il desiderio di indipendenza. D’alto canto, la sovraesposizione può generare insicurezze, alimentare confronti poco realistici e spingere verso una ricerca di approvazione esterna, spesso a discapito dello sviluppo di una solida autonomia interiore. I genitori, in questo contesto, possono svolgere un ruolo cruciale guidando i figli verso un utilizzo consapevole, educandoli a distinguere tra contenuti autentici e manipolativi, incoraggiandoli a riflettere sull’immagine autentica che vogliono dare di se stessi e sui modelli irrealistici che i social propongono”. Quali sono in particolare, i fattori che spingono gli adolescenti a cercare maggiore indipendenza al di fuori della famiglia?
“Durante l’adolescenza, la ricerca di autonomia è un processo naturale e fisiologico legato allo sviluppo dell’identità personale. Contribuiscono a spingere i giovani verso l’indipendenza i cambiamenti fisiologici come lo sviluppo cerebrale e fattori psicologici come il desiderio di esplorare e il bisogno di assumersi
responsabilità. Le relazioni con i coetanei diventano centrali, poiché gli adolescenti trovano nel gruppo un luogo di confronto e appartenenza che li aiuta a costruire un senso di sé separato dalla famiglia. Il contesto scolastico fornisce stimoli e formazione che ampliano i confini del mondo familiare, alimentando il desiderio di esplorare nuove opportunità e di affermarsi da soli”.
Ritiene che un comportamento genitoriale troppo "protettivo" possa predire la dipendenza genitoriale anche nell'età adulta?
“Un atteggiamento genitoriale eccessivamente protettivo può influire negativamente sullo sviluppo dell’autonomia. Quando i genitori limitano le opportunità dei figli di sperimentare, commettere errori e risolvere problemi, possono involontariamente ostacolare la costruzione di competenze essenziali per l’autonomia emotiva e pratica. Questo può portare a una dipendenza genitoriale nell’età adulta, caratterizzata da difficoltà a prendere decisioni, scarsa fiducia in se stessi e timore di affrontare situazioni complesse senza il supporto dei genitori. Al contrario, un comportamento genitoriale bilanciato, che combina protezione e promozione dell’indipendenza, favorisce la crescita di individui sicuri e capaci”.
essere messi alla prova. Un dialogo aperto e rispettoso aiuta a costruire un rapporto di fiducia reciproca tra genitori e figli. Quando gli adolescenti si sentono ascoltati, sono più propensi a condividere le loro esperienze, emozioni e preoccupazioni, permettendo ai genitori di comprendere meglio il loro mondo interiore e il loro punto di vista. Questo non significa essere sempre d’accordo con loro, bensì mostrare disponibilità ad apprezzare le loro idee e sostenere la loro capacità di riflessione e autonomia. L’ “ascolto attivo” è una competenza fondamentale in questo processo: significa prestare attenzione senza giudizio, mostrando interesse sincero e rispondendo in modo vibrante, affettuoso e comprensivo, il che sostiene l’autostima e la sicurezza dei figli”.
Quali sono, a suo avviso, i segnali che indicano che un adolescente è pronto ad assumersi maggiori responsabilità?
Cosa riferiscono al riguardo gli ultimi studi scientifici?
“Le ricerche recenti confermano che uno stile genitoriale iperprotettivo, spesso definito "helicopter parenting", è associato a livelli più bassi di competenza emotiva, regolazione dello stress e autostima negli adolescenti e nei giovani adulti. Uno studio pubblicato sul ‘Journal of Adolescence’ (2022) ha rilevato che i figli di genitori iperprotettivi riportano maggiori difficoltà nell'affrontare la transizione verso l’età adulta, con un aumento del rischio di ansia, depressione e dipendenza emotiva. Al contrario, studi che esplorano il ruolo dello stile genitoriale autorevole (che bilancia affetto e regole chiare) dimostrano che questo approccio promuove una sana indipendenza. In questo stile, i genitori incoraggiano i figli a prendere decisioni autonome, ma rimangono disponibili come guida e sostegno. In sintesi, il compito dei genitori è quello di essere una base sicura da cui i figli possano partire per esplorare il mondo, sapendo di poter contare su di loro nei momenti di difficoltà”.
Crede sia importante parlare con i propri figli in modo aperto e ascoltare i loro punti di vista?
“Assolutamente sì, parlare sinceramente con i propri figli e ascoltare il loro punto di vista è indispensabile, soprattutto durante l’adolescenza, una fase di vita in cui il dialogo e la comunicazione possono
“Questi segnali non sono sempre chiari, lineari o uniformi, ma possono essere intercettati nelle loro parole e comportamenti. Ad esempio, un segno è quando l’adolescente considera le conseguenze delle proprie azioni e fa delle scelte in modo ragionato sia in ambito scolastico, che personale. La capacità di riflettere sulle proprie emozioni, riconoscere i bisogni degli altri e agire in modo empatico indica una maturità emotiva che è necessaria per arrivare ad assumersi responsabilità. Quando un adolescente dimostra di voler affrontare nuove sfide o di intraprendere attività senza bisogno di essere spinto o sollecitato dai genitori, è un segnale di crescente autonomia e senso di responsabilità. È essenziale che i genitori osservino attentamente questi segnali e adattino le responsabilità alle capacità e all’età del figlio, senza sovraccaricarlo. Un approccio graduale è spesso il più efficace: offrire piccole responsabilità iniziali e aumentare progressivamente il livello di complessità man mano che l’adolescente dimostra di saperle gestire”. Quanto conta lo sviluppo dell'autonomia emotiva degli adolescenti dai genitori? Può contribuire al loro benessere psicologico?
“L’autonomia emotiva si riferisce alla capacità di regolare i propri stati emotivi, prendere decisioni indipendenti e gestire le relazioni senza una dipendenza eccessiva dal supporto dei genitori. Questa fase di sviluppo consente agli adolescenti di costruire un’identità personale, affrontare sfide e cambiamenti, gestire emozioni complesse, come l’ansia, la delusione o la gioia. Inoltre, l’autonomia emotiva favorisce la capacità di costruire legami equilibrati con coetanei, partner e altre figure importanti, evitando dinamiche di dipendenza o eccessivo controllo. Lo sviluppo di un’autonomia
psicologica ed emotiva
è direttamente collegato al benessere mentale. Gli adolescenti che si sentono in grado di gestire le proprie emozioni e di affrontare situazioni difficili in modo indipendente tendono ad avere livelli più bassi di ansia e depressione, una maggiore forza interiore e un approccio più propositivo verso la propria vita e il futuro”.
Scuola e famiglia possono collaborare per sostenere lo sviluppo dell'autonomia degli adolescenti?
“Certamente, la collaborazione tra scuola e famiglia è fondamentale, in quanto entrambe giocano un ruolo cruciale e complementare nella loro crescita. La famiglia rappresenta il primo luogo in cui gli adolescenti apprendono e vivono le relazioni primarie, si assumono responsabilità e apprendono l’alfabetizzazione emotiva. La scuola è l’ambiente in cui gli adolescenti sviluppano competenze culturali, organizzative, decisionali e la socializzazione extrafamiliare. È fondamentale che i genitori partecipino attivamente agli incontri con gli insegnanti e mantengano un dialogo aperto con la scuola per condividere e partecipare senza essere intrusivi, del percorso scolastico dei propri figli. Quando famiglia e scuola lavorano insieme, si rafforza il percorso educativo e contribuisce a creare un contesto in cui gli adolescenti si sentono motivati nel rendersi autonomi e maggiormente responsabili”. Quali consigli si sente di dare agli adolescenti? “Conosci te stesso, (γνῶθι σεαυτόν (gnōthi seautón). L’adolescenza è un periodo di cambiamento e scoperta. È normale sentirsi confusi o insicuri, ma dedicare tempo a riflettere sui propri interessi, valori e desideri ti aiuterà a costruire una forte identità personale; Sbagliando s’impara. Non avere quindi paura di sbagliare, gli errori sono naturali nel processo di apprendimento. Ricordarsi sempre che nessuno è perfetto, che ogni percorso di crescita è unico e che i modelli proposti dai social in molti casi possono essere manipolati artificialmente; Evitare relazioni tossiche e circondarsi di persone che rispettano e sostengono sempre. Le vere amicizie si basano sulla fiducia e sul rispetto reciproco, non bisogna avere paura di allontanarsi da chi non fa sentire a proprio agio; Anche i boomers hanno cose interessanti da dire.
Anche se a volte, può sembrare difficile, mantenere un dialogo aperto con i genitori aiuta. I genitori, gli insegnanti e gli adulti, possono essere una fonte di suggerimenti preziosi; Mens sana in corpore sano. Bisogna imparare a riconoscere i propri bisogni fisici e psicologici: per star bene è necessario dormire a sufficienza, mangiare in modo equilibrato, fare attività fisica e dedicare del tempo a se stessi per rilassarsi e ricaricarsi. La salute mentale è importante quanto quella fisica; Chiedere aiuto è la virtù dei forti. Se ti senti in difficoltà, non riesci a parlare dei tuoi problemi, hai difficoltà nello studio, ti senti molto triste o bloccato, chiedi il sostegno di uno psicoanalista, aiuterà sicuramente!”.
E ai genitori?
“Dare ai figli il tempo di crescere. Ognuno ha i suoi tempi, per questo è importante che i genitori riconoscano il bisogno dei figli di sviluppare la propria identità e di prendere decisioni in modo autonomo. Questo non significa "lasciarli soli", ma piuttosto dare loro il supporto necessario senza essere troppo invadenti o controllanti; Parlare è la chiave della felicità. Ascoltare e anche stimolare il dialogo, chiedere ai propri figli cosa pensano, cosa provano, e come si sentono rispetto a ciò che sta accadendo nella loro vita. Il dialogo diventa così una buona e costruttiva abitudine; Le regole sono importanti. Devono essere chiare, giuste e adattabili alle circostanze e rispettate anche dai genitori. L’esempio è la prima regola, i figli apprendono molto anche per identificazione e imitazione;
Non prevenire i desideri dei figli. Mai anticiparli, altrimenti non impareranno a conoscere i propri desideri e si sentiranno sempre deboli, incapaci e dipendenti.
Incoraggiare e valorizzare sempre. Prima si sostiene e poi si corregge, così i figli imparano a gestire le proprie emozioni e ad affrontare le sfide, prima con la guida dei genitori e poi autonomamente; Prendersi cura di se stessi. Per i genitori stare bene è un dovere verso se stessi e una responsabilità verso i figli. Fare sempre prevenzione e chiedere aiuto specialistico nei momenti di difficoltà psicologica. In questo modo, si sta meglio e si mostra ai figli un comportamento positivo e virtuoso. Dopo
SALUTE & BENESSERE
by dottor Antonio Gorini (*)
Allergie Tra predisposizione genetica e squilibrio del sistema immunitario
Con l’avvicinarsi della primavera tornano i problemi di allergie. Quali fattori e meccanismi ne causano l’insorgenza? Esistono rimedi? Ce ne parla il dottor Antonio Gorini (*) un medico che ha scelto la mission professionale di mettere al centro la persona nella sua complessità e trovare la cura che sia personalizzata e volta a ristabilire uno stato di salute prolungato
“Mi cola il naso e lacrimano gli occhi! Ogni anno la stessa storia!” Quante volte sentiamo dire questa frase oppure la diciamo noi con l’avvicinarsi del periodo primaverile?
Eh sì, la primavera! Magnifica stagione! La stagione del risveglio della natura, che si è riposata durante la “pausa” invernale, si è ricaricata di energia per dare nuovamente la fioritura, favorire l’impollinazione e poi la formazione dei frutti.
La primavera che proprio per il carico di pollini è la disgrazia per coloro che soffrono di allergie stagionali. Anche altre stagioni possono favorire le allergie, ma la primavera per la ricchezza e varietà dei pollini è sicuramente il periodo più critico.
Come mai vi sono persone allergiche e altre no?
Alla base di tutto vi è uno squilibrio del sistema immunitario che predispone verso le allergie.
Il nostro sistema immunitario deve essere in equilibrio per lavorare efficacemente e difenderci da nemici esterni ed interni. Semplificando, abbiamo due principali bracci di difesa: uno che ci difende da virus e tumori e che chiamiamo Th1 e uno che ci difende da batteri intracellulari e parassiti, che chiamiamo Th2. Se questi due sistemi sono in equilibrio tutto funziona perfettamente. Se il sistema Th2 tendesse a prevalere potremmo avere le manifestazioni allergiche e spesso una ridotta protezione verso i virus (aumento Th2 e calo dei Th1). Come si crea questo squilibrio immunitario?
A volte vi è una predisposizione genetica: si nota spesso che molte famiglie hanno tutto un ramo (paterno o materno) di storia allergica. A volte dipende (anche) da altri fattori come la mancata corretta maturazione del sistema immunitario a causa di parto cesareo, mancato allattamento materno, terapie antibiotiche sin dall’età neonatale, che compromettono il microbiota intestinale (l’insieme dei germi che vivono nel nostro intestino e che soprassiedono insieme alle strutture linfatiche intestinali al nostro sistema immunitario), la sempre più precoce scolarizzazione dei bambini, le innumerevoli vaccinazioni, l’eccessiva igiene degli ambienti domestici, la riduzione di vita all’aria aperta, cibi OGM e industrializzati, inquinamento delle acque e dell’aria… Sono veramente molti i fattori che “distraggono” il sistema immunitario! Pertanto, questo può sbilanciarsi verso una maggiore attività Th1 dando infiammazione e malattie autoimmuni oppure verso l’attivazione Th2 e, quindi, verso le allergie (ed alcune malattie autoimmuni). Ovviamente sto semplificando, ma l’importante è farsi un’idea generale per comprendere i magnifici meccanismi della nostra biologia. Tornando al fenomeno delle allergie, allo squilibrio del sistema immunitario dobbiamo aggiungere una ridotta capacità di funzionamento dei sistemi fisiologici emuntoriali, cioè quei meccanismi che servono per eliminare le tossine. Gli organi emuntori sono molti, proprio perché è fondamentale per la nostra salute eliminare le tossine, che vengono dall’esterno, ma anche quelle che produciamo dall’interno. Sistemi emuntoriali sono: il sistema respiratorio, il digerente, l’urinario, la cute. Ad esempio, quando mangiamo qualcosa che ci fa male (tossine alimentari) o vomitiamo o abbiamo la diarrea come meccanismi di difesa volti ad eliminare la tossina. Quando accumuliamo sostanze a cui siamo allergici (allergeni), pertanto, iniziamo a lacrimare e a far colare il naso, nei casi più lievi, per cercare di eliminare gli allergeni. Nei casi peggiori arriveremo ad avere l’asma o forme di dermatite tipo l’orticaria.
Riassumendo, lo sbilanciamento del sistema immunitario insieme alla presenza in quantità significativa di allergeni genera la manifestazione allergica stagionale.
Bisogna anche considerare il fenomeno delle cross reaction, cioè reazioni crociate, con alcuni alimenti. Infatti, alcuni cibi per “somiglianza” allergenica possono aumentare la reattività del sistema.
Ad esempio, se siamo allergici alle parietarie dovremmo evitare o limitare l’assunzione di: ortica, basilico, piselli, ciliegie, melone, more del gelso, pomodori.
Se siamo allergici alle Graminacee dovremmo fare attenzione a: mela, anguria, arancia, kiwi, pomodoro, frumento, cereali, arachidi, mandorla, pesca, pera, albicocca, ciliegia, prugna, fragola, lampone. Questo aspetto è poco noto, ma molto rilevante. Altro aspetto poco noto e di estrema importanza è il ruolo dell’intestino in tutti i casi in cui vi sia uno squilibrio del sistema immunitario.
Laddove non si riesca a risolvere il problema e questo vale per le allergie così come per le infezioni ricorrenti (respiratorie, vaginali, urinarie, ecc.), le malattie autoimmuni, ecc., è imperativo studiare il microbiota intestinale e provvedere a sfiammare, riparare e ripopolare correttamente l’intestino.
In considerazione dell’estrema complessità di ciò, consiglio di affidarsi solo a medici esperti o biologi esperti in microbiologia e non a figure non mediche come farmacisti o altro.
L’intestino è la superficie più ampia che abbiamo a contatto con l’esterno. Con l’esterno? Ebbene sì, con l’esterno.
Il tubo digerente comunicando tramite bocca e ano con l’esterno è considerato in comunicazione con l’esterno!
Per questo sono fondamentali la sua integrità di parete, il suo sistema di sorveglianza immunitaria e la popolazione residente.
Se lui funziona bene siamo protetti verso la maggior parte degli aggressori esterni e interni!
Quindi, se abbiamo frequenti cistiti, è inutile accanirsi sulla vescica e sui germi, che troviamo nell’urinocoltura, ma dobbiamo dedicare la nostra cura all’intestino!
Come?
Con la dieta, con integratori che sfiammano e riparano la parete intestinale e con i giusti probiotici (quelli che una volta erano definiti fermenti lattici).
Torniamo alle allergie stagionali respiratorie.
Per sapere se siamo allergici a qualche polline facciamo le “prove allergiche” (Prick test, PRIST e RAST, Test ISAC) e consideriamo la stagionalità dei sintomi e il tipo di manifestazione clinica (oculorinite, asma, dermatite, ecc.).
Cosa fare quando mi accorgo di avere un’allergia stagionale?
Evitare di esporsi alla sostanza allergizzante (allergene) è la prima cosa.
Non sempre è possibile come nel caso di allergeni perenni (non stagionali), come gli acari della polvere, materiale derivato da animali e alcune muffe, ma anche per alcuni pollini stagionali non sempre è possibile evitare l’esposizione.
Fate attenzione anche ai cibi (ridurre quelli che aumentano i livelli di istamina e quelli che hanno reazioni crociate) e ad avere un intestino in ottima efficienza.
Nell’emergenza antistaminici e cortisone sono fondamentali.
Vi è chi convive giornalmente con l’antistaminico perché non conosce alternative.
SALUTE & BENESSERE
La medicina mainstream offre anche vaccini e anticorpi monoclonali, che bloccano l’azione degli anticorpi coinvolti nelle allergie (IgE). Questi offrono soluzioni parziali, efficacia altalenante e presenza di effetti collaterali.
I farmaci suddetti, eccetto i vaccini, agiscono solo sui sintomi, nascondendoli, ma non agiscono sulle cause: squilibrio immunitario e accumulo tossine.
La medicina naturale o integrata o olistica o complementare, comunque la vogliate chiamare, offre numerose strategie non solo per i sintomi, ma anche per risolvere alla base il problema.
Quindi, è possibile guarire definitivamente da un’allergia stagionale?
Direi che nel 90% dei casi è possibile. Più è lieve la sintomatologia e più è alta la percentuale di successo.
Come è possibile?
Riequilibrando il sistema immunitario e facendo fun-
zionare al meglio i sistemi emuntoriali, che eliminano le tossine (allergeni).
Le strade sono molteplici.
Innanzitutto, si dovrà drenare il sistema utilizzando non le vie respiratorie, che sono in affanno, ma fegato, reni, intestino e sistema linfatico.
Per fare ciò useremo piante in veste di fitoterapici od omotossicologici come la Betulla, il Ribes Nigrum, l’Ontano nero, la Scutellaria, il Lycopodium, il Cardo Mariano, la Myosotis arvensis, ecc.
Per riequilibrare il sistema immunitario potremmo usare i funghi medicinali (micoterapia): primo fra tutti il fungo Reishi, ma anche lo Shiitake e l’Agaricus (ABM).
L’histaminum omeopatico è un potente regolatore dei livelli di istamina.
L’omotossicologia offre notevoli rimedi con funzione di riequilibrio verso specifici allergeni con meccanismo simile ai vaccini, ma senza effetti collaterali e tossicità e con notevole profilo di efficacia.
(*) Il dottor Antonio Gorini è esperto di Nefrologia, Oncologia Integrata, Medicina Funzionale di Regolazione, Low Dose Medicine, Medicina Integrata, Fitoterapia, Omeopatia e Omotossicologia, Microimmunoterapia, Ossigeno Ozono Terapia, Statistica della Ricerca e Pratica Clinica, Agopuntura. E’ docente presso l’International Academy of Physiological Regulating Medicine
Infine, la medicina di regolazione low dose permette di riportare in equilibrio il sistema immunitario fornendo dosi fisiologiche delle molecole segnale (citochine) del sistema che è in difetto (nel caso delle allergie il sistema Th1).
Pertanto, potremmo fornire per via sublinguale basse dosi di interferon gamma o interleuchina 12, che nell’arco di 3-6 mesi possono ridurre l’attività del braccio Th2 e riportare all’equilibrio tutto il sistema immunitario.
Esistono studi su animali molto interessanti con l’uso di queste molecole e numerose esperienze cliniche sull’uomo in più di 20 anni di utilizzo.
Anche le medicine più antiche, come la medicina cinese e l’ayurveda, offrono numerose soluzioni per il problema allergia.
In conclusione, prima si interviene e prima si riesce ad ottimizzare il nostro sistema di difesa ed a liberarci definitivamente di questo disturbo stagionale. Buona primavera!!!
Siamo gli ambienti che viviamo, ne assorbiamo le energie fino a trasformarle in emozioni: tristezza, rabbia e paura. I luoghi che frequentiamo ci cambiano: vale per le prigioni, le scuole, le abitazioni, gli ambienti di lavoro. Ognuno ha un carico emotivo a sé: nelle carceri, ad esempio, dove spesso la prepotenza non lascia spazio al dialogo è facile che la frustrazione sia la sensazione dominante, e psicologicamente più usurante.
“Il Sole a Strisce” di Maria Tinto, Santelli Editore, filtra vissuti e sofferenze di persone che si trovano dietro le sbarre. Dalle storie raccontate traspare una grande voglia di riscatto, rinascita e ricerca di un nuovo senso alle cose: dopotutto se così non fosse non si farebbe psicoterapia. A tutti i detenuti viene data la possibilità di ritrovare se stessi, attraverso la terapia. Così, “Il Sole a Strisce”, in un chiaroscuro di avvenimenti, spiega che il costo dell'esclusione che le vittime si trovano a pagare per trovarsi fuori dai gruppi e dalla vita è alto, e pesa come un macigno. Dietro le sbarre non c'è distinzione tra buoni e cattivi, la vita peggiora inevitabilmente. Chi si trova a passare del tempo in questi luoghi, per sfortuna o cattiva condotta, ne viene due volte segnato: da un passato già compromesso e dagli squilibri psicologici che derivano dalla chiusura in un luogo così ostile.
La dottoressa Tinto, ne “Il Sole a Strisce”, racconta la prigione come un luogo dove il silenzio dei corridoi è interrotto dal rumore di porte che chiudendosi, con forza e velocità, producono un fastidioso boato. Il buio delle stanze, invece, è interrotto dalla luce del sole, fuori, che fa capolino all'interno entrando a strisce, come spiragli di speranza: ecco i contrasti che alimentano l'angoscia di chi si trova a vivere dietro le sbarre.
"Torture bianche", frustrante e voglia di libertà sono parole che abbiamo conosciuto meglio attraverso l'esperienza che ha recentemente colpito la giornalista Cecilia Sala, e rendono a pieno il senso del problema. Questi sono luoghi dove per forza bisogna riprendersi se stessi con la psicoterapia, introiettano un disagio che può segnare per sempre e che va compreso ed elaborato.
“Il Sole a Strisce” è un libro da leggere e rileggere, se è vero che il destino sa essere ingrato è anche vero che il sole risorge ogni giorno, per tutti.
Annalisa Colavito
8 MARZO
THE LIFE: OLTRE AL SIGNIFICATO
PROFONDO DI UNA DATA, LA POSSIBILITÀ
DI REGALARSI UN MOMENTO PER SÉ
L'8 marzo, noto come la Giornata Internazionale della Donna, non è solo una data sul calendario, è un tributo ai sacrifici, alle lotte e ai successi delle donne in tutto il mondo. Questa giornata rappresenta un'opportunità per riflettere sui progressi compiuti, per chiedere ulteriori cambiamenti e per celebrare il coraggio e la determinazione delle donne che hanno plasmato la nostra storia.
Molteplici sono stati i sacrifici delle Donne nel corso della vita, dal dopoguerra ad oggi, le donne hanno compiuto scelte politiche, esistenziali e di orgoglio personale che hanno richiesto enorme sacrificio.
Hanno sfidato norme sociali, lottato per il diritto di voto, per l'uguaglianza sul lavoro e per il riconoscimento dei propri diritti. Nonostante gli ostacoli, le donne hanno continuato a resistere e desistere e a far sentire la propria voce.
Il sacrificio personale, messo a dura prova destinato alla ricerca di un proprio spazio e di una propria identità al di fuori dei ruoli imposti dalla società era una sfida continua.
Le donne lottavano per l'autonomia e la possibilità di realizzarsi come individui, spesso a costo di enormi sacrifici personali.
Il film "Cè ancora domani" della Cortellesi, film di recente registrazione, che mi ha toccato molto individua in modo molto armonioso il percorso delle Donne nella loro essenza unica e profonda. Esplora in profondità il sacrificio delle donne nel periodo del dopoguerra, un tema che risuona con una potente forza emotiva.
Ambientato in un'Italia che cerca di rialzarsi dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale.
Difficoltà, lotte e resilienza delle donne in un'epoca di grande cambiamento.
Nel dopoguerra, le donne si trovarono ad affrontare una società in cui i ruoli di genere erano rigidi e le opportunità per l'autonomia personale erano limitate.
La guerra aveva portato via molti uomini, lasciando le donne a ricoprire ruoli tradizionalmente maschili sia nel lavoro che nella gestione delle famiglie.
Tuttavia, una volta tornati gli uomini, le donne dovettero lottare per mantenere i nuovi ruoli conquistati, spesso affrontando resistenze sia sociali che familiari.
Ed in piu la continua svalorizzazione sul posto di lavoro, per le mansioni inadeguate o lavori sottopagati e faticosi per sostenere le proprie famiglie. La lotta per la parità salariale era ancora lontana, e le donne venivano spesso relegate a ruoli subalterni, nonostante le loro competenze e capacità. Essere pagate meno solo perché si è donna è una realtà che molte devono ancora affrontare quotidianamente.
Tuttavia, le donne continuano a eccellere e a dimostrare il proprio valore, spesso in ambienti ostili e poco accoglienti.
Già all’epoca le donne subiscono violenza psicologica e domestica, non hanno avuto la possibilità di reagire ma hanno dovuto affrontare in silenzio costringendosi a vivere in una condizione di sot-
tomissione e paura.
Una realtà troppo comune che ancora oggi non è del tutto sgominata.
Queste donne, in epoche diverse, trovarono il coraggio di denunciare e di ricominciare, dimostrando una forza straordinaria, anche se la strada verso l’uguaglianza, ad oggi, sembra ancora essere lontana.
Ad oggi cosa è l’8 Marzo?
E’ più di una celebrazione, è un ricordo delle lotte passate e un invito a continuare a lottare per un futuro migliore.
E’ un giorno per onorare le scelte coraggiose fatte dalle donne, per riconoscere i loro sacrifici e per celebrare la loro resilienza.
Che queste storie di coraggio e determinazione ci ispirino a costruire un mondo dove ogni donna possa vivere senza paura e con pari opportunità.
La forza delle donne è un faro di speranza e cambiamento. Celebriamole oggi e ogni giorno. In questa data speciale, presso "The Life" a Marcellina, c'è la possibilità di scegliere e prenotare uno tra i nostri pacchetti.
Vieni ad esplorare una nuova esperienza nelle nostre esclusive sale beauty e sale relax, concepite per offrire un’oasi di relax e benessere, vi accogliamo in un ambiente raffinato e sereno, dove ogni dettaglio è curato con attenzione per garantire il massimo comfort e soddisfare ogni tua esigenza. I nostri pacchetti sono composti così:
- CENA, vivi un viaggio culinario che abbraccia la tradizione della cucina italiana con rivisitazioni in chiave contemporanea. Il nostro menù è un connubio di sapori classici e innovativi, con piatti che rispecchiano un’attenzione per la qualità e la freschezza degli ingredienti.
- TRATTAMENTO VISO, la tecnica micro-focalizzata, agisce come trattamento di ringiovanimento effetto lifting, genera una detossificazione dei tessuti, promuove in questo modo il metabolismo cellulare, la circolazione linfatica, decongestiona, schiarisce e tonifica la pelle.
“Il trattamento viso che promette una bellezza senza tempo!”
- SPA, un’alternanza di zone calde e fredde riequilibra la temperatura corporea e la pressione arteriosa, la giusta combinazione del benessere, dalla mente al corpo, che rigenerano la pelle a 360°, permette al fisico di recuperare le energie.
L’ingresso SPA ti permette di avere uno sconto in più per la persona che vuoi portare con te. Il rilassamento continua con la scelta di una tisana da gustare di fronte al suggestivo panorama nel cuore dei Monti Lucretili.
E per concludere un BUONO REGALO, compreso nel pacchetto che sceglierai che ti verrà consegnato al momento dell’appuntamento beauty. Goditi questo prezioso momento dedicato solo a te. Abbiamo creato un'opportunità per onorare le donne e offrire loro momenti di rilassamento e benessere, riconoscendo il loro coraggio e la loro forza.
Le storie di sacrificio e resilienza delle donne sono una fonte inesauribile di ispirazione.
Prenota il tuo tavolo: The Life
Tel. +39 377 363 9989 0774 050880
Via San Polo dei Cavalieri, Marcellina (Roma)
FASHION & IMPRESA
by Ilaria Solazzo
ASCIONE AURIEMMA
NASCE LA SINERGIA
TRA DUE NOMI IMPORTANTI DELL’OCCHIALERIA
ITALIANA
Collaborare significa mettere insieme il meglio delle capacità e dell’ingegno dei nomi più significativi di un determinato comparto. È il caso della rinnovata sinergia che farà incontrare due nomi importanti del settore dell’occhialeria italiana: Vincenzo Ascione – titolare del marchio Bust Out Eyewear, presenza significativa nei mercati globali con oltre 900 rivenditori in Italia – e Domenico Auriemma, maestro dell’artigianato nazionale.
Due eccellenze pronte a lavorare insieme, con la missione comune di valorizzare design e artigianalità nazionali. I due “pesi massimi” dell’occhialeria italiana si sono già incontrati in passato e ora hanno deciso di mettere insieme le forze per garantire un’offerta ancora più esclusiva alla clientela. L’intesa, infatti, prevede una collaborazione attiva da parte di Auriemma, tra i nomi maggiormente noti nel comparto e recentemente insignito del titolo di “Re del Made in Italy”, che garantirà al cliente finale la possibilità di scegliere in tutta libertà ogni soluzione per i propri occhiali, a prescindere dal tipo di lente di cui avrà bisogno, con la consapevolezza che il prodotto finale avrà la approvazione e la garanzia del “maestro”. Una opportunità in più per aiutare nella scelta di un prodotto che è sì un presidio medico, ma soprattutto un oggetto estremamente importante e personale che dice molto della personalità di chi lo indossa. In cambio della condivisione di questo preziosissimo “know how”, Auriemma potrà firmare – confermandone il prestigio – la linea di prodotti di Bust Out Eyewear. L’accordo porterà ulteriore lustro al settore, già tra i
più apprezzati al mondo, e consentirà ai rispettivi marchi di essere sempre più capillarmente presenti sul territorio. Oltre a garantire alla clientela, la possibilità di indossare occhiali di ottima fattura e dal design innovativo. Una risposta di tipo nuovo alle sfide globali dell’economia internazionale.
Parliamone di tutto questo con Vincenzo Ascione.
Benvenuto, grazie per essere con noi. Per iniziare, presentati al pubblico: raccontaci chi è
Vincenzo Ascione e come ha iniziato il suo percorso imprenditoriale.
“Mi definisco una persona curiosa e appassionata, sempre alla ricerca di nuove sfide. Il mio percorso è iniziato quasi per caso, ma con una grande voglia di mettermi in gioco e creare qualcosa che sentissi davvero mio. Dopo aver accumulato esperienza in diverse aziende, ho capito che volevo costruire qualcosa che rispecchiasse i miei valori e la mia visione. La decisione di dedicarmi al mondo degli occhiali non è stata casuale: questo settore mi ha conquistato per il modo in cui, al suo interno, tradizione e creatività si intrecciano. L’obiettivo, fin dall’inizio, è stato quello di creare qualcosa di unico, innovativo ma anche accessibile a tutti”.
Molto interessante. Quali sono stati gli ostacoli più grandi che hai dovuto affrontare e come li hai superati?
“Gli ostacoli non mancano mai, soprattutto all’inizio. Il primo è stato il reperimento dei fondi necessari per avviare l’attività. Una fase complicata, tra colloqui con banche, investitori e sacrifici personali. Un’altra grande sfida è stata quella di costruire un team di persone che condividessero la passione e la visione che avevo io. Ho dovuto imparare a fidarmi degli altri e a delegare, cosa non sempre facile per chi, come me, è abituato a fare tutto da sé. Per andare oltre queste barriere, mi sono concentrato su tre aspetti fondamentali: innanzitutto, la formazione continua, perché credo che migliorarsi sia essenziale. Poi, la capacità di adattarsi ai cambiamenti, anche quando sembrano difficili o spaventano, e infine, la pazienza. Ho imparato che ogni difficoltà può diventare un’occasione per crescere”.
Parlaci del tuo progetto imprenditoriale attuale. Di cosa si tratta e cosa lo rende unico rispetto alla concorrenza?
“Attualmente sono a capo di MAR.VAS S.R.L. Ciò che ci differenzia è la capacità di personalizzare il servizio in base alle esigenze dei clienti. Puntiamo molto su tecnologia e innovazione. La curiosità dei nostri progettisti e l’analisi dei trend sono alla base della creatività e di un approccio moderno”.
La sostenibilità è un tema molto attuale. Quanto è importante per la tua azienda e in che modo la implementi concretamente?
“Si tratta di un argomento importante anche per noi. Cerchiamo di tenerla presente nelle scelte aziendali, valutando con attenzione materiali e processi. Crediamo che ogni piccolo passo in questa direzione possa fare la differenza, sia per l’ambiente che per il
futuro. Non è sempre semplice, ma è qualcosa su cui continuiamo a lavorare con impegno”.
Quali sono i tuoi obiettivi? Come vedi il futuro della tua azienda negli anni a venire?
“Obiettivo principale è crescere, senza perdere la nostra identità. Siamo già presenti sia sul mercato nazionale che internazionale, ma vogliamo consolidare ulteriormente la nostra posizione. Lavoriamo allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi innovativi, che riteniamo possano portare un reale valore aggiunto al settore. Inoltre, stiamo puntando a migliorare la nostra presenza online e a sfruttare al meglio le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, per continuare a rispondere in modo efficace alle esigenze dei nostri clienti”.
Sei un esempio di imprenditoria vincente. Che consiglio daresti ai giovani che volessero seguire la tua strada e diventare imprenditori?
“Grazie Ilaria. Il mio consiglio è non temere il fallimento. Ogni errore è una possibilità di imparare e crescere. Se si è curiosi e si è aperti ai consigli, si ha sempre l’opportunità di imparare e migliorarsi. Di fatto, costruire una rete di persone con cui confrontarsi è fondamentale. E, infine, non arrendersi mai, con passione e determinazione, si può arrivare lontano”.
Grazie mille, Vincenzo, per la tua disponibilità e per aver condiviso con noi la tua esperienza. Ti auguriamo il meglio.
FOTOGRAFIA
by Luca Dell’Oro
ELEONORA
LA MAGIA DELLA
FOTOGRAFIA
CHE RACCONTA UN’EMOZIONE
La sua è una fotografia che rimanda al mondo classico e si riallaccia con un concetto forte: “La nudità non è un atto di vergogna, ma di purezza del corpo”. Così, i suoi scatti, non sono un trionfo di mero esibizionismo, ma sono racconto, attraverso un corpo che parla, emozione, cattura l’attenzione senza sfociare nel banale. Eleonora scatta da tanti anni e la sua fisicità si è avvicinata, fin da subito, al desiderio di mettersi in posa senza veli e senza filtri. In primo piano, allora, c’è la sua fisicità, le sue forme, le sue pose che esaltano armonie, stati d’animo, sensazioni. “Nel mondo classico il corpo veniva osannato in tutti i suoi particolari e non ridicolizzato o deturpato dalla chirurgia estetica artificiosa. Un corpo visto come un Eden e quindi di natura primordiale e senza dubbio gusto” racconta Eleonora che ormai da anni collabora con l'Accademia delle Belle Arti di Milano come modella da posa. Resta immobile per ore, e diventa così fonte di ispirazioni per giovani e giovanissimi che si stanno avvicinando all’arte. Altro che un corpo semplicemente da guardare. Eleonora diventa così una Dea greca o incarna le protagoniste di opere d’arte come "La Bagnante di Valpinçon" di Ingres o "L'Odalisca Sdraiata" di Hayez. “Esempi di eleganza e raffinatezza classica, nonostante il corpo nudo e leggermente velato” ed è proprio da questo approccio alla fotografia che tanti fotografi, uno dopo l’altro, le hanno proposto progetti, percorsi, shooting, scatti fotografici in cui la fisicità aveva sempre qualcosa da raccontare. “Mi piace il nudo velato, quello che sussurra e che non mostra direttamente – aggiunge - Mi piace l'immagine voyeuristica. Un corpo leggermente scoperto che però dalla
parte del fruitore vorrebbe essere spogliato”. Le sue fotografie seguono questo fil rouge. Vedere, non tutto, per viaggiare con l’immaginazione. C'è curiosità, ma non volgarità. “Mi piacciono le pose classiche ed eleganti, unito a uno sguardo sognante e delicato. In un mondo deturpato dalla falsificazione della bellezza e della realtà, dall'ostentazione di una perfezione che non esiste e che rende solo volgare, i miei scatti raccontano storie passate, dove il nudo non é volgarità, ma legame con la natura, con l'emozione e con la femminilità”.
CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.co m/norhas_plushi
by Fabio Campoli - prodigus.it
A Carnevale… ogni polenta vale!
La polenta è uno dei piatti che meglio rappresenta le regioni dell’Italia settentrionale; nel corso della storia, dall’arrivo in Italia del mais dal Nuovo Mondo, ha provveduto a sfamare contadini e pastori e, affiancata ad altri cibi, ha poi raggiunto anche le tavole delle classi più abbienti. Nell’immaginario collettivo la cottura della polenta, magari nel classico paiolo di rame, è fatta di attesa e insieme ai condimenti più vari diventa una rustica golosità e un simbolo di intimità familiare e unione. E nei giorni del Carnevale che precedono la Quaresima, in diverse regioni italiane la polenta è una grande protagonista, in versione sia dolce che salata. A Mantova e Reggio Emilia un piatto molto antico di polenta che si consumava a Carnevale è il fiapòn, termine derivato da “fiàp” che significa ”molle“. Nella città lombarda questo piatto è dolce mentre in quella emiliana è salato. In entrambi i casi l’impasto si ottiene utilizzando gli avanzi di polenta; a Mantova si aggiungono farina, zucchero e scorza di limone prima di stenderli in forma di dischi da friggere nello strutto e spolverare di zucchero semolato, mentre a Reggio Emilia i dischi si friggono nello strutto e restano salati. Restando in tema di frittelle, le fritole sono le frittelle di polenta che allietano la tavola durante il Carnevale in Veneto e Friuli Venezia Giulia raggiungendo anche l’Istria, con qualche variazione negli ingredienti per ciascuna regione. Queste frittelle vantano una lunga tradizione; nel ‘600 esisteva perfino l’associazione dei fritoleri e a quell’epoca la donna ideale da sposare era quella che meglio sapeva prepararle. A Treviso in particolare alla farina di mais si aggiunge farina bianca,latte, uova, uvetta e rum e la pastella si versa a cucchiaiate nell’olio bollente. Le frittelle vengono poi cosparse ancora calde di zucchero a velo. Ma la polenta in Veneto è anche salata nei cosiddetti “giorni della renga”. La renga è il nome dialettale dell’aringa, il pesce importato dal Nord Europa che a partire dal Medioevo ebbe un ruolo importante nell’economia locale soprattutto perché poteva essere salato o essiccato e riusciva a sfamare il popolo. In particolare, la cittadina di Paronavicino Verona - fu nell’800 uno scalo fluviale e le aringhe a quei tempi erano merce di scambio dei marinai che si rifocillavano presso le locande del porto. Le donne del paese impararono presto a consumare le aringhe che nei giorni di magro della Quaresima erano la giusta pietanza, sia che fossero fresche che affumicate o tenute sotto sale. In Piemonte la città di Domodossola per Carnevale si tinge di giallo; qui i festeggiamenti cominciano il penultimo sabato che precede l’inizio della Quaresima e dura
fino alla domenica successiva al Martedì grasso. Tra sfilate di carri allegorici e gruppi mascherati, i “pulentatt” di Crevoladossola - cioè tanti volontari vestiti di giallo acceso - preparano e servono in piazza polenta e sciriuii, cioè polenta e salamini. L’introduzione di questo piatto risale al 1901, ma fin dal 1870 c’è la tradizionale sfilata in costume della Corte del Conte e della Contessa Mattarella, personaggi della zona di Monte Calvario, e la celebrazione del matrimonio “del Togn con la Cia” che ricevono dal sindaco le chiavi della città. Il Togn (Antonio) e la Cia (Lucia), secondo una leggenda seicentesca, erano due fidanzati il cui amore era contrastato dai genitori di Lucia che apparteneva ad una ricca famiglia borghese e Antonio, il ”furest“ - ovvero il forestiero - molto meno ricco di lei. Alla fine si sposarono, e in piazza il Togn dà inizio ai festeggiamenti e la consumazione della polenta coi salamini per tutti. Sempre in Piemonte, nella città di Ivrea si festeggia il Carnevale con polenta e merluzzo. Questa pietanza saluta il Carnevale nel Mercoledì delle Ceneri, quando i cittadini si recano nel quartiere Borghetto della città per assaggiare il piatto offerto dal Comitato della Croazia. Sembra che già all’epoca delle Crociate ci fosse ad Ivrea una comunità di croati integrata con gli italiani. Scendiamo ancora un po' per la nostra penisola e andiamo nelle Marche per assaggiare le cresciole, frittelle di polenta e farina a forma di disco di circa sedici centimetri di diametro che possono essere salate oppure dolci se passate nello zucchero semolato per imitare la rugosità della polenta. Queste frittelle si preparano spesso per il Carnevale. E ancora nel Lazio, a Sermoneta, in provincia di Latina, la polenta è la classica, morbida e accompagnata da sugo cotto e salsicce. La sagra della polenta qui si svolge nella domenica di Carnevale più vicina alla festa di Sant’Antonio Abate. Fonti storiche documentano che la festa fu istituita dal Duca Guglielmo Caetani il quale, tornato nella sua città dopo l’esilio forzato, vi portò dal Nuovo Mondo i semi gialli di mais, chiamati allora mahiz. Dalla farina ottenuta dalla coltivazione del mais si ottenne la polenta con cui il Duca decise di sfamare i carcerati. Ma la polenta piacque anche ai pastori e ai contadini e il Duca scelse la ricorrenza di Sant’Antonio Abate per distribuire polenta e carne di maiale a tutti i sermonetani prima dell’inizio del periodo di digiuno dalle carni. La sagra di Sermoneta è allietata da musica e spettacoli che fanno da cornice alla degustazione di vini e prodotti tipici del luogo. Nelle successive domeniche questa festa si sposta a Doganella di Ninfa e in altre borgate vicine a Sermoneta.
La ricetta del mese Fritole veneziane
Ingredienti per circa 35-40 pezzi: Farina manitoba, 250 g; Lievito di birra fresco, 5 g; Latte, 80 ml; Burro, 40 g; Uova grande, 1; Zucchero, 70 g; Grappa, 2 cucchiai; Uvetta sultanina, 60 g; Pinoli, 40 g; Baccello di vaniglia, mezzo; Sale; Olio di arachide per friggere; Zucchero a velo per decorare
Preparazione: Mettete l’uvetta in una ciotola, coprite con acqua tiepida e fate ammorbidire per circa 30 minuti. Trascorso il tempo, strizzatela e mettetela ad asciugare su un panno pulito.
Intanto versate il latte in una ciotola e scioglieteci il lievito di birra, aggiungete lo zucchero, i semi della bacca di vaniglia, l’uovo leggermente sbattuto, la grappa e il burro fuso e freddo. Unite la farina e un pizzico di sale, quindi lavorate prima con un cucchiaio di legno e poi con le mani fino a ottenere un impasto liscio e morbido. Trasferite su un piano leggermente imburrato e stendetelo il più possibile, quindi ricoprite la superficie con i pinoli e l’uvetta. Sollevate un lato e arrotolate, trattenendo all’interno la frutta secca, otterrete una sorta di filone. Arrotolate anch’esso e formate un panetto, quindi sistematelo in una ciotola leggermente imburrata, coprite con pellicola e lasciate lievitare fino al raddoppio nel forno spento con la luce accesa.
Trascorso il tempo prelevate dei pezzetti, grandi più o meno come una noce, arrotolateli tra i palmi delle mani e friggeteli in olio profondo alla temperatura di 160°C.
Quando le frittelle saranno belle gonfie e dorate, scolatele con una schiumarola e passatele su carta assorbente. Sistematele sul piatto da portata, cospargete con zucchero a velo e servite.
EVENTI CON GUSTO
Open Day Medicina Estetica
La chirurgia e la medicina estetica e del benessere sono settori che hanno sempre fatto discutere. Soprattutto negli ultimi tempi, l’argomento è stato al centro di molti dibattiti a carattere giornalistico e televisivo; insomma, se ne parla molto, ma spesso in modo improprio, la nostra redazione è stata presente all'evento Beuty Day diretto dal Dott. Leonardo Tamassia. Già dall'annuncio della giornata dedicata all'estetica e al benessere sono arrivate centinaia di richieste, un vero e proprio successo a tal punto da dover organizzare nuove giornate dedicate ad appassionati del settore. Tenendo presente le continue evoluzioni ed innovazioni tecniche, nel tentativo di consolidare ed estendere l’approccio medico nella cura degli inestetismi in modo che questo sia soltanto una parte di una possibilità concretamente più vasta, tesa al rallentamento del processo di invecchiamento, all’allungamento della vita in piena salute e all’implementazione del benessere. Questa giornata dedicata a chi vuole tener conto e utilizzare e nuove tecniche, con pacchetti d'eccezione e costi alla portata di tutti ma soprattutto una giornata dove non solo si sono potute sperimentare le tecniche su se stessi ma un vero corso sia tecnico che teorico per spiegare l'utilizzo corretto delle nuove avanguardie. Una giornata che ha ottenuto un vero riconoscimento di qualità e di eccelsa pratica. Tanti i volti noti presenti e giornaliste Rai.
“A me Gnocchi” please conquista l’Ambasciata
di Bulgaria
Una pioggia di emozioni, amicizia e solidarietà ha inondato d’amore l’Ambasciata di Bulgaria a Roma .Tra stelle della comicità e stellati, Maestri del Gusti noti e volti televisivi un tripudio di risate, sapori e commozione. “A me Gnocchi Please” ha unito 2 mondi e due Paesi. Un Diplomatico illustre con un cuore grande, S.E. Todor Stoyanov, Ambasciatore di Bulgaria a Roma, su richiesta della Presidente di Doc Italy, Tiziana Sirna, ci ha ospitato calorosamente nei meravigliosi Saloni di Villa Centurini, dove ieri sei è tenuta la presentazione del libro di Luigi Nicolas Martini, un trentenne straordinario, tenace e brillante che da quattro anni combatte un brutto mostro nel cervello “sempre col sorriso”. Grazie alla mirabile conduzione della Giornalista Rai Camilla Nata 11 grandi comici “amici”, attori e giornalisti hanno diviso la scena con 15 straordinari Chef e Maestri del Gusto, tra noti e Stellati, per dar vita ad un evento unico, interattivo in cui tutti i sensi sono stati appagati “contemporaneamente”. I comici hanno letto le ricette, i maestri le hanno presentate, i colleghi le hanno servite agli ospiti. Gli artisti presenti: da Roberto Ciufoli a Roberto Ranelli, Conte Giuseppe Garozzo, Demo Mura, Mauro Bellisario, Gabriele Marconi, Alberto Alivernini, Alessandro Serra, Dani Bra, Camillo Toscano e Oscar Biglia; Un evento Memorabile, un inno alla vita tra risate, musica, bellezza, sapori, profumi e colori, i Colori dell’Anima.
La web Star Emila Clementi conquista Roma
Divenuta in poco tempo una star del web e blogger di spessore culturale, da sempre vicina al popolo ma anche valida professionista nel mondo dello spettacolo. Makeup artist di numerosi programmi televisivi e pellicole cinematografiche, nel suo centro estetico ha organizzato una giornata dedicata al mondo del benessere fisico e spirituale. Divenuta negli ultimi anni una star del web, Il tutto nasce nel 2015. Decide di intervenire e condividere il suo disappunto in merito allo scempio della "Barcaccia". Evidentemente la gente che ha visto il suo intervento l'ha condiviso perché empatizzava con le sue idee. Da li milioni di visualizzazioni e un video dopo l'altro hanno preso piede nell'opinione pubblica. I contenuti dei suoi argomenti riguardano politica, tematiche sociali e imprenditoria. Anche un po' della sua quotidianità ha ottenuto l'affetto in Italia e all'estero, persino in Cina. La televisione, con cui collabora come professionista sin da giovanissima, ha alimentato la sua popolarità oltre oceano come il web. È stata un'arma a doppio taglio da cui ha imparato a difendersi, proteggersi ed essere più selettiva. Infatti ha rifiutato la partecipazione ad alcuni programmi nazionali. Oggi porta avanti la sua battaglia per riottenere i suoi profili che, come tanti personaggi in vista vengono spesso segnalati. Nel frattempo continua la sua professione e durante l'evento dedicato alla cura per se stessi, sia fisica che interiore, numerose le presenze hanno voluto partecipare segnalando l'evento alla testata GP Magazine, come evento da seguire.
L’Associazione Stampa Estera premia i migliori atleti del 2024 I successi azzurri alle Olimpiadi e Paralimpiadi, l’Inter campione d’Italia e l’anno magico del tennis tricolore. Come ogni anno dal 1991 si rinnova l’appuntamento con il Premio Sportivo dell’Associazione della Stampa Estera, assegnato dai giornalisti stranieri accreditati in Italia, il cui voto ha celebrato le imprese dei migliori atleti del 2024. La Stampa Estera chiamata a votare dal comitato sportivo - e che nel corso della sua vita ha premiato atleti come Jannik Sinner, Debora Compagnoni, Francesco Totti, Fiona May, Zinedine Zidane e Dino Zoff, Roberto Mancini, Marcell Jacobs, Federica Pellegrini, Zlatan Ibrahimović, Victor Osimhen, Marcell Jacobs, Ambra Sabatin, Romelu Lukaku, Larissa Iapichino e tanti altri – è formato da Alba Kepi, Elizabeth Missland, Dundar Kesapli, Maarten van Aalderen e Baris Seckin. Sei i premi assegnati quest’anno.
Premio Atleta dell’Anno alla nazionale italiana femminile di pallavolo. “Qui e ora”. Il mantra di Julio Velasco, ct dello straordinario oro di Parigi. Una medaglia che ha fermato un Paese intero e che è stata la quarantesima dell’Italia Team ai Giochi 2024, la prima d’oro e olimpica a livello femminile, mentre la seconda della storia della FIPAV dopo l’argento di Atlanta ’96 degli uomini.
Miglior Atleta Paralimpico a Simone Barlaam. Talento multiforme del nuoto paralimpico, a Parigi ha fatto centro tre volte, salendo sul gradino più alto del podio, oltre a vincere anche un argento. Oro nei 50 stile libero, nei 100 farfalla e nella 4x100 stile libero, poi argento nei 400 della stessa disciplina, per un totale di quattro medaglie olimpiche che si vanno a sommare alle altre 4 di Tokyo 2020 (1 oro, 2 argenti e 1 bronzo).
Atleta Rivelazione a Jasmine Paolini. Il tennis azzurro non è solo Jannik Sinner. Jasmine Paolini ha stregato tutti con un 2024 da incorniciare iniziato con il successo nel mille di Dubai, proseguito poi con due finali Slam (Roland Garros e Parigi) che le è valso il suo best ranking, arrivando a essere la n.4 al mondo, eguagliando così il record di Francesca Schiavone. Chiude la stagione con l’oro olimpico nel doppio insieme a Sara Errani e la vittoria della Billie Jean King Cup.
Miglior Atleta Straniero in Italia a Lautaro Martinez. Autentico protagonista del campionato vinto dall’Inter di Simone Inzaghi, Lautaro Martinez chiude la stagione 2023-24 anche da capocannoniere della Serie A con 24 gol. Reti che hanno portato la seconda stella al club nerazzurro, confermando giusta la scelta di far diventare l’argentino il numero dieci e il capitano della squadra nerazzurra.
Premio speciale del comitato sportivo a Manuel Bortuzzo. Atleta paralimpico del Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro, Manuel Bortuzzo è diventato uno dei simboli più lucenti dei Giochi di Parigi 2024. Conquista la sua prima medaglia olimpica prendendosi il bronzo nei 100 rana e lo fa a 6 anni di distanza dal suo tragico incidente trasformandosi in un simbolo di resilienza e tenacia.
Premio alla Carriera a Claudio Ranieri. Dice addio al calcio salvando il Cagliari, salvo poi interrompere la sua “pensione” per tornare alla guida della sua Roma. “Quando chiama non posso dire di no”, ha detto sedendosi sulla panchina giallorossa. Nemmeno dopo una carriera passata al top e che lo ha visto raggiungere il suo apice con la vittoria della Premier League guidando il Leicester.
“Discipline of Freedom” di Davide Perico e Mellow Dive
“Discipline of Freedom” di Davide Perico e Mellow Dive potremmo definirlo un album per tutti e per nessuno. I musicisti Davide Perico e Mellow Dive hanno appena annunciano con orgoglio l’uscita del loro nuovo progetto musicale, “Discipline of Freedom”, su tutte le principali piattaforme digitali. L’album, concettuale, è ispirato al capolavoro filosofico di Friedrich Nietzsche Così parlò Zarathustra, e si compone di otto tracce che esplorano temi fondamentali quali la trasformazione, il superamento di sé e la crescita esistenziale. Attraverso una combinazione unica di jazz fusion e lofi beats, l’album si propone di trasportare l’ascoltatore in un viaggio sonoro e filosofico, alla scoperta di nuove possibilità di evoluzione personale. Discipline of Freedom vede anche la partecipazione di artisti di spicco come Yotsugi e Francesco James Dini (FJD), offrendo un’esperienza musicale ricca di contaminazioni, sperimentazione e intensità. Nella circostanza, Davide Perico e Mellow Dive si sono spinti oltre i limiti della loro consueta produzione strumentale, includendo quattro brani cantati. L’intento è quello di amplificare la forza del messaggio artistico e filosofico, rispondendo con eleganza e profondità al caos dei tempi moderni. La loro musica, pur rimanendo sempre delicata e poetica, alza simbolicamente il volume per veicolare con decisione un messaggio di rinnovamento e trasformazione. Per gli appassionati di musica e arte, è stata realizzata una speciale edizione in vinile di Discipline of Freedom. Questa versione, con l’artwork stampato direttamente sul disco, non sarà disponibile in commercio, ma può essere vinta partecipando a un’estrazione esclusiva. Per saperne di più, scrivere a davideperico74@gmail.com
STORIE & PERSONAGGI
by Paolo Paolacci
E
FRANCESCA AGOSTINO DONNA DELLE ISTITUZIONI
SOPRATTUTTO MAMMA DI ENRICO
Abbiamo intervistato Francesca Agostino, una donna che opera nelle istituzioni, che ha due lauree e ci racconta, amandole, delle sue origini calabresi, per poi autodefinirsi, dopo la sua recente esperienza piu bella: la mamma di Enrico.
E’ un’intervista dove si legge di un’Italia ancora con i piedi per terra che vuole migliorare mentre è già arrivata l’intelligenza artificiale, pronta a “giocare” con la nostra umanità…
Ciao Francesca, ci dici chi è Francesca Agostino?
“È una mamma, prima di ogni altra cosa. La mamma di Enrico. Da quando è arrivato è diventato il centro e la priorità assoluta della mia vita. Dopodiché è una persona che opera nelle istituzioni da oltre dodici anni, proviene da un percorso di studi corposo e impegnativo. Due lauree (Scienze Politiche e una in Giurisprudenza). Tanto sacrificio e lavoro sodo, anni di studio intenso e comunque sempre appassionante”.
Quali sono state le tue esperienze più significative finora?
“A livello professionale ho gestito molte situazioni di grande complessità e delicatezza. Ho lavorato per anni alla stesura dei più svariati disegni di legge, redatto centinaia di emendamenti e atti parlamentari. Gli archivi parlamentari sono "intasati" da norme, proposte o atti sui quali ho lavorato. Mi è capitato ad esempio di scrivere un quesito per un'interrogazione parlamentare rivolta a un Ministro, e dopo qualche tempo, trasferita dal Parlamento all'ufficio del Ministro, di dover redigere la risposta di quel quesito. Oppure, di redigere un disegno di legge parlamentare e poi (sempre dall'ufficio del Ministro) curarne l'istruttoria e seguirne l'iter attuativo. È sempre emozionante "ritrovarmi" tra gli atti parlamentari: come se nelle istituzioni ci fosse un'impronta dei miei valori, della mia visione, anche se (almeno per il momento) nessuno sa che quelle parole, quelle idee, quelle opinioni sono le mie”. Quali libri hai pubblicato fino ad oggi?
“Nel 2014 ho pubblicato "Volo Solo". È un racconto-intervista ad un aviatore italiano durante la seconda guerra mondiale. Un prozio ci raccontò una storia straordinaria durante un pranzo di famiglia e pensai di raccogliere quella testimonianza di altissimo valore. La nostra generazione non conosce l'orrore della guerra, quei racconti sono inimmaginabili per molti di noi e speriamo che rimangano tali,
ma una maggiore consapevolezza di che cosa implichi un conflitto armato credo che gioverebbe a tutti e forse favorirebbe la ricerca di soluzioni diplomatiche ai conflitti attuali. È con questo spirito che scrissi quel libro”.
Ci parli della tua bella esperienza di critico letterario e come è iniziata? “Ho condotto e diretto per sei anni, in Calabria, il festival letterario "San Giorgio. Una rosa, un libro", in collaborazione con la CNI UNESCO nell'ambito della giornata mondiale del libro. In quegli anni ho riempito vie e piazze di libri grazie alla partecipazione di autori ed editori sia locali che nazionali. Presentando fino a 10 libri al giorno, affermandomi dapprima come critico letterario anche con numerose recensioni e commenti critici. Ma la kermesse è sempre stata aperta alle arti visive: ho curato e diretto mostre ed esposizioni, addentrandomi sempre più nel mondo dell'arte. Con grandi riferimenti a guidarmi idealmente in questa passione: Roberto Longhi, Bernard Berenson, e senza dubbio, il grande Vittorio Sgarbi”.
In ambito lavorativo e nelle relazioni ho saputo che sei una macchina… “Così mi hanno definita colleghi, parlamentari o ministri. "Macchina da guerra", "artista delle leggi", "specialista del diritto". Ogni attestato di stima per il mio lavoro è una virtuale medaglia. Obiet-
tivamente ho lavorato moltissimo e duramente in questi anni, molto spesso in urgenza e sotto la pressione delle tempistiche ristrette e delle grandissime responsabilità di chi serve le istituzioni nella funzione più alta, quella di redigere norme che diverranno leggi dello Stato, dalle quali derivano diritti o obblighi”.
Quali sono le soddisfazioni personali che ti piace ricordare fin qui?
“Ne ho avute molte. Quando il mio capo ufficio mi disse "lo Stato è fortunato ad averla". In piena pandemia, in lockdown lavorando da remoto sul tavolo della mia cucina a notte fonda elaborai la norma che consentì ai medici stranieri di operare a servizio del SSN, che in quel momento era in forte affanno. Quando il mio comune, San Giorgio Morgeto, mi conferì la benemerenza civica per aver contribuito ad accrescere amore e interesse per la città. O quando grazie a una serie di controlli amministrativi riuscii a sbloccare una pratica sanitaria per una persona che rischiava la vita”.
Adesso la vita: cosa ti è successo da quando sei diventata mamma?
“La maternità è l'ambizione più preziosa che abbia mai coltivato e senza dubbio il più grande successo della mia vita. Non sono solo i genitori a donare la vita al bambino: più di loro, è il bambino che viene al mondo a farlo realmente. È l'amore più profondo che si possa sperare di provare nell'arco della vita”.
Come si traduce nel sociale il rispetto per la vita?
“Ci sono molte maniere per esercitare il rispetto per la vita. Significa cultura dell'accoglienza della vita, rispetto per le esigenze fondamentali dei bambini, quelle che loro non possono esprimere e che noi dobbiamo difendere. Il diritto ad essere allattati è uno di questi. La società impone alle donne troppo spesso di scegliere: interrompere l'allattamento, magari faticosamente avviato, per tornare a lavoro, oppure rinunciare al lavoro. Sono due diritti entrambi e vanno garantiti senza che uno escluda l'altro”.
Quanto servono oggi i valori umani nel derubricare la vita moderna*
“Molto più adesso che l'intelligenza artificiale sembra aver intrapreso un percorso dalle imprevedibili implicazioni. L'etica più di tutti, mentre oggi prevale l'estetica come canone di apparenza ed espressione della finzione. La famiglia è la comunità sociale entro la quale i valori vanno custoditi, difesi e tramandati”.
I tuoi programmi per il futuro?
“Lavorare per la tutela e la difesa dei diritti fondamentali dei bambini, quelli di cui nessuno si cura e che invece sono prioritari. Ho redatto per questo un complesso di proposte normative che ho denominato "Renaissance Act" e che spero possa essere presto approvato in Parlamento”.
by Marisa Iacopino
ROBERTA MARTINOZZI “E LA PIOGGIA
C’È SEMPRE”
La pioggia sodale di incontri, alleata di addii, lavacro di dolore, rumore bianco che smorza gli strepiti del vivere. E ancora, melodia liquida che terge, che picchietta tra i pertugi della felicità o danza monotona nei giorni più cupi, quando cadenza il rifiuto. Tante le emozioni, i sentimenti versati in stille di pioggia. Nel suo cadere dolce o impetuoso offre uno scenario emotivo incessante, si fa accordo emozionale che partecipa al narrato di questi racconti.
E’ in tutto ciò ‘il senso di Roberta Martinozzi per la pioggia’, scrosci violenti o flussi lievi dall’anima dei protagonisti.
Abbiamo incontrato l’autrice che ci ha parlato del suo libro d’esordio: “E la pioggia c’è sempre” uscito nel 2024 per L'occhio di Horus.
La pioggia, fil-rouge che veicola le emozioni. Ti è accaduto in modo consapevole di inserire in ogni racconto questa condizione atmosferica, mentre scrivevi?
“Direi del tutto inconsapevolmente. Solo in seguito mi sono accorta che era un motivo ricorrente, e mi sono chiesta il perché, giungendo alla conclusione che l’effetto ‘pioggia’ agisce su di me in modo catartico. Una sorta di purificazione, ma anche un modo per scavare nell’inconscio dei miei personaggi affinché l’animo ne esca allo scoperto”.
La tua penna ha un tratto intenso, quasi un diluvio al pari della pioggia che forse invochi. Sembri abbracciare i personaggi con dolore sapienziale. Tra di loro, molte donne…
“E’ come se la scelta nascesse proprio dalle donne, dal loro desiderio di “scoprirsi”, dopo avere subìto prevaricazioni. Ne consegue il bisogno di ognuna di loro di calare la maschera indossata senza averne preso coscienza fino a quel momento”.
In uno dei racconti, sembra chiudersi per sempre l’amore incondizionato di una bambina per suo padre. C’è dentro gelosia, rabbia, solidarietà nei confronti di esseri altri dall’umano. E poi un senso di solitudine che imprigiona, in un crescendo d’ingiustizia. Hai tratto ispirazione da esperienze vissute?
“Sì, direi che si tratta di un racconto autobiografico. È l’inizio di quella chiusura col proprio genitore che negli anni poteva mutare, o per lo meno sperare che questo accadesse. Il ricordo indelebile di quel giorno ha definitamente cristallizzato l’amore sconsiderato di una bambina le cui aspettative sono fallite. Da allora ne sono scaturiti sentimenti di gelosia, frustrazione, senso di inadeguatezza. E l’amore è virato verso esseri non umani che ti venerano senza chiedere nulla in cambio se non il semplice accudimento. Nel mio caso, penso di non poter vivere senza un cane accanto. Cito la frase di un film che mi ha colpito molto: ‘I cani hanno bellezza senza vanità, senza insolenza, coraggio senza ferocia
e tutte le virtù che hanno gli umani senza i loro vizi. Solo un difetto: si fidano degli umani’”.
Ancora un racconto che si snocciola al ritmo dell’equivoco, del coup de théâtre, per poi rivelarci del grande amore generato. Senza menzionare il titolo: è nato così il tuo amore per la lettura?
“Sì, è nato proprio così, in profonda solitudine. Il mondo che allora mi circondava non era stimolante. L’unico modo per evadere era tenere un libro in mano”.
Uno dei temi ricorrenti è l’amore. Possiamo leggere in questa raccolta la biografia di ogni essere umano che ha creduto nell’amore, l’ha cercato invano e, pure temendo che non possa accadere, non riesce a smettere di inseguirlo?
“Penso sia veramente la biografia di ognuno di noi che rincorre per tutta la vita “l’idea” dell’amore. Credo che l’amore in senso assoluto vada ricercato prima di tutto in noi stessi, che sia una corsa vana quella di cercarlo prima nell’altro. Una corsa senza traguardo”.
La scrittura ha un potere taumaturgico: toglie le concrezioni dell’anima e libera, dando comprensione al passato, smuovendo antiche sofferenze. Peraltro, tu sei un’insegnante. La
platea di giovani ti è stata di riferimento per esplorare il carattere umano in erba?
“Ho scoperto me stessa molto tardi, e grazie anche ai tanti giovani che per quaranta anni hanno fatto parte della mia vita. Solo col tempo ho capito quanto i rapporti creati con ognuno di loro mi abbiano arricchito. Ho amato molto il mio lavoro e mi manca tantissimo. Solo tra le mura di un’aula mi sentivo me stessa. Una volta aperta la porta della classe per uscire, tornavo inconsciamente a indossare la solita maschera”.
C’è uno scrittore che ti ha particolarmente influenzato?
“Sono tanti e non saprei se sono stata veramente influenzata. Posso dire che da piccola mi chiudevo nella biblioteca di mio padre e, senza capirci nulla, leggevo l’Inferno della Divina Commedia. Forse la scoperta di tutti i vizi umani mi è rimasta dentro. Peraltro, è la prima volta che ci rifletto. Col passare del tempo e gli studi, sono rimasta affascinata dai racconti di Edgar Allan Poe. Quelle atmosfere misteriose e tenebrose mi spinsero a scrivere noir. Dai miei vent’anni, Faulkner è stato il mio preferito. Di sicuro, tutto ciò a cui ti accosti nella lettura ti lascia dentro qualcosa”. Progetti per il futuro?
“Ho in mente un racconto breve su un personaggio dimenticato dalla storia che mi ha colpito per la sua forza interiore. Sarà imperniato sulle vicissitudini, sul suo dolore e un amore incondizionato della vita che ne ha influenzato le scelte fino alla fine dell’esistenza. Ma non aggiungo altro!”.
by Francesca Ghezzani
GIORGIO M. GHEZZI
“HO VOLUTO RACCONTARE EMOZIONI E STATI D'ANIMO
DI ADULTI E BAMBINI DI FRONTE ALLA STORIA"
Giorgio M. Ghezzi è nato a Milano nel 1970 e ha vissuto per oltre dieci anni in Romagna dove è stato assessore alla cultura e alle politiche educative del Comune di Bertinoro dal 2016 al 2019. Esperto di processi di apprendimento e sviluppo degli adulti, ha svolto attività di formazione e consulenza per importanti realtà nazionali e internazionali. Oggi è human resources manager di una grande azienda italiana. Agli impegni lavorativi ha sempre affiancato la scrittura di articoli, saggi e opere di narrativa, fra cui Simulando s’impara (FrancoAngeli, 2015) e No, non abbiamo figli. L’amore ai tempi dell’infertilità (Bookabook 2019).
Di recente è tornato in libreria con Quell’estate del 1980, pubblicato con la Società Editrice «Il Ponte Vecchio» nella collana Cammei.
Giorgio, nel 1980 avevi dieci anni. Che ricordo hai di quel periodo?
“Ho un ricordo felice, pieno di immagini e di volti che mi hanno poi accompagnato per tutta la vita: i banchi della scuola e i giochi con gli amici, la mia famiglia, la nonna che mi aiutava a fare i compiti, le vacanze estive al mare. I ricordi di ogni bambino con una infanzia sufficientemente serena e spensierata”.
Eppure erano gli anni del terrorismo e delle stragi.
“Di questo trovo poche tracce nella memoria: credo che il mondo dei grandi cercasse di proteggermi da quell’orrore semplicemente provando a nasconderlo. Solo diventando adulto ho incominciato a collegare alcuni ricordi ai fatti di quegli anni: gli “allarme bomba” che ci facevano uscire da scuola e che noi bambini festeggiavamo come un divertente diversivo, il volto preoccupato di mia mamma in quella mattina del marzo 1978 in cui fu rapito Moro. E poi, proprio nel 1980, l’omicidio Tobagi avvenuto a pochi passi dalla mia scuola di pianoforte: ricordo la lezione annullata e i controllori sul tram che mi riportava a casa. Delle stragi dell’estate 1980 per qualche anno ne ho saputo poco, e oggi non so dire se le immagini dei corpi nel mare di Ustica o quelle della stazione di Bologna sventrata da una bomba siano i ricordi del bambino o quelli dell’adulto che le ha poi viste centinaia di volte in tv. Ho voluto ambientare le vicende del libro nell’estate del 1980 proprio per provare a raccontare quali potevano essere gli stati d’animo e le emozioni di un adulto e di un bambino di fronte ai quei fatti tragici”.
Benito pensa di essere un uomo felice: è un architetto affermato e ama sua moglie Rosa, è un autorevole militante socialista ed è ben voluto dal paese che lo ha accolto nel cuore della Romagna. Senza svelarci troppo ti chiedo: eppure, nonostante queste rassicuranti premesse, cosa succede?
“Succede quello che molti di noi hanno sperimentato nella propria vita: a un certo punto le nostre certezze crollano e ci ritroviamo soli, incapaci di sostenere la realtà. Benito, il protagonista del romanzo, è un uomo come tanti che improvvisamente vede vacillare i propri punti di riferimento: l’amore, il lavoro, gli ideali, le speranze per il futuro. Accanto a lui il
nipote Alfredo, voce narrante del romanzo, che nel 1980 ha solo dieci anni e prova a raccontare le vicende personali dello zio, mentre sullo sfondo si svolge la grande storia: un aereo si inabissa nel mare di Ustica e una bomba squarcia la stazione di Bologna”.
Torna la Romagna in queste pagine. Che attaccamento personale hai nei suoi confronti?
“Ho vissuto dodici anni in Romagna, prima a Forlì e poi a Bertinoro, uno dei borghi più belli d’Italia. Luoghi e persone sorprendenti, impossibili da dimenticare. Ambientare la storia proprio a Bertinoro è stato dapprima una scelta “tecnica” perché mi sembrava più facile descrivere luoghi che ho conosciuto e amato; ma poi è diventato un atto d’amore verso il paese che mi ha accolto”. E verso la politica, invece?
“Non mi sono mai definito un politico, ma semplicemente un ‘civil servant’, una persona che per un periodo della sua vita ha messo le proprie competenze al servizio della collettività. È stata un’esperienza indimenticabile, non senza difficoltà ma anche
ricca di soddisfazioni, che mi ha permesso di sperimentare quanto sia complesso amministrare la cosa pubblica. Un’esperienza che consiglio a tutti coloro che da dietro una tastiera criticano e giudicano i politici senza aver mai provato a impegnarsi in prima persona”. In chiusura, sei ricorso a una forma narrativa che vede frammezzarsi il racconto in prima persona del nipote alle lettere e i diari dello zio, proponendo una visione multiforme degli accadimenti. È stato facile amalgamare il tutto e conciliare la storia personale alla Storia che si legge sui libri?
“È stata una bella sfida, soprattutto perché quando scrivo utilizzo solo una piccola dose di pianificazione, lasciando poi fluire la narrazione in direzioni talvolta non previste. Rendere il tutto coerente mi è costato molte riletture e qualche riscrittura. Queste in particolare sono state le più impegnative, perché tendo ad affezionarmi a quello che scrivo e così dover rinunciare alla prima stesura di alcuni capitoli è stata una sofferenza! E poi tanta documentazione sulle stragi di Ustica e Bologna. Ho usato poco i libri di storia, perché forniscono una lettura retrospettiva e fredda; ho preferito invece utilizzare i giornali dell’epoca perché dagli articoli emergono le incertezze e i dubbi, le ipotesi e le interpretazioni “a caldo” attingendo sia a quotidiani di area politica come il socialista ‘Avanti!’, sia ai grandi quotidiani nazionali: sul Corriere della Sera un giovanissimo Andrea Purgatori scriveva eccezionali articoli d’inchiesta sulla strage di Ustica. E poi ci sono le espressioni culturali di quegli anni: ho voluto inserire riferimenti a canzoni, film, pubblicità perché evocano immediatamente ricordi e immagini molto più di quanto possano farlo le parole”.
by Rosa Gargiulo
Raimondo di Sangro di Sansevero - dialogo sull’immortalità
Alessandro Cecchi Paone è autore di una pubblicazione dedicata a un personaggio che da due secoli e mezzo continua a incuriosire e affascinare: Raimondo di Sangro – principe di Sansevero.
Nell’ambito della collana ideata da Armando De Nigris Editore, “Palepolis – Chi ha contribuito a rendere grande Napoli”, il giornalista – scrittore – conduttore e divulgatore televisivo ha firmato “Raimondo di Sangro di Sansevero –Dialogo sull’immortalità”, una intervista immaginaria in cui il principe viene rievocato per affrontare temi fondamentali nello sviluppo del pensiero scientifico – storico – filosofico e culturale, dal ‘700 ad oggi.
Attraverso un dialogo serrato tra l’autore e Raimondo di Sangro, i lettori saranno guidati in un percorso di “svelamento” che va oltre il tempo, reso attuale dalle riflessioni e i commenti di Cecchi Paone.
L’unica cosa chiara
Chiara Mauro firma “L’unica cosa chiara”, diario caratterizzato da una ricostruzione che non segue la logica della esatta cronologia degli eventi, quanto quella emotiva.
Affetta da endometriosi, racconta il suo calvario personale, i pregiudizi e il percorso di diagnosi e cura; un’esperienza che l’ha spinta a vivere con urgente passione, entusiasmo e curiosità. Un racconto senza filtri, attraverso il quale Chiara affronta argomenti importanti: la famiglia, il rapporto tra genitori e figli, l’amore che va al di là di etichette e classificazioni, la realizzazione dei propri sogni.
Un’autobiografia che sorprende per la schiettezza e l’immediatezza espressiva dell’autrice, al suo esordio narrativo.
Letti per Voi
Pucundria
Teresa e Anna sono le protagoniste del romanzo di Maria Rosaria Selo, “Pucundria”. Entrambe vivono la realtà del carcere, da due prospettive diverse e speculari: Teresa è una guardia penitenziaria, Anna sconta la pena per omicidio, per aver ucciso il marito – mettendo fine a una drammatica storia di violenza domestica. Il carcere è quello di Pozzuoli. Le vite di Teresa e Anna si intrecciano in maniera inimmaginabile e per certi versi paradossale, superando i confini delle mura del carcere, e portando entrambe alla conquista di nuove consapevolezze e di una speranza che – fino al momento del loro incontro – non sembrava possibile.
Attraverso una trama intensa, Maria Rosaria Selo racconta una storia che appartiene a tante donne, descrivendo uno scenario umano –morale e sociale emblematico. La possibilità di riscatto arriva attraverso un talento naturale di Anna, che la proietterà fuori dalle sbarre e le darà una motivazione concreta per riscrivere la propria vita, restituendo parallelamente a Teresa il rapporto con la figlia e un amore inatteso.
La pucundria è il focus del romanzo: un sentimento affine alla nostalgia, una sorta di malinconia per qualcosa che si è perso ma rivive nel ricordo, e che si sovrappone concettualmente alla saudade portoghese. Ma pucundria sarà qualcosa di più, creato proprio da Anna, tra le sbarre, con il sostegno di Teresa. Una storia di dolore e rinascita, di sorellanza e determinazione.
ALEX POLIDORI
LA VOCE DI BOB DYLAN AL CINEMA
Alex Polidori, noto attore, doppiatore e cantautore con oltre mezzo milione di follower sui canali social, nonchè tra le voci più autorevoli del cinema italiano è la voce italiana di Bob Dylan in “A Complete Unknown”, il coinvolgente biopic su Bob Dylan al cinema in questi giorni. Alex presta la voce proprio al protagonista Bob Dylan interpretato da Timothée Chalamet. Tra le tante produzioni di prossima uscita troveremo Alex nei prossimi mesi anche su Disney Plus nella voce di Spider Man “il vostro amichevole Spider man di quartiere”.
A soli 29 anni, poliedrico e trasversale, Alex Polidori, è cantautore, attore e doppiatore. Attivo nel mondo del cinema e dello spettacolo sin dalla tenera età come bambino prodigio già notato da Mike Buongiorno nella celeberrima trasmissione “Bravo Bravissimo”, Alex nel corso degli anni ha incarnato diversi ruoli nel cinema e nella televisione. Dalla memorabile apparizione al Festival di Sanremo” del 2003 condotto da Pippo Baudo, dove interpretò il surreale Sindaco di Scasazza al fianco di Nino Frassica sino ai ruoli come attore nelle fiction “Il Bello Delle Donne”, “Ricomincio Da Me”, “Padri”, “Giovanni XXII”, “Cuccioli”, “Caldo Criminale”, e la sitcom “Fiore e Tinelli” in onda su Disney Channel, innumerevoli sono le sue interpretazioni in grado di mettere in risalto le sue mille sfaccettature, ritratti di un’anima vibrante, carica di energia e ricca di personalità. Artista in grado di muoversi con estrema facilità in diverse arti e forme dello showbiz, Alex approda da giovanissimo al magico mondo del doppiaggio che li regala sin da subito grandissime soddisfazioni. E’ sua infatti l’inconfondibile voce per l’Italia del famosissimo pesciolino Nemo adorato da grandi e piccini e di Koda, fratello Orso. Dal 2016 presta la voce al giovanissimo Spider- Man (Tom Holland) inn tutti i film della Marvel (oltre 15 film)
in “Captain America: Civil War”, “Spider-Man: Ho mecoming”, “Avengers: Infinity War”, “Avengers: Endgame” e “Spider-Man: Far From Home”. Dal 2017 è inoltre la voce italiana dell’attore nominato all’oscar Timothée Chalamet in “Chiamami Col Tuo Nome”, doppiaggio che li ha consentito di vincere il premio come miglior doppiatore al Festival nazionale del Doppiaggio (2019), “Lady Bird”, “Don’t Look up” e “Un giorno di pioggia a New York”, film di Woody Allen, Wonka, “Dune”, “Bones and all”. Una carriera del doppiaggio da oltre 25 anni non solo al cinema ma anche per innumerevoli serie tv tra cui One Piece, Adventure time,Hazbin Hotel, Star Wars _ Rebel, Atypical, Elite, The Boys, Outer Banks,Ginny & Georgia, Euphoria, il signore degli anelli, gli anelli del potere e molti altri.
Come attore recita in note in fiction Rai e Mediaset come Ricomincio da me, orgoglio, caldo criminale, e nella sitcom Fiore tinelli in onda su Disney Channel.
Non da ultimo Alex è compositore e cantautore con all’attivo numerose produzioni, la passione per la musica va di pare passi a quella dell’arte cinematografica e del doppiaggio che fanno di Alex un artista completo e trasversale, il suo ultimo singolo è “Doppio Cuore” disponibile in tutti i principali digital store.
STORIE DI RADIO
by Silvia Giansanti
MARCO LOLLI
L’AMORE PER LA RADIO IN PERSONA
Uno dei migliori registi di Radio Rai e un grande esperto del mezzo radiofonico. E' stato anche scopritore di alcune voci divenute importanti. Di sua fondazione la Lolli Radio sul web
Scambiare qualche parola con Marco Lolli non può che arricchire il bagaglio di chi nutre un profondo amore per la radio. Smuove anche un sentimento di nostalgia nel ricordare aneddoti e situazioni che non esistono più e che hanno segnato un'epoca pionieristica del mezzo. Marco da anni lavora dietro le quinte, ma da ragazzo ha provato anche lui il brivido di andare dietro ad un microfono accanto a Elena Blasi. Attualmente è regista su Rai Radio 2 e gestisce RTR 99. Marco, com'è avvenuto il tuo approccio con il mondo della radio?
“In casa c'erano tante radio, visto che negli anni '70 mio padre era un appassionato di hi-fi. Fin da piccolo sono stato abituato ad ascoltare solo la radio, prima dell'avvento delle private, quando esisteva solo la Rai e Radio Montecarlo. Nel '75 le prime radio private, nacquero praticamente nella mia zona, la Balduina. Mi definisco uno storico di quell'epoca poiché ricordo perfettamente cosa andava in onda e le varie frequenze. Partecipai ai quiz, ai concorsi e, quando vinsi un premio, mio padre mi accompagnò in una radio per ritirarlo. Si trattava di GBR che era situata al settimo piano dell'Hotel Hilton. Nel frattempo iniziava le trasmissioni come televisione. Incuriosito dal mondo radiofonico, mi recai a vedere come si svolgeva il lavoro in una radio”.
Cosa ti ha portato ciò?
“Ad andare in onda accanto alla speaker di allora Elena Blasi. Il primo intervento fu un disastro perché a nove anni parlavo a monosillabi. Nel secondo intervento invece, dopo essere stato redarguito dalla conduttrice stessa, andò molto meglio. Imparai subito la lezione; via la timidezza e guai a lasciare i buchi durante il parlato”.
Da quel momento non hai più smesso.
“Esattamente. Nel 1981, la radio si era trasferita a via Trionfale sotto un'altra proprietà. Mi offrirono il posto da fonico. Dopodiché ho alternato la regia allo ‘speakeraggio’ anche in altre situazioni”.
Qual è stata una delle prime esperienze più formative?
“Radio Serena, arrivata nel 1985 e durata per dieci anni. Era posizionata a fianco alla Rai in via Cantore, e questo dava modo di reperire con più facilità i personaggi ospiti. Qui ho avuto l’opportunità di gestire la radio e di coordinarla, seppur tra tante difficoltà che ho dovuto tenere a bada. Ho lavorato a 360 gradi e ho un bel bagaglio di quell'esperienza”.
Cosa è accaduto dopo?
“Dopo Radio Serena feci più esperienze. Lavoravo in tre posti contemporaneamente. Uno di questi luoghi, dove sono rimasto per tre anni, è stata Talk Radio. Ebbi l'idea di costituire una
radio solo di giovani che seguivano i corsi di giornalismo di Michele Plastino. C'erano dei personaggi che valeva la pena mettere alla prova. Senza esagerare, ne saranno usciti almeno una cinquantina. Chi è al Tg2, chi a Sky, chi a La Sette, chi a Mediaset. Chi ha spiccato il volo, tra quei ventenni di allora, è stato il Trio Medusa. Talk Radio è stata una scuola pazzesca. Oggi vedo in tv questi ex ragazzi, oramai divenuti cinquantenni. Mi fa piacere aver lasciato un bel segno”.
Cosa ne pensi dei giovani d'oggi?
“C'è da dire che all'epoca i ventenni erano davvero appassionati alla radio, al contrario di oggi dove c'è interesse più per i social”.
Quando è arrivata la Rai nella tua vita professionale?
“Nel 1991. Barbara Condorelli mi disse che stavano cercando un regista e che io potevo essere la persona giusta. Feci il colloquio con il direttore dell'epoca, Eodele Bellisario, il quale mi mise alla prova per vedere se volessi veramente il posto da regista e che non usassi qualche escamotage per passare davanti al microfono. Volevo davvero lavorare dietro le quinte! E andò anche questa”.
A quali programmi hai partecipato in questa veste?
“Credo di aver fatto la regia a programmi di rilievo come 'Viva Radio 2' con Fiorello e Baldini, da undici anni 'Radio 2 Social Club' con Luca Barbarossa ed Ema Stokholma. Attualmente lavoro per il programma di Serena Bortone. Di cose e di personaggi ne ho visti parecchi”.
Quali sono stati i più curiosi?
“Uno su tutti, Tiberio Timperi. So che non potrebbe
sembrare, ma nel privato lo conosco benissimo. E' solo serio, preparato e scrupoloso davanti alle telecamere. Poi non dimentichiamoci di un altro numero uno come Rosario Fiorello. Lo conosco come le mie tasche visto che lavoriamo insieme da ventiquattro anni. E' capace di regalarci degli show meravigliosi anche nei momenti difficili”.
Hai mai pensato di scrivere un libro da buon esperto quale sei?
“Odio le autocelebrazioni e in questo momento molti stanno pubblicando libri sulla radio, peccato che siano dozzinali e pieni di errori storici. Ho la memoria e ho vissuto talmente tante situazioni da avere parecchio materiale che altri invece non hanno. Sto dando una mano allo storico Massimo Emanuelli per la stesura del suo nuovo volume sulla radio. Non voglio scrivere un libro ma mi piace guardare avanti”. A proposito di futuro, come vedi quello della radiofonia?
“Sarà sempre un bel futuro, nel senso che la radio è sopravvissuta a tutti i cambi tecnologici, artistici e legislativi, per cui non morirà mai, al contrario della tv, specie quella privata. Il problema è che siamo in un momento di transizione, dove nel frattempo sono aumentate le modalità di fruizione ma sono aumentati anche i costi. Di fatto la radiofonia, pur essendo in grande fase di sviluppo, è in grande crisi aziendale. Sono impegnato dal punto di vista gestionale con RTR 99 e mi rendo conto del momento molto complicato dove non so prevedere quello che accadrà nei prossimi cinque anni. Tutti parlano del DAB, ma ancora è presto per il definitivo sviluppo. E' un futuro ancora da scrivere, ma i prossimi tre anni saranno decisivi”.
by Silvia Giansanti
VALENTINA FARCI “NON È COLPA MIA”
L'artista toscana sta ricevendo un buon riscontro con il suo singolo “Non è colpa mia”, che segna la sua maturità artistica.
Il brano porta la firma di Simone Papi, noto produttore e arrangiatore
Il talento di Valentina è indiscutibile, da sempre ha tutte le carte in regola per essere al pari delle signore della musica italiana, ma in questo settore contano moltissimo il momento giusto e le occasioni. Il 2025 le sta offrendo questa grande opportunità attraverso il singolo “Non è colpa mia”. Ricordiamo che l'artista toscana ha iniziato presto la sua attività, arrivando nel 1997 tra le prime dieci finaliste del Festival di Castrocaro, iniziando così anche importanti collaborazioni. Ha firmato il suo primo contratto discografico e ha preparato un disco per il Festival di Sanremo giovani, con la firma di Simone Papi, noto produttore e arrangiatore di nomi noti come Laura Pausini, Raf e altri personaggi. Nel 2005 si è esibita allo Stadio Olimpico di Roma, per essere chiamata qualche mese dopo al festival Tim Tour di Napoli. Ha conosciuto una pausa nella sua vita per dedicarsi alla famiglia, una scelta fortemente voluta. Nel 2019, quando i figli sono divenuti più grandicelli, ha incontrato l'autrice Beatrice Bracco per collaborazioni inerenti al cinema, un settore del quale ancora oggi si occupa. Nel nuovo singolo “Non è colpa mia” con un testo molto profondo e personale, ha ritrovato la prestigiosa firma di Simone Papi.
Valentina, come è nato questo pezzo?
“Conosco da tempo Beatrice Bracco che è appunto l'autrice del brano. Mi ha chiamato per propormi un testo interessante e da lì è nata questa cosa. In più avendo lavorato nel passato con un grande produttore e arrangiatore come Simone Papi, è stato coinvolto in questo progetto che sta avendo un buon risultato”.
Da parte di quale tipo di pubblico?
“Da un pubblico un po' più grande che è in grado di apprezzare un testo profondo che profuma proprio di musica italiana. Questo pezzo è di grandi contenuti”.
Ecco, cosa ne pensi della musica odierna che a volte può sembrare ripetitiva?
“Sono abituata ad ascoltare tutta la musica. Vado dal classico al rap. Oggi vengono prodotte canzoni che non ti rimangono dentro, che non ti lasciano niente, senza nulla togliere ai giovani talenti. Ho
fatto questo pezzo, perché so che prima o poi torneremo a fare quel genere di musica. Ad esempio apprezzo molto Achille Lauro, il quale all'inizio non convinceva molto e invece trovo il suo ultimo pezzo straordinario. Non dimentichiamoci che le nostre opere suonano in tutto il mondo, anche se oggi molte cose sono state offuscate dall'immagine e da un fare usa e getta”.
L'artista contemporaneo che ammiri.
“A parte Achille Lauro, mi piacciono Tananai e Ultimo. Ascolto volentieri i Pinguini Tattici Nucleari. Del passato amo Biagio Antonacci da sempre, tanto che desidererei farmi scrivere un brano da suo figlio Paolo”.
Dopo quanto tempo sei tornata sulle scene?
“L'ultimo disco l'ho inciso nel 2005, ma nel frattempo ho continuato a lavorare dietro le quinte e ho costruito una famiglia”.
Veniamo al singolo “Non è colpa mia”. Di chi è questa colpa?
“Me lo chiedono tutti. In realtà non è di nessuno. A volte siamo noi che ci colpevolizziamo. Bisogna ascoltare attentamente il testo di questa canzone per provare a comprendere meglio. Si parla di un figlio perso e del destino beffardo che ha avuto questo bambino. Lui non ha avuto colpa, ma neanche la madre”.
Questo brano è un preludio a qualcosa?
“Stiamo lavorando su altri brani e prima dell'estate sicuramente uscirà qualcosa”.
MUSICA
LA JP VOCAL STUDIO ACADEMY
BRILLA A SANREMO CON I SUOI ARTISTI
Durante la settimana del Festival della Canzone Italiana, Sanremo si prepara a vivere un evento straordinario con la presenza della Vocal Coach Johanna Pezone e dei suoi talentuosi allievi della JP Vocal Studio Academy. In un’atmosfera di festa e celebrazione della musica, Johanna sarà premiata dal Sindaco della città con un prestigioso premio alla Carriera, riconoscendo il suo impegno e la sua dedizione nel campo della musica e della formazione vocale.
L’evento culmina con la presentazione del suo nuovo brano, "Mille Voci", che esce proprio durante il Festival. Questo brano, già vincitore del Roma Music Festival, è un perfetto esempio del talento di Johanna, che lo interpreta insieme al suo partner artistico Marco Ciampica, noto come Marcolisa.
Ma non è tutto: gli allievi della JP Vocal Studio Academy hanno l’opportunità di far sentire la loro voce e mostrare il frutto del loro lavoro. Criphia e Joshu4 DC presenteranno il loro inedito "Buio", i Babols interpreteranno "Fiamme Fiamme" e Mett4 porta sul palco "Butterfly". Questi giovani artisti sono pronti a dimostrare il loro talento e a far emozionare il pubblico con le loro performance.
La JP Vocal Studio Academy, diretta dalla pluripremiata Johanna Pezone, continua a offrire corsi di alta qualità nelle sue due sedi: a Tivoli (Campolimpido) in Via Eugenio Tognazzi 1 e a Roma in Via Tancredi Cartella 63, vicino alla Stazione Tiburtina. Le iscrizioni sono sempre aperte per chi desidera intraprendere un percorso formativo nel canto e nella musica.
Per ulteriori informazioni, è possibile contattare la JP Vocal Studio Academy ai numeri 3757445664 o 0774707502, oppure visitare il sito web www.jpvocalstudioacademy.it. Sanremo è quindi non solo il palcoscenico dei grandi nomi della musica italiana, ma anche un’importante vetrina per i talenti emergenti, guidati da una professionista del calibro di Johanna Pezone.
Sede di Roma: Via Tancredi Cartella 63 zona Stazione Tiburtina
Sede di Tivoli: Via Via Campolimpido 55/B - Campolimpido Favale Info: 375 7445664. - E-mail: jpvocalstudioacademy@gmail.com
by Mariagrazia Cucchi
ETERNAMENTE… BELLA MARCELLA È TORNATA A SANREMO CON “PELLE DIAMANTE”
La 75esima edizione del Festival di Sanremo vede il grande ritorno di Marcella Bella, storica voce della musica italiana, questa volta in veste di cantautrice con il brano “Pelle Diamante”, che fa da apripista al nuovo album “Etnea Diamante Edition”, disponibile ovunque dal giorno di San Valentino.
Il suo esordio sul prestigioso palco dell’Ariston risale al 1972 con la leggendaria “Montagne Verdi”, un grandissimo successo diventato un classico della musica italiana, a cui sono seguite numerose altre partecipazioni al Festival: la ricordiamo nel 1981 con “Pensa per te”, nel 1986 con la bellissima “Senza un briciolo di testa”, nel 1987 con “Tanti Auguri”, nel 1988 con “Dopo la tempesta” insieme al fratello Gianni, nel 1990 con “Verso l’ignoto”, nel 2005 con l’irriverente “Uomo bastardo” e nel 2007 con “Forever, per sempre”, ancora una volta in duetto con il fratello Gianni.
Dopo diciotto anni Marcella è tornata in gara, per la nona volta, con un brano di cui è autrice insieme a Marco Rettani, Senatore Cirenga e Andrea Simoncini. “Pelle Diamante” è un inno che celebra le donne, ma che sa andare al di là di ogni separazione di genere, sottolineando come il diamante sia, oltre che prezioso, il più resistente a qualunque urto. Avere “Pelle Diamante” per Marcella significa infatti avere la “pelle dura”:
#CoseBelle
“Questo brano è un inno alla donna forte e determinata che sa quello che vuole e sa essere artefice della propria vita –spiega – È talmente forte, indipendente e resistente, proprio come il diamante. Con un pizzico di ironia può essere anche un po’ str**za ma sorprendente. Un pezzo contemporaneo fatto per divertirsi ballando, per un messaggio importante. Se diventasse un inno anche per una sola donna – conclude –saprei di aver fatto il mio dovere di artista”.
Parole dolci ma anche forti per un’artista che non tradisce l’immagine femminile che il pubblico ha di lei ma che conferma, al tempo stesso, il suo carattere indomabile e “tosto”. Marcella è sempre stata una donna libera, così come i suoi inconfondibili ricci, da sempre la sua nota distintiva insieme al carminio del rossetto che valorizza il suo sorriso affascinante. Ancora una volta il manager Pasquale Mammaro ha dimostrato di avere un intuito infallibile e quest’anno, con Marcella Bella a Sanremo, conferma la sua bravura nel valorizzare grandi artisti secondo il suo motto “Old is Gold”. All’interno di “Etnea Diamante Edition”, oltre al brano sanremese, sono presenti anche altre due perle inedite: “Fino alla fine del mondo”, scritta insieme a Rosario Bella, e “Tacchi a Spillo” remix, di Lorenzo Vizzini e Senatore Cirenga.
… E noi ascoltiamo con piacere il messaggio di questa signora della musica italiana che ogni volta ci sa stupire, rimanendo però sempre sé stessa: eternamente forte, eternamente donna, eternamente… Bella!
LUCIA RUBEDO “ECCELLENZA ITALIANA”
PREMIO INTERNAZIONALE “BUONE PRATICHE”
A Roma il 21 gennaio presso lo Spazio Europa sono stati consegnati i Premi Internazionali Buone Pratiche 2025 ideato da Remind, presieduta dal Cavaliere di Gran Croce Paolo Crisafi, in collaborazione con l’Ufficio del Parlamento Europeo in Italia.
Alla presenza di Giorgio Mulè, Vicepresidente della Camera dei Deputati che ha portato i saluti istituzionali, la giornata ha celebrato professionisti, imprenditori, manager e rappresentanti del settore pubblico e privato, insieme a figure di rilievo del panorama civile, culturale e sociale, il cui operato ha generato un impatto positivo sulle comunità.
Tra i protagonisti avvicendatisi, la talentuosa soprano Lucia Rubedo, che ha incantato i presenti, nel pomeriggio, eseguendo l’Inno d’Italia. Reduce dal successo televisivo sulle reti Mediaset partecipando al programma “Tu si que vales”, sarà tra un paio di giorni, il 23 gennaio, anche special guest alla cerimonia di chiusura delle Universiadi a Torino, in occasione della grande celebrazione di inclusione e di cultura dello sport universitario internazionale invernale. “Questo premio è un’emozione indescrivibile” - ha commentato a caldo Lucia Rubedo dopo la cerimonia. “La musica è stata la mia compagna in ogni passo, il filo che mi ha legato alla speranza nei momenti di oscurità”- ha continuato.
“Ogni nota che canto nasce dal desiderio di trasmettere un messaggio di forza e rinascita. Dedico questo premio a chi sta attraversando un periodo difficile, a chi ha paura di non farcela. La mia storia è la prova che, anche dalle difficoltà più grandi, si può emergere più forti e realizzare propri sogni” - ha concluso tra gli applausi.
Molti altri i premiati di rilievo “Buone Pratiche” 2025 provenienti da campi differenti, con
l’obiettivo di mettere in luce iniziative, esperienze e modelli d’eccellenza capaci di ispirare il progresso della società interconnessa, tra cui il top manager Giampaolo Letta, il Direttore Generale della Rai per il servizio pubblico Roberto Sergio, il Direttore del TgCom24 Andrea Pucci, il Presidente Sport e Salute Marco Mezzaroma, la scrittrice e regista Anna Carlucci, Roberto Rossi Vicepresidente Ordine Giornalisti Lazio (alla carriera). Il Premio “Buone Pratiche” è stata una occasione per riflettere e celebrare le competenze e esperienze, per migliorare il presente e costruire il futuro della nostra Nazione.