GP Magazine aprile 2024

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ANNO 25 - Numero 272

APRILE 2024

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EDITORIALE

CONTINUA LA SAGA

DELLE ECO-FOLLIE

Continua la saga delle eco-follie. Sembra che vogliano complicarci la vita a tutti i costi. Come se complicata non lo fosse già abbastanza. E’ stata approvata la “famigerata” Direttiva Green che cambierà il futuro delle nostre case. Quelle che abbiamo acquistato con grandi sacrifici. L’europarlamento si è espresso in maniera favorevole in una sessione plenaria lo scorso 11 marzo. Poi, dopo un ultimo passaggio in Consiglio, finirà nella Gazzetta Ufficiale. La direttiva fissa in primis gli obiettivi del 2033, che potrebbero comportare una spesa da 20 a 55 mila euro a famiglia. Dovrebbero essere 5 milioni in totale gli edifici interessati da questo provvedimento. Ovvero il 51,8% delle unità che si trovano nelle classi energetiche F e G. Giustissimo salvaguardare l’ambiente e il futuro della Terra ma c’è da fare i conti con una crisi economica che da qualche anno ha imboccato una parabola discendente e pericolosa. Trovare i soldi per adeguare i propri immobili e renderli efficienti dal punto di vista energetico sarà assai difficile per i cittadini. Per questo motivo si auspica che i Governi elargiscano fondi a volontà per aiutare le famiglie italiane a superare questo scoglio.

Nel frattempo, la scure dell’Unione Europea che si sta abbattendo sulle nostre case ha frenato anche le compravendite di immobili. Di fronte alla prospettiva di dover spendere nei prossimi anni decine di migliaia di euro per ristrutturarli, i potenziali compratori si stanno tirando indietro e chi vende si sta vedendo costretto ad abbassare il prezzo di vendita del proprio immobile. Dunque, una svalutazione bella e buona.

Quello che non va giù è che i “doppiopettisti” di Bruxelles fanno e disfano sulla vita degli altri. Burocrati di un’istituzione che di fatto non sta facendo gli interessi dei cittadini, in nessuna maniera.

Poi sarà la volta dell’auto elettrica, che ci imporranno in ogni modo, pena l’interdizione a circolare all’interno delle città. Per fortuna non tutti si stanno prodigando a raccontare la balla che le vetture elettriche non inquinerebbero. Alla lista delle voci contrarie si aggiunge Akio Toyoda, CEO di Toyota, che ha sottolineato le contraddizioni che i veicoli elettrici avrebbero in sé. Anzitutto, la transizione completa – secondo lui e non solo lui – costerebbe centinaia di miliardi di euro con la possibilità elevata che queste auto saranno inaccessibili per la gente media. In più c’è il concreto rischio di lasciare interi Paesi senza elettricità e senza ottenere alcun beneficio per l’ambiente, dato che la produzione di batterie per i mezzi elettrici aumenterebbe le emissioni di CO2.

Come a dire: non è tutto oro quello che ci raccontano. Anzi, forse è ferraccio arrugginito!

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Sommario 3 10 BEATRICE GHERARDINI 18 DOTTOR ANTONIO GORINI LA SALUTE NEI GIOVANI 22 BEATRICE MAZZONI 34 GIROLAMO PANZETTA 36 NORMA VALENTI 38 STEFANO SCIACCA 40 ALESSANDRA TROTTA 44 FILIPPO THIERY 50 CRISULA STAFIDA 53 AMILCAR M. GONZALEZ 54 ELISA MASCIA 56 STORIE DI RADIO MARIO TAGLIAFERRI 58 COSE BELLE CAMILLA PANDOZZI 10 22 53 36 44 50 56

ROMA WORLD

CHE LA STORIA ABBIA INIZIO!

PARTITA LA NUOVA STAGIONE DEL PARCO TEMATICO DELLA CAPITALE

Con l’arrivo della Primavera, lo scorso 22 marzo ha riaperto Roma World, il parco a tema dove vivere una giornata da antico Romano, con una nuova stagione ricca di novità.

Situato accanto a Cinecittà World, il Parco a tema dell'Antica Roma è la meta ideale per chi ha voglia di un'esperienza suggestiva immersa nella natura. L’experience park offre un viaggio indietro nel tempo di 2000 anni e consente agli ospiti di tutte le età di scoprire costumi, usi e tradizioni del tempo, grazie ad attività uniche, a partire dagli show del

Parco: lo Spettacolo dei Gladiatori, lo Show di Falconeria dove ammirare il volo dell’aquila e di altri rapaci, e la grande novità 2024 “Roma On Fire”, lo spettacolare live show serale realizzato nella maestosa cornice del set del kolossal Ben Hur, in scena dal 1° Giugno e per tutta l’estate. Roma on Fire è solo il primo pezzo di un grande progetto di sviluppo che vedrà il parco crescere negli anni.

Tra le novità di spicco 2024: il Backlot Tour, un viaggio tra i set più iconici e suggestivi della storia del cinema. Dall’Arena di

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“Ben Hur” - scelta anche dalla serie tv americana “Those About To Die” di Roland Emmerich con protagonista Anthony Hopkinssi arriva al bosco del Villaggio Medievale, ambientazione del film “Guglielmo Tell” e della serie storica “Romulus”. Per chi, come l’eroe svizzero, vuole mettersi alla prova con il tiro con l’arco c’è Sfida l’Arciere , un duello fino all’ultima freccia con il maestro tiratore del parco. Chi vuole andare oltre gli spettacoli può partecipare alla Scuola dei Gladiatori guidato dagli istruttori del Gruppo Storico Romano o al Programma Falconiere per un giorno. Nell’ Armeria all’interno del Castrum sarà possibile, con la supervisione di un pretoriano, indossare le armature tipiche del tempo e immortalare il momento in uno scatto da condividere via social. La creatività è protagonista al Laboratorio di Mosaico, qui i bambini, e non solo, possono creare opere d'arte personalizzate con tessere colorate, così come si faceva nell’antica Roma, sotto la guida degli esperti e, al termine dell’attività, portare a casa la propria creazione.

Cuore pulsante delle attività del Parco è la connessione con la natura: gli ospiti possono scoprire i segreti della biodiversità con il Tour Botanico e incontrare e dar da mangiare agli animali della fattoria. Ma non finisce qui, Roma World offre anche l'opportunità di gustare autentici pasti romani nella Taberna, con squisite carni e sapori contadini sia a pranzo che a cena, di fare shopping tra le bancarelle dell'Antico Mer-

cato. Confermate le attività più gradite dagli ospiti come il Tiro con l’arco, l’area Giochi per i bambini, le cerimonie con i riti sacri al Tempio di Giunone.

Dal 1° Maggio, l'esperienza si estende anche al calar della notte, con il Pacchetto Gladiatore si può pernottare nelle tende dell’epoca, in un autentico villaggio delle Legioni Romane.

“Roma World è un buon esempio di turismo ecosostenibile - spiega Stefano Cigarini, AD di Cinecittà World Spa – Un parco a impatto zero dove i visitatori imparano a convivere con la natura circostante, dimenticando per un giorno la frenesia della città”.

Il parco ospita molte migliaia di bambini e ragazzi in gita scolastica, attratti da questa sorta di museo a cielo aperto, dove la storia si vive, non solo si vede o studia sui libri. Tanti infine gli eventi previsti fino al 3 novembre: i pranzi fuori porta di Pasqua e Pasquetta, (31/03 e 01/04), le giornate rievocative con il Gruppo Storico Romano e la Legio I Italica, il Pranzo del Gladiatore per il Natale di Roma (21/04), la giornata della Terra (22/04), Roma Sport Experience (1112/05), la festa della Mamma (12/05), la giornata mondiale della famiglia (18/05) e quella delle Api (19/05), la Legion Experience (01 e 02/06), la grande notte di San Lorenzo, il Pranzo di Ferragosto e la fattoria delle Zucche per il lungo mese di Halloween (dal 5/10 al 3/11).

Il programma completo degli eventi è sul sito www.romaworld.it

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BEATRICE GHERARDINI

“LA BELLEZZA INIZIA NEL MOMENTO IN CUI SCEGLI DI ESSERE TE STESSA”

Solare, sorridente e dinamica, Beatrice inizia a rubare pennelli e ombretti alla madre sin da bambina. La passione per il make-up diventa forte in adolescenza e quando frequenta l'università scopre di voler esprimere la sua passione anche attraverso i social media

Dopo aver frequentato l'accademia del make-up apre così Tik Tok per dare sfogo alla sua creatività diventando in pochissimi anni la più seguita in assoluto sulla piattaforma una vera e propria “numero 1” nel settore, raggiungendo oltre 2,5 milioni di followers complessivi in pochissimi anni. Beatrice condivide anche su Instagram con la sua numerosissima community di persone che la seguono, l'amore per i trucchi, rispondendo a dubbi, domande e dando preziosi consigli sempre con messaggi positivi. La crescita personale e l'amarsi per come si è sono temi preziosi e fondamentali che Beatrice cerca di trasmettere da sempre in ogni suo contenuto. Da qui nasce anche il suo nuovo progetto “La bellezza inizia nel momento in cui scegli di essere te stessa”, una sorta di speciale videocorso disponibile on line, che attraverso un approccio olistico rende omaggio alla bellezza dell’universo femminile in tutte le sue forme attraverso i segreti e il linguaggio del make- up e attraverso la consapevolezza e l’accettazione della propria persona.

Sei la TikToker italiana più seguita nell’ambito beauty e makeup, cosa significa per te questo traguardo? Come è iniziato il tuo percorso?

“La mia passione per il make up nasce in tenera età, già da piccolissima prendevo i trucchi di mia mamma e iniziavo a sperimentare, in questo devo ringraziare i miei genitori che mi hanno sempre premesso di sperimentare. Questo fascino verso il mondo Beauty e il make up in particolare diventa forte in adolescenza fino a quando vengo illuminata durante un corso incentrato sull’influencer marketing e per gioco decido di aprire i miei profili social pubblicando i miei tutorial. Fino a prima truccavo le mie coinquiline ogni tanto che me lo chiedevano. Ho iniziato su TikTok quando questa piattaforma doveva ancora esplodere. Mi piaceva moltissimo l’idea di poter trasmettere la mia passione e le varie informazioni riguardanti il mondo del make-up, attraverso contenuti videografici che su Instagram, ai tempi, non andavano ancora moltissimo. Sono davvero onorata di aver raggiunto questo traguardo negli anni”. Cosa ispira i tuoi tutorial per i tuoi make up e per i tuoi video?

“Per la realizzazione e i contenuti video prendo sempre ispirazione dalle domande che mi vengono fatte sui miei canali social, i miei seguaci sono sempre la mia prima preoccupazione. Ascolto davvero tantissimo le richieste della mia community perché i miei followers

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sono la mia prima fonte d’ispirazione e aiutarli nella quotidianità è la mia principale missione. Mi fanno sempre richieste diverse e trattando argomenti che riguardano il make up, la skincare e il benessere della pelle gli argomenti non mancano mai”. Il make-up per te è…?

“Per me il make-up è sempre stato un modo per dare sfogo alla mia creatività, fin da quanto ero piccola, utilizzavo il momento del make-up come un momento solo per me, in cui potevo stare con me stessa e non pensare a niente. Anche adesso, nelle giornate no, quando sono un po’ triste oppure agitata, utilizzo il trucco per sfogarmi e per stare meglio. Quel momento in cui ci trucchiamo è un momento sacro, quasi un rito che deve essere solo per noi, una coccola per sentirci meglio e affrontare la giornata con l'energia giusta, nel migliore dei modi. Sono convinta che il make-up non è semplicemente truccarsi, ma prendersi cura di sé, sperimentare e valorizzarsi, è sentirsi bene con sé stessi e con gli altri. Prendetevi del tempo, abbiate cura di voi, valorizzate il vostro corpo e nutrite la vostra anima, in questo il make up può essere un prezioso alleato in grado di farvi sentire bene, affrontando la vita quotidiana con la giusta energia. Ogni donna deve sentirsi libera di esprimere la propria personalità anche attraverso il trucco”. Quanto è importante truccarsi?

“Dipende da persona a persona, è una domanda molto soggettiva. Per alcune persone il trucco è

fondamentale, per altre invece è una cosa superflua. Io dico sempre che la bellezza inizia nel momento in cui ci sentiamo a nostro agio. Credo però sia importante ritagliarsi del tempo per la propria persona, anche solo 10 minuti al giorno per la Skincare”.

l concetto di bellezza per te nasce dal sentirsi bene con se stessi? Raccontaci la tua filosofia che è poi diventata anche il tuo slogan. “La bellezza inizia nel momento in cui ci sentiamo a proprio agio con noi stesse. Essere belle significa questo! Non c’è bellezza più vera di una donna che si ama per quello che è. Io ho cominciato a sentirmi bella quando ho annullato il giudizio degli altri e mi sono concentrata su me stessa. Non ho mai dato retta a l'odio in rete e a chi mi attaccava per la mia pelle e per l'acne, ho imparato l'importanza di amarmi per quello che sono e senza nascondere le mie cicatrici. Sono diventata make up artist e mental coach, cercando di superare delle convenzioni limitanti. Ricordiamoci sempre che la bellezza comincia sempre nel momento in cui decidiamo di essere noi stesse. Nulla nella vita ci può limitare se non noi stessi! Amatevi per quello che siete e portate con fierezza i segni delle vostre battaglie perché vi hanno reso le persone uniche e magnifiche che siete oggi”.

Come è nata l'idea di scrivere il tuo libro “Tutti i trucchi del make-up”?

“Ho scelto di scrivere questo libro per racchiudere in un unico manuale tutte le informazioni nell’ambito del make-up che, solitamente, diffondo solo attraverso i video. Così è nato tutti i trucchi del make-up, una vera e propria guida che ci si può tenere di fianco nel momento in cui ci si trucca, per imparare tutto nell’ambito del make-up adatto a tutte le donne per ogni esigenza di pelle od età. L’intento è stato quello di rendere omaggio alla bellezza dell’universo femminile in tutte le sue forme attraverso i segreti e il linguaggio del make- up e attraverso la consapevolezza e l’accettazione della propria persona”.

A tuo avviso qual è il segreto del tuo successo?

“Sono una persona molto motivata che crede tanto nei sogni. Penso che il mio segreto sia sempre stato quello di non pensare che sia impossibile raggiungere ciò che si vuole. Per me nella vita si può raggiungere qualsiasi cosa, ovviamente con tanto lavoro, costanza e determinazione. Inoltre sui social cerco di esprimermi con un linguaggio che sia di chiara comprensione a qualsiasi utente, sia esperto che meno, questo credo sia un punto di forza. Inoltre, propongo un approccio olistico che mira a sottolineare che la bellezza va oltre l'aspetto esteriore, incoraggiando le donne a sentirsi bene sia dentro che fuori”.

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Adolescenti: Quando trasgressione e ribellione aumentano

L'adolescenza è un periodo di grandi cambiamenti, sia fisici che psicologici. I ragazzi si trovano ad affrontare nuove sfide, a sviluppare il loro pensiero critico e a costruire la propria identità. "Questo processo può portare a mettere in discussione le regole e l’autorità, come genitori e insegnanti", spiega in questa intervista la dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana

Dottoressa Lucattini, quali sono i fattori e le cause che spingono i ragazzi a mettere in atto comportamenti trasgressivi?

“Gli adolescenti sono trasgressivi fisiologicamente, infatti, l’equazione tra adolescenza e trasgressività è da sempre un binomio ampiamente riconosciuto. Può essere talvolta difficile distinguere tra due poli: la trasgressività necessaria e costruttiva, e quella patologica e deviante. Le situazioni in cui la trasgressività e anche l’aggressività ad essa associata, sono al servizio di una buona crescita e dell’acquisizione di un’identità personale diversa da quella infantile, e indispensabile per maturare un’appartenenza e un’identità sociale. La trasgressività e l’aggressività distruttive, invece, possono essere il primo manifestarsi di una tendenza antisociale se non proprio l’inizio di una vera e propria escalation delinquenziale, Non è un caso che la trasgressione e la ribellione siano considerate caratteristiche tipiche dell'adolescenza poiché da un lato, questi comportamenti possono essere visti come un modo per testare i propri limiti e affermare la propria indipendenza; dall'altro lato, possono essere un segnale di disagio o di difficoltà nel gestire le nuove emozioni e i nuovi compiti che questa fase della vita comporta. È importante, quindi, che genitori e insegnanti non demonizzino a priori questi comportamenti, ma cerchino di comprenderne le cause e il dialogo con i ragazzi. Un clima di fiducia e di ascolto può aiutare i ragazzi a sentirsi capiti e a trovare modi più costruttivi per esprimere la propria individualità”.

Qual è la differenza tra una sana ribellione e un comportamento preoccupante?

“L'adolescenza è un periodo di transizione complesso, caratterizzato da cambiamenti fisici, emotivi, relazionali e della socialità. Durante questa fase, i ragazzi possono sperimentare una maggiore trasgressività e tendenza alla ribellione. Ma quali sono i fattori che possono influenzare questo aumento? Lo sviluppo del pensiero critico e l’acquisizione di una propria identità in questo particolare periodo della loro vita, portano i ragazzi a mettere in discussione le regole, l’autorità e naturalmente i genitori che ne sono i primi rappresentanti. In generale, la trasgressione e la ribellione fisiologiche iniziano nella prima fase dell’adolescenza (tra i 12 e i 14 anni), per poi mutare gradualmente nella seconda fase (tra i 15 e i 16 anni) e infine diminuire e scomparire nella terza fase tra i 17 e i 20 anni). Determinante nella vita degli adolescenti è l’ambiente familiare, poiché può frenare o indurre alla trasgressività, in quanto contribuisce, insieme al contesto sociale, a definire ciò che è permesso e ciò che è proibito. Il valore e il peso della trasgressione varia a seconda della cultura o subcultura di riferimento per gli adolescenti che sono sempre immersi in un intreccio relazionale allargato e in gruppi. Agiscono quindi in base a valori personali, familiari, sociali, all’inconscio gruppale e collettivo”. Quali sono i principali comportamenti trasgressivi?

“Il bisogno di appartenenza, di accettazione e riconoscimento da parte del gruppo dei pari può portare i ragazzi a adottare comportamenti non solo trasgressivi ma anche aggressivi, talvolta devianti. I comportamenti più frequenti sono: le fughe da casa, l’abuso di alcool e altre sostanze stupefacenti, le risse, gli atti vandalici, i furti e le aggressioni ai coetanei sotto forma di bullismo e cyberbullismo, e l’intimidazione. Queste azioni psicologicamente tossiche e illegali sono spesso compiute in uno stato mentale eccitato, molto sopra le righe, concitato con un solo compagno/a o da più adolescenti (piccolo gruppo), erroneamente inteso dagli adolescenti come un modo per divertirsi ed evadere dalle angosce che li attanagliano”.

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Come si può aiutare un adolescente che sta vivendo un periodo di difficoltà?

“È di fondamentale importanza l'intervento dei genitori unitamente alla Scuola. Mantenere un dialogo aperto e vivo con i figli è indispensabile per comprendere le loro emozioni e i loro bisogni. È altrettanto importante che siano stabilite regole chiare e coerenti, dando per primi l’esempio e promuovendo allo stesso tempo la progressiva autonomia dei figli. Poiché i genitori sono le figure di attaccamento primario, da cui dipendono anche fino alla tarda dell’adolescenza, è importante che abbiano sempre un’attitudine mentale e conseguentemente dei comportamenti coerenti, improntati a senso di responsabilità e rispetto, anche verso i figli, favorendo così una buona identificazione, trasmettendo valori sani con parole e azioni. Altresì determinante è il ruolo della Scuola e degli insegnanti nel sensibilizzare i ragazzi al rispetto dei compagni e della vita scolastica, tollerando la normale trasgressività adolescenziale che ha anche un risvolto creativo ed è carica di energia vitale che se ben incanalata, favorisce positivamente sull’andamento scolastico e sulla socializzazione nel gruppo classe. È inoltre importante che la Scuola intervenga in caso di trasgressività patologica e aggressività incontrollata, per prendere le giuste misure di contenimento e indirizzare gli studenti verso una migliore capacità di ragionamento. Se fosse necessario anche attraverso un colloquio con lo psicologo scolastico o uno specialista di fiducia dei genitori”.

Quali sono i campanelli d'allarme da cogliere tempestivamente, al fine di richiedere un aiuto psicoanalitico?

“In alcuni casi, la trasgressione può assumere forme preoccupanti, come l’abuso di alcool e altre sostanze stupefacenti, furti, intimidazioni e aggressioni ai coetanei, bullismo e cyberbullismo, vandalismo, fughe da casa, etc., in queste situazioni è importante intervenire tempestivamente con l'aiuto di professionisti della salute mentale, specialisti e psicoanalisti, per valutare un eventuale trattamento farmacologico mirato e intraprendere un percorso psicoanalitico per meglio comprenderne le cause e il contesto, e poter gestire la fase critica in modo efficace, costruttivo, positivo”.

Quali consigli si sente di dare?

“Ai genitori:

- Far comprendere ai figli che il bisogno di trasgredire è naturale ma anche comportarsi con misura fa bene a loro stessi, rinforza la loro autostima e alla fine li gratifica.

- Non essere punitivi o ritorsivi. Se i figli non trasgrediscono solo per paura di essere puniti, saranno tentati di comportarsi male ogni volta che pensano di non essere scoperti. Inoltre, psicologicamente la dimensione del segreto, indispensabile durante l’adolescenza e da adulti, può trasformarsi in clandestinità, dimensione pericolosa sia per il consolidamento delle trasgressioni, che per disturbi di personalità e comportamenti devianti.

- Costruire una relazione positiva e incoraggiante è uno dei modi migliori sia per gestire fruttuosamente lo spirito trasgressivo maturativo, che per frenare la trasgressività deviante.

Agli insegnanti:

- Mettersi nel giusto stato d'animo. La maggior parte degli

studenti che hanno problemi emotivi o comportamentali desiderano andare bene a scuola, ma hanno difficoltà a controllarsi, a concentrarsi, a stare zitti e fermi. Evitare di considerarli alla ricerca di attenzioni” o “svogliati”. Dà ottimi risultati per essere il più pazienti possibile.

- Attingere alla propria esperienza maturata negli anni nel rapporto quotidiano con gli studenti rimanendo aperti a nuovi approcci. L’inizio dell’anno scolastico e il periodo di febbraio-marzo sono momenti critici per l’ansia di affrontare un nuovo anno e per la stanchezza di metà quadrimestre che, tra l’alto, s’incrocia con la primavera. Poiché ansia e stanchezza si associano a impulsività, gli studenti possono sembrare oppositivi, passivo-aggressivi, poco inclini a rispettare le regole. È importante attingere alle strategie risultate efficaci per gestire alcuni degli studenti “difficili”.

- Ridurre lo stress in classe. Evitare scadenze rigide, può essere utile assegnare compiti a casa dando il giusto tempo per prepararsi. Non abbassare i voti per ragioni non accademiche, come il comportamento in classe, un’assenza nel giorno di una verifica o per una necessità familiare.

- Di tanto in tanto rendere le lezioni più divertenti e coinvolgenti, risultano molto efficaci anche per gli studenti che hanno difficoltà di concentrazione o che sono iperattivi.

- Trovare il buono, i pregi negli studenti, comunicandolo in modo genuino e generoso, incoraggiandoli in tal modo a fare meglio, sempre di più. Gli adolescenti che lottano con problemi psicologici, emotivi o comportamentali sentono la scuola estremamente difficile e combattono costantemente con la propria bassa autostima. D’altro canto, possono essere sorprendentemente sensibili e al contempo molto più duri con se stessi rispetto ai loro coetanei e per questo trasgrediscono, per ammorbidire la propria severità interna in presenza di un Sé in questi casi più fragile. Ai ragazzi:

- Il desiderio di trasgredire e opporsi all’autorità chiunque la rappresenti (genitori, insegnanti, coach, etc., è a volte, un istinto naturale, ma va gestito. È possibile rendersi autonomi e diventare indipendenti senza far danno o litigare.

- Parlare senza timore della sensazione di pressione scolastica, sportiva, performativa, con i genitori o con adulti di cui potersi fidare.

Lo stress e la fatica per ottenere buoni voti vanno gestiti attraverso una buona organizzazione e la ricerca di un metodo di studio;

- Imparare a riconoscere i gruppi o i coetanei che hanno comportamenti dannosi o devianti o aggressivi verso gli altri. Il sapersi sottrarre è un’espressione di forza interiore e dà sempre buoni risultati;

- Lasciarsi aiutare dai propri genitori;

-Evitare di sovraccaricarsi, quando la propria agenda settimanale è piena di verifiche, allenamenti, gare, spettacoli o altri impegni, il livello di stress può diventare insopportabile e spingere ad agire in modo trasgressivo per liberarsi dalla tensione mentale e fisica accumulata.

Quando si ha la sensazione di non farcela, quando si sta perdendo il controllo, quando l’ansia e la rabbia aumentano, chiedere ai propri genitori di poter parlare con uno specialista e uno psicoanalista per capire le difficoltà che si sta vivendo, affrontarle e risolverle”.

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I giovani Stare bene durante la crescita è il più prezioso investimento

Che rapporto hanno i giovani con la propria salute? Qual è il ruolo della famiglia? Quanto incide l’uso dei farmaci per la salute dei ragazzi? Quant’è importante l’alimentazione? Ne parliamo con il dottor Antonio Gorini (*) un medico che ha scelto la mission professionale di mettere al centro la persona nella sua complessità e trovare la cura che sia personalizzata e volta a ristabilire uno stato di salute prolungato

Che rapporto hanno i giovani con la propria salute?

“I giovani hanno intrinsecamente un senso di invincibilità e immortalità. Come è giusto che sia, non sentono la necessità di occuparsi dei problemi di salute. Sono giovani, forti e interessati al divertimento e/o allo sport... In età adolescenziale l’energia è canalizzata verso la crescita e lo sperimentare le novità che la vita offre. Lo studio, le prime esperienze nell’ambito sessuale, la pratica sportiva. Non dimentichiamo che in altre parti del mondo un giovane sopra i 12 anni può entrare nel gruppo dei guerrieri, procreare, essere membro attivo della tribù. Le esperienze adolescenziali servono a preparare l’uomo del prossimo futuro come genitore, lavoratore, ecc. È giusto che madre natura non metta freni come le “paure” in questa età, altrimenti non vi sarebbe lo sviluppo della società. Ad esempio, se a 15 anni già vi fosse paura dell’incolumità fisica, nessuno farebbe l’addestramento per diventare guerriero o cacciatore…”. Da medico qual è il consiglio che puoi fornire alle famiglie per aiutare i propri figli a mantenere uno stato di salute ottimale?

“Il giovane impara in famiglia gli stili di vita salubri o non. Pertanto, il sistema migliore è essere testimoni consapevoli di quali siano i comportamenti più corretti per la propria salute. Un genitore che fuma (come anche un medico) non è credibile quando pretende che il figlio non fumi… Se la dispensa è piena di cibo spazzatura (junk food), come si può chiedere al ragazzo di mangiare verdure e frutta? Quindi, essere testimoni consapevoli è al primo posto. A seguire, ricordarsi che l’attività motoria è fondamentale per lo sviluppo psico-neuro-motorio e sociale. Attività motoria divertente, non competitiva, proporzionata all’età e alle condizioni fisiche del bambino/ragazzo. Infine, ma non per ultimo, ritrovare il contatto con la natura. Fare esperienza di come piante, animali e uomo vivano in sintonia con la natura, i suoi ritmi, le sue regole antiche”.

Crescendo, si va incontro inevitabilmente a problematiche legate alla crescita. Quali sono i controlli che a partire dai 12/13 anni ai quali è bene che i giovani si sottopongano?

“Con l’inizio dell’adolescenza è importante un controllo dell’apparato genitale per verificare che non vi siano problemi e iniziare un percorso di formazione sulla sessualità. Eseguire gli esami del sangue e urine ogni anno è la base della prevenzione in questa fase di vita. Chi svolge attività fisica, e tutti lo dovrebbero fare, verrà sottoposto anche alla visita sportiva annuale. La visita medica annuale è anche un modo per affrontare argomenti di educazione sanitaria come l’igiene di base, spesso trascurata; informare sui rischi di alcol e droghe ed educare ad una sessualità consapevole”.

Negli ultimi anni è cresciuto l’uso dei farmaci, come antibiotici e antinfiammatori, da parte dei giovani? Se sì perché?

“L’uso dei farmaci è aumentato in generale grazie all’esempio che danno gli adulti. Non si accetta più di stare neanche un giorno a casa per un raffreddore, non si sopporta un doloretto per pochi minuti, se poi compare la febbre vi è il panico! Bisogna sopprimere immediatamente il sintomo febbre e si

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SALUTE & BENESSERE

ricorre immediatamente a farmaci e antibiotici. È la consuetudine che guida questi comportamenti, complice una medicina territoriale e di famiglia troppo spesso assente e lontana dai bisogni delle famiglie di oggi. Inoltre, è scomparsa la socialità, la figura dell’anziano in casa che dall’alto della sua esperienza aiutava a superare le problematiche della vita. Le persone sono convinte, oramai, che la febbre sia un nemico, che si affronta solo con antibiotico e antinfiammatori, che la malattia sia qualcosa di terribile e inaccettabile contro cui bisogna combattere… è tutto una lotta, una battaglia, direi una grande fatica… Tornare a dare uno sguardo al passato credo sia fondamentale. Riscoprire la saggezza dei nostri nonni e bisnonni, che vivevano con accoglienza gli eventi che la vita (e la natura) ci offriva. Sapevano bene, perché sperimentato sulla loro pelle, che dopo l’inverno vi è la primavera, che dopo un temporale torna il sole, che ad una stagione di raccolto misero ne seguirà una migliore. Sapevano che un raffreddore/influenza passa in una settimana, stando a riposo al caldo, mangiando poco e in modo nutriente, ma bevendo il giusto. Nessuno si smuoveva davanti ad un impedimento, ci si rimboccava le maniche e ci si occupava al meglio possibile del problema. Il farmaco veniva utilizzato solo nei casi più gravi”.

Nelle varie fasi della crescita, quanto è importante il ricorso alla medicina integrata?

“Al di sotto dei 12 anni sono controindicati la maggior parte dei farmaci chimici, pertanto, in questa fascia di età dovrebbe essere fondamentale l’uso di una medicina naturale. Al di sopra dei 12 anni per evitare una eccessiva medicalizzazione, credo sia molto utile ricorrere all’integrazione con prodotti naturali. I giovani rispondono molto bene e velocemente agli stimoli che le medicine antiche usano per regolare lo stato di salute. A mio avviso dovrebbe essere la prima medicina nell’età giovanile”.

Cos’è che può mettere a repentaglio il sistema immunitario nei ragazzi?

“Sono numerosi i fattori che distraggono il sistema immunitario: i cibi industrializzati (junk food), l’inquinamento delle acque e dell’aria, l’uso di farmaci inappropriato, fumo, alcol e droghe. Basti pensare che una terapia antibiotica crea uno squilibrio a livello intestinale della durata di molti mesi. L’intestino infiammato e privo dei batteri protettivi non svolge al meglio la funzione di sentinella immunitaria. Un’alimentazione che priva il corpo di vitamine e minerali (cioè una dieta senza verdure e frutta) o peggio che introduce sostanze infiammatorie (junk food), depotenzia tutto il sistema di difesa dell’individuo. Non possiamo lamentarci del figliolo sempre malato e raffreddato, se lo nutriamo con wurstel e patatine o con cibi del fast food, pane, pizza e pasta (con farine 0 – 00 o peggio). Dobbiamo cercare di ridurre gli inquinanti nella nostra vita. Tornare a mangiare acquistando direttamente dai coltivatori nella nostra regione ed in generale con maggiore consapevolezza di ciò che fa bene alla salute. Oggi si sentono molte informazioni spesso conflittuali tra loro. È sempre più difficile orientarsi, lo capisco. Io esorto tutti a seguire la regola “aurea”: seguire le “leggi di natura”. Vi sono le fragole a dicembre? No! Allora non dobbiamo mangiarle! I polli in natura crescono assumendo estrogeni e antibiotici? No! Allora non dobbiamo mangiare polli allevati in quel modo. Chiediamoci sempre se “madre natura” ha creato quel pro-

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SALUTE & BENESSERE

dotto oppure no. Lei sola provvede ai nostri bisogni, nei tempi e con le modalità più giuste per noi”. Il troppo utilizzo di tecnologia (uso dello smartphone, videogiochi, ecc.) può creare problemi di salute ai giovani?

“Questo è davvero un punto cruciale. Sta emergendo la necessità di ritardare il più possibile l’uso di dispositivi elettronici (smartphone, tablet, videogiochi, pc) per i giovani. Sarebbe consigliato usarli non prima dei 12 anni. Il loro uso in età molto giovane si associa a numerosi disturbi. Tutti questi strumenti, soprattutto se usati eccessivamente (cioè più di 30 minuti al giorno), sono fortemente ansiogeni, inoltre, stimolano il cervello in maniera eccessiva e lo inducono a pensare che sia sempre giorno, creando uno squilibrio psico-neuro-endocrino-immunitario. I ragazzi non riescono ad addormentarsi, dormono poco e male, sono molto agitati e ansiosi, non riescono a concentrarsi, perdono la

capacità di creare e immaginare, diventano più tristi e frustrati. Si sta riducendo la socialità, si incontrano in chat, non più in piazzetta. Comunicano con sms, emoticon, video, non più di persona. Scrivendo manualmente e leggendo sempre meno perdono capacità coordinative, riducono il vocabolario e inevitabilmente la capacità di pensare. Stanno aumentando i casi di “dipendenza” da smartphone, social, ecc. È un allarme sociale che ogni adulto dovrebbe far suo e iniziare a dare il buon esempio, innanzitutto”.

Quanto è importante l’alimentazione per la salute dei giovani? E quali alimenti non devono mai mancare?

“Abbiamo già detto che non dovrebbero mai mancare le verdure, gli ortaggi e la frutta fresca e di stagione. Una dieta varia e costruita con prodotti “puliti” sarebbe l’ideale, evitando gli zuccheri bianchi e tutto ciò che è modificato dall’industria alimentare. Pochi sanno che anche i grani con cui si fanno le farine 0 e 00 sono stati modificati in laboratorio per contenere più glutine, per facilitare la raccolta, per aumentare la produzione e per non far attecchire i parassiti, insomma, non sono più “naturali”, pertanto, un uso continuato non è consigliato”. Talvolta con troppa disinvoltura, e senza ascoltare il parere del medico, i genitori fanno assumere ai propri figli integratori di vitamine e proteine? Qual è il rischio che si cela dietro a questo comportamento?

(*) Il dottor Antonio Gorini è esperto di Nefrologia, Oncologia Integrata, Medicina Funzionale di Regolazione, Low Dose Medicine, Medicina Integrata, Fitoterapia, Omeopatia e Omotossicologia, Microimmunoterapia, Ossigeno Ozono Terapia, Statistica della Ricerca e Pratica Clinica, Agopuntura.

E’ docente presso l’International Academy of Physiological Regulating Medicine

“Un’alimentazione sana, completa e varia fornisce tutto ciò di cui abbiamo bisogno. L’unica vitamina da integrare è la vitamina D (colecalciferolo o ergocalciferolo). Laddove un ragazzo faccia attività sportiva agonistica è bene che venga seguito da un nutrizionista in modo da aumentare i nutrienti in maniera naturale senza ricorrere possibilmente a bustine e compresse. Nelle palestre spesso personaggi discutibili consigliano barattoloni di proteine per “fare i muscoli”. Direi di affidarsi sempre a professionisti della nutrizione ed evitare i consigli da sala pesi. Ovviamente sono assolutamente sconsigliate tutte le altre integrazioni di ormoni o similari per “fare massa”. Queste sostanze creano grossi problemi per la salute”.

Via Archimede 138 - Roma

Info. 06 64790556 (anche whatsapp)

www.biofisimed.eu

antonio.gorini@biofisimed.eu

www.miodottore.it/antonio-gorini/internista-nefrologo-omeopata/roma

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FASHION

BEATRICE MAZZONI

“MI PIACE SPERIMENTARE PER CERCARE LA MIA STRADA”

E’ una delle modelle più in voga del momento. E' stata l'unica del World Beauty Celebrities, una kermesse internazionale che si è svolta recentemente

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Beatrice è una ragazza semplice di base che sente la necessità di dividersi tra mille impegni durante la giornata. E' una di quelle persone insomma che non si annoia mai. Solo durante la pandemia ha dovuto per forza rallentare. Chi l'ha detto che i giovani di oggi sono amorfi e senza obiettivi? Fin da piccola ha gravitato nel mondo dello spettacolo, frequentando per tanto tempo la scuola di danza classica. Poi lo studio ha preso il sopravvento, accompagnato dal mondo della moda che ha aperto le sue porte a Beatrice. Ha un carattere molto determinato, se vuole una cosa se la prende. Classe 2003, è nata a Roma ed è figlia di Giò Di Sarno, celebre cantante e presentatrice che abbiamo ospitato in copertina qualche numero fa. Beatrice, che effetto ti fa avere una mamma così conosciuta?

Model Management, un'agenzia di moda di Antonella Polini, Raffaele Squillace e Gian Paolo Piccini che mi ha portato anche la Fashion Week in Oman, che si è svolta lo scorso anno, alla presenza delle star della moda a livello internazionale”. Nell'arco di pochi anni sei passata da lavori a contatto con i bambini a eventi internazionali.

“La mia migliore amica mi prende in giro riguardo al mio curriculum che è davvero lungo nonostante la mia giovane età. Ho provato diverse esperienze; dall'assistente in uno

“E' solo un lato positivo. Fin da piccola, non nascondo che è stata proprio mia madre a inserirmi in questo mondo e non vi vergogno a dirlo, perché sono sicura delle mie potenzialità. Sono fiera di tutto questo. Non mi ha mai spinto a fare cose che non volessi fare. Ci sono periodi che volevo addirittura lasciare tutto. Mi ha spronata ma mi ha lasciata libera”.

Non hai paura di questo mondo pieno di insidie molto più grande di te?

“Avere una madre come la mia che ti apre gli occhi, vuol dire tanto. Non ho mai fatto ad esempio concorsi di bellezza. Ho preferito sfilare e dedicarmi a cose di alto livello”.

Come è avvenuto esattamente il tuo inserimento?

“All'età di quindici anni sono entrata nella prima agenzia di moda. Ho buoni ricordi dei miei primi lavori. Successivamente, dopo un periodo in cui volevo mollare tutto, sono entrata nella Background

studio di avvocati alla social media manager, passando per la baby sitter e finendo in una redazione televisiva. Sono andata da un eccesso all'altro, sperimentando e cercando la mia giusta strada”. Essendo iperattiva, hai dovuto sacrificare la tua vita privata giovanile?

“Sì, mi rendo conto che in questi ultimi tempi sto sacrificando le amicizie. Sono andata a ballare dopo tanti mesi e mi è sembrato un evento. Oltre al lavoro, seguo anche gli studi universitari”.

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Parliamo dei tuoi impegni attuali. So che c'è stata un'importante esperienza.

“Ho avuto un'esperienza fantastica a proposito della prima edizione del World Beauty Celebrities, ovvero una kermesse internazionale che ha ospitato le live performance delle star mondiali del make up, ideata dal beauty designer Raffaele Squillace. Ho avuto l'onore di essere stata truccata da Stefan Subotic, star del make up internazionale. Sto aspettando inoltre di partecipare alla Fashion Week in Medio Oriente. Nel frattempo come già detto, sto portando avanti gli studi universitari alla sapienza. Con una buona organizzazione riesco”.

Come sei tendenzialmente: organizzata o disordinata?

“Se guardiamo in questo momento la mia camera, potremmo avere dei dubbi ma di base sono organizzata durante la giornata. Sono dritta e metodica”.

Guardando a lungo, hai un obiettivo o preferisci vivere alla giornata?

“Il mio sogno nel cassetto è poter entrare in una redazione Mediaset. Si sa che ad un certo punto i mestieri come il calciatore o la modella, finiscono e magari prendono altre direzioni.”.

Ti piace stare dietro le quinte o affrontare telecamera e microfoni?

“Dietro le quinte, anche se sembra strano, visto che sono abituata a sfilare con un pubblico davanti. Come presentatrice tipo mia mamma proprio non mi ci vedo, invece preparare e curare programmi e testi, sì”.

Nella vita di tutti i giorni, sei attenta alla moda?

“Non particolarmente. Sono acqua e sapone e giro con la tuta e senza trucco”.

Cosa pensa di te tua madre Giò?

“Secondo lei dovrei fare la giornalista che legge il tg, ma non lo sento nelle mie corde, poi tutto può accadere nella vita”.

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Viaggio da Nord a Sud alla scoperta dei più pregiati prosciutti crudi nazionali

Sappiamo bene quanto l’avventurarsi in giro per l’Italia consenta di immergersi in un mondo naturalistico e gastronomico formidabile: e non è casuale la scelta di accostare le parole “natura” e “gastronomia”, ancora oggi strettamente connesse fra loro per contribuire a dar vita a specialità uniche, soprattutto se si parla di alimenti fermentati.

Appartengono a questa categoria tutti quei prodotti per il cui ottenimento è fondamentale sfruttare il lavoro dei microrganismi cosiddetti “utili”, siano essi di natura batterica o fungina: è il caso del vino, della birra, del pane a lievitazione naturale, dei formaggi, e non per ultimi dei salumi, tra i massimi fiori all’occhiello dell’esperienza e del buongusto italiani. Protagonista principale è la carne di maiale, animale abbastanza facile da addomesticare, e anche da alimentare: per questo l’allevamento si è diffuso a partire da diverse razze in varie zone d’Italia, interessando periodi storici anche distinti, ma pur sempre guidando all’applicazione di una metodologia comune per conservarne le carni fresche dopo la macellazione. Le origini della pratica della salagione e della successiva asciugatura del prodotto si perdono nella notte dei tempi: si pensi che già nel I secolo a.C. Plinio Il Vecchio affermava nei suoi scritti “nulla è più utile del sale e del sole". E non v’è dubbio, sia in base alle fonti scritte che ai reperti archeologici rinvenuti (di cui numerosi di origine etrusca), che tra i salumi più ancestrali figurasse il prosciutto crudo (dal latino perexsuctum, ovvero “asciugato”) fra i più magri, saporiti e graditi di tutti i tempi. Il prosciutto crudo, o per meglio dire i prosciutti crudi, nella nostra bella Italia danno vita ad un percorso sensoriale da vivere ed assaporare da nord a sud: se l’ideale è goderne durante un viaggio turistico costruito appositamente sulle migliori tappe del gusto nazionale, oggi tuttavia è possibile reperire, assaggiare e testarne le differenze anche a casa propria, grazie a supermercati sempre più forniti, negozi di specialità gastronomiche o shop online degli stessi produttori all’origine. Si parte dall’estremo nord-est con il Friuli e i suoi a dir poco innumerevoli prosciutti: accanto al celebre, morbido e dolcissimo prosciutto di San Daniele (DOP), ci sono quelli di Sauris (IGP), di Cormons (PAT), del Carso e della Carnia. Prodotti resi unici da allevamento, alimentazione dei suini e pratiche produttive umane, e non di meno dalla coesistenza di venti freddi provenienti dalle Alpi Giulie, di altri temperati e ricchi di salsedine provenienti dall’Adriatico, dell’umidità regalata dal fiume Tagliamento e dai forti sbalzi termici tra giorno e notte. I prosciutti di Sauris e Cormons vengono inoltre sottoposti a speciali trattamenti di affumicatura (tecnica tipicamente austriaca, ma anche teutonica), con legno di faggio il primo, con legni di ciliegio, di alloro ed erbe aromatiche il secondo. Dirigendosi poi verso l’Emilia, il territorio di Parma ha dato i natali al prosciutto DOP più conosciuto

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GUSTO

(e anche imitato) al mondo, ma non solo: a Zibello, nella Bassa Parmense, fascia pianeggiante posta sul lato a sud del fiume Po, è nato il pregiato culatello DOP, ricavato solo da una parte della coscia suina (il fiocco, muscolo che affianca la più grande noce nella zona femorale) e stagionato in grotte. Nell’area marchigiana di Pesaro-Urbino prende invece vita il prosciutto di Carpegna DOP, dal gusto dolce e aromatico, al contrario della sapidità e dal sapore più selvatico dei prosciutti prodotti nella regione opposta, ovvero la Toscana: non a caso qui l’abbinamento migliore per il prosciutto locale è quello con il pane sciapo (senza sale). In Umbria l’arte della norcineria, che prende il nome proprio dal comune di Norcia, dà vita ad un prosciutto a marchio IGP sapido ma non salato, leggermente più speziato per la presenza di pepe nella concia. Più a Sud, i prosciutti di suino nero calabrese e dei “cugini” neri lucani, che stanno espandendo sempre maggiormente la propria fama grazie all’allevamento ancora oggi brado o semibrado che rende le loro carni rivestite da un grasso particolarmente profumato, e la cui consistenza, colore e sapore ricorda quasi i prosciutti iberici (anch’essi sono ideali da tagliare a mano al coltello). Infine, val la pena menzionare l’esistenza di prosciutti crudi tipici particolari, ottenuti da altre tipologie di carni: tra Umbria, Toscana e Alto Lazio è possibile trovarne di cinghiale, mentre in Veneto e Friuli il prosciutto crudo d’oca stupirà senza dubbio i palati più raffinati, nonché chi è sempre in cerca di novità. “Prosciutto crudo” è dunque una definizione che raccoglie al suo interno una molteplicità di prodotti e qualità differenti: a ciascuno il suo preferito, l’importante sarà ricordare di lasciar sempre stemperare 5-10 minuti il salume a temperatura ambiente prima di degustarlo. Occhio però alla stagione estiva, in cui questi tempi si riducono, pena l’affioramento dell’untuosità superficiale sul prodotto (seppur gradita, è bene che non sia mai eccessiva). Quando utilizzate il prosciutto crudo in cucina, soprattutto in paste, risotti, e sformati, abbiate cura di lasciarlo prima asciugare in forno senza aggiunta di grassi a temperatura non troppo elevate (sistemandolo semplicemente su della carta da forno) oppure di lasciarlo appassire dolcemente in un pentolino con un filo d’olio o una noce di burro. Otterrete del prosciutto crudo molto versatile da usare per condimenti, ripieni e rifiniture dei piatti, resi più idonei nella consistenza (morbida) ai fini dell’uso come vero e proprio ingredienti.

La ricetta del mese: Anello di San Daniele

Ingredienti Spaghetti, 500g; Prosciutto crudo San Daniele, 20 fette; Piselli, 500g; Cipolla bianca, 1; Funghi champignon, 500g; Montasio grattugiato, 100g; Tuorli, n. 4; Burro 50g; Farina 00 40g; Brodo vegetale 250 ml; Olio extra vergine d’oliva q.b.; Sale fino q.b.

Preparazione: Spezzate gli spaghetti a metà e metteteli a cuocere insieme ai piselli, in acqua bollente leggermente salata.

Pulite e lavate i funghi. Tagliateli prima a metà poi in fettine.

Tritate la cipolla e mettetela a rosolare in una casseruola insieme a due cucchiai d’olio e ai funghi champignon. Fate cuocere a fuoco medio con il coperchio. Regolate di sale. Quando i funghi sono cotti unite il brodo.

A parte, in un pentolino, fate sciogliere il burro, quando è pronto unite la farina e mescolate bene. Cuocete per qualche minuto e unite il composto ai funghi.

Una volta cotta la pasta, scolatela e saltatela nella casseruola dei funghi aggiungendo, fuori dal fuoco, il formaggio grattugiato e i tuorli. Rivestite l’interno di uno stampo a ciambella con le fette di prosciutto.

Disponete la pasta nello stampo a ciambella. Infornate per 40 minuti a 160°C.

Lasciate riposare prima di rovesciare l’anello sul piatto di portata.

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Ritratti di Donna : CNAO, un tuffo nell’anima di chi era presente

Unire sotto un unico format, dagli alti contenuti umani, Arte, Moda e Musica è ancora possibile e la dimostrazione è stata rivelata lo scorso 8 Marzo 2024 presso la Sala degli Affreschi all’interno dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia, tra la commozione del Presidente della Fondazione CNAO Gianluca Vago e il grande pathos emotivo che ha toccato gli animi di tutti gli spettatori.

Le Lenzuola fornite da Fondazione Maugeri, diventati abiti su indicazione e del Maestro Bressani hanno saputo, attraverso i capi di Nada Nuovo Artista, rapire letteralmente la passerella, dalle immagini delle Opere del Sarto dell’Arte Bressani in omaggio al suo mentore Picasso proiettate sulle forme bianche della stilista indossate dalle pazienti oncologiche trattate da una delle eccellenze Mondiali di Adroterapia del Centro CNAO.

Presentati magistralmente dal conduttore Tv Anthony Peth, si sono alternati momenti di ilarità comica e leggera a momenti più toccanti, dal monologo sulla donna di Laura Formenti, ai ritratti musicali del Maestro Eros Cristiani, ai Ritratti di Donna del Maestro Bressani, in opera fisica presente ed esposta sul Palco e svelata, pubblico stupito dopo uno scambio di battute tra l’artista delle Stoffe e l’artista del pianoforte.

Anche Carolina Marconi Madrina della serata, ha raccontato la sua esperienza oncologica ed ha vestito i colori dell’Opera esposta di Bressani in passerella su uno degli Abiti di Nada Nuovo, ispirati alla “Primavera del Botticelli” per le forme inneggianti il fiore di loto, simbolo di rinascita.

Tra le personalità presenti e il rettore Alberto Lolli, in prima fila, era palpabile la commozione per tutta la durata della serata.

Tantissimi commenti positivi di approvazione hanno confermato l’entusiasmo e la vittoria del grande messaggio presentato. Il Presidente Gianluca Vago, in chiusura di serata, ha consegnato una targa, attestato di stima inspirata all’Opera di BRESSANI che ha fatto la comunicazione della serata, realizzata da CNAO con la stampante 3D del centro, per marcare il senso di innovazione e il desiderio di distinguersi per le eccellenze coinvolte, che si sono chiuse con tutte le modelle in passerella e l’abbraccio del Presidente con il Maestro Bressani, la stilista Nada Nuovo e il Maestro Cristiani.

30 EVENTI CON GUSTO

“Un popolo in movimento”: successo al Foro Italico per la conferenza nazionale ACSI sulla mobilità la sicurezza in bici Lo Sport è finalmente entrato di diritto tra le Leggi dello Stato. La data storica per lo Sport risale al 20 settembre 2023, quando con la seconda e ultima deliberazione da parte della Camera dei Deputati è terminato l'iter legislativo per l'approvazione del disegno di legge costituzionale n. 715-B, che inserisce appunto lo sport in Costituzione: un passaggio epocale per il sistema sportivo nazionale e per l'Italia. Lo scorso 20 marzo il Salone d’Onore del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) ha ospitato una importante conferenza dal titolo “Un Popolo in movimento”, organizzata dall’ACSI – Associazione di cultura, sport e tempo libero, attivissima sin dalla sua fondazione, nel lontano 1960, nel settore della cultura, dello sport e del tempo libero, del turismo sociale. Ad introdurre l’iniziativa ad ingresso libero è stato il presidente Antonino Viti, che dell’ACSI è carismatica guida. L’appuntamento in agenda si era proposto di fornire alcuni contributi di riflessione e di azione su questioni come la riforma necessaria del Codice della Strada, il ruolo delle Regioni e dei Comuni nella valutazione della mobilità in bici, o come garantire la Sicurezza per chi le usa. Un primo fondamentale passo è stato compiuto: è stato riconosciuto da parte della Repubblica il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme, sancito il diritto allo sport ed esplicitata la responsabilità dello Stato nel promuovere politiche attive e nel destinare investimenti pubblici a favore dell'attività sportiva. La strada da fare è però ancora lunga: lo Sport in Costituzione rappresenta la tappa iniziale di un percorso che auspica lo ‘sport per tutti e di tutti’, al fine di migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità. La cultura del movimento nel nostro Paese non è stata altresì ancora pienamente garantita, e trasformare il riconoscimento del valore in un diritto da garantire a chiunque, partendo dalle persone più in difficoltà e dalle periferie urbane e sociali, è la direzione su cui l’ACSI continua a dibattere: il convegno “Un popolo in movimento” ha provato, riuscendoci, a sollevare svariate questioni e a tentare di fornire adeguate e concrete risposte. Presenti all’appuntamento numerosi rappresentanti istituzionali e relatori prestigiosi provenienti dai campi di indagine protagonisti. Qualche nome tra i moltissimi intervenuti: Roberto Sgalla (Presidente Formula Bici), Emiliano Borgna (Vicepresidente e Responsabile Settore Nazionale Ciclismo ACSI), Pier Augusto Stagi (direttore Tuttobiciweb). Intervenuta una nutrita rappresentanza di alunni del Chris Cappel College di Anzio, guidata dalla Dirigente scolastica Dottoressa Daniela Pittiglio e dal docente di Scienze Motorie e Sportive Nicola Spadea (neo campione mondiale della specialità freestyle dallo scorso 4 gennaio, quando ha conquistato il titolo iridato nelle acque australiane di Perth.) Presenti dalla Fondazione Christian Cappelluti ONLUS i coniugi Franco e Adriana Cappelluti, genitori del compianto Christian, a cui il College è dedicato. L’ACSI ricordiamo essere riconosciuto dal CONI e dal Ministero dell’Interno quale Ente Nazionale con finalità assistenziali; è un Ente Nazionale di Promozione Sociale iscritta nel Registro Nazionale delle Associazioni di Promozione con decreto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ai sensi della legge n. 383 del 2000, e dal novembre del 1999 è membro effettivo dello CSIT (Confederation Sportive Internationale Du Travail – International Labour Sports Confederation), organismo internazionale di sport per tutti riconosciuto dal CIO.

Per ulteriori info: ACSI – Via Ostiense 160/E – 00154 Roma - tel. 06 68100037 – info@acsi.it – www.acsi.it

I EDIZIONE Premio Nazionale “NINA MAROCCOLO”

La Casa Editrice Pagine ha inaugurato la prima edizione del Premio Letterario “NINA MAROCCOLO” in onore e ricordo della brava scrittrice, performer e artista visiva fiorentina, ma romana d’adozione, scomparsa lo scorso anno (Massa, 1966 – Roma, 2023). La consegna del Premio, articolato in 2 sezioni (Poesia, Narrativa), si è tenuto a Roma il 28 febbraio scorso presso lo storico TEATRO TORDINONA in via degli Acquasparta nr. 16. La giuria del Premio Nina Maroccolo: Sabino Caronia, Teresa Coratella, Anna Maria Curci, Marco Palladini, Marzia Spinelli, Daniela Stoyanova, Plinio Perilli. La giuria ha espresso i suoi verdetti, sia per la poesia che per il racconto. Per la Poesia, vincitori Enea Roversi, Alba Toni, Gian Piero Stefanoni. Per il Racconto, vincitori Tiziana Colusso, Licia Ugo, Elisabetta Biondi della Sdriscia. Segnalazione speciale a Peppe Denaro e Lucio Macchia per la “verve” squisitamente filosofica dei loro elaborati. Il premio è stato animato e sponsorizzato dalla Casa Editrice Pagine (Letizia e Luciano Lucarini).

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ITALIANI

GIROLAMO PANZETTA

L’ITALIANO PIÙ FAMOSO NEL SOL LEVANTE

Ha condotto su NHK Educational Television*, per più di quindici anni, Itariagokaiwa**, un programma per l’insegnamento della lingua italiana in Giappone. Personalità poliedrica, ha saputo plasmare la sua vita professionale facendosi strada in settori diversi. Oltre al presentatore televisivo, è stato attore, telecronista, doppiatore, opinion leader. E ancora, si è distinto nel campo della moda e della ristorazione. E’ poi apparso per ben centocinquantuno volte sulla copertina della rivista di moda uomo Leon, entrando nel guinness dei primati.

Da un’indagine condotta in Giappone nel 2006, è risultato l’italiano più famoso del Sol Levante, preceduto solo da un nome di assoluto riguardo: Leonardo da Vinci. Lui si chiama Girolamo Panzetta, ed è originario della provincia di Avellino. Lo abbiamo raggiunto per capire se è l’italianità in lui ad avere trionfato, ovvero le peculiarità personali ad avere determinato il suo successo.

L’essere italiano ti è giovato per esprimerti nei vari ambiti professionali? “Sì, direi che ha influenzato tutto il mio lavoro in Giappone, dove ho avuto a che fare con una realtà nuova che mi dava, e ancora mi dà, tanta energia. Le mie origini avellinesi-napoletane, per esempio, mi hanno spinto a presentare la cucina italiana - che pure era già nota - in modo diverso dagli altri, con allegria, imparandola io stesso, visto che mi era familiare soprattutto quella campana. Grazie alle ricerche fatte, ho scoperto l’Italia dal nord al sud, le sue ricchezze culinarie, le bellezze culturali che non conoscevo quando ci vivevo. Come un avventuriero che trova il paradiso e lo descrive al mondo, la riscoperta dell’Italia mi ha dato la forza e la felicità di dire a tutti quanto è bello il

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nostro Paese! Mi ha fatto crescere la voglia di visitarlo. Una energia particolare, come una magia, che mi fa amare l’Italia ancora di più”. Il giapponese medio ha un carattere riservato, schivo. Tu, invece, da campano verace sei spassoso, simpatico, romantico. Chi ti ha accusato di avere creato lo stereotipo dell’italiano medio sa anche che sono proprie queste tue caratteristiche ad avere conquistato il cuore dei giapponesi?

“Quando fai un lavoro come il mio e sei in prima linea, ci sarà sempre qualcuno invidioso. La cosa strana è che tutto questo non viene dai giapponesi, ma da certi italiani che neppure mi conoscono! Alcuni dicono che rappresento lo stereotipo italiano, e non hanno mai letto i libri che ho scritto, né visto che cosa ho fatto. Ma non importa, non ci faccio più caso, perché alla fine contano i risultati e la gente che ti vuole bene. Sono

trentadue anni che lavoro in questo paese; non è semplice stare sulla cresta dell’onda tanto tempo, devi studiare e avere novità da proporre”. Come sei arrivato in TV?

“All’inizio, mi sono sottoposto a un provino e mi hanno preso. Ma non vai da nessuna parte, se non hai talento. Ho lavorato sempre con grande impegno ed è arrivato il successo. E’ una cosa che può giungere all’improvviso, però poi ci vuole perseveranza, e la capacità di intuire che cosa vogliono le persone. Nello stesso tempo, devi far arrivare il giusto messaggio. In Giappone c’è un’espressione, Kuki Yomu, che significa percepire nell’aria la scelta da fare. Devi sentire la cultura locale ed esprimerla a modo tuo, da italiano. Io come personalità non sono cambiato, ma ho imparato a prendere il treno giusto. Ho costruito, ho fallito, ho fatto tante cose. La cosa bella, adesso, è che riesco a esprimere al cento per cento quello che sono”.

E’ stata tua moglie, Kikuko Yazawa, a trascinarti in Giappone, o è in questo Paese che tu l’hai incontrata?

“L’ho incontrata qui come in una favola. Come in una favola, mi sono radicato in Giappone”. Hai anche al tuo attivo la scrittura di diversi libri, tra cui “Il Paradiso degli italiani” (Gokuraku itariagin ni naru hoho). Puoi dirci qualcosa al riguardo?

“Si tratta di tre libri, short story e libri di cucina. Due sono stati bestseller, e mi hanno dato la spinta a continuare”.

Nel 2006 ti è stato conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia, qual è stata la motivazione?

“Il Presidente Scalfaro mi ha conferito tale onorificenza per la diffusione della cultura italiana in Giappone e in Asia. Immagina che, dopo che ho scritto il libro “Il Paradiso degli italiani”, una cittadina che produce somen un certo tipo di pasta, mi chiese di fare un gemellaggio con la città di Gragnano, la patria della pasta. I giapponesi sono bravi a cucinarla, esiste un termine hago dai che è molto simile al nostro al dente. Inoltre, anche loro ne hanno diversi tipi: somen, udon, ramen”. Progetti per il futuro?

“Ecco, le campagne giapponesi sono pieni di vecchi e io voglio riportarci i giovani. Intanto, sto coltivando il riso organico, sono stato tra i primi in Giappone!”.

Lasciamo Girolamo Panzetta convinti che ce la farà anche stavolta. Quale leader d’opinione, la sua influenza potrebbe riuscire pure nell’intento di ripopolare le aree rurali del Sol Levante, che negli ultimi decenni hanno subito un grosso problema di spopolamento.

* Servizio pubblico radiotelevisivo giapponese

** Conversazioni in italiano

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NON SOLO ARTE

NORMA VALENTI

“BISOGNA CREDERE SEMPRE

NEI PROPRI SOGNI”

“Bisogna credere sempre nei propri sogni” ci dice Norma Valenti in questa intervista, la pittrice che scrive poesie, danza e ha pubblicato un piccolo volume sulle fate per bambini. Provate a scoprirla nella sua dimensione umana e artistica come un’idea per vivere.

Chi è Norma Valenti?

“Una persona entusiasta della vita, sognatrice a occhi aperti, romantica al punto giusto, si lascia sedurre dalla poetica e dalla pittura dei Preraffaelliti. Ama coniugare pittura e poesia per ogni quadro che dipinge, colleziona fate e si diletta con la danza del ventre che ha ripreso dopo una decina di anni. Al suo attivo c’è un piccolo volume di storie sulle fate per bambini e 4 raccolte poetiche. Le piace l’arte a tutto tondo”.

Come è iniziata la tua pittura?

“La pittura è iniziata tre anni fa, rispolverando dai cassetti della memoria una vecchia passione ho ripreso tela e pennelli ed è stato un crescendo di emozioni”.

Pittrici si nasce o si diventa?

“Sicuramente entrambe le cose, ci deve essere una sensibilità nell’anima per dipingere, in maniera tale da far arrivare alle persone quello che noi vediamo sulla tela”. C’è una magia segreta che ispira i tuoi quadri? Un esempio?

“A volte magicamente ascoltando una musica oppure leggendo un libro che poi di getto riverso sulla tela, il mio ultimo quadro l’ho dipinto ascoltando ‘Rapsodia in Blu’ di Gershwin”.

Qual è il ruolo dell’artista in una società satura di convenienze e convenzioni?

“Dipende dall’artista con quale spirito interagisce con la società, l’importante che sia libero di seguire la propria arte con passione, naturalezza e armonia”.

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In quale quadro andremo a finire?

“In quello che dovrò ancora dipingere”.

Come scegli i colori e la loro pennellata nei tuoi quadri?

“Sono molto istintiva, pennellate materiche e profonde, dipende anche dal soggetto da dipingere, amo il blu, il rosso, il nero e l’oro”.

C’entra lo yoga nella vita individuale e sociale di un messaggio artistico?

“Personalmente ritengo che c’entri molto, infatti quando dipingo lascio fuori tutto il resto, si è connessi con se stessi, uno dei miei quadri l’ho intitolato Fusione Spirituale, un altro ancora Blu Zen”. L’essere umano è corpo e spirito: dove trovano l’equilibrio?

“Nella società in cui viviamo è molto difficile trovare l’equilibrio, ma per fortuna ogni persona può trovarlo nella musica, nella pittura, facendo meditazione, a volte anche una semplice passeggiata a contatto con la natura può donarci serenità”.

Cosa puoi dire di te agli altri per salutarli?

“Bisogna credere sempre nei propri sogni con audacia, ardore e passione perché a volte possono realizzarsi e fanno volare in alto”.

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STEFANO SCIACCA

“LA SOLA RICCHEZZA CHE CONTI” IL POTERE MAGICO DELLA SCRITTURA

Stefano Sciacca, laureato in giurisprudenza all’Università di Torino, ha studiato Human Rights Law presso la University of Oxford e collaborato con l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale. È stato consigliere della Fondazione Culturale di Noli per la quale ha curato conferenze e mostre (Tracce di Realismo a Noli, 2015) e autore di romanzi (Il Diavolo ha scelto Torino, Robin 2014), di saggi di critica cinematografica (Fritz Lang, Alfred Hitchcock: vite parallele, Falsopiano 2014; Prima e dopo il noir, Falsopiano 2016), di sceneggiature (Suicidio allo specchio, finalista ToHorror Filmfest 2018) e di video sulla storia dell’arte e del cinema (Cinema e Psiche: Il manipolatore, 2018; Gum sul canale Youtube Valiant). Con Mimesis ha pubblicato Sir William Shakespeare, buffone e profeta (2018), L’ombra del passato (2020) e, di recente, La sola ricchezza che conti (2023).

Stefano, ne “La sola ricchezza che conti” l’investigatore privato Michele Artusio – già protagonista de L’ombra del passato – torna a raccontare un episodio della sua giovinezza. È corretto sostenere che la scelta della narrazione in prima persona in questo secondo romanzo non si riduce solo a una mera questione stilistica?

“Certamente sì. Ne ‘L’ombra del passato’ intendevo unicamente costringere il lettore ad aderire alla prospettiva soggettiva del protagonista, a calarsi nella sua intimità e a dialogare direttamente con la sua coscienza, che rappresentava, per così dire, un personaggio a sé stante. Del resto, non si trattava di un giallo – nel quale, si sa, occorre fornire al pubblico gli indizi per la soluzione dell’enigma nella maniera più obiettiva possibile – bensì di una vicenda thriller in cui la speranza di riuscire a emozionare chi legge, ora facendogli

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trattenere il fiato, ora strappandogli una risata, era affidata proprio al diretto coinvolgimento nelle traversie esteriori e interiori del personaggio. Questa soluzione imponeva però di prevedere che fosse lo stesso Artusio a scrivere un resoconto delle proprie avventure e La sola ricchezza che conti rivela esattamente come e perché un rude uomo d’azione si è avvicinato alla macchina da scrivere. In altre parole, la spiegazione della soluzione stilistica adottata nel primo romanzo ha offerto l’occasione per svolgere nel secondo una riflessione sulla forza irresistibile dell’impulso creativo che può indurre qualunque individuo a divenire scrittore, non per mestiere ma per necessità, non per gli altri ma per se stesso. Ormai anziano, Artusio scrive le sue memorie per provare appunto a se stesso di aver vissuto, per esorcizzare la paura di dimenticare chi è stato, per ricordare e attraverso il ricordo rivivere”.

A questo proposito, che rapporto intrattieni tu con la scrittura e con i ricordi?

“Lo definirei identico a quello di Artusio, con il quale anche in conseguenza del ricorso alla narrazione in prima persona ho evidentemente finito per simpatizzare sino a confondermi. Proprio come lui sono convinto che i ricordi siano la sola ricchezza che conti, l’unica che possiamo davvero possedere. Scrivere è il mio modo di preservarli e comporta un investimento personale che determina il carattere inevitabilmente autobiografico dei miei libri. Perciò finisco sempre per parlare di me stesso e di coloro che amo e che porto dentro di me, sotto forma di idea e appunto di ricordo”. Si potrebbe quindi dire che il romanzo – tanto per Artusio, quanto per te – costituisce una testimonianza. Sei d’accordo?

“Assolutamente sì, entrambi scriviamo per sfogare il bisogno di dare espressione alla nostra interiorità, di raccontarci. Ed entrambi, nel farlo, ci rivolgiamo idealmente a coloro ai quali speriamo di lasciare in eredità la migliore imma-

gine di noi”.

Francamente sarebbe stato difficile attribuire al protagonista de “L’ombra del passato” la medesima aspirazione. Non temi che l’evoluzione caratteriale delineata ne La sola ricchezza che conti possa spiazzare il pubblico?

“L’autore de ‘La sola ricchezza che conti’ risulta indubbiamente più maturo e tormentato di quello de ‘L’ombra del passato’: in altre parole, più persona e meno personaggio. E ciò, oltretutto, a dispetto della circostanza che al momento della vicenda narrata egli fosse, rispetto al protagonista de ‘L’ombra del passato’, più giovane e più inesperto. Questo significa anche più ingenuo e, quindi, più vulnerabile alla speranza e all’amore. E infatti ne ‘La sola ricchezza che conti’ – che, come ha sottolineato Pontiggia, è romanzo di formazione e al contempo di deformazione – Michele Artusio sperimenta quanta sofferenza possa comportare amare e, per l’avvenire, sceglie di impegnarsi all’indifferenza. Ecco spiegata la maschera indossata ne ‘L’ombra del passat’o, in effetti diversa dal volto del protagonista de ‘La sola ricchezza che conti’. Riconosco dunque che il rischio di discontinuità c’è, ma credo fermamente che andasse

comunque corso per celebrare il potere magico della scrittura, attraverso la quale si cresce, si matura, si riesce a rielaborare il lutto e persino a esorcizzare la paura di morire. Infatti, se è vero che il protagonista del secondo racconto involve in quello del primo, non è meno evidente che il narratore de ‘L’ombra del passato’ è evoluto in quello de ‘La sola ricchezza che conti’ ed è appunto questa evoluzione autoriale che mi sono ripromesso di celebrare attraverso il nuovo romanzo”.

Dopo essersi sperimentato come scrittore nel resoconto di un’indagine che nonostante tutto aveva scosso la sua coscienza investigativa – quello del prezioso e maledetto diadema Romanov, macchiato del sangue dei deportati ebrei – Artusio si è sentito finalmente pronto ad affrontare sulla pagina il trauma giovanile di un grande amore tragicamente avversato dal destino. Eppure non c’è alcuna traccia di rabbia o di risentimento, ma solo la tenerezza che un uomo ormai anziano riserva al ricordo del passato, riconoscendo che proprio quel ricordo per quanto doloroso costituisce in definitiva la sola ricchezza che conti.

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ALESSANDRA TROTTA

“Q UEL VOLO DELL’A NGELO CHE ...”, STORIA DI UN FRATELLO CHE NON È MAI ANDATO VIA

Nata a Roma, nel 2012 diventa giornalista professionista. Collabora da diversi anni con Rai Radio 1. Nel 2017 inizia ad abbracciare l’avventura della scrittura pubblicando con Europa Edizioni un libro di poesie “Un amore di poesia”. Nel 2018 pubblica, questa volta con la casa editrice Gruppo Albatros, il romanzo “Personaggi alla ricerca della pistola fumante” affrontando il tema delicato della violenza di genere. Nel 2019, sempre con il Gruppo Albatros, esce il suo romanzo fantasy “ La vera dimenticanza”. Due anni dopo, nel 2021, con la stessa casa editrice, pubblica un libro cosiddetto di inchiesta sulla figura delle donne, accennando e riprendendo brevemente un argomento che già aveva trattato: la violenza di genere… il titolo “Donne in e… dentro la storia”.

Alessandra Trotta non si ferma mai! Infatti, nel frattempo, ha cominciato a collaborare con un giornale online News-24.it. E per non farsi mancare nulla ha iniziato a recensire libri per chi come lei è affascinata da questo mondo. In uscita, nel 2022, un libro di approfondimento sulla storia dei mass media attualizzando il tema ai tempi del Covid 19: “Mass media dalle origini ai tempi del confinamento”, Albatros edizioni. Questo saggio è stato scelto come testo divulgativo dalla Scuola di Giornalismo di Perugia ed altri Atenei.

In questo 2024 pubblica “Quel volo dell'angelo che...”, tratto da una storia vera edito da Albatros edizioni. Alessandra, parlaci di quest’ultima tua opera. Qual è il filo conduttore?

“Quanto è importante provare ad avvertire intorno a sé un’aroma, un profumo, un oggetto che ci dimostri la vicinanza di una persona che non è più presente? Sicuramente tanto: è qualcosa che dà forza, ed è così anche per Alex, che attraverso segnali di diverso tipo ritrova costantemente accanto il fratello Andrew, suo vero e proprio Angelo custode. Ripercorrendo i dolori e le gioie, lo sconforto e la tenacia, i dubbi e le speranze, questo ‘incontro’ intenso e particolare che ne scaturisce finisce per diventare per estensione una metafora della vita stessa”.

Quando c’è stata la presentazione ufficiale?

“Il 26 febbraio presso la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, in via delle Botteghe Oscure a

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Roma, c'è stata la presentazione di questo sesto libro. Ho avuto l’onore di avere come relatori il dottor Filippo Anastasi, giornalista e scrittore, e il Generale della Guardia di Finanza Umberto Rapetto, giornalista scrittore e docente. Sono state fatte delle recensioni uscite sul Messaggero e sul Corriere della Sera che potete trovare sul mio sito alessandratrotta.net. Anche la Federazione ha redatto una bella recensione e un reel sui social”.

Ne ha parlato anche il TG1, vero? “Sì, Angelo Polimeno Bottai, e anche questo è presente sul mio sito. Il dottor Filippo Anastasi ha definito questo mio libro un saggio filosofico-metafisico. I due protagonisti principali Andrew e Alex riprendono la mia vita e di mio fratello che non c'è più… Pensavo di scrivere un romanzo ma è stato questo l'appellativo che ha sottolineato Anastasi”.

neta così piccolo. La sua generosità è eccessiva. Proietta emozioni confuse, ma deliberatamente confuse. Si interrompe il titolo così come si interrompe l'esistenza del protagonista. Tutti vorrebbero rivederlo qui. E' un effetto sismico delle emozioni che diventano la forza per gli altri. Estrema generosità verso la protagonista. Si vuole lasciare spazio a chi serve e vuole raccontare quel bene che è rimasto nel ricordo. Solo chi ha coraggio dicono fa quello che ha fatto il protagonista. Ovunque ci troviamo su questa Terra, non siamo mai soli”.

Alessandra, a chi dedichi questo libro?

“Ad un solo protagonista: mio fratello Andrea scomparso dieci anni fa. Nella finzione romanzesca realtà e fantasia si fondono: lui diventa Andrew ed io Alex. Anche i particolari biografici mutano, si deformano, si sfilacciano. Ciò che conta è attraversare la terra desolata, affrontare la vita e le sue sfide, alla ricerca di un ricordo che non è mai soltanto tale, ma diventa la terra che abbiamo sotto i piedi, la nostra solidità. Perché il fluire quotidiano del vivere è mosso talvolta dal soffio del dolore e il faro della memoria è una speciale lente”. Andrew/Andrea diventa l'angelo custode che circonda la narratrice/autrice con la sua protezione.

Qual è il senso di questo racconto?

“Un viaggio nell'anima che parte dall'angelo con un profumo a distanza che attira le persone verso la conversione, un viaggio nell'inconscio guidato dall'angelo che entra nell'anima dell'autrice. Andrew è una figura martellante verso Alex. Andrew è una persona vera. Andrew c'è sempre... consiglia, spiega e guida in bene è un gioco di specchi. Dove inizia l'una e finisce l'altro. E' un gioco introspettivo. Alex è un uomo o è una donna? Simbiosi fraterna. Poi c'è Giuly in chiaroscuro, ha un segreto...ma quale? Sogno che diventa realtà. C'è poi un padre padrone e una madre rassicurante e presente”.

Qual è stato il pensiero del Generale Rapetto, anche lui un grande appassionato di scrittura?

“Lui ha commentato così: ‘il titolo che si interrompe come la vita di Andrew. Persona che era troppo per questo pianeta. Troppo sensibile. Le emozioni si intrecciano... c'è qualcosa che si capovolge. Andrew era troppo grande per questo pia-

“Andrew guida i miei passi e custodisce la mia vita. Conosce ogni mio pensiero pesa la mia sofferenza e la mia gioia, mi aiuta a realizzare quanto più desidero. Tutto inizia con una fragranza particolare che avverto della sua presenza. In fondo la realtà non è altro che un ponte verso l'ignoto. Sembro voler andare oltre raccontando gli affetti onnipresenti, immanenti che tuttavia non ci sono più. I miracoli di cui è costellata inaspettatamente la vita. La certezza che una schiera di esseri trascendenti veglia su di noi e ci guida dalla nascita fino al giorno in cui lasceremo la vita terrena per ritornare nel mondo dello spirito. Attraverso Andrew, le sue passioni, l'ossessione per July e per il Giappone riconosciamo le nostre stesse passioni, le nostre stesse potenzialità. Ciò che conta è sempre cosa c'è dietro. Perché la vita quotidiana è piena di misteri, di piccoli e grandi eventi che sfuggono a qualsiasi spiegazione razionale. Ma non dobbiamo pensare a un testo onirico, fantastico. Lo stile narrativo è filosofico-lirico teso alla ricerca di una verità emotiva e personale, l'unica che abbia un qualche valore, l'unica possibile. In fondo sono le piccole esperienze che ci hanno colpito profondamente a poter diventare universali”.

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Zizzania

Marco Boccia affronta in modo dissacrante e pungente il tema della mafia, nel suo romanzo “Zizzania”.

La penna arguta, brillante e colta dell’autore ci consegna un ritratto del sistema mafioso quanto mai spregevole e volgare, attraverso una narrazione irriverente e lontana dai luoghi comuni. Il romanzo diverte, nel senso etimologico del termine, proponendo una riflessione apparentemente semiseria, ma in realtà profonda – diretta e cruda.

La storia è ricca e caratterizzata da innumerevoli intrecci e irresistibili colpi di scena; i personaggi, molto ben delineati, sono difficili da dimenticare; la trama si sviluppa attraverso un equilibrio magistrale tra commedia e tragedia. Siamo in un luogo immaginario della Sicilia orientale, dov’è tempo di elezioni. A decidere chi indosserà la fascia di primo cittadino sarà Don Gaetano Sacramento, il vecchio boss rinchiuso da anni in carcere, che con un sistema ingegnoso e innovativo - che supera i tradizionali pizzini, guida e governa la comunità di Stordìa a Mare. Ma Manfredi, un giovane del tutto estraneo a queste logiche, porta caos e scompiglio – ribaltando l’ordinaria prevedibile successione degli eventi…

Nemici fraterni

Il nuovo romanzo di Alfredo Alvino, “Nemici fraterni”, è un efficace e coinvolgente affresco storico dell’Italia preunitaria. Più precisamente, ci troviamo alle porte di Napoli - nel 1848 - nel fondo A’ Melella, proprietà del conte Ruotolo di Chiaiano. Tra i suoi figli e quelli dei coloni non c’è alcuna separazione, nessun filtro a creare differenze: i ragazzi crescono in armonia e semplicità. È questo il contesto in cui matura il rapporto fraterno tra Federico, figlio maggiore di uno dei coloni, e Turillo, figlio del conte.

Un’amicizia profonda, che sarà messa a dura prova da un gravissimo fatto di sangue, e dalla Storia - quella che porterà all’unità d’Italia, e che trasformerà i due giovani in nemici: Federico, costretto a darsi alla macchia, si arruolerà poi nelle truppe garibaldine; Turillo, avviato alla carriera militare, diventerà ufficiale della Gendarmeria Borbonica.

Gli amici/nemici si ritroveranno schierati su due fronti diversi, l’uno contro l’altro, nella battaglia del Volturno… Il romanzo è caratterizzato da un felice intreccio narrativo, che vede sovrapporsi i set in piani paralleli che

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sanno confluire in un finale coerente e armonico. Un grande affresco storico, ma anche una profonda analisi psicologica e sociale dei protagonisti, che rende la storia interessante e mai banale, facendo in modo che il lettore entri in empatia con l’autore e i suoi personaggi.

Caterina D’Aragona Dignità e coraggio

Dopo il romanzo dedicato ad Anna Bolena, Cristina Penco tratteggia il profilo di un'altra donna - che possiamo considerare uno dei primi esempi di empowerment femminile: Caterina d'Aragona. Nel libro Caterina d'Aragona. Dignità e coraggio, l'autrice ci svela un’immagine insolita e poco nota della regina - ripudiata e umiliata dal marito, Enrico VIII. Una figura, quella della Trastámara, che negli ultimi anni è oggetto di un percorso di rivalutazione, grazie anche a film e serie televisive, in cui viene sottolineata la sua forza e determinazione, il coraggio e la personalità indomita - nutrita dalla dignità, la fede e la virtù. Figlia dei sovrani cattolici Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, fu la prima donna in Europa a ricoprire l’incarico di ambasciatrice a corte; instancabile nella carità cristiana, e altrettanto capace di vincere sul campo di battaglia, Caterina dovette farsi largo in una società di soli uomini (potremmo utilizzare tranquillamente il termine “patriarcale”)scontrandosi con i loro crudeli giochi di potere.

Raccontata quasi esclusivamente dalla prospettiva della vittima, la regina è stata invece una grande protagonista del suo tempo, un esempio di leadership femminile in un sistema sociale che relegava le donne – finanche le regine – a ruoli di ancelle e subordinate ai coniugi.

Delle sei mogli di Enrico VIII, Caterina fu la preferita dei sudditi, che continuarono a rispettarla e amarla come una delle più illuminate e colte sovrane del Cinquecento.

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FILIPPO THIERY

IL METEOROLOGO DI “G EO ”

CON LA PASSIONE PER LA NATURA E LA ROMA

Incontriamo il meteorologo Filippo Thiery, dal 2012 volto familiare della trasmissione di Rai 3 “Geo”. Dalla formazione scientifica fino alla divulgazione, Filippo ci racconta di lui e delle sue passioni tra le quali incontriamo anche la sua fede giallorossa. Buona Lettura!

Innanzitutto vorrei che ci raccontassi qualcosa di te chi è Filippo?

“Filippo è una persona lusingata della tua attenzione, e del fatto di ritrovarsi intervistato per un un magazine nazionale, per cui grazie di cuore per questa opportunità, per me davvero inattesa, oltre che gradita! Per il resto, ho quasi 54 anni, sono nato e vivo a Roma, sono un meteorologo, e dal 2002 lavoro al Dipartimento nazionale della Protezione Civile, dove mi occupo principalmente di previsioni operative, sia nell’ambito del sistema di allertamento meteo-idrologico, cioè delle attività di prevenzione non strutturale del rischio (ovvero, in sintesi, dell’obiettivo di salvaguardare le vite umane), che nel fornire il supporto meteo alle squadre e ai team impegnati nei difficili scenari di contrasto alle varie emergenze e catastrofi. In precedenza, quindi parliamo di tempi lontani, ho svolto attività di ricerca sui cambiamenti climatici presso l’ENEA e ho insegnato Matematica e Fisica nelle scuole superiori. Inoltre, dal 2012 sono il volto della quotidiana rubrica meteorologica di Geo, lo storico programma di divulgazione ambientale e naturalistica di Rai3, condotto da Sveva Sagramola ed Emanuele Biggi. Per quanto riguarda la mia storia di vita precedente, come prima cosa direi che i miei genitori, pur essendo entrambi di formazione letteraria, mi hanno abituato alla curiosità per la conoscenza a 360 gradi e motivato a un approccio scolastico svincolato dagli steccati fra discipline umanistiche e scientifiche; mi hanno inoltre insegnato il valore dell’incontro e della contaminazione fra culture diverse, e contagiato l’interesse di guardarsi attorno alla ricerca di cose belle, la passione di imparare cose nuove, il fascino di viaggiare in modo semplice, lento e sostenibile, apprezzando tanti i paesaggi e la Natura quanto

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l’Arte e la Storia dei luoghi, l’importanza dello studio per capire il mondo e quella di raccontare i propri pensieri ed emozioni anche coltivando linguaggi diversi, per esempio trasmettendomi la passione per la fotografia. Dopo la Maturità scientifica mi sono iscritto al corso di Laurea in Fisica, alla Sapienza di Roma, dove mi sono trovato di fronte all’incredibile privilegio di poter seguire i corsi di professori come Giorgio Parisi, Angelo Vulpiani, Miguel Angel Virasoro, Daniel Amit, Carlo Di Castro, scienziati di eccellenza planetaria, in particolare nel campo della Meccanica Statistica e dei sistemi complessi, ambito della Fisica di enorme fascino, anche per l’alta matematica che viene introdotta e utilizzata: la pazzesca opportunità di inanellare esami con nomi di tale livello, e la parallela passione che via via maturavo per quel campo della disciplina, mi hanno guidato nella scelta di un piano di studi, e della tesi di Laurea, in Fisica Teorica della materia. Questo anche se avevo già maturato, nel frattempo, il desiderio di cercare lavoro nel campo della Meteorologia, volendomi spendere in un ambito più legato allo studio e all’osservazione dell’ecosistema terrestre, proposito che poi ho mantenuto, trovando fra l’altro grande appoggio, nel portarmi dietro le basi fisico-matematiche di quell’esperienza universitaria da capogiro. Naturalmente, la passione per i fenomeni fisici e gli habitat naturali mi pervade anche nella vita personale, dal dedicare i ritagli di tempo libero all’osservazione e alle foto del cielo e dell’ambiente (fortunatamente Roma, nonostante il caos che la rende invivibile, è una della città europee più ricche di verde e di biodiversità), alla scelta di dove concedermi fughe e vacanze: ho un rapporto viscerale con la montagna e con la selvaticità, a partire dai boschi dell'Appennino abruzzese a cui sono molto legato, ma in generale amo la Natura in tutti i suoi ambiti, paesaggi ed ecosistemi”.

Come ti sei avvicinato alla Meteorologia? Era già una tua passione da bambino?

“No, da bambino e adolescente, come capita a molti a quell’età, ero più un appassionato (al giorno d’oggi si direbbe un nerd) di argomenti tecnologici e spaziali, non proprio nel senso classico di “voler fare l’astronauta”, ma di provare interesse e meraviglia, da un lato, per l’improvvisa irruzione che fece l’informatica nella nostra vita quotidiana (erano gli anni dei primissimi home computer, che portarono nelle case delle persone un mondo e un linguaggio, fino ad allora, completamente oscuri a chi non ne fosse specialista per lavoro), e dall’altro per come l’umanità stava intraprendendo la grande avventura nell’esplorazione del Cosmo, e per le scoperte scientifiche che la nostra specie iniziava a fare, spingendo lo sguardo così lontano. Ero agli inizi delle elementari, quando vennero lanciate le due sonde Voyager (che oggi viaggiano nello spazio interstellare, giunte rispettivamente a 20 e 24 miliardi di km dalla Terra), non era passato neanche un decennio dalla missione Apollo 11 che portò il primo sbarco sulla Luna, ed erano trascorsi appena una quindicina d’anni dal primo volo nello Spazio di Jurij Gagarin… tutto questo fa letteralmente venire la pelle d’oca, anche se, detta così, mi fa sembrare più vecchio di quello che sono! Ricordo come fosse oggi, in quinta elementare, l’emozione davanti alla TV, assistendo al decollo per il primo volo spaziale dello Space Shuttle, per non parlare, cinque anni dopo, della memorabile diretta notturna della Rai, condotta da Piero Angela, in occa-

sione dell’ultimo passaggio della cometa di Halley al perielio, con le immagini provenienti dalla sonda Giotto, che si era avvicinata a meno di 600 km dal nucleo della cometa… pensa che, da quel giorno del 1986, è trascorsa esattamente metà dei 76 anni di attesa per il prossimo passaggio! Perdonami, sto divagando… ma fino a un certo punto, perché il momento più profondo, struggente e mozzafiato, nella grande avventura dell’esplorazione spaziale, è quello in cui si volge lo sguardo all’indietro, verso casa, ammirando il pianeta Terra fluttuare nel buio, avvolto da quel sottile e prezioso guscio, la sua atmosfera, capace di rendere queste meravigliosa palla azzurra, sospesa nell’immensità del Cosmo, un luogo singolare ed esclusivo, l’unico in grado di ospitare la vita, nell’intero Universo che ci sia dato di conoscere. E’ un pensiero pazzesco, non è vero? Fra i poster che erano appesi nella mia cameretta da bambino, c’era quello della prima immagine ripresa al nostro pianeta, nel dicembre del 1977, dal Meteosat-1 (cioè dal satellite inaugurale della prima costellazione di satelliti geostazionari europei, ora siamo arrivati ad avere in orbita il primo Meteosat di terza generazione). Ecco, quell’incantevole finestra dallo Spazio, sul globo terracqueo e sulle nubi che lo circondano, grazie ai progressi della Scienza e della tecnica, era stata già aperta ai miei occhi negli anni dell’infanzia, e il proposito di dedicarmi alle vicende dell’atmosfera, scelta poi maturata razionalmente durante gli anni universitari, affonda certamente le sue radici in quel vecchio poster in bianco e nero, che tutt’ora conservo gelosamente, e nel senso profondo che racchiudeva. Credo che il motivo per cui, nel momento di scegliere in quale ambito dirigere la mia vita professionale, ho scelto con convinzione la Meteorologia, è perché si tratta di un campo capace di mettere insieme la passione per il rigore e l’eleganza della Fisica e della Matematica con l’amore per l’incanto dei fenomeni naturali e l’attenzione per la preziosità dell’ecosistema: insomma, occuparsi dell’atmosfera terrestre vuol dire coniugare due ambiti di straripante e struggente bellezza”. Ormai se la presenza costante nel programma “Geo”. Ti piace l’interazione che hai sia in studio che con le persone che ti seguono da casa?

“Mi piace davvero molto, e non potrebbe essere altrimenti, perché sia le persone che ogni giorno danno vita alle puntate di Geo, cioè tutta la squadra il cui lavoro ruota attorno alla realizzazione della trasmissione, sia il pubblico che da casa segue con assiduità il programma, hanno a cuore un certo modo, sostenibile e solidale, di vivere e di intendere il mondo, inteso sia come ecosistema che come rete di rapporti fra gli individui, umani e non umani, che lo popolano. Inoltre, la presenza quotidiana in studio mi ha regalato, in tutti questi anni, la fortuna di incontrare e conoscere una meravigliosa sequenza di ospiti, più o meno abituali, di altri spazi del programma, ognuno esperto nel proprio campo di attività e specializzazione, ma tutti accomunati dalla stessa visione di pensiero, oltre che dalla passione per la divulgazione. E la rubrica di cui ho il privilegio di essere ospite fisso, ormai da dodici stagioni televisive, è uno spazio dedicato sì a raccontare la meteorologia e le previsioni del tempo, ma costantemente inserite nel filo conduttore di cui sopra. Per questo ho sempre cura di dedicare una parte dei minuti disponibili a un approfondimento - fra contemplazione estetica e spiegazione

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scientifica - sui fenomeni che le mirabili leggi della Fisica mettono in scena, con tanto di effetti speciali, sul grande palcoscenico del cielo e della Natura, e nel commentare le immagini del Meteosat mi capita sovente di sottolineare come proprio le correnti e i corpi nuvolosi, in libera e perenne circolazione attraverso il globo, ci raccontino quanto siano artificiose le barriere di cui abbiamo disseminato i mari e le terre (“Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini!”, la celebre esclamazione di Jurij Gagarin, dalla sua capsula in orbita), oltre a ricordarci la fragilità di questo pallido puntino blu così speciale nell’Universo, e il dovere che abbiamo di preservarlo. Inoltre, nel cercare di tenere sempre fissa la barra del rigore, compreso quello terminologico, che deve essere proprio di una disciplina scientifica (a dispetto del fatto che la meteorologia sui media, troppo spesso, non è trattata come tale), spesso non resisto alla tentazione di contaminare le descrizioni della situazione atmosferica - bellezza per bellezza - con citazioni della sfera più emozionale ed evocativa della Cultura e della conoscenza, da Dante Alighieri (che nel XXV Canto del Purgatorio ci spiega in terza rima la fisica dell'arcobaleno!) a Giosuè Carducci, da Francesco Guccini a Fabrizio De André, da Daniele Silvestri a Pietro Gori, da Pino Daniele a Franco Battiato, da Luigi Pirandello a Luis Sepúlveda, da Vincenzo Cardarelli a Umberto Saba… a dimostrazione che dissertazioni scientifiche e suggestioni poetiche non solo non si escludono vicendevolmente, ma anzi si combinano alla perfezione: un modo per chiudere il cerchio che, senza soluzione di continuità fra il lato umanistico e quello scientifico, ci permette di infilare le perle più preziose del Sapere, quelle che dobbiamo sentire il grande privilegio di poter ammirare, coltivare e custodire. Anche se amo molto il mio mestiere a tempo pieno dietro le quinte - quello di badilante di sala previsioni attiva h24 - perché si traduce nel mettere la meteorologia operativa al servizio della prevenzione del rischio e del sistema di protezione civile, la possibilità di incastrare, nelle mie giornate lavorative, l’esperienza mediatica con Geo, mi appassiona non poco, proprio perché mi permette di impegnare il contributo da meteorologo anche nell’ambito della visione sistemica di cui parlavo prima, oltre che di misurarmi, per qualche minuto al giorno, con la divulgazione, cioè su un terreno diverso dalla mia attività professionale specialistica”.

Cosa pensi del cambiamento climatico in atto? Cosa puoi dire a coloro che ancora lo negano e che consigli invece per rallentarlo? In poche parole un cittadino come noi cosa dovrebbe fare?

“Il primo pensiero di fronte alla crisi climatica, lo ammetto, è di sconforto: sono passati oltre 40 anni, da quando uscirono i primi lavori scientifici che, sulla base di conoscenze peraltro già note dai decenni precedenti,

inquadravano chiaramente sia la gravità del cambiamento climatico in atto che la responsabilità delle attività umane, al punto tale che negli anni immediatamente successivi, fra la fine degli ’80 e i ’90, una storica sequenza di appuntamenti e attività in seno alle Nazioni Unite, quindi ai massimi livelli, portarono la problematica alla ribalta dell’opinione pubblica mondiale, facendola contestualmente entrare nell’agenda politica dei “grandi” del pianeta. Insomma, la Scienza aveva messo perfettamente a fuoco il problema, ed era riuscita a comunicarlo a chi aveva il potere e la responsabilità di porre rimedio, quando eravamo in tempo per agire prima che la situazione precipitasse esponenzialmente. Nei decenni che sono seguiti, naturalmente, la comunità scientifica ha proseguito ad approfondire ogni aspetto, aggiornando e completando via via il quadro conoscitivo, il ventaglio di scenari possibili, l’analisi sull’avanzare delle tecnologie (come quelle delle fonti rinnovabili) e le misure di mitigazione da intraprendere. Appare quindi sciagurato e avvilente, che le azioni su queste ultime, a partire dalle scelte globali sul modello di sviluppo e sulle politiche energetiche, in tutto questo tempo, siano state così clamorosamente scarse, al punto da ridurci, ormai, a dover agire sul filo del punto di non ritorno, con i gravi effetti del cambiamento climatico che non sono più scenari futuri, ma visibili eventi presenti (fra l’altro in preoccupante accelerazione), e con l’urgenza di prendere misure enormi in tempi ristrettissimi, se si vuole contenere il danno entro limiti vagamente sostenibili per la nostra specie, oltre che per la biodiversità tutta del pianeta. E qui lo sconforto lascia il posto alla consapevolezza di non potersi permettere di abbandonarci alla delusione e al pessimismo, ma al contrario di sentire il dovere di concentrare ogni possibile attenzione ed energia, tutti quanti in qualsiasi ambito, su questa epocale emergenza. Ridisegnare in chiave sostenibile i nostri comportamenti di singoli cittadini, sicuramente, è un dovere etico oltre che un modo per contribuire ognuno nel suo piccolo, ma è essenziale che sia accompagnato dall’attivismo e dalla pressione sociale e politica, per arrivare a influenzare le grandi scelte strategiche nazionali e globali, cioè quelle che possono e devono fare la differenza. Non a caso, quest’anno la giornata mondiale della Meteorologia, celebrata il 23 marzo, è stata dedicata dalle Nazioni Unite al tema “At the Frontline of Climate Action”, cioè “In prima linea nell’azione per il Clima”, esattamente quello che dovremmo fare tutti, continuamente e con priorità assoluta. A chi, di fronte a rapporti basati su decine di migliaia di articoli scientifici, pubblicati da migliaia di ricercatori ed esperti di tutti e cinque i continenti, previo rigoroso meccanismo di revisione paritaria - come metodo scientifico impone - sulle più autorevoli riviste specialistiche del globo, riesce ancora a negare il pro-

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blema o le sue cause, cosa possiamo dire? Prescindendo da quanti sostengono posizioni antiscientifiche per interessi di parte, narcisismi personali o cecità ideologiche (quelli purtroppo non mancano mai), per il resto è come trovarsi di fronte a qualcuno che, in nome della “libertà di opinione”, neghi la forza di gravità o l’esistenza delle stelle: difficile rapportarsi con simili distorsioni dei meccanismi della conoscenza, delle quali abbiamo avuto tristemente prova anche durante la pandemia, e anche in quel caso si trattava di un atteggiamento di grave irresponsabilità, visto che c’era di mezzo la salute di tutti, a partire dalle categorie più fragili. L’unica chiave di soluzione, in prospettiva, è potenziare l’insegnamento del metodo scientifico fin dalla tenera età, affinché tutti arrivino a possedere gli strumenti di base per distinguere le opinioni personali dall’oggettività scientifica, ciò che è Scienza dalle fandonie, dalle speculazioni e dalle truffe, obiettivo a maggior ragione cruciale nell’era digitale, in cui tutti siamo continuamente raggiunti dalle informazioni più disparate, ed è fondamentale saperne verificare le fonti e discernerne la validità, che si parli di clima, di medicina o di qualsiasi altro argomento. Come suggerimento più immediato verso chi, senza essere necessariamente un addetto ai lavori, voglia approfondire gli aspetti scientifici, economici e sociali della crisi climatica, e districarsi fra negazionismi e disinformazioni di vario genere, mi preme segnalare che ci sono molte risorse serie a disposizione, grazie a colleghe e colleghi molto attivi e assai bravi nella divulgazione, e anche ad associazioni, come la Italian Climate Network, che mettono la competenza dei propri team di esperti al servizio del rendere i lavori specialistici comprensibili a tutti, su una tematica così importante”.

Domanda a tema libero: la Roma. In pochissime parole raccontaci l’amore per la tua squadra del cuore.

“Sì è la mia squadra del cuore, che seguo assiduamente allo stadio da quando ero ragazzo, ma non è solo que-

sto, anzi direi che questo è il meno. Amo definire la Roma come un filo conduttore dell’esistenza, capace di collegare fra di loro i momenti più disparati di quest’ultima, anche al passare dei decenni, quando nella vita di una persona è cambiato praticamente tutto ma non il sentimento per la propria squadra e i suoi colori, e anche di collegare le persone fra di loro, sia fra generazioni (mio papà era un grande romanista) che fra coetanei. Essere romanisti è qualcosa che aleggia sempre e comunque nella quotidianità, ed emerge nei momenti più insospettabili e senza preavviso, anche fra sconosciuti: è sufficiente l’individuarsi reciprocamente da un particolare, un riferimento, una casualità, e scatta istintivo lo scambiarsi questa comunanza, con un cenno d’intesa, un’occhiata complice, una battuta, un segno minimale ma profondo della consapevolezza di far parte di una coralità assoluta, e quel che ne deriva non è più legato alla sorte di una squadra di calcio, ma a un pensiero, un’idea, un sentimento, un istinto, un modo tutto romano e romanesco, tanto ironico e sornione quanto viscerale e profondo, di prendere sul serio la vita ma di provare a sdrammatizzare i momenti difficili, un'innata capacità di concentrare un saggio di filosofia in una battuta e di saper scherzare, anche e soprattutto, su se stessi. Essere della Roma vuol dire essere sintonizzati su una nota fissa che vibra, ferma e leggera, sulla frequenza di ricordi, frammenti di vita propria e dei propri cari, brandelli di infanzia perduta e di persone che ci hanno lasciato, incroci costanti con le vite degli altri, evocazione di suoni, colori (due in particolare), odori, sensazioni, pensieri, brani di libri e strofe di poesie. La Roma è un insieme denso, una rete di percezioni in comune con altre persone, caotiche associazioni di idee che si intrecciano fra loro, ne richiamano tante altre, e stabiliscono continue connessioni fra gli istanti della vita, dai più importanti ai più spiccioli. Il punto di accumulazione di tutto questo è la Roma, e lo è a prescindere. Insomma, la Roma è una cosa seria”.

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CRISULA STAFIDA

“MI PIACEREBBE INTERPRETARE UN RUOLO ROMANTICO ECCO COME HO SCOPERTO L’AMORE PER LA RECITAZIONE”

Determinata e ambiziosa, Crisula Stafida ha preso parte a diverse serie tv molto amate dal pubblico come Din Don e Una mamma all’improvviso. Alle spalle tanta gavetta tanto che Crisula ha lasciato la sua terra molto presto per studiare recitazione a Milano. Oggi però è riuscita a coronare il sogno di diventare un’attrice. In questa intervista, l’attrice ha parlato della sua carriera, dei ruoli che le piacerebbe interpretare in futuro e dei nuovi impegni televisivi.

Crisula, come ti sei avvicinata alla recitazione?

“La prima volta ho recitato sul palco di un villaggio turistico, mentre, da giovanissima, passavo le vacanze estive lavorando. È stato subito amore. Così, tornata a casa sono partita dal Trentino per andare a studiare recitazione a Milano. Ho trovato una casetta a Piacenza, dove gli affitti erano più abbordabili per una giovane ragazza. Facevo avanti e indietro da Piacenza a Roma quando avevo dei provini da fare e lavoravo al nord presentando eventi e partecipando a trasmissioni televisive (a "La sai l'ultima?" Ero nel cast fisso, ma facevo solo bella presenza). Poi sono arrivati i ruoli nelle fiction TV (i primi sono stati "Ris delitti imperfetti" e "Distretto di polizia 6") e poi una gavetta lunga e veramente formativa per me”. Qual è stato il momento di svolta della tua carriera? Tra i vari personaggi, c’è n’è uno in particolare al quale sei più legata?

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“Se dobbiamo parlare di "riscontro" sicuramente con la saga tv "Din Don" mi sto togliendo delle belle soddisfazioni. E poi anche nella fiction "Una mamma all'improvviso" ho interpretato un ruolo molto divertente che mi ha fatta conoscere un po' di più al pubblico. Sono molto legata anche al ruolo di "Angelica" co protagonista della fiction "Fragili" che vedremo in primavera su Canale5”.

Ora che hai raggiunto il successo, quanto è diversa la Crisula “personaggio pubblico” da quella che sei nella vita quotidiana?

“Il ‘personaggio pubblico’ esiste ben poco! Nel senso che frequento poco il mio ambiente lavorativo e difficilmente partecipo a eventi mondani. Mi piace fare le cose di sempre: stare con i miei affetti, sistemare la casa, fare la spesa, portare a spasso la mia cagnolina, fare (poco) sport e leggere. Quando non sto sul set insegno recitazione alle nuove leve, di tempo me ne avanza veramente poco, anche perché sono una dormigliona”.

C’è un ruolo in particolare che ti piacerebbe molto interpretare in futuro?

“In particolare no, mi piacerebbe interpretare ruoli ben scritti e ben strutturati...forse un bel ruolo romantico. Una storia d'amore contemporanea”. Nel 2013 nel film di Federico Zampaglione sei apparsa senza veli. Aveva creato molto scalpore la scena saffica con Claudia Gerini. Siamo un paese ancora bigotto? Com’è stato recitare con Claudia Gerini?

“Siamo tutti bigotti con le vite degli altri. Claudia è

molto simpatica e ricordo piacevolmente il film "Tulpa". Un horror molto carino ispirato ai gialli anni 70. Io morivo in un modo tremendo, ma ci siamo divertiti molto sul set”.

Che cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere il tuo lavoro?

“Passione, impegno, e tanta pazienza. E tenersi vicino un piano B per i momenti di fermo”.

L’Italia è piena di talenti cinematografici che non riescono a trovare i favori del pubblico. Perché secondo te?

“Ma perché siamo in tanti. E in tanti vogliamo fare questo lavoro tanto difficile quanto meraviglioso. Oltre al talento ci vuole anche un pizzico di fortuna, anzi, una bella manciata!”.

C’è qualche nuovo impegno televisivo all’orizzonte?

“Ci sono progetti che devono essere concretizzati. Nel frattempo devono uscire due episodi della saga "Din Don", la miniserie "Fragili", e la stagione 5 della sit com "Ricci & Capricci”. Direi che mi posso anche accontentare per ora”.

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Vi aspettiamo con le novità cinematografiche più attese

SPETTACOLO

AMILCAR MORET GONZALEZ

IL FIGLIO D’ARTE NATO PER LA DANZA

E’ stato il protagonista dello spettacolo “Piazzolla Passion”, andato in scena al Teatro Parioli di Roma il 26 marzo. E’ un grande personaggio della danza mondiale e per noi è un privilegio ospitarlo per un’intervista. Lui è Amilcar Moret Gonzalez.

Amilcar, piacere averti con noi! Sei un personaggio conosciutissimo e amato dal grande pubblico. Come sei arrivato alla danza?

“Sono figlio di arte. I miei due genitori erano primi ballerini al balletto nazionale di Cuba. Da piccolo andavo a vedere i loro spettacoli e mi emozionavo tanto. Sono cresciuto giocando in teatro con altri figli di altri ballerini. Ho dei ricordi belli della mia infanzia”.

I tuoi genitori hanno influenzato la tua scelta di fare il danzatore?

“Loro non mi hanno mai spinto a studiare danza, è stata una mia decisione. Al contrario mio padre mi ha detto all’inizio: ‘Guarda che non sei dotatissimo quindi devi lavorare tanto. Se vedo che non ti impegni ti tiro fuori dalla scuola’”.

La tua prima esperienza come ballerino professionista?

“È stata insieme al Jeune ballet de la France JBF Una junior company che si trovava a Parigi. Quella è stata la mia prima compagnia. È stato un anno bellissimo. Vivere a Parigi e girare tutta la Francia, il mondo con tournée in Asia e negli Stati Uniti è stato un sogno dopo essere uscito dalla scuola. Mi è servito tanto”. Il tuo ruolo preferito?

“Non posso dire che ho un ruolo preferito. Potrei dirtene tre così velocemente: Onegin, Othello, Romeo. In questi tre ruoli ho potuto sperimentare sul palco delle emozioni indimenticabili”.

Sei arrivato al grande pubblico con la trasmissione “Amici”. Quali ricordi?

“Amici è stato per me un’altra esperienza di aggiungere alla mia carriera. Ed è vero che mi ha portato tanta notorietà. Ho conosciuto tante persone grazie alla trasmissione, artisti famosi in tutto il mondo. Ho anche una foto con Maradona, mio figlio la guarda spesso”.

“Amici” ha portato anche un grande amore oltre la popolarità…

“Un grande amore, una grande amica, una grande compagna, la mia altra metà, lei è la mia vita insieme a i miei figli e la mia famiglia, sono tutto per me”.

Poi sei tornato in Germania e con te anche Virginia

Tomarchio ed oggi siete nella Compagnia di Kiel. Parlaci di questo…

“Tornato non direi. Io vivo in Germania dal 1998. Anche mentre facevo la trasmissione “Amici”, non l’ho mai lasciata. Tutto il periodo in cui non ero in trasmissione, a partire del 2008, sono sempre tornato come ospite all’Hamburg Ballet, la mia compagnia prima di arrivare in Italia e poi dal 2014 ho cominciato ad andare a Kiel. Dove non solo ballavo ma ho cominciato anche a dare lezione in compagnia e a fare coreografia. È stato a Kiel dove ho avuto la opportunità di fare il mio primo grande balletto come coreografo, “Othello 2.0”, che poi l’ho anche ballato insieme a Virginia nel ruolo di Desdemona. Lei non è solo la mia compagna ma è anche la mia musa ispiratrice, la mia assistente migliore. Sono felice anche per lei, perché lavorando qui in compagnia in Germania sta realizzando tanti dei suoi sogni come ballerina”.

Sei stato reduce nei giorni scorsi di una nuova produzione: “Piazzolla Passion” con le coreografie di Alfonso Paganini con un incredibile successo. Come ti sei trovato in questo lavoro?

“Sono molto felice di essere parte dello spettacolo “Piazzolla Passion”, prima di tutto perché sto lavorando con delle persone stupende, i ballerini, i musicisti, Alfonso Paganini che cura la coreografia e le luci, a che stimo tanto ed è una delle persone che mi fa più ridere al mondo. Poi c’è Antonio Desiderio che si occupa della produzione, sta facendo un grande lavoro organizzativo per poter portare questo spettacolo in giro”.

Cosa rappresenta per te la Danza in una parola?

“Oggi vita, domani bellezza, dopodomani adorazione, il giorno dopo ancora comunicazione, e quello dopo Amore. E così ogni giorno, qualcosa di diverso. Per me è qualcosa di molto amplio. Ma soprattutto per me è anche una benedizione!”.

In collaborazione con:

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ELISA MASCIA LA VOCE

DELLE DONNE IN “PIÙ DELLA MIA VITA”

Con la toccante regia di Gabriella Praticò e la commovente interpretazione di Lucia Ciardo, Gigi Palla nonché della stessa autrice, sul raffinato palcoscenico del Teatro di Villa Lazzaroni va in scena a maggio l’attesissimo “Più della mia vita”, delicatissima opera teatrale firmata da Elisa Mascia meritoria del “Premio ANIMA MUNDI -nuova drammaturgia al femminile”. In un’epoca in cui la violenza di genere la fa da padrona su social e rotocalchi, il teatro lancia il suo grido con educazione attraverso il dialogo tra due donne, Anna e Maria, accumunate da un destino simile. La loro vicenda si svolge a Roma nel cuore del quartiere Testaccio ove ambedue vivono consumando nel silenzio la propria quotidianità personale tra le angherie di un padre padrone e la sottomissione ad un marito violento. L’una non saprà mai dell’altra se non quando le fredde e spoglie pareti del manicomio le accoglieranno sino alla fine dei loro giorni.

Come nasce “Più della mia vita”?

“L’idea nasce circa una decina di anni fa, quando per oltre un anno ho intervistato in più riprese Maria Morena, una delle ultime ex infermiere del manicomio di Santa Maria della Pietà, intenzionata a scriverne la biografia. Attraverso lei ho potuto approfondire la storia della struttura ma anche il modo disumano in cui era trattata la malattia psichiatrica nel vecchio sistema ovvero fino all’arrivo di Franco Basaglia che nel 1978 rivoluzionò il tutto, rendendo al malato mentale la dignità. Maria mi raccontò allora di donne che entravano in manicomio per i motivi più disparati e che, pur non essendo malate, rimanevano nella struttura per sempre”.

Perché entravano in un manicomio se non erano malate di mente?

“Perché spesso il manicomio era il luogo in cui relegare le donne quando diventavano “scomode”; lo facevano, ad esempio, mariti che avevano un’amante o che ritenevano non corrispondessero ai canoni della “moglie-madre perfetta”; spesso capitava anche con donne affette di depressione post-partum: chi ne soffriva veniva tradotta forzatamente lì dentro”.

E venivano trattate come malate psichiatriche?

“Purtroppo sì: donne che entravano magari depresse ma comunque psicologicamente sane, in quell’am-

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biente e con quei trattamenti disumani ed alienanti spesso impazzivano davvero. Con l’ovvia conclusione che una volta dentro non ne uscivi più fuori”.

Anna e Maria, protagoniste del tuo testo, sono due pazienti realmente esistite?

“Le loro sono storie liberamente ispirate a storie vere, a racconti che ho raccolto durante la mia indagine ma sono anche l’elaborazione di esperienze mie personali e familiari, con cui purtroppo mi sono dovuta confrontare nel corso della vita e che mi hanno portata a voler cercare di capire, di spiegare ed infine di “raccontare” il disagio e la sofferenza delle donne. Intendo quella che forse ci portiamo dentro tutte per cultura, educazione, convinzioni sociali e religiose; quell’etichetta che abbiamo ancora stampata sulla pelle e che condiziona ancora la nostra vita e non ci permette di ascoltarci davvero fino in fondo”.

L’argomento è di grande attualità. State cavalcando un’onda?

“’Più della mia vita’ è un progetto venuto alla luce per la prima volta nel 2020 sul palcoscenico del Teatro in Trastevere quando Marco Zordan, il direttore, nel vederlo volle segnalarlo come miglior spettacolo della stagione alla commissione del Premio Anima Mundi. Già allora “Domina Onlus”, “Differenza Donna” e “Donna Lisa” tre associazioni attente alla tutela della donna, ci sostennero col proprio patrocinio: direi che non c’è stato bisogno di cavalcare l’onda femminicida che oggigiorno attanaglia la nostra società. Il nostro progetto è altro, è un “Inno alla vita”, alla vita che ciascuna donna ha il diritto di riprendersi, imparando ad ascoltarsi, ad esprimere e a vivere quello che sente e quello che è veramente, nella propria unicità e particolarità”.

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MARIO TAGLIAFERRI

“Q UELL’ EMOZIONE PER IL MICROFONO CHE NON È MAI PASSATA”

E' sempre un'emozione ripercorrere tappe importanti con chi ha scritto capitoli interi di storia della radio

Mario Tagliaferri è uno dei tanti nomi che in un certo senso ha inaugurato un nuovo mestiere che forse all'epoca, con i pochi mezzi a disposizione, non faceva ben sperare, ma che poi nel tempo ha subito un'evoluzione vera e propria. Tutti quelli della vecchia scuola, sono stati spinti da un profondo amore per la musica e per i vinili, cosa che oggi si è un po' persa tra la generazione zeta. Siamo stati coinvolti da cambiamenti non indifferenti con l'avvento della tecnologia.

Mario, la passione per il mezzo radiofonico è rimasta quella di una volta?

“Certo i tempi sono cambiati, ma l'emozione per il microfono in radio non è mai passata. Il momento in cui apri il microfono e cominci a parlare, è sempre un momento nuovo. La passione non muore mai”.

Attualmente dove ti possiamo ascoltare?

“Dal 2018 sono su Radio Elettrica, una web radio, dove ci sono vari personaggi, tra cui anche mio figlio trentenne che ha ereditato la passione per la radio. La struttura è una onlus ed è una radio senza scopi di lucro, autofinanziata. E' puro volontariato. Abbiamo dato vita qualche mese fa ad' un'iniziativa intitolata 'Dj per mezz'ora', in cui abbiamo tirato fuori delle voci che entreranno a far parte del palinsesto. Ne approfitto per ricordare il nome della trasmissione che è ‘Magu e l'ombra del vecchio’. E' un nome che può apparire onirico e fantasioso, ma che nasce dalle mie iniziali di Mario e di Gustavo che è sia mio figlio che mio padre, mentre l'ombra del vecchio richiama la collaborazione di Marco Del Vecchio e la musica di un tempo”.

Non è automatico che i figli dei radiofonici ereditino questa passione, vero?

“No, ma lui sentiva musica fin quando stava sulle mie ginocchia. Ad un certo punto si è ritrovato a prepararsi per fare radio. Esercita questa attività da tre anni circa”.

Ricordi la data in cui sei andato in onda per la prima volta?

“Ricordo che era settembre del 1976”.

Dove e in che modo?

“Nasco come musicista e a casa avevo un bell'impianto. All'epoca c'era il monopolio Rai e Radio Montecarlo. Ero appassionato, direi avvelenato nei confronti della musica, ero una vittima di un'irrefrenabile passione. Possedevo tanti vinili. Sentivo Radio Montecarlo e Capodistria. Ero davvero un fissato, visto che acquistavo regolarmente il Radiocorriere Tv, andavo a vedere le scalette per trovare il pezzo che mi piaceva, ecc. Tutte cose

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Mario Tagliaferri ai tempi di Radio Dimensione Suono insieme ai suoi colleghi dell’epoca Mario Tagliaferri (a destra) con Silvio Piccinno e Faber Cucchetti

giovanili. Nel frattempo un mio amico mi suggerì di ascoltare Radio Antenna Musica, visto che stavano nascendo le prime radio private. M'innamorai di quella radio storica, a tal punto che mi spinse a desiderare di fare radio. Il tutto nacque nella mansarda di Roberto Giorgio alla Balduina. Infatti nel frattempo mi ero informato su chi avesse antenne e studio casalingo per poter iniziare. Tutto autofinanziato e autocostruito per dar vita ad un gioco emozionante. Ricordo che portai tutti i miei dischi. Intanto erano arrivate altre persone come Antonella Condorelli, Faber Cucchetti e tutti quelli che sono diventati in seguito bei nomi. Successivamente con l'arrivo di Eduardo Montefusco, attuale editore di RDS, la faccenda si è fatta seria e ha preso la giusta e fortunata direzione. Per la cronaca i fondatori di Radio Dimensione Suono sono stati Mario Tagliaferri e Roberto Giorgio”.

Da sinistra: Corrado Rizza, Antonella Condorelli, Francesco Scelta, Mario Tagliaferri e Faber Cucchetti

fare delle cose straordinarie, all'avanguardia per l'epoca”. Hai avuto l'occasione di svolgere altre mansioni parallele?

“Sì, ho lavorato con le case discografiche e ho fatto dei remix di Antonello Venditti, di Nino Buonocore e di tanti altri artisti. A livello di italo dance ne ho fatti altrettanti e il più importante è stato 'We just' by Moses targato 1985. Sono stato uno degli autori di quel disco che spopolò in discoteca”.

Nomi di colleghi con i quali ti sei trovato bene a lavorare.

“Antonella Condorelli, Faber Cucchetti, Francesco Scelta, Carlo De Blasio e Emilio Levi. A tal proposito vorrei ricordare la compianta Clelia Bendandi, una donna intelligente e senza pregiudizio”.

Com'è proseguito il tuo percorso radiofonico?

Fino a quando sei rimasto lì?

“Dopo un lungo periodo desideravo cambiare un po' e mi si è presentata verso il '92 la prospettiva di Dimensione Suono Roma che stava nascendo”.

Altre esperienze che ti hanno dato tanto?

“Rai Stereo Due per tutto il tempo che è esistita. E' stata una magnifica esperienza con Maurizio Riganti che mi ha sempre assecondato, permettendomi di

“Mi è capitato di lavorare in altre radio di passaggio dopo la mia esperienza con Dimensione Suono. Ho trascorso un po' di anni a Radio Rock, nella fase di cambiamenti e di successo di ascolti. La cosa bella è che ho avuto la possibilità di mandare la musica che ascoltavo da ragazzo. In un certo senso mi sono sfogato Ho fatto cose che in un taglio radiofonico commerciale non erano previste. La libertà è tornata anche adesso nella web radio attuale”.

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COSE BELLE

CAMILLA PANDOZZI

UNA CANTAUTRICE “VAGABONDA”

CON UN PEZZO DI STORIA DELLA MUSICA ITALIANA

Giovanissima, ma già con le idee molto chiare, la cantautrice di Formia Camilla Pandozzi ha già vissuto una straordinaria esperienza aprendo il concerto dei Nomadi a Novellara. La ragazza aveva già attirato l’attenzione con i brani “ExStasi”, pubblicato su etichetta Orangle Records, “Caminos”, nato dalla collaborazione con il cantautore spagnolo Nacho Toso, e “Amore”, scritto con Marco Masiello. Ma è con il brano “Illusioni” e la collaborazione con una delle colonne storiche della musica italiana che sta ricevendo i primi grandi consensi. Insieme a Beppe Carletti, cofondatore e storico tastierista dei Nomadi, leggendaria band che ha festeggiato il 60° anniversario della nascita e che fa parte delle più belle pagine culturali del nostro Paese, è infatti nata una bellissima collaborazione artistica. Carletti la accompagna al pianoforte nella registrazione di questo nuovo singolo prodotto e arrangiato da Cosmo Masiello, e nelle riprese del videoclip ufficiale, diretto da Simone Morini.

“La musica per alcuni è divertimento – scrive sui social Camilla – per altri è spensieratezza… per me è salvezza. La musica mi ha aiutata a trovare sempre una via d’uscita anche quando le strade sembravano essere senza sbocchi”.

Del brano è stata lanciata anche un’edizione esclusiva in vinile, che include tutti i brani di Camilla. Questa edizione limitata, arricchita dagli autografi di entrambi gli artisti, è destinata a diventare un oggetto da collezione per gli amanti della musica. Il vinile offre ai fans e ai collezionisti l’opportunità unica di possedere un pezzo di storia musicale italiana, che unisce il carisma senza

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tempo di Beppe Carletti dei Nomadi all’energia fresca e innovativa di Camilla.

«Ancora oggi non riesco a crederci. Anche quando l’intenzione di Beppe di accompagnarmi era già stata ufficializzata, sono rimasta in un silenzio scaramantico, col cuore colmo di gioia. Beppe è una persona fantastica e sono felicissima e onorata di questa collaborazione, abbiamo girato anche un videoclip. Un incontro tra generazioni diverse, ma ugualmente appassionate, del panorama musicale italiano. Viva la musica sempre!».

E allora rivolgiamo un grande in bocca al lupo a questa giovane “vagabonda”, che in quanto a musica sa benissimo in che direzione andare.

Se mi cadesse il mondo addosso / Sì, tu sei l’unico posto in cui voglio vivere / Se sì, cadesse l’universo a pezzi come il mio sogno / Sì, sei proprio tu quel posto per me…

#CoseBelle
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Nella foto a destra e in alto, Camilla Pandozzi con Beppe Carletti dei Nomadi

VIGNETTANDO

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ARIANNA DALLA ZANNA

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MPRENDITRICE “ FRONTWOMAN ” DELLA W INE C AVE SRL

Biondissima. E anche brava e bella: un binomio affatto scontato. Lei è Arianna Dalla Zanna, Amministratore Unico di WineCave srl, azienda leader nel settore delle cantine climatizzate per vini. WineCave è dal 2013 che importa e distribuisce i prodotti del rinomato marchio EuroCave su tutto il territorio italiano. Arianna ha una sorella, Roberta, socia e dedita all’Amministrazione dell’azienda. Completa la società Massimo Baldessarini. L’azienda WineCave S.r.l. ha sede a Saltrio, a pochissima distanza dal confine Svizzero. La intervistiamo al telefono, in una delle brevi pause che si concede nelle sue intense giornate lavorative.

Arianna, ci parli dei trascorsi professionali della sua famiglia. “La grande passione che la mia famiglia nutre per il vino, e per l’immensa cultura che lo circonda, ci ha portati a scegliere di diventare importatori e distributori di uno dei più autorevoli marchi in fatto di conservazione, maturazione e servizio del vino, sia per uso domestico che professionale. WineCave è, prima di tutto, un’azienda di famiglia. Nasce per volontà di nostro padre, nel 1995, e nel 2013 il timone passa a noi due. Abbiamo aperto la nostra azienda, iniziando io e Roberta l’avventura con EuroCave, che ha continuato a darci fiducia, considerando l’ormai quasi ventennale rapporto e conoscenza con nostro padre. Sorelle e compagne di avventura, alla ricerca di chi ami il vino come noi. All’origine nasciamo grazie al precedente rapporto intrapreso tra nostro papà e la EuroCave, a seguito di un incontro avvenuto tra lui ed il suo ex socio che lui stesso ai tempi importava EuroCave principalmente nella zona dell’Alto Adige (perché in contatto con l’importatore austriaco). Da questa occasione mio papà ed il suo ex socio, entrambi da anni nel settore dell’enologia, si sono messi insieme e hanno iniziato a distribuire EuroCave per il mercato italiano”.

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Arianna Dalla Zanna (a sinistra) con sua sorella e socia Roberta

Di cosa si occupa lei, e di cosa sua sorella?

“Terminati i miei studi (modellismo e addetta alle vendite in una scuola regionale), nel 2002 ho iniziato a lavorare con mio padre, seguendolo ovunque. In fiere, contatti con clienti, manifestazioni. Il suo allora era un lavoro prettamente commerciale, decisamente diverso dai tempi odierni, contaminati dall’impronta fondamentale del marketing. Le mie specificità in azienda sono trasversali. Mia sorella Roberta, invece, ha una formazione scolastica di segreteria d’azienda ad indirizzo turistico, ed ha conosciuto il mondo del lavoro nel settore metalmeccanico, accumulando un’esperienza decennale in ufficio acquisti presso un’azienda che produceva motocarri. Arrivata nella nostra azienda nel 2005, oggi si occupa dei lavori d’ufficio ed è responsabile del campo amministrativo”.

EuroCave è un marchio storico nel settore?

“Sì: un rinomato marchio francese. Storico, artigianale, di qualità. Non si riferisce solo ad un marchio di attrezzature e strumenti per appassionati e professionisti del vino, ma è il nome di chi, prima di tutti, ha inventato il concetto di armadio climatizzato per vini”.

Come siete arrivati alla scelta di seguire EuroCave?

“La prima cantinetta-armadio climatizzato per vini di questo marchio risale al 1975. Inoltre, è un marchio che fa della artigianalità, della precisione e dell’alto valore prestazionale tre parole chiave im-

prenscindibili. Senza dimenticarsi – e non è cosa di poco conto - della cornice estetica, di grande pregio. Tutti elementi che abbiamo sposato appieno anche noi”.

Che materiali sono utilizzati nei vostri prodotti?

“Di primo livello, e tutti esclusivamente di origine Europea. E fanno parte del successo di questo marchio anche i rapporti di fiducia tra produttore e consumatore, fondati sulla durabilità degli strumenti EuroCave. I prodotti a marchio EuroCave –nati da un’intuizione di René Martin e costruiti attorno alla competenza, all’esperienza e ai saperi della tradizione vitivinicola francese – si rivolgono sia al mercato dei privati, sia al mondo dei professionisti del settore Ho.Re.Ca”.

Vi ritenete un’Azienda green?

“Sotto un certo punto di vista, sì. EuroCave è molto attenta alle leggi Europee e si adegua ad ogni normativa, utilizzando trattamenti specifici, gas a basso impatto ecologico e con un occhio attento ai consumi energetici anche se qua non basterebbe un’intervista per spiegare bene la differenza tra consumi e classi energetiche”.

In che tipologie si possono dividere i prodotti che vendete? A che tipo di clientela vi rivolgete?

“I nostri clienti sono sia nel privato che nell’alta ristorazione. Normalmente sono clienti di nicchia alto-spendenti, amanti del vino, del buon bere, dell’arte di vivere. Gente appassionata anche di de-

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sign, moda, arte e cultura, ma abbiamo anche una linea per gli appassionati, che vogliono EuroCave, ma di fascia più ‘premium’”.

Ci descrive una sua giornata tipo?

“E’ molto piena. Mi occupo a 360°C dell’azienda. In questo periodo ci stiamo tra l’altro strutturando. Principalmente preferisco occuparmi del marketing, essendo una persona amante dell’arte e della creatività oltre che del vino, tant’è che sono riuscita a fare della mia professione una passione! Ritengo sia fondamentale, per la credibilità da trasmettere ai clienti, avere una buona conoscenza del settore. Confesso che mi sento molto a mio agio con un bicchiere di vino, e mi risulta piuttosto naturale capirne la sua complessità o i suoi difetti”. Il settore del vino conosce attualmente crisi di mercato?

“Sembra che oggi ci sia un mercato di investimento nel settore del vino. D’altronde basti vedere ad alcuni produttori ed al valore dei loro vini già nelle annate più recenti”.

Per conoscere meglio l’Azienda, potete consultare il sito ufficiale www.winecave.it

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IMPRENDITORI & PERSONAGGI
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