

03. Gestor 2024: numeri che parlano, valori che uniscono
07. FOCUS
Turismo invernale, i primi dati lasciano ben sperare
11. FOCUS
L’intelligenza artificiale a servizio del settore dell’accoglienza
15. FOCUS
Gestione del personale: serve una nuova prospettiva
21. FOCUS
La certificazione di sostenibilità nel turismo: il caso del Garda trentino
27. INTERVISTA
La sostenibilità come scelta di vita: l’esperienza dell’Hotel La Gioiosa
33. FOCUS
Foraging in cucina: Il gusto delle erbe selvatiche
36. IL PRODOTTO
Le erbette selvatiche
40. LA RICETTA
Tortino di erbette selvatiche e ricotta
Anno XII N. 1 aprile 20253
Quadrimestrale della Cooperativa GESTOR
Via Kufstein, 13 - 38121 Trento (TN)
Tel. 0461 826506
www.gestor.it – info@gestor.it
Direttore Responsabile: Lorenzo Basso
In
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Registrazione n. 1358 7 maggio 2008 del registro stampa del Tribunale di Trento
Realizzazione e stampa: Litografica Editrice Saturnia - Trento
Espansione, innovazione e ritorni concreti per i Soci: un anno di successi che prepara il terreno per nuove sfide
Care Colleghe, Cari Colleghi, il 2024 rappresenta per tutti noi un’importante occasione di riflessione sui traguardi raggiunti e sulle sfide superate lungo il nostro percorso. Guardando a quanto costruito insieme, non possiamo che essere orgogliosi dei risultati conseguiti. La crescita della nostra cooperativa è stata solida e costante, frutto di un impegno condiviso e di strategie mirate.
La rete di Soci ha continuato a espandersi, mantenendo un eccellente trend anche nel 2024, anno in cui abbiamo accolto 65 nuove strutture. Questo costante incremento rappresenta una testimonianza concreta della fiducia che i colleghi continuano a riporre in Gestor — una fiducia che consideriamo il segno più tangibile della solidità del nostro modello. Non a caso, la crescita della base sociale si è tradotta anche in un aumento esponenziale dei volumi, con un fatturato che lo scorso anno ha superato i 72 milioni di euro.
Risultati di questo tipo non si ottengono per caso. Sono il frutto di una visione chiara e di decisioni strategiche coerenti. Nel corso dell’anno abbiamo continuato a investire in innovazione, diversificando le attività, digitalizzando i processi e ampliando la gamma di servizi offerti. Questo approccio ci ha consentito di affrontare i cambiamenti con prontezza, restando fedeli ai valori che da sempre ci contraddistinguono.
Queste favorevoli condizioni ci hanno permesso di attivare numerose iniziative
concrete a supporto dei Soci. Tra queste, la retrocessione parziale delle spese amministrative – che nel 2024 ha superato i 200.000 euro – e l’introduzione della nuova formula di “pagamento a breve termine”, grazie alla quale molti di noi hanno potuto beneficiare di un risparmio complessivo di oltre 97.000 euro.
I numeri parlano da soli: i Premi ad obiettivo di Fine Anno sono cresciuti in modo significativo: dai 270.000 euro del 2021, ai 600.000 del 2022, agli oltre 870.000 del 2023, fino a sfiorare 1.200.000 euro nel 2024. Un chiaro segnale della nostra capacità di generare valore condiviso.
Guardando al futuro, siamo pronti ad affrontare le prossime sfide con determinazione e fiducia. Nel 2025, oltre a proseguire nell’attività di promozione della
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sfiziose idee per rendere ogni ricetta più speciale.
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cooperativa, ci concentreremo maggiormente sulla “cura” dei Soci attuali, con l’obiettivo di valorizzare e premiare chi ha creduto nel progetto, contribuendo a rendere Gestor la realtà che è oggi.
Chiudo questo mio saluto rivolgendo un invito sincero ai Soci a partecipare attivamente agli incontri a loro riservati, che rappresentano momenti preziosi di dialogo e condivisione. In particolare, auspico una presenza numerosa alla prossima Assemblea, che si terrà nei primi giorni di giugno, così come agli altri appuntamenti territoriali in programma, primi tra tutti, gli
AperiGestor che continueranno ad essere proposti anche quest’anno. La partecipazione è fondamentale per continuare a costruire insieme un percorso solido e condiviso.
Con questo spirito, quindi, ringrazio di cuore ciascuno di voi augurandovi una stagione estiva serena e ricca di soddisfazioni.
Un caro saluto, Il Presidente Danilo Moresco
alle strutture che negli ultimi mesi hanno aderito a !
Adler Hotel Wellness & Spa Andalo (TN)
Aktivhotel Nago-Torbole (TN)
Family Hotel Andes San Giovanni di Fassa (TN)
Hotel Chalet Sas Morin Pozza di Fassa (TN)
Hotel Garden Folgaria (TN)
Hotel Luna Rossa Malcesine (VR)
Hotel Splendid
Maffei Apartments
Meublé Piccolo Pocol
Negritella Sweet Hotel
Pub Pizzeria Betty’s Hill
Rifugio Stella Alpina Spiz Piaz
Ristorante Maffei
Ristorante Maso Burba
Madonna di Campiglio (TN)
Riva del Garda (TN)
Cortina D’Ampezzo (BL)
Ziano di Fiemme (TN)
Pieve Tesino (TN)
Vigo di Fassa (TN)
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Il Trentino si conferma come una delle principali mete in Italia per la vacanza sulla neve
La stagione turistica invernale in Trentino si presenta, già nei primi mesi, come un periodo di buona tenuta per il comparto, nonostante alcune criticità legate al contesto climatico e alle dinamiche economiche internazionali. Sebbene i dati definitivi dell’intera stagione, che si è conclusa con il mese di marzo, saranno disponibili tra diverse settimane (solitamente vengono pubblicati in estate), le rilevazioni parziali relative al periodo compreso tra dicembre 2024 e febbra-
io 2025 permettono di delineare alcune tendenze significative.
Uno dei primi dati a disposizione riguarda il territorio su cui viene svolta l’attività di rilevazione dell’Azienda per il Turismo di Trento, Monte Bondone e Altopiano di Piné, che nel corso del 2024 ha registrato complessivamente 1.304.274 pernottamenti, in aumento dell’1,26% rispetto all’anno precedente, e 497.479 arrivi, con una crescita del 4% rispetto al 2023. Nello specifico, dicembre 2024 si è confermato
come il mese più attrattivo, totalizzando 137.195 presenze, in crescita del 15% rispetto a dicembre dell’anno precedente. Anche la permanenza media è risultata in aumento: i turisti hanno infatti soggiornato in media 2,68 notti, contro le 2,43 notti del 2023.
I primi risultati disponibili, insomma, evidenziano una sostanziale vitalità dell’offerta turistica trentina, in grado di mantenere alti livelli di attrattività anche in un contesto internazionale e meteorologico in forte mutamento. Solo per quanto riguarda l’ambito climatico, del resto, secondo l’analisi pubblicata da Meteotrentino, i mesi compresi tra dicembre 2024 e febbraio 2025 sono stati tra i più caldi dell’ultimo secolo, al quarto posto nell’analisi storica effettuata dal 1921. Le temperature sono risultate costantemente superiori alla media storica, con anomalie termiche marcate in tutte le fasi stagionali. Il fenomeno ha inevitabilmente influenzato l’innevamento naturale nelle località sciistiche, anche se, a differenza degli anni precedenti, le precipitazioni si sono attestate su livelli prossimi alla media storica, con alcuni picchi in determinate aree.
Dopo la stagione estiva 2024 da record, l’assessore al turismo della Provincia autonoma di Trento, Roberto Failoni, aveva parlato di segnali positivi da parte di tutto il comparto. “I dati dei primi nove mesi del 2024 - aveva detto nell’ambito di un intervento istituzionale - mostrano una crescita complessiva del 2,4% nelle presenze, e ci fanno ben sperare per il prosieguo
della stagione invernale. Le prime indicazioni che riceviamo dagli operatori del settore sono positive, con un buon livello di prenotazioni e segnali incoraggianti sulla propensione alla spesa dei clienti”.
A livello nazionale, invece, le previsioni elaborate dall’Istituto Demoskopika hanno stimato per la stagione invernale 2024-25 circa 26,7 milioni di arrivi e 78 milioni di presenze complessive, registrando una leggera flessione rispettivamente dell’1,3% e del 2,8% rispetto alla stagione precedente. In questo contesto, il Trentino-Alto Adige si distingue in ogni caso come una delle regioni più attrattive, confermando un ruolo strategico e preminente nel panorama del turismo invernale italiano grazie all’eccellenza delle strutture ricettive, alla qualità dei servizi e all’efficienza degli impianti sciistici.
Ancora una volta il Trentino dimostra una buona resilienza nella stagione invernale, malgrado le sfide poste dal cambiamento climatico e da una congiuntura economica globale non favorevole. L’andamento positivo dei primi indicatori disponibili testimonia una capacità del territorio di attrarre flussi turistici significativi, valorizzando un’offerta integrata che spazia dallo sci alle attività nella natura, dal benessere alla cultura alpina. Per avere il quadro definitivo e completo della stagione sarà comunque necessario attendere la pubblicazione ufficiale dei dati da parte dell’Istituto di statistica della Provincia autonoma di Trento (Ispat).
L’ultima delle innovazioni per il miglioramento del comparto turistico
intelligenza artificiale (AI) è ormai entrata da padrona in tutti i settori della vita quotidiana, dalla scrittura alla sanità (un esempio sono i robot chirurgici), dallo sport (tra cui la stessa evoluzione della Var) per arrivare fino ai trasporti (con i nuovi tutor). Anche nel settore alberghiero l’AI è da qualche tempo al servizio degli esercenti, offrendo vari servizi, quali l’ottimizzazione dell’assistenza ai clienti, la gestione delle prenotazioni, il check-in automatizzato, la personalizzazione dell’esperienza per
il cliente, la gestione delle recensioni e analisi del cosiddetto “sentiment”, assieme all’ottimizzazione delle tariffe, del management in generale e in relazione alla formazione del personale.
L’intelligenza artificiale, insomma, sta trasformando il settore dell’accoglienza, offrendo vantaggi significativi sia per le strutture ricettive che per gli ospiti. Automatizzando i processi, personalizzando l’esperienza e ottimizzando le operazioni, l’IA consente alle strutture di migliorare
l’efficienza, ridurre i costi operativi e offrire un servizio più rapido e soddisfacente. In un mondo sempre più competitivo, l’adozione di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale non è più una scelta facoltativa, ma una necessità per rimanere competitivi e garantire una gestione all’avanguardia nel settore dell’accoglienza.
Vediamo di seguito come, nel concreto, l’AI può essere utile all’albergatore e alle strutture ricettive in vari ambiti. Un aspetto fondamentale è l’assistenza clienti automatizzata attraverso chatbot (robot di conversazione), che rispondono a domande frequenti, come orari di check-in e check-out, disponibilità delle camere e servizi offerti. Questi strumenti - ormai entrati in uso in buona parte dei portali di prenotazione di servizi - possono rispondere anche a richieste più specifiche, migliorando l’efficienza del servizio e alleggerendo il carico di lavoro umano, specialmente nelle ore di punta o nei periodi di alta affluenza. Inoltre, i chatbot possono essere utilizzati per gestire le prenotazioni, verificare la disponibilità delle stanze, inviare conferme e raccogliere informazioni necessarie per il check-in, riducendo i tempi di attesa e migliorando la soddisfazione degli ospiti.
La gestione delle recensioni è un altro campo in cui l’AI può essere utile. Oltre a monitorare le recensioni online su piattaforme come Booking, TripAdvisor e Google Reviews, suggerendo risposte appropriate, può rispondere in modo tempestivo e automatizzato alle domande, aiutando i gestori a mantenere una buona reputazione sul web. Può anche arrivare ad analizzare il “sentiment” delle recensioni, per identificare aree problematiche o punti di forza che potrebbero essere sfruttati per migliorare i servizi offerti.
La formazione del personale è un altro ambito in cui l’AI può essere preziosa. Può infatti creare risorse educative per formare il personale su tecniche di “customer service”, gestione dei reclami e comportamenti da tenere in situazioni particolari. Inoltre, può proporre simulazioni e scenari pratici per allenare i dipendenti a gestire varie situazioni, come le richieste speciali degli ospiti o problematiche legate al pagamento, garantendo che ogni componente del team di lavoro abbia le competenze necessarie per affrontare ogni eventualità.
L’automazione dei processi di check-in e check-out è un altro dei vantaggi più significativi. Attraverso un sistema digitale automatizzato (ormai comune in molte strutture ricettive) gli ospiti possono effettuare il check-in in autonomia, senza dover fare code alla reception in attesa del proprio turno. Questo non solo migliora l’efficienza, ma offre anche una maggiore comodità agli ospiti.
La personalizzazione dell’esperienza del cliente è un altro aspetto cruciale per distinguersi nel settore dell’ospitalità. L’AI può analizzare le preferenze degli ospiti, come le richieste passate o il comportamento di prenotazione, e suggerire attività, esperienze e servizi personalizzati. Per esempio, può consigliare escursioni turistiche locali, ristoranti o trattamenti benessere in base ai gusti individuali. Inoltre, può inviare comunicazioni proattive agli ospiti, come offerte speciali, eventi locali o informazioni utili prima o durante il soggiorno, creando un’esperienza più soddisfacente e aumentando la fidelizzazione.
La gestione delle risorse e delle strutture è un altro ambito in cui l’intelligenza artificiale può intervenire, monitorando la disponibilità delle camere in tempo reale e prevenendo il rischio di “overbooking”, ottimizzando così la capacità della struttura. Così come la gestione delle prenotazioni di sale riunioni, eventi e altri spazi condivisi. A questo si aggiunge anche il tema dell’ottimizzazione delle tariffe, spesso legato non tanto alla stagionalità (come avveniva in passato), quanto alle richieste pervenute nel periodo in questione. In questo caso, l’AI può suggerire tariffe dinamiche in base alla domanda, massimizzando i ricavi e riducendo i rischi dei periodi a basso afflusso.
L’AI, infine, può diventare uno strumento centrale nella gestione complessiva della struttura, contribuendo a monitorare i consumi energetici, la gestione dei rifiuti e l’uso di prodotti “eco-friendly”, influendo sul risparmio delle spese e migliorare notevolmente l’efficienza e la qualità dei servizi. Tutto ciò può liberare il personale da attività che richiedono tempo, permettendo loro di concentrarsi su compiti a valore aggiunto, come la cura dei clienti e la gestione di situazioni particolari.
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Quanti sono gli hotel e i ristoranti italiani che possono contare su uno staff solido e motivato?
a qualche anno, il problema principale per molte aziende – e per le strutture ricettive in particolare – sembra essere il reclutamento e la gestione del personale. Le persone interessate a lavorare nel mondo Hospitality e Horeca sono sempre meno, la professionalità richiesta sempre maggiore, la fedeltà alle aziende in costante calo.
Il lavoro stesso di cameriere, receptionist, barista o addetto alle pulizie sta subendo
un calo di appeal e di prestigio, e i ruoli più importanti (direttore, F&B Manager) sono spesso riservati ai proprietari delle strutture o non adeguatamente pagati. Trattandosi spesso di impieghi stagionali, anche le opportunità di crescita risultano limitate.
Tuttavia, il lavoro nelle strutture ricettive, in particolare quelle a vocazione turistica, è da sempre caratterizzato dalla stagionalità, e da sempre durante la stagione i lavoratori sono abituati a dimenticare sé stessi e il loro tempo libero per dedicarsi anche
7 giorni su 7 al servizio al cliente, potendo contare su una soddisfacente retribuzione, una buona disoccupazione e tanto tempo libero nei mesi di chiusura dell’hotel o del ristorante in cui sono impiegati.
Questo è come storicamente si presentava il lavoro fino a qualche anno fa. Ora però non è più così, dalla pandemia in poi non solo la richiesta turistica ha subito una evoluzione inaspettata, ma anche le richieste dei lavoratori.
Le risposte che il settore sta riuscendo a dare, tranne pochi casi virtuosi, si basa su dinamiche ormai obsolete che, appunto, andavano bene dieci anni fa: aumento della retribuzione, magari anche fuori busta, caccia ai migliori talenti persino sottraendo personale qualificato alle strutture vicine, la promessa di allungare il periodo occupazionale di qualche settimana per andare a coprire una NASPI sempre più corta e che non tiene conto della natura ricorrente del lavoro stagionale.
Ma come è cambiata la richiesta di lavoro in questi anni, e soprattutto perché? È possibile dare una risposta esaustiva a questa domanda, e qual è la chiave interpretativa di quello che è successo?
Per dare una risposta a questa domanda, dobbiamo tornare indietro nel tempo fino al 1954 quando lo psicologo statunitense Abraham Maslow ha definito il modello motivazionale da tutti conosciuto con il nome di Piramide di Maslow. In questo modello i bisogni delle
persone sono rappresentati graficamente su una piramide. Come in tutte le piramidi la condizione essenziale è che ci sia una solida base; in questo caso questa è occupata da tutti quei bisogni rientranti in una specifica tipologia, quella fisiologica. Salendo nella piramide dei bisogni si va incontro a quelle tipologie di esigenze riguardanti diversi aspetti della vita e difatti non a caso le categorie entro cui rientrano sono dal basso verso l’alto.
In cima alla piramide di Maslow sono rappresentati quei bisogni che forse non sono necessari quanto quelli fisiologici per consentire il mantenimento della salute fisica, ma risultano altrettanto importanti per salvaguardare quella psichica e mentale.
La consapevolezza che nelle persone ci sono vari tipi di bisogni è fondamentale nella formazione di un buon leader aziendale: il buon leader deve garantire che i bisogni in tutti questi livelli siano soddisfatti per fare in modo che i propri collaboratori diano il meglio.
Quello di cui mancano le nostre aziende, in particolare le più piccole o quelle a conduzione famigliare (per non dire “patriarcale o matriarcale”), sono proprio figure di leader che sappiano interpretare i bisogni delle persone secondo criteri di priorità, e di conseguenza strutturare l’azienda al soddisfacimento di questi bisogni.
Ma nel concreto cosa potrebbe fare, per esempio, un’azienda per soddisfare i bisogni dei propri dipendenti?
Autorealizzazione
Moralità, creatività, spontaneità, accettazione, assenza di giudizi
Appartenenza
Amicizia, affetto, intimità sessuale
Autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco
Sicurezza
Fisica, di occupazione, morale, familiare, di salute, di proprietà
Respiro, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi
Partendo dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici potrebbe garantire un salario adeguato, un ambiente di lavoro confortevole e sano, pause regolari. Quindi potrebbe proporre ai propri dipendenti un contratto chiaro, delle politiche di sicurezza sul lavoro e alcuni benefit come una assicurazione sanitaria. Quindi, occupandosi anche di bisogni collocati più in alto nella piramide, potrebbe intraprendere azioni che promuovano una cultura inclusiva, organizzare eventi di team building (a volte basta anche una cena offerta a fine stagione) e facilitare la comunicazione interna per favorire il senso di appartenenza, riconoscere il contributo dei propri collaboratori con riunioni periodiche, condividere con loro l’idea di business dell’azienda.
Le persone non sono spinte a lavorare solo per denaro, ma sono alla ricerca di una crescita umana e professionale. Hanno bisogno che l’azienda per la quale lavorano le apprezzi e restituisca feedback costruttivi. Un buon leader sa valorizzare i successi dei propri collaboratori e crea un ambiente positivo e stimolante, dove le persone si sentono viste e apprezzate.
I lavoratori vogliono evolvere, apprendere e avere opportunità di crescita. Percorsi di carriera, mentoring e formazione continua sono strumenti essenziali per trattenere i talenti e garantire un costante miglioramento delle competenze aziendali. Un’organizzazione che investe nella crescita del personale costruisce un futuro più solido.
La leadership efficace non si limita a dirigere, ma risponde attivamente ai bisogni dei lavoratori. Soddisfare questi bisogni non è solo un dovere etico, ma una strategia vincente per migliorare il clima aziendale, aumentare la produttività e ridurre il turnover.
A questo punto il vero problema non è più solo la carenza di personale, ma la mancanza di visione e di leadership. Non servono solo nuove persone: servono nuove idee, nuovi modelli organizzativi e leader capaci di ascoltare e guidare. Solo così il nostro settore potrà tornare ad attrarre e trattenere i migliori talenti.
Stefano Zilio Keep in Tourism®
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Una ventina di realtà imprenditoriali accompagnate verso l’attestazione delle pratiche virtuose
n un’epoca in cui la sostenibilità è diventata una parola chiave nel dibattito pubblico, nonché criterio imprescindibile nelle scelte dei viaggiatori e nelle politiche delle imprese, il settore turistico si trova a un bivio. Non si tratta più soltanto di “essere green” e cavalcare una tendenza, ma di dimostrare, con dati e procedure alla mano, di operare secondo principi concreti, misurabili e trasparenti. In questo scenario si inserisce un progetto ambizioso e lungimirante: la certificazione di sostenibilità di alcune strutture ricettive del Garda trentino.
Il lago di Garda, con i suoi paesaggi mozzafiato, i borghi curati e l’eccellenza dei servizi offerti, è da anni una delle mete più ambite del turismo nazionale e internazionale. Per mantenere questa attrattività e rilanciarla su nuove basi, serve però un impegno sistemico, strutturato, riconosciuto a livello globale. In quest’ottica è stato avviato un percorso di certificazione secondo i criteri del
Sustainable Tourism Council (Gstc), lo standard di riferimento dell’organizzazione delle Nazioni unite per la sostenibilità nel turismo. Per capire come si traduce in pratica questa sfida e quali impatti reali sta generando sul territorio, abbiamo parlato con Stefania Zanuso, direttrice di Virtou, un’azienda specializzata che accompagna le strutture ricettive nel percorso di certificazione.
Iniziamo dalle basi: cos’è e cosa comporta la certificazione di sostenibilità per le aziende del comparto turistico?
Il Garda trentino ha deciso di adottare un sistema di gestione sostenibile certificato, che porterà il territorio a ottenere, nei prossimi mesi, una vera e propria certificazione di sostenibilità. Il percorso è articolato: da un lato, c’è la certificazione della destinazione in sé, dall’altro, è stato attivato un coinvolgimento diretto degli “stakeholder” locali - in particolare gli alberghi - per accompagnarli verso l’adozione di standard internazionali, come quelli previsti dal Gstc.
Cos’è esattamente il Gstc e perché è così centrale in questo processo?
Il Gstc è un organismo nato su impulso delle Nazioni unite nel quadro degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. È un consiglio globale composto da soggetti pubblici e privati che ha definito i criteri internazionali per la sostenibilità nel turismo. Oggi rappresenta lo standard di riferimento a livello mondiale. Aderire ai suoi criteri significa garantire una gestione che tiene conto dell’ambiente, della cultura, del sociale e dell’economia, secondo parametri rigorosi e condivisi.
Tutti i criteri sono pubblicamente consultabili e sono pensati per essere applicabili anche alle strutture ricettive come gli alberghi.
Gstc rilascia direttamente la certificazione?
No, ed è un punto fondamentale. Il Gstc definisce i criteri, ma la certificazione è rilasciata da enti terzi accreditati, che devono essere a loro volta riconosciuti da organismi di accreditamento internazionali.
Quali sono, concretamente, i criteri richiesti?
I criteri si articolano in quattro macroaree: ambientale, sociale, culturale ed economica. Vanno dalla comunicazione trasparente dell’impegno ambientale all’acquisto di beni sostenibili, dall’adozione di codici etici aziendali alla valorizzazione dei prodotti locali.
Questo garantisce imparzialità: non c’è autovalutazione, né certificazioni interne. È una condizione ormai richiesta anche dalla normativa europea sul “greenwashing”, che impone l’adozione di certificazioni di terza parte per potersi definire sostenibili.
Quante strutture alberghiere hanno aderito finora al progetto?
Al momento sono poco più di venti gli alberghi coinvolti, ma il numero è destinato a crescere. Spesso accade che le strutture attendano di vedere i risultati prima di fare il proprio passo. Ma oggi la sostenibilità non è più un’opzione: è una necessità dettata dal mercato. Aziende, mercati esteri pongono domande precise sull’impatto ambientale di un soggiorno. Sempre più spesso i clienti chiedono attenzione al territorio, prodotti locali, ridu-
zione degli sprechi, trasparenza. Il problema è che molte strutture, pur facendo già scelte virtuose, non sanno comunicarle. Ecco perché lavoriamo anche sul piano della consapevolezza e della comunicazione. È necessario coinvolgere tutta la filiera, a partire dai fornitori.
A che punto siamo del percorso di certificazione?
La maggior parte delle strutture coinvolte stanno lavorando per concludere il processo entro giugno. Siamo nella fase operativa finale: implementazione delle pratiche, adozione di politiche sostenibili, definizione di procedure quotidiane. Una certificazione, per essere tale, richiede processi documentati, tracciabili, trasparenti.
Un family hotel tra accoglienza e impegno ambientale a Riva del Garda
el cuore di una delle zone più suggestive del lago di Garda, l’Hotel La Gioiosa è da decenni un punto di riferimento per l’ospitalità attenta, accogliente e consapevole. La struttura, fondata negli anni Sessanta, è oggi gestita da Petra Mayr e dal marito Klaus Thoma, che hanno raccolto il testimone portando avanti un percorso di evoluzione continua.
Dal 2009 l’hotel si è specializzato nel segmento “Family-Active”, rivolgendosi prin-
cipalmente a una clientela internazionale. Ma è sul fronte della sostenibilità che l’hotel ha costruito negli anni un’identità forte e riconoscibile, oggi valorizzata da un percorso di certificazione GSTC. L’albergo è da molti anni associato alla cooperativa Gestor.
Com’è nata La Gioiosa e come si è trasformata negli anni?
L’hotel è stato acquistato da mio padre, Roman Mayr, negli anni Sessanta. Lui era altoatesino, mentre mia madre, Betti Dürschinger, era tedesca. All’epoca era una struttura semplice, che abbiamo poi ristrutturato più volte, adeguandoci via via alle esigenze del mercato. Dal 2009 abbiamo scelto di specializzarci come “Family-Active” hotel, ed è stata una svolta, trovando nella nostra clientela una crescente attenzione alla sostenibilità. Il nostro mercato di riferimento è sempre stato il turismo di lingua tedesca, proveniente da Germania, Austria e Svizzera.
Insomma, una clientela molto attenta alla qualità e ai valori, compresi quelli ambientali.
Esatto. Il nostro pubblico è sempre stato sensibile ai temi della sostenibilità. E proprio per questo, già dal 1994 abbiamo iniziato a fare scelte precise: chiedevamo ai forni-
tori flaconi grandi per i bagni, la riduzione degli imballaggi, una gestione più efficiente dei consumi. All’epoca però nessuno parlava ancora di certificazioni ambientali.
Avete quindi anticipato molte pratiche oggi considerate standard.
Sì. Per esempio, nel buffet della colazione abbiamo eliminato le monoporzioni già decenni fa, puntando su prodotti sfusi per ridurre gli sprechi. Anche per la biancheria abbiamo adottato un sistema flessibile: invece di cambiarla automaticamente ogni due giorni, come previsto per gli hotel a quattro stelle, lasciamo che siano i clienti a decidere, attraverso un cartellino in camera. E la maggior parte sceglie di non farla cambiare così frequentemente. Un’attenzione che riguarda anche gli asciugamani da piscina: da diversi anni li sostituiamo solo se il cliente lo desidera, in cambio di una piccola donazione a favore dell’ente benefico Sos Bambini. È un gesto semplice, ma significativo: permette di ridurre i lavaggi inutili e sostiene una buona causa. In più, alleggerisce il lavoro delle cameriere ai piani, spesso sotto pressione.
Tutte queste pratiche sono ora confluite nel percorso GSTC. A che punto siete?
Siamo verso la conclusione. Il nostro vantaggio è che molte delle richieste del protocollo già le rispettavamo. La certificazione però ci permette di comunicare meglio ciò che facciamo, in modo strutturato e riconoscibile. Anche perché il turismo sostenibile non è solo ambientale: il GSTC include anche aspetti sociali, come il rispetto dei collaboratori, il sostegno a iniziative culturali locali e l’attenzione al benessere della comunità.
E i clienti apprezzano questa scelta?
Assolutamente sì. Ci capita sempre più spesso che ci chiedano, già in fase di prenotazione, se siamo certificati o quali politiche ambientali adottiamo. Soprattutto i clienti stranieri non scelgono più solo in base al prezzo, ma in base alla coerenza dei valori. E sono disposti a spendere un po’ di più per una struttura attenta all’ambiente e alla responsabilità sociale.
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La nuova tendenza del ‘Foraging’, per ritrovare il contatto con la natura che ci circonda
desso la chiamano Foraging, ma è una pratica vecchia quanto il mondo: la raccolta di erbe selvatiche per uso domestico. Un tempo questi prodotti rientravano nei beni di sussistenza familiare per cui erano protetti da rigidi disciplinari. Ne troviamo traccia spulciando le antiche regole che regolavano l’uso del sottobosco e delle produzioni floristiche spontanee nei prati e nelle malghe. Ancora oggi alcune specie vegetali, considerate particolarmente meritevoli di tutela,
non possono essere in Trentino in alcun modo raccolte, commercializzate o danneggiate: tra queste si ricordano tutte le orchidee, le sassifraghe, i gladioli, i gigli, ma anche l’agrifoglio ed il pungitopo.
Di altre specie è invece consentita la raccolta fino ad un massimo di 5 steli fioriferi: va però evitata l’estirpazione di tuberi e radici.
Per alcune piante, il cui uso rientra nelle antiche consuetudini locali, la quantità
può essere aumentata fino a 0,5-2 chilogrammi a seconda della specie: si tratta ad esempio dell’ortica, dei fiori di achillea, camomilla, biancospino, delle infiorescenze e frutti del sambuco, dei germogli del radicchio d’orso, dei germogli e infruttescenze del luppolo, delle foglie di alloro, di menta e malva e delle gemme e pigne del pino mugo.
La raccolta delle erbe spontanee non si è mai fermata nel tempo ed è entrata nella tradizione popolare, pensiamo ad esempio alla raccolta del tarassaco officinalis (denti di cane), all’asparago di monte, ai germogli di luppolo selvatico (bruscandoli), alla cicoria selvatica ecc.
Quella del Foraging è una pratica riscoperta in questi ultimi tempi, non tanto per l’aspetto economico, quanto piuttosto per un uso diverso dell’ambiente naturale, frutto di una nuova mentalità che individua nel paesaggio anche un aspetto ricreativo, accanto a quello produttivo (pensiamo all’introduzione della selvicoltura naturalistica nella gestione dei boschi) e ci permette di esercitare un’attività all’aperto e di godere dei beni che la natura mette a disposizione.
Andar per bruscandoli, nelle belle giornate di primavera o raccogliere le infiorescenze di acacia è un modo diverso per rimanere a contatto con la natura, divertendosi e respirando aria pura, ma è anche un modo nuovo e creativo per sperimentare nuove ricette culinarie naturali e salutari. Ma non solo, talune erbe selvatiche sono molto indicate per curare piccoli malanni di stagione o per depurare l’organismo. Forse è proprio questo l’aspetto preminente che ha fatto del foraging, un’attività di successo.
Le montagne trentine offrono un ricchissimo patrimonio floristico (basti pensare al Monte Bondone
dove il giardino botanico alpino delle Viote presenta più di duemila specie selvatiche) grazie alle caratteristiche geologiche particolari, al clima e agli ecosistemi variegati.
In cucina le erbe selvatiche possono conferire ai piatti un profumo ed un gusto del tutto particolare, indicate soprattutto per preparare insalate, minestre, risotti e frittate, ma anche dolci, marmellate, tisane, bruschette e liquori, sciroppi, ecc.
Le più diffuse, ma anche le più sicure da riconoscere (è buona norma non raccogliere mai piante sconosciute) sono il Taraxacum officinale (dente di cane), il crescione, l’ortica, la cicoria selvatica, il cardo, i fiori di sambuco, la melissa, i fiori di robinia, menta, camomilla, bruscandoli. Possiamo dire che ogni zona e ogni altitudine presenta una varietà di piante caratteristiche.
Molte di queste piante hanno anche proprietà curative e non è raro trovarle allo stato selvatico dove crescono libere nei prati, lungo le strade, ai margini delle foreste o nel sottobosco. Ricordiamo fra queste, la melissa (di cui si utilizzano specialmente le foglie), che ha proprietà di calmare lo stato di ansia, oppure il crescione, che favorisce la diuresi. Ancora, vi è la bardana per le proprietà antinfiammatorie, la menta per regolare le funzioni intestinali e la digestione, la salvia che stimola l’appetito e migliora la digestione, il sambuco dalle molteplici proprietà benefiche, la stellaria utile nelle infiammazioni, l’aglio orsino per combattere il colesterolo, l’alloro contro il raffreddore.
Un discorso a parte meritano i frutti di molte piante che crescono libere o nel sottobosco e che trovano impiego sia alimentare (come il nocciolo, la castagna, i mirtilli, le more, le bacche di ginepro e biancospino, le fragoline di bosco) o curativo come il pruno selvatico, il fico, le gemme di abete bianco, il pino mugo.
A tutto ciò va aggiunta la grande varietà di funghi e tuberi che si possono trovare in montagna, un altro modo per fare del foraging piacevole e utile.
Al di là delle proprietà alimentari o curative, le erbe e i frutti che crescono spontanei nelle nostre valli offrono un’occasione unica per stare a diretto contatto con la natura e all’aria aperta. Forse la migliore medicina dei giorni nostri.
Alla scoperta delle piante spontanee che arricchiscono i piatti e la vita quotidiana
In un Paese ricco di biodiversità come il nostro - e ancora di più nell’ambiente alpino - è possibile trovare numerose piante commestibili che, se individuate e raccolte correttamente, possono arricchire la nostra dieta con sapori inediti e benefici per la salute.
Se siete curiosi di scoprire le piante selvatiche da usare in cucina, abbiamo selezionato alcune delle più comuni e versatili erbe che è possibile trovare nei boschi, nei
prati del nostro territorio e - guardando attentamente - anche nel giardino di casa.
1. Ortica (Urtica dioica)
Un classico delle erbe selvatiche, nota soprattutto per la preparazione di prelibati risotti, l’ortica è una pianta dalla doppia personalità: pungente e fastidiosa quando entra a contatto con la pelle, quanto fresca, gustosa e ricca di nutrienti una
volta cotta. Le sue foglie possono essere utilizzate in zuppe, torte salate o persino per preparare un particolare e gustoso pesto. L’ortica è una vera miniera di ferro, vitamine A e C, ed è particolarmente apprezzata per le sue proprietà depurative e antinfiammatorie.
2. Dente di leone (Taraxacum officinale)
Il tarassaco è una pianta che cresce praticamente ovunque, dai prati ai bordi delle strade. Lo si impara a conoscere fin da piccoli, per il suo particolare fiore, di un giallo intenso, che si trasforma nel cosiddetto soffione (l’infruttescenza). Le foglie giovani, dal sapore leggermente amaro, sono perfette per insalate fresche, mentre i fiori possono essere utilizzati per preparare gelatine o per aromatizzare sciroppi e bevande. La radice, dopo essere stata bollita o tostata, può essere inoltre trasformata in una bevanda simile al caffè. La pianta, oltre ad essere ricca di vitamine, ha anche proprietà diuretiche.
3. Camomilla (Matricaria chamomilla)
La camomilla è nota soprattutto per le sue proprietà calmanti e rilassanti, ma i suoi fiori sono anche un ingrediente versatile in cucina. Possono essere utilizzati per preparare tisane, ma anche per aromatizzare dol-
ci come torte e biscotti. Inoltre, i fiori freschi possono essere impiegati come guarnizione per piatti dolci e salati, conferendo un delicato profumo di erbe.
4. Menta (Mentha spp.)
La menta è una delle piante aromatiche più conosciute e utilizzate in cucina. Cresce facilmente in giardini e prati e può essere usata fresca o essiccata per insaporire insalate, piatti di carne, yogurt, dolci, e bevande come tè e cocktail. Le sue proprietà digestive la rendono ideale anche come tisana dopo i pasti.
5. Rosa canina (Rosa canina)
Le bacche di rosa canina, note come cinorrodi, sono ricche di vitamina C e possono essere utilizzate in vari modi in cucina. Dopo essere state bollite e setacciate, le bacche possono essere trasformate in marmellate, gelatine o sciroppi. I fiori, invece, sono ideali per preparare tisane e infusi dal sapore delicato e aromatico.
6. Sambuco (Sambucus nigra)
Un’altra pianta selvatica che non può mancare nella lista del foraging è il sambuco. I suoi fiori, bianchi e profumati, sono perfetti per preparare sciroppi e infusi. Le bacche nere, invece, devono essere cotte prima di essere consumate e possono essere utilizzate per preparare marmellate, liquori o salse per accompagnare piatti di carne. Il sambuco è anche noto per le sue proprietà antiossidanti e antivirali.
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7. Borragine (Borago officinalis)
La borragine è una pianta erbacea con fiori blu e foglie pelose. Sebbene le sue foglie debbano essere cotte prima di essere mangiate, sono un ingrediente molto versatile, perfette per zuppe, risotti, frittate e anche per preparare il pesto. I fiori, dal sapore fresco e leggermente cetriolato, possono essere usati per guarnire piatti e insalate.
8. Luppolo (Humulus lupulus)
Il luppolo è noto per il suo utilizzo nella produzione di birra, ma i germogli giovani della pianta sono anche una prelibatezza culinaria. Può essere utilizzato in risotti, zuppe o come contorno. I germogli devono essere raccolti prima che la pianta fiorisca, quando sono ancora teneri e privi di amaro.
9. Aglio orsino (Allium ursinum)
Conosciuto anche come “aglio selvatico”, l’aglio orsino cresce in ambienti boschivi e ha un sapore che ricorda quello dell’aglio comune, ma più delicato. Le sue foglie fresche possono essere usate per preparare pesto, insaporire risotti, o per aromatizzare piatti di carne e pesce. È una pianta dalle potenti proprietà antibiotiche e digestive.
10. Cicoria selvatica (Cichorium intybus)
Simile alla cicoria coltivata, la cicoria selvatica cresce nei prati e nelle zone incolte. Le sue foglie giovani sono ideali per insalate, mentre la radice può essere utilizzata per preparare un’alternativa al caffè, soprattutto in un’ottica di consumo sostenibile. La cicoria è anche un eccellente rimedio naturale per favorire la digestione.
La pimpinella, o anice selvatico, è una pianta dalle proprietà aromatiche, i cui semi vengono utilizzati in cucina per aromatizzare dolci, liquori o piatti salati. Il suo sapore ricorda quello dell’anice e può essere usato in piccole dosi per aggiungere un tocco di freschezza
Le erbette selvatiche sono un tesoro della natura e possono trasformare anche il piatto più semplice in qualcosa di speciale
Ingredienti per 4 persone:
‐ 500 g di erbette selvatiche (tarassaco, ortica, cicoria, borsa del pastore, farinello)
‐ 250 g di ricotta
‐ 2 uova
‐ 50 g di Parmigiano grattugiato
‐ 1 spicchio d’aglio
‐ olio extravergine d’oliva
‐ sale e pepe q.b.
‐ noce moscata
‐ pangrattato
Procedimento:
Lavare bene le erbette selvatiche per eliminare terra o insetti. Sbollentarle per 5 minuti in acqua salata, poi scolarle e strizzarle bene. In una padella far rosolare l’aglio in un po’ d’olio. Aggiungere le erbette tritate grossolanamente e farle insaporire per 5-10 minuti. Lasciare intiepidire.
In una ciotola mescolare la ricotta con le uova, il Parmigiano, le erbette, sale, pepe e una grattugiata di noce moscata. Mescolare fino a ottenere un composto omogeneo.
Versare l’impasto in una pirofila unta e cosparsa di pangrattato. Livellare e spolverare la superficie con un po’ di pangrattato e un filo d’olio.
Cuocere in forno già caldo a 180°C per circa 30-35 minuti, finché la superficie diventa dorata.
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