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I Piccoli frutti, una grande risorsa Trentino all’avanguardia per tecnica e produzione

con l’avanzare della bella stagione la terra offre un’infinità di prodotti. Fra questi spiccano i cosiddetti “piccoli frutti”, come il lampone, la fragola, il mirtillo, il ribes nero e rosso, le more. Si tratta di prodotti conosciuti sin dall’antichità e che hanno il pregio di crescere in maniera spontanea ai margini del bosco, delle strade e negli orti. Sono originati da piccoli arbusti e maturano in genere da giugno a fine ottobre.

Oltre al gusto deciso, che si presta bene per preparazioni dolciarie, questi frutti rappresentano un vero toccasana per la salute, tanto che in tempi antichi erano usati a scopo terapeutico come rimedi per malattie e indisposizioni, in sostituzione dei costosi elisir preparati nelle farmacie. Ne troviamo traccia in molte descrizioni storiche, sia ad uso culinario, sia medico soprattutto a partire dal periodo medievale, quando si scoprirono le loro virtù astringenti, toniche e depurative. Nel Settecento i medici consigliavano il mirtillo contro le coliche biliari, più recentemente, durante la Seconda guerra mondiale, veniva somministrato ai piloti inglesi della Raf per migliorare la vista nelle ore crepuscolari.

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I piccoli frutti, per la loro diffusione e soprattutto la loro grande disponibilità (erano considerati un prodotto secondario del bosco), hanno costituito per molti secoli un'importante integrazione alimentare e di reddito, tanto che venivano raccolti e venduti in piccole quantità per le vie di Trento e Rovereto. Ne troviamo traccia in numerosi scritti di fine XVIII secolo.

Il mirtillo

È il frutto (bacca) di una pianta appartenente alla famiglia delle ericacee che cresce in maniera spontanea in gran parte dell’emisfero settentrionale. È un arbusto perenne, che può misurare dai dieci a 30 centimetri. Con il termine “mirtillo” intendiamo in particolare tre specie: il mirtillo nero, il mirtillo rosso, e il mirtillo gigante americano.

In Trentino diffusissimo è il mirtillo nero o blu scuro, che cresce spontaneamente nel sottobosco di conifere o nelle brughiere moderatamente umide ricche di erba. Oggi viene coltivato anche in serra, costituendo un vero e proprio mercato di nicchia, molto apprezzato dal consumatore e del quale il Trentino è all’avanguardia. Trattandosi di una pianta ubiquitaria, resiste bene al freddo e al caldo, la sua coltivazione è diffusa un po’ dovunque nella nostra provincia con punte significative in Valsugana, e altopiano di Pinè. Oltre all’uso in gastronomia e nell’industria alimentare, al mirtillo sono attribuiti molte proprietà medicinali, in particolare per la sua azione astringente, antisettica e antinfiammatoria. La tradizione popolare attribuisce al mirtillo molte altre virtù perché risulta essere ricco di sostanze benefiche con proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, toniche, oltre ad un buon contenuto di vitamina C.

La fragola

Negli ultimi anni sono aumentate notevolmente le aziende agricole che si dedicano alla coltivazione di questo frutto, considerato la regina dei prodotti del sottobosco, anche a ragione del larghissimo impiego che esso trova nella industria dell’alimentazione.

La fragola è, sotto il profilo botanico, il falso frutto di piccoli arbusti appartenenti alla famiglia delle rosacee e del genere fragaria.

Trattandosi anche questo di un frutto sportano, cresce naturalmente pressoché ovunque, prediligendo terreni soffici, freschi e ombreggiati. Fiorisce nei mesi tra aprile e luglio, ad inizio estate produce i falsi frutti rossi, la cui superficie è punteggiata di semi gialli (i veri frutti). È una pianta perenne, che si adatta bene anche alla coltivazione in serra.

Conosciute sin dai tempi antichi nella varietà selvatica di bosco, le fragole hanno sempre stimolato la fantasia legandole a detti, leggende e narrazioni.

Pare che il nome della pianta derivi dal modo con cui gli antichi romani volevano sottolineare la sua fragranza e l’intenso profumo. Secondo una delle tante leggende, la fragola avrebbe avuto origine dalle lacrime di Venere, che cadendo a terra, alla morte di Adone, avrebbero assunto la forma di cuore. La forma e il colore intenso hanno attribuito alla fragola la nomea di “frutto dell’amore” conferendole, in passato, proprietà afrodisiache.

Più che per le qualità terapeutiche, la fragola è apprezzata soprattutto per il sapore: un gusto ed un profumo inconfondibile ed oltremodo gradito da tutti tanto da entrare addirittura nella preparazione di profumi.

Il lampone

Fra i frutti di bosco più conosciuti e diffusi in Trentino, un posto di primo piano lo occupa il lampone. Lo troviamo spesso nei nostri boschi, dove cresce in maniera spontanea, ma è sem - pre più presente anche nelle serre e nelle coltivazioni agricole dove, assieme a fragola e mirtillo, costituisce un componente importante della filiera alimentare di nicchia.

Dal sapore più delicato, acidulo e sfuggente della fragola, il lampone è il frutto di un arbusto molto diffuso in Europa, il Rubus idaeus, che cresce spontaneamente (tanto da essere considerato talvolta infestante) negli spazi aperti delle foreste. Fiorisce in primavera e il frutto si può raccogliere nel corso di tutta l’estate.

Dall’aspetto inconfondibile rosso, il lampone vanta un’antica tradizione popolare di frutto benefico, sia sul piano alimentare, sia terapeutico. Greci e Romani lo coltivavano, oltre che per scopo nutrizionale, anche per preparazioni medicinali, attribuendogli proprietà rilassanti. È nel medioevo, però, che il lampone assume valenza di frutto medicinale, grazie ai monaci che lo preparavano sotto forma di decotti. Di difficile conservazione i lamponi vengono consumati prevalentemente freschi o surgelati ed entrano in molte preparazioni alimentari.

Il ribes

Forse il meno diffuso, ma non per importanza e gusto, il ribes è una pianta originaria dell’Europa occidentale ed è un arbusto che fruttifica molto bene anche in Trentino. A differenza degli altri piccoli frutti, raramente il ribes cresce spontaneamente, ma viene coltivato come pianta da siepe o cespuglio nelle sue tre diverse specie: ribes rosso, nero e bianco.

Il ribes rosso, quello più diffuso nelle nostre zone, è il frutto di un arbusto che può raggiungere il metro e mezzo di altezza i cui rami portano grappoli di bacche rosse, dal sapore gustoso e un po’ acidulo, tondeggianti e piuttosto piccole. Cresce ovunque, accontentandosi di quasi tutti i terreni, e fruttifica nel corso dell’estate. Si presta a molti usi alimentari, però va consumato subito o trasformato, poiché tende a degradarsi rapidamente.

Chiamato anche la bacca di san Giovanni, perché nell’antichità si raccoglieva nel solstizio d’estate, il ribes rosso era considerato un portafortuna e, assieme a quello nero, gli erano attribuite proprietà per combattere la depressione, allontanare i cattivi pensieri e anche per prevenire la peste. Al giorno d’oggi trova un largo impiego per uso alimentare, sia mangiato al naturale, sia per la preparazione di macedonie, marmellate, gelatine sciroppi, gelati, e conserve.

Le more di rovo

Le more, o meglio more di rovo, sono i frutti di un arbusto spinoso appartenente alla famiglia delle Rosacee, che cresce spontaneamente lungo le strade, le radure erbose o ai margini del bosco. Da non confondersi con le more di gelso che invece fruttificano sull’albero che un tempo veniva coltivato nell’alimentazione dei bachi da seta. Le more di rovo sono in grado di propagarsi con grande facilità, tanto da essere considerate una pianta infestante.

Trattandosi di una pianta selvatica, pressoché ubiquitaria, le more selvatiche sono entrate nella dieta di popoli antichi, ci sono testimonianze tramandate dai greci e dai romani. Secondo Plinio, le more, oltre a rappresentare un ottimo alimento per la gente, potevano guarire dal veleno dei serpenti e dalla puntura degli scorpioni. La tradizione popolare poi vuole che i suoi frutti non vengano raccolti dopo l’11 ottobre perché, per una maledizione, i frutti si coprono di muffa e diventano immangiabili. In cucina le more trovano largo impiego nella preparazione di marmellate, yogurt, crostate, gelati, sciroppi o liquori.

L’amarena

Seppur la ciliegia non rientri ufficialmente nel novero dei piccoli frutti, vi sono alcune varietà che, crescendo spontaneamente e, generalmente, ai margini delle foreste assumono la nomea di frutti di bosco. Stiamo parlando delle marasche, le amarene e le visciole, vere e proprie ciliegie che vengono considerate frutti minori. Sono bacche che si differenziano dalle ciliegie per la loro dimensione, il colore e il sapore. Le marasche sono di colore rosso che tende al nero e dal gustoso più acido e amarognolo. Le amarene sono di colore rosso chiaro dal sapore tra l’amaro e l’acido. Le visciole hanno invece un sapore agro dolce dal colore rosso porpora. Il loro impiego non è adatto per l’uso da tavola, ma si prestano bene per la preparazione di marmellate, confetture, liquori (il maraschino) e sono molto ricercate per essere messe sotto spirito.

Il nocciolo

Concludiamo questa carrellata con il nocciolo, che pur non rientrando fra i piccoli frutti coltivati, rientra a pieno titolo fra i frutti di bosco spontanei: si tratta di una pianta molto diffusa nelle nostre zone e dalle grandi potenzialità. Cresce in genere ai margini dei boschi, lungo le strade e negli spazi silvestri moderatamente soleggiati. La pianta del nocciolo ha una crescita rapida e generalmente un portamento cespuglioso; riveste un ruolo importante nella costituzione dei boschi cedui e contribuisce alla salvaguardia idrogeologica del terreno.

Il frutto, la nocciola, rappresenta un alimento gustoso ricco di calorie e di sostanze nutritive (quali grassi e proteine). È molto usato nell’industria dolciaria, ma spesso è sottovalutato nelle diete e in cucina.

L’Italia è il secondo produttore mondiale di nocciole, la cui produzione è quasi interamente assorbita dall’industria dolciaria. In regione, nonostante sia ampiamente presente nelle zone a vegetazione spontanea della collina e della montagna, non sono presenti grandi impianti specializzati. In prospettiva, il nocciolo può divenire un valido strumento per valorizzare superfici marginali, anche montane, dove sviluppare una piccola produzione di elevata qualità.

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