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Il Trento Doc nell’Olimpo delle bollicine

Il parere di Roberto Anesi titolare di “El Pael”

nell’articolato e interessante mondo della ristorazione trentina, un posto di primo piano lo riveste sicuramente il ristorante “El Pael” di Canazei, che da 28 anni coniuga sapientemente tradizione e modernità con un’offerta culinaria di alto livello. Il nome - ci ricorda il titolare Roberto Anesi - deriva dal ladino “il paiolo”, pensato e voluto proprio in onore di un vecchio paiolo per la polenta, uno dei pochi oggetti che, al termine della seconda grande guerra, il nostro nonno materno riuscì a riportare a casa al ritorno dalla Russia.

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Ristoratore da 28 anni, da quando ha rilevato nel 1994 il ristorante dalla zia, è stato aiutato sin dall’inizio dall’allora fidanzata Manuela che poi è diventata la moglie. Un anno fa è stata fatta una ristrutturazione importante, aggiungendo così ad una ristorazione qualificata, anche una bella cornice che ha arricchito l’offerta.

Ma Roberto Anesi non è solo un bravo ristoratore è anche un affermato sommelier professionista, tanto che nel 2017 ha vinto il titolo di miglior sommelier d’Italia, diventando anche ambasciatore nel mondo del Trento Doc. Inevitabile a questo punto parla - re di vini ed in particolare del Trento DOC, un prodotto che si sta affermando nel mondo.

Parliamo delle bollicine di montagna, quindi una delle massime espressioni territoriali del metodo classico in un territorio di eccellenza che è il Trentino.

L’ambiente del Trentino non ha pari nel mondo nella produzione di bollicine: un territorio così severo come la nostra montagna, con le sue escursioni termiche, le sue latitudini, con i suoi vigneti su terreni molto pendenti, dove l’esposizione e il clima permettono di produrre vini di freschezza, di verticalità, di salinità, molto moderni, non ha eguali.

Il metodo è quello del Trento Doc: il classico Champenoise che si differenzia in maniera determinante da altre produzioni e con il quale si ottengono le bollicine più raffinate, più eleganti, più importanti insomma. La zona produttiva in Trentino conta ormai 110 ettari, le uve sono d’eccellenza: lo Chardonnay e, in seconda battuta, il pinot nero, che fra l’altro è un vitigno molto più esigente sotto il punto di vista pedoclimatico. La pro - porzione è a favore dello Chardonnay anche perché storicamente questo vitigno, che è arrivato in Italia tramite Giulio Ferrari, agli inizi del secolo scorso, è sempre stato prodotto in volumi importanti. Quindi c’è sempre stato un forte legame fra la terra trentina e questo vitigno. Oggi il Trentino è il più grande produttore di Chardonnay d’Italia.

Come si sposa questo vino a tavola?

Il Trento Doc ha grande versatilità a tavola. Per le sue caratteristiche è un prodotto di grande sapidità, di grande freschezza che lo rende facilmente abbinabile a 360 gradi a seconda anche delle tipologie che vengono scelte. Ad esempio, ci possono essere dei millesimi o dei dosaggi zero che hanno abbinabilità ai primi piatti, antipasti o risotti, sino ad arrivare a riserve che si abbinano bene con pianti molto più strutturati come quelli di carne bianca o rossa oppure a pizze un po’ più elaborate.

Quindi parliamo di un prodotto ormai di largo consumo?

È importante mettere in evidenza che ormai il metodo classico non si stappa solo nelle feste o in occasioni importanti, ma diventa il compagno ideale di quasi tutti i piatti. Io, ad esempio, lo trovo molto intrigante con la selvaggina.

Il Trento Doc è garantito da un disciplinare.

Di che cosa si tratta?

Essendo regolato dalla denominazione di origine controlla deve rispondere a un disciplinare che prevede l’utilizzo di quattro tipologie di uve, prevede una sosta minima sui lieviti, a seconda delle tipologie, dai 15 ai 24 e ai 36 mesi. Però è importante mettere in evidenza che ci sono delle caratteristiche intrinseche nel Trento Doc, molto legate alla morfologia e al territorio trentino, che rendono il metodo classico capace di evolvere e di subire lunghi affinamenti sui lieviti arricchendosi sì ma senza mai che questi dominino il carattere portato dai vitigni. Ecco perché noi diciamo che il disciplinare del Trento doc viene piacevolmente disatteso dai produttori perché molto spesso viene addirittura raddoppiato, rispetto a quella che è la richiesta del disciplinare. Molto spesso i mellesimati arrivano ad un affinamento sino a 48, 60 mesi e questo affinamento prolungato permette ai vini di arricchirsi dal punto di vista aromatico, della complessità, dell’eleganza, della finezza mantenendo però il carattere del frutto.

Che mercato ha il Trento doc ? È un mercato in crescita, negli ultimi anni oramai abbiamo toccato nove o dieci milioni di bottiglie prodotte; le quote di mercato sono importanti per il mercato domestico, con un export che si attesta sul 15%.

Nei confronti degli altri vini come si pone?

Non si possono paragonare metodi classici di territori diversi. La Franciacorta, ad esempio, è un metodo classico che porta le caratteristiche di quel territorio, mentre il Trento Doc porta altre caratteristiche. L’ambiente che abbiamo noi non ce l’ha nessun altro. Sicuramente negli ultimi anni ha riscosso molti successi a livello internazionale e i favori della critica professionale. Al giorno d’oggi Trento Doc si è piazzato nell’olimpo mondiale delle bollicine.

Un famoso giornalista, guru mondiale delle bollicine, nell’ultimo campionato mondiale dei vini, ha detto che ormai nel mondo, dopo la Champagne, la regione più importante è il Trentino con il suo Trento Doc. Del resto, negli ultimi anni il Trento Doc ha fatto incetta di premi e di riconoscimenti internazionali.

E di Gestor, cosa può dire?

Credo che sia un’ organizzazione molto efficiente. Dopo quello che è successo negli ultimi anni con la lievitazione dei prezzi, avere qualcuno che fa anche da calmiere è importante. Soprattutto in questo momento post pandemia, con le difficoltà legate alla reperibilità della merce, l’aumento dei costi, delle materie prime… Sapere che c’è qualcuno a cui puoi rivolgerti significa davvero molto.

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