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“Autunno” di Francesco Arcimboldo(1527- 1593).
Testata giornalistica registrata
presso il Tribunale di Milano: n°258 del 17/10/2018 ANNO 7, n.8
“Amoglianimali” Bellezza
Da leggere (o rileggere)
Da vedere/ascoltare
Di tutto e niente
Il desco dei Gourmet
Il personaggio
Il tempo della Grande Mela
Comandacolore
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Classe 1951, laureata in Lettere moderne e giornalista scientifica, mi sono sempre occupata di medicina e salute preferibilmente coniugate col mondo del sociale. Collaboratrice ininterrotta del Corriere della Sera dal 1986 fino al 2016, ho introdotto sulle pagine del Corsera il Terzo settore, facendo conoscere le principali Associazioni di pazienti.Ho pubblicato più libri: il primo- “Pronto Help! Le pagine gialle della salute”- nel 1996 (FrancoAngeli ed.) con la prefazione di Rita Levi Montalcini e Fernando Aiuti. A questo ne sono seguiti diversi come coautrice tra cui “Vivere con il glaucoma”; “Sesso Sos, per amare informati”; “Intervista col disabile” (presentazione di Candido Cannavò e illustrazioni di Emilio Giannelli).
Autrice e conduttrice su RadioUno di un programma incentrato sul non profit a 360 gradi e titolare per 12 anni su Rtl.102.5 di “Spazio Volontariato”, sono stata Segretario generale di Unamsi (Unione Nazionale Medico-Scientifica di Informazione) e Direttore responsabile testata e sito “Buone Notizie”.
Fondatore e presidente di Creeds, Comunicatori Redattori ed Esperti del Sociale, dal 2018 sono direttore del magazine online Generazioneover60.
Quanto sopra dal punto di vista professionale. Personalmente, porto il nome della Fanciulla del West di Puccini (opera lirica incredibilmente a lieto fine), ma non mi spiace mi si associ alla storica fidanzata di Topolino, perché come Walt Disney penso “se puoi sognarlo puoi farlo”. Nel prossimo detesto la tirchieria in tutte le forme, la malafede e l’arroganza, mentre non potrei mai fare a meno di contornarmi di persone ironiche e autoironiche. Sono permalosa, umorale e cocciuta, ma anche leale e splendidamente composita. Da sempre e per sempre al primo posto pongo l’amicizia; amo i cani, il mare, il cinema, i libri, le serie Tv, i Beatles e tutto ciò che fa palpitare. E ridere. Anche e soprattutto a 60 anni suonati.





è presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e responsabile della Sezione di Sessuologia della S.I.M.P. Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Ha partecipato a numerose trasmissioni televisive e come esperto di sessuologia a numerosi programmi radiofonici. Per la carta stampata collabora a varie riviste.
è un’autorità nella chirurgia estetica genitale maschile grazie al suo lavoro pionieristico nella falloplastica, una tecnica che ha praticato fin dagli anni ‘90 e che ha continuamente modificato, migliorato e perfezionato durante la sua esperienza personale di migliaia di casi provenienti da tutto il mondo
PLASTICO presidente Fondatore dell’I.S.P.L.A.D. (International Society of PlasticRegenerative and Oncologic Dermatology), Fondatore e Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis, è anche direttore editoriale della rivista Journal of Plastic and Pathology Dermatology e direttore scientifico del mensile “Ok Salute e Benessere” e del sito www.ok-salute.it, nonché Professore a contratto in Dermatologia Plastica all’Università di Pavia (Facoltà di Medicina e Chirurgia).
è sicuramente il più conosciuto tra i medici veterinari italiani, autore di manuali di successo. Ha cominciato la professione sulle orme di suo padre e, diventato veterinario, ha “imparato a conoscere e ad amare gli animali e, soprattutto, ad amare di curare gli animali”. E’ fondatore e presidente della Onlus Amoglianimali, per aiutare quelli più sfortunati ospiti di canili e per sterilizzare gratis i randagi dove ce n’è più bisogno.
giornalista scientifico, dopo aver girovagato per il mondo inseguendo storie di virus e di persone, oscilla tra Roma e Spoleto, collaborando con quelle biblioteche e quei musei che gli permettono di realizzare qualche sogno. Lettore quasi onnivoro, sommelier, ama cucinare. Colleziona corrispondenze-carteggi che nel corso del tempo realizzano un dialogo a distanza, diluendo nella Storia le storie, in quanto “è molto curioso degli altri”.





classe 1957, medico mancato per pigrizia e giornalista per curiosità, ha scoperto che adora ascoltare e raccontare storie. Nel tempo libero, quando non guarda serie mediche su una vecchia televisione a tubo catodico, pratica Tai Chi Chuan e meditazione.
Per Generazione Over 60, ha scelto di collezionare ricordi e riflessioni in Stile Over.
Barese per nascita, milanese per professione e NewYorkese per adozione. Ha lavorato in TV (Studio Aperto, Italia 1), sulla carta stampata (Newton e Wired) e in radio (Numbers e Radio24). Ambasciatrice della cultura gastronomica italiana a New York, ha creato Dinner@Zia Flavia: cene gourmet, ricordi familiari, cultura e lezioni di vera cucina italiana. Tra i suoi ospiti ha avuto i cantanti Sting, Bruce Springsteen e Blondie
Milanese DOC, classe 1957, una laurea in Agraria nel cassetto. Per 35 anni nell’industria farmaceutica: vendite, marketing e infine comunicazione e ufficio stampa. Giornalista pubblicista, fumatore di Toscano e motociclista della domenica e -da quando è in pensione- anche del lunedì. Guidava una Citroen 2CV gialla molto prima di James Bond.
COMANDACOLORE è uno Studio di Progettazione Architettonica e Interior Design nato dalla passione per il colore e la luce ad opera delle fondatrici Antonella Catarsini e Roberta D’Amico. Il concept di COMANDACOLORE è incentrato sul tema dell’abitare contemporaneo che richiede forme e linguaggi mirati a nuove e più versatili possibilità di uso degli spazi, tenendo sempre in considerazione la caratteristica sia funzionale che emozionale degli stessi.
MONICA SANSONE VIDEOMAKER
operatrice di ripresa e montatrice video, specializzata nel settore medico scientifico e molto attiva in ambito sociale.
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Generazione F
Ma per fortuna non esistono più le mezze stagioni! Editoriale di Minnie Luongo
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Non è (solo) Halloween: il mistero della paralisi del sonno Di Edoardo Rosati
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Foto d’autore Autunno Di Francesco Bellesia
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L’autunno è colore e cambiamento Di Rosa Mininno

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Versi Di...versi
Presagi di freddo
Di Bruno Belletti
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Leone ascendente giornalista
Quel ricordo più caldo di una sciarpa di lana
Di Luciano Ragno
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Di tutto e niente
Il tempo rubato
Di Andrea Tomasini
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Dal nostro archivio
Crisi di coppia in autunno
Dottor Marco Rossi

EDITORIALE

A Dio piacendo, sembrano non esserci più le mezze stagioni. Ho già avuto modo di dirlo ma approfitto per ribadirlo: non essendo io persona da mezze misure, ne deriva di conseguenza che non ho mai potuto sopportare né la primavera né l’autunno, esistendo l’inverno e soprattto l’estate… In un tema alle elementari (anche di questo avevo accennato) scrissi quanto odiassi l’ipocrita e sdolcinata primavera con i suoi uccellini cinguettanti e le campane festanti, facendo fare un salto sulla sedia alla maestra Maria Marini che, nella mia veste di prima della classe tutta compìta e perbenino, deduceva amassi i colori pastello e i toni smorzati.
Nulla di più sbagliato. Sono da sempre contraria alle emozioni tiepide (“morbide”, come le definisce una mia cara amica): parteggio per l’odio e la passione, ma mai per l’indifferenza o a ciò che può assomigliarci. A costo di soffrire come una bestia. Ma volete mettere l’esplosione dell’estate, con il sole che abbaglia e il blu che ti entra fin dentro le budella?
Posso a malapena ammettere l’inverno, perché stagione complementare all’ estate….ma non è e non sarà mai la stessa cosa per l’autunno.
E poi, sinceramente, che senso ha questa ossessione per le foglie che cambiano colore? Sarà pure uno spettacolo, ma dopo una settimana diventa tutto uguale: marrone, giallo, rosso … e basta!! Che senso ha vivere in un posto dove non si può nemmeno godere del sole, visto che le giornate si accorciano inesorabilmente? L’autunno è come un vecchio amico che non sai mai quando andrà via: sembra simpatico all’inizio, ma poi diventa solo una scusa per lamentarsi del tempo. Eppure, nonostante tutto, c’è chi si ostina ad amare l’autunno. Forse perché porta le castagne, forse perché porta il vino novello….Fatto sta che per me l’autunno rimane la stagione più sopravvalutata.
Chiedendo scusa agli amanti del “foliage” (il noto fenomeno naturale che si verifica quando le foglie degli alberi decidui cambiano colore, passando dal verde a una gamma di tonalità che vanno dal giallo dorato al rosso fuoco, fino a intense sfumature di arancione e marrone), rivendico il sacrosanto diritto ad amare una sola stagione, quella in cui sono nata e che non mi stanca nè delude mai. Correre zampettando da un ombrellone all’altro per evitare vesciche ai piedi sotto il solleone, riuscire a sudare perfino dalle ciglia, lasciarsi andare con voluttà nell’acqua del mare in cui nuotare, per perdersi e ritrovarsi. Solo questo a mio parere (e presumo per pochi altri) rappresenta “il momento dell’essere”, per citare Virginia Woolf.

Detto ciò, buon autunno!


DEL SONNO
Se la notte del 31 ottobre vi sembrasse di non potervi muovere e di percepire una presenza accanto a voi…, beh: non è (solo) Halloween. È il vostro cervello che, per un istante, si diverte a farvi paura
Di Edoardo Rosati – giornalista medico- scientifico

“L’incubo” di Johann Heinrich Füssli (1781)
Zucche illuminate, dolcetti repellenti e brividi garantiti: è Halloween, la notte in cui la paura fa spettacolo. Ma c’è un incubo ben più reale di qualunque leggenda: quello che ci inchioda nel letto, gli occhi sbarrati, la muscolatura ibernata, il corpo inerte, incapace di muovere un solo dito. È la paralisi del sonno.
Ricordate il celeberrimo dipinto? Una giovane donna dorme abbandonata sul letto, il capo piegato di lato, un braccio che scivola verso il vuoto. Un folletto maligno giace sul suo petto, mentre dal buio emerge una cavalla dai globi oculari vitrei. È L’incubo di Johann Heinrich Füssli (1781), forse l’immagine più potente che

l’arte abbia mai dedicato ai terrori notturni. E che, più di ogni zucca ghignante, racconta l’angoscia universale di chi si sveglia nel buio, incapace di muoversi, mentre qualcosa ─ o qualcuno ─ sembra osservarlo…
La scienza chiama oggi il fenomeno sleep paralysis , ma i sintomi suonano come un perfetto racconto dell’orrore. Ci si risveglia coscienti durante la fase REM, quella dei sogni vividi, ma il corpo resta cristallizzato nel blocco fisiologico che di norma protegge ─ noi e chi ci sta accanto ─ dai movimenti inconsulti indotti dall’esperienza onirica. In quei momenti si è vigili ma prigionieri delle proprie membra. E la paura, eccola!, prende il sopravvento. Un’angoscia arcaica, che andrebbe ricollegata a un’attivazione dell’amigdala – il centro cerebrale che gioca un ruolo cruciale nella gestione delle emozioni – e innesca visioni tanto reali quanto perturbanti. Fino al 20% dei giovani adulti vive almeno una volta nella vita questa esperienza: il cervello è sveglio, ma i muscoli dormono ancora. E il torace, stretto da una forza impalpabile, non riesce a reagire.
Il cinema poteva restarne indifferente? Certo che no. Nel film Slumber – Il demone del sonno (2017), diretto da Jonathan Hopkins, una neurologa tenta di spiegare razionalmente l’incubo di un bambino perseguitato da una presenza malvagia : «Credi di essere sveglio, ma il tuo cervello sta ancora sognando ! » . Eppure, proprio come nell’ Esorcista , la scienza finisce presto per arrendersi al mito. Dietro il disturbo del piccolo paziente, si cela Nocnitsa , la strega della notte della tradizione slava, che ruba l’energia vitale dei dormienti. La pellicola si apre con una sequenza di voci, testimonianze di chi ha sperimentato il disagio: «Se ne stava ai piedi del letto… Non aveva una faccia… Mi sveglio, ma non posso muovermi… È come se fossi paralizzato… Mi arriva questa forza sul petto che opprime… Era come se il buio m’ingoiasse… L’Uomo Ombra è violentissimo… Quella vecchia strega mi prende e io penso che morirò». Parole che sembrano provenire da un incubo collettivo, ma che la neurofisiologia riconosce come il riflesso amplificato di un cervello sveglio intrappolato nel corpo apatico. Eppure, ascoltandole, chi non penserebbe per un attimo che qualcosa di malefico abbia davvero attraversato la camera da letto?
Indugia sul fenomeno anche il documentario The Nightmare (2015) di Rodney Ascher, dove otto persone raccontano le proprie notti con gli Uomini Ombra: figure scure, dai contorni sfumati, che si muovono lente nella stanza, spesso guidate da un essere più alto, con un cappello a larga tesa. «Sembra che tutta l’oscurità prenda vita», dice uno di loro. Alcuni rifiutano l’idea che si tratti di un semplice guasto neurologico e parlano invece di un “tiro alla fune” tra Bene e Male, come se il sonno fosse il portale segreto verso una realtà “altra”…
Del resto, ogni Paese vanta i suoi demoni del sonno. L’Italia ne è piena: nelle Marche e in Abruzzo c’è la Pandafeche, strega o gatto spettrale che si posa sul petto dei dormienti (la cinematografia nostrana non ha resistito al fascino del tema: ispirato da queste suggestioni: Emanuele Scaringi ha firmato nel 2022 Pantafa , con Kasia Smutniak, un horror in cui la paura si condensa nel buio sospeso di un remoto villaggio di montagna); il Piemonte ospita la Carcaveja, la “vecchia che preme”; in Romagna vagola il Mazapégolo, ibrido tra un gatto e una scimmietta; in Sardegna si aggira l’Ammuntadore che muta forma a seconda della vittima; a Lucca danza il Linchetto; a Napoli il Munacieddu siede sulla pancia dei malcapitati; nel Salento Lu Lauri -

eddhu soffoca uomini e donne nel sonno; e perfino nei Grigioni svizzeri si parla del Derscialet, un perfido diavoletto che si accovaccia sul petto dei montanari. Un’enciclopedia di mostriciattoli notturni, scaturiti secoli prima che la neurologia svelasse la fase REM, ma sorprendentemente coerenti con la sua fisiologia. E così, mentre nella notte di Halloween i bambini mascherati bussano alle porte per reclamare dolcetti, gli adulti possono ritrovarsi a fare i conti con un’altra, più disturbante incarnazione dell’oscurità: quella che sopraggiunge quando il corpo riposa ma la mente veglia. Forse è per questo che L’incubo di Füssli ci inquieta ancora: perché parla di qualcosa che non appartiene unicamente alla sfera della narrazione fantastica, ma alla nostra biologia più profonda. E se la notte del 31 ottobre, nel silenzio ovattato della stanza, vi sembrasse di non potervi muovere e di percepire una presenza accanto a voi…, beh, ricordate: non è (solo) Halloween. È il vostro cervello che, per un istante, si diverte a farvi paura!

Ci sono raccomandazioni basiche su cui concordano medici e specialisti. Anche se ripetute in passato, vale sempre la pena tenerle a mente
A cura della Redazione

Prevenzione
1. Vaccinazione antinfluenzale: è importante vaccinarsi contro l’influenza per prevenire complicazioni. 2. Igiene personale: lavarsi frequentemente le mani, soprattutto dopo aver toccato superfici in spazi pubblici.
3. Evitare il fumo: può peggiorare le condizioni respiratorie (Non fumare è una raccomandazione per tutte le stagioni e per tutte le età).
Attività fisica
1. Camminare: fare passeggiate regolari all’aperto, se possibile, per mantenere la mobilità e la salute cardiovascolare.
2. Esercizi indoor: se il tempo non lo permette, fare esercizi indoor come stretching, yoga o Tai Chi. 3.Utilizzare ausili: usare bastoni, deambulatori o altri ausili per aiutare la mobilità.
1. Mangiare frutta e verdura di stagione: consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno per mantenere un sistema immunitario sano.
2. Bere acqua: almeno 8 bicchieri di acqua al giorno per mantenere l’idratazione.
3. Evitare cibi pesanti: in genere evitare cibi difficili da digerire, come quelli fritti o grassi.
1. Illuminare la casa: assicurarsi che la casa sia ben illuminata per prevenire incidenti domestici.
2.Rimuovere eventuali ostacoli: rimuovere ostacoli, che possano essere causa di tripping hazards e di conseguenti possibili cadute.
3. Utilizzare dispositivi di aiuto: soprattutto corrimani e scalini, al fine di aiutare al meglio la mobilità.


All’Autore serve una sola parola per illustrare il suo scatto. Rami quasi secchi, foglie accartocciate, qualche ghianda ed è subito Autunno.

Sono nato ad Asti il 19 febbraio del 1950 ma da sempre vivo e lavoro a Milano. Dopo gli studi presso il liceo Artistico Beato Angelico ho iniziato a lavorare presso lo studio di mio padre Bruno, pubblicitario e pittore. Dopo qualche anno ho cominciato ad interessarmi di fotografia, che da quel momento è diventata la professione e la passione della mia vita.
Ho lavorato per la pubblicità e l’editoria ma contemporaneamente la mia attenzione si è concentrata sulla fotografia di ricerca, libera da vincoli e condizionamenti, quel genere di espressione artistica che oggi ha trovato la sua collocazione naturale nella fotografia denominata FineArt.
Un percorso parallelo che mi ha consentito di crescere e di sviluppare il mio lavoro, una sorta di vasi comunicanti che si sono alimentati tra di loro. Molte sono state le mostre allestite in questi anni e molte le manifestazioni alle quali ho partecipato con premi e riconoscimenti.
Continuo il mio percorso sempre con entusiasmo e determinazione… lascio comunque parlare le immagini presenti sul mio sito.
Una stagione incredibile, paragonabile a quell’età che si pone tra la maturità e la senilità
Di Rosa Mininno – psicoterapeuta, presidente della Scuola Italiana di Biblioterapia

I paesaggi con mille sfumature di gialli, marroni, verdi, rossi allietano la vista e inducono uno stato di calma e di riflessione. Ma l’autunno, come tutte le stagioni, è anche un tempo di cambiamento. È tempo di raccogliere le olive mature dagli ulivi diversi, unici nella forma, come ciascun essere umano. Tempo di vendemmia, ma l’autunno è anche tempo di rivedere alcune situazioni personali che stiamo vivendo, che ci trasciniamo da tempo, che ci ostacolano e ci bloccano lasciandoci vivere senza vivere pienamente.
A volte abbiamo bisogno di farci veramente tanto coraggio per prendere delle decisioni, per capire a che punto siamo della nostra vita e dove vogliamo arrivare, con chi vogliamo arrivarci e magari arrivarci anche da soli, senza paura di metterci in gioco e di scoprire qualcosa di noi che ancora non conosciamo. Molte sono le sfumature affettive che colorano le nostre relazioni. Molti i colori che le alimentano. Amori e amicizie che forse hanno bisogno di un rinnovamento, di una riflessione, di una nuova valutazione. Ci sono rami secchi nella nostra vita che a volte stanno lì per anni e che non abbiamo il coraggio di recidere aspettando
che cadano da soli. E invece no. Bisogna avere il coraggio di recidere quei rami secchi per andare avanti nella vita, per non spegnere la propria luce, per poter esplorare ancora il mondo e se stessi.
L’autunno è paragonabile a quell’età che si pone tra la maturità e la senilità . La vecchiaia si è spostata più in là . Sembra essere la stagione della riflessione che si accompagna al fuoco nel camino, al tepore di una coperta, alla lettura di un libro coinvolgente, alla compagnia di un animale, al desiderio di condividere con amici momenti e argomenti Tempo dell’attesa, del silenzio, del vento e dello sguardo che si posa su se stessi, sugli altri, sui paesaggi interiori attraversati, sui paesaggi immaginati, sui paesaggi naturali. È il rumore dei nostri passi tra le foglie nei boschi, distese come un mare sulla terra, sul terreno a volte sconnesso. Accompagna i nostri pensieri, le nostre voci. L’autunno è un tempo di preparazione all’inverno che verrà, a quella morte simbolica della natura che ci ricorda la caducità della nostra vita, la fragilità della nostra esistenza, la necessità espressiva della nostra mente, la necessità del calore e del nutrimento per il nostro corpo. Ben vengano allora momenti conviviali in cui mangiamo castagne e dolci o una bella minestra insieme a persone che conosciamo, amici, famiglia, ma anche sconosciuti che potrebbero diventare conoscenze, amici, amori.

L’autunno è bellezza malinconica, quella malinconia ontologica che ci ricorda la nostra solitudine ontologica. Eppure abbiamo radici comuni con tutti gli esseri umani del mondo. In ogni cultura ritroviamo archetipi che ci mettono in relazione tra noi. Immagini mentali che ci appartengono dai tempi dei tempi. Non è facile parlare della bellezza della natura in questo tempo storico in cui siamo sommersi e bombardati da immagini di distruzione, di dolore, di disperazione, di morte. Non è facile parlare della bellezza dell’autunno quando assistiamo impotenti ad aggressioni, paure, vite falcidiate in fila per una ciotola di riso, per una goccia d’acqua. Non è facile parlare della bellezza quando questa in diverse parti del mondo è stata aggredita, annientata, falciata, distrutta. E allora questo contrasto è fortissimo tra le sfumature bellissime dei colori delle foglie sugli alberi autunnali e la bruttezza orrenda della guerra, della stupidità umana, degli aridi, cini -
ci interessi speculativi, finanziari di certi personaggi che nei loro deliri di onnipotenza narcisistica vogliono comandare nel mondo e assoggettarci tutti.
E’ un contrasto fortissimo e doloroso. L’autunno sembra essere un tempo di pace, di dialogo, di attesa serena. Non dobbiamo perdere la capacità di stupirci, di meravigliarci di fronte alla bellezza della natura che cambia, delle persone, dei gesti e delle parole cortesi, di una mano che si tende ad aiutare, di un buongiorno, di una buona sera tra sconosciuti, per strada o sul pianerottolo di un palazzo. Non dobbiamo perdere la capacità di leggere le sfumature, i diversi colori della mente che cambia con l’età, con la vita su quella time line che tutti percorriamo e sulla quale inciampiamo a volte, cadendo, rialzandoci. Quel percorso non lineare in cui si formano nodi che una psicoterapia ci aiuta a sciogliere.
“Restiamo umani” è stato un grido nelle manifestazioni di questi ultimi tempi per la pace . Sembra che nell’animo umano ci sia solo l’inverno e che non ci siano più le stagioni della primavera, dell’autunno, dell’estate

Dobbiamo restare umani e colorarci di tutti i colori che la natura ci insegna a vedere Quella Madre Natura che ci ha accolti quando noi siamo nati, per così dire,inconsapevolmente. E allora dobbiamo essere grati alla vita, alla natura, a noi stessi per la nostra volontà di restare umani e tendere la mano a chi ne ha più bisogno in questo deserto affettivo che sembra radicato nell’animo umano.
L’autunno ci ricorda la nostra fragilità, la nostra umanità, i nostri colori, le nostre sfumature, le nostre ombre, il nostro calore, le nostre coscienze, le nostre paure, le nostre debolezze, ma anche la nostra capacità creativa di rinnovamento . Abbiamo ancora la possibilità di cambiare e di trasformare le nostre speranze in realtà prima del sonno invernale, perché di un sonno si tratta, non di una morte
Cambiare è vitale e necessario come il sonno, il nutrimento, l’amore .
L’autunno ci ricorda quel bisogno di cambiare : necessario per continuare ad esistere, rinascere, vivere .
Di Bruno Belletti – autore

Preludi d’inverno
L’aria non è più brezza ma un dolce fardello adagiato sulla pelle. Il cielo, grigio ferro, abbassa il suo sipario pesante. I contorni del mondo sono sfocati,
come un ricordo evanescente. Profumo di terra bagnata, di legna non ancora arsa, di foglie morte che lentamente si fanno polvere.
L’odore acre di un’attesa, indefinita e tormentosa.
Dentro, si accende un bisogno: raccogliere i pensieri, farli piccoli e vicini, custodirli in un angolo caldo. Cercare i tessuti pesanti, le coperte, le storie lunghe, la luce bassa e avvolgente di una lampada antica.
C’è quiete.
Non la pace dei fiori, ma sementi sospese, raccolte in zolle oscure.
Tutto rallenta, si ritira nella radice . E in questa stasi, una fredda chiarezza, come cristalli di ghiaccio sul vetro.
La certezza che dopo il sonno ci sarà, di nuovo, un altro risveglio.

Freddi passi
Polvere di luna dispersa fra le luci opache di questo inverno, che incombe malfermo, misterioso e incerto, come i miei passi, verso la terra promessa del mio tenue domani.
E se, prima che “fuori”, il calore fosse da ricercare dentro di noi?
Di Luciano Ragno – giornalista

Improvvisamente mi ricordo di aver compiuto la scorsa settimana un gesto mai fatto prima : ho sfogliato il calendario, quello che regalano al negozio e che sta lì, appeso, in un angolo della cucina . Avevo contato i giorni che mancano all’inverno Un gesto inedito per me Il mio tempo, per una vita, l’ha battuto il calendario con le lancette al polso .
Ero andato a cercare i giorni dell’appuntamento con il freddo E studiare così la strategia anti brividi : abiti pesanti, termosifoni mai spenti, ginnastica in salotto e non più la passeggiata al parco E quella bianca sciarpa di lana che fa tanto intellettuale Il cappello, per favore, no . Farà eleganza ma sa di vecchio signore
Ora il mio piano antifreddo è pronto Inverno non ti temo .
Ripensandoci avverto che c’è qualcosa che non va . E’ a rischio, basta un niente per finire nelle braccia del sottozero : i termosifoni che si bloccano, la sciarpa dimenticata al cinema, quel muscolo che si irrigidisce e ti ricorda che non sei un ragazzo, quindi alt alla ginnastica in casa .
Dove trovare allora il calore? Un’idea . E se, quello tiepido che rassomiglia a una carezza e soffice come uno sguardo d’amore, fosse dentro di me? Offerto dai ricordi che ancora donano serenità?
Sai che faccio? Vado a trovare un ricordo, lo vivo e vedo se dà calore alla mia anima Ne ho tanti, la mia vita ha tanti anni e molti, proprio molti, trascorsi a raccontare il mondo vedendolo di persona . Ne scelgo alcuni differenti fra di loro .
Il primo è il sorriso di una ragazza sulla piazza grande della mia città, Foligno . Un sorriso diventato amore : ancora resistono uniti in una famiglia William Shakespeare ha detto : “ L’amore ristora come il calore del Sole dopo la pioggia” . E Chris Hart: “ Tutte le statistiche del mondo non possono misurare il calore di un sorriso”.
La gioia della nascita delle figlie, Andreina e Claudia Quando la vita ti vuole bene e ti gonfia il cuore E poi quella dei nipoti : Chiara, Michele ed Elena . Allora la vita mi ama, la felicità è immensa .
E immaginando un freddo pungente, ripenso a quello gelido, sulla stessa piazza del sorriso della ragazza, quando studente al liceo mi fermavo all’edicola e chiedevo “Il Messaggero” . Lì dentro un articolo con la mia firma Poi di corsa, atteso dal mio banco
Avverto già calore . Insisto .
Quei giorni a Cape Canaveral davanti al fuoco di potenti razzi, mentre la terra trema, che lanciano uomini nello spazio per andare a vedere se c’è qualcuno, oltre noi terrestri, che ha la fortuna di vivere questo infinito mondo che sarebbe bellissimo se fosse abitato da soli uomini di buona volontà
O quando in Irpinia vedo gente che finalmente dimentica divisioni e ripicche e scava con le mani per andare ad aggrappare quel lamento sotto le macerie provocate da un sisma . E disperatamente lo porta in salvo .

Ma anche quel giorno in Alaska. Davanti a me, in piedi su un battello, tre balene che danzano e ballano, sotto gli occhi meravigliati di un iceberg vestito, per l’occasione, di azzurro.
Ancora. Un uomo vive con il cuore di cuore di un altro uomo: alcuni giorni dopo del trapianto mi è concessa un’intervista. Siedo accanto al letto; negli occhi del paziente la gioia di essere tornano a vivere. “ Prima
dell’intervista, caro giornalista, le posso fare una domanda: che ha fatto l’Inter ?”. E io: “Ha vinto”. Ricordo di un lampo di vita di chi non credeva più nella vita. Felice con lui.
Quel pomeriggio che dura fino a un’alba, proprio davanti alla porta di una sala operatoria al “Gemelli “, a Roma . Unico giornalista . Lì dentro Papa Wojtyla gravemente ferito che lotta per sopravvivere . Mi arriva l’ansia della Scienza . E insieme la sofferenza dell’illustre paziente . Ore concitate piene di speranza . Un gettone e lo racconto sul “Messaggero”
E se il calore non venisse solo dai ricordi? La domanda mi viene in mente guardando la catena dei libri che si danno la mano nel mio studio . Anche una storia può aiutare . Una di quelle che ti prendono e non ti lasciano . Una storia che ti fa dimenticare le tue storie

Non lo penso solo io Fabrizio Caramagna, maestro degli aforismi, scrive : “ La lettura è il calore che continuamente modella la cera dell’anima” . Aggiungo : e dall’anima si trasmette al corpo
E poi credo che il calore venga anche dall’ascoltare la musica : “La musica lava via dall’anima la polvere della vita quotidiana” ha detto Berthold Auerbach .
Ma anche da un campanello : un amico ti è venuto a trovare . Da una telefonata che attendevi da tempo E da quella mano tesa sul pianerottolo o in strada anche a gente lontana con un messaggio di sostegno .
Ho finito di scrivere, rileggo . Mi soffermo là dove ho parlato delle imprese spaziali Devo avere una foto scattata a Cape Canaveral (si chiamava così prima di Cape Kennedy) La vado a cercare in un album gonfio di immagini . Sfoglio . A un tratto mi appare quella di mia nonna Caprera . E mi ritrovo bambino, accanto a lei fra amiche che giocano a tombola A me l’onore di estrarre i numeri dal sacchetto . Ricordo i sorrisi delle signore che disegnavano il quadro dell’amicizia Si volevano bene C’era calore nella stanza . Riscaldava tutti . Eppure il camino era spento
Ottobre, il sole, la birra e le parole per dirne
Di Andrea Tomasini – giornalista scientifico

Non ci vuole poi molto, me ne rendo conto. Sono incastri fortuiti. L’imprevedibilità è fattore critico di conseguimento del risultato. Oggi, per esempio. Mi sono svegliato alle 4.30 per lavorare. Ho riempito lo zaino con quanto mi poteva servire per completare e consegnare il file. Sono andato a san Lorenzo per ragioni varie. Ho parcheggiato a via dei Volsci. Con la testa altrove e lo zaino pesante sulle spalle sono entrato nella libreria Tomo a via degli Etruschi. Sono stato bene là dentro a toccare e sfogliare libri che mi suggerivano una regia attenta nella scelta e disposizione dei titoli in negozio. Senza fretta ho accarezzato copertine e immaginato gli addetti riflettere nel momento in cui facevano le loro scelte presso gli editori, fino al punto di veder il sorriso dei più piccoli al ricevimento dell’ordine. Ho pasticciato con gli occhiali, le mani occupate, due zanzare che hanno spadroneggiato ronzandomi attorno. Alla fine, senza affrettarmi ho preso due volumi che sembrava fossero là per me – anzi, ne sono certo: mi attendevano e sono arrivato puntuale all’incontro. Sono uscito, tornato su via dei Volsci, accomodato a un tavolino al sole, tolto la giacca, arrotolato le maniche della camicia, sorseggiato una IPA che il sole, attraversandone la consistenza, con i raggi la rendeva di un colore ancor più attraente. Ho ripreso in mano i libri appena acquistati e il taccuino per appuntarmi qualcosa che ora neanche ricordo. Però la sensazione provata si, è tutt’ora viva. Mi sono reso conto che sebbene fosse ottobre il sole scaldava e anche parecchio, era insistente con i suoi raggi tanto da farmi socchiudere gli occhi e interrompere di leggere e scribacchiare. MI sono accorto che dove ero e quello che stavo facendo non era nei progetti e nemmeno nelle idee del giorno che era iniziato immaginando tutt’altro, con altre cadenze e tempi e incombenze e necessità. Tempi e spazi differenti quelli in cui stavo – del tutto imprevisti, a tal punto da farmi credere che fossero rubati. Mi ci sono accoccolato dentro questa sensazione. Ho rallentato e diminuito frequenza e dimensioni delle sorsate dal bel bicchiere, per protrarre la piacevolezza del momento, la sorprendente felicità che a sorpresa stava prendendo forma. L’ho detto a Vincenzo - sì ci siamo stretti la mano quando ho pagato la birra. Ci siamo presentati perché là fuori, al tavolino del bar dei Brutti, si erano succeduti momenti fatti di quasi nulla che mi avevano reso felice. Dovevo dirglielo, spiegando la curiosa e imprevista successione di piccole belle cose che si stavano concludendo al bancone del suo locale e ringraziarlo.
“Mi fa piacere – mi ha detto- vorrà dire che allora torni e ci rivedremo”. “Certamente”, ho risposto.
La sequenza non sarà la stessa, forse. L’autunno sarà progredito, magari ci sarà più gente ai tavolini, berrò la birra in piedi, in libreria non troverò altri libri tentatori, il sole non scalderà. O forse sì. Comunque mi rimane la croccantezza del ricordo di oggi. Sono comunque convinto che se anche la prossima volta avverrà differentemente, sarà comunque bella.
Nel sito del nostro sessuologo di riferimento è ben spiegato che cosa può succedere al cambio di stagione con l’arrivo dell’”Autumn Blues”
DOTTOR MARCO ROSSI – sessuologo e psichiatra
www.marcorossi.it

Viene chiamato romanticamente Autumn Blues, ma in termini tecnici si dice SAD (seasonal affective disorder) ed è una forma di depressione collegata al cambio di stagione. Le persone che ne sono affette ne sperimentano tutti gli anni i sintomi all’inizio dell’ autunno , che proseguono poi per tutti i mesi invernali. I sintomi della SAD svaniscono con l’arrivo della primavera e ricompaiono al successivo cambio di stagione. I Paesi del nord Europa sono i più colpiti: ad esserne interessata è una persona su sei.
Questi i più frequenti sintomi della SAD: mancanza di stimoli, ritiro in casa, lontano dal freddo e dalla società frenetica, perdita di energie, tristezza, nostalgia, rimpianti e rimorsi, cattivo umore e irritabilità, calo del desiderio sessuale , diminuzione degli interessi in genere, scarsa concentrazione e tendenza a rimandare gli impegni, sonno disturbato, fame nervosa .
Le basi biochimiche della SAD
Uno studio presentato al Congresso dello European College of Neuropsychopharmacology (ECNP) a Berlino qualche anno fa dimostra che chi ne è affetto presenterebbe alterazioni stagionali nella regolazione della serotonina (5-HT), un neurotrasmettitore che ha una grande influenza sul tono dell’ umore . I ricercatori danesi, che hanno studiato 11 pazienti con SAD e 23 individui sani, hanno scoperto che nei soggetti con SAD i livelli di SERT (Striatal Serotonin Transporter) sono più elevati nei mesi invernali. Maggiori sono i livelli di SERT, più “legata” è la serotonina, minore è il suo effetto biologico.
“Riteniamo di aver scoperto – afferma Brenda Mc Mahon, primo autore dello studio – il meccanismo attraverso il quale il cervello adatta i livelli di serotonina al cambio di stagione. Il SERT riconduce la serotonina all’interno dei neuroni, dove non è attiva; quindi, maggiori sono i livelli di SERT, meno attiva è la serotonina. La luce del sole mantiene questo meccanismo di regolazione settato verso il basso; ma quando le notti diventano più lunghe e il buio prende il sopravvento sulla luce del sole, i livelli di SERT aumentano e questo provoca una riduzione dei livelli di serotonina “attiva” . È quanto si verifica appunto nei soggetti affetti da SAD. “ SAD e coppia
A livello di coppia, se un partner soffre di SAD, ci sono due certezze: una negativa e una positiva: che la SAD ogni anno arriva e che ogni anno sparisce. Una volta capito ciò che accade, non si tratta altro che di accettarlo o meno, e non lasciarsi cogliere impreparati . Non è una scelta della persona (come non lo è l’allergia primaverile), ma un modo di funzionare a livello cerebrale. Pertanto, come ci comportiamo con qualsiasi altra caratteristica personale, così possiamo affrontare la SAD. Se una coppia è pronta e c’è una buona relazione, la SAD verrà affrontata come uno dei mali della stagione fredda e ci si prepara al suo arrivo, anche sdrammatizzando . La consapevolezza che andrà via porta a sopportare meglio il disagio perché non viene percepito come “per sempre”. Sostegni naturali per passare meglio la SAD sono l’iperico, il ginseng, l’eleuterococco, la schisandra e la rodiola, che aiutano a reagire alla diminuzione della luce Il calo ormonale del testosterone che interviene in autunno fa calare il desiderio sessuale , ma può essere ben compensato con l’aumento della tenerezza e del romanticismo , stimolati dai primi freddi autunnali e dalla pioggerellina che fanno venir voglia di stare abbracciati sotto le lenzuola.

Se invece la SAD viene vissuta all’interno della vita di coppia come una spada di Damocle, come una “colpa” di cui ogni anno si macchia il partner che ne è affetto, a lungo andare la coppia può andare in stato di sofferenza e covare rancore e rabbia verso questa situazione, tanto da rendere i mesi autunnali un vero inferno per entrambi. Nei casi estremi sarebbe meglio lasciarsi per non perpetrare annualmente il disagio, o –meglio- cominciare a prendere consapevolezza della condizione ed attivarsi per un cambiamento.


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