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Quando si dice la fortuna

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Gente del 15°

Gente del 15°

Del mio periodo di servizio al 15° Stormo potrei ricordare tanti fatti e momenti vissuti intensamente. Relativamente all’ultimo decennio per un anno ho avuto l’onore e la fortuna di comandarlo, ma non sono accaduti episodi interessanti al punto tale da essere raccontati; il mio periodo di Comando può essere definito “normale”, senza calamità ne guerre. Per raccontare qualcosa che sia interessante, sotto il profilo narrativo, devo andare indietro nel tempo a quando ero Comandante dell’83° Centro, in quel di Rimini. Il Comandante di Stormo, Col. Cesarino Ferrara, aveva pianificato una delle periodiche riunioni dei Comandanti di Gruppo a Ciampino, per cui avevo pianificato una navigazione Rimini-Ciampino-Rimini. La mattina della riunione giunse, dal Comando di Stormo, la notizia che la riunione era stata annullata. Dopo avrei capito che quello era evidentemente il giorno fortunato di qualcuno che avrebbe tratto vantaggio dall’annullamento della riunione. Ormai il volo era stato programmato per cui decisi di svolgerlo lo stesso e dissi al mio secondo, il Cap. Sandro Testa, di pianificare una nuova navigazione. Sandro scelse una di quelle già pianificate dal

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Gruppo e mi comunicò l’intenzione di effettuare la tratta Rimini-Pisa-Rimini. Partimmo, era una bellissima giornata in cui si poteva ammirare il meraviglioso panorama degli Appennini, che attraversammo godendocelo tutto (a pochi, come noi, è riservata questa fortuna). Contattammo i vari enti del traffico aereo e, mentre eravamo in contatto con Pisa avvicinamento, sentimmo in frequenza le comunicazioni di un piccolo velivolo civile che, decollato da Cremona, si dirigeva lungo la costa tirrenica ed avrebbe di lì a poco interessato la zona di traffico di Pisa. L’avvicinamento istruì il velivolo, fornendo informazioni per evitare la zona di traffico del circuito aeroportuale. La situazione meteorologica era ottimale, anche se lungo la costa si sviluppavano dei cumuli che creavano qualche difficoltà. Prossimi ad interessare l’aeroporto di Pisa abbandonammo la frequenza dell’avvicinamento, per passare con la torre di controllo e proseguire il volo, che prevedeva un avvicinamento e successiva riattaccata. Lasciando la zona dell’aeroporto chiudemmo la comunicazione con la torre di controllo, per passare nuovamente con la frequenza di Pisa avvicinamento. In frequenza sentimmo nuovamente le comunicazioni del piccolo velivolo civile che, abbandonata la zona di costa, si era spinto verso l’interno ed aveva qualche difficoltà ad identificare e segnalare la propria posizione. Le comunicazioni fra il velivolo ed il controllore si facevano sempre più

intense e si percepiva che per il pilota del velivolo la situazione si stava complicando. Scambiai con SandroTesta qualche commento su che cosa poteva essere successo; evidentemente il pilota non era pratico della zona e le montagne degli Appennini gli sembravano tutte uguali per fare il punto (non e’ poi così difficile); comunque dal tono della voce si percepiva che ormai era nel pallone più totale e non aveva ne’ idea di dove fosse, ne’ di dove stesse andando. L’istinto da “uomini del soccorso” ci spingeva ad intrometterci per rintracciare il velivolo; del resto avevamo gli strumenti per farlo. Ma bisognava superare il timore di peggiorare la situazione. Il pilota non sapeva dove si trovava, ma nemmeno noi lo sapevamo. Dirottare il velivolo senza sapere dove fosse, poteva compromettere la sua autonomia.. Ce l’avremmo fatta a portarlo sano e salvo a terra? Ormai la situazione non era più controllata ne’ dal pilota ne’ dagli enti del traffico non potevo più esimermi dall’intervenire, prima o poi il velivolo avrebbe terminato il carburante e, se non fosse occasionalmente passato su un aeroporto, avrebbe dovuto tentare un atterraggio di fortuna. Tra l’altro non stava sorvolando zone pianeggianti! Decisi quindi di contattare il velivolo. Avvisai l’avvicinamento di Pisa che avrei intercettato il velivolo per condurlo all’atterraggio al più vicino aeroporto, quindi chiamai il velivolo. Ricordo che ormai le risposte del pilota non nascondevano un tremolio della voce, indicante che era nel più totale panico. Grazie all’utilizzo dell’apparato homing potevo sapere in che direzione, rispetto alla mia posizione, si trovava il velivolo. Lo chiamai e gli dissi di assumere una certa prua, che lo avrebbe portato verso di noi. Lui era più a sud di noi e credo che viaggiasse per prua 140°. Decisi per due quote separate di 500 ft ed aspettai con ansia di vederlo. Non ricordo quanti minuti trascorsero, forse una decina. Fu lui a vederci per primo. L’HH-3F non e’ piccolo! Poi quando era colorato bianco e rosso era molto più visibile.

Dalla voce del pilota si percepiva che aveva tirato un grosso sospiro di sollievo e si sentiva ormai sicuro. Il grosso sospiro di sollievo, comunque, non lo aveva tirato solo lui. Dal calcolo dell’autonomia del velivolo mi resi conto che potevo dirigere direttamente su Rimini, senza dirottare su Fano, per cui decisi di ritornare “a casa”. Non sapevo cosa sarebbe successo al povero pilota, non ero pratico di aeroporti esclusivamente militari avendo svolto tutta la mia attività di volo su un aeroporto civile: Ciampino. Indirizzai il velivolo verso Rimini e lo seguì a qualche minuto di distanza. Giunti su Rimini lui atterrò sulla pista principale ed io scelsi la sussidiaria, dirigendo verso il Gruppo per il parcheggio. Una volta atterrato il velivolo fu bloccato al centro della pista, istruito a spegnere i motori e circondato da militari armati che dovevano procedere al “riconoscimento dell’intruso”. L’avessi saputo l’avrei portato a Fano! Il pilota si era sicuramente più spaventato per aria che per quello che stava accadendo a terra, ma i suoi passeggeri credo fossero più spaventati di cosa stava accadendo a terra. Si! Non l’aveva mai detto in frequenza, ma a bordo aveva i due piccoli figli. Non ho avuto mai l’opportunità di incontrare quel pilota, che restò a Rimini la notte per poi tornare a Cremona, ma qualcuno mi ha raccontato che tempo dopo, quando un HH-3F atterrò a Cremona sentirono la storia di quando “un pilota dell’aeroclub aveva salvato un HH-3F che si era perso”.

Mario Sorino

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