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Un giorno indimenticabile

11 Novembre 2004, un giorno come tanti altri se non fosse stato che dovevamo andare in volo ed eravamo in forza al 6° ROA di Tallil. Ore 06:00 del mattino, avevamo già allestito l’elicottero per il volo in teatro operativo, eravamo in attesa degli ultimi aggiornamenti Intelligence, per poter fare il briefing premissione e, quindi, andare in volo. Quel volo era per una MEDEVAC… beh una MEDEVAC in Iraq non è mai un semplice trasporto medico, infatti, in quella fredda mattina di novembre c’era qualcosa in più. Alle 07.00 in punto l’equipaggio era pronto al decollo in attesa del ferito da trasportare. Ecco arrivare l’ambulanza di “Camp Mittica”, si ferma nei pressi dell’elicottero e un’immagine insolita ci appare dinanzi: all’interno della ambulanza vediamo un uomo irakeno chino sulla barella nella quale giaceva il proprio figlio, un bambino di soli 3 anni, con ustioni su tutto il corpo, il cui pianto ha raggiunto in fretta i nostri cuori. Un bimbo di 3 anni che, attraverso le bende e le garze, ci guardava con gli occhi impauriti e ci comunicava, attraverso il pianto ininterrotto, quel dolore che tanto lo faceva soffrire a causa di quelle bruciature che neanche una mattina fredda come quella riusciva a placare.

Protetto quel corpo minuto con delle coperte, imbarcammo padre e figlio adagiando, con tutta la cura possibile, il bambino sulla barella di bordo pronti a partire.

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La contraddizione era sconcertante un freddo davvero intenso e quel piccolo corpo bruciato coperto solo da bende! Noi tutti, io per primo, abbiamo rivolto il pensiero ai nostri figli e al dolore di quel padre accanto al suo piccolo sofferente. Negli occhi di quella giovane vita oltre al dolore si leggeva la paura legata ad una esperienza così insolita, e noi non potevamo fare altro se non assistere sgomenti a quel dolore e a quel pianto confortati solo dalla consapevolezza che stavamo aiutando quel piccolo a raggiungere il luogo dove le sue sofferenze sarebbero state alleviate. Infatti il task prevedeva il nostro arrivo alle ore 08.00 all’aeroporto di Al Basshra, dove un C-130 avrebbe, poi, proseguito il viaggio portando padre e figlio presso l’ospedale che avrebbe curato adeguatamente le ustioni di quel piccolo ferito. Dopo il decollo, lungo la rotta per Al Basshra, seduti in rampa, il freddo aveva ormai preso il sopravvento anche sul tepore dei nostri indumenti, e nonostante non distogliessimo l’attenzione dai nostri compiti, non potevamo fare a meno di leggere sui volti e negli occhi dei nostri passeggeri la paura e il dolore. Il volo sembrava interminabile… noi tutti desideravamo arrivare prima possibile per poter alleviare le sofferenze del piccolo trasportato, e fargli capire che non doveva avere paura di quel volo, finalmente, in perfetto orario atterrammo ad Al Basshra, dove il C-130 ci aspettava. Questa missione, tutte quelle sensazioni che ho provato e ciò che muto ho letto sul volto e negli occhi del piccolo iracheno, accompagnerà per sempre la mia esperienza di vita, assieme al ricordo di aver contribuito a salvare, quantomeno, una piccola vita, espressione di un popolo che ha sofferto e soffre ancora una esistenza difficile.

M1 Leonardo Montagnolo

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