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Una crociera in prima classe
Villafranca, maggio 2003
Daniele!!! Mi sento chiamare e mi volto, è Mimmo che si avvicina, immagino per chiedermi qualche cosa, ma la mia supposizione è errata. Ha una notizia da darmi, e vi posso giurare che è l’ultima notizia che voglio sentire!!! “Probabilmente vai in Iraq con la nave!” mi dice. “Coooosa? Con la nave?” Non ho mai sopportato i viaggi con le navi, non ho paura dell’acqua, ma non mi è mai piaciuto stare chiuso in una nave per chissà quanti giorni, e poi… soffro il mal di mare! No!!! Con la nave non voglio partire! militari formano un lungo serpentone, in attesa di essere imbarcati sulla nave, che ancora non vedo o credo di non vedere. Seguo con lo sguardo la lunga fila e i miei occhi scorgono quello che ritengo l’albero delle antenne, “Almeno sembra grossa” mi dico e questo mi dà sicurezza!! Girando per i moli, trovo gli elicotteri parcheggiati uno dietro l’altro, mi avvicino e saluto i colleghi che mi augurano buon viaggio e mi fanno qualche battuta per tirarmi su di morale. Sanno che passare 15 giorni in mare non è simpatico. Le ore passano, la squadretta sta rimuovendo le pale dagli elicotteri e io decido di avviarmi
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Livorno, 12 giugno 2003
È mattina presto, e mentre mi sto dirigendo al porto, dove è attraccata la nave con cui devo partire per l’Iraq, alzo lo sguardo e scorgo i due HH-3F che insieme a me condivideranno questo viaggio. “Una crociera in prima classe”, penso. Li vedo virare con il carrello abbassato e scomparire dietro i palazzi. Intanto, sono entrato nell’area del porto, e chiedendo qua e la, arrivo al molo dove mi aspetta uno spettacolo che non mi sarei aspettato. Un numero imprecisato di mezzi
verso la nave per imbarcare i bagagli e sistemarmi nella cabina che mi hanno assegnato. Dopo varie peripezie, che non vi sto neanche a raccontare perchè noiose ed inutili e grazie ad un caporale dell’Esercito, che sarà poi uno dei miei compagni d’avventura, riesco a portare a bordo i bagagli e a sistemarli in cabina… La cabina, una vera reggia, letto a castello due armadi minuscoli e un bagnetto altrettanto piccolo, ma in fondo molto confortevole. Butto i bagagli nella reggia e il caporale mi fa
fare il giro della nave, già ne ha preso il possesso. Le ore passano e tutti i mezzi, compresi gli elicotteri, sono imbarcati; gli altri compagni di viaggio sono a bordo, non si sente più il rombo dei mezzi che urlano salendo la rampa della nave, c’è una calma relativa. L’equipaggio è sempre al lavoro, questa volta per salpare… direzione Kuwait City, la nostra prossima meta!

È già buio quando la grossa nave si stacca dal molo e si muove per uscire dal porto e prendere il largo. Con movimenti lenti sfiliamo davanti alle sagome di altre navi e ci allontaniamo senza rumore! Io e gli altri miei sei compagni di viaggio guardiamo le luci allontanarsi sempre di più, in silenzio. Siamo tristi e sicuramente tutti lasciamo degli affetti in Italia, ma siamo militari e questo fa parte del nostro lavoro. Scatta la lacrimuccia, ma anche quella si asciuga presto e siamo pronti ad affrontare questo viaggio, una nuova esperienza e una nuova avventura per tutti! È sera e siamo ormai in viaggio da circa due giorni, costeggiamo ancora le coste dell’Italia, il mare è calmo per mia fortuna, in lontananza si scorgono le luci della terraferma e la temperatura è ottima per fumarsi una sigaretta fuori, gustandosi la leggera brezza marina che soffia investendomi e rilassandomi. La nave scivola fluida sull’acqua scura, quando nel buio scorgo una sagoma nera dai contorni frastagliati, “un’isola! “ dico tra me e me, ma lo spettacolo a cui avrei assistito da lì a poco non me lo sarei mai aspettato. Man mano che la nave costeggia l’isola, si vedono comparire dei bagliori rossi, provenire dall’altro versante. Incuriosito, salgo più in alto possibile per avere una visione

privilegiata di quello che mi aspetta. Uno spettacolo fantastico! Per la prima volta vedevo un vulcano da relativamente vicino mentre vomitava tranquillo la lava, formando nella discesa dalla bocca un serpente sinuoso e lento, rosso fuoco, che si immergeva in quelle acque nere che noi stavamo solcando. Rimango rapito, senza parole e con lo sguardo fisso, come ipnotizzato da questo serpente e lo seguo fino alla sua completa scomparsa. Mi riprendo da quella vista inaspettata e rientro all’interno della nave, soddisfatto di aver assistito a questo spettacolo che la natura, a volte benigna, ci offre. Ah... dimenticavo! Il vulcano è lo Stromboli, e noi del 15° Stormo lo conosciamo bene! I giorni di navigazione passano alquanto lenti e a volte noiosi; per far passare le giornate cerchiamo di trovarci qualche cosa da fare, ma oltre a scendere nel garage della nave per controllare i mezzi, altro non possiamo fare e così ogni tanto andiamo a far visita al Comandante in plancia comando e a farci spiegare i nostri dubbi sugli aspetti della navigazione. Il Comandante, un uomo di statura media, capelli brizzolati e con uno sguardo furbo da lupo di mare con anni di navigazione alle spalle, è molto disponibile e ci spiega in inglese, lui è polacco come il resto dell’equipaggio, con molta pazienza la rotta che faremo. Kuwait City sembra lontanissima, ma ci assicura che dopo aver attraversato il canale di Suez saremo lì in una settimana. Non vedo l’ora, abbiamo già attraversato lo stretto di Messina e ci stiamo avvicinando all’Egitto, finalmente riesco a vedere il famoso canale di Suez. Ecco, in lontananza, Porto Said. Arriviamo al tramonto e si vedono le luci della città che si avvicinano. Staremo fermi alla fonda per parecchie ore, aspettando il pilota, che ci guiderà attraverso il canale, e le altre navi per formare il convoglio. L’attesa è noiosa ma rimango sveglio fino alla partenza del convoglio che si muove soltanto alle quattro del mattino. A questo punto me ne vado in cabina a dormire, il convoglio ci metterà circa quindici ore per attraversare i 195 km del canale, sicuramente riuscirò ad ammirare l’ultimo tratto fino a Suez. Mi
sveglio il giorno dopo a ora di pranzo, e come volevasi dimostrare stiamo ancora navigando nel canale. Do uno sguardo fuori e vedo solo sabbia, qualche palma, bunker e postazioni di guardia egiziane: non posso dimenticare che negli anni sessanta ci fu una guerra per appropriarsi di questo strategico passaggio. Mangio e salgo di corsa dai miei compagni di viaggio, che già si stanno gustando il panorama e il sole egiziano! Quando li raggiungo mi accorgo che siamo fermi, probabilmente siamo nel Great Bitter Lake, un lago artificiale creato per aspettare i convogli che provengono da sud e darsi il cambio. Due navigli provenienti da direzioni apposte non possono viaggiare nello stesso tratto di canale, ecco il perchè di questo bacino artificiale. Dopo un paio d’ore ripartiamo, manca l’ultimo tratto che percorreremo in poco tempo. Prima di sera raggiungiamo la città di Suez, dove la nave viene rifornita e dove assistiamo alla nostra prima tempesta di sabbia. Da un momento all’altro, il tempo cambia, prima si alza senza preavviso un forte vento caldo, poi

l’orizzonte diventa di un colore giallastro opaco, che si avvicina molto velocemente e ad un tratto ne vieni investito e tutto intorno a te è giallo, come se fosse nebbia. Esperienza strana, ma ci avrei fatto l’abitudine nei giorni a venire! Sono tre giorni che navighiamo nel Mar Rosso, non si vede niente, né una nave né la terra e non riusciamo a comunicare con le nostre famiglie, i telefonini non prendono: siamo in mezzo al mare, troppo lontani dalla terraferma. Sono i giorni più lunghi e noiosi del viaggio, ma presto li avremmo rimpianti... Attraversato lo Stretto di Aden, che collega il Mar Rosso con l’Oceano Indiano, abbiamo una spiacevole sorpresa, io ancora di più. Il mare in burrasca! Vi devo dire che non è piacevole navigare quasi tre giorni con un mare così. Brutto, nero e cattivo, con la nave che dondola a destra e a sinistra e lo stomaco in subbuglio. Guardo gli altri compagni, bianchi come fazzoletti e sofferenti, so che sono come loro, ma tutto questo non mi conforta e mi fa sentire ancora più male! Fortunatamente, alla fine ci abituiamo, non

prima di aver ricevuto qualche sfottò goliardico da parte dell’equipaggio con cui siamo entrati in buona confidenza. Superata anche questa prova, che ci ha reso un po’ più forti, siamo in corto finale, il Comandante ci comunica che mancano circa due giorni all’arrivo a Kuwait City: tiriamo un sospiro di sollievo e siamo tutti più rilassati ma anche pensierosi, consapevoli che il lavoro tosto comincerà alla fine di questo viaggio… Lo sentiamo anche dall’umidità e dal caldo opprimente che ci avvolge, intorno a noi solo foschia e la visibilità è circa cento, centocinquanta metri; questo ci fa capire che la vita non sarà facile laggiù e incominciamo a chiederci cosa ci aspetta, come sarà la base e se è tutto tranquillo. Le poche informazioni che riceviamo tramite un telefono satellitare non ci tranquillizzano, ma non ci agitiamo più di tanto, il pensiero più forte è voler scendere al più presto a terra, ormai non ce la facciamo più… Il desiderio è esaudito il giorno dopo, incominciamo a vedere piccoli pescherecci man mano che ci avviciniamo alla destinazione finale, siamo euforici, sappiamo che la terra è vicina, ma per colpa della foschia non si vede ancora niente. Passano le ore, all’ora di cena siamo ancora in mare, i bagagli sono pronti e aspettiamo, siamo in attesa di scorgere delle luci all’orizzonte e alla fine le vediamo, bucano la fitta foschia, ci siamo! Siamo arrivati! Man mano che ci avviciniamo alla costa le luci si fanno più forti, fino a farci distinguere le torri, simbolo della città di Kuwait City e più a destra il porto. Siamo tutti eccitati, non vediamo l’ora di mettere i piedi su qualche cosa di più stabile di un ponte di una nave; portiamo i bagagli in coperta, si ride e si scherza, siamo felici. Scorgo, alla mia sinistra la San Giusto, arrivata, scopro più tardi, due giorni prima di noi. Era partita una settimana prima! Le manovre di attracco sono lunghe ma alla fine lo Skodsborg ce la fa! La nave, che per due settimane è stata la nostra casa, accosta e si ferma al molo, nonostante l’enorme mole, molto delicatamente. Ancora un po’ di pazienza e scendiamo in garage, dove i mezzi già in moto escono uno alla volta. Esco anche io dal ventre della nave e mi dirigo verso un gruppo di persone che credo di riconoscere, e infatti ne riconosco qualcuno, Enzo, Antonio, Tomaso Invrea, Felicissimo e via via tutti gli altri, Mimmo, Sandro e Roberto, Ferramola e altri che mi salutano e si accalcano intorno a me facendomi domande su domande, come se fossi sopravvissuto ad un naufragio e cerco di rispondere ancora rintronato da quell’accoglienza e incredulo di avere i piedi piantati per terra! Raccolgo i bagagli e li carico su un pulmino americano che ci porterà a Camp Wolf, ma prima di salire, mi volto e guardo per l’ultima volta quella nave, mi ci sono affezionato, grazie a lei ho visto posti nuovi e avuto nuove esperienze… Un bel viaggio e una bella avventura, una vera crociera di prima classe! Salgo sul pulmino e partiamo: “Qui comincia un’altra avventura” mi dico, ma questa è un’altra storia.
M.llo Daniele Perrone
