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Arrivai al 15° quasi per caso

Sono qui con la penna in mano che quasi mi vergogno a scrivere la mia esperienza, lungi da essere operativa, come tutte le altre raccontate. Provenivo da un Ente Centrale, da poco assegnato allo Stormo e più precisamente come Capo Segreteria dell’85° Gruppo, mentre una mattina di giugno del 2001 stavo letteralmente “nuotando” nella infausta marea di note caratteristiche arretrate, l’Ufficiale “I” entra nel mio ufficio e mi chiese:” Hai da fare domani?”, gli dissi di dare un’occhiata alla scrivania e poi gli chiesi il perché, mi rispose:” No niente, ci serviva un Survivor…”. Non me lo feci ripetere 2 volte, in men che non si dica ero già a chiedere agli ARS di quello che avrei avuto bisogno: di tutto quello previsto avevo solo la mimetica e gli scarponcini, neanche gli anfibi. Dopo avermi spiegato il tipo di missione, l’entusiasmo era salito ancora di più: nello stesso giorno avrei fatto il battesimo dell’aria su un aeromobile A.M. ed in più sarei stato il protagonista di una missione di recupero in "zona ostile”! L’indomani mattina, dopo il briefing e le SPecial INStructions, decollammo con l’AB212, destinazione i monti della Tolfa. Volo stupendo in una giornata stupenda, tutto il litorale laziale aveva appena iniziato la stagione balneare e vedere dall’alto le spiagge che si popolavano è stata una sensazione di ulteriore piacere, come se potessi condividere con i bagnanti l’esperienza che stavo provando. Con mio enorme stupore non ero per niente preoccupato, forse perché l’ITO era un T.Col. AArns “vecchia guardia”, con quasi 10.000 ore di volo all’attivo. Atterrammo così delicatamente che quasi non me ne resi conto, il “navigato” AB212 sembrava leggero come una libellula. Io e l’ARS designato a farmi da “balia” sbarcammo in un lampo, “sembravate di quelli buoni…” ci dissero più tardi. Ci arrampicammo per quasi 2 ore che a me sembrarono 2 giorni, ci accampammo e fui “briefingato” ulteriormente su cosa avrei dovuto fare, specialmente sulla fumata, la posizione in cui avrei dovuto tenerla e che l’avrei dovuta accendere solo su richiesta. A che servirà? mi chiesi, al che l’ARS vedendo l’espressione sulla mia faccia, mi disse che serviva sia ad individuarmi, sia a far vedere al pilota la direzione del vento, in modo di poter decidere la “retta via” per atterrare. Tempo di ingurgitare un panino ed arriva il tanto atteso contatto radio, dichiarai le coordinate e qualcosa che somigliava ad un: “SHOCK THE SMOKE, SHOCK THE SMOKE”, accesi la fumata e sentii il rombo del motore dell’ HH3F che si avvicinava. Quando lo vidi salire dalla vallata, imponente e gagliardo, provai veramente ad immedesimarmi nella parte del “SURVIVOR” e non presi neanche lontanamente coscienza di cosa si può provare realmente quando aspetti qualcuno che ti riporta a casa in una situazione del genere, ma comunque rimasi fortemente impressionato. In pochi secondi atterrarono, calarono la pedana posteriore e sbarcarono 3 ARS armati di fucile mitragliatore, 2 rimasero a guardia dell’elicottero e 1 iniziò a correre verso di me. Mi misi subito nella classica posizione e cioè: di spalle, in ginocchio, testa bassa e mani incrociate dietro la nuca. Quando fui raggiunto e solo dopo aver completato la procedura di riconoscimento, salimmo di corsa e decollammo, il tutto in 3-4 minuti. La suggestione e l’adrenalina mi avvolsero anzi, mi assalirono e mi sentii, a più di 30 anni, felice ed emozionato come un bambino che va al Luna Park per la prima volta. Posso asserire con fermezza che da quel giorno il 15° mi è entrato nel sangue e non andrà via mai più.

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Ten. Daniele Trifance

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