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Mesopotamia highway patrol
Era un caldo mattino di luglio del 2003 a Nassiriya (ma forse “caldo mattino” riferito all’Iraq rende solo se lo si è provato veramente sulla propria pelle), e la missione italiana muoveva i primi passi operativi nel difficile territorio Iracheno. L’attenzione era alta, come anche l’ottimismo di poter “fare bene” in quel contesto, come già comprovato in altri teatri del mondo, non potendo ancora prevedere cosa sarebbe avvenuto da lì a pochi mesi. Il problema più sentito nella zona di competenza neo assegnata sembrava fosse di criminalità comune, impegnata principalmente nel furto di petrolio dalle condutture delle “pipeline” che attraversavano il deserto,
nonché all’abbattimento dei piloni dell’alta tensione, per poter così sottrarre grossi cavi di prezioso rame. Il task del giorno era mandare un messaggio a questi furfantelli: se vogliamo, possiamo controllare tutti gli accessi alla città, ed intercettare l’eventuale traffico di materiale illecito. Quindi all’ora X si procedette al dispiegamento simultaneo di posti di blocco nelle principali arterie di accesso alla città, curato dagli uomini dell’Esercito Italiano coadiuvati dai Carabinieri. Mentre due elicotteri, due HH-3F dell’Aeronautica Italiana, avrebbero vegliato dall’alto per tutta la durata dell’operazione, che si sarebbe conclusa nel giro di un’ora.
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Eccoci di nuovo in volo assieme, io e Mimmo, lui a destra ed io a sinistra, come in tante altre missioni.
Questa volta qualcosa è diverso: siamo costretti dalla natura della missione a sorvolare i palazzi della periferia della città di Nassiriya, condizione di solito evitata, visto che l’eventuale “cattivo” avrebbe la possibilità di spararci dal basso con il suo AK-47 Kalashnikov, comodamente nascosto in uno dei balconi delle case. Abbiamo due mitragliatrici, una per lato, ma nessuno di noi si augura mai di doverle utilizzare. Quindi gli occhi sono tutti attenti lì fuori. I due elicotteri ruotavano in senso antiorario attorno alla piccola città, “sfasati” di 180°, così da garantire l’immediata presenza sopra ognuno dei check point posti in


corrispondenza delle 5 arterie principali di accesso alla città. Dall’alto vegliavamo sui nostri soldati, che con professionalità ma senza arroganza, fermavano le macchine, ne controllavano il contenuto, e con la capacità che solo noi italiani abbiamo, riuscivano salutando a far ripartire il mezzo, dal quale, il più delle volte
vedevo una mano che usciva dal finestrino a ricambiare il saluto. Dopo circa 20 minuti dall’ora X, si incominciava a formare una ordinata fila per le strette strade che portavano ai posti di controllo.
Una chiamata in interfono e l’attenzione del nostro equipaggio viene focalizzata su un’auto, una Mercedes nera luccicante, lunga, possente, con i vetri oscurati, che nervosamente procedeva da Nord a Sud, smotorando come un neopatentato, che con arroganza effettuava una brusca inversione ad “U”, pochi metri prima del check point italiano in corrispondenza della “Tampa”, una delle strade principali che da Nassiriya diparte in direzione Sud Est. Invertito il senso di marcia girava immediatamente a sinistra su una stradina a senso unico, che dal “raccordo” attorno Nassiriya collegava a mo’ di ferro di cavallo alcune basse abitazioni esterne ad esso, generando il panico tra gli “ordinati” automobilisti che vi transitavano e che, intimoriti dalla stazza della Mercedes, si buttavano letteralmente fuori strada a destra ed a sinistra. Vista dall’alto la scena, nonché coreografica, destava qualche sospetto. Perché quella grossa auto, così inusuale in un luogo dove cavalli ed asini, con i loro carretti, circolano indisturbati tra auto sicuramente non




Euro4, alla vista del check point si dimena così tanto per evitarlo? Giunta all’estremità della stradina, invece di girare a sinistra per ricongiungersi così al Raccordo attorno la città, la macchina sospetta prosegue fuori strada dritta nel deserto, composto non da sabbia ma da polvere compatta, generando così una grossa nuvola dietro di sé. L’intenzione era chiara: ricongiungersi alla Tampa in direzione Sud Est, avendo evitato di fatto il check point italiano. Mentre tutto ciò accade noi riportiamo fedelmente quello che vediamo sulla “frequenza comune” all’altro elicottero ed alla base operativa di White Horse, da dove il



Comandante della Brigata Garibaldi seguiva in ascolto le fasi della missione. Per un attimo mi viene in mente l’elicottero che in gioventù vedevo passare davanti casa, al seguito del Giro d’Italia; ma oggi la telecronaca la faccio io. Da White Horse arriva l’ordine per lo Ziggurat 01: imbarcare immediatamente la Quick Reaction Force, il gruppo scelto di uomini dell’esercito addestrati ad operare dal nostro Elicottero. Poi l’ordine per noi: mantenere il contatto visivo con l’auto sospetta. E chi la perde di vista! Ormai la Mercedes è sulla Tampa. Sfreccia fuori città,
mentre io, che sono ai comandi, mi mantengo leggermente defilato in attesa di nuovi ordini. Veniamo informati via radio della presenza di una pattuglia dei Carabinieri, distante qualche chilometro davanti a noi, impegnata nella creazione di un check point di routine più esterno rispetto alla città. Suggeriamo alla Base di far bloccare l’auto dai Carabinieri, che avrebbero inoltre beneficiato della nostra copertura dall’alto. Ottima idea, ci rispondono, ed io pronto a scrivere, chiedo la frequenza radio della pattuglia…Silenzio. La pattuglia dei Carabinieri, che non “gioca” al nostro “gioco”: non ha la stessa frequenza “comune” dell’operazione, e l’informazione tarda ad arrivare. Supero l’auto sospetta, arrivo per primo sopra il posto di blocco, ci orbito sopra, rallento. Mimmo, attirata l’attenzione dei Militi; mima, gesticola, indicando freneticamente la macchina nera che sopraggiunge dalla corsia opposta, purtroppo, a quella dove i Carabinieri hanno istituito il posto di blocco. Eccola che arriva…è al traverso dei Carabinieri… è passata! Intanto, educatamente, i Carabinieri rispondono a quello che sembra un caloroso saluto da parte di Mimmo. Per un attimo mi vengono in mente le serate passate in gioventù a giocare al Gioco dei Mimi: devo ricordarmi, se dovesse mai ricapitare di giocarci, di non avere né Mimmo né quei Carabinieri in squadra con me… Intanto lo Ziggurat 01 è di nuovo in volo. Un ordine arriva per radio dall’altro elicottero “Ziggurat 02; fermate quella macchina!”, ma la voce non è di nessuno dei membri dell’equipaggio.


Infatti assieme alla Quick Reaction Force a bordo è salito anche il Comandante di Brigata, che vuole essere lì, con i suoi. Riconosciuta la voce, da sotto la visiera nera del casco da volo accenno un sorriso, in cerca di un sorriso complice di Mimmo, che non tarda infatti ad arrivare. Tocca a noi. Mi protendo leggermente in avanti e poi mi risiedo, tra le blindature arroventate del sedile dell’HH3F, come per dire “ora si fa sul serio”. Scende il carrello e gli speed vanno tutti avanti (che tradotto in italiano significa: “Motori a tutta potenza”). I bordi della Tampa davanti a me sono deserti: né case né pali della luce. Mi riavvicino cautamente all’auto, il mitragliere la tiene sotto tiro. Scendo, scendo ancora. Io e la macchina “voliamo” alla stessa quota. Non metto la freccia, ma comunque cambio corsia e inizio il sorpasso dell’auto. Giunto al traverso Mimmo spalanca il suo finestrino e gesticola. Il vetro elettrico scuro della Mercedes lentamente si abbassa, si intravede il volto dell’autista sorpreso. Mimmo questa volta si riguadagna la mia fiducia nei giochi di società: con la mano a mo’ di paletta intima l’alt mimando all’impietrito autista un “You! Stop the car!”. Per un attimo mi vengono in mente i telefilm americani visti di pomeriggio tornato dal Liceo: ora che ci penso, c’è un qualcosa di Mimmo che ricorda Francis “Ponch” Poncherello dei CHiPs (California Highway Patrol), anche se io in realtà non la so neanche portare la moto… La macchina nera inchioda.
Neanche il tempo di sfilarla completamente, ecco che lo Ziggurat 01 è gia pressoché al suolo, muso contro muso con la macchina nera. Sfiliamo l’altro elicottero e ci mettiamo in virata stretta di copertura a destra. Ma Mimmo è preoccupato. Dalla sua parte vede sopraggiungere dalla città una macchina bianca a tutta velocità, nello stesso senso di direzione della macchina nera. Inizia lentamente a cambiare corsia, pronta per il sorpasso, come se l’avere davanti immobili il camion della Nettezza Urbana o un elicottero con il rotore in moto, siano in fondo la stessa cosa….Gli uomini della Quick Reaction Force stanno per sbarcare e quella auto, che anche solo per l’eccessiva velocità, risulta un pericolo imminente per loro. Mimmo mi chiede i comandi, ed io glieli cedo immediatamente. Chiude la virata allineandosi sulla strada, scendendo a quota pedoni, e questa volta siamo noi muso contro muso contro la macchina bianca. Punto i piedi a terra e mi tengo al sedile, come farei sulle Montagne Russe al Luna Park. Ho piena fiducia in Mimmo, ma so che la virata che seguirà sarà stretta. All’ultimo secondo, l’elicottero sale, evitando come previsto la macchina bianca, che è costretta ad inchiodare spaventata. La vettura scorre sotto di noi: continuo a seguirla dall’ampio specchietto retrovisore laterale sinistro del nostro HH-3F: un optional montato “di serie” utilissimo, un po’ inusuale per un elicottero, che fa molto IVECO. L’auto scompostamente si ferma. Come previsto viriamo energicamente verso destra, per mantenere la copertura dei nostri soldati, che ormai sbarcati, si dirigono verso l’auto nera, mentre i nostri aerosoccorritori armati






si occupano della messa in sicurezza della strada, bloccandone il transito. In pochi secondi gli uomini della Quick Reaction Force circondano l’auto. Fortunatamente per tutti dall’auto escono quattro distinti e pacifici uomini con le mani alzate, vestiti in impeccabili tuniche bianche. L’auto viene perquisita, gli stupiti uomini d’affari identificati. Tutto bene per fortuna. I nostri soldati sembrano finalmente rilassati e meno minacciosi: dall’alto vediamo strette di mano tra loro ed i quattro protagonisti involontari di questa avventura. Un soldato mima con le mani (e con molta fantasia) qualcosa, come per spiegare il motivo del nostro interesse verso quella auto, mentre il rumore dei due elicotteri copre le loro parole; anche se fossero tutti italiani difficilmente riuscirebbero a capirsi. Ad un cenno i soldati rientrano nello Ziggurat 01, che riprende il volo, mentre i quattro dalle tuniche bianche svolazzanti, con una mano salutano mentre con l’altra si coprono il viso per la polvere alzata dall’elicottero. I quattro gentlemen, vista la fila d’auto creatasi attorno alla città, ignorandone probabilmente la causa, avevano fatto quello che forse per loro è considerato normale: prendere una strada in senso vietato e proseguire fuori strada nel polveroso deserto. Ziggurat 01 e Ziggurat 02 si ricongiungono, diretti verso la base aerea di Tallil, con tanta professionalità e tanto sangue freddo dimostrati, e con una storia da raccontare a chi avrà avuto la voglia e la pazienza di leggere questo racconto fino alla fine.
Andrea Palermo

