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Qualche giorno in più

In un lavoro come quello svolto da noi dove il compito principale in tempo di pace è fare soccorso e ricerca, vi assicuro che il termometro della gratificazione e della gioia segna punte massime quando in queste circostanze riusciamo a donare serenità a chi in una particolare situazione ne ha davvero bisogno. Personalmente ho vissuto con grande enfasi e con particolare coinvolgimento emotivo una operazione di “trasporto ammalato”, forse uno degli interventi più frequenti che siamo chiamati a fare, ma quella volta…… Una tranquillissima serata di primavera inoltrata, dove si aspetta con particolare trepidazione l’ora di fare il volo notturno per godere di un po’ di fresco, ma quasi a fine missione la nostra sala operativa ci comunica che a breve saremmo potuti partire per un trasporto. Il capo equipaggio decide di anticipare, anche se di qualche minuto, il rientro in campo dalla missione, così da permetterci da lì a poco di ripristinare le condizioni dell’elicottero per affrontare la missione richiesta. Saggia decisione, infatti, il pre-allertamento divenne subito missione operativa e noi avevamo appena finito di rifornire di carburante l’elicottero e dopo pochi secondi eravamo pronti a ripartire. Appena dopo il decollo il capo equipaggio ci descrisse nei dettagli cosa saremmo andati a fare, scoprimmo che la persona da trasportare era un neonato, infatti si trattava di un bimbo nato da poche ore con dei problemi respiratori, la nostra missione prevedeva il trasporto dall’ospedale di Casarano all’aeroporto di Bari Palese per poi essere trasportato in ambulanza presso il Policlinico di Bari. Dopo pochi minuti giungemmo all’ospedale della provincia leccese dove un’ambulanza ci attendeva, non appena atterrammo io scesi per consentire a terra il giusto svolgersi delle operazioni, appena si fermò il rotore l’ambulanza si avvicinò all’elicottero con un mio cenno, aperta la rampa posteriore l’aerosoccoritore scese a dare una mano ai sanitari a terra, quindi dal portellone

posteriore dell’ambulanza vidi sbucare una incubatrice e del personale medico. Non appena completate le operazioni di imbarco comunicai al capo equipaggio che la rampa era chiusa e che fuori eravamo pronti all’ingaggio rotore, pochi secondi e L’INDIA 0980 era in volo con il bimbo a bordo. Da quel momento la vita di quel bimbo anche se indirettamente dipendeva dalle nostre mani e noi, come sempre, avremmo fatto di tutto perché le cose andassero per il verso giusto. Dopo il decollo, avvisato il comandante, mi staccai dalla mia postazione per effettuare dei controlli post-decollo e giunto nella parte posteriore della fusoliera non seppi resistere alla tentazione di guardare in quella incubatrice, vi assicuro per me fu un profondo tonfo al cuore, il corpicino di quel bimbo ansimava con un respiro affannoso e profondo indicando quanto fosse per lui difficile respirare, allo stesso tempo però era un segno forte della sua voglia di vivere. Il medico che era con lui mi spiegò che non aveva un gravissimo problema ma necessitava comunque di un piccolo intervento di microchirurgia, che loro non potevano effettuare, quindi aveva buone possibilità di sopravvivere. Giunti a Bari Palese si svolsero le operazioni inverse rispetto a Casarano, la differenza che però spegnemmo tutto per poter fare rifornimento e questo ci permise anche di concederci un sospiro di sollievo, per la riuscita in tempi brevi del trasporto. Tornati a Brindisi erano ormai le prime luci dell’alba e non rimaneva che tornarsene a casa con alle spalle la gioia che solo chi fa questo mestiere ha assaporato. Io rimasi molto segnato da quell’esperienza, forse perché a casa avevo mio figlio che aveva giusto qualche giorno in più di quel povero bimbo, inoltre mi rendevo conto di quanto per quei genitori poteva essere stato traumatico non godere di quella grande gioia che dà un figlio appena nato.

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Carmine

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