Ogni essere vivente ha una dimora, una tana, e per l’uomo prima una grotta poi una capanna ora una casa.
Avere una dimora, una casa è vitale e se anche non si può parlare in assoluto di un diritto formale è un dovere morale che l’insieme delle persone che costituiscono la società, la comunità sociale, sia organizzata a nché ogni persona abbia una dimora, un alloggio, una casa.
Abbiamo tutti in mente il valore di avere una dimora, in termini di a ermazione di sé, della propria dignità e del proprio progetto di vita, del valore sociale in termini di relazioni, di a etti, di famiglia e in generale per la qualità di vita.
Ma come la comunità sociale, quindi anche le istituzioni, può organizzarsi per far sì che ogni persona abbia una casa?
Tra le forme più recenti di intervento c’è l’Impact Housing.
Un modello che unisce casa e accompagnamento sociale, o rendo alloggi accessibili e un sostegno mirato perché ciascuno possa ritrovare stabilità e autonomia.
L’impegno è allora quella di unire istituzioni, cittadini, imprese e terzo settore in uno sforzo comune, perché la casa non diventi mai un privilegio, ma resti ciò che è: un diritto che genera futuro.
Un grazie sincero a chi, con competenza e passione, ha o erto il proprio contributo a questo numero, arricchendo il dibattito con esperienze e riflessioni di valore.
Buona lettura!
Bisogna vivere in una botte per trovare l’uomo ?
Dalla casa nasce il futuro: l’abitare come diritto e responsabilità pubblica
Un gioco da tavolo per parlare di crisi abitativa
La casa; un diritto non piu’ scontato
Coabitazioni solidali: il modello di Maisons Lazare
Un sistema integrato per l’abitare a impatto di Giorgia Di Cintio e Marco Tabbia
Giampiero Bu oni, Benedetto Calcagno, Marco Scajola, Francesco Chiodelli, Don Massimiliano Moretti, Giuliana Costa, Giorgia Di Cintio, Marco Tabbia
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Omaggio a Roberto Clavarino
Premessa
Nel numero che state sfogliando desideriamo rendere omaggio a Roberto Clavarino, storico amico e volontario del CEIS Genova, recentemente salito alla Casa del Padre. Fin dagli inizi, Roberto è stato al fianco di Bianca Costa, con una dedizione discreta, competente e animata da una profonda fede nel valore della cura e dell’accoglienza. Pubblichiamo questo ricordo dell’architetto Giampiero Bu oni, che con lui condivise una stagione decisiva della nostra storia. Un gesto di gratitudine verso una presenza buona e preziosa che ha contribuito a costruire, con spiritualità, umanità e stile, il cammino del CEIS Genova.
Una presenza amica
di Giampiero Bu oni, architetto, amico e collaboratore del CEIS Genova
All’iniziodeglianni’80citrovammocoinvolti,undistinto signore di mezza età ed un giovane architetto, in una avventura che ancor oggi, e forse proprio oggi, ricordo con a etto verso chi ci coinvolse – Bianca Costa – e per tutte quelle persone che nella acquisizione di una parte del grande Seminario dei Chierici della Missione di Fassolo operarono a vario titolo e con ruoli diversi ed a volte contrapposti.
Roberto Clavarino, vicino a Bianca dalla nascita del Centro di Solidarietà, nel periodo di maggior di usione della droga in città, si trovò a gestire, assieme a me, la ricerca di una sede più ampia ed accogliente per la sua attività di recupero dei tossicodipendenti in una realtà di profondo disagio sociale, di emarginazione e di paura.
Nell’estate del 1982 per la disponibilità di un religioso vincenziano, superiore della Casa della Missione di Genova: padre Luigi Calcagno, si manifestò la
Omaggio a Roberto Clavarino
possibilità di disporre a Fassolo, all’interno di un dei quartieri operai della città, di una porzione del vasto complesso, in parte ormai inutilizzato, del Seminario dei Chierici della Missione per ospitare la comunità di recupero del Ceis assieme agli u ci in una situazione di opportuna riservatezza e con spazi adeguati ad un servizio in costante crescita.
La trattativa per arrivare alla disponibilità dell’immobile fu complessa risultando necessario intervenire in ambiti diversi a partire dal Comune di Genova per gli aspetti urbanistici ed edilizi tenendo però conto delle resistenze che si manifestarono, fin da subito, a livello di quartiere e negli inquilini già presenti nel compendio per la possibile presenza di “tossici”.
Roberto Clavarino assunse un ruolo di primo piano, da protagonista, nella vicenda spendendosi nella ricerca di soluzioni con la proprietà, con i vicini, con un contesto fortemente contrario all’insediamento della comunità
di Bianca Costa vista come elemento di degrado e pericolo.
Il convincimento di padre Calcagno risultò, fin dall’inizio, poco condiviso dal legale della Fondazione proprietaria del complesso ospitante la Casa della Missione di Genova, dando vita, in un torrido luglio, ad una serie di incontri, convegni, colloqui che si tennero principalmente nella sede del legale in Via San Lorenzo. “Scagno” antico caratterizzato, in quella stagione, da un caldo so ocante e dal divieto: “…c’è corrente…”, di aprire le finestre imposto dall’avvocato.
Con l’abbigliamento, non inusuale in quegli anni anche in piena estate: giacca e cravatta, mi sedetti, in tante occasioni, sulle sedie dello studio legale anelando, nelle discussioni, il momento di uscire e ottenere un po’ di refrigerio con una corsa verso studio con la vespa che all’epoca era una piccola “Primavera”.
Si arrivò ad agosto e la trattativa fu sospesa per le vacanze del legale che si trasferiva, per l’intero mese, a Rapallo in una località che considerava lontana –suscitando in noi grande ironia – per proseguire nella predisposizione del contratto di comodato nonostante la disponibilità manifestata da Clavarino e da me di spostarci da Genova, se e quando necessario, con il rinvio quindi del tutto al successivo settembre.
La determinazione del Padre Calcagno non venne meno, le di coltà con il quartiere, dopo a ollate ed accaldate assemblee, pian piano si dissiparono, la disponibilità dei tecnici comunali permise di superare le di coltà normative, altri amici di Bianca si resero disponibili per seguire ed eseguire i necessari lavori di adeguamento degli spazi del Seminario ed alla fine si arrivo, anche da parte del legale della Fondazione Brignole Sale Negroni, al sì.
DiRobertoClavarinoricordo,diquelperiodo,ladiscreta eleganza degli abiti “Principe di Galles”, le camicie di lino, la giacca abbottonata ed uno instancabile ottimismo verso il risultato, sicuramente positivo, che sarebbe arrivato.
Io, con la necessità di a dare a giacca e cravatta, la compensazione alla mancanza di esperienza ed autorevolezza, mi muovevo tra lo studio e la Via San Lorenzo con il vespino bianco assaporando pienamente il sollievo delle guida senza parabrezza.
Più volte in quell’estate di sole accecante gli proposi un passaggio, un breve percorso di frescura. La presenza
di qualche altro partecipante gli impedì, con la discreta e costante educazione che lo caratterizzavano, di rinunciare al ruolo di accompagnatore nel tragitto lungo una via San Lorenzo, all’epoca ancora tra cata, per ritrovarci poi nell’arsura dello studio legale. Cosa ricordo di più di quel periodo: la sua espressione di gratitudine per la proposta del passaggio sulle due ruote, il senso profondo di educazione che gli impediva di accettarlo ed un rapido, breve velo di disappunto per il mancato tragitto – allora privo della necessità di caschi di protezione – confortato da un refolo di vento.
Non siamo mai andati in vespa assieme e dopo quell’intensa estate di accordi in poche occasioni, negli anni successivi, è capitato di incontrarci.
Resta il ricordo di una “primavera” bianca, appoggiata a lato di Via San Lorenzo sotto un polveroso studio legale dove, con Roberto Clavarino, l’avventura di Bianca e del Ceis a Fassolo – oggi grande e rappresentativa sede, ha avuto inizio.
Omaggio a Roberto Clavarino
Bisogna vivere in una botte per trovare l’uomo ?
L’esperienza di Inclusio e le Agenzie Immobiliari Sociali a Bruxelles
Editoriale di Benedetto Calcagno, architetto, manager di Inclusio SA (Belgio)
Diogene di Sinope viveva in una botte e girava di giorno perleviediAteneconunalanterna,eraincercadell’uomo.
Se avessimo tutti la saggezza e la libertà di Diogene il problema della casa sarebbe risolto in poche ore, anche la piu’ indebitata delle amministrazioni pubbliche troverebbe i fondi per o rire una botte a ciascuno.
L’immagine di Diogene é radicale e poco verosimile, ma ricorda l’importanza dell’essenzialità per lo sviluppo dell’uomo libero.
Oggi purtroppo non basta far vivere un uomo in una botte perché apprezzi la bellezza dell’essenzialità,
piu’ probabilmente passerebbe il tempo a invidiare l’agiatezza dei piu’ ricchi e lo sconforto per quello che gli manca lo spingerebbe a cercare una botte di vino piuttosto che a costruire un futuro migliore.
Senza dimenticare i moniti di Diogene é indubbio oggi che una casa sana sia una condizione essenziale per lo sviluppo dell’uomo. Purtroppo, una troppo grande parte della popolazione non si puo’ permettere una casa adatta alle dimensioni della famiglia.
A Bruxelles, città di 1,2 milioni di abitanti, le famiglie in lista di attesa di una casa popolare sono 50.000, cioè circa il 10% della popolazione.
Jean-Léon Gérôme - «Diogene» 1860
Il «problema della casa» oggi é alimentato da diversi fattori:
Un’amministrazione pubblica indebitata che ha fondi limitati da investire.
Il livello degli «standard minimi» che aumenta ogni anno: piu’ sicurezza, piu’ confort, piu’ qualità… sacrosante migliorie della società che pero’ aumentano anche il costo delle case. Costruire un « social housing » oggi costa molto di piu’ di una «casa popolare» degli anni ‘60.
Gli immobili sono uno dei primi beni di investimento per chi ha dei risparmi, e visto che il numero dei « ricchi » aumenta, i prezzi salgono.
L’aumento del costo delle case, e in conseguenza degli a tti, é piu’ rapido dell’aumento degli stipendi, soprattutto degli stipendi piu’ bassi.
Nel 2018 ho chiuso 20 anni di esperienza di studio di architettura per cercare una posizione con una visione piu’ ampia sul mondo della costruzione, dove l’architettura sia vista nel quadro piu’ ampio delle sfide complesse della società.
Da 7 anni lavoro per Inclusio (www.inclusio.be), un fondo di investimento immobiliare quotato alla borsa di Bruxelles che ha la specificità di occuparsi di immobili che hanno un ruolo « sociale » con la convinzione che la « terza via » sia possible, cioè, con la collaborazione del pubblico, utilizzare fondi privati per sviluppare politiche sociali di interessse collettivo.
Inclusio é stata fondata nel 2015 sulla base di tre constatazioni:
1) La scarsità di case in a tto a prezzi accessibili alle classi meno agiate.
2) L’aumento dei risparmi su conti in banca «dormienti».
3) L’aumento di investitori interessati a progetti ricchi di senso, e non unicamente a massimizzare il profitto.
Inclusio sviluppa un progetto della regione di Bruxelles che promuove gli investimenti privati nelle case “popolari” in complemento all’edilizia tradizionale pubblica che è destinata alle fasce piu’ basse di reddito. Come funziona a grandi linee:
L’amministrazione pubblica ha fissato una griglia di a tti garantiti ai privati che decidono di a dare il loro bene alla gestione di una Agenzia Immobiliare Sociale (AIS). Le AIS sono associazioni senza scopo di lucro sovvenzionate in parte dall’amministrazione pubblica che gestiscono la relazione con gli inquilini e garantiscono al proprietario il pagamento degli a tti senza interruzioni sul lungo periodo.
L’a tto (indicizzato annualmente) varia in funzione del numero di camere da letto. Per avere un’idea per il 2025 gli a tti sono i seguenti: monolocale: 546,97 EUR/mese
1 camera da letto: 635,10 EUR/mese
2 camere da letto: 733,86 EUR/mese
3 camere da letto: 891,88 EUR/mese
4 camere da letto: 1051,40 EUR/mese
5 camere da letto: 1317,30 EUR/mese
Questi a tti sono piu’ bassi degli a tti di mercato a Bruxelles. Nei quartieri piu’ borghesi gli a tti sono il doppio, nei quartieri piu’ popolari gli a tti sono circa 20% piu’ alti rispetto a questa griglia.
I beni privati che sono dati in a tto ad una AIS sono esentati dal pagamento della tassa sugli immobili (che corrisponde grosso modo a 10% delle entrate degli a tti dimercato)ebeneficianoanchediunariduzionedell’IVA sulle nuove costruzioni che scende dal 21% al 12%.
Di seguito un esempio per un appartamento di 2 camere da letto, per dare un’idea delle cifre dal punto di vista delle diverse parti interessate.
Il punto di vista dell’investitore privato
Per un investitore privato che ha una casa da a ttare l’alternativa é la seguente:
A. situazione classica: un appartamento di 2 camere da letto del valore di 250.000 EUR (quartiere mediobasso) puo’ ricevere un a tto di 1000 EUR/mese, cioè 12.000 eur all’anno su cui ci sono da pagare circa 1.200 EUR di tassa sugli immobili. Entrate annue quindi di circa 10.800 EUR + il lavoro di dover gestire la relazione con gli inquilini e il rischio di a tti non pagati + vuoto tra un inquilino ed un altro.
B. Se lo stesso appartamento lo si a da ad una AIS l’a tto è di 733,86 x 12 = 8.806,32 EUR l’anno, garantito per 30 anni e senza doversi occupare del contratto con gli inquilini. Rendimento inferiore ma maggiore stabilità + contributo all’azione sociale.
Il punto di vista dell’amministrazione pubblica.
• Azione sociale: si mettono sul mercato case ad a tti calmierati senza bisogno di un investimento di capitale pubblico per l’acquisto (o la costruzione) della casa.
• Perdita della tassa sugli immobili di 1200 EUR l’anno.
• Contributo per il funzionamento dell’AIS di un po’ piu’ di due mensilità = 1.800 EUR all’anno.
• Contributo all’inquilino (se rientra nei parametri degli aventi diritto a case popolari) per il pagamento dell’a tto di circa due mensilità = 1.500 EUR all’anno.
Il punto di vista dell’inquilino.
L’inquilino che ne ha diritto paga dunque un a tto di 8.806,32 – 1.500 = 7.306,32 EUR/12 = 608,86 EUR al mese, cioè circa il 60% del prezzo di mercato (senza contare i contributi ulteriori di altre politiche sociali come per il numero di figli e per altre condizioni specifiche).
Perché il sistema sia sostenibile nel tempo occorre seguire tutto lo sviluppo immobiliare e sorvegliare l’essenzialità del progetto. Se i costi sono controllati e il rendimento positivo per gli investitori, gli investimenti saranno rinnovati.
Il sistema ha bisogno del contributo di tutti: investitori privati, amministrazione pubblica e associazioni di accompagnamento. La forza della catena sta nella solidità di ogni suo anello.
All’inaugurazione di un progetto recente ho avuto la sensazione dell’utilità del lavoro: una coppia con 4 figli maschi era contenta di entrare in un appartamento con 5 camere da letto. Ho chiesto loro dove vivessero prima e mi hanno risposto: in un appartamento con 1 camera da letto, i 4 figli dormivano in soggiorno...
Dalla casa nasce il futuro: l’abitare come diritto e responsabilità pubblica
di Marco Scajola, assessore regionale alla Rigenerazione urbana, Politiche abitative ed Edilizia
È tra le mura domestiche che prendono forma la sicurezza, la libertà e la speranza delle persone. Ogni individuo, per vivere con dignità, ha bisogno prima di tutto di una casa, un luogo dove crescere, costruire relazioni e guardare al domani con fiducia Eppure, oggi abitare sta diventando sempre più di cile. Giovani, famiglie con redditi incerti, anziani e persone in condizioni di fragilità si trovano spesso di fronte a un muro fattodicostielevati,precarietàemancanzadiopportunità.
Come istituzioni pubbliche abbiamo il dovere di garantire che il diritto alla casa non resti un principio astratto, ma diventi una realtà concreta per tutti. La casa non è solo un bene economico, è giustizia sociale e radicamento È il punto di partenza da cui prende forma il futuro di una comunità. Per ridurre al minimo il divario tra il bisogno di abitazioni accessibili e il rischio di lasciare spazi inutilizzati, emerge l’esigenza di ripensare il modo di abitare, orientandosi verso modelli capaci di coniugare giustizia sociale, sostenibilità ambientale e sviluppo economico.
Un obiettivo che trova risposta nel concetto di Impact Housing,unapprocciocheconsideralacasanonsoltanto comebeneindividuale,macomeinvestimentocollettivo. Significa, misurare e valorizzare l’impatto sociale dell’abitare, i benefici che un alloggio dignitoso genera sulla salute, sull’inclusione, sull’educazione e sul lavoro. Lacasadiventacosìunaverainfrastrutturadibenessere e di cittadinanza.
InRegioneLiguriastiamotrasformandoquestavisionein azioni concrete, attraverso un piano di edilizia pubblica e sociale. Dal 2015 ad oggi abbiamo stanziato circa 150 milioni di euro, riqualificando oltre 3.000 alloggi e avviando lavori su altri 500. Solo nel 2025, l’investimento di 6,5 milioni di euro ha generato un impatto economico stimato in più di 21 milioni, secondo i dati Ance.
Sono risultati che testimoniano una strategia di lungo periodo, non interventi occasionali.
Un esempio emblematico è il progetto di rigenerazione di Begato, a Genova: un intervento da 40,5 milioni di euro che sta trasformando un’area segnata dal disagio in un modello nazionale di edilizia pubblica moderna e sostenibile. Nel quartiere sono stati demoliti 476 appartamenti delle ex Diga Bianca e Diga Rossa Quest’ultima è stata abbattuta integralmente, mentre i 47 alloggi rimasti della Diga Bianca diventeranno 55 abitazioni a basso consumo energetico. Sono inoltre in costruzione tre nuove palazzine con 60 alloggi, a ancate da spazi verdi, una piazza, impianti sportivi, una nuova caserma dei Carabinieri e aree di socialità.
Un intervento che coinvolge 36 imprese, di cui 29 liguri, e oltre 200 lavoratori, e che sarà completato nel 2026. Ma, soprattutto, un progetto che restituisce dignità e qualità della vita a più di 770 persone. Oltreallepoliticheabitative,laLiguriarappresentaanche un modello di rigenerazione urbana. Nel 2025 la Regione ha finanziato 52 interventi, per un totale di 15 milioni di euro, generando un impatto economico complessivo di 50 milioni e creando circa 500 posti di lavoro.
Questi numeri raccontano un modo nuovo di intendere lepoliticheabitativeelarigenerazioneurbana.Lavorare sull’Impact housing significa prevenire la marginalità, ra orzare l’inclusione e costruire comunità solidali. Una casa rispettabile riduce il rischio di isolamento, migliora l’accesso ai servizi e promuove la salute mentale e fisica. È un investimento sociale, non un costo, significa mettere la persona al centro. Il diritto alla casa si intreccia con la dignità, la libertà e la possibilità per ciascuno di trovare il proprio posto nel mondo.
Come Regione vogliamo continuare su questa strada: un’urbanistica che ascolta, un’edilizia che include e un abitare che sostiene. Ogni casa rigenerata è una comunità che rinasce, un futuro che prende forma.
Perché la casa non è solo un edificio, ma il primo mattone del nostro vivere insieme.
Un gioco da tavolo per parlare di crisi abitativa
di Francesco Chiodelli, professore di geografia economico-politica presso l’Università di Torino
È ormai da un po’ di tempo che il dibattito pubblico in Italia è periodicamente attraversato da questioni che riguardano la casa. In alcuni casi, si tratta di argomenti (purtroppo) consolidati nel quadro nazionale –per esempio, le carenze dell’edilizia pubblica, la di usione degli sfratti o la crescita del prezzo degli a tti nelle zone centrali delle città – di cui si ha una certa conoscenza di usa. In altri casi, al contrario, si a acciano nella discussione argomenti relativamente nuovi o tecnicamente più complessi, sui quali vi è una ridotta consapevolezza da parte della cittadinanza: per esempio, i limiti del social housing, l’opportunità della riforma del catasto, le conseguenze sul panorama immobiliare di gentrificazione, studentificazione o turistificazione,l’impattodelladi usionedellalocazione
turistica breve. In questo contesto, appare sempre più necessario favorire una sorta di “alfabetizzazione popolare” circa gli argomenti che riguardano la questione abitativa e le trasformazioni urbane in Italia, per permettere un accesso consapevole più di uso al dibattito pubblico in materia – a oggi trattato spesso come una questione riservata tecnici e professionisti. Imodipercostruirequestoprocessodialfabetizzazione sono sicuramente molti e riguardano diversi campi, da quello del giornalismo a quello dell’istruzione. Un contributo, per quanto marginale, può venire anche dal gioco e, più precisamente, dai serious games [giochi seri], ossia da quei giochi che assolvono intenzionalmente scopi di altro tipo rispetto al puro intrattenimento.
Il mondo dei serious games – e, più in generale, quello della gamification, ossia dell’estensione dei principi del gioco ad ambiti diversi da quelli ludici – è più ampio di quanto si sia soliti immaginare. Per esempio, molti di noi hanno sul proprio cellulare applicazioni che, per promuovere un certo prodotto o servizio, spingono ad accumulare punti per ricevere una ricompensa.
Ma, oltre che in ambito commerciale, i giochi sono usati da tempo anche in campo medico ed educativo, per esempio. È in questa cornice che nasce l’idea di HACKERARE M0N0P0L1, un’espansione di Monopoly che, usata insieme alla versione classica di quest’ultimo, lo trasforma in un gioco che favorisce la conoscenza critica di processi, pratiche e politiche che caratterizzano la questione abitativa in Italia.
HACKERARE M0N0P0L1 dà luogo a una serie di variazioni rispetto al celebre gioco in scatola, inserendovi rimandi alla realtà urbana contemporanea (pur senza perderne la componente ludica). Per esempio, sono state ideate quaranta nuove carte imprevisti e probabilità (che sostituiscono quelle originali) che fanno riferimento a processi urbani reali.
Tra le varie, c’è una serie di carte che richiama i diversi bonus che sono stati approvati negli ultimi anni (il bonus facciate, il bonus ristrutturazioni, il bonus idrico e il superbonus 110%); altre carte parlano invece di processi tipici delle città contemporanee, come l’enfasi crescente sui grandi eventi (per esempio le Olimpiadi), la studentificazione o la gentrificazione. Da sottolineare che molte di queste carte sono volte intenzionalmente – analogamente a quanto avviene nella realtà – a favorire esclusivamente i possessori di edifici, per alludere al fatto che la proprietà immobiliare è una fonte importante di guadagno, che genera disparità sociali significative anche a fronte dell’esistenza di politiche pubbliche che la incentivano da decenni. E, ancora, ci sono carte che parlano di dissesto idrogeologico, crisi energetica, occupazioni abitative e politiche repressive. Alcune di queste carte, poi, danno la possibilità di costruire due nuovi tipi di edifici, oltre alle classiche case e alberghi: l’abuso edilizio e l’edilizia pubblica. Inoltre, contrariamente a Monopoly in cui tutti cominciano la partita con le stesse dotazioni di capitale economico e fondiario, in HACKERARE M0N0P0L1 ciascun giocatore pesca una “carta-personaggio” alla quale sono associate diverse condizioni di ricchezza (in termini di denaro) e proprietà fondiaria e immobiliare (ossia strade e case). A esse si associa anche la
presenza – così come avviene nel mercato immobiliare reale – di possibili discriminazioni, attivate tramite un’apposita carta, che limita per chi è discriminato la possibilità di comprare proprietà.
Il gioco è stato progettato pensando soprattutto al mondo della scuola secondaria, di primo e secondo grado, nell’idea che l’operazione di alfabetizzazione a cuiessomiradebbaprenderecorpoinnanzituttodentro il sistema scolastico. Tuttavia, così come il tradizionale Monopoly, HACKERARE M0N0P0L1è adatto a qualsiasi pubblico: può essere utilizzato, per esempio, anche in occasione di iniziative di discussione e informazione da parte di movimenti sociali per il diritto alla casa; ed è utilizzabile anche in ambito domestico.
HACKERARE M0N0P0L1 è il frutto di un’iniziativa supportata da centri di ricerca e dipartimenti universitari, così come dall’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia. È distribuito tramite licenza Creative Commons 4.0 CC BY-NC-SA ed è liberamente scaricabile da un’apposita pagina internet (full.polito. it/research/monopoli/), dove sono presenti tutti i componenti della confezione in un formato stampabile con una stampante domestica. Alcune confezioni del gioco sono distribuite gratuitamente a insegnanti e altri soggetti che ne vogliano fare un utilizzo collettivo in ambito educativo (a tal fine, bisogna scrivere a francesco.chiodelli@unito.it).
La casa; un diritto non piu’ scontato
di Don Massimiliano Moretti, parroco, ideatore gruppo volontari
“Persona e Casa” presso Parrocchia Santa Zita Genova
La parola casa fa parte del bagaglio linguistico di qualsiasi popolo, anche del più primitivo e nasce insieme all’uomo, al suo bisogno di protezione, di sicurezza, per radunare i suoi a etti in un luogo caldo ed accogliente dove vivere relazioni umane e sociali che lo facciano crescere e lo realizzino come essere umano.
Le generazioni che ci hanno preceduto, soprattutto qui a Genova, hanno costruito intere vite risparmiando ed investendo “nel mattone”, un bene che ha garantito tanta sicurezza alle generazioni che ci precedono e in parte anche a quelle attuale.
Oggi, 2025, la casa sembra aver cessato di essere un diritto ma si è trasformato in una nuova emergenza che il nostro tempo si trova ad a rontare: intere famiglie dove, magari, si lavora anche in due, che non riescono adarrivareafinemese.Ladecisionedaprenderespesso è tra pagare le utenze del gas o della luce e il cibo per sostenersi o l’a tto e le bollette dell’amministrazione.
Da quattro anni nella Parrocchia di Santa Zita a Genova è nato il Gruppo “Progetto Casa e Persona”. Il Gruppo è nato con il coinvolgimento di alcuni parrocchiani, che con competenze diverse, hanno provato a intercettare questo problema cercando soluzioni ai singoli casi che sempre più numerosi si a acciavano in Parrocchia.
Abbiamo cercato con un po’ di coraggio ma cercando di essere concreti, di sensibilizzare la comunità parrocchiale verso riscontrando una straordinaria risposta.
Il bacino di utenza che arriva puntuale ogni martedì pomeriggio allo sportello di ascolto è il più vario, ormai contiamo più di 200 famiglie che hanno bussato alla nostra porta, senza distinzione di etnia, nazionalità, sesso o credo religioso. Queste persone sono testimoni di una realtà che denuncia povertà, disoccupazione, malattia, emarginazione culturale e condizioni abitative indegne che meritano una risposta concreta e continuativa.
Arrivano persone immigrate da zone del sud del mondo maancheitalianichelavoranoconunostipendiotroppo basso che non consente loro di poter prendere in a tto un appartamento. Ci sono persone separate o vedove che hanno perso il sostegno economico del partner e si sentono impotenti di fronte a quelle che sono le richieste del mercato immobiliare. Ci sono, infine, molte famiglie, soprattutto italiane, che per pagare un a tto hanno finito per indebitarsi in maniera importante e non trovano una via di uscita per sanare i loro debiti. Nei casi più estremi ci siamo trovati a volte a gestire situazioni quasi drammatiche dal punto di vista umano.
Il problema è enorme ed è purtroppo destinato ad estendersi se verrà accolto il disegno di Legge che mira ad accelerare gli sfratti per morosità. Dopo due mesi di a tto non pagato il proprietario potrà chiedere lo sfratto con un percorso accelerato. Ad oggi, ogni anno, le richieste in tal senso sono circa 70 mila per l’80% riconducibili a situazioni di morosità, ovviamente la percentuale è particolarmente elevata nelle grandi città come Roma e Milano.
Anche a Genova la situazione desta attenzione e preoccupazione in ragione del fatto che, ad oggi, più di 2.000 immobili appartenenti all’edilizia popolare (ERP- Edilizia Residenziale Pubblica) devono essere riqualificati da un punto di vista energetico e molti sono ad oggi sfitti in quanto versano in condizioni non idonee ad essere abitati dalla fascia di popolazione che più ne avrebbe bisogno.
I risultati ottenuti con il nostro modesto intervento hanno suscitato attenzione ed interesse anche da parte delle istituzioni pubbliche, del mondo privato e della comunità religiosa cittadina, ma certamente il problema deve essere a rontato in sede istituzionale e deve coinvolgere gli Enti Pubblici, gli Enti che si occupano di carità. Da ormai molti decenni in Italia manca un nuovo piano casa.
Come volontari questo servizio ci ha dato molto in termini di relazioni e umane e di maggior conoscenza della realtà e il nostro obiettivo che era di vivere meglio il Vangelo, dobbiamo dire che sembra più a portata di mano.
Coabitazioni solidali: il modello di Maisons Lazare
di Giuliana Costa, sociologa, docente Dipartimento di Architettura e Studi Urbani Politecnico di Milano
In Europa vi sono Paesi che hanno un welfare abitativo molto più sviluppato del nostro e la Francia è uno di questi. Per quanto l’accesso alla casa non sia garantito costituzionalmente, vi sono molteplici forme di sostegno all’abitare sotto forma di trasferimenti monetari, garanzie pubbliche per chi non le può provvedere autonomamente nel mercato dell’a tto e la possibilità di accedere a case popolari, sia pubbliche che private. Infatti, vi sono molti enti privati non profit che o rono alloggi a prezzi calmierati, chiamati bailleur sociaux. Molti di loro mettono a disposizione alloggi per progetti sociali che coinvolgono anche persone molto fragili e gestiti perlopiù da associazioni. Si tratta di una tradizione tutta francese proprio per l’estesa presenza di attori che hanno un parco abitativo di rilievo. Tuttavia, a suscitare molto interesse è l’esperienza delle Maisons Lazare, un’associazione che opera ormai in 15 città francesi con 21 appartamenti oltre che in Svizzera, Messico e Belgio. Fondata nel 2011 a Lione da sei giovani che hanno deciso di vivere insieme per aiutare le persone più fragili proprio attraverso la coabitazione, la condivisione della vita quotidiana e il mescolamento di mondi che in genere non si parlano. Così è nata l’avventura di uno dei più audaci progetti di vita in
comune tra persone in condizione di senza dimora e giovani che vengono chiamati “attivi”, perlopiù studenti ma anche lavoratori e lavoratrici, desiderosi di vivere un’esperienza di fratellanza e condivisione. I primi sono definiti come “Ceux qui ont connu la galère”, vale a dire, coloro che hanno sperimentato fortissime di coltà. Queste persone vengono accolte dalla strada in uno degli appartamenti delle singole case (che sono poi sempre edifici di civile abitazione a sé). Si tratta di un modello che assomiglia a ciò che viene chiamato Housing First nella letteratura internazionale, vale a dire gli interventi abitativi che hanno come obiettivo quello di dare alle persone più in di coltà prima una casa, intesa come trampolino di lancio per l’accesso ad altri servizi sanitari, sociali ed educativi. A di erenza di questi però, a Lazare si accolgono anche coloro che hanno delle addizioni e coloro che hanno patologie psichiatriche non stabilizzate, ogni volta dunque una scommessa.
Ogni casa accoglie almeno un appartamento in coabitazione per donne, uno per uomini, un alloggio di decollo (per coloro che desiderano lasciare la coabitazione in vista dell’intrapresa di una vita autonoma) e uno per la famiglia responsabile. I giovani
attivi pagano l’a tto a valori più bassi di quelli di mercato mentre le persone accolte pagano solamente se nel corso del tempo riescono ad avere un reddito che lo permetta. Nelle case esiste un rapporto 1: 1 tra persone che provengono direttamente dalla strada e i giovani attivi. Ogni coabitante ha una stanza per sé ma tutti si impegnano a condividere il tempo insieme. A mò di esempio, si pensi che il nucleo coabitante è chiamato a fare una cena insieme almeno una volta la settimana e con la stessa cadenza si mangia tutti insieme.
La famiglia responsabile sovrintende al funzionamento della casa sia dal punto di vista pratico (gestione economica, approvvigionamenti, bollette, rotture e guasti ecc.) che da quello relazionale. Sono sempre coppie (spesso con figli) di cui uno viene stipendiato dall’associazione. Ogni casa costituisce dunque un mosaico di realtà, di abitanti e di spazi.
Ogni casa è accompagnata da un’équipe di professionisti e da un “gruppo di amici”, volontari che pur non abitando a Lazare, partecipano della vita quotidiana nei tanti eventi conviviali e si rendono disponibili per accompagnare i residenti a visite mediche, incontri con i servizi sociali o anche di lavoro. Nel 2024 l’85% dei 350 residenti di Lazare dispongono di un accompagnamento sociale e oltre il 60% dopo la permanenza. Oltre l’80% di loro dichiara di aver fatto amicizie, di sentirsi rispettato e riconosciuto.
Le famiglie responsabili e i giovani attivi devono essere cristiani vista la l’orientamento religioso dell’associazione. Nel 2024, dopo un periodo di condivisione e co-costruzione, essi si sono dati 10 missioni da compiere, in qualche modo codificandoli: 1. Impegnarsi liberamente 2. Rimanere, essere presenti 3. Accogliersi a vicenda 4. Prendersi cura di sé 5. Comunicare 7. Servire. 8. Celebrare e onorare. 9. Testimoniare. 10. Rispettare la libertà di coscienza di tutti. 11. Prepararsi per il futuro. Si tratta di stare ad un impegno di solidarietà molto forte. I giovani devono garantire almeno un anno di permanenza, le famiglie al meno tre.
A Lazare esistono strumenti di governance tutti i livelli (nazionale, di département, locali e di ogni singola casa) così come momenti di formazione per tutti, residenti, lavoratori, dirigenti. Per esempio, uno dei dispositivi inseriti recentemente sono i “consigli di casa”, occasione in cui tutti i suoi residenti, una
volta a trimestre, si ritrovano e tentano di dare soluzione ai problemi collettivi. Il consiglio di casa consente ai residenti di delegare il potere decisionale per scambiare idee, mediare e scegliere la giusta direzione da intraprendere riguardo ad aspetti della vita in comune (come la manutenzione delle aree comuni, ‘organizzazione di cene condivise, l’ospitalità degli amici dei coinquilini, i livelli di rumore, ecc.) o progetti da intraprendere (una festa o un’uscita, lavori di giardinaggio o fai da te, ecc.). Questo permette ai residenti di decidere e agire insieme.
Il modello economico prevede che l’operatività sia coperta per circa il 60% dagli a tti e dalle attività proprie dell’associazione. I finanziamenti pubblici sono molto modesti, mentre il resto proviene dalle donazioni e partnership con decine di aziende. Nel 2024 l’associazione è stata destinataria di 6.828.000 euro da mecenati, fondazioni e aziende. Nel suo rapporto annuale si legge che il risparmio per lo stato nella presa in carico delle persone vulnerabili di Lazare è un risparmio per lo Stato e che la loro accoglienza costa quattro volte meno che quanto costerebbero nell’alveo del servizio pubblico.
Per concludere va detto che l’esempio di Lazare è stato seguito da altre organizzazioni cristiane che si occupano di target meno di cili come le donne incinte rimaste, per motivi diversi, senza partner o famiglia) e che l’amicizia e la solidarietà possono creare buone condizioni di vita per coloro che dalla vita hanno ricevuto poche opportunità. Chiaramente, non è facile.
Un sistema integrato per l’abitare a impatto
di Giorgia Di Cintio – Direttrice Generale, Fondazione Impact Housing di Marco Tabbia – Social Impact Manager, Homes4All
HOMES4ALL:
L’abitare come dispositivo di investimento sociale
L’esperienza di Homes4All nasce da un’intuizione semplice ma oggi decisiva: la casa non è soltanto un tetto, ma un’infrastruttura di opportunità. È ciò che consente di stabilizzare il presente, immaginare il futuro e costruire legami che ra orzano la coesione sociale. In un mercato immobiliare sempre più escludente, l’organizzazionehadatoformaaunmodellocheintegra rigenerazione urbana, gestione sociale e strumenti finanziari orientati all’impatto.
Nata a Torino nel 2020 come B Corp e società benefit, Homes4All ha trasformato alloggi sfitti, sottoutilizzati o degradati in risorse per famiglie in di coltà. L’analisi del Social Return on Investment — 3,58 euro di impatto per ogni euro investito — conferma un principio centrale: la casa non deve essere letta come un costo, ma come un investimento sociale ad alto rendimento
Riduce la marginalità, sostiene l’inserimento lavorativo, ra orza le reti sociali e crea comunità più resilienti. La crescente domanda che arriva da tutta Italia — giovani, studenti, lavoratori in transizione, famiglie alle prese con sfratti, persone che vivono vulnerabilità economiche — indica l’esistenza di uno spazio intermedio tra mercato e welfare che richiede soluzioni nuove. Homes4All si colloca esattamente in questo spazio, con una squadra capace di recuperare immobili complessi, attivare risorse territoriali e trasformare patrimoni dismessi in infrastrutture sociali generative
Negli anni, questa visione si è tradotta in una crescita solida che ha consolidato la posizione di Homes4All come player qualificato dell’housing ad impatto sociale. I dati raccontano la portata del lavoro: 27 asset in gestione, 6 in sviluppo, 16 in progettazione, per un totale di 127 unità immobiliari, di cui il 39% già rigenerate. Sul piano sociale, l’impatto è altrettanto significativo: 235 beneficiari alloggiati, 84 nuclei accompagnati l’87% in condizioni di fragilità — e un
tassodi stabilizzazionedell’85%,segnodiunintervento che genera sicurezza, continuità e autonomia. I 57 percorsi attivati confermano che l’abitare, per Homes4All, è parte di un processo più ampio: sostegno educativo, orientamento amministrativo, accompagnamento al lavoro, cura delle relazioni.
L’espansione a Genova rappresenta un passaggio emblematico di questa capacità di adattamento e replicabilità. L’acquisizione di Casa per Maestri 2 — oggi Caseper S.r.l. — resa possibile grazie a una forte alleanza tra UniCredit, investitori locali, imprenditori e attori istituzionali, ha permesso di preservare e rilanciare uno stabile di 40 appartamenti, che oggi accoglie 35 famiglie e 89 persone, tra cui 25 minori. Nel quartiere di Begato, un bene costruito con risorse pubbliche ma a rischio di degrado è tornato a essere un presidio stabile di coesione e comunità
Le parole del Presidente Giorgio Mosci colgono bene il senso di questa scelta collettiva: «Con l’acquisizione di Caseper saremo in grado
di affrontare in squadra nuove sfide sul fronte dell’housing sociale, coinvolgendo in un mix sinergico privati, imprenditori e istituzioni finanziarie»
L’operazione genovese dimostra che il modello Homes4All non è un progetto pilota, ma un approccio replicabile, capace di generare alleanze civiche e responsabilità condivise. In Liguria, il modello non si limita a fornire alloggi: costruisce un presidio permanente – Home4All Liguria, crea un’infrastruttura di governance territoriale e apre la strada a un percorso capace di a rontare la crisi abitativa con strumenti moderni e inclusivi.
La solidità del modello si fonda sulla convergenza tra rigenerazione fisica e inclusione sociale. La riqualificazione degli immobili non è separata dai percorsi delle persone che li abitano: il valore generato emerge nelle storie delle famiglie che ritrovano stabilità, nei percorsi di autonomia che diventano possibili, nella riduzione dei costi pubblici legati alla marginalità e nel ra orzamento della coesione comunitaria. La presenza
di Phitrust, Sefea Impact e Fondazione Ufficio Pio — investitori che hanno scelto un impact investing orientato al lungo periodo — conferma la credibilità di un modello capace di generare impatto misurabile e di attrarre capitale responsabile.
All’interno di questa architettura si colloca anche il percorso verso la costituzione della H4A Impact SICAF, il fondo immobiliare sociale che renderà ancora più scalabile e sistemico il modello. Non è solo uno strumento finanziario, ma un dispositivo regolativo orientato all’impatto: una piattaforma capace di intercettare patrimoni dismessi o sottoutilizzati, riqualificarlisecondocriteriESGedestinarlistabilmente a progetti di housing sociale. Un tassello strategico che permetterà di ampliare l’intervento nei territori e di ra orzare la filiera nazionale dell’abitare inclusivo.
I riconoscimenti ottenuti negli ultimi anni — come il Premio Impresa Sostenibile del Sole 24 Ore, il Premio Oxfam e l’attenzione dedicata dal programma “Presa Diretta” — non riguardano solo la qualità delle iniziative, ma il metodo che le sostiene: un approccio evidence-based, fondato su monitoraggi continui, indicatori chiari, outcome verificabili e una forte accountability pubblica. Un metodo che dimostra — dati alla mano — miglioramenti in stabilità abitativa, accessibilità, risparmio per i servizi pubblici, benessere e empowerment dei nuclei coinvolti.
Homes4All dimostra che superare l’emergenza è possibile quando l’abitare viene riconosciuto per ciò che è: un dispositivo di giustizia sociale, non un intervento tampone. Rigenerare patrimonio significa rigenerare capitale sociale; garantire stabilità abitativa significa aprire spazi di autonomia; costruire alleanze civiche significa creare un futuro condiviso.
Ed è su questa visione che si innesta la nascita della Fondazione Impact Housing: l’infrastruttura culturale, metodologica e strategica che permette di estendere, consolidare e trasferire un modello capace di cambiare vite e generare valore pubblico.
Fondazione Impact Housing: oltre l’emergenza, costruire politiche e capacità
Se Homes4All permette di vedere ciò che cambia nella vita delle persone e negli edifici che tornano a vivere, Fondazione Impact Housing rende visibile ciò che solitamente resta sotto la superficie: le condizioni che rendono possibile quel cambiamento. È l’infrastruttura strategica dell’ecosistema, il luogo in cui le pratiche diventano conoscenza, la conoscenza diventa metodo e il metodo diventa capacità condivisa tra territori, operatori e investitori.
La Fondazione nasce da una convinzione comune ai suoi enti fondatori — Homes4All, CEIS Genova, Red Nova e Comin: l’abitare non è un tema settoriale, ma un nodo in cui si incontrano dimensioni sociali, economiche, culturali, ambientali ed energetiche. È un diritto che produce altri diritti: salute, educazione, lavoro, partecipazione, benessere. È proprio questa lettura multidimensionale che rende evidente perché molte delle soluzioni tradizionali non siano più su cienti. Non basta o rire una casa se il contesto che la circonda continua a generare esclusione, disuguaglianze e isolamento.
Negli ultimi anni, a livello europeo, si è consolidato un quadro di crisi convergenti: di coltà di accesso alla casa, povertà energetica ed esclusione sociale si intrecciano con trend strutturali come il calo demografico, la perdita di posti di lavoro, la fragilità economica delle piccole città e la polarizzazione delle metropoli. Oltre il 40% delle città europee di piccola e media dimensione sta perdendo popolazione e funzioni economiche; i giovani faticano a costruire percorsi autonomi; i costi abitativi crescono più dei redditi; in molte regioni meridionali la disoccupazione giovanile supera il 25%. Parallelamente, i costi di costruzione sono aumentati di oltre il 50% nell’ultimo decennio, mentre la disponibilità di alloggi accessibili è rimasta pressoché immobile. In questo scenario, la casa diventa il punto di contatto tra vulnerabilità e opportunità, più che una semplice questione edilizia.
È esattamente qui che si colloca Fondazione Impact Housing: all’intersezione tra questi fenomeni, con la funzione non di intervenire sugli immobili, ma di creare le condizioni affinché gli attori dei territori possano generare gli impatti che la Catena del Valore
dell’impact housing indica in modo chiaro: riduzione delle disuguaglianze, aumento dell’accessibilità, stabilità abitativa, rigenerazione urbana, ra orzamento del tessuto sociale, sostenibilità ambientale.
Per arrivarci serve qualcosa che in Italia è spesso carente: capacity building. Non assistenza, non accompagnamento sociale: capacità trasformativa, cioè fornire agli attori le competenze, le strutture di governance e gli strumenti per agire in modo integrato e strategico.
La Fondazione opera in questa direzione attraverso tre funzioni principali.
La prima è la produzione di conoscenza. Significa ricercare, studiare e sistematizzare innovazioni nel settore abitativo, rendendo leggibili fenomeni complessi: barriere di accesso, fratture istituzionali, ine cienze del patrimonio, vulnerabilità energetiche, implicazioni delle trasformazioni demografiche. La strategia della Fondazione parte da un presupposto essenziale: non si possono generare impatti senza comprendere il contesto in cui si interviene
La seconda è la costruzione di modelli e strumenti
La Fondazione progetta politiche, disegna metodi, sperimenta dispositivi finanziari, sviluppa framework di valutazione ex ante ed ex post, costruisce teorie del cambiamento per istituzioni e operatori, crea toolkit replicabili e validati. Questa infrastruttura metodologica
consente di mobilitare investimenti responsabili e orientare la finanza verso l’abitare a impatto: senza metriche condivise, senza indicatori credibili e senza una chiara dimostrazione del valore generato, nessun soggetto pubblico o privato può impegnarsi con continuità.
La terza è la capacità di facilitare cooperazione. La Fondazione lavora con Comuni, Regioni, reti civiche, imprese sociali e attori economici per costruire governance collaborative, processi decisionali trasparenti e interventi pubblici misurabili. Lo ha fatto sviluppando metodi di valutazione degli impatti per Regione Liguria, studiando politiche abitative innovative con il Comune di Verbania, sostenendo progetti europei contro la discriminazione abitativa, attivando percorsi di ricerca e coprogettazione con università, reti sociali e infrastrutture culturali. È un lavoro che raramente appare nelle fotografie degli appartamenti rigenerati, ma senza il quale nessuno di quei risultati sarebbe scalabile
Accanto a questa dimensione nazionale, la Fondazione agisce sul piano europeo attraverso il coordinamento dell’European Impact Housing Network, una comunità di housing provider, investitori e ricercatori impegnati a costruire un nuovo modo di intendere l’abitare in Europa. Il Network a ronta in modo sistemico le grandi barriere del continente: la scarsità di modelli
imprenditoriali locali capaci di rispondere alle nuove vulnerabilità, la mancanza di indicatori comuni per misurare gli outcome sociali, la di coltà delle istituzioni nel progettare politiche basate su evidenze, la frammentazione tra chi produce case e chi produce benessere.
L’obiettivo del Network è semplice e nello stesso tempo rivoluzionario: creare un linguaggio comune dell’impact housing, una cornice europea capace di unire finanza, politiche pubbliche, rigenerazione urbana e innovazione sociale. Non per omologare le pratiche, ma per renderle confrontabili, trasferibili e finanziabili. La Fondazione coordina questo spazio di apprendimento, facilita lo scambio tra attori di diversi Paesi, costruisce modelli comparativi, sviluppa linee guida e promuove raccomandazioni politiche. In questo ecosistema, la casa diventa un catalizzatore di benessere, sostenibilità e coesione
In definitiva, Fondazione Impact Housing opera come abilitatore di sistemi: mette gli attori nelle condizioni di trasformare sperimentazioni locali in conoscenza strutturata e in strumenti utili ai decisori pubblici.
La rigenerazione urbana diventa così un processo intenzionale, governato e misurabile; la finanza ibrida uno strumento capace di attivare capitali privati per finalità pubbliche; l’innovazione sociale una leva per ridisegnare il rapporto tra istituzioni e cittadini.
L’ecosistema composto da Homes4All e Fondazione Impact Housing dimostra che un modello integrato di abitare a impatto è possibile: l’operatività genera evidenze,laFondazioneletraduceinmetodiepolitiche; insieme producono trasformazione. In un tempo segnato da crescente disuguaglianza abitativa, questo modello rappresenta una via concreta per costruire città più eque, più resilienti e più capaci di prendersi cura delle persone.
La sfida dei prossimi anni sarà portare questo modello a una scala più ampia: coinvolgere nuovi territori, ra orzare le comunità locali, attivare investitori responsabili, supportare gli enti pubblici nella transizioneversopoliticheabitativebasatesull’evidenza. Abitare non significa solo accedere a una casa, ma poter partecipare pienamente alla vita della comunità. È qui che l’impatto diventa infrastruttura: un modo di pensare, misurare e governare la città mettendo al centro le persone e le loro possibilità.