La domanda che questo mese ci siamo posti, e abbiamo di conseguenza posto ai ragazzi della Comunità, risiede all’interno della sfera lavorativa, ossia: cosa, secondo loro, identifica il luogo di lavoro in quanto sano e positivo. Abbiamo volutamente lasciato aperte diverse porte, così che i ragazzi potessero attraversare i propri ricordi e le proprie esperienze, per poi trasformarle in eventi positivi o negativi che fossero da esempio per ciò che più potrebbe essere buono per loro. Una linea comune che ci sentiamo di evidenziare è identificata dalla necessità di riconoscimento, che può prendere differenti forme. Alcuni dei ragazzi hanno fatto presente quanto per loro fosse importante ricevere un riconoscimento che passasse attraverso le responsabilità, così da ottenere un miglioramento nel ruolo da loro ricoperto; altri ragazzi hanno trasportato il riconoscimento sotto un punto di vista economico, facendo notare quanto anche una giusta retribuzione possa dare valore al proprio operato; infine, alcuni altri ne hanno parlato in quanto coesione e buoni rapporti coi colleghi, discutendo dell’importanza che un ambiente armonico abbia all’interno di un luogo di lavoro, trasformando perciò il riconoscimento in qualcosa di più personale ed emotivo. In conclusione, ci ha fatto piacere notare quanto la personalità di ognuno sia apparsa chiara attraverso un discorso che riguarda ognuno di loro, in maniera differente, suscitando emozioni a volte così diverse.
Serena e Ilaria
Operatrici Comunità di Trasta
Idealizzazione e realizzazione: i ragazzi della Comunità di Trasta
Direttori: Marco Ciccone e Paola Ottenga
Caporedattore: Alessandro Censi Buffarini
Coordinatori: Ilaria Rino, Serena Faranda e Evelina Rota
Fotografie: I ragazzi di Trasta
IL PASSATO E IL PRESENTE
Avrei voluto, negli anni dove un uomo si forma, anche dal punto di vista lavorativo, aver concentrato le mie forze su una passione e non sulla droga e la delinquenza, ma come si sa il passato non si cambia.
BISOGNA FARE UN PASSO INDIETRO
Secondo me nel mondo di oggi bisognerebbe fare un passo indietro. Fondamentalmente abbiamo un bisogno primario, anzi tre: nutrirci, provvedere ad avere un tetto sulla testa e un vestiario. Fosse per me toglierei molte cose superflue, incentiverei il lavoro nel campo agroalimentare che è sottopagato ed è ingiusto, in quanto è grazie a quello che noi viviamo. Poi, secondo me, sarebbe bello poter vivere tutti più a contatto con la natura; costruire quindi tante costruzioni lontano dalla città con fonti di energia rinnovabili. Terzo ed ultimo un mercato del vestiario umano senza tanti brand e marchi: una produzione onesta. Questo è quello che, secondo me, migliorerebbe la vita un po’ di tutti. Ma è solo il mio pensiero. In realtà si spendono molti miliardi in armi. E chi le vuole le guerre? Nessuno. “La più bella esperienza di lavoro” In quasi tutti i posti di lavoro i cui mi sono “imbattuto” ho trovato un ambiente buono, a volte addirittura ottimo. Forse perché nei ristoranti e pizzerie vige sempre una regola non scritta che è quella di ridere di divertirsi lavorando. È successo proprio nel posto migliore in cui ho lavorato che ho avuto una mazzata e vi spiego il perché. L’ambiente era ottimo, i miei colleghi un pizzaiolo, un cuoco e un cameriere erano tutti egiziani ed io l’unico italiano riuscivo sempre a farli ridere. Una mattina, però, alle 7 di mattina, vennero a casa mia i carabinieri con un mandato d’arresto per definitivi. Fu così che finì la più bella esperienza di lavoro. Dai miei familiari seppi poi che il proprietario del locale cercò di aiutarmi disposto a pagare il mio avvocato e si arrese solo quando gli dissero che non poteva farci niente. Ma la più bella esperienza in assoluto ve la racconto la prossima puntata.
G.S.
UN POSTO DI LAVORO ACCOGLIENTE
Io non devo immaginarlo il mio posto di lavoro ideale perché l’ho vissuto. Ho lavorato per diciannove anni in una ditta dove sono cresciuto e non era un lavoro, ma una famiglia. L’officina era una casa e i colleghi una famiglia e dei cari. Il mio posto ideale dovrebbe essere così... Non solo un lucro, ma bensì un ambiente felice dove a volte ti trovi in contrasto come in tutte le migliori famiglie ma dove vivi la maggior parte del tempo; quindi, ti devi sentire appagato e deve essere svolto con passione. Per quanto mi riguarda ho trascorso li dentro tra i migliori anni della mia vita perché hanno fatto di un ragazzo un uomo e mi hanno fatto sentire importante e amato.
IL MONDO DEL LAVORO CHE VORREI
Premetto che mi sento proprio nel mio mondo in questo tema perché ormai sono 16 anni che lavoro costantemente e sono inserito nel contesto pienamente. Quello che secondo me ci vorrebbe più di ogni altra cosa oggi come oggi qui per favorire il lavoro sarebbe investire sui giovani, perché sempre più spesso si vedono persone che continuano a lavorare anche avendo superato l’età di pensionamento e giovani in giro a elemosinare un posto di lavoro. Adeguare quanto prima gli stipendi al caro vita attuale e tenere l’argomento aggiornato costantemente. Considerare molto il fattore della “meritocrazia lavorativa” per invogliare il giovane ad avere uno stipendio ragguardevole ai suoi colleghi più esperti e più esperienti. Aumentare la responsabilità a piccole dosi in modo da fare avanzare il giovane e scaricare a qualcun altro le stesse. Diminuire l’età pensionabile per permettere al lavoratore alla fine della sua esperienza di potersi godere anni e anni di fatiche e sacrifici. Per me anche promuovere il made in italy non sarebbe poco. Visto che noi siamo molto bravi e con dei grandi carrelli da riuscire dove altri non arrivano. Mi fa molto male vedere che eccellenze italiane siano costrette a fabbricare i propri prodotti all’estero perché da noi a casa nostra non è permesso per i costi delle infinite tasse che continuano a martellare le aziende.
R.G.
IL LAVORO IDEALE
Nel mio ambiente di lavoro ideale vorrei trovare interazione con uno staff propositivo e dinamico, solidale con il quale costruire una rete. Con la maggiore affinità possibile e condivisione delle proprie emozioni. Vorrei che fosse nella natura a servizio della tutela/salvaguardia dell’ambiente e di ciò che gli appartiene.
LA MIA STORIA DA TUBISTA SALDATORE
All’età di 16 anni ho cominciato a lavorare come aiutante tubista. Il lavoro è molto pesante però mi piaceva tanto, poi ho cominciato a prendere i patentini da saldatore, la ditta che mi ha assunto ha pagato la metà delle spese il costo totale era di 6 mila euro e così ho cominciato e andando avanti con gli anni il lavoro mi piaceva molto e lavoravo molto. Poi sono arrivate le trasferte: Monfalcone, Palermo, La Spezia. Con il passare degli anni arrivavo a guadagnare anche 35 euro. Poi è arrivato l’infortunio alla schiena e poi ho dovuto smettere il mestiere. Appena mi posso operare voglio assolutamente riprendere a lavorare in Fincantieri perché la mia professione di tubista saldatore mi piace tanto.
SAREBBE BELLO SE….
Nel mio ambiente di lavoro vorrei trovare delle colleghe simpatiche, tante stoffe colorate per fare dei bellissimi vestiti. Vorrei che fosse un bel negozio luminoso con sotto un grande magazzino per cucire i vestiti per i miei clienti.
I.C.
A.V.
K.B.
LA DROGA NON C’ENTRA
Ho avuto la fortuna di trasformare il mio hobby nel mio lavoro, per questo credo di essere un privilegiato. Certo non per questo è stato tutto facile, anzi, le difficoltà e le delusioni sono state tante senza ovviamente dimenticare le gioie e le soddisfazioni. In questo momento della mia vita sento il desiderio di rimettermi in gioco su qualcosa di diverso rispetto a quello che ho fatto fino ad oggi. Ho la necessità di ripensarmi anche attraverso un’altra attività lavorativa. A 54 anni, dopo 38 di lavoro vorrei impegnarmi in un progetto di vita e di lavoro che mi dia più serenità e rinnovate soddisfazioni... In vista della meritata pensione.
COME IN UNA FAMIGLIA
Vorrei un posto di lavoro con il computer, magari creare programmi. Sarebbe bello lavorare in un team, fare pause di lavoro ogni tot ore con postazioni di pausa dove si può consumare un pasto o una bibita e una stanza fumo. Vorrei anche la possibilità di carriera. Un ambiente come in una famiglia, di amicizia tra colleghi dove ognuno può dare una mano all’altro. Ognuno ha la propria postazione di lavoro ma tutti insieme in una stanza unica di modo che c’è aiuto e condivisione. Un ambiente giovanile.
M.C.
LO STALLIERE
Mi piacerebbe fare lo stalliere, un lavoro abbastanza pesante ma anche piacevole. A lavorare con gli animali ho provato piacere e mi piace molto, l’ho fatto per sei anni ci sono regole ma anche imparare cose che nella vita non sappiamo. Mi piace molto lavorare dentro la stalla penso che mi sono trovato bene.
NEGLI ANNI HO RICEVUTO MOLTO
Il mio posto di lavoro ideale io l’ho già trovato. Il lavoro che facevo l’ho scelto perché ne avevo passione. Negli anni infatti ho ricevuto molto. Ho dato “molto” e ho ricevuto “tanto”. Nel mio ambiente di lavoro vorrei trovare più persone con determinate caratteristiche tipo: comprensione, ascolto e sostegno da dare a chi ha bisogno. A volte si trova molto “egoismo” e “indifferenza”. Un posto di lavoro dove ti accolgono con garbo e gentilezza sarebbe un buon inizio per un posto ideale.
M.L.C.
K.M.
TECNOLOGIA E UMANITÀ
L’art.1 della Costituzione italiana (a detta di molti tra le più belle mai scritte) afferma che “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Ha ancora valenza questo articolo (se non sbaglio il primo) tanto per la direzione disastrosa che il lavoro sta prendendo quanto per il fatto dell’auto-analizzazione, sempre più presente a discapito della presenza dell’uomo, es. ai supermercati le casse senza le cassiere. Fatta questa premessa su cui chi di dovere e che ha le capacità (di studio) e qualità dovrà riflettere, e trovare una soluzione, elenco quello che io reputo importante per me, sul luogo di lavoro. Una buona equipe e affiatamento tra i membri, avere un paio di incontri mensili nel quale condividere e risolvere eventuali malumori. Una paga corretta in base all’importanza del lavoro. Una particolare attenzione per chi lavora nel settore sociale, sanitario e di chi si occupa della crescita e educazione dei giovani. Ci sarebbe altro da dire ma non ne ho le competenze per affrontare certi argomenti.
QUESTIONE DI FEELING
Vorrei fosse un ambiente con feeling con i colleghi e con i capi, in cui poter approfondire ogni giorno il metodo lavorativo andando d’accordo con tutto il sistema nel quale ambisco a restare nel tempo. Questo per poter raggiungere un’indipendenza economica.
V.C.
ANONIMO
L’IMPORTANZA DEL LAVORO
Per me il lavoro è molto importante per prima cosa ti mantiene e per farti la famiglia e se ti piace è molto meglio per te e deve fare il modo che non ti consuma, cioè non solo lavorare e basta, ma anche godere la tua vita mentre lavori.
A.S.
TRASFORMARE UNA PASSIONE IN LAVORO
Sono fortemente convinto che la strada giusta per vivere bene sia fare un lavoro che ci piace o fare di una nostra passione un nostro lavoro. Ho avuto, nell’arco della mia vita, la possibilità di provare lavori che ero costretto a fare, per necessità economica, lavori che mi piacevano molto e lavori in cui ho trasformato la mia passione in lavoro stesso. Le ultime due soluzioni non solo mi hanno accentuato la qualità lavorativa ma anche la qualità della vita. Credo sia impagabile svegliarsi la mattina con la voglia di andare ad eseguire il proprio dovere a prescindere dal compenso economico. Inevitabilmente mi invoglia tra un anno e mezzo, quando avrò terminato il mio percorso, a pretendere da me, perché me lo devo, di svegliarmi alla mattina con la motivazione forte di andare al lavoro, prendere il mio mezzo, arrivare ed essere felice, terminare il mio compito ed essere appagato e contento al rientro a casa.
A.M.
RICORDI PASSATI
Io con il lavoro ho avuto un rapporto sempre conflittuale, ho iniziato in giovane età (15 anni) dopo essere uscito dal collegio pieno di rabbia, e stavo male già con me stesso quindi non trovavo stimoli nel lavoro, anche se ero uno che apprendeva velocemente quello che mi insegnavano. Ho iniziato a fare reati e vedevo che guadagnavo i soldi che i miei amici guadagnavano in un anno di lavoro, e lì ho iniziato la mia carriera. Ad oggi mi trovo in un’età avanzata e quando sono uscito dal carcere mi imbattevo nel rifiuto delle agenzie dovuto al mio curriculum e all’età.
A.P.
UN PEZZO DI ME
Racconto un’esperienza piacevole: ho cominciato da bambina andando dal parrucchiere con la mamma e la nonna, oltre tutto da un’amica di famiglia, nell’attesa io toccavo i bigodini e ciattellavo con le signore. Quando poi rimanevo da sola, andavo nel retro a stendere gli asciugamani. Negli anni cresco e mi porto con me la passione della parrucchiera, arrivano i natali e mi faccio regalare le testine con tutti gli accessori: dal trucco, bigodini, forbici, ecc… E praticamente cresco così, e qualunque adulto mi domandasse cosa avrei fatto da grande io rispondevo “la parrucchiera”. Finisco le medie, a quella
età ho un po’ le idee confuse, mi butto così a fare la stilista di moda al Duchessa di Galliera (5 anni di studio). Inizio e mi ritiro, non finisco l’anno. Mia mamma e mio papà incominciano con le prediche. Mi danno spazio per riflettere e decido di studiare 3 anni alla scuola di parrucchiera, comincio a esaudire il mio desiderio, oltretutto sono una delle più brave. Cominciano dopo un anno a mandarmi nei negozi a lavorare: prendevo appuntamenti, facevo pieghe, shampoo e via discorrendo. Con il passare del tempo, sempre senza mollare gli studi, il direttore e le mie insegnanti mi seguivano. Arrivo a completare i 3 anni di scuola e faccio l’esame, prendo così l’attestato: io felicissima lo faccio sapere al mondo, e incomincio a cercare lavoro con una grinta e un’adrenalina tale che il direttore della mia scuola mi fa assumere dalla fidanzata. Faccio dei mesi, vado dalla famosa amica di famiglia e ci faccio l’estate. Sono andata avanti così per un anno, mi fermo per poco tempo per cambiamenti della mia vita e ricomincio. Trovo un sacco di gente e lì mi creo il mio giro a domicilio, dedicandogli tanto tempo. Quel periodo andavo a fuoco dall’energia che avevo, conosco un ragazzo e rallenta tutto. Comincio praticamente a non rispondere al telefono, così gli appuntamenti iniziano a perdersi. Mia mamma nota che io ero cambiata, così per caso conosco Tiziana, l’amica della mamma, che il giorno dopo mi porta da un parrucchiere, mi assume e da lì inizia ad andare a gonfie vele. Bei tempi, giravano soldi, stavo bene con le colleghe e per mia fortuna trovo un bel negozio. Per anni tutto fila liscio, il mio titolare mi porta ovunque. Ho sfruttato tutte le opportunità per aggiornarmi. Arriva un’altra opportunità, il mio titolare mi offre un lavoro come parrucchiera sulle navi da crociera: io felice arrivo a casa e faccio presente questa proposta a mio padre che mi fa perdere l’occasione, ma vado avanti con il mio lavoro. Per un po’ sono delusa e dispiaciuta, mi tiro su quando il mio titolare comincia a farmi dare lezioni alle tante ragazze giovani. Per qualche annetto è stato piacevole lavorare, ero circondata da un’atmosfera in cui stavo veramente bene con tutti. Penso che oggi trovare un lavoro e starci bene sia raro, per la società che abbiamo è complicato e per l’economia non è semplice bisogna adeguarsi per trovare un benessere personale per sopravvivere.