
TRIMESTRALE VOCE DELLA COMUNITÀ DI TRASTA - CEIS GENOVA

EDITORIALE
La spiritualità è la fame che non si sazia. È come se qualcuno dentro di noi avesse, sin da sempre, fame di una sostanza che non esiste nel mondo, ma di cui pure non si può fare a meno. Forse è questa la fame, radicale e irriducibile, che accomuna la dipendenza e la spiritualità: entrambe cercano una pienezza. Si può amare un’assenza con tale veemenza da inseguirla in ogni angolo del mondo e, come scriveva Rilke, arrivare a pregare “perché qualcosa mi accada, anche se è la morte.”
Eppure, se ogni uomo porta dentro di sé una fame misteriosa, la dipendenza patologica e la spiritualità si differenziano nel modo in cui cercano di colmarla. La dipendenza è l’afferrare, l’incapacità di restare nudi davanti a questa mancanza senza doverla anestetizzare, come se fossimo incapaci di rimanere davanti al vuoto senza temere di scomparire con lui. Ma la spiritualità è il contrario della scomparsa: è il diventare, il radicarsi, l’incontrare la sete dell’esistenza senza nascondere il bicchiere.
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”, dice una delle frasi più travisate del Vangelo. Non ci parla della povertà materiale, ma di quella mancanza mai colmata che ci rende sempre incompleti e quindi, paradossalmente, vivi. Ma la dipendenza è come l’antitesi di questa povertà: chi cade nel vortice della sostanza crede di potersi saziare riempiendosi sempre di più, come se potesse stipare dentro di sé la pienezza di un senso che non basta mai, come acqua che fuoriesce da un recipiente rotto. Ci è mai accaduto di restare in silenzio davanti a questo desiderio che brucia, senza fuggire? Forse è proprio qui che la spiritualità, in tutta la sua incompiutezza, si offre come una strada di autenticità: non colma, ma rimane. Non consola, ma accompagna. E questo non è forse il più alto dei miracoli?
Come scriveva Tolstoj, “ogni uomo vive con una fede. La sua fede può essere di uno solo tipo: una fede religiosa o una fede irrazionale.” Quante persone vediamo, nella vita quotidiana, scappare da una propria religione per abbracciarne una più comoda, fatta di piccole certezze e dolci anestesie. Quella della dipendenza è una “fede” ossessiva e contratta, la fede nel nulla che diventa tutto; è la prigione di chi crede, per pochi istanti, di poter colmare con una sostanza l’abisso che ciascuno di noi si porta dentro.

Ma la spiritualità, quella autentica, non chiude il buio in gabbia, né lo dissolve con facili illusioni. La spiritualità ti lascia camminare dentro il vuoto e, allo stesso tempo, ti chiama a essere presente, a vedere la realtà senza darti vie di fuga. “Anche se non sapete chi cercate, anche se non lo trovate mai, vi sarà dato in abbondanza” dice un antico detto sufi. Ecco l’essenza della spiritualità: è fame che sa rimanere, è abisso che sa guardare il mondo negli occhi. E così, forse, una vita che si muove dalla dipendenza alla spiritualità è una vita che passa dal bisogno ossessivo del possesso alla gratitudine della ricerca. E dunque siamo tutti, pazienti e terapeuti, pellegrini in questa fame inesauribile. Ciascuno di noi porta in sé un vuoto, una mancanza che non si colma, e forse possiamo imparare che va bene così. Abbiamo paura di quel vuoto perché temiamo che sia l’annuncio di un’imminente scomparsa, ma la verità è che solo chi ha il coraggio di abitare il proprio vuoto sa dare alla vita tutto il suo peso.
Forse è questo il miracolo della spiritualità autentica: non trasforma il deserto in un giardino, ma fa sì che il deserto stesso fiorisca. E così, dove prima c’era solo la fame disperata della dipendenza, può nascere una fame più profonda, una sete che non si spegne e che, proprio per questo, ci rende ogni giorno più vivi.
Marco Ciccone
Responsabile della Comunità Terapeutica
Idealizzazione e realizzazione: I ragazzi della Comunità di Trasta
Direttori: Marco Ciccone e Paola Ottenga
Caporedattore: Alessandro Censi Buffarini
Coordinatori: Ilaria Rino, Serena Faranda e Evelina Rota
Fotografie: I ragazzi di Trasta


CREDENTE O SPIRITUALE?
Ho sempre pensato di essere una persona spirituale, pur non essendo credente. La mia spiritualità la vedo come una luce intorno a me, che mi illumina passando e che solo poche persone possono notare. Ho uno strano esempio da fare: un giorno ero sull’autobus e un signore mi ha chiesto di scendere alla sua fermata perché voleva dirmi una cosa. Io l’ho accontentato e mi ha detto che vedeva intorno a me una luce, come se fosse una specie di aura e che non la vedeva negli altri passanti ma solo in me. Sono rimasta un po’ di stucco perché non capivo… ma poi ho iniziato a pensare e mi sono resa conto che tante volte vengo guardata come avessi questa “luce”. A volte sento questa “spiritualità” come se un qualcosa che gli altri non hanno e solo che ce l’ha può notarla nelle altre persone. Quando riconosco in qualcuno questa “lucentezza” sento una forte attrazione e sento il desiderio di parlarci, avvicinarmi e toccarla; questo per sentire se ha il mio stesso calore, il mio stesso tatto. Anche io vedo in me quell’aura che quel signore della storia del bus ha visto e che inizialmente non sapevo di avere ma da quel giorno mi si sono aperti gli occhi. Non credo in Dio, credo nelle cose che si possono vedere, testare e toccare però credo altrettanto che ci sia qualcosa di superiore, un qualcosa che abbia creato tutto. Ecco: io credo che quella sia la mia spiritualità.
B.C.
A MODO MIO
La spiritualità la associo alla religiosità. Penso di essere poco spirituali in quanto non sono credente o, più precisamente, non praticante. Credo in Dio a mio modo. Invidio chi è spirituale perché queste persone hanno una pace interiore e penso che questa cosa possa influenzare positivamente sul lavoro perché la serenità di una persona spirituale si trasmette al lavoro stesso e la prestazione migliora.
C.M.
NASCE DAL CUORE
La spiritualità e la religiosità per me sono due parole che si accomunano. La spiritualità è una forza religiosa che arriva da dentro ad ognuno di noi. La spiritualità può influenzare il tuo lavoro in maniera estremamente positiva. La mia spiritualità nasce dal cuore quindi per me è una cosa buona, si trasforma in positivo perché nasce positiva. La religiosità è un qualcosa in cui una persona crede. Come credere in Dio. Anche questo ha un aspetto molto profondo ed è per questo che non è semplice “credere”, almeno per me. E poi credere in “qualcosa di astratto” che non puoi toccare è ancora più difficile. Io credo che alla fine sia la spiritualità che la religiosità possono essere sempre una cosa positiva per l’uomo. Il bisogno di Credere ti dà la forza di vivere e lottare per vivere.
C.M.L.
L’ODORE DELLA CANFORA
Sono molti i momenti della vita di un pugile professionista in cui ci si trova a far i conti con sé stessi. Per quanto mi riguarda, quelli che ricordo con maggiore significato sono due. Sono due momenti alienanti da tutto ciò che ti circonda e dalla tua vita in generale. Il primo, è il momento del bendaggio delle mani,

un lavoro che dura circa una mezz’oretta e che mi ha sempre portato a vivere emozioni particolari, lì sento un qualcosa, come se si schiacciasse un bottone e mi trovassi “da solo” davanti al mio maestro prima del combattimento, il quale, mentre benda le mie mani, ti fa ripassare le tecniche e tattiche che hai ripetuto migliaia di volte durante gli allenamenti. Tutto inizia e continua come se intorno, nonostante ci siano decine di persone, è come se fossi da solo e sentissi solo l’odore della canfora, usata da noi atleti negli spogliatoi per massaggi e riscaldamento. Sai che nell’altro spogliatoio c’è il tuo avversario e che, proprio come te, è lì per vincere. A questo puto, inizia la fase de riscaldamento e ti concentri sugli schemi tattici da seguire. Sei consapevole del fatto oche tra poco salirai sul ring ed è tutto “magico”, perché è ciò per cui ti sei preparato per mesi, rinunciando a tutto: famiglia, lavoro, interessi, riposo ecc. Il secondo momento inizia con la salita sul ring. Hai già iniziato a parlare con te stesso, cercando di affrontare dubbi, paure e l’adrenalina è a mille. Questo è un momento magico perché fai i conti con te stesso, conosci te stesso e i tuoi limiti, quando li superi, è l’adrenalina che aiuta il corpo a non sentire ciò che arriva. Questo era il mio mondo, una delle cose più importanti. La cocaina e il crack mi hanno portato via anche questi momenti, ma mi ritengo comunque fortunato per essere riuscito a viverli. Per me la spiritualità è anche questo, momenti della vita in cui sono riuscito a confrontarmi in modo più intimo e vero con me stesso.
A.M.
AMICO MIO PER SEMPRE
Ciao mio caro amico, come stai? È da parecchio tempo che non parliamo più, ne abbiamo passate tante insieme e tante altre ne passeremo. Ricordi com’erano belle quelle domeniche mattina, quando eravamo bambini? Svegliarsi nel posto più sicuro del mondo, casa, la mamma che prepara la colazione e pronta ad abbracciarti forte quando le correvi incontro e l’odore del ragù che preparava con amore. Ma il tempo passa e le cose cambiano, siamo cresciuti amico mio, un po’ troppo in fretta con quella dannata voglia di diventare grandi, per poi scoprire che non c’è niente di più bello al mondo che essere bambini, al sicuro, tra le braccia della mamma, spensierati, puri e innocenti. Con l’andare avanti degli anni le cose si sono complicate, abbiamo sofferto amico mio e non ci siamo mai sentiti compresi dagli altri, chiudendoci in noi stessi. Solo noi sappiamo quello che ci portiamo dentro, le nostre ferite, i nostri pensieri, i nostri principi e gli ideali che ormai si sono persi in questa società. Siamo sempre stati diversi, ci siamo sempre sentiti sbagliati, fuori luogo come un pesce fuor d’acqua, ma crescendo abbiamo capito che quelli sbagliati non eravamo noi ma gli altri, quelli cattivi e privi di sani principi. Siamo la cosiddetta “pecora nera” e ad oggi ne siamo orgogliosi. In questi anni ci siamo fatti del male mio caro amico, ma ti prego di accettare le mie scuse, non ci siamo ascoltati ed abbiamo preso decisioni e strade sbagliate. Abbiamo fatto tanti errori nel scrivere il libro della nostra vita, ma ci son ancora tante pagine vuote


da riempire insieme, con la consapevolezza degli errori commessi in passato. Lo faremo assaporando pagina per pagina, godendoci il presente e tutte le cose straordinarie che la vita ha da offrirci, senza pensare alle pagine che verranno dopo.
Abbiamo già a portata di mano tutto quello che ci serve, dentro di noi, qui ed ora, come un piccolo seme che contiene già al suo interno tutte le caratteristiche necessarie per diventare una solida quercia. Tira fuori il meglio di te e dimostra al mondo e a me chi sei realmente, dona il meglio di te e agli altri giorno dopo giorno, contribuisci con umiltà per rendere il mondo un posto migliore, una piccola gentilezza può creare un flusso infinito d’amore. Ti voglio bene amico mio. Con affetto da te, per te.
Y.C.
ALLA RICERCA DELLA PACE INTERIORE
Di questo argomento ho molto poco da dire, perché la vera spiritualità interiore per tanto tempo nella vita la sentivo solo a tratti. Il motivo è che nella vita sono stato sempre alla ricerca di qualcosa, non mi sentivo mai completo e in pace con me stesso.
Anche se ho sempre cercato di tastare, provare e sperimentare nuove cose, dopo poco tempo mi sentivo insoddisfatto, quindi in automatico mi ritrovavo al punto di partenza, sempre alla ricerca di nuove esperienze ed avventure.
Un po’ lo sport colmò la mia pace interiore, ma anche lì pretendevo sempre di più da me stesso, per colmare la mia adrenalina e la mia voglia di crescere nel mondo dello sport “box thailandese”. Purtroppo, in questi sport ci vogliono anni per misurarsi con i veri professionisti e di conseguenza tanto allenamento e tempo, costanza e pazienza, ma questa non è mai stata una delle mie virtù, soprattutto quando i tempi non rispettano le mie aspettative faccio molta fatica a mantenere la costanza e la giusta mentalità, in particolar modo quando ero un adolescente. Quindi a volte per colpa di questa mia caratteristica o anche per orgoglio mollavo tutto e tutti, per poi colmare una falsa pace, spiritualità interiore con le sostanze.
ESPERIENZA INTERIORE
La spiritualità è un’esperienza interiore che mi porta a credere in Dio, in Gesù e nella Madonna. Per me essere spirituali porta a loto e a credere che mi siano sempre vicino, interiormente ed esteriormente ovunque io sia e mi trovi. Sì, se avessi un lavoro crederei in loro, sempre sperando a modo mio con la preghiera che vada tutto bene sul lavoro. Tenendo stretta questa idea con la spiritualità, mi fa sentire che con loro nei miei pensieri tutto ciò possa avvenire, ovviamente con il mio impegno e mantenendo, io in primis, la qualità del mio lavoro sempre in maniera costante.
C.V.
IO CREDO
Sulla spiritualità posso dire che credo. Credo che esista qualcosa che non possiamo comprendere a fondo… Io mi ritengo una persona di Fede. Ho fiducia in Dio e nell’aiuto che ci dà durante il nostro cammino. Il fatto che io sia qui a scrivere è la prova che Dio esiste e che mi è la prova che Dio esiste e che mi è stato accanto portandomi alla salvezza. D’altro canto, non credo nella religione, perché sono cose dette dagli uomini come scuse per muovere guerre e fare del male in nome di Dio. Quindi penso che ci sia differenza tra l’essere credenti e l’essere religiosi, una non implica l’altra. Io credo ma non sono un religioso e credo che questa fede possa aiutare ciascuno di noi nella vita, sul lavoro, nei rapporti personali. Basta credere e si può ottenere qualsiasi cosa si voglia.
G.A.


SPIRITUALITÀ
Per me la tranquillità è anche spirituale, basta pensare ai monaci tibetani che sui monti del Tibet hanno trovato la pace e la tranquillità, che gli permette di meditare, di vivere lontani alle tentazioni e dalla tecnologia del mondo moderno. Io quando sono tranquillo ho modo di pensare a svariate cose, ad esempio a ciò che mi è successo durante la giornata o alle cose del passato, così da non ripetere gli stessi errori in futuro. Per me la spiritualità non deve essere per forza religiosa e può anche non riguardare la tranquillità, qualsiasi cosa può avere spiritualità, dipende dalla persona.
M.B.
FAMIGLIA, AMORE, ME STESSO
Per me la spiritualità, innanzitutto, parte dall’amore che ho per la mia famiglia, l’essere a questo mondo, infatti, lo devo a loro. Nell’arco della mia esistenza, finché ero adolescente, posso dire di aver avuto la testa sulle spalle, ascoltando i consigli di mia mamma e dandole sempre emozioni positive, come? Andando a scuola, comportandomi bene e studiare cercando di prendere bei voti. Tutto questo è andato bene fino alla terza media, crescendo però ho iniziato sempre di più a trasgredire il buono che avevo creato. Dopo il primo anno di superiori mi sono ritirato perché vedevo che lo studio non era il mio forte, per questo ho deciso di andare a lavorare. All’età di 20 anni ho conosciuto l’inferno, cosa? L’eroina, facendomi del male e dando solo dispiaceri a mamma, papà e sorella, entrando inoltre in galera per parecchi anni. L’amore che provo e che ho sempre provato è tanto, così da iniziare un percorso per poter migliorare me stesso e il mio carattere, portando rispetto agli altri e mettendo da parte l’orgoglio, far pace con me stesso e soprattutto col cervello. Vorrei apprendere uno stile di vita regolare, come prima cosa voler bene a me stesso senza giudicarmi, né giudicare gli altri, facendo una vita da persona civile e affrontare i problemi, combattendo senza usare le mani e tantomeno le droghe. Fortunatamente mi reputo una persona normale, visti i tanti problemi della vita e viste le condizioni e le risorse che rimangono. Che dire ancora? Sono arrivato qui e ho scelto da solo di venire in questo posto come ho detto in precedenza per migliorarmi, come ho fatto otto anni fa, quando mi hanno dato il definitivo e costituendomi solo al carcere di Massa Carrara, apposta per finire di scontare tutto e così è stato fatto. Adesso, però faccio un anno che sono uscito. La mia prospettiva è lavorare su me stesso e lavorare portando uno stipendio pulito a casa, ripartire da zero, vista la fortuna che h ancora entrambi i genitori e una sorella che mi vogliono bene e non mi hanno mai abbandonato. Ringrazio il mio Dottor Pesce del Sert che mi è sempre stato vicino e ancora ora lo fa. Ringrazio anche tanto il CEIS, Marco Ciccone e lo Staff che mi stanno dando questa opportunità di crescita e stare lontano da pericoli droghe e alcol. Credo in me stesso e le persone che mi ascoltano per intraprendere una vita sana. Distinti Saluti.
M.C
UN PERCORSO DI CRESCITA
La spiritualità mi accompagna da quando ero piccolo. Da quando sono andato via di casa a 13 anni mi ha aiutato a superare tante difficoltà. Crescendo si è consolidata nella certezza che l’essere “spirituale” mi avrebbe portato ad avere una vita più felice in quanto, per come io intendo la spiritualità, è legata all’essere essenziali. Ma così non è stato: a 20 anni ho conosciuto la vanità presente nel mondo e ne


sono stato rapito. Anche se dentro di me c’è stato, di tanto in tanto, quel richiamo a ritornare alla mia vita semplice. Durante il mio percorso di “guarigione” qui al Ceis la spiritualità è stato un pilastro importante. Da quando ho varcato il cancello mi sono detto che avrei chiesto ogni giorno aiuto al cielo affinché mi desse una mano a cambiare il lievito delle mie giornate. Più cedo i passi e la paura al cielo, e più mi alleggerisco. Per me a breve ci sarà un bellissimo incontro con Carlo e Francesco di Assisi. Spero con il tempo di essere sempre più certo e di sposare gli idoli durante la mia guarigione, ossia di essere ultimo tra gli ultimi e condividere la mia vita come dono. P.A.