LE FOGLIE DI TRASTA
TRIMESTRALE VOCE DELLA COMUNITÀ DI TRASTA - CEIS GENOVA
N.ro 50 - SETTEMBRE 2023
Agricoltura sociale: riabilitazione, sostenibilità ambientale, inclusione sociale.
I ragazzi della Comunità hanno provato ad addentrarsi in quella che è l’Agricoltura Sociale. Benché molti di loro non si siano mai cimentati in questa attività in prima persona, hanno provato a dire la loro, immedesimandosi in parte in coloro che prendono parte a questi progetti ed in parte in coloro che ne usufruiscono.
Per far sì che comprendessero a pieno il senso di questa progettualità, i ragazzi sono stati invitati ad una prima riflessione sulle caratteristiche comuni all’Agricoltura Sociale e ai loro percorsi comunitari, successivamente le operatrici hanno pensato di far sperimentare i ragazzi all’interno di un progetto che permettesse loro di comprendere cosa può significare, a livello introspettivo, occuparsi dell’ambiente, anche se in versione ridotta. Per farlo, ognuno di loro si è occupato di far crescere per una settimana una piantina di fagiolo, così da condividere successivamente i risultati ottenuti con il resto dei compagni, avendo in comune un’esperienza che potesse fargli abbracciare a fondo il significato di questa attività. I ragazzi hanno portato a termine il progetto con impegno e successivamente trasferito le loro piante nell’orto, per poterle osservare nel tempo durante la crescita.
Per introdurci a questo argomento abbiamo deciso di intervistare due persone che hanno, in passato, preso parte a queste progettualità in prima persona. Gli interessati hanno raccontato le esperienze personali ai compagni come ulteriori stimoli di riflessione per la redazione dei loro articoli.
Dagli scritti dei nostri ragazzi è emerso come agricoltura sociale significhi, anche, soprattutto, prendersi cura.
Prendersi cura dell’ambiente, prendersi cura delle nostre città, prendersi cura degli altri. E allora anche un argomento che, a primo impatto sembrava loro così estraneo e distante, si è rivelato in realtà tanto vicino alla vita della Comunità.
Serena e Ilaria (Operatrici della Comunità)
Idealizzazione e realizzazione: i ragazzi della Comunità di Trasta
Direttori: Luca Pellegrini, Marco Ciccone e Federico Vulcanile
Caporedattore: Alessandro Censi Buffarini
Coordinatore: Marco Ciccone
Critico e correttore di bozze: Marco Ciccone, Alessandro Censi Buffarini e Federico Vulcanile
Fotografie: Immagini libere da copyright
“Introduzione all’Agricoltura Sociale”
Buona lettura
EDITORIALE 2
CURA E AGRICOLTURA
L’agricoltura sociale ha lo scopo bilaterale di riabilitare la persona attraverso il prendersi cura di uno spazio comune (parchi, ecc). Inoltre, come propone il percorso terapeutico, pone il soggetto nello stato di comprendere l’importanza del suo ruolo nella società. Questo tipo di agricoltura viene spesso proposta in comunità terapeutiche di diversa natura. Genera soddisfazione, in quanto giorno dopo giorno il fruitore della terapia vede, ad esempio per i fiori o gli ortaggi, l’evolversi della pianta attraverso il prendersi cura della stessa. Tutto questo si può tradurre nel linguaggio della via. Spesso quando si entra in una comunità terapeutica si è come una pianta distrutta dagli eventi che la vita ha proposto all’utente, ciò non toglie che nonostante sia distrutta all’esterno abbia delle radici e dei semi che se piantati nel terreno giusto e con la giusta cura, possano donare vigore, fino a farla tornare allo splendore. Personalmente mi ritrovo in quanto precedentemente ho scritto, ero arrivato nella comunità di Trasta distrutto, ma giorno dopo giorno ho compreso l’importanza del prendermi cura di me e dei compiti a me affidati. Ora sono molto più consapevole di quanto sia fondamentale avere cura del creato e di ciò che mi circonda. In modo tale da mettere radici e crescere, non più soli come la morte ma vivi a noi stessi e agli altri.
SCONTRO TRA CITTÀ E ZONE VERDI
Io premetto che non mi intendo per nulla di agricoltura in genere, non ho mai piantato nulla e sono stato sempre abituato alla città, solo vicoli e cemento e neppure ci faccio più caso se il cemento mi tappa il naso… Comunque, riconosco che il verde nelle città ha e deve avere una sua importanza, perché so che le piante creano ossigeno e dunque a logica più c’è verde meglio si respira. Ha anche un suo fattore estetico da non sottovalutare, per questo a mio parere ci deve essere un equilibrio, che per lucro ovviamente vien poco rispettato, di fatto si guadagna di più con il cemento ma si danneggia l’ambiente. In compenso negli ultimi decenni ho visto crescere, e ho amici che (sempre seppur per lucro, certo) hanno fatto crescere molte cooperative sociali per il verde, dedicandosi alla manutenzione di parchi, giardini, con diverse sovvenzioni comunali e regionali, e ciò comunque è positivo. Intanto offrono lavoro a chi altrimenti farebbe fatica a trovarlo, e mi riferisco a carcerati, ex tossici, ecc… Comunque, inoltre, offrono un servizio utilissimo alle città. Riferendomi a quanto scritto sopra io stesso dovevo ai tempi essere incluso nel progetto “Il miglio verde”, ideato da ex detenuti che tutt’oggi funziona e inoltre sta pendendo un altro ramo, cioè usa i detenuti per andare a pulire spiagge, con l’art. 21, esterno un business perfetto a costo quasi zero, essendo essi ben contenti di uscire, seppur per qualche ora con una retribuzione a volte inesistente, a volte minima ma comunque è un guadagno di entrambi, quindi non parlo certo di sfruttamento. Questo approssimativamente è la mia conoscenza sul “green”. Poi venendo all’esperimento del fagiolo e del cotone nel bicchiere, io non è che ho provato nulla, era una cosa che non avevo mai fatto a differenza di altri che dicono di averlo fatto alle elementari e non mi ha dato nessuna emozione particolare anche se ho seguito le istruzioni bagnandolo ed esponendolo alla luce, ma il risultato è stato molto scarso, o almeno io non ci trovo nulla di cambiato a parte piccolissime “radici” ma niente di che se paragonato ai lavori degli altri ben rigogliosi. Ecco qua tutto ciò che posso esprimere da profano dell’agricoltura sociale.
A.P.
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C. M.
ENERGIA POSITIVA E AMORE NEL TERRENO
I cinque fagioli che sto guardando sul tavolo, che sono dentro ad un bicchiere di plastica, mi riempiono di gioia. La settimana scorsa abbiamo iniziato questo progetto che si collega all’agricoltura sociale anche se infinitamente ridimensionata. Bisognava prendersi cura dei fagioli in questo bicchiere, in mezzo a due batuffoli di cotone, che sarebbero cresciuti. Sono cresciuti a vista d’occhio, non pensavo! Si capisce in questo modo a cosa possa servire l’agricoltura sociale, avere cura di spazi nella nostra città per noi stessi e per gli altri. È stato terapeutico ogni giorno, ogni momento, dare un’occhiata al bicchiere e vedere con orgoglio come cresceva velocemente, non me l’aspettavo. Prendere persone con problemi di vario tipo e unirli per sistemare dei giardini dove possono giocare i bambini sicuramente rende orgogliosi i cittadini che vivono nel verde, ma anche gli stessi “agricoltori”. A volte “noi” tossicodipendenti non siamo in gradi di essere responsabili verso noi stessi, ma provare a tenere una pianta, o un giardino, dà una spinta nella direzione della guarigione. Essere utili per la società, dà uno scopo che crea un orgoglio, che poteva non esistere in una persona con problemi. Inizia in questo modo tante volte la via per la guarigione. Creare, dare vita rende migliori e può essere una risposta per alcune persone. I fagioli saranno piantati in terra e cresceranno, ed io sarò sempre lì a emozionarmi.
G. N.
SOSTENIBILITÀ E PARTECIPAZIONE
Il comitato economico e sociale europeo (CESE) definì l’agricoltura sociale come un insieme di attività di riabilitazione e terapia. Secondo alcuni studi, condotti in ospedale, i pazienti il cui posto dava su una finestra con del verde si riprendevano prima rispetto a quelli in cui la finestra dava sul muro. Così come avere piante in casa o in ufficio contribuiva a ridurre lo stress sul lavoro. Il settore dell’agricoltura è fondamentale, ma è ritenuto da molti il lavoro dei profughi a 3 euro l’ora. Ma se pensiamo più affondo, siamo in un periodo di cambiamento climatico, in cui le risorse scarseggiano.
Si pensa alle macchine elettriche, ma sono costose e quasi nessuno può permettersele e dunque i gas serra proliferano. Ci vorrebbero dei fondi, o un abbassamento dei prezzi di tali auto, come una Panda. Questo potrebbe già essere un coinvolgimento sociale della popolazione. Per quanto concerne il cambiamento climatico migliaia di esperti stanno lavorando, se i loro progetti fossero veramente presi in carico, molte più persone sarebbero stipendiate per una raccolta a basso impatto e molte più persone si interesserebbe alla biologia. Ora in Russia c’è una base con molti scienziati, i quali controllano il permafrost. Lì e anche in Cina si sta cercando di ricreare, in due maniere differenti, i mammuth. Secondo loro questa sarebbe la soluzione. In Russia specificatamente stanno creano ibridi partendo dai normali elefanti. Secondo loro bisogna ricreare la fauna e l’ultimo mammuth è morto di fame e non per lo schianto del meteorite. C’è stato un periodo caldo, poi freddo, nella storia di Gaia, ma ora l’aumento della temperatura e il buco dell’ozono, sempre più in crescita, dipendono ufficialmente dall’uomo e dall’inquinamento che creano. Dovremmo mangiare il giusto, senza strafogarsi: uno statunitense da solo ha un impatto molto superiore rispetto a un vietnamita. Mancano come sempre i finanziamenti e gli incitamenti alla promozione, perché gli scienziati hanno già buoni progetti. Speriamo in un futuro prospero e non apocalittico. J.S.
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GRAZIE A COLORO CHE CI LAVORANO
Parto col presupposto che su questo argomento non sono preparato. Da quello che ho sentito e percepito sicuramente è una cosa molto importante in questo mondo e soprattutto al giorno d’oggi, dove sta venendo a mancare il verde, i parchi, le zone pubbliche verdi, per noi umani e animali. Non mi sento granché portato a fare questo tipo di esperienza, ma per fortuna ci sono persone a cui piace e ne competono. Sinceramente l’esperimento provato qua in comunità di far crescere una pianta di fagioli non mi ha entusiasmato. Ero partito già col piede sbagliato, in più questa cosa è uscita in un momento del percorso in cui sono un po’ stressato e demotivato. Non ho fatto molto attenzione alla crescita della pianta, è uscita - non benissimo - ma è cresciuta, mi sono limitato a bagnare il cotone, forse anche troppo. Fondamentalmente penso possa essere una bella idea, ma l’ho presa nel momento sbagliato. Per fortuna ci sono persone più attente a questo argomento nel mondo, e le ringrazio.
M. T.
EMOZIONI DELLA TERRA
La mia esperienza con il fagiolo è stata una cosa carina e divertente. All’inizio l’ho visto solo come un gioco. Quello che ho provato dopo è stato molto emozionante, ero felice perché la vedevo crescere, ora sono molto contento.
L. J. S.
CRESCITA E ATTENZIONE NEL PROGETTO
L’agricoltura sociale è, secondo me, utile per introdurre nel mondo dell’agricoltura persone con problemi, o che hanno bisogno più di altre. La mia piantina è stata curata dandogli da bere ogni volta che il cotone iniziava ad asciugarsi, e vederla crescere mi ha dato soddisfazione… Il prossimo passo sarà piantarla nella terra e vederla crescere ogni giorno.
J.
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D. C.
ZIO VITTORIO
Io ho lavorato nell’ambito dell’agricoltura. Guidavo i trattori con varie mansioni: mettere i rotobol sui camion, seminare, mettere in riga l’erba per i rotobol. Mi ricordo che era un lavoro che mi piaceva molto e che ero anche bravino, perché mio zio mi lasciava carta bianca. Mi ricordo con un sorriso quella volta che lui aveva fretta e mi voleva insegnare a mettere in riga l’erba per imbollarla. Così fece, io mi misi alla guida del trattore e sbagliai tutto. Mio zio mi tirò immediatamente giù dal trattore tirandomi per la camicia, io gli bestemmiai contro e mi apprestai a scappare col motorino. Così feci e il trattore se ne andò da solo. Mi ripresentai al lavoro dopo una settimana, lui mi cambiò di mansione mandandomi a lavorare ai germi del grano.
F. T.
DARE UN SENSO AL TEMPO
Io sono un utente della comunità “Castore e Polluce” sita in Trasta di doppia diagnosi. In questa parte della comunità che in verità comprende altre due strutture si fa ben poco riguardo all’agricoltura sia per una mancanza di voglia degli utenti, sia per una scarsa organizzazione del personale addetto. Io, però, sono al reinserimento e sto poco in comunità. La comunità vera e propria è un po’ più impegnata, anche per una maggiore risorsa di terra nel campo dell’orto e dei prodotti che nascono dalla terra. In questo periodo, visti i prezzi nei reparti ortofrutta, questi prodotti potrebbero essere utili per la cucina e, allo stesso tempo, impegnare i ragazzi in un’attività salutare e a contatto con la natura. Questo tema dell’agricoltura sociale mi sta facendo riflettere, perché io ho cinquantadue anni e sono senza lavoro (anche se percepisco una pensione) e il campo agricolo potrebbe essere uno spazio per impiegare il tempo in modo costruttivo. A me non interessano tanto i guadagni, ma dare un senso alle mie giornate e fare qualcosa di utile per me stesso.
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D.O.
ESPERIENZA AL RASTRELLO
Ho lavorato al Rastrello per 10 anni, dove il mio scopo era quello di occuparmi delle aree verdi di tutta la Liguria: i punti più importanti di cui ci siamo occupati sono stati la stazione marittima, la Fiumara, Villa Pallavicini e vari giardini pubblici e privati. Nel 2018 abbiamo anche vinto, come Rastrello, un premio per l’esposizione migliore all’Euroflora. È stato un lavoro che mi ha dato grande soddisfazione per il buon rapporto con i colleghi, per il risultato nel riuscire a produrre qualcosa dal nulla e nell’abilità di creare la vita. È bello anche riuscire a rendere felici le persone che usufruiscono dei nostri servizi. L’Agricoltura sociale è un lavoro che riesce a dare calma a chi lo attua, anche la fatica viene fatta con piacere. Ha un effettivo scopo terapeutico e riabilitativo, se preso seriamente. Infatti, la metà di coloro che lavorano in questo campo sono ex tossicodipendenti ed alcolisti, che oggi si sono rimessi anche grazie a questo percorso. Sono per questo felice di aver preso parte a questo progetto, e di rientrarci a breve.
POTER DARE NUOVA VITA
La mia esperienza con i fagioli è stata a dir poco emozionante, perché pensavo non crescesse. Avevo dato per scontato che il pacco di fagioli non fosse quello giuso. Boh, forse la poca fiducia. Mi ha poi stupito soprattutto il pregiudizio mio, sfatato dopo solo 24 ore. Quando ho visto che si stava aprendo mi sono sentito molto soddisfatto, quasi incredulo del risultato... Ho badato sia al mio che a quello di Dario, avevo un pensiero fisso: portare a termine l’obiettivo nel migliore dei modi, prendermi cura sia del mio fagiolo che quello del buon Dario.
DESTINO DI UNA PIANTINA
La mia piantina è caduta dalla finestra il secondo giorno. Me ne stavo prendendo cura nonostante, ancora prima d’iniziare a mettere il cotone, fossi già sfiduciata. L’avevo messa in un punto strategico: nell’angolo della finestra, dove c’era sole quasi tutto il pomeriggio. Ho solo potuto notare prima della morte prematura, togliendo il secondo strato di cotone, che si stava aprendo. In tutto ne avevo messi cinque, per dare la possibilità almeno a uno di loro di poter sbocciare. Ci sono rimasta male quando ho visto tutto sparpagliato, ormai irrecuperabili perché chissà da quanto tempo giacevano lì per terra senza vita (acqua). Ho pensato che fosse il destino che, nonostante il mio sforzo nel prendermi cura di qualcosa (anche piccola, come il fagiolo), mi mandava dei segni. Cosa vorrà dire?! Mi sto facendo questa domanda ancora adesso mentre scrivo queste righe. Tra tutti i ragazzi che hanno partecipato a questo esperimento, proprio io. Non ho voluto fare un altro bicchiere perché mi sembrava una cosa forzata. Peccato, chissà come sarebbe potuto crescere... magari non sarebbe nemmeno nata la piantina. Questo non lo potrò mai sapere, ma sono contenta perché negli unici due giorni in cui mi sono presa la briga di nutrirla, so che ho dedicato anche poco tempo del mio tempo per lei.
L. D.
D. C.
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D. P.
CLIMA ASSASSINO
Sfortunatamente, il 2023 per il nostro paese, e non solo, è stato un anno catastrofico: fiumi asciutti, boschi rasi al suolo dagli incendi (dolosi e non). Vedo in televisione molte associazioni che lottano per la cura del nostro ambiente e, fortunatamente, con l’aiuto di questi enti ed un po’ di tecnologia, stiamo cercando di sfruttare l’energia sia eolica che fotovoltaica. Ma questo non sembrerebbe aiutare più di tanto. Teniamo i fondali marini più puliti che possiamo, che rischiano di inquinarsi a causa del poco rispetto umano. Piantiamo alberi. Tutto questo, però, non basta se teniamo sporchi o abbandonati a sé stessi monumenti nascosti dalla vegetazione ammalata. Come popolo cerchiamo di trovare posti di lavoro che poi vengono assegnati ai profughi, così, se sei nato contadino, non hai padronanza del tuo terreno. Comunque, il clima di quest’anno è assassino e non possiamo sapere come andrà a finire.
PIANTARE QUALCOSA
Prendersi cura e piantare una pianta può essere considerato, nel suo piccolo, un po’ come prendersi cura di un animale. Da quando metti il seme nella terra a quando piano piano inizia a spuntare il germoglio e a crescere, ti devi ricordare di dargli l’acqua negli orari giusti, dargli un po’ di fertilizzante, levare le foglie morte; alla fine la pianta è pure sempre un essere vivente. Se poi esce anche qualche fiore è una soddisfazione ancora maggiore.
IL BOUGAINVILLE
Mi chiamo A. e personalmente non ho mai avuto un grosso rapporto con la terra ma… Circa 10 anni fa, mi venne regalato un piccolo bouganville. Lo misi nel terrazzo di mia madre, costituì per lui un recinto reticolato e a mano a mano cresceva e nel mentre facevo i ramoscelli attorno e dentro i fori del reticolato. Visse circa 7/8 anni poi qualche vicino invidioso lo annaffiò con qualcosa di tossico e la mia bouganville appassì. Mi dispiacque talmente tanto per la sua morte che in presa ad un raptus strappai sia la griglia che avevo montato sia le canne di bambù che avevo messo nello steccato.
A.M.
A.C.
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A.T.
L’esperienza con il mio fagiolo è stata molto carina, a distanza di anni. Mi ha ricordato le elementari, pensavo che non mi sarebbe cresciuta perché non ho il pollice verde, ma da quando ho cominciato a coltivarlo me ne sono presa cura, e dopo che ha cominciato a germogliare ho cambiato le mie idee in positivo. Ora che ho iniziato voglio continuare a curarlo per vedere maggiori risultati. Questo lavoro dell’agricoltura sociale lo fa mio fratello per il Rastrello, e penso che si una cosa utile per tanti motivi vari.
V. L.
UN SECONDO TENTATIVO
La mia esperienza è stata di far crescere un seme, ma non è nato perché gli ho dato tanta acqua: gli ho forse dato troppa cura, non lo so. Non mi è nata, e a me è dispiaciuto tanto: ci credevo molto. Ci voglio riprovare perché vorrei vedere con le mie mani di poter riuscire a creare una vita, poche cose ho fatto e speravo molto di riuscire a fare questo esperimento.
L’AGRICOLTURA DAL MIO PUNTO DI VISTA
Io nella mia vita non ho mai piantato, coltivato o travasato nulla, però da bambina ho sempre visto mia madre che si prendeva cura dei gerani e li travasava, prendendosene cura insieme a tutto il grande giardino che avevamo. Secondo me, coltivare questa passione verso la natura aiuta sia la mente che il corpo, le piante e le foreste sono fondamentali per la vita dell’uomo per l’ossigeno e anche per gli animali che ci vivono.
RICORDO
DEL PASSATO
A.G.
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E.P.