FOTOgraphia 280 giugno luglio 2022

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280 / GIUGNO LUGLIO 2022 / NUMERO 280 / ANNO XXIX / LEICA. E CHI ALTRI? IO SONO FOTOGRAFIA. IO SONO LEGGENDA QUANDO E COME OLTRE I PRODOTTI... ETICA TONY GENTILE FOTOGIORNALISMO VERSO LA STORIA SE NON CHE... SIAMO IN ITALIA. AHINOI, AHIVOI OGGETTI D’AFFEZIONE KODAK PORTRAIT LENS 405 mm (16 in ) f/4,5 DIRETTAMENTE DAGLI ANNI CINQUANTA DETTO... FATTO DOMANDA INTRIGANTE: BASTA IL TITOLO? LIBRI PER I QUALI CI FERMIAMO SOLO A QUESTO BEPPE BOLCHI EPPUR SI MUOVE! OPPURE, NO? LA FOTOGRAFIA IN E DEL MOVIMENTO TIPA WORLD AWARDS 2022 PASSA IL TEMPO, CAMBIANO LE TECNOLOGIE FORSE, NON È PIÙ UN PAESE PER VECCHI VALTER BERNARDESCHI VIAGGIO TRA I NENETSMilanoDCB-1comma1,articolo46),numero27-02-2004,ilLeggein(convertito353/2003D.L.-postaleabbonamentoinSpedizione-SpAItalianePoste7,50,€Mensile,

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/ GIUGNO LUGLIO 2022 / NUMERO 280 / ANNO XXIX / 280

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento 10ABBONAMENTOnumeria65,00euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.comRebuzziniAngeloMauriziodiGraphia

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Cinque

Riprendere da queste prospettive in al tra declinazione -propria!? autoreferenzia le!? egocentrista!?- è puramente demen ziale, oltre che misero. Per esempio: «Il cosa, la categoria che Roland Barthes definisce “spectrum”, è il soggetto o oggetto fotogra fato e quindi colui o ciò che ha destato si curamente l’interesse del fotografo -“ope rator” per Barthes- e che può, ma anche no, suscitare l’interesse del fruitore -“spectator” per Barthes- dell’immagine». Di contro, trasversalmente alla vicenda principale della sceneggiatura del film One Hour Photo -ad alto tasso “fotografico”-, a un mercatino dell’usato, il protagonista Seymour “Sy” Parish (interpretato da Robin Williams) si imbatte in una scatola che contiene una consistente quantità di fotoricordo familiari. Con lentezza, scorre le stampe; ne trattiene tra le dita alcune, le guarda con attenzione, le soppesa... si commuove. ri», riflette tra sé e sé. «Rivelano molto della vita delle persone. Significano che c’è sta to chi ti ha amato tanto... da fotografarti».

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(2)MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

280 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

Copertina Bambini Nenets, dall’ampio progetto fotogra fico di Valter Bernardeschi. Da pagina 48, in portfolio; da pagina 58, monografia d’autore Fotografia attorno a noi Shopping bag realizzata dall’Ufficio turistico di Wetzlar (Leica), in Germania. Con richiami / Editoriale Comodi dal proprio divano, per giudizi affrettati Duecentottanta Coerenti con trasformazioni indotte, accen tuiamo l’edizione in forma di “pubblicazione” Non è un paese Con l’occasione dei TIPA World Awards 2022, allunghiamo verso altro... tanto, non troppo 14 / Da invidia? Documents nel film Rain Man Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini 18 / Sullo scaffale titoli Taschen 40th Anniversary Edition stagioni Kodak Portrait Lens 405mm (16in) f/4,5 con Alessandro Mariconti (Photo40 / Milano) Detto... fatto Per alcuni libri, basta il titolo? Beppe Bolchi Eppur si muove! Oppure, no? In raffinata edizione esclusiva, monografia-sag gio che analizza il Movimento in Fotografia, la Fotografia del Movimento, la Fotografia in Movimento e le Fotografie in Movimento / 03/ / 46/ / 21/ / 70/ / 15/ / 72/ VIENI AVANTI! Subito chiarito: non chiediamo ai fotografi di scrivere anche (di Fotografia, soprattutto). Già si esprimono per quanto compete loro. Forse, potremmo chiedere (sempre a) loro di non farlo, ben consape voli che solo i più giudiziosi (e preparati a farlo) sarebbero d’accordo. In tutti i casi, pretenderemmo che chi scri ve da fotografo esprimesse opinioni, idee e riflessioni coerenti... quantomeno con la Fo tografia. Ovvero, ci sono autorità della Paro la che si esprimono da propri punti di vista; nello specifico, e in semplificazione: Roland Barthes (filosofo?), Susan Sontag (altrettanto, filosofa?), Susie Linfield (semiologa?), Pierre Bourdieu (sociologo?), Rosalind E. Krauss (te orica dell’arte?), David Levi Strauss (critico?), Diego Mormorio (antropologo culturale?)...

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Fotocomposizione DTP, selezioni litografiche e tutte le lavorazio ni infrastrutturali: Graphia di Maurizio Angelo Rebuzzini, Milano Stampa: CTG srl, Gorgonzola (Milano)

Solo figure... senza parole WunderKammer 72 / Nobile causa Mercati di Giulio Forti 74 / Egocentrismo In ironia e sarcasmo di Maurizio Rebuzzini 77 / Polacreazioni E domani e domani / 64/ / 12/ / 26/ / 24/ / 32/ / 19/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE OttavioRouge Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO Valter WunderKammerMarcoNiccolòLelloAlessandroPetraTonyAngeloGiuliomFrantiAntonioBeppeBernardeschiBolchiBordoniFortiGalantiniGentileGerwersMaricontiPiazzaPiazzaSaielliMaurizioAngeloRebuzzini www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia di Maurizio Angelo Rebuzzini - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI - redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ■ FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia di Maurizio Angelo Rebuzzini, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile

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32 / Assedio! Fotografie scattate da soldati del Battaglio ne Azov, assediato all’interno della acciaieria Azovstal, a Mariupol, in Ucrania. Si afferma il concetto di una vita disseminata di feriti senza farmaci per le cure. Dal ventiquattro febbraio 38 / Io sono Fotografia Io sono Leggenda Indipendentemente dai propri prodotti foto grafici, nessuno dei quali men che di vertice assoluto, l’azienda. Non è un ossimoro: etica del capitalismo di Maurizio Rebuzzini 48 / Valter NenetsBernardeschi

Primo di due tempi redazionali autonomi, ma conseguenti e collegati: presentazione e con siderazioni su un più che eccellente progetto fotografico di Lello Piazza 58 / Il viaggio tra i Nenets Secondo tempo redazionale con Valter Ber nardeschi di Valter Bernardeschi, Lello Piaz za e Niccolò Piazza 64 / Povera Italia Ahinoi, Italia. La celebre icona di Giovanni Fal cone e Paolo Borsellino, di Tony Gentile 70 / Daguerre 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano.

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EDITORIALE

I fotografi coscienti della propria azione e (perfino) influenza non ignorano, né -tantomeno- sottovalutano, quel senso etico che guida la loro azione, addirittura condizionandola: rendere perma nenti momenti che avrebbero potuto (dovuto?) rimanere effimeri impone riflessioni e considerazioni morali che ac compagnano azioni fotografiche nobili. Ed efficaci. Ovverosia, in metafora e allineamento: da e con Mary Ellen Mark, celebre e celebrata fotogiornalista contempo ranea, mancata nel 2015, dalla postfazione alla sua raccol ta AmericanOdissey: «A volte, il mio lavoro si focalizza su aspetti di vita che sono molto difficili. Quando la macchi na fotografica è tra me e il soggetto, spesso mi protegge da una situazione spiacevole, ma al tempo stesso mi per mette di introdurmi in mondi altrimenti impenetrabili».

Forse, basta alzarsi dal divano Maurizio Rebuzzini

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Dal divano di casa, magari acquistato in promozione pe renne, è facile giudicare il Mondo. È anche comodo. Si può stare lì, seduti o sdraiati, ed esprimere valutazioni assolute, ognuna in egocentrismo di conforto. Così che tutti gli altri paiono stupidi e crudeli. Così che ci si può commuovere per il destino di genti in guerra, di bambini indifesi, di op pressi. Tra un aperitivo e il successivo, ci si veste da giudi ci implacabili. E si manifesta una certa propria stupidità. In clamoroso allineamento, altri divani sono altrettanto confortevoli: per esempio, negli studi televisivi, per spet tacolarizzare la cronaca a proprio favore. In tempi recenti, per la scomparsa dell’autorevole e rigorosa fotografa Leti zia Battaglia, mancata lo scorso tredici aprile, a ottantaset te anni (era nata il 5 marzo 1935), tanti / troppi conduttori televisivi, soprattutto conduttrici televisive, hanno vanta to amicizia improbabile, ammirazione postuma, accordo al suo impegno civile. Peccato che -senza la complicità del divano- non abbiamo mai sentito evocare la sua figu ra civile e professionale in occasioni precedenti, lei in vita. Va così: e qui, e ora, eleviamo il divano a contrassegno della nostra tormentata epoca. Dal divano e sul divano, tut to è chiaro e palese. Sul divano e dal divano, ognuno crede di essere saggio, di diventarlo. Mentre è vero l’esatto con trario: ciascuno insegue la vita, come se l’avesse sempre capita. Perché il divano è protettivo, in quanto avvolgente. Tiene lontana la realtà; soprattutto, la tiene lontana da noi, dal nostro egocentrismo (c’è chi ne ha di più, chi di meno: ma, l’abbiamo tutti). Ovvero: dal divano, possiamo esprime tante solidarietà con gli altri , soprattutto se e quando op pressi per proprie debolezze (?). Se, però, gli altridovesse ro invadere il nostro territorio, scavalcando magari il diva no, le considerazioni pacate si trasformerebbero in recri minazione: verso i neri, i profughi, gli immigrati, i diversi A conti fatti, la funzione protettiva del divano si mani festa anche in Fotografia, nostro territorio ufficialmente comune, laddove e quando e per quanto la macchina fo tografica fornisce una necessaria distanza con il Mondo, dai suoi soggetti. Però, c’è una differenza sostanziale. Se da un lato la macchina fotografica protegge fisicamente, raccontiamocela così; dall’altro, eccezionalmente, facilita il contatto con il soggetto, con la situazione, con il Mondo. Non ci stancheremo mai di ripeterlo e ribadirlo e con fermarlo: uno dei princìpi per noi fondamentali e fondan ti della Fotografia si basa sulla sua effettiva funzione di s-puntoprivilegiatodiosservazione.

■ ■ / ACQUA SOTTO I PONTI / di Maurizio Rebuzzini (Franti) DUECENTOTTANTA

Perché può nascere da un male oscu ro che è difficile diagnosticare fra il passato appesa e il futuro, lì presente e pronta a scappare e la canzone diventa un sasso lama, martello, una polverie ra che a volte morde e colpisce basso e a volte sventola come bandiera. La urli allora un giorno di rabbia la getti in faccia a chi non ti piace un grimal dello che apre ogni gabbia pronta ad irridere chi canta e tace. Però alla fi ne è fatta di fumo veste la stoffa delle illusioni, nebbie, ricordi, pena, profu mo: son tutto questo le mie canzoni. Questo, per quanto riguarda il per ché. Per il come, avviciniamo e facciamo nostri due autorevoli conforti di Pen siero e Maitre-a-penser : Negli antichi tempi dell’arte / i costrut tori lavoravano con la massima cura / ogni parte minuscola e invisibile, / perché gli dei sono ovunque. [Henry Wadsworth Longfellow (1807-1882)]. Il senso di questi versi è chiaro. Nei tempi antichi, artisti e artigiani non si concedevano scorciatoie. Lavoravano con attenzione, e curavano ogni aspet to della loro opera. Prendevano in con siderazione ogni parte del prodotto, e ciascuna era progettata e realizzata esattamente come avrebbe dovuto. Non allentavano la loro attenta autodi sciplina nemmeno riguardo ad aspet ti che di norma non sarebbero stati visibili. Anche se nessuno si sarebbe mai accorto di tali imperfezioni, loro dovevano rispondere alla propria co scienza. Perciò, non si nascondeva lo sporco sotto il tappeto. O, si potrebbe forse dire, non c’erano stronzate. [Harry G. Frankfurt (in Stronzate. Un saggio filosofico, dall’originario On Bullshit).

Certo: Duecentottanta non è una cifra tra quante degne di attenzione, quan tomeno dal punto di vista di ricorrenze e celebrazioni e commemorazioni. È un numero banalotto (e gli chiediamo scu sa), che scorre via liscio in un anonimato denso di cifre altrettanto ordinarie, se non -addirittura- poco utili al di fuori di conteggi burocratici e/o fiscali. Però, oggi, approdiamo al numero Duecentottanta di questa rivista, in un momento e fran gente nei quali è opportuno riflettere a giro ampio; addirittura, è doveroso farlo. Infatti, senza alcun annuncio preventi vo, subordinati da implacabili condizioni esistenziali sovrastanti, questo è il terzo numero del corrente Duemilaventidue che ha imboccato una inevitabile (?) ca denza bimestrale, diversa da quella men sile, perseguita fino allo scorso dicem bre, numero Duecentosettasette in un conteggio avviato nel (lontano?) maggio Novantaquattro... fatidico Numero Uno. È imperativo andare dietro-le-quin te, per decifrare cosa e quanto questo significhi in termini di contenuti, ovve rosia in merito al mandato redazionale e giornalistico, e in relazione all’indiriz zo verso il pubblico al quale ci si rivolge. Per certi versi, apparentemente, cambia nulla nell’aspetto esteriore della rivista; per altri versi, sottotraccia, si spostano a lato passo e cadenza della realizza zione: dalla progettazione alla scrittura, alla messa in pagina. Certamente, que sto slittamento sfugge al pubblico-ri cevente; altrettanto indiscutibilmente, è dovere sottolineare talune condizio ni concettuali che stabiliscono punti di osservazione e svolgimenti. Facciamo a capirci, decodificando in terpretazioni che definiscono (dovreb bero definire) le divulgazioni periodiche. Non ci riferiamo tanto al gergo di me stiere, perché ognuno ha il proprio. Nel concreto, richiamiamo esplicitamente la filosofia di fondo, l’ideologia ispiratrice, la concezione della materia affrontata, pa lesata nella stessa testata FOTOgraphia In una concezione secondo la quale la Fotografia non è mai intesa come arido punto di arrivo, ma sempre come fanta stico (e privilegiato) s-punto di partenza, l’ulteriore passo a lato, in forma di caden za bimestrale, influenza ancora di più l’approccio: che da “rivista” diventa più esplicitamente “pubblicazione”. Questo introduce una distinzione in cadenza. Per quanto comunque vinco lati a inevitabili attualità, l’avvicinamen to e lo svolgimento scartano la cronaca, per imboccare e distendere riflessioni e considerazioni senza obblighi temporali. Espressamente, è anche questa, è so prattutto questa la distinzione sostan ziale tra “rivista” e “pubblicazione. Co munque: la pubblicazione contiene la rivista; e non il contrario. Con tutto, rimane inviolato il senso del nostro impegno con e nella Fotografia. In metafora, da e con Francesco Guccini; con aggiustamenti, da Canzone a Pubbli cazione: Una canzone (in Ritratti, 2004). La canzone è una penna e un foglio così fragili fra queste dita, è quel che non è, è l’erba voglio ma può essere complessa come la vita. La canzone è una vaga farfalla che vola via nell’aria leggera, una macchia azzurra, una rosa gialla, un respiro di vento la sera, una lucciola accesa in un prato, un sospiro fatto di niente ma qualche volta se ti ha afferrato ti rimane per sempre in mente e la scrive gente quasi norma le ma con l’anima come un bambino che ogni tanto si mette le ali e con le parole gioca a rimpiattino. La canzone è una stella filante che qualche volta diventa cometa una me teora di fuoco bruciante però impal pabile come la seta. La canzone può aprirti il cuore con la ragione o col sentimento fatta di pane, vino, sudore lunga una vita, lunga un momento. Si può cantare a voce sguaiata quando sei in branco, per allegria o la sussur ri appena accennata se ti circonda la malinconia e ti ricorda quel canto mu to la donna che ha fatto innamorare le vite che tu non hai vissuto e quella che tu vuoi dimenticare.

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La canzone è una scatola magica spesso riempita di cose futili ma se la intessi d’ironia tragica ti spazza via i ri tornelli inutili; è un manifesto che puoi riempire con cose e facce da racconta re esili vite da rivestire e storie minime da ripagare fatta con sette note essen ziali e quattro accordi cuciti in croce sopra chitarre più che normali ed una voce che non è voce ma con caram bola lessicale può essere un prisma di rifrazione cristallo e pietra filosofa le svettante in aria come un falcone.

FOTOgraphia!

E Tuttianche:ilavori di qualità devono avere un prezzo proporzionato all’abilità, al tempo, al costo e ai rischi inerenti la propria preparazione. I buoni prodot ti non si ottengono mediante com promessi o attraverso modificazioni, e non si possono realizzare con piccola spesa. Qualunque sia il procedimento usato per la loro fabbricazione [crea zione!], fruttano all’artefice assai me no di quelle cosiddette “a buon mer cato”. [John Ruskin (1819-1900), anche abile dagherrotipista].

NON

È UN PAESE

Detta meglio, sicuramente: questo, ormai, non è più un paese per vecchi [Nota]. Laddove, con “paese”, si intende un ambito, un circuito, una cerchia, un perimetro, un contor no, una cornice. Forse, addirittura, un confine. In origine, è discri minante l’anagrafe: la nostra, dal quattordici luglio Cinquantuno, che a breve fanno settantu no anni. Ma non è soltan to questo che entra in con teggio; quanto, più concreta mente, una rapidità di evolu zione (non efinocondizionamasolocelerata,progresso)necessariamente,semprepiùacchenoninfluisceperquantolecompete,influenza,suggestiona,epersuadeperlasocialitàquotidianailsuoindotto,informadi

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rapporti tra le persone, rap porti con il Mondo, rappor ti con se stessi nel Mondo. Così che, dopo due anni di non frequentazione fisi ca -impedita dalle restrizio ni imposte dalla pandemia Covid-19-, ritrovarsi in “presenza”, per la General Assembly, l’assemblea generale annua le dei soci aderenti all’autorevole TIPA / Technical Image Press Association, prestigiosa adunanza (per non ripete re “associazione”) di ventisei accredi tate riviste fotografiche del mondo [in diverse sintesi, sulla prossima pagina 12], ha sollecitato pensieri autonomi e personali, vuoi sugli atteggiamenti, vuoi -perché no?- sulle rispettive età. A fine aprile, a Wetzlar, in Germania, presso la sede Leica Camera AG, non c’eravamo ancora tutti. Per motivi intu ibili, oltre che leciti, sono mancati i più lontani, ancora timorosi di muoversi da Ovest (Stati Uniti e Brasile) e da Est (Cina e Australia); però, grazie al collegamento in diretta con il programmatore Zoom, tutti abbiamo partecipato sia alle vicen de burocratiche, sia alle votazioni per il casellario dei rituali quaranta TIPA Wor ld Awards 2022, che -una volta ancorastabiliscono quanto di meglio abbia offerto la progettazione fotografi ca nei più recenti dodici mesi: ed è soprattutto di questo, che qui stia mo per riferire. Con an cora qualche riflessione a monte e in forma di prologo, magari intimo. Per anagrafe, stagione dopo stagione, ognuno di noi ha ormai accumu lato anni sui propri do cumenti di identità. E li ha visualizzati anche a colazione, la mattina, pri ma degli impegni pro grammati, con la quanti tà e qualità di pillole che hanno accompagnato il primo caffè della gior nata: noi, semblyzionesettesimaèstaPersonalmente,compresi.quedelloscorsoaprilestatalanostraventipartecipaallaGeneralAsTIPA,perquan to non siamo stati di rettamente presenti a tutte le sessioni; ma, dal 1996 di nostra adesione, siamo sempre stati rappresentati. All’origine, avevamo quarantacinque anni, oggi... con tutti gli acciacchi del caso. Capelli e barba sono ormai bianchi, non tanto grigio-topo; la mobilità non è più quella di un tem po. Ma! Ma l’esperienza ci ha arricchito e -speriamolo- migliorato. Così, siamo autorizzati a riflettere e osservare (mai, giudicare!) l’attualità dell’evoluzione del Pensiero nella sua personalità in rapidità prorompente. di Antonio Bordoni Nota Con titolo ripreso da un verso di una poesia di William Butler Yea ts (1865-1939), intitolata Sailing to Byzantium, Non è un paese per vecchi, in edizione italiana dall’originario statunitense No Coun try for Old Men, è un romanzo del 2005 dello scrittore Cormac McCarthy (1933-), che nel 2007 si è aggiudicato il premio Pulitzer per la Narrativa con un altro suo romanzo, La strada / The Road Con la traduzione di Martina Testa, Non è un paese per vec chi è stato pubblicato in Italia da Einaudi: nel 2006, nella col lana Supercoralli; nel 2007, nei tascabili Super ET Dal romanzo, è stato tratto un film omonimo, diretto dai fratelli Joel e Ethan Coen (1954- e 1957-), interpretato dagli at tori Tommy Lee Jones, Josh Brolin e Javier Bardem. Indipen dentemente dal film e dal libro originario, “Non è un paese per vecchi” è entrato nei neologismi del Duemila.

/ TIPA WORLD AWARDS 2022 /

Segnaliamo che il film si è aggiudicato quattro premi Oscar 2008: Miglior film (Scott Rudin, Ethan Coen e Joel Coen), Mi gliore regia (Ethan Coen e Joel Coen), Migliore attore non pro tagonista (Javier Bardem), Migliore sceneggiatura non origi nale (Ethan Coen e Joel Coen).

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In ripetizione: «sempre più accelera ta, che non influisce solo per quanto le compete, ma influenza, suggestiona, con diziona e persuade perfino la socialità quotidiana e il suo indotto, in forma di rapporti tra le persone, rapporti con il Mondo, rapporti con se stessi nel Mondo». A diretta conseguenza, con e nella so lidità e concretezza di competenze ac quisite e assimilate, osserviamo l’inces sante sequenza degli attuali TIPA World Awards 2022: in doppia sintesi, gradua toria e per case produttrici, qui sopra. Per quanto il nostro direttore, Maurizio Rebuzzini, sarebbe anche in condizione di rivelare dietro-le-quinte che possono chiarire taluni passaggi non tanto chiari ai più (noi compresi), sappiamo bene che non lo farà, non lo farebbe mai: il rigore e severità con cui interpreta ciascun ruolo gli venga assegnato, o debba assolve re, non gli permettono assolutamente di trasgredire i princìpi di riservatezza e riguardo per lui inderogabili, tassativi e non negoziabili. Per cui, in analisi, non possiamo che comportarci da uditori esterni, senza alcun ruolo partecipe e/o protagonista nella vicenda. Ekkoci qui (le kappa sono obbligato rie), con l’incipit di partenza, che si of fre e presenta anche come conclusione inevitabile. Almeno, conclusione nostra. Almeno, conclusione per noi: qualsiasi

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Canon Eos R3

12 cosa questa significhi per ciascuno di noi, anche la Fotografia non è più un paese per vecchi. Sì... siamo vecchi. Det ta meglio (?), siamo âgé Tanto che, in confessione dovuta, ci rico nosciamo in due soli TIPA World Awards 2022: nel treppiedi Benro Induro Hydra 2 Waterproof Carbon Fiber Tripod (Best Tripod) e nel lampeggiatore dedicato Godox Macro Flash MF12 (Best Flash), i due nostri unici acquisti dal lungo e differenziato casellario dei Premi. Sin ceramente, tutti gli altri prodotti non ci procurano alcuna emozione. Infatti, sono indirizzati ad altri che non a noi: scomposizione in undici categorie di macchine fotografiche, dodici di obiet tivi, e poi tanto altro ancora. Per quanto possiamo aver bisogno di monitor, software e ulteriori gingilli digitali, semplicemente li acquistiamo, li potremmo acquistare, valutando of ferte e proposte di mercato, in equili brio tra soluzioni proposte e prezzo di acquisto (vendita). Invece, e siamo vec chi (! confermiamo): quando si tratta di utensili vicini al nostro vissuto fotografi co pluridecennale, tante e tante consi derazioni aggiuntive, alcune delle quali indiscutibilmente “feticistiche” (confes sione dovuta), guidano e indirizzano le nostre preferenze. Addirittura, condizio nano le nostre predilezioni. Una nota ancora, e poi basta: onore e merito alla tedesca Cewe, indiscutibile leader planetaria dei servizi personaliz zati di stampa conto terzi. Con l’attuale e odierno Best Photo Service, assegna to al Photobook Personalised Slipcase, approda al quinto TIPA Award conse cutivo. Bel primato! Non è un paese! ■ ■ SOLOONLINE / / /QR code TIPA WORLD AWARDS 2022 technical.image.tipa.com press.association TIPAawards Attualmente, l’autorevole e accreditata TIPA (Technical Image Press Association) è composta da direttori e/o redattori di ventisei riviste di fotografia, che coprono l’intero pianeta. In due elenchi consequen ziali, sintentizziamo le singole testate: prima in ordine alfabetico per nazioni; quindi, scomponendo gli indirizzi giornalistici e redazionali. Questa seconda divisione è scandita in tre categorie portanti: riviste fotografiche a indirizzo non professionale (amatoriale: in gergo ter ribile, dal quale vorremmo sempre restare fuori, ma qui...), professio nale e mercato (trade, in altrettanto gergo che ci sarebbe estraneo). Camera (Australia), Fhox (Brasile), Chinese Photography (Cina), Popu lar Photography (Cina), Fisheye (Francia), Réponses Photo (Francia), digit! (Germania), Foto Hits Magazin (Germania), Photo Presse (Ger mania), Photographie (Germania), ProfiFoto (Germania), British Pho tographic Industry News (BPI News) (Gran Bretagna), Photography News (Gran Bretagna), Professional Photo (Gran Bretagna), Photo business (Grecia), Photographos (Grecia), Better Photography (In dia), Foto Cult (Italia), FOTOgraphia (Italia), DigiFoto Pro (Olanda), Pf - Photography Magazine (Olanda), FV / Foto Video Actualidad (Spagna), Photoline (Turchia), Digitális Fotó Magazin (Ungheria), Di gital Imaging Reporter (Usa), Rangefinder (Usa).

Riviste professionali: Chinese Photography (Cina), digit! (Germania), Fhox (Brasile), FOTOgraphia (Italia), Pf - Photography Magazine (Olan da), Photo Presse (Germania), Photobusiness (Grecia), Professional Photo (Gran Bretagna), ProfiFoto (Germania), Rangefinder (Usa).

Riviste per il mercato (trade): British Photographic Industry News (BPI News) (Gran Bretagna), Digital Imaging Reporter (Usa).

Riviste non professionali (amatoriali?): Better Photography (India), Ca mera (Australia), DigiFoto Pro (Olanda), Digitális Fotó Magazin (Un gheria), Fisheye (Francia), Foto Cult (Italia), Foto Hits Magazin (Germa nia), FV / Foto Video Actualidad (Spagna), Photographie (Germania), Photographos (Grecia), Photography News (Gran Bretagna), Photoli ne (Turchia), Popular Photography (Cina), Réponses Photo (Francia).

Doppia fotografia di gruppo dei rappresentanti delle riviste aderenti a a fine aprile, a Wetzlar, presso la sede Leica Camera AG: all’ingresso del (2)GerwersPetra

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Siamo all’inizio del film Rain Man, di Barry Levinston, del 1988. Charlie (interpretato da Tom Cruise) rapisce il fratello autistico Raymond (Dustin Hoffman, il protagoni sta della vicenda), facendolo uscire dall’istituto nel quale vive. Tra le mani di Ray mond, la Kodak Instamatic che rappresenta l’unica mediazione tra lui e il mondo.

pagna i fratelli nel pro prio viaggio attraverso gli Stati Uniti. Al solito, qui e ora, come qui e sempre (in questo spazio redaziona le dedicato, all’interno di una rivista dall’indirizzo altrettanto mirato, si fa per dire), non ci interessa tanto la storia del film, e neppure la sua realizza zione mofotografico,ilincamminiamoQuanto,cinematografica.èscontato,cilungoconsuetoretrogustocheisoliadall’insiemeedaltotale. Non prima di aver rilevato quanto sia stato negativo e nocivo lo stereotipo “autistico” del film -addirittura deleterio!; perfino pericolo so!-, che ha deviato l’opinione generale sul proprio spettro, assai più concreto e da considerare e rispettare altrimen ti, con ben altro riguardo. Comunque... Rapito dall’istituto nel quale è rinchiuso da an ni, per una cura che è soltanto tutelativa, e non approda ad alcun mi glioramento sanitario, peraltro irraggiungibile,

DA

Diretto da Barry Levin ston, su sceneggiatura di Ronald Bass e Barry Morrow, Rain Man è un film che ai tempi in cui uscì nelle (allora) sale, fi ne 1988, suscitò non po che emozioni. Molte di queste furono indotte e sedotte dall’apprezzata (da chi?) interpretazio ne di Dustin Hoffman, nei panni didileriaquellacomeCharlie;di(?)Hollywood.AcademycuiRaymonddell’autisticoBabbitt:dapremioOscar,agliAwards,diAdeguataanchelapresenzaTomCruise,ilfratelloeinconsistente,sempreealsolito,dell’italianaVaGolino,neipanniSusanna,laragazzaCharlie,cheaccom

di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini INVIDIA?

/ CINEMA /

l’autistico Raymond (interpretato da un poco credibile Dustin Hoffman: in base a nostre considerazioni, già accennate) segue il fratello Charlie in un viaggio che li porterà ad attraversare tutti gli States. Percorrono autostrade pluricorsia e strade provinciali poco frequentate, al lungandosi anche su tratti della celebre Route 66, una leggen da, e attraversano città, paesi e villaggi. Non im porta come lo fanno, e neppure ci interessa la sosta a Las Vegas, dove Raymond mette a frut to proprie presunte (e stereotipate / stoppose) capacità matematiche di calcolo e previsione ai tavoli da gioco di un Ca sino (altro preconcetto di Piuttosto,contegno).ci attardia mo con la Fotografia. E che altro!? NEW DOCUMENTS? Esagerando un poco, ma neppure poco, e ne siamo consapevoli (ol tre che convinti), richia miamo le figure di foto grafi del calibro di Lee Friedlander e Garry Wi nogrand, che l’attento John Szarkowski, allo ra curatore del Diparti mento fotografico del Museum of Modern Art, di New York, il celebre MoMA, mancato nel lu glio 2007, a ottantuno anni, riunì insieme con Diane Arbus, di analo ga statura tivaaltri,accostandoli(successiva),gliuniaglinell’epocalecollet New Documents, che -nel 1967 (dal ven totto febbraio al sette maggio)- stabilì i connotati di un nuo vo passo della fotografia dal/del vero. Le richiamiamo per quanto di foto grafico compie Raymond nel corso del cinematografico Rain Man. A parte altre sue ossessioni, una delle quali riguarda il baseball (citazione d’obbligo... almeno per noi: «Who’s on First? - Who» [Chi gioca in prima base?Chi (Who)] è un cele bre tormentone degli anni Quaranta del duo comico Abbott and Co stello [Bud Abbot e Lou Costello], traslitterati in

Gianni e Pinotto, per l’Italia), Raymond ha sempre tra le mani una Kodak In stamatic, attraverso la quale osserva il mondo e con la quale registra lo scor rere delle proprie giornate. Alla fine del film, sui titoli di coda, scor rono fotografie attribuibili a Raymond, che rivelano -appunto- un sapore forte, tutto statunitense, tutto riconducibile, ec coci!, a una certa fotografia New Docu ments e dintorni, semplificabile in Street Photography, quantomeno da coloro i quali -qui da noi- ne sono saliti stolta mente a bordo. Subito liquidiamo queste immagini, e più avanti andiamo oltre. A parte essere significativamente accattivanti, lo riveliamo con sincerità, queste fotografie ingigantite sul gran de schermo cinematografico confer mano un’idea e opinione che abbiamo maturato da tempo: soprattutto se in bianconero, come in questo caso (e co me nelle inquadrature di altri film), le Fotografie nel Cinema sono assoluta mente e inviolabilmente affascinanti. Sicuramente, appaiono meglio di quel lo che effettivamente sono; altrettanto certamente, guadagnano nell’ingran dimento sullo schermo (oggigiorno più che mortificato dalla visione attraverso televisori domestici, per quanto gran di possano essere, possano diventare). Fascinose per la propria mediazione formale, le foto grafie sui titoli di coda di Rain Man, attribuibili al protagoni sta Raymond, lo sono anche per se stesse e in se stesse. Sono efficaci visioni di traver so della realtà, osservata con occhio vivo e partecipe, che si allungano dalle intenzio ni dell’autore alla riflessione dell’osservatore. Ribadiamo: da fare invidia agli street photographers (?) italiani (!), autodefinitisi tali.

TERAPIA? Ciò detto e rilevato, un’altra considerazio ne ancora. La Fotografia come Terapia. Tra le mani dell’autistico Raymond, la piccola ed efficace Instamatic svolge un ruolo discriminante nel proprio rapporto con la realtà, nel suo stare nella realtà. Anche nell’attesa di una visita medica, Raymond si protegge, protegge la propria psiche, fotogra fando ciò che lo circon da: dettagli e visioni suc cessivamente proposte sullo scorrere dei titoli di coda del film Rain Man Con Mary Ellen Mark, celebre e cele brata fotogiornalista contemporanea, mancata nel 2015, dalla postfazione alla sua coinvolgente raccolta epocale Ame rican Odissey : «Dai miei primi giorni sulla strada, armata di mac china fotografica, sapevo che sarebbe stato così: sarei di ventata fotografa. Questo in fantile senso di eccitamen to non mi ha mai abbando nato, come anche il piacere che riesce a darmi il contatto con le persone che fotografo. «Scattare fotografie può essere una contraddizione; perché, se da un lato la mac china fotografica facilita il contatto con il soggetto, dall’altro fornisce una ne cessaria distanza. A volte, il mio lavoro si focalizza su aspetti di vita che sono molto difficili, che sono problematici. Quando la macchina fotografica è tra me e il soggetto, spesso mi protegge da una situazione spiacevole, ma al tem po stesso mi permette di introdurmi in mondi altrimenti impenetrabili».

Un altro “incontro” / “incrocio” di Dustin Hoffman con la Fotografia al Cinema si registra nel film Tootsie, di Sidney Pollack, regista e attore mancato nella primavera Duemilaotto. Commedia leggera, del 1982, il film narra la vicenda dell’attore disoccupato Michael Dorsey, che ottiene la parte in una soap opera televisiva fingendosi donna. Come Dorothy Michaels, raggiunge un consistente successo personale. Ottima l’inter pretazione di Dustin Hoffman, apprezzati gli equivoci che attraversano tutta la sceneggiatura e contestata, ai tempi, la mancanza di coraggio di Hollywood, che non ha insignito l’attore della nomination agli Academy Awards (Oscar)... per la migliore interpretazione femminile dell’anno.

Nell’ambito delle serrate sessioni in studio, che certificano il suc cesso di Dorothy Michaels con la dissolvenza dal ritratto posato alla copertina di prestigiose testate giornalistiche, c’è una posa con An dy Warhol, che interpreta se stesso: bel cameo.

Però, in maggiore consistenza, proprio queste sessioni fotografi che contengono un cameo di altro spessore, che interessa il nostro punto di vista, al solito particolare e mirato. Il fotografo che scatta, dal vetro smerigliato dell’Hasselblad montata su treppiedi, in una sala di posa ricca di flash elettronici che illuminano i set, è nientemeno che Greg Gorman (1949-) uno dei grandi della fotografia di moda inter nazionale e non comune interprete dello star system hollywoodiano (www.gormanphotography.com).Cisarebbemoltodascriveresulla fotografia di Greg Gorman, ma non è il caso di farlo, né qui né ora. Soltanto, a complemento, ricordia mo la retrospettiva Perspectives, allestita agli Scavi Scaligeri, di Verona, nell’autunno 1999. All’esposizione degli originali sopravvive la monogra fia realizzata per l’occasione, avvincente casellario di una lunga e scin tillante carriera fotografica: Perspectives ; (Leonardo Arte) Electa, 1999.

(6)MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

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Accanto i titoli di coda di Rain Man scorro no fotografie attribuibili all’autistico Ray mond, che rivelano un sapore forte, tutto statunitense, tutto riconducibile a una cer ta fotografia New Documents e dintorni.

Anche per l’autistico Raymond di Rain Man, soprattutto per lui, la macchina fotografica è ciò che lo protegge da si tuazioni spiacevoli e altrimenti incom prensibili; ma, allo stesso momento, la stessa macchina fotografica, averla tra le mani, portare il mirino all’occhio, gli permette di introdursi in mondi altri menti impenetrabili alla sua sindrome.

Fotografa ogni volta che lo svolgimen to della vita irrompe nella sua esistenza. Film che ha seminato equivoci ambi gui e tragici, Rain Man finisce per iscri versi anche in quel consistente casel lario di sceneggiature e/o scenografie con convincente presenza fotografica che andiamo compilando da Tempo. Da cui, la nostra segnalazione, svolta in due direzioni saldamente fotografiche. Oppure, no?

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18 / SULLO SCAFFALE / di Angelo Galantini

TASCHEN VERLAG 40th Anniversary Editore tedesco, con sede a Colonia, Taschen Verlag è indirizzato e orien tato nella pubblicazione di libri d’ar te, entro la cui identificazione la Foto grafia svolge un ruolo consistente: sia per quantità di titoli, sia per qualità for male di pubblicazione. Spesso, la Foto grafia è soggetto esclusivo e primario, come possiamo considerare la presti giosa e autorevole edizione di Sumo, di Helmut Newton, del 1999, il primo titolo delle confezioni speciali che, in seguito, hanno caratterizzato il passo di opere di prestigio, realizzate in oc casioni opportune: in questo senso, di scorso particolare per i due tempi di MoonFire. The Epic Journey of Apollo 11, in prestigiosa tiratura numerata e fir ELLEN VON UNWERTH. FRÄULEIN Sia precisato: rivisitazione (ampiamente abbordabile, da edizioni librarie as solutamente selettive). Monografia di una eccellente autrice, interprete della sessualità femminile. Ellen von Unwerth ha fotografato le donne più iconiche (?) del nostro tempo: da Claudia Schiffer a Eva Mendes, a Kate Moss, a Dita Von Teese (Hearther Renée Sweet). Nelle sue fotografie, si respira un mondo di femminilità, giocosità e feticcio, entro il quale i soggetti ostentano o custo discono a intermittenza, ma manifestano sempre le proprie fantasie. Ellen von Unwerth. Fräulein. 40th Anniversary Edition; Taschen Verlag, 2021; 504 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro.

TASCHEN

SOLOONLINE// /

▶ Ellen von Unwerth. Fräulein; Art Edition 101-200, con stampa colore 40x30cm firmata; 2500,00 euro.

POLAROID BOOK Per quanto non si sia certi di che fine abbia fatto la Polaroid Collection -la più grande raccolta ragionata al mondo di fotografie polaroid-, che non è sopravvissuta al disfacimento dell’azienda, non possiamo ignorarne il Valo re assoluto. Avviata dal fondatore Edwin H. Land, insieme con Ansel Adams, amico e complice di escursioni fotografiche, la Collezione ha riunito oltre ventitremila immagini di centinaia di fotografi e artisti internazionali. A imperitura memoria rimane il Polaroid Book, allestito in edizione originaria nel 2005: un tuffo colto e guidato (dalla direttrice Barbara Hitchcock), che ha ben selezionato oltre duecentocinquanta opere dagli archivi. Con capitoli tecnico-storici aggiuntivi, che concorrono al racconto di una Storia unica, che ha contribuito a scrivere capitoli fondamentali della Storia della Fotografia dal secondo Novecento. Ahinoi, vicenda che -dopo aver segna lato il proprio avvio (1948-1949)- ha registrato anche la propria conclusione.

Polaroid Book. 40th Anniversary Edition; a cura di Barbara Hitchcock e Ste ve Crist; Taschen Verlag, 2021; multilingue italiano, portoghese e spagnolo; 456 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,0 euro. mata per i quarant’anni dell’allunaggio di Apollo 11 (luglio 2009) e riproposta in ulteriore versione esclusiva Lunar Rock Edition, per i cinquant’anni (lu glio 2019), addirittura comprensiva di pezzi unici di rocce lunari. Fondata dal lungimirante Benedikt Taschen, nel 1980, la casa editrice rive la una personalità quantomeno singo lare. Da una parte, ha allestito anche propri bookstore in città di riferimen to planetario (tra le quali, Milano; tra le quali, Springfield, nella fervida fantasia dei cartoni televisivi Simpson); da altra parte, celebra le proprie date. In parti colare, segnaliamo le edizioni librarie a prezzi favorevoli pubblicate in occa sione del ventennale (2000) e dei ven ticinque anni (2005). Oggi, ancora, è il caso delle edizioni 40th Anniversary, all’interno della cui offerta a prezzo più che abbordabile selezioniamo titoli utili e proficui per coloro i quali frequen tano e vivono la Fotografia con parte cipazione e intensità. Ammesso che...

▶ Ellen von Unwerth. Fräulein; Taschen Verlag, 2009; 482 pagine 30,5x44cm, cartonato, in box a conchiglia; 1500,00 euro.

Taschen Verlag è distribuito in Italia da Logos, strada Curtatona 5/2, 41126 Modena; www.libri.it. Taschen Store Milan, via Meravigli 17, 20123 Milano; store-milan@taschen.com. QR code 40 th

▶ Ellen von Unwerth. Fräulein; Art Edition 001-100, con stampa bianconero 30x40cm firmata; 3500,00 euro.

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The History of Graphic Design. 40th Anniversary Edition; a cura di Jens Müller; Taschen Verlag, 2021; multilingue italiano, inglese e spagnolo; 512 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro. RENOIR Pittore che ogni fotografo dovrebbe conoscere, e aver frequentato (si fa per dire, sempre in base a considerazioni secondo le quali la creatività va edu cata e coltivata, anche con influenze che arrivano da ogni parte). Spesso frainteso, Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) è comunque uno dei pittori più amati della Storia. La sua Opera stilla calore, tenerezza e allegria: insomma, La Vie en rose (da e con Edith Piaf). Raccogliendo brillanti ripro duzioni e schizzi -oltre a fotografie in cronaca e una cronologia completa-, che affrescano la sua vita e il suo lavoro, questa è una monografia di riferi mento essenziale e necessaria. Ammesso che... Sostanziale, quindi, l’incisivo testo del curatore Gilles Néret, che sottoli nea come Renoir abbia reinventato la forma femminile dipinta, con le sue divinità quotidiane e i propri contorni grassocci, fianchi e seni arrotondati.

Renoir. 40th Anniversary Edition; a cura di Gilles Néret; Taschen Verlag, 2022; in inglese e spagnolo; 486 pagine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro. «Perché l’arte non dovrebbe essere gradevole? Ci sono già abbastanza cose spiacevoli nel mondo»

Alla lettera: Copertine di dischi d’arte. Laddove, con “Arte” si intendono raf finate edizioni, distinte all’interno di un’offerta musicale ampia: ovvero, album e quarantacinque giri che hanno fatto epoca. Antologia unica (e imperdibile!?) di più di quattrocentocinquanta copertine di dischi dagli anni Cinquanta, che ripercorrono l’interazione tra la musica e le arti visive: dalla farfalla infilzata, di Salvador Dalí, per il compositore statu nitense Jackie Gleason, ai graffiti a stencil di Banksy per la rock band Blur.

Art Record Covers. 40th Anniversary Edition; a cura di Francesco Spampi nato; Taschen Verlag, 2021; multilingue inglese, francese e tedesco; 512 pa gine 15,6x21,7cm, cartonato; 20,00 euro. THE HISTORY OF GRAPHIC DESIGN Il curatore Jens Müller, coadiuvato dall’editor Julius Wiedemann, ripercor re centotrent’anni di progettazione grafica dalla fine del Diciannovesimo secolo, attraversa il boom economico dopo la Seconda guerra mondiale e raggiunge i nostri giorni attuali. Scandite dallo scorrere degli anni, le consi derazioni sono combinate con funzionalità approfondite su dozzine di pro getti di riferimento e profili di designer che hanno influito sulla nostra Vita. Attraverso il turbolento passare del Tempo, con la propria sintesi vivida e ordinata di immagine-e-idea, il design grafico ha distillato lo spirito di ogni epo ca che ha attraversato. Ci circonda ogni minuto di ogni giorno, dal packaging minimalista alle pubblicità colorate, dalla grafica ambientale intelligente alle interfacce eleganti: il design grafico riguarda tanto la trasmissione di informa zioni quanto il condizionamento di aspirazioni e valori culturali della società.

ART RECORD COVERS

Va ribadito: fin dagli albori del modernismo, la produzione visiva e quella musicale hanno avuto un rapporto particolarmente intimo. Per certi versi, e perché no?, riprendiamo le rilevazioni di Walter Benjamin nell’indispen sabile L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (è chiaro?). In questo singolare casellario, utile alla propria educazione visuale, si indi vidua il ritmo e cammino di una storia culturale caratteristica: modernismo, pop art, arte concettuale, postmodernismo... e avanti, avanti, avanti. Avanti.

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20 propria passione manifesta ed esplicita (Photo40: materiale fotografico usato e d’antiquariato). Ovviamente, questo stesso obiettivo fa parte della sua col lezione privata, declinata con presenze fotografiche di alto prestigio e fascino senza tempo, né compromessi. Ufficialmente, è stato in produzio ne a cavallo degli anni Cinquanta del Novecento, al culmine e fine (?) di una lunga stagione fotografica scandita an che/soprattutto da interpretazioni otti che mirate e differenziate: così diversa, nella propria manifestazione dichiarata, dall’attualità ottica interpretata e svol ta solo in dipendenza di qualità formali tera inquadratura e composizione, non certo in subordine. A questo proposito, a metà Novecento, la qualifica “Portrait” si alternava all’attribuzione “Soft”, inten dendo sempre e comunque una ana loga interpretazione fotografica. Conteggiando oggi gli anni Cinquan ta, andiamo un poco oltre, e sul perso nale: osiamo congetturare che questo Kodak Portrait Lens 405mm (16in) f/4,5, qui illustrato, sia stato prodotto nel 1951 (di nostra nascita, il quattordici luglio), così da considerarci... coetanei. Certo, si potrebbe esserne certi, o smentiti, con uno studio specifico e mirato a partire dal numero di matricola. Ma non ci in 405mm (16in) f/4,5 si offre e presenta og gi in condizioni analoghe, se non addi rittura coincidenti, con quelle della pro pria uscita dalla fabbrica: a Rochester, Stato di New York, storica e leggendaria sede della Eastman Kodak Company. Esaurito da tempo il proprio indirizzo originario, vincolato a una prassi fotogra fica non più presente ai nostri giorni, co me altri disegni ottici, questo obiettivo offre ancora applicazioni in grande for mato (fino all’8x10 pollici / 20,4x25,4cm; ma anche 11x14 pollici / 28x35,5cm), a so stegno di interpretazioni creative tradi zionali (forse) e alternative/arbitrarie (so prattutto). Se vogliamo intenderla così, la di Antonio Bordoni ALTRE STAGIONI

Affascinante Kodak Portrait Lens 405mm (16in) f/4,5, dalla Collezione di Alessandro Mariconti (Photo40, di Milano).

focale 405mm (trascritta dai sedici pollici originari) è oggi più confortevole di quel la 305mm (dodici pollici) che, in attuali tà tecnica del passato, ha accompagna to la famiglia fotografica Kodak Portrait Lens. Oltre che in versione a “barilotto” -la sola della focale 405mm-, il più pic colo 305mm è stato anche disponibile su otturatore centrale Ilex 5. Tra le due focali, l’attuale 405mm è più rara e ricercata della inferiore 305mm, e -a conseguenza- è anche meglio quo tata nel mercato dell’antiquariato foto grafico. Detta meglio, forse: il 405mm vale/costa di più del coevo 305mm. Tangibilmente, si tratta di un ottimo obiettivo per ritratti. Il suo disegno otti co si basa su uno dei progetti originari della Fotografia: quella combinazione Acromatica, che è esordita con il da gherrotipo e il calotipo nativi. In preci sazione dovuta -in propria identifica zione Petzval (dal nome del matema tico slovacco Joseph Petzval [1807-1891], che lo concepì)-, l’Acromatico è il primo obiet tivo per fotografia ecomedimatematicamente,calcolatonel1840origine:luminosoenitidonessunaltro(genericocasuale)inprecedenza.Oltre la propria nitidezza a tutto campo, nell’applicazio ne pratica, i fotografi d’arte e di ritratto ne apprezzarono subito la morbidezza implicita, soprattutto alle aperture di diaframma più ampie. Qui e ora, non è tempo né luogo per attardarci sulla Storia di questa inter pretazione ottica, infrastruttura fonda mentale di tante immagini che appar tengono alla Storia della Fotografia. Sol tanto, è opportuno rilevare la differenza sostanziale tra la morbidezza finalizzata al ritratto dal bagliore e diffusione che derivano dalle aberrazioni semicroma tiche (e hanno definito altri passi “soft”, a partire -magari- dal Rodenstock Ima gon, che abbiamo commentato giusto sul nostro precedente numero di rivista). Invece, ciò che rende diverso il Kodak Portrait Lens 405mm (16in) f/4,5, qui in passerella, è il suo progetto di metà No vecento: dunque, finalizzato anche per pellicole a colori. È anche molto luminoso, pur in focale lunga: da cui ne consegue una profondità di campo ridotta, adatta alla fotografia di ritratto (e d’arte, in sen so antico?). Ideale per ritratti ravvicinati, è adeguato anche nel paesaggio e in al tre applicazioni dell’espressività fotogra fica attualmente arbitrarie. Ovviamente, a valori di diaframma siste maticamente più chiusi, fino al minimo f/22 di pragmatica, la morbidezza di partenza ce de sistematicamente passo a una nitidezza analoga a va lori e concetti perfino attuali, per quanto sempre accompagnata da riflessi morbidi, perlati e luminosi.

Attenzione: come sempre quando si utilizzano obiettivi di propria sostan ziosa personalità formale, è necessaria una certa pratica. Il corretto utilizzo del Kodak Portrait Lens 405mm (16in) f/4,5 presuppone e impone sempre consi

ROMANZI DI VITA Con il sociologo Francesco Alberoni (rubri ca Pubblico&Privato ; Corriere della Sera, 10 novembre 2008): I romanzi aiutano a vivere (e le donne lo sanno) «Se una sera andate a cena da degli amici e portate come regalo un roman zo, spesso il padrone di casa vi dirà: “Gra zie, mia moglie ne sarà felice”. Perché la moglie e non lui? Perché i maschi leg gono meno delle donne, ma soprattutto leggono meno romanzi. Preferiscono la saggistica o il giornalismo che tratta di storia, di politica, economia, scienza, ar gomenti che considerano seri, impegna tivi. Da questi libri pensano di imparare cose importanti, pratiche, utili. Hanno fiducia nel pensiero razionale, costruito su concetti. Fanno eccezione le biogra fie, perché riguardano personaggi reali e seguono un rigoroso ordine cronologi co. La narrativa, invece, dà loro l’impres sione di essere un flusso disordinato di accadimenti fantasiosi che non aiutano a comprendere la realtà e il comporta mento degli esseri umani. Vuoi mettere un libro che descrive il sistema politico o il sindacato o la crisi economica? «Senza negare importanza alla saggi stica, posso però dire che sbagliano. La narrativa -e le donne lo sanno bene- ti dà quanto la saggistica non potrà mai darti: il flusso reale della vita umana, il si gnificato delle azioni, i pensieri nascosti, i mille contraddittori motivi che stanno dietro le nostre decisioni. La narrativa ti fa partecipare al mondo interiore di uomini e donne che sperano, sognano, amano, soffrono, lottano, vincono, sono felici e hanno paura. Un mondo che non è line are, dove si mescolano passato, presente e futuro, tenerezza e passione, dubbi e certezze, odio e compassione, violenza e pentimento. Le donne si identificano nei personaggi del romanzo, vivono ciò che vivono e imparano dalla loro espe rienza come fosse la propria. E si iden tificano un po’ nello stesso modo con i personaggi della cronaca mondana dei quali leggono le storie, e dei quali san no tutto su mariti, amori, amanti, riva li, figli, successi, insuccessi, tradimenti e dolori. In questo modo, acquisiscono una conoscenza pratica, intuitiva delle emozioni che i maschi, con la loro razio nalità, non riescono a procurarsi. «E c’è un altro motivo per leggere so prattutto la grande narrativa: il linguag gio. Sono i grandi narratori che creano il linguaggio. Chi non legge questi libri non imparerà mai a scrivere. «Molti manager e molti politici scrivono male proprio per questo motivo. Tra una persona che ha frequentato l’università ma non legge, e una con una scolarità inferiore ma che ha l’abitudine di leg gere, la seconda parla e scrive meglio». Ancora, ed è l’argomento di oggi, per il quale abbiamo compilato una lunga introduzione (necessaria?). A parte leg gere narrativa, anche quella classificata minore, come è bollata quella poliziesca, ci sono libri per i quali potremmo anche fermarci al titolo: che, tante volte, basta e avanza. Certo... i romanzi sono entusia smanti, ma ci sono anche titoli folgoran ti. Segnaliamone qualcuno. [Però, prima di farlo, anche a difesa e sostegno della nostra predilezione per i romanzi polizieschi -in Italia, i gialli-, che ogni sera, prima di dormire, con cludono in serenità le nostre giornate, una raffinatezza da uno di questi, con inattesa -ma gradita- considerazione fo tografica. Del resto, da e con Francesco Guccini: E un giorno ti svegli stupita e di colpo ti accorgi / che non sono più quei fantastici giorni all’asilo / di gio chi, di amici, e se ti guardi attorno non scorgi / le cose consuete, ma un vago e indistinto profilo. / {...} Poi un giorno in un libro o in un bar si farà tutto chia ro, / capirai che altra gente si è fatta le stesse domande, / che non c’è solo il dolce ad attenderti, ma molto d’amaro / e non è senza un prezzo salato diven tare grande. {E un giorno ; in Stagioni, 2000}. Già: Poi un giorno in un libro o in un bar si farà tutto chiaro Dunque: «Di quando in quando, os servo l’ultimo scatto che le ho fatto, su bito dopo averle sparato. L’ho preso in mano per l’ennesima volta proprio ieri sera. L’avrò studiato per almeno un’ora. «Come ogni altra fotografia che le ho scattato, non mi dice nulla di lei. Niente di niente. Ma mi rivela qualcosa di Ge offrey Barnett {il protagonista del ro manzo, che sta riflettendo}. Individua il momento in cui si è reso conto di poter essere«Comincioimplacabile.apensare che sia proprio questo il senso di ogni genere di foto grafia. Non è detto che una fotografia vi dica qualcosa del suo soggetto. Ma se la osservate attentamente, e siete stati voi a scattarla, vi può rivelare molto su voi stessi». {Periodi finali/conclusivi del poliziesco Il dettaglio, di William Bayer; in edizioni Il giallo Mondadori }. A questo stesso proposito, rimandiamo anche qui e ancora qui a Egocentrismo e Prima di cominciare / Vieni avanti!, su questo stesso numero, rispettivamen te a pagina Settantaquattro e Quattro].

TITOLI ESAUSTIVI! Dunque, «a parte leggere narrativa, an che quella classificata minore, ci sono libri per i quali potremmo anche fer marci al titolo: che, tante volte, basta e avanza» Segnaliamone qualcuno. Le parole sono pietre «Diario di tre viaggi compiuti da Carlo Levi nelle terre della Sicilia, tra il 1952 e il 1955. Con questo libro si apre un nuovo filone letterario nella produzio ne dell’autore: quello del reportage, di cui aveva già dato prova nei suoi arti coli pubblicati su La Stampa e L’Illu strazione italiana «Pubblicato nel 1955, Le parole sono pietre è il racconto duro dell’arretratez

22 Già rivelato in mille e mille e mille oc casioni, ogni volta che l’opportunità lo ha richiesto. E qui, lo esige... una volta ancora, una di più, mai una di troppo, non certo per l’ultima volta. C’è un pensiero (concetto) che abbia mo fatto nostro, certamente mutuandolo dalle letture, per l’appunto. Risponden do a una natura formata in parti uguali di cultura (?) e istinto, il vero luogo na tio è quello dove per la prima volta si è posato lo sguardo consapevole su se stessi: la nostra prima (e unica) patria sono stati i libri. Ancora, la parola scritta ci ha insegnato ad ascoltare le voci. La vita ci ha chiarito i libri: osservare, piut tosto che giudicare e pensare, invece di credere, fino al linguaggio fotogra fico, straordinaria combinazione di re gole logiche e usi arbitrari. Ogni volta che -in situazioni prepo ste- ci viene chiesto su quali libri poter approfondire l’argomento svolto, rispon diamo semplicemente: con tutti. Certo, possono esistere urgenze, soprattutto tecniche e pratiche. Ma!

/ BASTA IL TITOLO? / di Antonio Bordoni DETTO... FATTO

vano in considerazione ogni parte del prodotto, e ciascuna era progettata e realizzata esattamente come avrebbe dovuto. Non allentavano la loro atten ta autodisciplina nemmeno riguardo ad aspetti che di norma non sarebbe ro stati visibili. Anche se nessuno si sa rebbe mai accorto di tali imperfezioni, loro dovevano rispondere alla propria coscienza. Perciò, non si nascondeva lo sporco sotto il tappeto. O, si potreb be forse dire, non c’erano stronzate». Insomma, «l’essenza delle stronzate (bullshit) non sta nell’essere false, ma nell’essere finte».

L’autore Harry G. Frankfurt (G, per Gordon; 1929-) è un filosofo statuniten se. Dal 1990 al 2002, è stato professore emerito di filosofia alla Princeton Uni versity (la stessa dove insegnò anche Albert Einstein). Ha insegnato anche alle Yale University, Rockefeller Univer sity e Ohio State University. ra, mentre il secondo anno era salito al piano superiore, nella sezione dei “Grandi”. Camminava aggrappando si al corrimano, salendo con fatica ed entusiasmo ogni gradino. Per le scale, vi erano diversi quadri, di artisti famosi e una fotografia enorme che ritraeva Bruno Munari. La guardavo incuriosi to e ammirato» [Andrea Di Bella; www. musicoff.com].Laconoscenza del metodo proget tuale, del come si fa-a-fare e a cono scere le cose, è un valore liberatorio: è un “fai da te” te stesso. Tra i libri di Bruno Munari, tutti en tusiasmanti, questo -in Tredicesima edizione 2017-2022- è quello che for se maggiormente rende felici i lettori per la leggerezza incantata con la qua le porta a scoprire che saper progetta re non è dote esclusiva e innata di po chi. In ognuno di noi c’è una creatività che, in queste pagine, l’autore aiuta a estendere e mettere in luce. In ogni caso, Bruno Munari (1907-1998)è osservatore della Vita da conoscere e frequentare. Stronzate In incipit: «Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione. Tutti lo sanno. Ciascu no ne dà il proprio contributo. Tendia mo, però, a dare per scontata questa situazione. Gran parte delle persone confidano nella propria capacità di ri conoscere le stronzate e di evitare di farsi fregare. Così, il fenomeno non ha attirato molto interesse, né ha suscita to indagini approfondite». Più avanti [anche in altra parte del la “rivista”, su questo stesso numero]: «Nei tempi antichi, artisti e artigiani non si concedevano scorciatoie. La voravano con attenzione, e curavano ogni aspetto della loro opera. Prende Carlo Levi, Le Parole sono pietre ; prima edizione Einaudi 1955. Edizione più re cente, nella collana ET Scrittori, del 2016. Da cosa nasce cosa «Tutto quello che so di Bruno Munari l’ho imparato all’asilo nido, quando lo frequentava mio figlio. Entrando per gli ambienti della scuola, mi resi imme diatamente conto che, nascosto dietro ogni angolo, nelle pieghe di una sem plice tenda decorativa, sotto la sedioli na accanto a un tavolo, vi erano mille e mille pensieri, prove, riflessioni per vedere se quell’ambiente, quell’attività da proporre a un bambino, fosse effi cace, adatta, giusta. «Negli atelier in cui mi muovevo, in quell’ambiente circolare, fatto di cen tri di interesse, dove i piccoli possono muoversi liberamente, andando a cer care l’attività desiderata, notavo imme diatamente la chiarezza di ogni propo sta. L’ambiente parlava, non il mio lin guaggio, mediato dall’età e dalla parola, ma il linguaggio dei bambini, molti dei quali, in un asilo nido, ancora non par lano, ma comprendono perfettamente. «Il primo anno, mio figlio stava al piano inferiore della grande struttu

23 za dei contadini siciliani “lo spettaco lo della più estrema miseria contadi na”, di una terra dove diventa difficile far applicare quelle leggi che lo Stato italiano ha approvato per la redistribu zione della terra, per migliorare le con dizioni di lavoro, per applicare i diritti che dovrebbero valere per tutti, ma che -in quelle terre- devono sottostare ai privilegi dei potenti. Il libro è denso di fatti che lo scrittore trasfigura inseren doli nel simbolo della coscienza uma na, dove “le lacrime non sono più la crime ma parole, e le parole sono pie tre”: sono pietre le parole di Francesca Serio, la madre di Salvatore Carneva le, il contadino ribelle assassinato dalla mafia perché fondatore, a Sciara, nel 1951, della sezione del Partito Socialista e della Camera del Lavoro; sono pie tre scagliate nell’aula del Tribunale di Palermo da una madre siciliana che racconta e sfida cosa nostra, la legge del feudo e le complicità del potere istituzionale» [Fondazione Carlo Levi; www.carlolevifondazione.it].

Harry G. Frankfurt, Stronzate. Un saggio filosofico ; Rizzoli, 2005; dall’originario On Bullshit (Princeton University Press, 2005). L’amico ritrovato Probabilmente, il romanzo L’amico ri trovato, di Fred Uhlman, detiene un primato: quello di risolvere la sua nar razione all’ultima parola, laddove l’a mico è ritrovato. Inoltre, per una volta, il titolo italiano è migliore di quello in glese originario: Reunion, che scarta a lato quanto appena annotato. «Sulla base del romanzo, del 1971, è stato anche girato un film omonimo [di Jerry Schtzberg, del 1989], che racconta la medesima vicenda. La storia si basa sull’amicizia tra il protagonista Hans Schwartz, figlio di un medico ebreo, e il conte Konradin von Hohenfels, suo compagno al liceo Karl Alexander, di Stoccarda. All’indomani del fatidico 1933, Bruno Munari, Da cosa nasce cosa ; Edi tori Laterza, dal 1981. Qui, la copertina più recente, diversa dalle precedenti.

(3)MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

Stéphane Hessel, Indignatevi!; Add Edi tore, Sesta edizione 2011; dall’originale Indignez-vous!, del 2010.

Imperativo: indignarsi! Per quanto ufficialmente indirizzato ai giovani, i soli che -indignandosi! per ciò che oggi è- hanno Modo e Tempo per invertire qualsivoglia senso di marcia, il pamphlet dell’autorevole e accreditato Stéphane Hessel (1917-2013) è trasver sale a tutte le generazioni; perfino, alla nostra, anagraficamente âgé Tedesco naturalizzato francese, com battente nella Resistenza, durante la Seconda guerra mondiale, e deporta to nel Campo di concentramento di Buchenwald, in quanto ebreo, l’auto re è stato poi diplomatico e politico di prima grandezza. Ha partecipato alla stesura della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, del 1948.

Qui, scrive anche in questa veste: non è questo il mondo per il quale abbia mo combattuto e siamo morti! Da cui, «Creare è resistere. Resistere è creare».

I cazzi miei; edizione di Angelo Mereu, Milano; distribuzione individuale e privata. Linus, settembre 1985; direttore Fulvia Serra; Milano Libri Edizioni.

Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri ; prima edizione Mondadori / Strade blu, del 2003, con dettaglio da Neanche qui [si può sapere perché], di Francisco Goya (1746-1828), acquaforte, acquatinta brunita, puntasecca e bulino 157x208mm, trentaseiesima illustrazione in I disastri della guerra (1810-1820).

(Anche) Noi, farfalle Copertina di Linus, del settembre 1985, conteggiato come duecentoquaranta cinquesimo numero (245), dal primo originario, dell’aprile 1965. Nulla da aggiungere a quanto è credi tato al disegnatore satirico Altan (Fran cesco Tullio Altan; 1942-), per il suo in confondibile tratto; tantomeno, per i suoi sintetici testi. Qui uno in nostra predilezione, anche se non è possibile avere un solo Altan preferito. «Noi farfalle si vive un giorno solo, e quando son le sei di sera si han già le palle piene». ■ ■ Cazzi nostri In dimensioni, confezione e foggia da passaporto, opuscoletto di venti pagi ne 8,5x11,5... vuote. Cioè, da compilare, ciascuno da sé, con annotazioni, rifles sioni, considerazioni, meditazioni, valu tazioni e altro ancora. A piacere e ne cessità. Esplicita l’intestazione! Dolore degli altri Ok, certifichiamolo: il contenuto è so stanziale e sostanzioso. Però, se voglia mo (e lo vorremmo), possiamo elevare ad assoluto il titolo, indipendentemen te dai richiami e riferimenti dell’autrice Susan Sontag: gli altri ! Comunque, e nello specifico, consi derazioni a partire da una condizione assoluta e inderogabile. Sfogliando i quotidiani, guardando i telegiornali, as sistiamo di continuo ad atrocità di ogni genere: distruzioni, bombardamenti, violenze su Uomini e Donne, vittime innocenti di guerre che non vogliono ma che subiscono passive e inermi. Le nostre reazioni davanti a questo dolo re, non nostro (?). Degli altri Fred Uhlman, L’amico ritrovato; Univer sale Economica Feltrinelli, dal 1986.

(5)MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

24 il protagonista -sedicenne- lascia l’Eu ropa a causa della persecuzione nazista degli ebrei, per rifugiarsi negli Stati Uniti. «Nel romanzo, ricorda e ricostruisce l’amicizia con il compagno di classe; da cui, il tema principale è giusto quello del la loro amicizia, nello scenario degli anni Trenta del Novecento, quando in Ger mania si affermano gli ideali nazional socialisti che hanno portato alla Shoah e a milioni di vittime» [www.skuola.net].

paura.”“Ha“...” “Di cosa? SiDiventeràsposerà.Avràdeifigli[...].comenoi.”“Ah...”

In un trittico di situazioni che si svolgono nella stanza 719 del celeberrimo hotel di New York, lo identifichiamo “matrimonio temuto”. Mimsey, figlia della coppia, è in crisi il giorno delle nozze.

Dialogo tra Roy Hubley e la moglie Norma (rispettivamente interpretati da Walter Matthau e Lee Grant), nel terzo dei tre episodi del film Appartamento al Plaza ( Plaza Suite ; di Arthur Hiller, sceneggiatura di Neil Simon, del 1971).

FOTO graphia 07/D/ialoghi

26 di Maurizio Rebuzzini Tutto è come sogniamo che sia. Come tutti i fotografi capaci di essere tali e competenti della propria azione, quantomeno di quanto questa influenzi e indirizzi coloro che vi accedono -in misura di osservatori attenti-, Beppe Bolchi è un inguaribile bugiardo. Come tutti i fotografi, artisti che esprimono la propria espressività da oltre centottant’anni (da quel fatidico 1839 di origine, nel quale è cominciato tutto), l’attento e coinvolgente Beppe Bolchi è un esuberante bugiardo. Lo è perché e per quan to controlla, fino a dominarlo perfettamente, il proprio lin guaggio. Così come un bravo narratore mente per far com prendere il proprio racconto, omettendo qui, sottolineando là, soprassedendo a destra e allungandosi a sinistra, anche il bravo fotografo mente per lo stesso, identico motivo: in ripetizione, per far comprendere il proprio racconto; nello specifico di questa raccolta di Beppe Bolchi, il proprio cam mino e la propria riflessione, non soltanto visiva. Dove sta la sua bugia? Paradossalmente, nella sua since rità di intenti ed esecuzione. Celandosi dietro una identifi cazione di richiamo certo, in forma di titolo, offre letture e interpretazioni affinché ciascuno di noi, alla presenza del le sue fotografie, possa esprimere pensieri suoi autonomi, partire per viaggi individuali. Ancora, dove sta, allora, la sua bugia? Nel raccontare con perizia e cognizione di causa, affinché nessun osservatore possa disperdersi in una confusa selva di tante sollecitazio ni casuali, ma imbocchi con decisione il proprio cammino, che può coincidere con quello delle sue intenzioni d’auto re, ma anche Mettiamoladistaccarsene.così:conlaqualità delle sue fotografie, qui e ora accorpate in pretesto esplicito e dichiarato il Movi mento, Beppe Bolchi scandisce tempi esatti di un proprio racconto e del coinvolgimento conseguente (ovviamente, dotta esplicita: per l’appunto, il Movimento. Con ulteriori due note d’appoggio e suppor to. Anzitutto, l’artefice (di fotografie e testi a presentazione e commento) precisa trattarsi di Esperienze in Fotografia ; quindi, sottoli nea la modulazione conseguita: il Movimento in Fotografia, la Fotografia del Movimento, la Fotografia in Movimento e le Fotografie in Movimento. In raffinata edizione esclusiva (continua a pagina 30)

27 EPPUR SI OPPURE,MUOVE!NO? arbreunpasn’estCeci

VincidaLeonardodiRombicubottaedro

28 rombicubottaedroarchimedei:poliedritredicideiUno/facceventiseiconsolidoFilosfera:Perpanoramicaatrecentosessantagradiinfilosfera

29 ScoziaGlasgow,Commericio,diCamera

Da coscienzioso autore, non si perde per strada, e permet te anche a noi osservatori di percorrere la nostra linea retta. Non racconta nulla di superfluo, per dare fiato a quanto è effettivamente necessario: interpretazioni che impongono la riflessione, che inducono in tentazione. Da non credere, soprattutto ai nostri giorni: inducono alla tentazione di pen sare, ciascuno per sé, ma anche in condivisione con altri. La fotografia è magica e magia giusto per questo. Non necessariamente racconta dei propri soggetti, spesso invi tati a richiamare altre intimità che non la propria apparen za a tutti manifesta. Ma rivela sempre qualcosa dell’autore, che coinvolge tutti nella sua visione. Alla fin fine, è esattamente questo il senso di ogni foto grafia. Se la osservate attentamente, e vi allineate con il suo spirito, vi può rivelare molto su voi stessi. Con tutto, però, bisogna essere consapevoli che l’attuale sin tesi di Beppe Bolchi non è necessariamente soltanto ciò che annuncia e promette di essere. Sì, in assolvimento, è (anche) il Movimento in Fotografia, la Fotografia del Movimento, la Fotografia in Movimento e le Fotografie in Movimento. Ma! Opera fotografica e riflessiva che arriva in età matura, al cul mine di esperienza pluridecennale, questo Movimento non si esaurisce in sé, ma dischiude altre Porte, altre Avventure della Mente... non soltanto fotografica... non soltanto in frequenta zione fotografica... non necessariamente entro confini (solo?) fotografici. Questo Movimento è profonda meditazione sulla Fotografia tutta e sulla sua capacità di Vedere e far Vedere. Già... opera matura: il poeta turco Hâzim Hikmet (1902-1963) ha sollecitato a vivere la propria esistenza con dignità, serietà e dedizione agli altri. Alla vita, non si deve chiedere alcuna ri compensa; è sufficiente guardare fiduciosi al futuro. In età avanzata, si può piantare un ulivo, non per poter godere dei Ceci n’est pas un arbre (Questo non è un albero) «Non è per scimmiottare il quadro e la provocazione di René Magritte [Ceci n’est pas une pipe], ma è proprio il suo supe ramento. Se nella figura dipinta da Magritte c’è veramen te una pipa, in questo caso l’albero non c’è, ci sono solo le sue ombre proiettate sul terrapieno di massi in una strada di montagna. Ma la percezione che ne abbiamo è quella di un albero, dai colori fantasmagorici, ben delineato e as solutamente comprensibile. L’apoteosi del Surrealismo?». (continua da pagina 26)

30

giorni)(ottantatrégiugnotrealmarzododicidalesposizioned’Aosta):(ValleFenilliaz

OlandainLisse,aKeukenhof,dibotanicoparconelTulipani

31 suoi frutti, e neppure perché ne usufruiscano i figli e nipoti, ma come semplice (?) atto di amore per la vita.

Dobbiamo essere tutti grati a quegli autori fotografi, quale è Beppe Bolchi, che con le proprie visioni e interpretazioni (e riflessioni collegate) fanno entrare il mondo all’interno degli spazi e momenti nei quali ciascuno di noi conduce la propria esistenza. Sfogliando la sequenza della sua Fotografia, si in contra e vede lo svolgimento della vita attraverso rappresen tazioni attente. Tutto sta a distinguerle, a riconoscerle. Ma, una volta intuiti i meccanismi, il gioco è affascinante e appagante.

Testuale la conclusione della poesia Alla vita, del 1948 (dal la traduzione Mondadori per la raccolta Poesie d’amore, del 1963): Prendila sul serio [la vita] / ma sul serio a tal punto / che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi / non perché restino ai tuoi figli / ma perché non crederai alla morte / pur temendola / e la vita peserà di più sulla bilancia E la qualità del cammino di Beppe Bolchi, qui e oggi in sin tesi esistenziale mirata, è stile di vita, eleganza irrinunciabile. Questa qualità impone un altro richiamo. Anche abile da gherrotipista, l’inglese John Ruskin (1819-1900) è stato esplici to: «Tutti i lavori di qualità devono avere un prezzo proporzio nato all’abilità, al tempo, al costo e ai rischi inerenti la propria preparazione. I buoni prodotti non si ottengono mediante compromessi o attraverso modificazioni, e non si possono realizzare con piccola spesa. Qualunque sia il procedimento usato per la loro fabbricazione [creazione!], fruttano all’artefice assai meno di quelle cosiddette “a buon mercato”».

La buona comunicazione fotografica ha il potere di aprirci quotidianamente la porta del paese delle meraviglie entro il quale si perde l’Alice di Lewis Carroll: apparenza e realtà si fondono in uno. Niente è ciò che sembra. Tutto è come sogniamo che sia. Che vorremmo che fosse. ■ ■ il Movimento, di Beppe Bolchi; 156 pagine 27x27cm, cartona to. Opera pubblicata in tiratura di trentuno esemplari (ven tinove più due prove d’Autore): numeri primi, sia trentuno, sia ventinove, sia due! Ancora: trentuno, numero primo com posto con altri due numeri primi (tre e uno). Quindi, in e da La luna è una lampadina, di Enzo Jannacci, del 1964: «Il 31 (inteso come tram) è già passato / Di 28 non ce n’è più, mi tocca andare a casa / A piedi, Lina! / E mi fanno male i piedi, Lina, oh Lina! / El trentun l’è già passaa / Di vintott gh’è n’è pu / Me tuca andaa a caa a pee, Lina».

Per quanto riguarda l’assedio, per im maginarne paure e speranza, cito come esempi due degli assedi più famosi, co minciando dal più famoso di tutti, il (pre sunto) Assedio di Troia, durato dieci an ni e conclusosi in modo rocambolesco con il Cavallo inventato da Ulisse (alme no secondo Omero e la Mitologia) [Nella mitologia greca, quella di Troia fu una sanguinosa guerra combattuta tra gli Achei e la potente città di Troia, presu mibilmente attorno al 1250 aC, oppure tra il 1194 aC e il 1184 aC, nell’Asia mino re. Senza considerare, né approfondire

Questo intervento gior nalistico è stato compi lato il sedici maggio. A seguire, nelle settimane successive, ci auguriamo che la situazione di guer ra sia tanto migliorata (si fa per dire), da allineare la sua pubblicazione con un clima risolto. Comun que, le considerazioni e valutazioni restano. E speriamo che servano. Per quanto la Fotogra fia non possa cambiare il Mondo (come, del resto, non possono farlo nep pure la Poesia, l’Arte, la Narrativa...), la stessa Foto grafia e la sua coincidente riflessione influiscono sulle coscienze, magari elevando l’educazione e l’evoluzione. Ammesso e non concesso che il Sapiens...

32 di Lello Piazza Parlo brevemente delle fotografie dei soldati ucraini del Battaglione Azov, in trappolati nell’assedio della acciaieria Azovstal, a Mariupol. L’assedio (adsedium per obsidium, cioè star seduto davanti, tenere il campo) è uno dei tanti e terribili momenti della guerra, che -oggigiornovede la Russia conquistatrice, da una parte, e l’Ucraina aggredita, dall’altra.

ASSEDIO!

Nei primi ottantadue giorni di guerra (oggi, lunedì sedici maggio; l’invasione è iniziata lo scorso ventiquattro febbraio), ne sono successe di ogni. Insieme a una storia di devastazioni, le cronache di que sti ottantadue giorni e di quelli che ver ranno / che stanno per venire contengo no -in embrione- i Pulitzer, i World Press Photo, i Sipa, gli Swpa, e chissà quanti altri premi giornalistici e fotogiornalistici del 2023, sul corrente Duemilaventidue. Probabilmente, nessuna delle fotografie tra quante in selezione su queste pagine vincerà nulla. Ma, per noi, sono notevo li, considerevoli e rilevanti. Suggerisco no una riflessione, sentimentale e non scientifica, sul rapporto tra i soldati del Battaglione Azov, presi come esempio delle centinaia di migliaia di assediati della Storia, col mondo fuori dall’assedio. Og gi, queste immagini dispongono di uno strumento, in personalità social, al quale possono accedere senza rischiare la vi ta, semplicemente utilizzando il campo che ogni telefonino può percepire e non può essere bloccato dal nemico. Forse, trovo finalmente una applicazione utile dei social ? Hai visto mai!

C’è qualcosa che lega le fotografie di Azovstal e il Cavallo (di Troia... senza ulte riori dettagli in decrittazione), un legame tra la Vita e la Morte. Le immagini rap presentano un tentativo degli assediati di cercare salvezza (“se ci prendono vivi, ci portano in un capo di segale, qui die tro, ci decapitano e mandano la testa ta gliata alla nostra famiglia”), mostrando le condizioni disumane nelle quali (so prav)vivono e sollecitando l’intervento del mondo civile in loro aiuto. Il Caval lo, al contrario, rappresenta il vittorioso espediente dei Greci, che permette loro di entrare entro le mura di Troia, inviola bili per dieci anni, e mettere in atto una carneficina peggiore, molto peggiore di quella che attende il Battaglione Azov.

/ Vi sedevano intorno i cittadini / Con incerto consiglio: e chi volea / Che si squarciasse al cavo legno il fianco; / Al tri che fosse tratto in su le mura, / E giù travolto; ed altri alfin chiedea / Che il grande simulacro ivi restasse / A placar l’ira degli avversi Numi. / Dei tre partiti l’ultimo prevalse: / Ai Troiani fatal (Odis sea, Libro VIII, versi 603-614). Proseguo con l’assedio che più asso miglia a quello attuale della acciaieria Azovstal: l’assedio di Stalingrado (oggi, Volgograd). Paradossi della Storia: nel 1942, durante la Seconda guerra mon diale, gli invasori erano i nazisti; gli as sediati erano i russi (allora, sovietici). A Mariupol, secondo i russi di oggi, nell’ac ciaieria, si nascondono i nazisti (ucraini), e loro sarebbero i loro valorosi, coraggio

Fotografie scattate da soldati del Battaglione Azov, assediato all’interno della acciaieria Azovstal, a Mariupol, in Ucraina, dentro uno dei tanti rifugi ricavati tra le macerie. Le immagini sono senza didascalia: non servono. Si afferma il concetto di una vita disseminata di feriti senza farmaci per le cure. Pare ci sia una dichiarazione del capitano Svyatoslav Palamar, del Battaglione Azov, che afferma / avrebbe affermato: «Tra i militari, cinquecento feriti gravi. Non abbiamo abbastanza farmaci. Alcune operazioni vengono eseguite senza anestesia. Abbiamo una carenza di strumenti chirurgici. E, ogni giorno, molte persone muoiono di ferite e cancrene»

33 teorie storiche accreditate, a partire da quelle del tedesco Heinrich Schliemann, dal 1870, che ha accompagnato gli anni superiori della scuola dell’obbligo, due poemi attribuiti a Omero (Ottavo secolo avanti Cristo) conservano memoria dei regni e delle vicende in questione. L’O dissea parte dopo la conclusione della guerra, e narra del difficile ritorno a casa di Ulisse (Odisseo, per l’appunto); mentre l’Iliade narra esplicitamente e dettaglia tamente la guerra e l’assedio].

«Probabilmente, nessuna delle fotografie tra quan te in selezione su que ste pagine vincerà nulla. Ma, per noi, sono note voli, considerevoli e rile vanti. Suggeriscono una riflessione, sentimentale e non scientifica, sul rap porto tra i soldati del Bat taglione Azov, presi come esempio delle centina ia di migliaia di assediati della Storia, col mondo fuori dall’assedio. Oggi, queste immagini dispon gono di uno strumento, in personalità social, al quale possono accede re senza rischiare la vita, semplicemente utilizzan do il campo che ogni te lefonino può percepire e non può essere bloccato dal nemico».

Nel gran cavallo col divino Ulisse / Sta vano i più valenti in mezzo ai Teucri, / Che l’avean trascinato entro la ròcca.

34 nel fatto che l’acciaieria Azovstal è un groviglio di tunnel, nascondigli, trincee, labirinti, quasi inespugnabili. Nel Qua rantadue, dopo i bombardamenti tede schi, da terra e dal cielo, Stalingrado era -a propria volta- diventata un groviglio di tunnel, nascondigli, trincee, labirinti, edifici semidemoliti, rovine dell’acciaieria Ottobre Rosso, della fabbrica di trattori Dzeržinskij (che, nel 1942, costruiva carri armati), della fabbrica di armi Barrikady, che, nelle fotografie storiche, appariva come le immagini di oggi della accia ieria [ed è lo stesso nelle scenografie ci nematografiche più attente, sopra tut te quella del film Il nemico alle porte / Enemy at the Gates, di Jean-Jacques Annaud, anche sceneggiatore, insieme con Alain Godard, del 2001]. Dal ventitré al ventotto agosto 1942, Sta lingrado fu bersagliata dagli aerei della Luftwaffe, soprattutto micidiali Junkers Ju 88, che fecero uso anche di bombe incendiarie. Nella sola giornata di dome nica ventitré agosto, sulla città, furono be, in milleseicento missioni. Nel corso della battaglia di Stalingrado, fino alla fine del 1942, i tedeschi effettuarono set tantamila missioni sulla città, sgancian do oltre un milione di bombe. Non ho altro da dire. Ho riportato una decina di versi dell’O dissea. Ora, cedo la parola all’autorevo le Vasilij Semënovič Grossman (Vasily Semyonovich Grossman / Василий Семёнович Гроссман; 1905-1964) nato a Ber dyčhiv, in Ucraina, centottanta chilometri a ovest della capitale Kiev. Corrisponden te di guerra per il quotidiano dell’esercito Krasnaja Zvezda (Кра́сная звезда́, tra slitterato in Stella Rossa), seguì l’Armata Rossa fino a Berlino, raggiungendo un primato per un giornalista civile: quello di passare più di mille giorni al fronte e, secondo alcuni, il corrispondente più ascoltato da Stalin. Il brano che vi presentiamo, Un gior no nella vita di Stalingrado sotto i bom bardamenti tedeschi, è tratto da Vita e destino (Adelphi, 2008).

«C’è qualcosa che lega le fotografie di Azovstal e il Cavallo (di Troia... senza ulteriori dettagli in de crittazione), un legame tra la Vita e la Morte. Le immagini rappresentano un tentativo degli asse diati di cercare salvezza (“se ci prendono vivi, ci portano in un capo di segale, qui dietro, ci de capitano e mandano la testa tagliata alla nostra famiglia”), mostrando le condizioni disumane nelle quali (soprav)vivono e sol lecitando l’intervento del mondo civile in loro aiu to. Il Cavallo, al contrario, rappresenta il vittorioso espediente dei Greci, che permette loro di entrare entro le mura di Troia, in violabili per dieci anni, e mettere in atto una car neficina peggiore, molto peggiore di quella che at tende il Battaglione Azov.

Nel gran cavallo col divi no Ulisse / Stavano i più valenti in mezzo ai Teucri, / Che l’avean trascinato entro la ròcca. / Vi sede vano intorno i cittadini / Con incerto consiglio: e chi volea / Che si squar ciasse al cavo legno il fianco; / Altri che fosse tratto in su le mura, / E giù travolto; ed altri alfin chiedea / Che il grande simulacro ivi restasse / A placar l’ira degli avver si Numi. / Dei tre parti ti l’ultimo prevalse: / Ai Troiani fatal (Odissea, Libro VIII, versi 603-614). Nella mitologia greca, quella di Troia fu una san guinosa guerra combattu ta tra gli Achei e la potente città di Troia, presumibil mente attorno al 1250 aC L’Odissea parte dopo la conclusione della guerra, e narra del difficile ritorno a casa di Ulisse (Odisseo, per l’appunto); mentre l’I liade narra esplicitamen te e dettagliatamente la guerra e l’assedio».

Gli artiglieri cercavano di sistemare un cannone nella breccia di una pa rete della fabbrica e intanto inveivano contro gli addetti a un obice. Dai gesti dei contendenti era facile capire cosa stessero dicendo. «Lo sapete da quanto tempo è qui, quest’obice? Mentre voi vi giravate i pollici sull’altra riva, noi eravamo già qui a «Certosparare!».cheavete una bella faccia tosta!». Un sibilo nell’aria e una bomba esplo se presso un angolo della fabbrica. Le schegge rimbalzarono sulla parete. Il mitragliere si girò a guardare se Krymov era ancora vivo. Lo aspettò e gli disse: «Non si preoccupi, compagno com missario. Per noi questa è la seconda linea, sono le retrovie». Di lì a poco, anche Krymov constatò che quel cortile era davvero un posto tranquillo.Dovettero correre e buttarsi faccia a terra, poi corsero di nuovo e di nuovo si gettarono a terra. Per due volte si trova rono a saltare nelle trincee della fante ria, poi corsero tra le case bruciate dove non si vedeva più anima viva, dov’era solo il piombo a fischiare...

«In mezzo all’asfalto di velto da una granata, ac canto a quello che era stato un mortaio giaceva un soldato russo morto. Per qualche strano mo tivo, ora che il suo cuore era colmo di speranza e di giubilo, la vista di quel corpo lo scosse. Aveva vi sto molti cadaveri, non gli facevano più effetto. E invece in quel momento sentì un brivido: quel cor po ormai abitato da mor te eterna giaceva inerme come un passero, le gam be strette contro il petto, quasi fosse infreddolito. «Gli passarono accan to un istruttore politico con l’impermeabile grigio spiegazzato e il tascapa ne stretto a una tempia e alcuni soldati che trasci navano mine e filoni di pane su un unico telone. «Al morto non servivano né gli uni né le altre, e nemmeno si aspettava lettere dalla moglie fe dele. La morte non era la sua forza; era debole, il più debole, un passerotto morto che non spaven terebbe nemmeno mo sche e farfalle. «Gli artiglieri cercavano di sistemare un cannone nella breccia di una pare te della fabbrica e intanto inveivano contro gli ad detti a un obice. Dai ge sti dei contendenti era facile capire cosa stes sero dicendo. “Lo sapete da quanto tempo è qui? Mentre voi vi giravate i pollici sull’al tra riva, noi eravamo già qui a sparare!”. «Un sibilo nell’aria e una bomba esplose presso un angolo della fabbrica. Le schegge rimbalzarono sulla parete. Il mitraglie re si girò a guardare se Krymov era ancora vivo». Vasilij S. Grossman (da Un giorno nella vita di Stalingrado sotto i bom bardamenti tedeschi ).

Gli passarono accanto un istruttore po litico con l’impermeabile grigio spiegaz zato e il tascapane stretto a una tempia e alcuni soldati che trascinavano mine e filoni di pane su un unico telone. Al morto non servivano né gli uni né le altre, e nemmeno si aspettava lettere dalla moglie fedele. La morte non era la sua forza; era debole, il più debole, un passerotto morto che non spaven terebbe nemmeno mosche e farfalle.

35 nata, accanto a quello che era stato un mortaio giaceva un soldato russo morto. Per qualche strano motivo, ora che il suo cuore era colmo di speranza e di giubilo, la vista di quel corpo lo scosse. Aveva visto molti cadaveri, non gli fa cevano più effetto. E invece in quel mo mento sentì un brivido: quel corpo ormai abitato da morte eterna giaceva iner me come un passero, le gambe strette contro il petto, quasi fosse infreddolito.

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36 «Questo è niente» disse ancora il mi tragliere per rassicurarlo. «L’essenziale è che non vengano giù in picchiata». «Arriviamo fino a quel cratere laggiù» gli propose poi. Krymov scivolò in fondo alla fossa e guardò su: l’azzurro del cielo era ancora sulla sua testa e la sua testa era anco ra attaccata al collo. Era strano sentire la presenza dell’uomo soltanto nel fi schio e nel canto della morte che altri esseri umani ti scagliavano contro da entrambi i lati. Era strano sentirsi al si curo in una buca scavata dalla morte. Il mitragliere non gli lasciò nemme no riprendere fiato: «Dietro di me!» disse, e si infilò in un passaggio scuro sul fondo di due bu che. Krymov lo seguì. Il passaggio stret to si allargò, il soffitto diventò più alto e si ritrovarono in una galleria. Il rombo della tempesta in superfi cie giungeva anche là sotto, la volta tremava e un boato scuoteva in conti nuazione le viscere della terra. Là dove i tubi di ghisa si moltiplicavano in di ramazioni di cavi scuri grandi quanto un braccio, su una parete era scritto col minio: «Machov è un somaro». Il mitra gliere fece luce e disse: «Ci sono i tedeschi, sopra di noi». Di lì a poco, svoltarono in un passag gio stretto, diretti verso una macchia grigio chiaro appena visibile in fondo al passaggio, e tanto più la macchia si schiariva e diventava luminosa, tanto più furiose erano le esplosioni e le raf fiche di mitra. Il patibolo, pensò Krymov per un istante. Ma poi uscirono in superficie, e la prima cosa che vide furono dei visi che sem bravano esprimere una calma olimpica.

Krymov fu preso da una sensazione indescrivibile: era gioia, leggerezza. Per sino la guerra che imperversava tutto intorno non era più il limite fatale tra la vita e la morte, ma un semplice tem porale sulla testa di un viandante gio vane, forte e pieno di energia. Una serie di situazioni e pensieri che può vivere anche un soldato di Azov. Oggi. Parallelo dovuto e dove roso, in richiamo dalla Seconda guerra mon diale, fronte sovietico. «Dal ventitré al ventotto agosto Millenovecento quarantadue, Stalingra do fu bersagliata dagli aerei della Luftwaffe, so prattutto micidiali Jun kers Ju 88, che fecero uso anche di bombe incen diarie. Nella sola giorna ta di domenica ventitré agosto, sulla città, furo no sganciate circa mille tonnellate di bombe, in milleseicento missioni. Nel corso della battaglia di Stalingrado, fino alla fine del 1942, i tedeschi effettuarono settanta mila missioni sulla cit tà, sganciando oltre un milione di bombe».

Francobollo di St. Kitts (26 maggio 2016), con Leica (due volte) e Rollei 35 d’oro.

FOTO graphia 07/F/otograFianeiFrancobolli

in anticipo su Fotografia nei francobolli

In prossimità del Giubileo dall’incoronazione, 2 giugno 1953, viene celebrato il primato di longevità della monarchia di Elizabeth II, regina del Regno Unito di Gran Bretagna (e altro).

Bordoni)Antoniodi(fotografia2012PhotokinaallaAGCameraLeica

IO SONO IO SONO Certamente, nessuno può muovere obiezioni alla qualità formale degli apparecchi e obiettivi (e accessori) Leica. Per contro, se servissero ulteriori attestazioni oggettive, i relativi prezzi di vendita/acquisto certificano l’assoluta assenza di paragoni tecnico-commerciali plausibili. E siamo d’accordo! Però, fedele a proprie radici consolidate nel Tempo, la personalità aziendale Leica Camera AG non si esaurisce in se stessa, ma si allarga sul comparto d’azione: la Fotografia. Vediamola e diciamola così: interpretazione etica che ha del sorprendente. Oltre che unica

LEGGENDAFOTOGRAFIA

In metafora, un pensiero sovrastante: qual è il rumore simbolo del Ventesimo secolo? Ci si potrebbe intavolare un lun go dibattito. Secondo alcuni, è il rombo degli aerei che solcano i cieli azzurri dagli anni Quaranta, o dei motori e clacson di automobili e camion, che percorrono le strade del mondo. Ancora, il fragore del le bombe che cadono su una città: sono tutti rumori caratteristici del Ventesimo secolo. Prima, nessuno li aveva mai uditi.

In coincidenza di intenti, qualche ot timista potrebbe preferire e indicare le melodie dei Beatles, il coro di note che sfuma, travolto dalle grida del pubblico. Pur simpatizzando con loro, non credia mo che canzoni e urla sarebbero una scelta congrua: musica ed entusiasmo sono presenti sin dall’alba dei Tempi, non sono stati inventati nel Novecento. No -in nostro punto di vista (viziato?)-, i rumori simbolo del Ventesimo seco lo sono quelli degli scatti di otturatori Sinceramente? Viaggiando insieme ad altri, per impegni professionali -quali sono stati i giorni di Wetzlar, in Germania, a fine aprile, per la General Assembly TIPA (Technical Image Press Association), con annessi e connessi-, piuttosto che in occasioni private, raramente abbiamo visto qualcuno andare oltre il proprio piacere e interesse ricreativo ed edonistico estemporaneo: bar, aperitivi, ristoranti e dintorni. Soprattutto, non abbiamo mai visto qualcuno entrare in una libreria, curiosare nei locali di uffici turistici, interessarsi a dépliant illustrativi. Comunque, osservare, piuttosto che giudicare : a ciascuno, il proprio. Tra le tante opportunità offerte dal Leitz-Park, fondato attorno il nucleo principale di riferimento della sede aziendale Leica Camera AG, registriamo una quantità e qualità di opuscoli illustrati a presentazione e commento. Uno in particolare ci ha emozionati: Leitz-Park. Architektur Fotografie / Architectural Photography, che sotto titola (in traduzione) Il Leitz-Park come ispirazione. È un folder a quattro facciate che suggerisce punti di osserva zione e vista per apprezzare al meglio le moderne architetture che si alternano e accostano tra loro: consigli per inquadrature fotografiche suggestive e attraenti, capaci di registrare e testimoniare appieno lo spirito del luogo.

(6)BordoniAntonioWunderKammerMaurizioAngeloRebuzzini

40 di Maurizio Rebuzzini Lunga introduzione doverosa, per ap prodare con coscienza, consapevolezza e convinzione all’argomento in esse re: il valore identificato e riconosciu to dell’attuale personalità aziendale Leica Camera AG, da oltre cento anni a Wetzlar, in Germania. Magari, indipendentemente dalla prestigiosa e autorevole linea di pro dotti fotografici attualmente in cata . A ciascuno, il proprio. Per quanto, nel Mondo, si svolgano vi cende che dalla cronaca approdano, poi, alla Storia, il nostro osservatorio sulla e con la Fotografia offre e propone chia vi di lettura e interpretazione privilegia te. Quantomeno, favorite: purché non si confini mai il proprio interesse al solo appagamento individuale, in sterile rap porto di Fotografia in quanto arido pun to di arrivo. Detta meglio, forse: che la Fotografia sia sempre singolare s-pun , capace di andare oltre se stesso. In questo senso, affrontare e svolgere la Fotografia in analisi e consi derazioni -come da protocollo giorna listico- impone uno spirito da scienzia to (addirittura!): in genere, gli scienziati nutrono un interesse onesto per i fatti e la verità o, quantomeno, un senso di curiosità innata. Inoltre, e lo affermiamo per esperienza acquisita e maturata, non sono mai insensibili all’etica.

E qui, e oggi, è proprio l’etica, in pro pria forma esplicita e appropriata, che fa da collante trasversale a una partico lare visione della personalità Leica Ca mera AG, oltre la propria gamma di in terpretazioni fotografiche, per quanto -comunque- da queste abbia origine. A monte di tutto, va sottolineato come la Fotografia definisca il proprio essere autentico linguaggio visivo dal Novecen to, capace di raccontare lo svolgimen to della Vita, gli intrecci delle Esistenze.

Le quattro facciate centrali esemplificano sette punti di vista prospettivamente significativi. Tra parentesi, per queste immagini (e altre, ovviamente), è stato incaricato un fotografo di prestigio e valore: Horst Hamann (1958-), del quale si conoscono precedenti (architettonici) più che eccellenti. Prima di tanto altro, è imposta la menzione dell’ottimo progetto New York Vertical, pubblicato in prima edizione internazionale da teNeues, nel 1997, dopo una prima selezione Edition Quadrat, del precedente 1996: in entrambi i casi, 23x49cm! A seguire, sempre teNeu es ne ha pubblicate altre due versioni in dimensioni ridotte: rispettivamente, 15,5x33cm (1998) e 10,5x22cm (2000). A parte le capacità visuali e interpretative di Horst Hamann, vanno sottolineate le sue inquadrature da negativi originari 6x17cm, che oggigiorno hanno ceduto il passo a un analogo rapporto formale, in acquisi zione digitale di immagini. In altro ritmo, in questa depliantistica Leica Camera AG di suggerimenti in foto grafia d’architettura al Leitz-Park, composizioni meno accelerate. Domanda: di quante Leica M11, questo dépliant sollecita la vendita/acquisto? Zero! Dunque, dovere... etico.

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fotografici (in origine, meccanici), che si possono percepire lungo la strada. Il suono della Vita, che comunica un forte senso di calda partecipazione di autori che hanno scritto capitoli fondamentali e fondanti del nostro Tempo. Da cui, non ha senso, non ha mai avu to senso, quello sterile dibattito che, in cattiva lettura dei princìpi dell’Evoluzione (anche del Sapiens), ha deviato le consi derazioni verso presunte negatività dei cambiamenti, come se non si fosse co scienti che il Tempo va avanti, sempre avanti, con o senza di noi. Le trasforma zioni sono un fatto naturale, alla fine non le si possono impedire. Con ciò, è anche pur vero che pochi -in realtà- li accetta no. Non è mai accaduto e non succederà neppure in futuro. IO SONO! Volendo intenderla in questo modo (Leica: Io sono Fotografia / Io sono Leggenda), possiamo perfino individuare un momen to preciso: quando tutto questo è comin ciato. Photokina Duemiladodici, dove, in vece del solo consueto palcoscenico tec nico-commerciale, Leica Camera avviò il proprio allineamento con la Storia, non tanto della Fotografia (entro la quale ha comunque agito), ma del Mondo. In quei giorni di autunno, a Colonia, in Germania, in occasione di un appun tamento fotografico planetario ancora denso e significante, Leica Camera allestì giorno- esprime l’intrepida personalità aziendale Leica Camera, in chiave ad dirittura etica, è giocoforza riprendere un concetto sovrastante: «in genere, gli scienziati nutrono un onesto interesse per i fatti e la verità o, quantomeno, un senso di curiosità innata». La questione è subito rivelata: alla lu ce della mutevole realtà attuale, è anco ra possibile intendere una sola Fotogra fia ? Oppure, come ci pare più sensato, non è il caso di registrarne personalità diverse e proprie e autonome, ciascuna delle quali l’intende in modo personale?

Però, in altra veste -semplicemente giornalistica-, non pos siamo coprire, né ignorare, un pensiero individuale più che le cito: cosa significa la leadership Leica M11 nella categoria Best Rangefinder Camera, Miglior macchina fotografica a teleme tro? Ce n’è forse stata un’altra, in competizione? Da una parte, l’accreditata e autorevole TIPA è più che legittimata nella pro pria attribuzione; dall’altra, un giornalismo garantito e indubi tabile è autorizzato a rimproverarne una certa paura d’azione.

AGCameraLeica

Per quanto TIPA senta l’obbligo di protocollare qualità e raf finati indirizzi tecnici, laddove il pubblico individua soltanto “macchine fotografiche”, non possiamo ignorare l’influenza e autorità teoriche delle sue indicazioni. Ci sembra che l’attualità di queste considerazioni non sia affatto intellettuale, non sia affatto vaga, ma sia tangibilmente presente in un momento nel quale troppe influenze esterne ed estranee stanno compromettendo il cammino commer ciale della fotografia attuale. Da cui, in nostra opinione, se è il caso di riconoscere la Leica M11 (e lo è, proprio!), a scelta: Best Full Frame Expert Camera, Best Full Frame Professio nal Camera, Best Mirrorless Camera. Oppure, più drastica mente: Best Camera tout court ! Ufficialmente, Leica M11: Best Rangefinder Camera ai TIPA World Awards 2022. La motivazione: «Nella e con la Leica M11, il design tradizionale incontra la tecnologia avanzata. Adatto a un telemetro, c’è un mirino ottico che incorpora la compen sazione automatica del parallasse con linee del fotogramma / file, oltre a un brillante display LCD touchscreen posterio re da 2,95 pollici. Sebbene la giuria di TIPA abbia ammirato la semplicità e l’eleganza del design, è rimasta molto colpita dal sensore CMOS BSI Full Frame da sessanta Megapixel, che consente la tecnologia a tripla risoluzione; da cui, un proces so di binning dei pixel che offre una scelta tra tre modalità di acquisizione in gamma dinamica/risoluzione. Colore a 14bit e tutti i pixel disponibili dal sensore. Un nuovo processore Ma estro III offre una gamma nativa di sensibilità equivalenti da 64 a 50.000 Iso; inoltre, può fornire un rapido avanzamento fino a 4,5 fotogrammi al secondo, con un’opzione di ottura tore elettronico per tempi rapidi fino a 1/16.000 di secondo». In ripetizione d’obbligo, Leica-con-noi. La Fotografia che proviene dal lungo e affascinante cammino del proprio lin guaggio, la Fotografia inviolabilmente tale, la Fotografia che non dipende da sovrastrutture effimere e transitorie... que sta Fotografia è altro. È se stessa, e continua e continuerà ad esserlo, con tragitto autosufficiente rispetto qualsivoglia altra personalità si affacci accanto alla sua ribalta, anche car pendone alcuni dei suoi tratti peculiari: quelli della sola ap parenza, non certo quelli autenticamente distintivi. Non può essere diversamente, perché il nostro cammino, fino all’attualità dei nostri giorni, è stato lungo, ma non fa ticoso: ci è bastato mettere un piede davanti all’altro. Come dal finestrino di un treno, il paesaggio al di là è cambiato così lentamente, da sembrare immutato; ciononostante, a questo punto del viaggio, risulta così diverso da quello inizia le. Allo stesso momento nel quale è anche e ancora uguale. Curiosamente, in sguardo zenitale sul mercato, una rilevazio ne si innalza sopra tutte: tra i marchi oggi protagonisti, Leica è anagraficamente il più antico, forte di una presenza tecni co-commerciale centenaria. Ed è l’unico... etico. Per quanto!

42 TIPA WORLD AWARD 2022 PER QUANTO, LEICA M11

Non intendiamo rivelare alcun dietro-le-quinte relativo al la sessione giudicatrice con la quale i rappresentanti delle ventisei riviste fotografiche del mondo riunite nel cartello TIPA (Technical Image Press Association) hanno assegnato i propri World Awards 2022. Non intendiamo farlo per mille e mille motivi, tutti facilmente intuibili.

In un proprio dépliant promozionale della metà degli anni Cinquanta, in avvio di sistema M con innesto a baionetta degli obiettivi intercambiabili e mirino com prensivo della scomposizione del telemetro di messa a fuoco (e fu questa la no ta distintiva dell’evoluzione: “M”, dal tedesco Messucher, ovvero telemetro), Leica si fece onore di visualizzare una serie di propri apparecchi fotografici illustrati in copertine di periodici internazionali; altri tanti (e di più) sono arrivati negli anni a seguire. Lo certifichiamo e assicuriamo con cognizione di causa. In quel lontano opuscolo, tra queste raffigurazioni spicca(va) la copertina del settimanale Life, del 26 novembre 1951, con una Leica IIIc con Summitar 5cm f/2 rientrante, impugnata per l’inquadratura verticale, se vogliamo autentico sog getto principale della rappresentazione. Apparecchio Leica a parte, oppure ap parecchio Leica (convenientemente) compreso, questo numero di Life è sostan zialmente particolare, tanto da poter essere conteggiato tra quelli epocali della nobile e influente testata fotogiornalistica, che proprio nell’occasione certificò la propria circolazione di cinque milioni di copie abbondanti (più di 5.200.000 copie!).

Oltre a precisare il soggetto in copertina (Regina Fisher), viene certificata l’edi zione del quindicesimo anniversario, conteggiato dal fatidico Numero Uno, del 23 novembre 1936, con copertina di Margareth Bourke-White. Ancora, in traduzione: «Trentadue pagine di immagini premiate al Concorso per giovani fotografi [fotografi giovani]». Già... proprio di questo si tratta. E il casellario si impone, giusto ancora oggi, quando le rispettive vicende hanno calcato la Storia. Incontriamoli.

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Dunque, si lasci pure che l’idea foto grafica venga anche declinata altrove e altrimenti. Si prenda atto che oggigiorno esistono e si manifestano anche appli cazioni dell’immagine (in forma ogget tivamente fotografica) che esulano dai princìpi originari della fotografia canoni ca, dal proprio lessico implicito ed espli cito e persino dalla sua Storia. Si accetti di buon grado che la Fotografia non ap partenga più e soltanto a suoi convinti e consapevoli interpreti. Ma! Ma! Ma, la Fotografia che proviene dal lungo e affascinante cammino del pro prio linguaggio (dalle origini, nel 1839, ai giorni nostri), la Fotografia inviolabilmen te tale, la Fotografia che non dipende da sovrastrutture effimere e transitorie... questa Fotografia è altro. È se stessa, e continua e continuerà ad esserlo, con tragitto autosufficiente rispetto qualsi voglia altra personalità si affacci accan to alla sua ribalta, anche carpendone al cuni dei suoi tratti peculiari: quelli della

Infatti, all’indomani della rivoluzione di gitale (evoluzione?) -non soltanto foto grafica, in senso stretto-, la definizione Fotografia (coniata nel 1839 da sir John Frederick William Herschel, che combinò i termini greci Phos / luce e Grapho / scrit tura, per unificare tra loro l’eliografia di Joseph Nicéphore Niépce, il dagherro tipo di Louis Jacques Mandé Daguerre e il disegno fotogenico di William Henry Fox Talbot, offrendo una casa comune entro la quale convivere), la definizione Fotografia, da capo, comprende oggi ap plicazioni e utilizzi disparati, che spesso hanno poco in comune tra loro. Ammesso e non concesso che anco ra se ne declini la definizione ufficiale, ciò che è Fotografia per i giovani nativi digitali di Facebook e social in parata non è la Fotografia che racconta le vi cende del Mondo. Ancora, ciò che è Fo tografia nel senso di serena e avvincen te fotoricordo non è la Fotografia della moda e pubblicità, e, men che meno, della progettualità espressiva. In tutto questo, con personalità peren toria, l’affermazione di princìpio di Leica è assoluta e inderogabile: Io sono Foto grafia ; io ho contribuito a scrivere capitoli fondamentali della sua Storia evolutiva, che a propria volta si sono proiettati an che in capitoli altrettanto capitali e no dali della Storia del mondo contempora neo. Nello spirito che ci è particolarmen te caro del come e quanto la Fotografia influenzi e abbia influenzato la Vita, il fotogiornalismo del Novecento è stato scritto in punta di Leica (soprattutto!).

Picture Story Division : Primo premio, Dennis Stock (1928-2010), la cui fama pub blica è legata a doppio filo all’amicizia con l’attore James Dean [da cui, anche il recente film Life, di Anton Corbijn, del 2015, appositamente sceneggiato; con Ro bert Pattinson nella parte del fotografo] e, anche, al celebre ritratto-icona The Pho tojournalist, di Andreas Feininger, dello stesso 1951, del quale è soggetto [anche lui con Leica impugnata per l’inquadratura verticale, ancora IIIc, ancora con Summitar 5cm f/2 rientrante, e ampio mirino esterno di inquadratura]; secondo premio, Elliott Erwitt (1928-), uno dei grandi del secondo Novecento; terzo premio, Esther Bubley (1921-1998), meno riconosciuta, ma altrettanto presente, impegnata soprattutto con agenzie del governo statunitense; quarto premio, Alfred Gescheidt (1926-2012), i cui fotomontaggi hanno attraversato la fotografia commerciale e pubblicitaria america na; quinto premio, Regina Fisher (1928-2021), con suo ritratto in copertina di questa edizione di Life, eccellente street photographer della lunga stagione statunitense. Individual Picture Division : primo premio, Carroll Seghers II (1924-2004), foto grafo di spicco della rivoluzione fotografica creativa negli anni Sessanta e Settanta, ha realizzato consistenti campagne pubblicitarie di quegli anni (tra i clienti, anche Eastman Kodak Company); secondo premio, Robert Frank (1924-2019), per il quale non aggiungiamo nulla a quanto ciascuno dovrebbe sapere; terzo premio, Ruth Orkin (1921-1985), una delle perle del fotogiornalismo internazionale del secondo Novecento; quarto premio, Louis Stettner (1922-2016), la cui fotografia della vita nel proprio svolgersi si è basata su un filtro di intensa umanità; quinto premio, John Goeller, del quale si sono perse le tracce (se non che, viene ricordato nella biogra fia Vivian Maier: A Photographer’s Life and Afterlife, di Pamela Bannos, del 2017).

MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

Di Frank Dabba Smith; 2010.

LA FOTOGRAFIA LEICA Se, fino a qualche stagione fa, si è potuto identificare come “Leica” una fotografia composta con garbo e riflessione, di sog getti avvicinati quasi in punta di piedi, inquadrati con la solennità e delicatez za del mirino esterno (con inviolabile ac coppiamento alla messa a fuoco a tele metro), all’indomani del balzo in avanti ideologico dell’attualità aziendale Leica, dobbiamo aggiungere altro ancora.

44 sola apparenza, non certo quelli auten ticamente distintivi. Non può essere di versamente, perché il nostro cammino, fino all’attualità dei nostri giorni, è stato lungo, ma non faticoso: ci è bastato met tere un piede davanti all’altro. Come dal finestrino di un treno, il paesaggio al di là è cambiato così lentamente, da sem brare immutato; ciononostante, a questo punto del viaggio, risulta così diverso da quello iniziale. Allo stesso momento nel quale è anche e ancora uguale.

Negli stessi anni Trenta, la figlia Elsie Kühn-Leitz (1903-1985) aiutava le donne-prigioniere inviate ai lavori forzati in fabbrica, fornendo loro cibo e generi di conforto. Addirittura, nel 1943, fu incarcerata per questo suo impegno. Ancora in testimonianza dello stesso Frank Dabba Smith: Elsie’s War. A Story of Courage in Nazi Germany, del 2005, in edizione di dimensioni generose, ampiamente illustrata. Con introduzione di Henri Cartier-Bresson!

Entrambe queste vicende sono raccontate anche con parole e illustrazioni rivolte all’infan zia: Dr. Ernst Leitz II and the Leica Train to Freedom. Defying the Nazis with a Camera (Dr. Ernst Leitz II e il treno Leica della libertà. Sfidando il nazismo con una macchina fotografica), delle sorelle Taylor e Samantha Beitzel, del 2015. Titolo della collana Holocaust Series Book, delle edizioni A Book by Me, il libro racconta a proprio modo come Ernst Leitz II e sua figlia Elsie Kühn-Leitz abbiano salvato dallo sterminio centinaia di propri impiegati ebrei e foto negozianti ebrei tedeschi (da cui, si è soliti richiamare il parallelo con Oskar Schindler, reso celebre dal film di Steven Spielberg, del 1993).

WerkstättenLeica

Sì, certo, ammesso e concesso che esi ste (ancora!) una imperterrita Fotogra fia Leica, definita dai connotati appena richiamati, esiste ora un’altra Fotografia Leica che attraversa con piglio deciso e consapevole la Storia della stessa Foto grafia e del Mondo. Entrambe queste Fotografia Leica sono realizzate e inter pretate da autori capaci di raccontare la vita nel proprio svolgersi, capaci di tra smettere emozioni e sentimenti, capa ci di cogliere quell’attimo decisivo che Henri Cartier-Bresson (inviolabile testi monial Leica, mancato il 3 agosto 2004, ricordato e celebrato da Le Monde come L’occhio del secolo e da Il Manifesto co me Lo scatto del secolo) ha motivato e teorizzato fin dalla sua epocale raccolta fotografica originaria.

The Decisive Moment : «Nella fotografia esiste un nuovo genere di plasticità pro dotta dalle linee istantanee, composte dai movimenti del soggetto. Noi lavo riamo all’unisono con il movimento, co me se fosse un presentimento del modo in cui si svolge la vita. Ma all’interno del movimento esiste un momento in cui gli elementi dinamici si equilibrano. La fotografia deve fissare questo istante e mantenerne immobile l’equilibrio. L’oc chio del fotografo deve sempre vagliare [...]. Avvicinando o allontanando la mac china fotografica dal soggetto, estrae un dettaglio che può essere subordinato, o che, a propria volta, può invece oppri merlo. [...] Aspettate e aspettate, e allora finalmente scattate: ve ne andate con la sensazione (sebbene non sappiate per ché) di aver realmente realizzato qual cosa. [...] Se l’otturatore ha scattato nel momento decisivo, avete istintivamente fissato uno schema geometrico, senza il quale la fotografia sarebbe risultata in forme e senza vita». Già: il coraggio di Ernst; la sua lungimiranza sociale, radice fertile di un pensiero etico che ancora oggi caratterizza e definisce l’identità aziendale Leica. Ecco qui la nobile vicenda del produttore tedesco di apparecchi fotografici (e ottica di pre cisione) Ernst Leitz II (1871-1956), e famiglia, che -dal 1933 di salita al potere di Hitler- ha messo in salvo circa trecento propri dipendenti di religione ebraica e negozianti e amici, trasferen doli all’estero, allontanandoli dalle persecuzioni naziste.

Questa storia è raccontata dal rabbino Frank Dabba Smith (1955-) in Ernst Leitz of Wetzlar: Helping the Persecuted, del 2010. Nel 2007, a Ernst Leitz II -il cui motto fu “Dire poco, fare mol to” (!)- è stato conferito il riconoscimento Courage to Care Award (19 febbraio 2007), riservato ai protettori e soccorritori di ebrei durante l’Olocausto.

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Da Images à la Sauvette, del 1952, con edizione statunitense coeva e coincidente

Commercializzata attra verso Leica Store selezio nati, addiritturasofiapiceLeicaattualeubicati,convenientementeinbasealnostroPensiero,lalineaWatchesprimel’aeapoteosidellafilotecnicadell’azienda,inlettura

eti ca. A differenza delle do tazioni fotografiche, che possono vantare preroga tive proprie, quanto può essere più efficace/preci so un orologio Leica? (!). «Il look è stato ispirato dal professor Achim Hei ne, che -avendo disegna to per anni una varietà e quantità di prodotti Leica- ha una meralesorveglianzasidente(Andreascìpicomprensioneprofondadeiprinesteticidell’azienda»Kaufmann,PredelconsigliodieprincipaazionistadiLeicaCaAG,Wetzlar).

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Quante-tante Leica d’oro, celebrative e commemo rative, lungo il cammino di una storia fotografica centenaria che ha del sor prendente! Ne registria mo una in più, estranea al consueto racconto antiquario: quella che sta al nostro polso. Piccina-pic cina per proprie dimen sioni (12,7x8mm), è ec cellente per manifattura. È nata sui singolari ban chetti di lavoro di Giolina e Angelo (via Solferino 22a, a Milano, accanto la reda zione del Corriere della Sera), ed è personalizzata “MR”. Il suo valore non è solo materiale e tangibile, come pure è (forse, certa mente), ma dipende e si basa sulla filosofia di ge nerosità e partecipazione che definisce la persona lità di Angelo Mereu... an che abile fotografo.

Di Frank Dabba Smith (con introduzione di Henri Cartier-Bresson); 2005. Di Taylor Beitzel, illustrazioni di Samantha Beitzel; 2015. 12,7mm Leica M? di Giolina e Angelo personalizzata MR 8mm

Al culmine di tanti segni, di numerose circostanze presto riconosciute, l’attuali tà aziendale Leica Camera AG esprime tutta la propria filosofia con l’autorevo le saggezza della sua dimora a Wetzlar, dove la sede è tornata nel Duemilaquat tordici, in centenario di date, ai confini della cittadina che ne ha stabilito i passi ottici, prima, e fotografici, a seguire: Op tischen Institut von Ernst Leitz, dal 1870, sulla base dell’originario Optical Institu te Kellner (e Belthle), quando il giovane Ernst Leitz (1843-1920), prima socio, ne divenne unico proprietario, alla morte di Friedrich Quest’areaBelthle.èidentificata Leitz-Park. In origine, solo sede amministrativa, con raf finate isole produttive di alto lignaggio. Ora, a distanza di otto anni, il Leitz-Park si propone e offre come «luogo esclusi vo, entro il quale gli appassionati Leica, gli amanti della fotografia e gli ospiti di tutto il mondo possono esplorare l’uni verso del marchio, e trovare ispirazione nelle innumerevoli e affascinanti sfac cettature della fotografia Leica».

In semplificazione: «A volte c’è un’unica immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e una tale ricchezza, e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa, che questa singola immagine è in sé un’intera narrazione». È il momento decisivo, che Henri Cartier-Bresson ha fatto proprio, riprendendo un pensie ro del Cardinale di Retz (Jean-François Paul de Gondi; 1613-1679): «Non vi è al cunché a questo mondo che non abbia un momento decisivo». Da cui, anche una responsabilità, più che etica, perfino morale: la Fotografia, questa Fotografia, fissa indelebilmente nel Tempo istanti di Esistenza che avreb bero dovuto (potuto?) restare effimeri. Adesso, nonostante quanto di terribile accade ancora attorno a noi, nel nostro quotidiano, viviamo un esaltante perio do di grande sicurezza e potere (in noi stessi, perfino). Siamo tutti prodotti di quest’epoca, per quanto qualcuno sappia di non farne parte (noi, tra i tanti). Proba bilmente, c’è anche chi prova nostalgia per qualcosa che non ha mai sperimen tato. Comunque, questa strada diritta, che attraversa da nord a sud, e vicever sa, ma anche da est a ovest, altrettanto e viceversa, è baciata da un sole splen dente, tanto che l’aria è sempre calda. Abbiamo chilometri alle spalle e chilo metri davanti, e molto tempo a disposi zione. Qualcuno ha ben poche esigenze e nessuna ambizione (per esempio, noi).

MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

Costoro si sentono sempre bene, qual siasi cosa possa succedere più in là. Del resto, non abbiamo scelta: dovremo tro varci bene per forza. ETICA! Inseguendo la Vita (non soltanto la no stra), come l’avessimo sempre capita. Come qualcosa capito per sempre.

46 Questo va detto. Questo va rilevato. Que sto va rivelato. Personalmente, siamo te stimoni del fatto che c’è stato un tempo “fotografico” durante il quale, equamente distribuite lungo tutta la filiera, le reddi tività di impresa erano così confortanti da consentire a ciascuno investimenti finanziari oltre lo stretto indispensabile alla sola e semplice promozione del pro dotto in quanto tale. Per conseguenza, sono state realizzate campagne pubblici tarie affidate a professionisti di spessore, che hanno lasciato traccia nella cultura visiva. Per altrettanto effetto, sono state promosse iniziative editoriali di rango e qualità, non fossero altro -sia il rango, sia la qualità- che in relazione all’ambito di appartenenza: la Fotografia. In base a legittimi conteggi finanziari, oltre la sola e semplice redditività di im presa, ci sono state aziende che hanno agito a favore e in merito del proprio am bito di riferimento e anche oltre. Senza alcun timore per l’uso di certi termini, in chiave etica è quanto sta oggi facendo L’imponente immobile originario è stato affiancato da edifici che ospitano altre suddivisioni operative, in minimo comun denominatore: Ernst Leitz Werk stätten (laboratori), per la divisione oro logi; Leitz Cine Wetzlar, esplicito; Leica Welt (Mondo), con il Museo, un’ampia sede espositiva per mostre di prestigio e valore, shop commerciale, bookstore e archivi aziendali (uno di prodotti; l’altro di documenti). Ancora: su tutto si allun ga l’elegante Ernst Leitz Hotel. Ovvero: passi commerciali e tempi in accompagnamento. Tessere di un mo saico: spesso, si tende a minimizzare le piccole cose, ma alla fine ci arrivano ad dosso così numerose e rapide che ci si rende conto che una valanga è fatta pro prio di piccole cose. Di fiocchi di neve, giusto? Più piccole di così non diventa no. E d’un tratto si capisce che le piccole cose sono in realtà grandi cose. Da cui, si impone una nostra riflessio ne, in divulgazione d’obbligo, oltre che anagraficamente motivata (âgé?).

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Leica in filatelia, compli ce (involontaria?) Elizabeth II, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e de gli altri reami del Com monwealth, recentemente celebrata per la monarchia più longe va (per esempio, Saint Kitts, 26 maggio 2016). A sinistra, dall’alto al bas so, fogli Souvenir per gli ottant’anni (Solomon Islands, Ascension Island e Pitcain Island; 21 aprile 2006), con la medesima immagine in francobollo o evocazione... Leica M3. Quindi, stessa (?) Leica M3 sui due valori britan nici da 17p e 34p per il sessantesimo comple anno, del 21 aprile 1986.

47 ancora Leica (in beata solitudine... foto grafica), che accompagna le proprie ec cellenze produttive con visioni fotografi che svincolate da quanto possa apparire superficialmente conveniente: stentare sui prezzi di vendita, per edificare com petizione soltanto sui denari, è pratica indegna per qualsivoglia concetto indu striale di capitalismo. Ovvero, non soddi sfa che il solo presente effimero, senza lasciare traccia del nostro passaggio sulla Terra: il rispetto alla Creazione, qualsia si questa sia stata, e indipendentemen te da approcci di Fede, esige ben altro. Se questa non è etica (per quanto, “del capitalismo”, in abbattimento di ossimo ro), diteci voi, allora, cos’altro è! Ancora oggi, Leica Camera AG inter preta un esercizio di impresa che non si conclude con le sole banconote contate ogni sera nel cassetto di cassa. Da cui, unica nel proprio cammino fotografico, esprime un Valore con il quale è doveroso confrontarsi. Non tanto per preferire un apparecchio fotografico Leica a uno di altra produzione, ma per dialogare con un interlocutore cosciente di propri do veri, consapevole di propri obblighi e re sponsabile oltre il solo quotidiano. Sia in personalità produttrice, sia in in terpretazione più ampia, si tratta di un’e tica che non ammette compromessi. A questo proposito, richiamiamo un pensie ro espresso dallo scrittore, filosofo, critico d’arte e poliedrico intellettuale inglese dell’era vittoriana John Ruskin (1819-1900), curiosamente anche abile dagherrotipi sta [I dagherrotipi della collezione Ru skin; Venezia, 1986]: «Tutti i lavori di quali tà devono avere un prezzo proporziona to all’abilità, al tempo, al costo e ai rischi inerenti la propria preparazione. I buo ni prodotti non si ottengono mediante compromessi o attraverso modificazioni, e non si possono realizzare con piccola spesa. Qualunque sia il procedimento usato per la loro fabbricazione [creazio ne!], fruttano all’artefice assai meno di quelle cosiddette “a buon mercato”». Perfino, in senso etico. ■ ■

Quindi: Leica 0 (Microne sia; 13 marzo 2000); pseu do-Leica M3 da shopping bag; Leica M3 tra le ma ni dell’attore Lee Marvin (Grenada Carriacou & Petite Martinique, per i cinquant’anni del Berlin International Film Fe stival ; 13 maggio 2000).

Il 30 giugno 1978, di pri mo giorno di emissione del francobollo italiano dell’Informazione foto grafica, Ippolito Catta neo SpA, editò una carto lina personalizzata: qui, in ulteriore esclusività per i quarant’anni di Federico Forti, interista a Roma, con annullo 15 ottobre 2021 (di compleanno) e 30 luglio 2021 (di scudet to 2020-2021).

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In due tempi redazionali autonomi, ma conseguenti e collega ti (questo è il primo, in forma di portfolio), presentazione e considerazioni sul progetto fotografico che l’autorevole e ta lentuoso Valter Bernardeschi ha realizzato condividendo -in altrettanti due propri tempi- momenti di propria vita con i Nenets (ненэй ненэче, traslitterato in nenəj nenəče / нен цы, traslitterato in nentsy ), gruppo etnico samoiedo originario della Russia artica settentrionale, nell’estremo nord del paese. A parte le condizioni climatiche estreme di Vita, oggi, meno di cin quantamila persone affrontano tremende sfide da parte dell’in differenza dello Stato e di sprezzanti compagnie petrolifere e del gas, che minacciano l’ambiente e il loro modo di vivere. Da questi presupposti, con Edward Steichen (1969, no vantesimo compleanno): «Missione della Fotografia è spiegare l’Uomo all’Uomo, e ogni Uomo a se stesso». Ancora, da e con Susie Linfield (nella profonda rifles sione La luce crudele): «Quale sarebbe la nostra com prensione del mondo se non ci fossero le fotografie?». Per nostro conto: cosa attira la nostra attenzione foto grafica? Parecchi elementi; nessuno dei quali è signifi cativo di per sé, ma tutti sommati hanno ed esprimono senso

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NENETSVALTERBERNARDESCHI

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50 di Lello Piazza Valter Bernardeschi è un eccellente fotografo naturalista. Vivendo in Italia, dove non esiste un vero mercato editoria le per questa specializzazione professionale, non mangia con la fotografia. Quindi, tecnicamente, non lo si potrebbe definire “professionista”, anche se sotto il profilo creativo, tecnico, scientifico e deontologico, le sue doti sono identi che a quelle dei grandi fotografi naturalisti stranieri. Foto grafi “esotici” che -a sua differenza- riescono a vivere di fo tografia, perché il mercato giornalistico e fotogiornalistico dei e dai loro paesi lo consente. Come fotografo naturalista, Valter Bernardeschi è sui generis Infatti, la stragrande maggioranza dei fotografi naturalisti si trova a proprio agio con orsi, scarabei e serpenti, ma -se chie dete loro di fotografare un umano- li intravedrete a disagio, ne percepirete l’imbarazzo. Invece, Valter Bernardeschi no. Lavoro con lui da molti anni. Ci siamo conosciuti durante la cerimonia di premiazione della quarantanovesima edizio ne del Wildlife Photographer of the Year, tenutasi il 15 otto bre 2013, al Natural History Museum, di Londra. In quell’oc casione, la sua fotografia Fishing fu segnalata come degna di attenzione, nella categoria Behaviour: Mammals, dalla

Ciao, chi sei?, piacere, non conoscevo il tuo lavoro, bello scatto... i convenevoli di rito. Da allora, si è lavorato tanto insieme. Il primo lavoro di Val ter Bernardeschi pubblicato su Bell’Europa fu dedicato al la volpe azzurra. Non si trattò di una serie banale, di quelle -magari, anche formalmente bellissime- dedicate ad animali totemici, come lo sono orsi, ghiottoni, lupi; e, sì, anche volpi, ma realizzate da capanni di appostamento predisposti, da dove diventa anche facile (?) fotografare animali difficili, at tirati a portata di teleobiettivo con cibo per loro irresistibile. (continua a pagina 56)

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giuria internazionale (della quale, quell’anno, feci parte). La fotografia raffigura un orso grizzly (chiamato anche sem plicemente grizzly, oppure orso grigio [Ursus arctos horribi lis]), una delle più note e diffuse sottospecie dell’orso bruno, sorpreso lungo un corso d’acqua della Kamčatka, in Siberia, che scuoteva violentemente a destra e a manca un salmone appena pescato, con le uova arancioni che schizzavano da ogni parte fuori dalla pancia della sventurata preda. Eravamo lì, sotto quella fotografia che enunciava come e quanto fosse ben pronunciata la massima di Woody Allen, secondo il quale «la natura è un enorme ristorante».

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56 Per la volpe azzurra, si è dovuto fare campo su una landa desolata nel Vestfirðir (Vestfjorrd / Fiordi dell’ovest), nell’I slanda nord occidentale. Il sancta sanctorum della regione è costituito dalla Riserva Naturale di Hornstrandir. Non esi stono strade. L’unico mezzo per arrivarci, da Ísafjörður, è una pilotina da pesca, che ci impiega circa due ore e mezzo di viaggio. Può anche capitare che -al momento del ritorno- il mare sia in tempesta, con onde alte sei metri. E, allora, de vono ripescarti con un aeroplanino in grado di atterrare su una spiaggia o con l’elicottero...

Le volpi non sono particolarmente timide, ma è necessa rio farsi accettare, addomesticarle. E così ha fatto Valter Ber nardeschi, proprio come racconta Antoine de Saint-Exupéry, nel Piccolo Principe: «In quel momento apparve la volpe. / “Buon giorno”, disse la volpe. [...] / “Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe [...]. / “Non posso giocare con te”, disse la volpe, “Non sono addomesticata”».

Le fotografie di Valter Bernardeschi mostra(ro)no che l’ad domesticamento delle volpi islandesi aveva avuto successo. Poi, a seguire, pubblicammo una storia sulle paludi di Smir ne, un vero paradiso degli uccelli, nascosto sulle coste tur (continua da pagina 51)

57 che affacciate sul Mar Egeo, certamente più facile (?) della precedente vicenda della volpe azzurra. Quindi, alla fine del Duemilaventuno, ho avvicinato il pro getto di Valter Bernardeschi sui Nenets, dedicato agli umani, a una popolazione, a un gruppo etnico originario della Rus sia artica settentrionale, all’estremo nord del paese. Dei Ne nets-soggetto riferisco più avanti, in pagine immediatamente a seguire. Qui e ora, a proposito di questo lavoro, come dei precedenti esclusivamente naturalistici, confermo come e quanto mi abbia impressionato la perfezione dell’esposizio ne, l’equilibrio dei colori, la morbidezza del contrasto. E, poi, la completezza dei momenti fotografati, in particolare quelli documentati con l’uso sapiente e discreto -ma indispensabi le- del drone, dove c’è il necessario e il sufficiente del tema. Con le immagini realizzate nei suoi due viaggi tra i Ne nets è nata la monografia Essential Life, per certi versi, qui in presentazione, in passerella, pubblicata da Bandecchi & Vivaldi, di Pontedera, in provincia di Pisa, lo scorso marzo (www.bandecchievivaldi.com): 172 pagine 25x21,5cm, carto nato: 35,00 euro (il dieci percento del prezzo di copertina è devoluto in assistenza ai Nenets). A seguire, altre considerazioni... sull’edizione libraria. ■ ■

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Essential Life, di Valter Bernardeschi; Bandecchi & Vivaldi, (www.bandec chievivaldi.com), 2022; bilingue, in italiano e inglese (traduzione di Dou glas Macrae Brown); 172 pagine 25x21,5cm, cartonato: 35,00 euro (il die ci percento del prezzo di copertina è devoluto in assistenza ai Nenets).

Il viaggio tra

Secondo tempo redazionale autonomo, ma conseguente e collegato al primo/preceden te (in forma di portfolio). Dopo la presentazione, considerazioni sul progetto fotografico che l’autorevole e talentuoso Valter Bernardeschi ha realizzato condividendo momenti di vita con i Nenets. Ancora: cosa attira la nostra attenzione fotografica? Parecchi elementi; nessuno dei quali è significativo di per sé, ma tutti sommati hanno ed esprimono senso

59 i Nenets

Le renne pascolano sulle colline che chiudono a nord la catena degli Urali. I forti venti artici spazzano le colline dal la neve, portando in superficie i licheni di cui le renne si nutrono. Gli accam pamenti dei pastori, invece, si trovano al riparo dai venti vicino alle aree bo schive. D’inverno non c’è l’orso, ma ci sono ghiottoni e volpi che rappresen tano una minaccia potenziale. Gli ac campamenti sono -però- ben difesi dai fantastici cani Laika di razza Samoiedo. In quell’area, i Nenets, divisi a grup pi di due o tre tende per campo, sono tutti parenti. Sono sparsi nella tundra, ma uniti sotto il nome di una sola gran de famiglia, padrona per diritto di na scita di quei territori. Cariche e pronte per ogni necessità, per ogni stagione, le slitte sono lasciate quasi abbando nate lungo i percorsi della migrazio ne, per chilometri. Ma lì tutto è di tutti. Valter Bernardeschi da Aria, primo capitolo di Essential Life

Valter Bernardeschi inizia a fotografare negli anni Settanta. Affascinato dal mondo degli animali e dalla bellezza dell’am biente naturale, si è de dicato alla Natura, foto grafando in circa qua ranta paesi nel mondo. Le sue fotografie sono state pubblicate sulle più autorevoli riviste di settore, come National Geographic, Bell’Europa, Oasis , Asferico ; e sono state presentate in con sistenti mostre, personali e collettive.Vincitoredi autorevoli premi e 2018,Photo.tograficaprestigiosacollaboranazionaliriconoscimentieinternazionali,daanniconlaagenziafofranceseBiosNel2013enelèstatopremiatoal

Ho condiviso con loro trenta metri qua drati del chum in cui ogni nucleo fami gliare vive, una tenda rimovibile, pali di legno eretti intorno a una stufa e poi ri coperti di pelli di renna. Sono stato ospi te di una famiglia che mi ha offerto con semplicità tutto ciò di cui avevo bisogno. Senza più contatti col mondo, ho risco perto il valore del Tempo: giorni, ore e minuti, che scandiscono il ritmo natu rale di una vita quotidiana libera. Poi, c’è l’allegria dei bambini Nenets nei loro gio chi in mezzo alla neve: contagiosa. Ci si dimentica il freddo e ci si lascia coinvol gere dalla loro gioia di vivere.

60 di Valter Bernardeschi, Lello Piazza e Niccolò Piazza È strana la percezione della perdita dei confini del mondo che ci circon da, quando si è nella tundra artica. I contorni del paesaggio sfumano nel nulla a causa di quella tipica nebbioli na gelida che, a -35°C, inghiotte tutto e dà la sensazione di essere come so spesi in una nuvola bianca. Prima di partire, ero in ansia per le in cognite del viaggio. Mi chiedevo come sarebbe stato affrontare la notte a tem perature così basse. Non sapevo quale sarebbe stata l’alimentazione. Ma -una volta arrivato al campo dei Nenets- ogni ansia è progressivamente sparita. Da una parte, mi sentivo vinto dalla ineludibile sensazione di sentirmi in balìa di una dimensione vasta e selvaggia; dall’al tra, i Nenets mi infondevano sicurezza con la loro solida tranquillità. I Nenets cordiali e generosi, aperti all’amicizia.

Wildlife Photographer of the Year, del Natural Hi story Museum, di Londra. Non solo il mondo ani male. L’interesse per la natura ha indirizzato Valter Bernardeschi an che verso la fotografia di popolazioni indigene, in Africa e nella Tundra Artica siberiana, che vi vono in stretto contatto col mondo naturale. Per questo, vanno ricordati il suo lavoro fotografico The Last Africa, dedicato alle popolazioni dell’Omo River, in Etiopia e Sudan, e l’attuale Essential Life, dedicato ai Nenets, qui e oggi in raddoppiata.presentazione

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Bell’Europa 2022febbraio,

A sud e a est, le acque poco profonde del lunghissimo fiordo creato dal fiume Ob’ (il settimo del mondo per lunghez za e il quarto per estensione del bacino idrografico) separano la penisola dalle propaggini settentrionali degli Urali. A ovest, le coste di Jamal sono bagnate dal Mare di Kara (parte del Mar Glaciale Artico), entro il quale la penisola si pro tende per circa settecento chilometri. Jamal è una vasta pianura di perma frost e torbiere, grande un terzo dell’Italia, battuta da venti polari. La vegetazione è costituita soprattutto di muschio e li cheni, di cui le renne si cibano. Pensan do a questa selvaggia penisola, viene in mente che possono esistere due tipi di viaggio. Il primo, “alla Goethe” (Johann Wolfgang von Goethe [vissuto a Wetzlar, in Germania... Leica], poeta, drammatur go, romanziere, scienziato, statista e cri tico), alla ricerca delle vestigia di gloriose civiltà del passato. Il secondo, “alla Hum boldt” (Alexander von Humboldt, grande scienziato ed esploratore tedesco vissu to tra il Settecento e l’Ottocento), alla ri cerca degli ambienti naturali del mondo e delle strategie di sopravvivenza degli esseri che li abitano. Questo che ci porta dai Nenets è un viaggio del secondo tipo. Attraverso le splendide immagini di Valter Bernardeschi, scopriamo che que sto popolo è custode di una pratica di allevamento millenaria e immutata; una pratica che dovrebbe essere riconosciu ta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’Umanità. Una pratica condivisa so lo coi Saami di Lapponia. Lungo Jamal, dai pascoli estivi del nord a quelli inver nali del sud, dove Valter Bernardeschi li ha incontrati, effettuano migrazioni an nuali di oltre mille chilometri, spostan do avanti e indietro mandrie di renne che paiono gigantesche. In inverno, col terreno innevato, lo spostamento gior naliero può coprire otto-venti chilome tri; mentre in estate, quando le renne faticano a tirare le slitte sull’erba, i chi lometri percorsi vanno da tre a undici. Lello e Niccolò Piazza da Il popolo delle renne, in Bell’Europa, febbraio 2022 ■ «La loro forte identità cul turale è riuscita a farli so pravvivere per dieci seco li in un ambiente molto ostile per l’Uomo, permet tendo loro di superare mi nacce che non vengono solo dalla natura. Il regi me del terrore di Stalin, per esempio, e i tentati vi del regime sovietico di trasformare l’allevamento delle renne in un’azien da di Stato. Alla fine del Ventesimo secolo, sono arrivate altre minacce. Da una parte, il cambiamento climatico, che trasforma il permafrost in una palude impraticabile, causando la sparizione dei piccoli la ghi della tundra, riserve di pesce e di acqua dolce per i Nenets. Dall’altra, la scoperta, sotto i pascoli di Jamal, di enormi gia cimenti di gas, quasi un quarto delle riserve co nosciute del Pianeta. Ol tre al gas, è stato trovato petrolio. Se gli impianti di estrazione, già al lavo ro da anni, interrompes sero le rotte migratorie, i Nenets potrebbero sem plicemente scomparire. Ma queste risorse di Ja mal sembrano destinate a esaurirsi entro la fine del Ventunesimo secolo o anche prima. I Nenets esistono su Jamal da più di mille anni. Se li aiutia mo, siamo sicuri che riu sciranno a superare anche questo secolo».

I Nenets (il loro nome significa Uomini ) sono un popolo nomade di pastori-alle vatori, circa diecimila individui che -in sieme a trecentomila renne semi selva tiche- costituiscono il sistema socio-e cologico Jamal-Nenets. Vivono da più di mille anni nella Russia nordocciden tale, oltre il Circolo Polare Artico, sulla penisola di Jamal (che vuol dire “fine del mondo”, nella lingua dei Nenets).

Un paese che fraintende il senso e valore della demo crazia, circoscrivendone i connotati alla possibilità di esprimersi periodicamente con il voto, senza rispettar ne i sacrosanti princìpi di corretto e coerente rapporto Stato-Cittadino, merita la classe politica che oggigiorno lo sta rappresentando (tra l’altro, anche scomposta, cialtrona e priva di qualsiasi eleganza). In coincidenza di intenti, noi Cittadini dobbiamo subire soprusi quotidiani che contraddicono e sminuiscono la nostra esistenza di tutti i giorni, giorno per giorno. Spesso, si tende a ridimensionare le piccole cose, ma alla fine ci arrivano addosso così numerose e rapide che ci si rende conto che una valanga è fatta proprio di piccole cose. Di fiocchi di neve, giusto? Più piccole di così non diventano. E d’un tratto si capisce che le piccole cose sono in realtà grandi cose. Calpestando e umiliando i diritti dell’accreditato fotogiornalista Tony Gentile, una volta ancora, lo Stato italiano, il nostro Stato (!), ha rivelato la propria natura: pa role di circostanza («difesa della legalità e rispetto delle istituzioni») e comportamenti diametralmente opposti

In allineamento, il fotogiornalista Tony Gentile (1964-) è... nomen omen. Ovve ro, in traduzione plausibile: il nome è un presagio. Infatti, è persona più che gentile: di suo, non necessariamente in onore e dipendenza dal proprio cogno me. Così che, come altri che conoscia mo, è addirittura probabile che -alla fine della giornata- verrà anche punito per la sua gentilezza. Del resto, in cronaca di accadimenti, è già stato abbondan temente ferito nella propria professio nalità fotogiornalistica. Una sua fotografia, assunta a icona e simbolo di un certo nostro Tempo, il ritratto dei magistrati Giovanni Falco ne e Paolo Borsellino -entrambi ucci si dalla mafia, nel 1992 (trent’anni fa), a poche settimane uno dall’altro (venti tré maggio e diciannove luglio)-, viene ampiamente usata e abusata senza che gli venga riconosciuta alcuna paterni tà e nessun sacrosanto diritto d’autore.

POVERA ITALIA

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di Maurizio Rebuzzini In anticipo su altre rivelazioni, che qui non interessano, per quanto siano di profondità fotografica assoluta -ma non importa-, in La solitudine del satiro (Riz zoli Editore, 1973; e Adelphi, dal 1996), Ennio Flaiano annota che «Queste af finità semantiche tra i personaggi e i loro nomi facevano la disperazione di Flaubert, che ci mise due anni a trovare il nome di Madame Bovary, Emma.[...] I nomi hanno un loro destino».

(www.flash-mob.org)IoLavoroConLaFotografia

MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

Quando questo accade in ambiti “le gittimi” (si fa per dire), laddove il ritratto è elevato a simbolo di intenzioni politiche e sociali innovatrici, si potrebbe anche soprassedere, forse. Lui, Tony Gentile, lo fa in onore e merito a comportamenti sociali nobili; noi ci allineiamo. Ma, attenzione, non si tratta soltanto di questo! La vicenda che stiamo per ri ferire, con commenti dovuti (osservare, piuttosto che giudicare e pensare, in vece di credere), è ben altra. Se voglia mo è episodio tutto italiano: paese nel quale si urla contro, previo poi applica re linee di comportamento analoghe a quelleAnticipatarimproverate.nellesettimane a cavallo del Duemilaventidue, con relativo avvio di speculazioni sottotraccia, magari dirette e pilotate dai protagonisti, lo scorso di ciassette maggio, in moderato anticipo di trentennale, il Poligrafico e Zecca del lo Stato (azienda che supponiamo pub blica, sperando che il conio di valuta e monete non venga demandato ad altri) ha ufficializzato l’emissione della mone ta commemorativa dedicata ai giudici (Giovanni) Falcone e (Paolo) Borsellino, nel trentesimo anniversario dalla scom parsa. È una moneta da due euro, a cor so legale in tutti gli Stati membri dell’U nione Europea e circolazione ordinaria, coniata per ricordare il sacrificio dei due magistrati nella lotta alla mafia. Ancora dalle note ufficiali, anche in for ma di comunicato stampa: «La moneta, emessa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stata realizzata dall’ar tista della Zecca italiana Valerio De Seta, che ha reso nell’opera, ispirata [?!] a una famosa fotografia di Tony Gentile, un’im magine realistica e quanto mai vivida dei due magistrati, simboli della difesa della legalità e del rispetto delle istituzioni».

Ha disatteso unilateralmente un ac cordo preventivo -già negoziato-, per un compenso formale e simbolico (se riveliamo la cifra, c’è da impallidire, pri ma di indignarsi [Indignatevi!, da e con Stéphane Hessel; su questo stesso nume ro, a pagina 24]), peraltro da devolvere in beneficenza! Motivazione ufficiosa, mai ufficializzata: data la sua presenza nel palermitana, dove viveva la madre del magistrato antimafia, in visita. Anche qui, altre vittime; cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Wal ter Eddie Cosina, Claudio Traina e Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta di Stato; prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio).

Già: legalità e rispetto delle istituzio ni. Se non che, lo stesso Ministero, per bocca della Zecca dello Stato, non ha riconosciuto alcun diritto d’autore al fo tografo (Tony Gentile), per un conio in tre milioni di esemplari (per un valore complessivo di sei milioni di euro), esau riti in un lampo... ovviamente finiti nel vortice delle speculazioni numismatiche.

65

Questa emissione filatelica richiama il ritratto dei due magistrati accreditato a Tony Gentile. Ma si tratta di un’altra fotografia, scattata nella stessa occasione. Anche in questo caso, è stata percorsa una scorciatoia per aggirare i diritti di riproduzione. Il bollettino ufficiale di emissione dell’Officina Carte Valori dell’Istituto Poligra fico e Zecca dello Stato, che riporta sia i dati tecnici del francobollo, sia le even tuali attribuzioni, sia un commento sul contenuto (a firma del senatore Roberto Centaro, allora Presidente della Commissione Antimafia), non certifica il fotografo autore e, ovviamente!, si guarda bene dall’entrare nello specifico dell’icona nota e riconosciuta. Soltanto, è attestata la bozzettista Tiziana Trinca.

Buffa vicenda: come se un’altra fotografia, realizzata nella medesima occasio ne, possa sostituire quella assunta come simbolo e segno visivo. Ribadiamo in un altro riquadro, pubblicato sulla prossima pagina 66.

Georges Wolinski: Le sermon sur la montagne (vu par la face Nord) (da Les Aventures du Petit Jesus, di Cavanna; Éditions du Square, 1973).

V-J Day ; 1945. Da sinistra: negli archivi Ti me-Life, New York, 3 aprile 1992 (mani di Al fred Eisenstaedt; da Celebrating the Negative, di John Loengard; Arcade Publishing, 1994); fotografia di Victor Jorgensen; The New Yor ker, 17 giugno 1996.

Comunicazione ufficiale della World Press Photo of the Year 1990 : Charlie Cole per Newswe ek 5 giugno 1989, un manifestante affronta un convoglio di carri armati dell’Esercito Po polare di Liberazione su Chang’an Avenue, a Pechino, durante le proteste per la riforma democratica, in piazza Tienanmen. Questo riconoscimento, tra i più qualificati e prestigiosi del fotogiornalismo, anno dopo anno dalla metà del Novecento, stabilisce una paternità inviolabile di una Fotografia iconica.

JorgensenVictorcentro)(alLoengardJohn

(2)MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammerMaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

66 NON È LA STESSA COSA!

Le altre simili, riprese nella stessa situazione, nel medesimo momento, non hanno la stessa valenza e autorità. Se non lo si capisce... pace.

Certamente, tutti coloro i quali frequentano con consapevolezza la Fotografia conoscono il bacio in Times Square, a New York City, tra il marinaio e la crocerossina (infermiera), durante gli esuberanti fe steggiamenti spontanei lungo la strada, per la fine della Seconda guerra mondiale: martedì 14 agosto 1945. Ovviamente, in Times Square, erano presenti anche altri fotografi.

Uno di questi, Victor Jorgensen (1913-1994) ha scattato simultaneamente a Alfred Eisenstaedt, da un punto di vista leggermente diverso... ma! Ma, da e con Henri Cartier-Bresson [anche in altra parte della rivista, su questo stesso numero]: «Nella fotografia esiste un nuovo genere di plasticità prodotta dalle linee istantanee, composte dai movimenti del soggetto. Noi lavoriamo all’unisono con il movimento, come se fosse un presentimento del modo in cui si svolge la vita. Ma all’interno del movimento esiste un momento in cui gli elementi dinamici si equili brano. La fotografia deve fissare questo istante e mantenerne immo bile l’equilibrio. [...] Aspettate e aspettate, e allora finalmente scattate: ve ne andate con la sensazione (sebbene non sappiate perché) di aver realmente realizzato qualcosa». In semplificazione: «A volte c’è un’uni ca immagine la cui struttura compositiva ha un tale vigore e una tale ricchezza, e il cui contenuto irradia a tal punto al di fuori di essa, che questa singola immagine è in sé un’intera narrazione». Dunque, non necessariamente è tanto e solo il soggetto, quanto è fondante la sua Fotografia. Da cui, altri due esempi, tra i tanti e tanti possibili: uno serioso, l’altro meno. (Serioso, e serio) Diversi fotogiornalisti hanno scattato l’immagi ne dell’anonimo cittadino con sporte di plastica che si oppone all’a vanzata dei carri armati che stanno raggiungendo la piazza Tienan men, a Pechino, nella primavera Ottantanove di proteste popolari di massa. Ma una è ufficialmente “la” fotografia: quella di Charlie Cole (1955-2019) per Newsweek, elevata a tale rango dalla sua affermazio ne World Press Photo of the Year 1990. Punto, e basta. (Non serioso, ma serio) Analogamente, in molti furono altrettan to presenti al Discorso della Montagna, sermone rivolto da Gesù ai propri discepoli e a una grande folla, riportato nel Vangelo Secondo Matteo (5,1 - 7,29). Da cui, nella fantasia del fantastico Georges Wo linski, Giotto ne avrebbe realizzata una raffigurazione/rappresenta zione (ironica e sarcastica) da un punto di vista infelice. Tanto è.

(3)ItalianoStatodelloZeccaePoligrafico

67 la memoria collettiva, l’immagine non è di proprietà dell’autore ma è pubbli ca; e, poi, è anche “semplice fotografia”. Peccato che nel mondo numismatico, parallelo a quello filatelico che da tempo frequentiamo per nostri interessi mira ti e finalizzati, circoli la storia (storiella?) di un analogo tentativo precedente con caratterizzazioni Walt Disney, potente azienda più che attenta ai propri diritti di riproduzione. Manovra in corso, è in tervenuto un pool di avvocati, talmente agguerriti da indurre chi di dovere a una precipitosa marcia indietro. Si vocifera che nel pool di legali ci fosse anche il mitico e leggendario Perry Mason (per coloro i quali, soprattutto per anagra fe, capiscono a chi ci stiamo riferendo). In dovere di informazione, certifichia mo che «I dettagli e le caratteristiche tecnico-artistiche di questa, come delle altre opere della Collezione Numisma tica 2022, sono pubblicati sul Catalogo della Collezione 2022, disponibile sul por tale shop.ipzs.it»: segnalazione ufficiale. Per diritto di formazione, ci auguriamo che questa storia venga percepita per quanto sia rappresentativa di un pae se disonesto e fraudolento, consapevole di essere tale. Un paese nel quale qual cuno si arroga il privilegio di certificare alcune immagini come “semplice foto grafia”, i cui diritti di legge sono attivi per vent’anni dalla propria realizzazione (quelli della definita “opera fotografica” si allungano a settant’anni dalla scom parsaSpesso,dell’autore).sitendea minimizzare le picco le cose, ma alla fine ci arrivano addosso così numerose e rapide che ci si rende conto che una valanga è fatta proprio di piccole cose. Di fiocchi di neve, giu sto? Più piccole di così non diventano. E d’un tratto si capisce che le piccole cose sono in realtà grandi cose. Piccole... grandi cose. ■ ■

Alla faccia dell’uso (abu so?) di immagine. Il ritrat to dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borselli no, vittime di mafia, fina lizzato al conio celebrati vo della moneta italiana da due euro, nel trenten nale 1992-2012, non com pare solo sulla facciata della valuta, ma illustra anche le consuete inizia tive commemorative di contorno e accompagna mento (e speculazione?). Come raccontato, tutto questo è stato confezio nato in barba ai più ele mentari diritti di imma gine (di Tony Gentile). È stato condotto da una isti tuzione pubblica italiana.

CENTOPERCENTOINASTA 1 ASTA 100 FOTOGRAFIE 100 AUTORI 100 fotografie donate da 100 autori per un asta in favore di FOTOgraphia , affinché possa continuare a percorrere il proprio cammino e alimentare la riflessione sulla Fotografia utile e indispensabile nella contemporaneità del Pensiero attorno a... IN DATA DUEMILA 22 DA STABILIRE DOPO IL VENTI MARZO Siete invitati a un appuntamen to di impegno e valore per so stenere la rivista FOTOgraphia equinozio di primavera ? DATASTABILITAFINENOVEMBRE

70 / SOLO FIGURE... SENZA PAROLE / DAGUERRE WunderKammer (7)LOUIS JACQUES MANDÉ DAGUERRE, AL QUALE È ATTRIBUITA LA NASCITA DELLA FOTOGRAFIA 1838)(primaveraParigiTemple,duBoulevardreprint][in1839agosto10Dal 11)Apollo(daLunasullaDaguerre,Cratere1989settembre6 ComicsCamera 1945)(estate5numero 1977marzo30del207,Numero 2011novembre18 Léon-JouhauxRueMaineduAvenueditraversaarrodissement,QuattordicesimoParigi,A

A giugno del 1976, Kodak pre senta a trecento giornalisti il suo sistema Instant, nel lussuoso The Pierre Hotel, nel centro di New York. Sette giorni dopo, Edwin Land apre l’annuale assemblea degli azionisti Polaroid Corpo ration, a Needham, fabbrica a quaranta chilometri da Boston. Ai duemilaottocento presenti, annuncia che Kodak (Eastman Kodak Company) era entrata in concorrenza con due mac chine fotografiche e pellicola instant a colori. «L’unica cosa che ci tiene in vita -afferma con passione- è la nostra inventi va. L’unica cosa che protegge la nostra inventiva sono i nostri brevetti»; e per questo intenta causa a Kodak per violazione di dieci brevetti. Un applauso infinito degli azionisti accoglie il suoSaràdiscorso.lungaedifficile, la guerra Kodak-Polaroid. Le prime avvi saglie risalgono a due-tre anni dopo il lancio della SX-70 (la pri ma pellicola “integrale”, a colori autosviluppanti), quando Kodak intentò diversi procedimenti le gali in Gran Bretagna per inva lidare alcuni brevetti in fatto di pellicole instant, che Polaroid, con futili varianti, ne prolungava l’efficacia nel tempo. L’ordine dita di macchine fotografiche e pellicola Kodak Instant. La casa gialla aveva inizia to a lavorare sul progetto nel 1972, subito dopo l’uscita del si stema SX-70. Per anni, i legali della Eastman Kodak Company hanno studiato i brevetti Pola roid, per confermare al board che era possibile procedere, sa pendo che Polaroid Corporation avrebbe querelato comunque, perché la pellicola Kodak PR10 (poi, PR144-10) era costituita da diciannove sottilissimi strati so vrapposti molto simile all’emul sione integrale di Polaroid. Ma cosa accadde nell’estate del 1976, quando scattò la costo sissima campagna pubblicitaria di Kodak, che creò un notevo lissimo interesse da parte dei negozianti? Ad esempio, per del giudice, però, fa infuriare la “casa gialla”, perché aveva già investito in una fabbrica a due passi da Londra per assembla re le sue instant camera (origi narie) EK4 e EK5. Tuttavia, nel caso l’ingiunzione del giudice non venisse cancellata, Kodak avverte che la fabbrica inglese di pellicole per il mercato eu ropeo, capace di dare lavoro a quattromila operai, verrebbe trasferita in Francia.

MERCATI / NOBILE CAUSA

Curiosità e coincidenza singolare. Nel 1974 dell’episodio Una mossa sbagliata (Negative Reaction), secondo della quarta stagione del la serie televisiva cult Colombo, il coprotagonista Dick Van Dyke, nei panni del fotografo Paul Galesko, che viene smascherato per una sua polaroid, era attore-testimonial degli apparecchi Kodak Instant. A complemento, ricordiamo che lo stesso Dick Van Dyke, è professio nalmente vincolato all’interpretazione del leggendario spazzacami no Bert / Mr. Dawes Sr. del cinematografico Mary Poppins, del 1964, accanto a Julie Andrews. Cantando: Venti da est, nebbia in arrivo. / Come se qualcosa stes se fermentando e sta per iniziare. / Non posso dire cosa c’è in serbo, / Ma sento che quello che sta per succedere è già successo

Dieci brevetti violati sono tanti (due dei quali appartengono di rettamente a Edwin Land), ma non è questo il primo caso ecla tante in fatto di cause tra grandi aziende, non soltanto fotogra fiche. I precedenti sono tanti e non lasciano molte speranze a Polaroid di impedire -come è richiesto nella querela- la ven ché macchine fotografiche e pellicola, ordinate a migliaia di pezzi, non arrivano nei negozi? A Kodak Park sono fermi/bloc cati più di centomila apparec chi instant, mentre la fabbrica non sa come evitare l’altissimo scarto della produzione di pel licole. Inoltre, l’emulsione della PR10 a colori non è stabile come dovrebbe, perché l’immagine tende a svanire rapidamente, come conferma la rivista Consu mers Report in base a un con fronto con la pellicola Polaroid di riferimento: esposta alla luce ultravioletta, l’immagine della pellicola Kodak svanisce molto prima della Ovviamente,Polaroid.tuttosi aggiu sterà, ma nel 1991, dopo quindi ci anni estenuanti di battaglie legali, la causa si risolve a favo re di Polaroid. Eastman Kodak Company non pagherà i do dici miliardi richiesti: non solo versò un risarcimento di quasi dieci milioni di dollari (nove centoventicinque / 925, per la precisione; inclusi gli interes si), ma dovrà uscire dal setto re e ritirare il materiale Kodak Instant nei negozi del mondo compensandoli in risarcimen to con altri propri prodotti (non proprio a scelta, ma).

OH, POVERA KODAK: INCAPPATA NELLO SVILUPPO IMMEDIATO. CON RISARCIMENTI FINALI

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Kodak aveva iniziato a lavorare sul progetto nel 1972, subito dopo l’uscita del sistema Polaroid SX-70.

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(4)MaurizioAngeloRebuzziniWunderKammer

Dall’autorevole Vocabolario Trec cani, accessibile anche in Rete. Egocentrismo: «Sostantivo ma schile (derivato di egocentrico). In psicanalisi [!], atteggiamento di chi tende a porre se stesso al centro di ogni evento; per cui, la propria percezione delle co se e i propri giudizi assumono un valore pressoché assoluto, rendendo difficile l’accettazione del punto di vista degli altri, e -quindi- la comunicazione so ciale. Con uso esteso e più ge nerico, il carattere e il compor tamento di chi tende ad accen trare, a voler fare tutto da sé. «Egocentrismo infantile: ten denza tipica dei bambini, fino ai sette-otto anni, ad affermare in ogni situazione la loro capa cità di autonomia e a rifiutare l’aiuto degli adulti». È più che certo che, qui e og gi, richiamiamo una forma di Egocentrismo, in quanto ma lattia infantile del nostro Tempo. Complice il clima e l’indotto social che ci sovrastano, sem pre che non si abbia la forza e il coraggio di chiamarsi fuori da certi (terribili) riti, è egocentri smo pensare che qualcuno sia interessato ai momenti della nostra vita quotidiana. Per quanto credo a coloro i quali mi raccontano delle co municazioni social di tale Fe dez, che non so chi sia, che mi si dice essere cantante rapper, che si offre e propone come influencer (oggi, si dice così) che vive a fior di telecamera puntata su di sé, mi permetto un distinguo. Più che cantan te, è imprenditore (di se stes so), che edifica un’immagine di sé spendibile e vendibile. Il suo egocentrismo è gratificato (e giustificato?) da una redditi vità di impresa probabilmen te invidiabile. Ammesso e non concessoInsomma,che...ifatti propri (detta meglio, i cazzi propri ) sono sta ti elevati di valore, in relazione a una scala e unità di misura “sinistra” (politica), contrappo sta alla “destra”, si è comporta ta peggio di quanto rimprove ra alla “destra” (politica). Tanto pensiero di questi “compagni” è talmente torbido e impuro da sollecitare soltanto disgusto. Per esempio, Premio in risarcimen to/indennizzo di una promessa non mantenuta (che non si è potuta mantenere): so a cosa mi sto riferendo, per confessione di un componente del Comitato scientifico preposto. Ancora in testimonianza di retta, a proposito di maneggi e tresche e brogli della “sinistra”, posso certificare che il più co erente, veritiero e lucido sag gio sul “comunismo” italiano è Falce e carrello (ottimo titolo), di Bernardo Caprotti, creatore di Supermarkets Italiani SpA, genericamente conosciuti co me Esselunga. Sottotitolata Le mani sulla spesa degli italiani, l’analisi dell’imprenditore, pub blicata nel 2007, rivela con qua li macchinazioni la Lega delle Cooperative (Coop e Conad) sia stata favorita nel mondo della grande distribuzione. In base a quale esperienza posso esprimermi per questo? Non certo dal territorio della Fo tografia, ma da quello di pre sidente e co-fondatore di una cooperativa alimentare di suc cesso: Cooperativa di consumo Centofiori, dal 1980, fondata il venticinque aprile e attivata (in negozio al pubblico) il dodici di cembre. Due date non casuali. In Fotografia, per altri esem pi. In veste di curatore di una mostra fotografica, esposta a Matera nel Duemiladicianno quantomeno contorta e con traddittoria: ma non importa.

Così come non mi interessa nulla delle cadenze di vita pri vata che invadono la Rete: al la maniera di Fedez, anche dal fronte fotografico, anche in rive lazioni sanitarie intime. Ovvero, quante-tante estensioni pubbli che della propria vita privata, in cronaca social : che pena! che tristezza! che schifo! che dolore! A questo proposito, ricordo come -in decenni tra/passati-, si fuggiva da coloro i quali pro ponevano di proiettare le pro prie fotografie o i propri filmini a passo ridotto delle vacanze. Certo, ha ragioni (da vendere) Seymour “Sy” Parrish, prota gonista del film ad alto tasso fotografico One Hour Photo, del 2002, quando riflette che «quando guardiamo i nostri al bum fotografici vediamo sol tanto momenti felici; nessuno scatta fotografie dei momenti che vuole dimenticare». Però, e soprattutto oggi, attraverso l’in sieme delle proprie istantanee, ciascuno intende anche lascia re una indelebile traccia di se stesso: «io ci sono», urla. Anche in Fotografia, ovvia mente. Con esempi illuminanti, selezionati dai tanti che ci rag giungono giorno per giorno, pe raltro senza mai scalfirci. Per non parlare, poi, dei maneggi, degli intrallazzi, delle tresche, degli in ganni, degli intrighi, delle mac chinazioni, delle manovre, dei brogli attraverso i quali e con i quali vengono distribuiti onori e onorificenze di parrocchietta. In questo senso, quella che si potrebbe identificare come ve, un ambiguo personaggio si è autoqualificato «Regista ci nematografico e storico della fotografia»: non abbiamo tro vato riscontri per nessuna del le due identificazioni, né film creditati [www.imdb.com], né studi in merito; e, comunque, combinazione professionale curiosa. Addirittura, unica nel panorama planetario. Avanti, e testuale (punteg giatura compresa): «Il cosa, la categoria che Roland Barthes definisce “spectrum”, è il sog getto o oggetto fotografato e quindi colui o ciò che ha desta to sicuramente l’interesse del fotografo -“operator” per Bar thes- e che può, ma anche no, suscitare l’interesse del fruitore -“spectator ” per Barthes- dell’im magine» (dalla Rete, forse: www. seghementali.st[upid]).Ancoratestuale,dallo stesso sito ipotizzato, che -purtropponon esiste, pur meritando di esserci: «XY propone una sorta di minimalismo visuale, spesso rarefatto, attraverso la semplice apparizione delle cose, eppure quasi paradossalmente a que sta sospensione si accompa gna un forte senso del corpo materico della fotografia, del la fotografia come oggetto». Dal comunicato stampa della mostra Viaggio Racconto Me moria, di Ferdinando Scianna, al Palazzo Reale di Milano, questa primavera. Dalla nota di Dome nico Piraina, direttore del Palazzo Reale (certamente, non riletta da nessuno tra quanti deputa ti a farlo, a doverlo fare): «Ven ti cinque anni fa, realizzammo a Milano, una splendida espo sizione di Henry Cartier Bres son» [a parte la daleeratempoèCartier-Bressonpunteggiatura:(coniltrattino!)francese,dunqueHenri].Purtroppo,ioarrivodaunnelqualeilnarcisismoconsideratodifetto,dalquasfuggire.Oggièunaqualitàperseguire.ArrivodaunTempo.■■

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/ IN IRONIA E SARCASMO / ANCHEEGOCENTRISMOQUESTO:MALATTIAINFANTILEDEINOSTRITORMENTATITEMPI…PERFINOFOTOGRAFICI

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