FOTOgraphia 277 dicembre 2021

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ANA Ï S TONDEUR CHERNOBYL HERBARIUM / DICEMBRE 2021 / NUMERO 277 / ANNO XXVIII / MilanoDCB-1comma1,articolo46),numero27-02-2004,ilLeggein(convertito353/2003D.L.-postaleabbonamentoinSpedizione-SpAItalianePoste7,50,€Mensile, SEBASTIÃO SALGADO & MARGARET BOURKE-WHITE IN SIMULTANEA, A ROMA: CONTEMPORANEO E STORIA 4 DICEMBRE 1971 - 2021 E IO HO VISTO WILDLIFE PHOTOGRAPHER OF THE YEAR 2020: VINCITORI E MERITEVOLI 277

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento ABBONAMENTO ANNUALE 10 numeri a 65,00 euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.com0436716602srlgraphia

Le immagini sono le registrazioni visibili di una calamità invisibile. Michael Marder, a pagina 41 e 62 Se non che, ormai, anche leggere e imparare è diventata intenzione discriminante e non frequentata. Maurizio Rebuzzini, a pagina 66 / Copertina Frammento 9 / Alberi caduti (Phaseoleae; fo togramma su carta; 2011-2016 / livello di ra diazione 1,7 mSv/h), dal progetto Chernobyl Herbarium, di Anaïs Tondeur. Portfolio da pa gina 40; monografia a pagina 62

277 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

Fotografia attorno a noi Dettaglio da un foglio filatelico Souvenir emes so dall’Isola Nevis, il 16 maggio 2005, in cele brazione del sessantesimo dalla vittoria sul Giappone (Seconda guerra mondiale): in due valori, l’equipaggio del bombardiere america no B-29 Enola Gay, che ha sganciato la prima bomba atomica della Storia, e il fungo atomico Editoriale Con il monitor tra le mani. Anche, no E io ho visto Un uomo piangere: 4 dicembre 1971-2021 10 / Natale (1972) Il racconto di Natale di Auggie Wren di Paul Auster ( The New York Times ; 25 dicembre 1990) Assai meno “fotografico” della sua semplifica Il caso Minamata è vicenda di do Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini Canto di Natale L’emozionante fotografia vincitrice al Sipa ha attivato una iniziativa di solidarietà / 03?/ / 60/ / 14/ / 50/ / 38/ / 15/

Archivio FOTOgraphia

UNO E NOVANTANOVE. Lo abbiamo già rilevato e sottolineato. Mutuando e adat tando da altri, affermiamo che il vero luogo natio sia quello dove -per la prima voltasi è posato lo sguardo consapevole su se stessi: la nostra prima (e unica) patria sono stati i libri. Certo, ci sono letture finalizzate, che possono essere spese subito e presto, addirittura in diretta; quindi, ci sono altre letture di crescita e maturazione. Comun que sia, oltre gli apprendimenti individuali, magari specifici, la Parola è sempre fonte preziosa alla quale saziarsi. Però, è evidente che tra di noi si debba ipotizzare specificamente un riversamento verso e con la Fotografia, materia/discipli na/espressione in minimo comun denomi natore. Allo stesso momento, è altrettan to palese quanto e come il nostro passo personale sia distante dalla manualistica del tipo “Come realizzare questo o quello”. Infatti, non pensiamo molto al come, per quanto siamo consapevoli della sua impor tanza; più proficuamente, almeno dal no stro pensiero, ci soffermiamo sul perché Una segnala zione specifica e discriminante, al la luce del dibatti to sulla re,gini,nequadraguefotografooggettivitàpresuntacheilpersequandoinecompoproprieimmainparticoladalvivo,dalre ( Exercices de style ), di Raymond Queneau. Dall’edizione francese originaria, del 1947, successivamente aggior nata nel 1963 e 1973, approdiamo all’ottima traduzione italiana di Umberto Eco, del 1983; e registriamo la riedizione 2001, con postfa zione di Stefano Bartezzaghi. Novantanove racconti (brevissimi) della stessa vicenda, rivisitata ogni volta in uno stile differente. La trama è semplice e ba nale: verso mezzogiorno, su un autobus af follato, un uomo si lamenta con chi lo spin ge di continuo. Tutto qui. Il fatto in sé è lo stesso, ma la sua narrazione cambia sem pre. Già... oggettività del gesto fotografico.

■ 277 aassociataRivista TIPA www.tipa.com

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20 / Vogue Italia Massimo Vitali ha firmato la copertina di Vo gue Italia dello scorso settembre 22 / In Natura Segnalazioni di spessore dal Wildlife Photo grapher of the Year 2020 di Lello Piazza 32 / A SalgadoRoma...& Bourke-White Due appuntamenti espositivi di alto valore e spessore, in simultanea di Angelo Galantini 40 / Anaïs ChernobylTondeurHerbarium Rayogrammi dalla “zona di esclusione” di Cher nobyl: livello di radiazione 1,7mSv/h di Micha el Marder (gennaio 2016) 50 / Comune di Parigi Disamina sui rapporti complicati della Foto grafia con moti rivoluzionari di Rinaldo Capra 56 / Sul campo Testimonianza di utilizzo della Fujifilm X-T4 di Antonio Bordoni / Fotografie e frame di Simone Nervi 62 / Chernobyl Herbarium La monografia Mimesis Edizioni di Damien MacDonald (aprile 2016) 64 / Dio è morto... a Hiroshima Sguardi su di Pino Bertelli 66 / Ignoranti! In ironia e sarcasmo di Maurizio Rebuzzini 67 / Giovanni Gastel (27 dicembre 1955 - 13 marzo 2021) / 57/ / 20/ / 66/ / 12/ / 18/ / 26/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE OttavioRouge Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO (Paul Auster) Pino AnaïsMarcoLelloSimone(Michael(DamienFabrizioAngelomFrantiMicheleRinaldoAntonioBertelliBordoniCapraColucciGalantiniJelminiMacDonald)Marder)NerviPiazzaSaielliTondeur www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI 02 66713604 redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ■ FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), ar ticolo 1, comma 1 - DCB Milano.

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agirefreneticamenteconipollici(finalmentesonoutiliino edaistripolliciopponibili,discriminantiperdistinguereilSapiensprimatidaiqualicisiamoevoluti).Setuttovieneaccoltoaccettatosenzaalcunospiritocriticoeselettivo,cosìagen do,ancheinFotografia,nonèdettochesiprogrediscasul discienzaperante,conti,sonoriconoscimentosistentestessiserio.Infatti,demandareilpassoquotidianoadaltrochesecomportaunatrasformazione(alpeggio)diquell’inbisognodiritualiindividuali,chesovraintendonoilformaledimomentidipassaggio,cheposesseremomentidiscriminantidiVita.Che,allaresadeisonomomentidiscriminanti.Considerarsicomplementooggetto,enonsoggettoimaccantonandomomentaneamenteiprodigidella/tecnologiadeinostrigiorni,potrebbeconsentirciguardarciancoraintorno,comesièfattopermillenni

straIndefinitiva,ancheconlanostraFotografia,tuttalanoFotografia,abbiamobisognodimantenerelanostra Esistenzasottocontrollo;e,inqualchemodo,dobbiamo restringerlafinoafarladiventarepiccola,inmododaillu dercidipoternedisporreanostropiacimento.Effettivamente,ilmondonondovrebbeesserestatocre atoperilnostropiacere,manonèunaragionesufficiente puòza,ispirazionesonogestilifarloperfarcelocrollareaddosso.Soprattutto,nonèilcasodiattraversocomportamentisuicidi,qualisonoqueldell’accettazionepassivaeottusaditutto:attenzione,ivalidi(ancheindividuali)sonosemprecreativi,ecipersonechepossiedonovisioniparticolari.Ovvero,unitaallanecessariascrupolosità.No!Ormaisiamocosìsommersidaiprodigidellasciencheèunpocosconcertantescoprirechelatecnologiafaretuttomenociòchevorremmodavvero.Zoomandosullasostanza.Nonècertofacile,madobbia

EDITORIALE

motentate.Èquestochesignificaessereumani,sicura astratte,capiamoscelte,mente:usarelanostraintelligenzaperdiscriminarenelleperguidareesistenzepropositive.Ancora:ciòcheforsecontaveramenteèl’abitudine,sedicosasitratta;quandosievitanospeculazionilepiccolecosedellavitadiventanopiùimportanti dellepresuntegrandi.Allafine,forse,restasololascoperta chenullacontaveramente.

ecomeabbiamofattotuttinoi,finoaqualchestagione

inviolabilmentemoperché,lasciatocuoreromanticismo,sonestessodistrada,daininfa.Magari,inunospostamentoconunmezzopubblico,città,piuttostocheintrasferimentopiùlungo,diciamotreno,quanteequalivicendesisvolgonoaccantoanoi,osservare,daascoltare,dafareproprie.Spesso,lungolasenzaalcunmonitortralemani,pensoallemigliaiapersonechehannocamminato,primadime,lungolopercorso,echeadessononcisonopiù,incluseperallequalihorivoltoimieiaffetti.Noncadonelfalsochehosempredetestatocontuttoilmioetuttalamiamente,deigrandiuominichehannoleproprieimprontesullasabbiadelTempo.No...insostanzaenelconcreto,èciòchetuttipossiasperaredilasciare:segnitransitoridestinatiaesserecancellatidallamarea.

soltantovirebbetuttoèSì,ormaisiamocosìsommersidaiprodigidellascienza,cheunpocosconcertantescoprirechelatecnologiapuòfaremenociòchevorremmodavvero.Menociòcheciserveramente,permigliorarelanostraEsistenza,nonperpassareoreaguardareunpiccolomonitore

Maurizio Rebuzzini 7

Quattro dicembre Millenovecento settantuno, cinquant’anni fa. Mio padre mi aspettava sulla strada, per salutar mi alla mia partenza per il “militare”. E io ho visto piangere mio padre.

■ ■ / 4 DICEMBRE 1971 - 2021 / di Maurizio Rebuzzini (Franti) E IO HO VISTO

8 Difficile da credere, oggi. Difficile da concepire quanto, solo cinquant’anni fa -oggi in riferimento e richiamo-, era prassi e uso diffuso. Addirittura, è im possibile richiamare certi fatti, talune consuetudini con la fiducia di essere compresi nel proprio racconto, nella propria rievocazione temporale. Quando partii per svolgere il servizio militare, allora obbligatorio, il quattro dicembre Millenovecentosettantuno, era un sabato mattina, quell’atto costi tuiva il primo stacco dalla famiglia di origine. Quell’allontanamento, quella separazione disegnava e definiva un Tempo: c’era stato un Prima e ci sa rebbe stato un Dopo di diverso svolgi mento. Se vogliamo considerarla an che così: con quel distacco preordinato, il Ragazzo che era sarebbe diventato l’Uomo che sarebbe poi stato. Ancora, e in sovra mercato. Avendo genitori che avevano vissuto la trage dia di una guerra, la Seconda mondia le, l’immagine del figlio-militare sfocia va anche in malaugurata ipotesi del figlio-soldato, del figlio che avrebbe dovuto combattere, nel caso in cui... Quindi, non solo separazione fisica forzata, ma evocazione di immagini non ancora scordate, non ancora elaborate, non ancora rimosse: tanti/troppi furono i disastri individuali, i bombardamenti dal cielo, le privazioni, le paure, le fu ghe verso la campagna, le incertezze e le certezze terribili che ciascun geni tore aveva avuto modo di vivere e su bire, solo una manciata di anni prima. Quattro dicembre Millenovecentoset tantuno, sabato mattina, verso la Sta zione Centrale di Milano, a piedi, data la breve distanza dall’abitazione di fami glia, con in tasca il biglietto per Orvieto, il piccolo borgo umbro abbarbicato su una rupe di tufo. Per godersi un simile panorama, molti sono disposti a pagare, ma nessuna recluta vi prestò la minima attenzione, quel quattro dicembre. Bella destinazione, se e quando ci si muove per diporto, per turismo. Anzi, ottima addirittura: sono impa gabili gli affreschi del Duomo. In parti colare è inestimabile la cappella di San Brizio, o cappella Nova, nel transetto destro del Duomo di Orvieto. È cele bre e celebrato il ciclo degli affreschi con Storie degli ultimi giorni, avviato nelle vele da Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, nel 1447, e completato da Lu ca Signorelli, nel 1499-1502. Allora, nel Settantuno di servizio militare, tutto questo mi fu indifferente, e non riuscì a lenire lo strazio di un’avventura grot tesca, quanto inutile, quanto superflua. In seguito, nel Duemilatré, a margine di una iniziativa del Grin / Gruppo Re dattori Iconografici Nazionale, complici Daniela Pasqualin, allora responsabi le della comunicazione Epson, e Lello Piazza, ai tempi presidente dello stesso Grin, una visita guidata mi/ci avvicinò allo spessore e valore degli affreschi. Invece, Orvieto, nel senso di Ottantesi mo Reggimento fanteria Roma, presso la Caserma Piave, per svolgere le trafi le del Car / Centro Addestramento Re clute, non rappresentava un’opzione agevole. Il rigido inverno umbro non veniva certo attenuato dall’assenza di vetri alle finestre della camerata, ovvia mente priva di qualsivoglia forma di ri scaldamento. Per dirla a chiare lettere, ci si vestiva di tutto punto per anda re a dormire. Altrettanto ovviamente, tralasciamo i dettagli sui servizi igieni ci (sei cabine con gabinetto alla turca per quattrocento reclute), che definirli tali -“igienici”- richiedeva una grande dose/dote di fantasia, e sull’igiene della sala mensa. Ed evitiamo di sottolineare quanto l’ipotesi di formare Uomini fos se interpretata dagli ufficiali preposti in maniera quantomeno stravagante. Con tutto, il servizio militare, che poi, dal febbraio Settantadue, e per un an no solare, avrei svolto nel conforto di una allocazione milanese, a qualche fermata di filobus da casa, con la divi sa azzurra dell’Aeronautica Militare, e i relativi bonus e privilegi, impartì subito le sue lezioni fondamentali. Uno: sta nel gruppo (in milanese, stà in del grópp / anche, stà schisc , stai quieto); ovvero, non ti distinguere mai, non aderire mai a selezioni guidate dai sottufficiali o dagli ufficiali; insomma, è meglio essere uno di mille, che uno di cinque. Due: evita ogni incarico, con qualsiasi mezzo; ovvero, a patto di non danneggiare con la propria azione un commilitone (nel qual caso sopraggiun ge la giustizia di caserma, in forma di gavettone, al minimo), è doveroso e im perituro sfuggire dalle funzioni coman date. Tre: non cercare alcun conforto in applicazione di qualsivoglia intelli genza. In caserma, regnano l’ignoran za e la stupidità. Quattro, Cinque, Sei... a ciascuno, le proprie cadenze. Così, subito domenica mattina cin que dicembre, in un cortile nel quale vagavano circa mille reclute disorien tate (tutto sarebbe cominciato il lunedì seguente), approssimativamente infor mato sulla Fotografia, che avrei avvici nato più tardi, individuai un “Laboratorio fotografico”. Ne chiesi notizia, e proprio il tenente di picchetto mi spiegò che era locale suo privato, dove stampava le sue fotografie. Mi spacciai per assi stente di Gianni Berengo Gardin, del quale avevo sentito parlare -l’avrei co nosciuto in seguito e su altro mio passo fotografico-, e ottenni l’incarico di occu parmene, con relativo esonero da altre mansioni “militari”. Così, ogni mattina, mentre i miei compagni partivano per le esercitazioni, io mi chiudevo in quella camera oscura, dove stavo da solo per tutta la giornata, e sono rimasto solo e tranquillo per tutte le giornate del Car: ovvero, mi sono imboscato. Senza fare niente d’altro per due mesi. Solo un dettaglio aggiuntivo, la cui confessione -ormai- non implica più nulla; casomai, quanto di illecito è ca duto in prescrizione. Partendo per una licenza natalizia, quel dicembre Set tantuno, il tenente mi chiese quanto distasse Milano da Chiasso (Svizzera), dove allora le sigarette costavano meno che in Italia. Ovviamente, a fine licenza, tornai a Orvieto con un paio di stecche di sigarette, acquistate di contrabban do (allora fiorente nelle strade del cen tro di Milano). Una attenzione dovuta. «Difficile da credere, oggi. Quando partii per svolgere il servizio militare, allora obbligatorio, il quattro dicem bre Millenovecentosettantuno, era un sabato mattina, quell’atto costituiva il primo stacco dalla famiglia di origine. Quell’allontanamento, quella separa zione disegnava e definiva un Tempo: c’era stato un Prima e ci sarebbe sta to un Dopo di diverso svolgimento».

FOTO graphia 04/D/ialoghi

E se ci chiederanno: “Che cosa hai fatto tu?”, tu risponderai: “Il gioielliere”.

Il pensiero: «Quando andremo all’altro mondo, incontreremo milioni di ebrei morti nei Campi.

“Checosahaifattotu?” dimenticato.”“Nonvihomai

Un altro dirà “Ho costruito case”. Ma io dirò: “Non vi ho mai dimenticato”».

Giornata della Memoria 27 gennaio 2022 Non vi ho mai dimenticato è il titolo di un Dvd, realizzato da la Repubblica - L’Espresso, che si offre e presenta come La vita e l’eredità di Simon Wiesenthal (1908-2005), che per decenni ha dato la caccia ai criminali nazisti.

Il racconto di Natale di Auggie Wren, di Paul Auster, è stato pubblicato su The New York Times, del 25 dicembre 1990. Da questo, ha preso ispirazione e contenuti il film Smoke, diretto dal regista Wayne Wang, del 1995, sceneggiato dallo stesso scrittore Paul Auster. All’interno dello svolgimento del film, pur spuntando a sorpresa verso la sua fine, il Racconto è in serito e visualizzato in narrazione di Auggie Wren. Nel film -commentato e analizzato giusto lo scorso novem bre, in contenitore mirato-, il tabaccaio Auggie Wren è in terpretato da Harvey Keitel; lo scrittore Paul Benjamin, da William Hurt. Tra tanto altro, l’accompagnamento fotogra fico del film Smoke sottolinea una certa visione del Tempo, evocata anche in incipit al Racconto di Natale; per l’occa sione, Christmas story: il Natale di Auggie Wren Se non ci diamo il tempo di anonosservare,riusciamovederenulla.

Mentre sfogliavo gli album esaminan do le immagini non sapevo cosa pen sare. All’inizio, ho avuto l’impressione che fosse la cosa più strana e sorpren dente che avessi mai visto. Tutte le fo to erano uguali. Per me quella raccolta era un mattone monotono e ripetitivo: la stessa strada e le stesse case all’in finito, un delirio implacabile e ridon dante d’immagini. Non sapendo co sa dire continuavo a voltare le pagine annuendo con la testa per fingere un certo gradimento. Auggie, imperturba bile, mi guardava con un largo sorriso, ma dopo alcuni minuti m’ha interrot to dicendo: – Vai troppo svelto. Se non rallenti non riuscirai mai a capire. Naturalmente, aveva ragione. Se non ci diamo il tempo di osservare, non ri usciamo a vedere nulla. Allora ho pre so un altro album e mi sono sforzato di stare più attento ai dettagli, di notare i cambiamenti del tempo, di osservare la diversa angolazione della luce col pas sare delle stagioni. Infine, sono persino riuscito a cogliere le variazioni del traffico e a prevedere la sequenza dei giorni (il trambusto dei giorni lavorativi, la relativa immobilità dei giorni festivi, il contrasto fra il sabato e la domenica). Poi -a poco a poco- ho cominciato a riconoscere la gente che si vedeva in secondo piano, i passanti che andavano al lavoro, le stes se persone immortalate nello stesso po sto dall’istantanea quotidiana di Auggie. Dopo aver imparato a riconoscere le persone, mi sono messo a studiarne il portamento, il modo di camminare nei diversi giorni, e a cercar di dedurre da quegli indizi superficiali di che umore erano, quasi potessi immaginare la lo ro vita e penetrare l’invisibile dramma murato nel loro corpo. Quando ho preso un altro album non ero più annoiato e perplesso come all’inizio. Avevo capito che Auggie fotografava il tempo -sia il tempo naturale che quello umano- e che lo faceva piazzandosi in un angoli no del mondo con l’intenzione di farlo suo, montando di guardia nello spa zio che si era scelto. Vedendomi assorto nell’osservazione del suo lavoro, Auggie ha continuato a sorridere compiaciuto. Poi, quasi mi avesse letto i pensieri, mi ha recitato un verso di Shakespeare. –Domani e domani e domani, – ha mor morato sottovoce, – il tempo scorre a pic coli passi –. A quel punto ho capito che sapeva perfettamente quel che faceva. Tutto questo è successo più di due mila istantanee fa. Da quel giorno, Aug gie e io abbiamo discusso più volte il suo lavoro, ma è soltanto la settimana scorsa che Auggie mi ha detto come si è procurato la macchina fotografica e come ha iniziato a fare fotografie. La storia che mi ha raccontato riguarda proprio questi argomenti, e io sto an cora cercando di coglierne il significato. All’inizio della settimana scorsa, un editor del New York Times mi ha tele di Paul Auster

/ RACCONTO /

NATALE (1972)

Questa storia me l’ha raccontata Aug gie Wren. Ma Auggie, dal momento che non ci fa bella figura -o non bella come vorrebbe-, mi ha chiesto di non usare il suo vero nome. A parte questo, tutta la faccenda del portafoglio perduto, della nonna cieca e della cena di Natale è la stessa che mi ha raccontato lui. Auggie e io siamo grandi amici da undici anni. Lui lavora nella vecchia Brooklyn, in una tabaccheria di Court street dove io vado spesso perché è l’unica tabaccheria che ha i miei siga ri preferiti. Per molto tempo, non gli ho prestato molta attenzione: per me Auggie Wren era l’omino dalla felpa blu col cappuccio, quello che mi ven deva i sigari e le riviste, l’irriverente e caustico tipetto che aveva sempre la battuta pronta sul tempo, sui Mets e sui politici di Washington. Tutto finiva lì. Ma un giorno di molti anni fa Aug gie, sfogliando una rivista in negozio, s’è imbattuto nella recensione di un mio libro e mi ha riconosciuto nella foto che accompagnava l’articolo. Da quel giorno fra noi le cose sono cambiate: per Auggie non ero più un cliente qua lunque, ero diventato un personaggio illustre. Molta gente mostra un’indiffe renza totale per i libri e gli scrittori, ma Auggie si considera un artista e, una volta scoperto il segreto della mia iden tità, ha cominciato a trattarmi come un alleato, un confidente, un compa gno d’armi. A dir la verità, io lo trovavo assai imbarazzante. Poi, com’era quasi inevitabile, un giorno mi ha chiesto se volevo vedere la sua collezione di fo tografie. E me l’ha chiesto con tanto entusiasmo e con tanta gentilezza che non ho potuto fare a meno di accettare. Chissà cosa mi aspettavo, ma certo non quello che Auggie mi ha fatto vede re il giorno dopo. Dopo avermi portato in una piccola stanzetta senza finestre nel retro del negozio, Auggie ha aperto uno scatolone e ha tirato fuori dodici album identici di fotografie. Poi mi ha spiegato che quello era il lavoro di una vita. Non gli prendeva più di cinque mi nuti al giorno: ogni santo giorno degli ultimi dodici anni, Auggie s’era messo all’angolo fra Atlantic Avenue e Clin ton street alle sette in punto del mat tino e aveva scattato una foto a colori della stessa scena. Ormai la raccolta ammontava a più di quattromila foto grafie. Ogni album era un anno e tutte le foto erano ordinate in sequenza dal Primo gennaio al trentuno dicembre. Sotto ciascuna istantanea c’era scritta scrupolosamente la data.

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Chi è? – chiede la voce di una vecchia. Io rispondo che sto cercando Robert Goodwin. – Sei tu, Robert? – dice la vec chia. Poi sento sbloccare una dozzina di serrature e vedo aprirsi la porta. La vecchina ha perlomeno ottant’an ni, forse novanta, e immediatamente mi accorgo che è cieca. – Sapevo che saresti venuto, Robert, sapevo che non avresti dimenticato nonna Ethel a Natale, – di ce lei, e si fa avanti con le braccia aperte.

Nei giorni successivi, in preda alla di sperazione, ho combattuto con i fan tasmi di Dickens, di O. Henry e di altri maestri dello spirito di Natale. Il solo termine “novella di Natale” evocava in me spiacevoli associazioni che mi fa cevano venire in mente insopportabili effusioni di sentimentalismo ipocrita e sdolcinato. Anche nel migliore dei casi, le novelle di Natale non erano altro che sogni dorati e illusori, fiabe per adul ti. Mi venisse un colpo se mi mettevo a scrivere una cosa del genere! D’al tra parte com’era possibile proporsi di scrivere una novella di Natale priva di sentimento? Era una contraddizione in termini, un rebus irrisolvibile. Era come cercare d’immaginarsi un cavallo da cor sa senza gambe o un passero senz’ali. Poiché non ero venuto a capo di nul la, giovedì sono uscito a fare una lun ga passeggiata nella speranza che l’aria fresca mi chiarisse le idee, e poco dopo mezzogiorno sono andato in tabaccheria a far provvista di sigari. Come al solito, dietro il banco c’era Auggie, e quando lui mi ha chiesto come andava io, sen za volerlo, mi sono trovato a confessar gli i miei guai. Dopo avermi ascoltato, Auggie ha detto: – Una novella di Na tale? Tutto qui? Amico mio, se mi offri il pranzo, ti racconto la migliore novella di Natale che tu abbia mai ascoltato. E ti garantisco che è vera da cima a fondo. Allora siamo andati alla fine dell’iso lato, da Jack’s, un posticino affollato e chiassoso dove si mangiano ottimi pa nini al prosciutto e dove ci sono le foto delle vecchie squadre dei Dodgers ap pese al muro. Ci siamo seduti a un tavo lo della sala interna, abbiamo ordinato da mangiare, e a quel punto Auggie è partito in quarta. Ecco il suo racconto. Era l’estate del Settantadue. Un bel mattino, un giovanotto sui diciannove o vent’anni entra in negozio e si met te a rubare qua e là. Un ladruncolo più patetico di quello non s’era mai visto. Defilandosi accanto all’espositore dei giornali nell’angolo più distante, il ragaz zo si riempiva di libri le tasche dell’im permeabile. In quel momento al ban co c’era gente e quindi non lo vedevo, ma appena l’ho individuato mi sono messo a gridare. Lui è fuggito come una lepre, e quando io sono riuscito a schizzare fuori dal banco era già arri vato in Atlantic Avenue. L’ho rincorso per mezzo isolato, ma poi ho smesso perché ero scoppiato. E siccome al ra gazzo in fuga era caduto qualcosa per terra, mi sono chinato a vedere cos’era. Era il suo portafoglio. Non c’erano soldi, ma oltre alla patente c’erano tre o quattro fotografie. Avrei potuto chia mare la polizia e farlo arrestare -sul la patente c’era nome e indirizzo- ma non me la sono sentita. Era un pove ro teppistello, e quando ho guardato le foto non sono riuscito a incazzar mi. Si chiamava Robert Goodwin. Ri cordo che in una foto aveva il braccio sulla spalla della madre o della nonna, in un’altra aveva nove o dieci anni, un gran sorriso in faccia ed era vestito da giocatore di baseball. Non me la sono proprio sentita. Probabilmente, ormai era drogato. Un miserabile ragazzotto di Brooklyn senza arte né parte... che me ne fregava in fondo di due tasca bili da quattro soldi? Così ho tenuto il portafoglio. Ogni tan to mi veniva l’impulso di spedirglielo, ma poi rimandavo sempre e non mi decidevo mai. A un certo punto è ar rivato Natale e io mi sono trovato so lo senza compagnia. Di solito, il capo m’invitava a casa sua, ma quell’anno lui e la moglie erano andati dai parenti in Florida. Così quella mattina, mentre ero seduto in casa un poco depresso, ho vi sto il portafoglio di Robert Goodwin su un ripiano della cucina e mi sono det to: “Che diavolo, perché non fare una buona azione ogni tanto?”. Così mi so no infilato il cappotto e sono partito per restituire il portafoglio di persona.

Nessuna storia è falsa finché una sola persona ci crede.

L’indirizzo era nel quartiere popola re di Boerum Hill. Quel giorno faceva un freddo cane. Ricordo d’essermi per duto più volte prima di trovare la casa giusta. Da quelle parti sembra tutto uguale e si continua a girare in ton do nello stesso posto convinti di es sere altrove. Insomma, alla fine arrivo all’appartamento che cerco e suono il campanello. Silenzio assoluto. Pen so che non ci sia nessuno, ma riprovo per esser sicuro. Aspetto un altro po’, e mentre sto per andarmene sento ar rivare qualcuno che strascica i piedi. –

Non le ho detto che ero il nipote, non in maniera esplicita, perlomeno, ma era implicito. Però non volevo imbrogliarla, era un gioco che entrambi avevamo deciso di giocare senza discutere le re gole. Voglio dire, quella donna sapeva che io non ero il nipote. Era vecchia e svanita, ma non al punto da non ac corgersi della differenza fra un estra neo e la carne della sua carne. Tutta via, era felice di fingere, e siccome io non avevo niente di meglio da fare, ero contento di reggere la parte. Così siamo entrati in casa e abbiamo passato la giornata insieme. Per inciso, l’appartamento era una topaia, ma che altro ci si poteva aspettare da una cie ca che doveva fare le pulizie da sola? Ogni volta che mi chiedeva qualcosa sulla mia vita io le mentivo. Le dicevo che avevo trovato un buon lavoro in una tabaccheria e che stavo per sposarmi, Avevo capito che Auggie

Non c’era molto tempo per pensare, capisci, dovevo dire qualcosa alla svelta. Così, prima di rendermene conto, ho ri sposto: – Sì, nonna Ethel, sono venuto a trovarti perché è Natale –. Non chieder mi perché l’ho fatto, non ne ho la più pallida idea. Forse non volevo deluderla, non so. Mi è venuta così. Ed eccomi lì a ricambiare il suo abbraccio sulla porta.

che-siafotografavailtempoiltemponaturalequelloumano-echelofacevapiazzandosiinunangolinodelmondoconl’intenzionedifarlosuo.

fonato chiedendomi se volevo scrivere una novella da pubblicare sul quoti diano di Natale. Il mio primo impulso è stato quello di rifiutare, ma -siccome la persona era molto affabile e insisten te-, alla fine del colloquio, gli ho detto che ci avrei provato. Ma quando ho at taccato il telefono m’è venuto il panico. Che ne sapevo di Natale? Che ne sape vo di novelle scritte su commissione?

– Salvo il pranzo. – Certo, salvo il pranzo. Ricambiando il sorriso di Auggie con un sorriso ho chiamato il cameriere e ho chiesto il conto. ■

ventatidicenettareduedanuteduelatopatate,minestrone,roba:edononpressionefame,po’Insomma,aggiustate...dopounmivieneunagranepoichéhol’imcheincasacisiagranché,vaalnegoziopiùvicinocomprounsaccodipolloallospiedo,insalataditortaalcioccoecosìvia.Ethelhabottigliedivinotedaparteincameraletto,ecosìfratuttieriusciamoametteinsiemeunadiscretadiNatale.Ricordocheaforzaberevinosiamodiunpo’brilli:così

quando abbiamo fini to di mangiare siamo andati a metterci più comodi in salotto. Sic come mi scappava la pipì, ho chiesto scusa e sono andato al gabi netto. A quel punto, le cose hanno preso una piega seitopotròunahodiscenastanzadiversa.completamenteEragiàabbapazzescofareladiessereilnipoteEthel,maquelchefattodopoèstatafolliachenonmimaiperdonare.Appenasonoentraingabinettohovistoosettemacchinefo tografiche accatastate contro il muro accanto alla doccia. Erano mac chine trentacinque mil limetri nuove di zecca e di buona marca, an cora confezionate nella scatola. Ho im maginato che fossero di Robert, quello vero, e che fossero il bottino di un col po recente. Non avevo mai fatto una foto in vita mia né avevo mai rubato nulla, ma quando ho visto quelle mac chine in bagno mi è venuto di pren derne una. Così, senza motivo. E senza pensarci due volte ne ho presa una e sono tornato in salotto. Benché fossi stato in gabinetto po chi minuti, nonna Ethel s’era addor mentata in poltrona. Troppo Chianti, probabilmente. Fatto sta che, mentre lei dorme di gusto come un bambino, decido di tornare a casa. Non poten do nemmeno lasciarle un biglietto di addio perché è cieca, metto il porta foglio del nipote sul tavolo, prendo la macchina fotografica e me la svigno alla chetichella. Fine della storia. – Non sei più tornato a trovarla? – Una volta, tre o quattro mesi dopo. Mi sentivo così turbato per il furto del la macchina fotografica che non ave vo il coraggio di usarla. Perciò, alla fine, ho deciso di restituirla, ma nonna Ethel non abitava più là. Non so che fine ab bia fatto. Al suo posto c’era un altro inquilino che non mi ha saputo dire dov’era. – Probabilmente era morta.–Sì,probabilmente.

le raccontavo varie sto rielle e lei faceva finta di credere a tutto. – Mi fa piacere, Robert, – diceva annuendo e sorridendo, – l’ho sempre detto che prima o poi le cose si sarebbero

– Questo significa che aveva passato l’ultimo Natale con te. – Suppongo di sì. Non ci avevo mai pensato. – Hai fatto bene, Aug gie, è stato un bel gesto verso quella vecchietta. – Le ho mentito e l’ho derubata. Non vedo co me si possa chiamare una buona azione. – L’hai resa felice. E la macchina fotografica era comunque rubata: in realtà non apparte neva a chi l’hai presa. – Per l’arte tutto è le cito, eh, Paul? – Non la metterei così, però tu almeno hai fat to buon uso di quella macchina.–Ecco,adesso la no vella di Natale ce l’hai, vero?–Sì, – ho risposto, –penso di Vedendosì.Auggie sor ridere malizioso con una luce misteriosa e intimamente compia ciuta negli occhi, m’è sorto il dubbio che la storia fosse tutta inven tata, ma al momento di chiedergli se mi avesse preso in giro ho capito che non me l’avrebbe mai detto. Era riuscito a farsi prendere sul se rio, e quella era l’unica cosa che Nessunacontava.storiaèfalsa finché una sola perso na ci crede. – Sei grande, Aug gie, – gli ho detto. – Grazie per l’aiuto, – Non c’è di che, – mi ha risposto lui continuando a guardarmi con quella strana luce folle negli occhi. – D’altra parte, se non potessi confessarti un se greto che amico saresti? – Ti devo un grande favore. – Figurati. Scrivila come te l’ho rac contata e non mi devi un bel niente.

ClaverieJeandiIllustrazioneDalfilm Smoke

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La “notorietà” fotografica del titolo Minamata, del film diretto da Andrew Levitas, dipende dal celebrato reportage realizzato da W. Eugene Smith per Life Nel film, l’attore statunitense Johnny Depp caratterizza splendidamente W. Eugene Smith.

14 Paradosso, ma neppure poi tanto. A dispetto di quanto è stato sentenzia to nel nostro piccolo mondo piccino, il film Minamata, datato al 2020, è meno fotografico di come è stato accolto, nel nostro paese, dai so liti superficiali dei social. In Ita lia, è stato editato come Il caso Minamata [?]: regia di Andrew Levitas, anche cosceneggiato re insieme con David K. Kes sler, Stephen Deuters e Jason Forman, dal libro Minamata, di Aileen Mioko Smith e W. Eu gene Smith, del 1975. Di fronte a tanta sceneggia tura e splendido svolgimento, è colpevole limitarsi ad osservare soltanto la personalità di W. Euge ne Smith (1918-1978), che dà corpo e sostanza al film. Ancora di più, è de menziale stare lì a domandarsi e do mandare se effettivamente il grande fotogiornalista, al quale è intitolato anche uno dei più qualificati premi fotografici (per l’appunto, il W. Eugene Smith Fund Grant), ab bia effettivamente uti lizzato reflex Minolta -soprattutto SR-T 101-, come ampiamente vi sualizzato nel film. In questo senso, allac ciandoci anche a quan to rilevato in altra parte della rivista, su questo stesso numero, alla voce Ignoranti!, è -troppocontoimbarazzanteperlomenorendersidicomeequantospesso-ilcon tenitore Fotografia sia percepito e vissuto co me un assoluto, e un fi ne. Non per ciò che noi ipotizziamo che debba essere: non arido pun to di arrivo (punto-e-acapo), ma fantastico e privilegiato s-punto di partenza. Per la Vita e verso la Vita. In questo senso, una volta svolta la sceneggiatura,propriagliau tori del film, che hanno collocato sui titoli di coda i dati tecnici di produzione, sono stati espliciti e non si sono fatti prendere la mano da alcuna interpretazione stolta della Fotografia in forma di narrazione: «Dedicato alla gente di Minamata, alle nume rose vittime dell’inquinamento industriale in tutto il mondo e a coloro che combattono al loro fianco». Ecco qui il soggetto e il tema del film, al quale la Fo tografia offre passo narrativo coerente, senza peraltro pre tendere qualcosa per se stessa. Dunque, Minamata / Il caso Minamata è un film che rispet ta i propri parametri (è un film più che godibile, dal punto di vista formale), svolgendo altresì intendi menti sociali ed educativi. Insomma, siamo chiari: lontano dalla ottusità in vi sione fotografica stolta, quello che conta del film è il soggetto, l’argomento ana lizzato e presentato. Cioè, la Luna, non la mano che la indica. Cioè: le unoformalafabbricascarichididelmercuriodell’inquinamentoconseguenzedanelleacquevillaggiogiapponeseMinamata,causatodaindustrialidellachimicaCisso.Delresto,quellodelchiusurasettoriale,indiignoranza,èdeimalidellafoto grafia contemporanea e dei suoi frequentatori, incapaci di contestua lizzare il suo gesto, il suo valore, il suo essere do cumento nella e verso la società alla quale lo stesso gesto si riferisce e sulla quale agisce, o -quantomeno- inten de farlo. Nello specifi co dell’argomento af frontato e svolto dal film Minamata / Il ca so Minamata, cronaca accreditata dell’ultimo reportage di W. Eugene Smith, la leggiaimmagineceleberrimachesimbol’interoservizioè intrecciata a doppio filo / CINEMA / di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini MINAMATA

La tragica vicenda dell’avvelenamento da mercurio nel villaggio giapponese, le cui acque furono inquinate dagli scarichi industriali della fabbrica chimica Cisso, fu segnalata al fotografo dall’attivista Aileen Mioko: che, poi, lui sposò nell’estate 1971 (pagina accanto, in alto). Ancora oggi, Aileen è in prima fila sul fronte ecologico.

(1974)KanagaConsuelo

15 con la sceneggiatura e scenografia. Accennata, solo accennata, in ini zio di film, ne conclu de il cammino: Tomoko Uemura in her Bath / Il bagno di Tomoko. Da cui, questa immagine è socialità e racconto e sintesi e soggetto! Non asettica e inutile analisi compositiva e di inqua dratura decontestua lizzata, come capita di sentire da bocche inu tilmente scucite. Ecco, dunque, che dal punto di vista della pre senza della Fotografia all’interno di sceneggia ture e/o scenografie ci nematografiche questo è un film spartiacque. Al momento, e in assenza di altri partecipanti, è il film spartiacque. Lo è soprattutto per noi che ci occupiamo di Foto grafia, in ogni modo in tendiamo farlo e con qualsivoglia idea ne ab biamo. Qualsiasi cosa questa significhi per ciascuno di noi, que sto film è ammonito re: non ci si fermi alla superficie a tutti appa rente, per incamminarsi -invece- lungo il tragitto verso il quale la forma invita a riflettere. Sì, poi, a considera re nello specifico, nel gioco delle identifica zioni settoriali, i valori solo-fotografici che ne ricaviamo possono es sere gratificanti e appa ganti. Lo sottolineiamo ogni volta che, in que sto ambito redaziona le, affrontiamo la pre senza della Fotografia al Cinema, ed è dove re ripetere anche qui: ovviamente, a margine di quanto già rilevato a proposito del conte nuto e messaggio del film Minamata / Il ca so Minamata, che è ciò che veramente conta e deveQuindi,interessare.innotecurio se finali, che si possono anche cancellare, per lasciare integra la rifles sione sul e dal film, si è apprezzata l’ottima in terpretazione dell’attore Johnny Depp: per ca pacità sua e con com Il reportage da Minamata, di W. Eugene Smith, il suo ultimo fotorac conto, è stato pubblicato in Life, del 2 giugno 1972: su una versione settimanale da tempo avviata alla propria conclusione, che tentava di sopravvivere concedendo molto (troppo?) alla semplificazione po polare: in copertina, l’attrice Raquel Welch, in abbigliamento skate board (una tristezza, anche relativa, non soltanto assoluta). All’interno, l’iconico Il bagno di Tomoko / Tomoko Uemura in her Bath fu pubblicato su doppia pagina (in basso, a sinistra). In coin cidenza, il fotogramma dal film Minamata / Il caso Minamata nel quale il direttore Robert Hayes (interpretato dall’attore Bill Nighy) è il primo ad averne tra le mani la stampa originaria, inviatagli dal fotogiornalista unitamente all’intero servizio in bianconero.

AMBIENTALIDISASTRI Usa Sversamento di petrolio della piattaforma Deepwater Horizon (20 aprile 19 settembre 2010) Italia (Seveso) Fuoriuscita di diossina dall’industria Icmesa (10 luglio 1976) Usa Contaminazione di falde acquifere da parte della Brio Refinery, in Texas (1957-1982) Ungheria (Aika) Sversamento tossico da una fabbrica di alluminio (4 ottobre 2010)

Indonesia Avvelenamento da mercurio (dal 2003) Ucraina Disastro nucleare di Chernobyl (26 aprile 1986) [da pagina 40] Mondiale Tragedia del Talidomide (dal 1957) Usa Sversamento di petrolio della superpetroliera Exxon Valdez (24 marzo 2010) Giappone Disastro nucleare di Fukushima Dai-ichi (11 marzo 2011) Brasile Crollo della diga di Brumadinho (25 gennaio 2019) Burkina Faso Inquinamento delle miniere d’oro (dal 1984) Repubblica Dominicana Avvelenamento da piombo (dal 1979) India Disastro di Bhopal (3 dicembre 1984) Costa d’Avorio Scarico di rifiuti tossici ad Abidjan (agosto 2006) Canada Avvelenamento da mercurio nella comunità indigena Grassy Narrows (1962-1970) Cina Rifiuti elettronici a Guiyu (dal 1996) Usa Scorie radioattive della West Lake Landfill (dal 1962) Usa Crisi dell’acqua a Flint (aprile 2014) Usa Inquinamento chimico di Love Canal (1942-1953... 1976) Usa Contaminazione da piombo a Newark (agosto 2019) Vietnam Avvelenamento da scorie chimiche (Agent Orange, dal 1961 al 1971) Bangladesh Avvelenamento da arsenico (aprile 2016)

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Con dichiarazione esplicita, il film Minamata / Il caso Mi namata è «Dedicato alla gente di Minamata, alle numerose vittime dell’inquinamento industriale in tutto il mondo e a coloro che combattono al loro fianco». Con certificazioni di casi mondiali, che scorrono sui titoli di coda: qui riproposti.

Tanto ci basti.

Archivio FOTOgraphia

Gioco delle contrapposizioni: in questa pagina, l’attore Johnny Depp nei pan ni di W. Eugene Smith, nel film Mina mata (con reflex Minolta), e nella vita privata (con Mirrorless Olympus Pen). A pagina 15 è il reale W. Eugene Smith a usare una Olympus Pen mezzofor mato originaria degli anni Settanta.

Ancora dal dialogo, quando Aileen Mioko carica una macchina fotografi ca per affiancare W. Eugene Smith nel proprio lavoro: «Non puoi prenderla e basta, no... Sai, i nativi americani cre devano che una fotografia portasse via un pezzo dell’anima del soggetto. Ma quello... quello che non ti viene detto da nessuno è che può portare via an che un pezzo dell’anima del fotografo».

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The Minamata Story: An EcoTragedy (La storia di Minamata: un’ecotragedia / una tragedia ecologica; Stone Bridge Press, 2021; 112 pagine 15x22cm) è una efficace graphic novel / manga che racconta la vicenda della “malattia di Minamata” portata all’attenzione globale dal reportage di W. Eugene Smith del 1971-1972, pubblicato da Life, il 2 giugno 1972, nell’ultima estate del la sua periodicità settimanale (che si sarebbe esaurita con l’ultimo nume ro, del ventinove dicembre).

plicità di un trucco magistrale è un W. Eugene Smith più che credibile, au tentica incarnazione visiva dell’imma ginario che ciascuno di noi può avere sulla sua personalità e fisicità. Dalla ripresa alle sessioni in camera oscura, l’allineamento fotografico è per fetto e senza quelle sbavature che siamo soliti incontrare in altre cinematografie: le macchine fotografiche sono impu gnate correttamente e le fasi di stampa, alla luce rossa di sicurezza, più scenica di quella reale inattinica, sono coinvol genti. Dal dialogo: Gene Smith istruisce sullo sviluppo delle stampe bianconero Aileen Mioko (interpretata dall’attrice Minami), sua guida a Minamata, che poi sposerà, il 28 agosto 1971: «Ecco un mio piccolo segreto: usa molto le mani, accarezza l’immagine, riscalda la stam pa con il calore delle tue mani. È così che racconti la tua storia».

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Sottotitolata The story of the poisoning of a city, and of the people who choo se to carry the burden of courage storia dell’avvelenamento di una città e delle persone che scelgono di porta re il peso del coraggio), la monografia illustrata Minamata, in prima edizione 1975, è stata compilata a quattro mani dal fotogiornalista W. Eugene Smith, al suo ultimo reportage, e dalla moglie Aileen Mioko Smith, ieri come ancora oggi attivista delle opposizioni all’in quinamento industriale.

Hardship of Life, del turco Mehmet Aslan, fotografia vincitrice al Sipa 2021, ha attivato una iniziativa di solidarietà per il padre e il figlio protagonisti dell’imma gine. Dalla piattaforma www.gofundme.com/f/can-a-photo-make-a-difference.

■ ■ / EMOZIONE E SOLIDARIETÀ (VERA) / di Lello Piazza CANTO DI NATALE

Al di là della nostra visio ne del mondo, al di là del nostro credo religioso, è difficile resistere al fasci no del Natale, al fascino di un momento in cui sembra che un mondo migliore -dove regni la pace e l’amore- non sia un sogno senza speran za. Quindi, in coerenza temporale, celebriamo il Natale presentando Hardship of Life (diffi coltà della vita), del fo tografo turco Mehmet Aslan, vincitore assoluto ai Siena International Photo Awards (Sipa), edizione 2021. La foto grafia intenerisce i cuori tanto e come il celeber rimo Canto di Natale, di Charles Dickens, pubbli cato a Londra, nel 1843. Non sempre le fo tografie chiedono di essere raccontate an che con parole. Questo è uno di quei casi, per ché è impossibile sapere cosa c’è dietro questa immagine: un padre senza una gamba, sorride al proprio figlio Musta fa, privo di arti, che gli risponde sorri dendo. Ma che mondo è quello in cui possono avvenire fatti come questo? È il mondo dell’Amore dell’Uomo per i Figli, è il mondo che l’orrore, la ferocia, la violenza, la mostruosità delle guerre non riescono a sconfiggere. La storia dietro questa sconvolgente -e insieme dolcissima- immagine l’ha raccontata il padre Munzir Al-Nazzal al suo autore, il fotografo Mehmet Aslan. Siamo in un bazaar di Idlib, villaggio nel nord-ovest della Siria, dove Munzir si è recato a far compere. L’esplosione di una bomba gli strappa via la gamba de stra. Che ci vuoi fare? Così è la vita in Si ria. Ma c’è anche di peggio. Nella terribile guerra civile siriana, capita che uno de gli attacchi al loro villag gio, avvenga utilizzando il gas nervino, nonostan te la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Chimiche, approvata a Parigi, nel 1993, ed entrata in vigore il 29 aprile 1997, abbia definitivamente san cito il bando completo di tali armi. Un attacco, quello con i gas, senza bombe, senza esplosioni, ma ugualmente leta le. All’epoca, Zeinab, la moglie di Munzir, era incinta di Mustafa. Respirare que sto gas ha indotto nel nascituro la rara sindrome della tetra amelia, che -oltre a possibili altre malformazioni- provoca la perdita dei quattro arti. Per fuggire dalla guerra, la famiglia di Munzir scappa dalla Siria e raggiun ge il villaggio di Reyhanli, appena ol tre il confine, nella provincia turca di Hatay. Lì incontrano e fanno amicizia con il fotografo Mehmet Aslan, che -in un momento di intimità condivisa- ha realizzato questa immagine. «Guardare il bambino che sorrideva mentre si rotolava sul tappeto, prima che la sorellina lo pren desse in braccio, rimet tendolo sul divano, era straziante -ha dichiara to Aslan-. Un bambino così vivace, così intelli gente. Con la mia foto grafia ho inteso attirare l’attenzione del pubbli co sul suo problema, vo levo riuscire a raccoglie re fondi per procurare protesi a quel bambino. Sono felice che la mia fotografia abbia ricevuto così tanta attenzione». A nome dei venti membri della giuria, il fotografo Sergio Pita mitz ha commentato: «Al contempo, l’imma gine ti affascina e ti re spinge: è eccezionale». Ma dov’è la favola di Natale? Eccola. L’Ebe nezer Scrooge che c’è dentro ognuno di noi è stato toccato da quella immagine con una ef ficacia maggiore del le apparizioni dei tre Spiriti al vecchio tirchio del Canto di Natale. Dai Siena Awards ha preso il via una iniziativa di solidarietà per il padre e il figlio prota gonisti della fotografia vincitrice assolu ta del Sipa 2021. Se una fotografia non può cambiare il mondo -come siamo convinti-, potrà certamente cambiare la vita di Mustafa e di Munzir. Il denaro raccolto servirà per l’acquisto di prote si elettroniche (non ancora disponibili in Turchia) e per la realizzazione di un programma di riabilitazione del bim bo. L’eventuale overfunding andrà a Medici Senza Frontiere. «Tutti insieme abbiamo l’occasione di provare a realizzare un sogno che è partito dalla forza della Fotografia», ha affermato Luca Venturi, direttore arti stico dei Siena Awards La raccolta fondi è stata aperta sulla piat taforma Gofundme. Per contribuire, cliccare sul link make-a-difference.me.com/f/can-a-photo-https://www.gofundBuonNatale.

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■ ■ / MASSIMO VITALI / di Angelo Galantini VOGUE ITALIA

Massimo Vitali nel suo studio a Lucca, in Toscana, con un ingrandimento della fo tografia che illustra la copertina di Vogue Italia dello scorso settembre e, quindi, con la stessa rivista. Grande valore: Vogue Italia pubblica dodici copertine l’anno. Richiamo e abbinamento d’obbligo (?) tra la copertina di settembre di Vogue Italia, firmata da Massimo Vitali, e il numero di ottobre di Vogue Paris, che ha celebrato il proprio centenario. Per l’occasione, dopo aver sottolineato come e quanto l’edizio ne si sia sempre rinnovata nello scorrere degli anni e delle decadi, proponendo un “giornalismo” senza tempo, il celebrato mensile scandisce la consistente e consi derevole ricorrenza riunendo cento anni delle proprie migliori fotografie di moda. FOTOgraphia

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(2)BordoniAntonio Archivio

Autore apprezzato e va lutato nel selettivo mon do della fotografia d’arte, quella vera, non quel la per finta e a parole (vuote), Massimo Vita li (1944) è un fotografo che vanta un luminoso percorso individuale. Se così possiamo vederla, e considerarla, le sue pri me tracce professiona li affondano le proprie radici in un avvincente servizio sulle biciclette bianche di Amsterdam, quelle del movimento dei Provos (provocatori). È Storia, che riporta alle luminose pagine di Po pular Photography Ita liana, del 1966, con impa ginazione nientemeno che di Giancarlo Iliprandi (1925-2016), uno dei più valutati graphic designer del nostro pae se. Tempi lontani, tempi irraccontabili: chi avesse voglia di farlo, può facilmente avvicinare i Provos e Giancarlo Iliprandi attraverso retrospettive in Rete. Di più, non commentiamo a questo proposito. Soltanto, rileviamo che da origini foto giornalistiche, condite con solidi e con vinti impegni personali, coltivati sull’on da lunga della Concerned Photography statunitense di quei lontani decenni, nel corso del tempo, Massimo Vitali ha trasformato la propria Fotografia fino a raggiungere una consistente stra da espressiva, che vale l’attuale rico noscimento d’“arte” (attribuzione che frequentiamo con prudenza e timore, ma qui ci vuole proprio). Dalle originarie Spiagge italiane, del 1995 (con relativa prestigiosa monogra fia Beach & Disco, dell’autorevole edi tore tedesco Steidl Verlag, del 1999), il suo Tempo non è trascorso invano. Per indirizzare al meglio coloro i quali, in Italia, si occupano di Fotografia, ricor diamo che Massimo Vitali ha illustrato il rilevante e influente Calendario Epson 2009. Allo stesso momento, attestiamo che questa edizione si è indirizzata sul la più significativa fotografia italiana contemporanea... senza compromes si, né accomodamenti fittizi (che, per il solito, caratterizzano il nostro piccolo mondo; in questo caso, proprio tale... piccolo). In quelle stagioni, la sua Fotografia è stata scandita da cadenze tecniche di spessore, oltre che Vitalivinonerosedito)nostroquantomenoinconsuete,dalenelorizzonte(soltanitaliano.Glisplendiingrandimentidigedimensionieraottenutidanegaticolore,cheMassimorealizzavaconun apparecchio fotografico (in legno, ovviamente) 11x14 pollici, equivalen te a 27,9x35,6cm. Com prensibilmente, que sta è una annotazio ne soltanto esecutiva, ma neppure poi tanto.

Nel selettivo circuito internazionale della fotografia d’autore, lo splendore dei suoi originali è stato accolto come specchio di lucentezza di contenuti. Da tempo, la mediazione/trasforma zione tecnica della sua creatività, che prosegue e persevera in una declina zione ricondotta alla sua espressività, ha modificato il proprio passo: ma la sostanza è ribadita. Per quanto sia ve ro che il posto unico occupato dall’Uo mo nella Natura sia soprattutto dovuto alla sua capacità di fabbricare utensili, e -quindi- di modellare la natura stes sa, l’impegno in Fotografia di Massimo Vitali è stato costruito sul pertinente e perfetto connubio tra antichi insegna menti di rappresentazione visiva e mo derni strumenti di raffigurazione. All’alba dei suoi settantasette anni di età (anagrafica), Massimo Vitali ha firmato la copertina di Vogue Italia , dello scorso Attenzionesettembre.alsensodi questo assi gnment professionale: la leggendaria testata di Condé Nast, icona della mo da, tessera di una socialità che non può essere né ignorata, né sottovalutata, pubblica dodici copertine l’anno. Una su dodici rappresenta un valore e tra guardo di alto prestigio. Con buona Pace.

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Autorevole premio per la fotografia di Natura, con i propri premi e le proprie se gnalazioni, il Wildlife Photographer of the Year stabilisce un punto fermo sullo stato dell’arte: teniamone conto, magari anche alla luce del fatto che -altrove- la stessa fotografia di Natura è raramente (ben) con siderata. Ancora: sottolineiamo l’attenzio ne riservata ai giovani, altrettanto ignorati in altri contesti internazionali. Ancora, ancora: la Cinquantaseiesima edizione è in mostra, a Milano, fino a fine dicembre

IN

NATURA

Tra le cento immagini, primeggia l’ec cezionale fotografia del russo Sergey Gorshkov (1966), eletto Fotografo na turalista dell’anno 2020 : un magnifico esemplare di tigre dall’Amur (Panthera tigris subsp. altaica, nota anche come tigre siberiana), che lascia la sua impron ta odorosa su un albero. Non è certo una fotografia che si scatta andando a zonzo nella foresta o nascondendo si appostati in un capanno, e neppu re casualmente o perché dio esiste. In un capanno, si correrebbe addirittura il rischio di finire sbranati.

24 di Lello Piazza Causa Covid, nel 2020, non è stato pos sibile avere a Milano la tradizionale mo stra delle immagini premiate ogni anno al Wildlife Photographer of the Year, il prestigioso concorso di fotografia na turalistica organizzato dal Natural Hi story Museum di Londra (e non più dal la BBC, come è stato per anni e anni). Ma la situazione pandemica in Italia, grazie anche alla intensa campagna di vaccinazione, è migliorata. Ha così potuto arrivare a Milano l’esposizione delle cento immagini premiate alla Cin quantaseiesima edizione del concorso.

Come d’abitudine, l’allestimento ita liano è sfasato di un anno rispetto l’e dizione in corso. Per chiarezza, ricordo, soprattutto a me stesso, che per inelu dibili motivi di regolamento, dal punto di vista aritmetico, la vicenda funziona così: mentre in Italia possiamo goderci le immagini della Cinquantaseiesima edizione (56esima), presso il Natural Hi story Museum di Londra sono esposte le cento immagini premiate nella Cin quantasettesima edizione (57esima); e l’imminente 9 dicembre 2021 si chiu dono le iscrizioni per la Cinquantotte sima edizione (58esima). La selezione in mostra a Milano, ri badiamo la Cinquantaseiesima, è sta ta giudicata da una quantità (e quali tà) di quarantacinquemila fotografie (45.000), provenienti da novantacinque paesi (95), realizzate da fotografi pro fessionisti e non professionisti.

Nikon D750 con AF-S Nikkor 300mm f/4E PF ED VR; 1/320 di secondo a f/10; 640 Iso. a pagina

(continua

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La fotografia è stata scattata con una delle numerose trappole fotografiche collocate strategicamente lungo i per corsi abituali delle tigri, individuati e ri costruiti con undici mesi di osservazio ni. Segnalata come specie “in pericolo” dall’Iucn (International Union for Conser vation of Nature), tra i trecentocinquanta e i cinquecento esemplari vivono nella Siberia sudorientale, soprattutto nelle foreste del massiccio del Sichotė-Alin’, catena montuosa che si affaccia sul Mar del Giappone. Una piccola popolazione (trentacinque individui) vive in Manciu ria. Incerta la presenza di qualche esem plare nella Corea del Nord. E basta. (doppia pagina prece dente) Andrés Luis Domínguez Blanco (Spa gna): Giovane fotografo naturalista (dieci anni... e Nonostantemeno). la tenera età, Andrés Luis Domínguez è già un ornitologo ab bastanza esperto da ri conoscere alcuni saltim palo (Saxicola torquatus) che cacciano insetti in un prato vicino a casa. Utilizzando l’automobi le del padre come scattandopanno-nascondiglio,caeattraversoun finestrino aperto, ha fo tografato uno dei saltim palo appollaiato su una pianta. Il saltimpalo è un piccolo uccello con un canto che suona come due pietre che battono insieme. È diffuso nelle brughiere e nelle paludi dell’Europa meridiona le, e si nutre di insetti, semi e bacche. Fujifilm X-H1 con Fuji non XF 100-400mm f/4,55,6 R LM OIS WR; 1/50 di secondo a f/5,6; 800 Iso. Andrea Zampatti (Italia): menzione d’onore nella ca tegoria Animali nel proprio ambiente Evocare l’atmosfera e il senso del luogo è rilevante per tra smettere come un animale sia parte integrante del pro prio ambiente. Andrea ha pri ma avvistato uno stambecco. Quindi, ha distinto un bran co di circa cinquanta animali che si aggirava nell’ombra. Sebbene un tempo lo stam becco alpino sia stato cac ciato fino a quasi la propria estinzione, paradossalmente, le reintroduzioni di succes so hanno creato il problema opposto. Adesso, si registra un eccesso di popolazione.

Sergey Gorshkov (Russia): Fotografo naturalista dell’anno e vinci tore nella categoria Animali nel proprio ambiente. Le tigri dell’Amur sono felini solitari, ma segnalano la propria pre senza nella foresta con odori, peli, urina. La fotografia intitolata L’ab braccio mostra un grande esemplare di tigre mentre lascia il suo “aroma” su un albero, nel Leopard National Park, in Siberia.

Nikon Z7 con AF-S Nikkor 50mm f/1,8G; 1/200 di secondo a f/6,3; 250 Iso; fototrappola Cognisys. tna, in Sicilia, formando un fiume di fuoco. Per assistere allo spetta colo, Luciano è risalito per diverse ore lungo la parete nord del vul cano. Ha inquadrato il flusso caldo in contrasto alla nebbia gassosa blu, per registrare quello che lui descrive come il momento perfetto ca novecentomila persone. Fenomeni come colate e fontane di lava sono comuni, mentre i pennacchi di cenere sono meno frequenti.

Canon Eos 5D Mark III con Canon TS-E 24mm f/3,5L II; un secon do a f/16; 320 Iso. 25

Andrea Pozzi (Italia): men zione d’onore nella catego ria Piante e funghi A fine autunno, Andrea cam mina per ore fino a una cresta da dove si può osservare una foresta di araucarie (Arauca ria araucana), in Araucanía, in Cile. Aspetta la luce per fetta per i colori della scena e, subito dopo il tramonto, scatta. Tipiche di alcune zo ne del Cile e dell’Argentina, le araucarie vivono anche più di mille anni. La specie è in pericolo per eccesso di disbo scamento e incendi. Ovvero, per intervento dell’Uomo.

Canon Eos 6D con Canon EF 100-400mm f/4,5-5,6L IS II USM; venti secondi a f/8; 640 Iso. 26 Domenico Tripodi (Italia): menzione d’onore nella categoria Il mon do subacqueo Dopo essere sceso sotto la superficie del mare increspata da onde cre ate dal vento, Domenico è stato ricompensato. Si è trovato immerso «in un incredibile mondo di tunicati». I tunicati sono invertebrati marini che formano lunghe colonie simili a nastri tempestati di stelle. Dome nico ha inquadrato una medusa luminosa (Pelagia noctiluca) contro un fantastico sipario celeste. La medusa luminosa è di dimensioni re lativamente piccole (da tra a dodici centimetri di diametro), ma -per il suo potere urticante- può rappresentare un pericolo per i nuotatori.

Nikon D7200 con Tokina AT-X 10-17mm f/3,5-4,5 DX Fish-eye; 1/125 di secondo a f/14; 250 Iso; custodia subacquea Isotta; flash Inon Z-330.

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Alessandro Gruzza (Italia): menzione d’onore nella ca tegoria Ambienti della Terra Alessandro ha visitato il luo go più di cinquanta volte, ma non ha mai notato una bel lissima piscina di acqua se mi congelata dal colore blu. Il bianco della prima nevicata dell’anno ha incoronato quel la piscina con una aureola di bellezza delicata. L’inqua dratura è stata composta in modo che il cielo e il primo piano si specchiassero. Sullo sfondo, la catena montuosa del Lagorai, in Trentino. Canon Eos 5D Mark III con Canon EF 16-35mm f/4L IS USM; ottanta secondi a f/14; filtro ND; 100 Iso. Sam Sloss (Italia / Usa): Giovane fotografo naturalista (tra undici e quattordici anni). Durante un’immersione in acque tropicali, Sam ha incontrato un pe sce pagliaccio (Amphiprion species) intorno a un magnifico anemone di mare (Actniaria), che appartiene al regno animale, anche se sem bra un vegetale. È rimasto incuriosito dal pesce che teneva la bocca aperta. Solo quando ha scaricato le sue fotografie si è accorto dei pic coli occhi che fanno capolino dall’interno della bocca: si tratta di una pulce di mare mangia lingua (Cymothoa exigua), un parassita che si attacca alla base della lingua dell’ospite per succhiargli il sangue.

Nikon D300 con AF-S VR Micro-Nikkor 105mm f/2,8G IF-ED; 1/250 di secondo a f/18; 200 Iso; custodia Nauticam con due flash Inon Z-240.

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Liina Heikkinen (Finlandia): Giovane fotogra fa naturalista (tra quindici e diciassette anni).

Oltre al Fotografo dell’anno e ai pre miati in ogni categoria, la giuria ha no minato tre Giovani fotografi naturalisti dell’anno : Liina Heikkinen (Finlandia, tra quindici e diciassette anni), Sam Sloss (Italia / Usa, tra undici e quattordici an ni) e Andrés Luis Domínguez Blanco (Spagna, dieci anni... e meno). Quindi, tra i vincitori di categoria, troviamo due italiani: Luciano Gaudenzio, con Etna’s River of Fire (Fiume di fuoco dall’Etna), nella categoria Ambienti della Terra, e il giovane Alberto Fantoni, vincitore del Rising Star Portfolio Award, riservato alle stelle nascenti della fotografia naturali stica (Rising Star, appunto). Figlio d’arte (il padre Luca è stato premiato in edizioni precedenti di questo concorso), Alber to Fantoni ha presentato un portfolio di immagini che documentano la vita degli uccelli nell’area del Mediterraneo. Mi preme sottolineare che ben quat tro prestigiosi premi del concorso sono riservati ai giovani. Chapeau (togliamoci il cappello!) davanti a questa indicazio ne degli organizzatori, noi -soprattutto, noi- che viviamo in un paese dove i gio vani sono gli ultimi a essere considerati. Nelle aree dei premi scalati, quella de gli Highly commended, troviamo cin que fotografi italiani: Domenico Tripo di (Il mondo subacqueo), Alessandro Gruzza ( Ambienti della Terra), Andrea Pozzi (Piante e funghi ), Andrea Zam patti e Lorenzo Shoubridge ( Animali nel proprio ambiente). In queste pagine, pubblichiamo solo le immagini dei fotografi che ho menzio nato. Mi si concedano note a margine.

Liina e suo padre hanno trascorso la giornata in un hotspot di volpi, su una delle isole di fronte a Helsinki, capitale della Finlandia (Lehtisaari, Uu simaa). Hanno osservato due adulti che andava no e venivano, portando cibo ai propri cuccioli sempre affamati. Quando uno di loro ha portato Ogni volta che FOTOgraphia pubblica immagini di natura, riceviamo no te divertite e canzonato rie: si prospetta una sorta di “conversione”. Infatti, chi mi conosce sa che il peggiore oltraggio che mi si possa fare è quello di invitarmi a un’escur sione in Natura. Però,Però! so apprezzare la Fotografia e riconoscere la sua missione di «spie gare l’Uomo all’Uomo» (da e con Edward Stei chen). Quindi, a diretta conseguenza, so indivi duare il Bello (qualsiasi cosa ciò possa significare e identificare). Ignorata dalla Storia della Foto grafia, indirizzata verso altre visioni, chepersonalementeriguarda,zionale:ralisticama!),giornalistichesoprattutto(evabene,lafotografianatuèpiùcheecceperquantomiindipendentedalmiorapportoconilsoggetto,significanulla.

Primo: un bravi bravi all’Associazione culturale Radicediunopercento e al suo presidente Roberto Di Leo, che -attra verso mille difficoltà, ma con il lodevole patrocinio del Comune di Milano- riesco no sempre a portare in città la mostra del Wildlife Photographer of the Year Secondo: è meritorio il lungo elen co di categorie alle quali i partecipanti (adulti, da diciotto anni; per i giovani, non ci sono confini predefiniti) posso no indirizzare le proprie opere: Animali nel proprio ambiente e Ritratti di ani mali. Ai comportamenti, sono dedicate quattro categorie: anfibi e rettili; uccelli; invertebrati; mammiferi. Le restanti ca tegorie sono: Piante e funghi ; Il mondo subacqueo; Fauna urbana ; Arte natura Alberto Fantoni (Italia): premio Rising Star Alberto è cresciuto ai piedi delle Alpi, circondato dalla natura. A tredici anni, il suo primo premio al Wildlife Photographer of the Year. Si è diplomato naturali e in arte, e fa parte di un’organizzazione italiana di fotografia naturalisti ca. Nella fotografia, un falco di Eleonora (Falco eleonorae) che porta un dono alla femmina nel nido. È fine estate, la stagione della riproduzione, e il falco vola e indietro dal nido sotto gli occhi e l’obiettivo di Alberto, nascosto in un Canon Eos 7D Mark II con Canon EF 500mm f/4,5 L USM; 1/2000 di a f/7,1; 800 Iso. (continua da pagina

nella tana un’oca facciabianca (Branta leucop sis; uccello della famiglia degli Anatidi), preda più che prelibata, i cuccioli hanno cominciato a lottare per contendersela. Liina ha fotografato il “vincitore” mentre si ritirava per divorare il suo ambìto e sostanzioso premio.

Lorenzo ha dedicato mesi alla ricerca del punto perfetto da cui fotografare i lupi.

Canon Eos 5D Mark III con Canon EF 16-35mm f/4L IS USM; 1/250 di secondo a f/16; 1600 Iso; otturatore azionato da fotocellula.

Wildlife Photographer of the Year, a cura di Rosa mund Kidman Cox; The Natural History Museum. ▶ 30 / 2020 ; 160 pagi ne 26x26cm; 39,00 euro. ▶ 31 / 2021 ; 160 pagi ne 26x26cm; 31,00 euro. ▶ 50 Years ; 256 pagi ne 29x29cm; 60,00 euro.

Ultima raccomandazione per i distratti: i partecipanti non devono includere il proprio nome nella didascalia o nell’im magine stessa. Difficile da credere ma, per mia esperienza di giurato, circa il cinque percento delle immagini che partecipano a un concorso vengono squalificate per questo motivo. Vanità superflua e fuori luogo. ■ ■ Wildlife Photographer of the Year Palazzo Fran cesco Turati, via Meravigli 5/7, 20123 Milano (www. radicediunopercento.it). Fino al 31 dicembre; martedì, mercoledì, sabato e domenica 10,00-20,00; giovedì e venerdì 10,00-23,00.

Dopo aver fissato la sua trappola fotografica a un albero, ha regolato le impostazioni del flash per includere -come sfondo- la parete rocciosa della montagna. Negli ulti mi anni, nelle Alpi italiane, la popolazione di lupi è andata lentamente aumentan do, anche se la preoccupazione per il bestiame fanno del lupo un ospite sgradito.

Nikon D4 con AF-S Nikkor 28-300mm f/3,5-5,6G ED VR; 1/125 di secondo a f/5,6; 1600 Iso. 29 le (riprese creative del mondo naturale); Oceani ; Aree umide; Fotogiornalismo (fotografie singole a forte contenuto di notizia di cronaca); Riconoscimen to fotogiornalista (una fotostoria in sti le cronaca giornalistica); Portfolio (dai ventisette anni, una presentazione sin tetica dei propri lavori) e -infine- la già citata Stella nascente Rising Star (ri servata a partecipanti di età compresa tra diciotto e ventisei anni). Terzo: in questa Cinquantaseiesima edizione, la qualità dei lavori mi è sem brata discontinua, con alcune immagi ni di grande valore estetico e naturali stico, mentre altre le vedrei confinate nella prevedibilità. Per farvi un’opinione, vedendole tutte, non avete che da vi sitare la mostra o, meno efficacemen te, andare al sito digolegallery?tags=ed.12.www.nhm.ac.uk/wpy/Quarto:citengoariportarealcunererelativealconcorso,legatealtipofotografiachevienepraticata,dovee

Lorenzo Shoubridge (Italia): menzione d’onore nella categoria Animali nel pro prio ambiente.

quando i soggetti -animali o ambiente naturale- possono rappresentare sog getti fragili. Queste regole riguardano le didascalie, che devono essere comple te, vere e accurate e devono includere le informazioni pertinenti: descrizione del comportamento osservato; conte sto entro il quale è stata scattata la fo tografia; luogo esatto dello scatto; se la specie ritratta è di interesse scien tifico; se sia stato utilizzato un mezzo di richiamo, tra cui odori, suoni o cibo; se -come richiamo- sia stata impiega ta un’esca e, in caso affermativo, di che tipo, tenendo conto del fatto che è vie tato l’utilizzo di esche vive o qualsiasi altro mezzo di adescamento che pos sa mettere a repentaglio un animale o pregiudicarne il comportamento.

CENTOPERCENTOINASTA 1 ASTA 100 FOTOGRAFIE 100 AUTORI 100 fotografie donate da 100 autori per un asta in favore di FOTOgraphia , affinché possa continuare a percorrere il proprio cammino e alimentare la riflessione sulla Fotografia utile e indispensabile nella contemporaneità del Pensiero attorno a... MARZOVENTUNO DUEMILA 22 EQUINOZIO DI PRIMAVERA Il 21 marzo 2022, siete invitati a un appuntamento di impe gno e grande valore per soste nere la rivista FOTOgraphia

Contrasto/SalgadoSebastião©

In un certo senso, Roma città aperta... alla Fotografia, grazie all’impegno di Contrasto (Agenzia e casa editrice e curatore di mostre di primo piano). Fino al prossimo febbraio, due appuntamenti fondamentali e sostanziali con la Fotografia d’autore. Al contemporaneo, il progetto Amazônia, di Sebastião Salgado, è allestito nelle sale dell’autorevole Sebastião Salgado. Amazônia ; a cura di Lélia Wanick Salgado, con allestimento evoca tivo dei soggetti. Maxxi / Museo nazionale delle arti del XXI secolo, via Guido Reni 4a, 00196 Ro ma (www.maxxi.art). Fi no al 13 febbraio 2022 (chiusure nei giorni fe stivi di Natale e Capo danno); martedì-ve nerdì 11,00-19,00, sabato e domenica 11,00-20,00. Sebastião Salgado ( Amazônia ): Anavilhanas, iso le boscose del Río Ne gro. Stato di Amazonas, Brasile (2009).

& 32 di Angelo Galantini Per quanto coincidenti nelle date di al lestimento, le due sostanziose mostre Amazônia, di Sebastião Salgado, e Pri ma, donna. Margaret Bourke-White fo tografa hanno poco in comune tra lo ro, a parte la coincidenza dei rispettivi allestimenti, entrambi a Roma, fino al prossimo febbraio inoltrato. Però, ammesso e non concesso che la frequentazione individuale della Fo tografia da parte di coloro i quali ne vantano meriti, interessi e competenze, contempli anche l’acquisizione di lezioni altrui, oltre quelle coltivate in proprio, magari dalle compiacenze attraverso i social, i due appuntamenti arrivano ad avere molto in comune. Complice la concomitanza, addirittura in sincro nismo, si ha tempo e modo per avvici nare con comodità temporale due tra le massime espressioni della Fotogra fia: in propria progettualità ideologi ca contemporanea (Sebastião Salgado: Amazônia) e in avvicinamento storico a un’esperienza fotogiornalistica che ha attraversato i decenni fino e oltre la Seconda guerra mondiale (Prima, don na. Margaret Bourke-White fotografa). In questo stesso ordine. a Roma... SALGADO

1937.-WbmImagesbyargaretourkehItethePIcturecollectIonInc.allrIghtsreserved

©

SEBASTIÃO SALGADO Dell’immenso progetto Amazônia, ne abbiamo ampiamente riferito lo scorso settembre -quando anticipammo an che l’appuntamento espositivo oggi in passerella-, a partire dalle edizioni libra rie confezionate dall’intrepido editore tedesco Taschen Verlag, nel corrente 2021: sia in abito standard, sia in selettiva edizione Sumo. Riassumiamo e ripetia mo i termini distintivi della monografia Sebastião Salgado. Amazônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado: 528 pagine 30,8x26cm (4,29kg); 100,00 euro / edizione Sumo, 472 pagine 70x50,5cm (24,9kg), più libro aggiunto di trenta due pagine con le didascalie; leggio in acciaio 90x38,5x113,5cm (46kg), con verniciatura a polvere; 3000,00 euro. Quindi, non ripetiamo le note allora riferite, sintetizzate da un autorevole commento giornalistico redatto dall’ac creditato critico d’arte inglese Jonathan Jones per The Guardian, in Rete dallo scorso ventuno giugno. Più concretamente, proponiamo qui la presentazione di Lélia Wanick Salgado (curatela e progetto di allestimento), pubblicata nel booklet di guida e ac compagnamento alla mostra, sulle cui

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BOURKE-WHITE Maxxi / Museo nazionale delle arti del XXI secolo, fino al tredici febbraio.

La consistente retrovisione Prima, donna. Margaret Bourke-White fo tografa è proposta al prestigioso Museo di Roma in Trastevere, fino al ventidue febbraio. Due fantastici incontri fotografici, in simultanea, da non perdere, da non lasciarsi scappare. Ammesso e non concesso che... Prima, donna. Margaret Bourke-White fotografa ; a cura di Alessandra Mau ro. Museo di Roma in Tra stevere, piazza sant’Egi dio 1b, 00153 Roma (www. museodiromaintraste vere.it). Fino al 22 febbra io 2022; martedì-domen ica 10,00-20,00. ▶ Catalogo Prima, donna. Margaret Bourke-White; Contrastobooks, 2020; 184 pagine 24x30cm, car tonato; 35,00 euro. Margaret Bourke-White: Flood Refugees, Louisvil le, Kentucky (1937). Rap presentazione simbolo della Depressione.

Il 24 novembre 2020, le Poste Italiane hanno emesso un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica Le ec cellenze del sapere de dicato al Maxxi / Museo nazionale delle arti del XXI secolo, nel decimo anni versario della fondazio ne. Il bozzettista Gaeta no Ieluzzo, uno dei più prolifici autori italiani di francobolli, ha raffigurato un particolare dell’avve niristico edificio museale progettato dall’architet ta irachena Zaha Hadid (1950-2016). In alto, è ripor tato il logotipo del Museo.

quaranta pagine sono anche riportate didascalie approfondite alle singole im magini allestite in esposizione. «Una mostra fotografica è l’espressio ne visiva di un’idea, una rappresen tazione pensata per convogliare un punto di vista. Sin dal momento del la sua ideazione, attraverso la mostra Amazônia ho voluto ricreare un am biente nel quale il visitatore si sentisse avvolto dalla foresta e potesse immer gersi sia nella sua vegetazione rigo gliosa sia nella quotidianità delle po polazioni native. Oltre alle immagini, poste a diverse altezze e presentate in diverse dimensioni, la mostra si artico la in spazi che ricordano le ocas, tipi che abitazioni indigene, evocando in modo vivido i piccoli e isolati insedia menti umani nel cuore della giungla. «L’idea è di mantenere quest’area quasi completamente al buio, puntan do la luce soltanto in direzione delle fotografie. Le pareti sono color grigio scuro, mentre le ocas sono dipinte con dell’ocra rossa. Dei filmati ritraggo no i leader delle comunità indigene che raccontano la propria vita, i loro problemi e le proprie usanze. «La visita è accompagnata da una traccia audio composta appositamen te per la mostra da Jean-Michel Ja rre e ispirata ai suoni autentici della foresta, come il fruscio degli alberi, i versi degli animali, il canto degli uc celli o il fragore dell’acqua che cade a picco dalle montagne. «Nelle due sale di proiezione, sono presentati due temi differenti: in una è mostrato il paesaggio boschivo, le cui immagini scorrono accompagnate dal suono del poema sinfonico Erosão (Origem do Rio Amazonas), del com positore brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887-1959); nell’altra, sono esposti al cuni ritratti di donne e uomini indi geni con in sottofondo una musica appositamente composta dal musici sta brasiliano Rodolfo Stroeter (1958). «Per quanto inverosimile possa sem brare poter pensare di riprodurre le sensazioni che si provano quando ci si trova davvero nella foresta pluviale, speriamo tuttavia venga trasmesso, quantomeno in piccola parte, l’alone di magia che permea la regione amaz zonica e le sue popolazioni native, of frendo ai visitatori un’esperienza intima e profonda che possa accompagnarli anche una volta fuori dalla mostra». Nel corso della sua vita, Sebastião Salgado ha fotografato i più splendidi e incantevoli palcoscenici che la Terra offre: minatori d’oro che strisciano co me termiti sui lati fangosi di un pozzo gigante; rifugiati aggrappati alla vita in polverose lande desolate; pozzi di petro lio in fiamme nei deserti del Kuwait. Ma esplorare la regione amazzonica del suo Brasile natale, con i suoi affluenti diffici li da navigare, è stata una nuova sfida. La preparazione della spedizione è stata onerosa anche dal punto di vista politico e burocratico. Tramite il Funai (Associazione Nazionale Indiana del Bra sile, che supervisiona tutti i contatti tra Sebastião Salgado. Amazônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; Taschen Verlag, 2021; 528 pagine 30,8x26cm (4,29kg); 100,00 euro. ▶ S e bastião Salgado. Amazônia, con il con tributo di Lélia Wanick Salgado; edizione Su mo; Taschen Verlag, 2021; 472 pagine 70x50,5cm (24,9kg), più libro aggiun to di trentadue pagine con le didascalie; leggio in acciaio 90x38,5x113,5cm (46kg), con verniciatura a polvere; 3000,00 euro.

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Archivio FOTOgraphia VerlagTaschen

35 gli estranei e le comunità indigene), è stato chiesto alle diverse collettività se intendevano accettare un fotografo co me ospite. Tutto questo per raggiungere comunità che hanno pochi contatti con il mondo esterno, o -addirittura- nessu no del tutto: in Brasile, si conteggiano più di cento gruppi tribali che non so no mai stati contattati. I problemi dell’Amazzonia sono ben noti e urgenti: incendi, deforestazio ne, agricoltura invadente, costruzione di strade. Ma Sebastião Salgado rivela e mostra che c’è ancora molto per cui lottare. Con tutta la propria rapacità, il mondo moderno, ha distrutto solo «un pezzetto di periferia. Il cuore è ancora lì. Per mostrare questo luogo inconta minato, fotografo l’Amazzonia viva, non l’Amazzonia morta». Le sue immagini di paesaggi divulga no la vastità del cuore ancora inconta minato di questa natura selvaggia. Allo stesso momento, i suoi ritratti rivelano in profondità i mondi di chi considera la Terra come linfa vitale. Posano per lui in copricapi di piume con facce di pinte, o disadorni e nudi.

Sebastião Salgado (Amazônia): Giovani donne Suruwahá. Stato di Ama zonas, Brasile (2017). «Una mostra fotografi ca è l’espressione visiva di un’idea, una rappre sentazione pensata per convogliare un punto di vista [...] nel quale il visi tatore si sentisse avvol to dalla foresta».

Contrasto/SalgadoSebastião©

L’intrepida e intensa vita di Marga ret Bourke-White è stata raccontata in due libri: in una morbida autobiogra fia, Portrait of Myself, del 1963, e nella Biografia, compilata da Vicki Goldberg, nale Life, il 23 novembre 1936, con illustrazione in copertina di Marga ret Bourke-White, è ri cordata ed evocata nel foglio Souvenir emesso dalle Poste statuniten si, il 10 settembre 1998. A fine secolo, una serie filatelica di dieci sogget ti ha scandito le decadi del Novecento, per ognu na delle quali sono sta ti puntualizzati accadi menti significativi e fon danti... ovviamente, dal punto di vista statuni tense (americanocentri co). Segnaliamo anche la presenza della celebre Migrant Mother, di Do rothea Lange (ancora al femminile), rappresen tativa della Grande De pressione.

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36 MARGARET BOURKE-WHITE L’imponente retrospettiva Prima, don na. Margaret Bourke-White fotografa presenta oltre cento immagini, prove , che -in passo cronologico- allacciano il filo del per corso esistenziale della fotogiornalista e mostrano la sua capacità visionaria e insieme narrativa, capace di comporre “storie” fotografiche dense e folgoran ti. Per ricordare una fotografa epocale: una grande donna, la sua visione e la sua vita Domandacontrocorrente.trasversale, con risposta certa. In un tempo, come è il nostro, nel quale la Fotografia manifesta tan ta contemporaneità espressiva, divul gata attraverso mille e mille canali, è ancora opportuno soffermarsi sui passi della Storia, fosse anche della propria Storia? Clamorosamente, sì! Per tanti motivi, alcuni dei quali possono anche tenere conto dell’esuberanza attuale, alla quale non corrisponde sempre ana loga qualità progettuale e comunica tiva. Da cui, le lezioni dal Passato -per il quale ciascuno conteggi in proprio le distinzioni tra Remoto e Prossimosono sempre e comunque proficue sul Presente: sia di chi agisce attivamente in Fotografia, proponendosi come au tore, sia per coloro i quali ne frequen tano il linguaggio e i valori incisivi.

Ciò premesso, l’allestimento di una si gnificativa e autorevole mostra di Mar garet Bourke-White (1904-1971) si offre e propone come eccezionale momento di considerazione su una intensa stagio ne del fotogiornalismo, a cavallo della Seconda guerra mondiale, al quale la celebrata fotografa ha tanto contribu ito da essere considerata tra le figure più rappresentative ed emblematiche del Novecento: dalla sua Fotografia al la Vita di ciascuno di noi. A cura di Alessandra Mauro, la mostra Prima, donna. Margaret Bourke-White fotografa presenta e offre la Fotogra fia di una fotogiornalista precorritrice dell’informazione visiva e dell’immagi ne, che ha esplorato ogni aspetto del la Fotografia: dal mondo dell’industria e dai progetti corporate fino agli ampi reportage per le testate statunitensi più rilevanti dagli anni Trenta del Novecen to, del calibro di Fortune e Life, per la cui nascita, il 23 novembre 1936, firmò la copertina del numero Uno. Ancora, inviata di guerra nel Secondo conflitto mondiale (prima corrispondente di guerra donna) e sui fronti della Storia che si andava scrivendo (primo fotogra fo straniero ad avere accesso in Unione Sovietica, nell’estate 1941): dove e quan do realizzò intensi ritratti di Stalin, prima, e del Mahatma Gandhi, poi, avvicinato durante un reportage sulla nascita del la nuova India, fotografato nel 1946, fino al Sudafrica dell’apartheid e ai proble ma razziali nel Sud degli Stati Uniti e al brivido delle visioni aeree di Manhattan.

37 del 1986 (in edizione italiana Serra e Ri va, del successivo 1988). Tra i due testi, il secondo è più rilevante, perché -co me da proprio mandato- non è com piacente in nessuno dei suoi passaggi. Allo stesso momento, a differenza di intenzioni altrove scandalistiche, non scade mai di tono e gusto. Inoltre, valore aggiunto non secon dario, la stessa Biografia è stata usata anche per la sceneggiatura di un film televisivo che in Italia è stato spesso trasmesso in seconda o terza sera ta da innumerevoli emittenti locali.

Margaret Bourke-White: Gandhi, Pune (1946). Francobollo del Mozambi co del 30 novembre 2009.

reservedrightsAllInc.CollectionPictureThe1946Bourke-White.MargaretbyImages©Archivio FOTOgraphia

Intitolato alternativamente Il coraggio di Margaret, più spesso, oppure Mar garet Bourke-White, una donna spe ciale, più raramente, è un film sostan zialmente fedele al testo di riferimen to: regia di Lawrence Schiller (Central Independent Television; Usa, 1989); in originale, Double Exposure: The Story of Margaret Bourke-White. E ciò è effettivamente: la storia della celeberrima fotoreporter di Life, così come è stata benevolmente raccon tata nel testo di Vicki Goldberg, sce neggiato da Marjorie David.

La bambola di carta di Margaret Bourke-White scandisce due tempi significativi della sua personalità, che pertanto deve essere nota anche al grande pubblico statunitense. Da una parte, abbiamo una distinta signora a passeggio, con macchina fotografica tra le mani; dall’altra, una professioni sta bardata per una missione fotografica a bordo di un aereo militare, nel 1943 (fatto reale, ripreso da un suo ritratto foto grafico; qui sotto, a destra). In entrambi i casi, sottolineiamo proprio l’eleganza dei due abbigliamenti. Del resto, sappiamo bene come Margaret Bourke-White fosse una donna ricercata, tanto da essere considerata tra le dieci donne americane più eleganti della propria epoca (ed è per questo che sta sulle pagine del fascicolo sul quale l’ab biamo individuata). Nella Biografia compilata da Vicki Gold berg, pubblicata in Italia da Serra e Riva Editori, nel 1988, leg giamo che la fotografa «era perfettamente consapevole di dover vendere anche se stessa insieme alle sue fotografie». Pertanto, «si preoccupava del suo aspetto esteriore come il curatore di una mostra itinerante. Gli abiti divennero un pas saporto e un sostegno al contempo». Tanto che «Margaret si fece un abito viola e un panno in velluto dello stesso colore per la macchina fotografica, di modo che quando cacciava la testa sotto il panno per scattare, la scenografia rispettava i canoni dell’abbinamento cromatico. Soddisfatta di tanta ele ganza, preparò altri due panni: uno azzurro da coordinare con guanti e cappello e uno nero per gli accessori rossi». Così è. Dalla fantasia a una testimonianza di “vita vera” in raccon to cinematografico. Per la figura professionale di Margaret Bourke-White si ricorda la sua partecipazione complementare nel film Gandhi, di Richard Attenborough, del 1982, nell’in terpretazione di Candice Bergen. L’episodio visualizzato nel film è storico. Nel 1946, due anni prima del suo assassinio, quando il Mahatma aveva attirato l’attenzione internazionale, la fotoreporter statunitense fu inviata da Life in India. Celeberrimo è il ritratto con l’arco laio compreso nell’inquadratura orizzontale [a pagina 36].

Quell’incontro è ben descritto nella Biografia della fotografa, scritta da Vicki Goldberg, pubblicata in Italia da Serra e Riva Editori, nel 1988. Se vero, l’episodio è affascinante. «Non appena Gandhi prese a filare, Margaret usò uno dei suoi tre flash. Ma il lampo venne ritardato dal caldo umido. Non rimanendole che due soli flash, Margaret decise di usare la macchina con il treppiedi. Anche quest’ultimo, tuttavia, si rifiutò di collaborare: una gamba si bloccò all’altezza minima e un’altra alla massima. Dopo aver controllato attentamente il secondo flash, Margaret scattò a questo punto un’altra istanta nea. Funzionò tutto a meraviglia. Solo che aveva scordato di ca ricare la macchina. Fortunatamente, l’ultima fotografia riuscì».

38 BOURKE-WHITE BAMBOLA DI CARTA

(1943)volodatutainBourke-WhiteMargaretdiAutoritratto

Archivio FOTOgraphia

Autentica testimone del Novecento, con l’onore della co pertina del numero Uno di Life, Margaret Bourke-White è stata una fotoreporter di spicco di una luminosa stagione del fotogiornalismo internazionale. E su questo siamo tutti d’accordo: tanto che ogni ulteriore osservazione al proposi to sarebbe soltanto ridondante ripetizione.

In aggiunta, segnaliamo una vicenda curiosa: una sagoma personalizzata di Margaret Bourke-White, ripresa da Notable American Women, della collana Paper Dolls dell’editore sta tunitense Dover, pubblicato nel 1989. È esplicito: bambole di carta da ritagliare, proposte in duplice abbigliamento. Ovvia mente, nella raccolta, la fotogiornalista è in buona compagnia.

reservedrightsAllInc.CollectionPictureThe1945Bourke-White.MargaretbyImages©Archivio FOTOgraphia Archivio FOTOgraphia (3)

Ogni serie di fotografie è associata a documenti personali, in modo da far scorrere in parallelo la sua carriera di fo tografa con la sua esistenza privata: dal numero Uno di Life, appena menziona to, alle fotografie della Seconda guer ra mondiale, ai ritratti dei protagonisti del Novecento, alla letteratura (in primis, Erskine Caldwell, suo secondo marito, sposato nel 1939), fino a importanti col laborazioni con altri fotografi, come Al fred Eisenstaedt e Lee Miller. Insomma... avvincente retrospettiva per ricordare una fotografa epocale: una grande donna, la sua visione e la sua vita Lezionecontrocorrente.dalPassato.■

Torniamo alla mostra in soggetto e concludiamo. L’allestimento scenico di Prima, donna. Margaret Bourke-White fotografa scandisce oltre cento imma gini, provenienti dall’archivio Life, divise in dieci serie tematiche, che -in passo cronologico- allacciano il filo del per corso esistenziale della fotogiornalista e mostrano la sua capacità visionaria e insieme narrativa, capace di comporre “storie” fotografiche dense e folgoranti.

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■ Nel 1988, Serra e Riva Editori hanno pubblicato Margaret Bourke-White. Una bio grafia, di Vicki Goldberg. Questo testo ha offerto la base per la sceneggiatura del film-biografia Double Exposure: The Story of Margaret Bourke-White, del 1989, di retto da Lawrence Schiller, con l’attrice Farrah Fawcett nei panni della fotografa. Ne possiamo registrare solo casuali passaggi televisivi in emittenti minori. Tanto che non esiste Dvd, e la sola testimonianza fisica è in videocassetta Vhs statunitense. A completamento, richiamiamo anche un altro testo analogo: Portrait of My self, che sottotitola e specifica The Autobiography of Margaret Bourke-White (in edizione G.K. Hall & Co, del 1985, sull’originaria del 1963).

Margaret Bourke-White: Buchenwald (1945). Francobollo statuniten se del 2 settembre 1995 [anche a pagina 63].

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ANAÏS TONDEUR L’autorevole filosofo Michael Marder ha scoperto le opere fotografiche di Anaïs Tondeur durante la mostra Dessiner l’invisible, a cura di Damien McDonald, alla Galerie 24b, di Parigi. E, come ha sottolineato, ha immediatamente percepito nel profondo che «le immagini sono le registrazioni visibili di una calamità invisibi le». È così che è nata l’idea di un libro. Accadono momenti simili nella vita dell’Arte, quando un’opera e il suo lettore aprono un dialogo con l’abisso. Nell’incontro con le radiazioni di quel famoso aprile 1986, si propongono rayogram mi in alta risonanza. In nostra ripetizione dovu ta: la natura che si fa di sé medesima pittrice

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1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

Frammento 9 Alberi caduti Phaseoleae

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h Rischio lucidaByrsonima

42 Frammento 10 Ad Anapa usitatissimumLinum

Frammento 2 Esplosioni di luce

Frammento 21 Anapa-Chernobyl

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h usitatissimumLinum

Frammento 12

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1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h pruriensDolichos

43 Frammento 24 Una capsula del tempo usitatissimumLinum 1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

44 Frammento 6 Esposizione usitatissimumLinum 1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

Frammento 7 Una testimonianza silente

Frammento 18 A casa

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45 Frammento 33 Herbarium Trauma usitatissimumLinum

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h usitatissimumLinum

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

Frammento 16 Chernobyl, il luogo e la parola usitatissimumLinum

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h usitatissimumLinum

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

Frammento 35 Lutto nucleare usitatissimumLinum

Frammento 13 Cos’è un erbario? santalaceaeumbrellataComandra

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

46 Frammento 1 La stazione del treno usitatissimumLinum

1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

Frammento 26 Recuperare i nostri sensi... e il nostro senso scrophulariaceaeLinaria

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47 Frammento 28 Bellezza sublime chinumGeranium 1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

ralmente sono d’accordo con quanti sostengono che non è semplicemente il reattore a essere saltato in aria, ma tutto Chernobyl’skaya molitva: hronika ; Vremya, Mosca, 2008 ed edizioni successive / , a cura di Sergio Rapetti; Edizioni e/o, 2015 e seguiti. In aggiunta, rimandiamo, dello scorso ottobre]. Non v’è dubbio: Chernobyl ha segnato il tramonto del soggetto collettivo sovietico, tramonto che ha coinciso con il crollo dell’Unione Sovietica e che, insieme, lo ha accelerato. In senso più ampio, è stato anche un trauma che ha investito l’Europa e raggiunto proporzioni planetarie, indebolendo la già vacillante fede nel progresso tecnologico e incrinando l’illusione di sicurezza custodita gelosamente entro i confini degli Stati nazionali ricchi. Cosa rimane oggi, nel 2016 [nel 2021], di questo evento? Troppo, ma anche troppo poco. Troppo, perché trent’anni [trentacinque] sono un lasso di tempo insignificante, un’inezia, un battito di ciglia, in una

cro Frammento 5 Eccesso di significato chinumGeranium 1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

48 fatte strada in quest’opera si librano nella zona grigia situa ta tra ciò che pertiene l’individuo, il singolo, un intimo ripie gamento, da un lato, e l’universale, quanto connota e lega l’umanità intera, dall’altro. Sono le schegge di quella che, ispirandoci alla Preghiera per Chernobyl di Svetlana Alek sievič, chiamiamo una coscienza esplosa. Come argomenta l’autrice -in merito agli effetti non immediatamente visibi li di Chernobyl- in un’intervista a se stessa, riecheggiando all’unisono con la testimonianza di Oleg Vorobej, un liquida tore delle conseguenze del disastro: «Chernobyl è una cata strofe della mentalità russa. Non ci ha mai pensato? Natu

La scommessa che anima questo libro [a pagina 62, su questo stesso numero; qui le immagini in veste di portfolio d’autore] è la volontà di contribuire, nella nostra umile misura, l’irrappresentabile. Di qui, i percorsi che abbiamo scelto: in luogo di argomentazioni spassionate, troverete riflessioni det tate da esperienze personali, oggetti estetici e processi poli tici; al posto di fotografie o dipinti, osserverete fotogrammi, generati dall’impronta diretta di esemplari di un erbario ra dioattivo. Queste piante sono state prima coltivate nel suolo della “zona di esclusione” da Martin Hajduch dell’Istituto di genetica vegetale e biotecnologia dell’Accademia slovacca delle Scienze e poi disposte su carta fotosensibile.

Europa e nel mondo intero non si è arrestata e c’è chi osa persino affermare che sia più sicura ed ecologicamente so stenibile dell’energia ottenuta da combustibili fossili. Un ri pensamento radicale del significato dell’energia e del suo approvvigionamento deve ancora compiersi sul duplice sfon do di Chernobyl (e poi di Fukushima) e del cambiamento climatico di origine antropica [rimandiamo al progetto foto grafico Anthopocene, del canadese Edward Burtynsky, alle stito nelle autorevoli sale della Fondazione Mast, di Bologna, presentato in FOTOgraphia, del giugno 2019].

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Le piante saranno le nostre guide, ricollegandoci al suo lo (irrimediabilmente contaminato), illuminando il signifi cato di ciò che resta e aiutandoci a discernere i lineamenti di una testimonianza che rispetti il silenzio assoluto.

■ ■ Frammento 17 Fallout lucidaByrsonima 1,7radiazione:dilivello/(2011-2016)cartasufotogramma/mSv/h

La genesi di questa immagine obbli ga a compilare considerazioni sul me dium fotografico in sé, sulla sua validità documentale e sul proprio utilizzo, già così articolato a pochi anni dall’inven zione della stessa Fotografia. Per proprio mandato (?), la Fotogra fia racconta (anche) i cambiamenti del mondo, l’avanzare del capitalismo mo derno e del suo metodo di produzione, ne è lo strumento più affidabile dell’e poca. Nata nel 1839, registra un’evolu zione rapidissima del suo utilizzo comu nicativo, prima ancora che tecnico ed La definita colonna Ven dôme è una colonna co clide di Parigi, situata al centro della Place Ven dôme, nel Primo arron dissement della città. Nel corso degli anni, ha as sunto diversi nomi: “co lonna d’Austerlitz”, poi “colonna della Vittoria”, prima di diventare “co lonna della Grande Ar mata”. È stata fatta eri gere sul modello della Colonna Traiana, a Roma. È una colonna di bron zo alta quarantaquattro metri e con un diametro medio di circa tre metri e sessanta centimetri, po sata su un basamento e sormontata da una sta tua di Napoleone. Il sedici maggio, duran te la Comune di Parigi, gli insorti abbatterono la colonna Vendôme per conto della rivoluzione in atto: «La Comune di Parigi considera che la colonna imperiale della Place Vendôme sia un monumento di barbarie, un simbolo di forza bruta e di falsa gloria, una affer mazione di militarismo, una negazione del diritto internazionale, un insul to permanente dei vinci tori ai vinti, un attentato continuo ad uno dei tre grandi principi della Re pubblica: la fratellanza!». Per l’occasione, fu pre vista anche una docu mentazione fotografica, per certi versi ufficiale: qui sotto, il pass di acces so di Gustave Lemaire; a destra, la piazza dopo l’abbattimento, con un apparecchio fotografico identificabile, in basso, puntato verso la colon na. Ovviamente, siamo in tempi lontani dall’i stantanea fotografica.

50 di Rinaldo Capra Milleottocentosettantuno... centocin quanta anni fa. Il diciotto marzo è l’inizio della rivolta. Il detonatore è il tentati vo del governo di (Marie Joseph Louis) Adolphe Thiers (1797-1877) di smobili tare l’artiglieria di Montmartre. Il gene rale Claude Lecomte (1817-1871) ordina ai militari di sparare sulla folla. Non è obbedito, ed è arrestato dai suoi stes si uomini. Così inizia la prima grande esperienza di autogoverno socialista e libertario: la Comune di Parigi. Il generale (Jacques Léonard) Clément Thomas (1809-1871), già protagonista della sanguinosa repressione del precedente 1848, si aggira di nascosto nei pressi di una barricata, ma viene riconosciuto, ar restato e ucciso nel Jardin Francs Bour geois -Rosiers, nel quartiere del Marais: è il primo morto della Comune; il suo corpo rimane esposto per due giorni in rue des Rosies (oggi, rue du Chevalier-de-la- Bar re). Poco dopo, anche Claude Lecomte è fucilato nello stesso luogo. Dell’esecu zione nessuna immagine, ma, in seguito, dopo la repressione della Comune, nel giugno 1871, il fotografo Ernest-Charles Appert (1831-1890), interprete del “fotori tocco” / “fotomontaggio”, mette in scena le fucilazioni con attori recitanti, sui quali poi monta i volti dei due generali, ripresi da precedenti fotografie di repertorio. Questa fotografia è un autentico falso (ossimoro!), ma assolve al proprio com pito storico come fosse vera. Comun que, costituisce la nostra memoria vi siva: è un’immagine falsa che crimina lizza i comunardi, ma che va ben oltre le intenzioni dell’autore. Ancora oggi -come quelle del miliziano di Robert Capa e/o della bandiera statunitense issata sul monte Suribachi, nell’isola di Iwo Jima, di Joe Rosenthal-, questa fo tografia che racconta il primo giorno della rivolta trascende le polemiche sul la sua verità documentale e si innalza a icona della rivoluzione.

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COMUNE

Disamina sui rapporti complicati della Fotografia con moti rivoluzionari e, per estensione, con la fotografia di guerra, oggigiorno sempre più embedded, nel senso di allineata / asservita. Nel centocinquantenario dalla Comune di Parigi (18 marzo - 28 maggio 1871), fotografie autentiche (poche) e fotomontaggi finalizzati (tanti) si offrono e propongono come basi per considerazioni sul medium fotografico in sé, sulla sua validità documentale e sul proprio utilizzo, già così articolato a pochi anni dall’invenzione della stessa Fotografia diPARIGI

Le poche immagini dei morti giunte fino a noi, delle migliaia scattate, sono quelle custodite negli archivi delle isti tuzioni, perché ne è vietata la diffusio ne e il commercio. Per questioni ammi nistrative e per identificare i caduti, la Comune commissiona documentazioni fotografiche dei cadaveri; mentre il go verno di Adolphe Thiers lo fa per sche dare i comunardi giustiziati: si propone una sorta di fotografia segnaletica mortem. Eseguite negli obitori e negli ospedali, le poche rese pubbliche sono censurate, perché attirano l’attenzione e lo sdegno dei borghesi.

52 estetico, perché -per definizione e pre supposto- certifica, documenta, rileva, ma -allo stesso tempo- distorce, sempli fica e manipola. Già nel 1855, si pubbli cano i primi fotomontaggi della Storia, che proseguiranno ad essere proposti in modalità sempre più sofisticate. Quin di, dopo soli sedici anni dall’invenzione di Louis Jacques Mandé Daguerre (dal 1839 di origine al 1855 in considerazio ne), la classe dominante è già padrona del mezzo e ha già concepito la neces sità di controllarne l’uso e la diffusione.

Ai tempi, esistono già società di di stribuzione delle fotografie e delle fo toincisioni, come l’antesignana Société Photoglytique Nanterre, e alcuni foto grafi, come Hippolyte Vaudray, sono «Durante la Comune, per la prima volta, solo trentadue anni dopo la sua invenzione, la Foto grafia viene usata come mezzo di identificazio ne per la repressione e le esecuzioni di massa culminate nella semai ne sanglante (settimana sanguinante; da dome nica ventuno maggio al la successiva domenica ventotto), che annientò la rivolta, e proseguite ancora a lungo. Le foto grafie di reportage dei comunardi diventano un formidabile mezzo di delazione. Basta es sere fotografati su una barricata per essere ac cusati e giustiziati». È sicuramente questo il destino che si è abbat tuto sui comunardi or gogliosamente in posa dopo aver demolito la co lonna Vendôme, il sedici maggio. Da momento di vittoria, o presunta tale, a delazione e persecu zione grazie all’“ogget tività” della giovane Fo tografia (dal 1839). Oggigiorno, il dibattito at torno il medium fotogra fico ha superato questa superstizione, è andato ben oltre, si esprime di versamente: ma, nel 1871... «Inoltre, si allestirono ri costruzioni fotografiche false e faziose, realizzate con attori in posa, di epi sodi realmente accaduti e di dominio pubblico, ma totalmente stravolti al fine di criminalizzare i comunardi; parallela mente, si avvia la cam pagna di schedatura fotografica di tutti gli arrestati nel campo di prigionia di Satory, nei pressi di Versailles, e nel la Prison de Chantiers, a Versailles, eseguita da Ernest-Charles Appert, che applica le raffinate tecniche del suo afferma to studio professionale».

L’ipotizzabile fotografia di reporta ge in cronaca racconta una Comune meno drammatica: barricate, strade, gruppi, Place Vendôme sono immagi ni essenziali, scarne, che non raccon tano nulla dell’azione; mentre i falsi e i fotomontaggi, eseguiti dopo la caduta, sono altro. Sono strumentali: fotografica non può essere attribuita al mezzo, ma solo al proprio uso pro ditorio da parte di fotografi “bugiardi”

Tutte le immagini (disegni, dipinti, fo tografie) non rappresentano efficace mente gli eventi parigini della primavera 1871. L’esperienza comunarda è troppo breve e rivoluzionaria (diciotto marzoventotto maggio) perché si possano pro durre opere che costituiscano uno stile: per realizzare dipinti ci vuole tempo e la più rapida fotografia è tecnicamente ancora troppo limitata. La maggior par te di immagini della Comune di Parigi è stata confezionata nei mesi successivi alla sconfitta; inoltre, gli autori in differi ta hanno dovuto fare i propri conti con la censura e i divieti imposti dal regime, dal novembre 1871, e con l’autocensura che molti hanno praticato per godere dell’amnistia del 1881.

53 anche editori, e sulle stampe commer cializzate compaiono già i divieti di ri produzione e la rivendicazione della proprietà intellettuale delle immagini. Durante la Comune, per la prima volta, solo trentadue anni dopo la sua inven zione, la Fotografia viene usata come mezzo di identificazione per la repres sione e le esecuzioni di massa culmina te nella semaine sanglante (settima na sanguinante; da domenica ventuno maggio alla successiva domenica ven totto), che annientò la rivolta, e prose guite ancora a lungo. Le fotografie di reportage dei comunardi diventano un formidabile mezzo di delazione. Basta essere fotografati su una barricata per essere accusati e giustiziati. Inoltre, si allestirono ricostruzioni fo tografiche false e faziose, realizzate con attori in posa, di episodi realmente ac caduti e di dominio pubblico, ma total mente stravolti al fine di criminalizzare i comunardi; parallelamente, si avvia la campagna di schedatura fotografica di tutti gli arrestati nel campo di prigio nia di Satory, nei pressi di Versailles, e nella Prison de Chantiers, a Versailles, eseguita da Ernest-Charles Appert, che applica le raffinate tecniche del suo af fermato studio professionale. I suoi sono ritratti essenziali e molto lontani dal pittorialismo in auge allora, e costituiscono una nuova estetica. Im magini che restituiscono volti intensi, consapevoli e mai domi dei rivoluzio nari e che completano le loro biografie. Basta osservare i ritratti di Luise Michel, della vedova di Albert Leroy e di Louis Auguste Blanqui, così come quelli dei popolani, per superare lo stereotipo del rivoluzionario come invasato idealista o disperato lumpen [disinteressato all’a vanzamento rivoluzionario] e rendersi conto che i comunardi sono stati altro. Hanno posato e firmato una liberato ria d’uso delle loro immagini, in cam bio di un certo numero di stampe in formato carte-de-visite da distribuire autografate a parenti e amici. Esemplare e drammatico è il caso di Bruno Braquehais (1823-1875), primo fotogiornalista francese autenticamen te tale, forse l’unico fotografo schierato apertamente con i comunardi. È in stra da e fotografa le barricate, le persone durante gli eventi (in particolare il rove sciamento della colonna Vendôme), e pubblica l’opuscolo Paris pendant La Commune de Paris, con centocinquan ta fotografie (oggi, se ne conoscono sol tanto centonove). I suoi ritratti di grup (Jean Désiré) Gustave Courbet (1819-1877) è stato un acclamato e autorevole pittore fran cese della metà dell’Ot tocento. È considerato e conteggiato padre del “realismo” in pittura; fu tra i primi a riprendere la vita quotidiana, soprat tutto degli umili. Questo anche in corrisponden za di un suo dichiarato impegno sociale. Nei primi anni Settan ta dell’Ottocento, diven ne presidente della Fe derazione degli Artisti, battendosi per liberare l’arte dalla censura. La sua attività, che univa arte e politica, lo portò a ricoprire un ruolo di spicco negli anni della Comune di Parigi. Accusato di aver pre so parte all’abbattimento della colonna Vendôme, venne condannato a sei mesi di reclusione nella prigione di Sainte-Pélag ie. Nel maggio 1873, il go verno francese lo san zionò per trecentoven titremila franchi, per il rimborso delle spese di ricostruzione della colon na stessa.

A seguire, ahinoi, queste immagini sono state tutte utilizzate dalla repres sione governativa proprio per la loro qualità fotografica: i comunardi sono tutti perfettamente riconoscibili.

Nella Comune, tutte le contraddi zioni dell’uso delle immagini fotogra fiche si concretizzano in modo violento e drammatico. Nessuna rivoluzione ha più avuto un rapporto così problema tico e complicato con le proprie im magini e la relativa funzione repressiva e punitiva come la Comune di Parigi. In una delle più clamorose e simboli che azioni rivoluzionarie, l’abbattimento della colonna Vendôme, l’otto maggio, si pone la questione del controllo della diffusione delle fotografie; e la Comune limita l’accesso dei fotografi alla piazza. Ad alcuni fotografi, viene rilasciata una tessera di libera circolazione dal Major de Place Vendôme (il comandante di piaz za): tra questi, Gustave William Lemarie (corrispondente del periodico francese L’Illustration), André Adolphe Eugène Disdéri e Bruno Braquehais. Nel pome riggio, la colonna è abbattuta, la statua di Napoleone rotola a terra, mentre la gente intona il Chant du départ [Can to di partenza, motto rivoluzionario e di guerra scritto da Étienne Mèhul e Ma rie-Joseph Chénier, nel 1794]. Le donne hanno partecipato attiva mente alla vita della Comune di Parigi, formando associazioni e combattendo sulle barricate; hanno suscitato sconcer to tra i borghesi, che inventarono il mi to delle pétroleuse, le incendiarie. Per i borghesi, le donne in armi furono segno del crollo della moralità e dell’ordine so ciale, perché le donne che bruciano le chiese evocano cupidigia e pregiudi zio, sono cittadine assetate di sangue. Non esistono fotografie delle pétroleuse, ma solo incisioni e caricature sprezzanti, perché sono un’invenzione di Versailles. Ma i fotografi riescono a fare peggio: la velenosa didascalia in calce a fotografie segnaletiche di donne in carcere, a Ver sailles, recita: Incendier. La didascalia attri buisce all’immagine un significato altro, è manipolatoria e -purtroppo- efficace. Come già rilevato, caduta la Comu ne, l’azione mediatica per addossare ai comunardi tutta la responsabilità delle efferatezze e la mancanza di fotografie d’azione degli episodi più cruenti spin ge i fotografi Ernest-Charles Appert e Hippolyte Vauvray a ricostruirli con at

54 po sono chiari e nitidi, anche per la sua adesione alla Comune, che gli permette di avvicinare i comunardi senza riserve.

Dell’esecuzione dei ge nerali Claude Lecomte e Clément Thomas non esistono immagini “ve re”. Dopo la repressio ne della Comune di Pa rigi, nel giugno 1871, il fotografo Ernest-Charles Appert ha organizzato e svolto una messa in sce na con (centroattori-interpreti.pagina)Lafo tografia Dominicans d’Arcueil échappés au massacre (scampati al la strage) è uno dei fo tomontaggi riuniti nella serie Les crimes de La Co mune, di Ernest-Charles Appert. L’artificio foto grafico si rivela in molti dettagli, a partire dalle fisicità dei personaggi, assolutamente improba bili: le teste sono spro porzionate tra loro. (in basso) Giustamente acclamato dalle Storie della Fotografia in quan to inventore del sistema a obiettivi multipli per carte-de-visite (ritratto socialmente discrimi nante nella Storia), An dré Adolphe Eugène Di sdéri (1819-1889) ha col laborato con la repres sione della Comune di Parigi realizzando pose di cadaveri di insorti giu stiziati, utilizzate poi co me monito. Del tutto opposto, è il caso di Bruno Braquehais (1823-1875), primo fotogiornalista comunardi.ratoseautenticamentefrancesetale,forl’unicofotografoschieapertamenteconiÈinstradae fotografa le barricate, le persone durante gli even ti (come il rovesciamento della colonna Vendôme), e pubblica l’opuscolo Pa ris pendant La Commune de Paris, con centocin quanta fotografie.

■ Serie di quattro franco bolli celebrativi del cen tenario della Comune di Parigi emessi dalla Re pubblica Democratica (?) Tedesca / DDR il 9 marzo 1971. Sequenza di acca dimenti e rievocazioni: folla in piazza, di fron te al Municipio di Pa rigi, al momento del la proclamazione della Comune; barricata sul la Place Blanche, dife sa dalle donne; incisione di Théophile Alexandre Steinlen (1859-1923) per un’edizione dell’Interna tionale; frontespizio del saggio La guerra civile in Francia, di Karl Marx (in edizione italiana de gli Editori Riuniti, a cura di Palmiro Togliatti, con copertina evocativa “Vi ve la AltreCommune!”).rievocazioni ana loghe, ovviamente limi tate a paesi dell’area un tempo socialista, a parti re dall’Unione Sovietica, non sono state altrettan to cadenzate.

55 tori, in faziose messe in scena e poi con la tecnica del “fotoritocco” / “fotomon taggio”, inserendo nelle stampe i volti dei rivoluzionari e delle vittime.

La serie fotografica più famosa è Les crimes de La Commune, di Ernest-Char les Appert: composta da sette messe in scena e una fotografia -Dominicans d’Ar cueil échappés au massacre (scampa ti alla strage)-, realizzate nell’arco di un anno, a partire dal 29 luglio 1871. Le fotografie di questa serie interpre tano la memoria visiva della Comune e riescono nell’intento: sono fotomontaggi che imitano la registrazione fotografica di scene reali nelle quali la Comune è ri stretta a un regno di violenza e ferocia criminale, che, con il ripristino dell’ordine borghese, espierà le proprie colpe con le esecuzioni e le deportazioni di massa. Il fotomontaggio pone innanzitutto problemi di credibilità: nella scena dei domenicani di Arcueil, appena evocata, il fotografo dovrebbe stare sotto il fuo co dei comunardi e le fisicità di diversi personaggi non appaiono realistiche (per esempio, le teste sono sproporzio nate tra loro). Ancora, la prospettiva di Assassinio di Gustave Chaudey è tan to distorta ed è talmente ritoccata da sembrare un’illustrazione. Del resto, Ernest-Charles Appert è più interessato alla drammatizzazione che alla veridicità. Anche se è ispirato a un’in cisione di L’Illustration, il fotomontaggio più verosimile, in termini formali, è quel lo dell’esecuzione dei generali Clément Thomas e Claude Lecomte, che dà l’im pressione di una fucilazione ufficiale.

La serie riesce a screditare la Comune di Parigi nel lungo periodo, tanto è vero che per il centenario, nel 1971, la Germa nia ha ripubblicato le immagini dei Cri mini della Comune senza specificare il loro status di fotomontaggio. Nel 1972, in Francia, alcune edizioni hanno presentato le ricostruzioni di Er nest-Charles Appert come “documen ti autentici”; e, nel 2016, il quotidiano Ouest-France ha riutilizzato alcune im magini senza certificare la loro realiz zazione in fotomontaggio. Fine.

Archivio FOTOgraphia (4)

L’autore di queste sceneggiate equi voca tra lo statuto dell’oggettività lega ta al medium fotografico e quello della narrazione soggettiva, consentita dalle ricostituzioni e dal fotomontaggio. Que sta pretesa di oggettività non cambia la natura della serie, che rimane propa ganda, nella quale la figura centrale è quella dell’esecuzione.

di Antonio Bordoni Fotografie e frame di Simone Nervi Il rapporto che ogni fotografo crea con i propri strumenti, e soprattutto con le macchine fotografiche, è quantomeno composito e controverso. Se è conces sa una trasmigrazione dottrinale dalla Vita, possiamo affermare che si tratta di una complessa relazione di odio e amore. Più probabilmente, in termini invertiti, di amore e odio. Amore per il proprio utensile, spesso frequentato anche in termini feticistici, quasi di idolatria (e stiamo per attenua re i termini); odio per questo sentimen to, vissuto in misura contraddittoria. Più pacatamente, è pur vero che, oltre le in discutibili qualità formali che si richie dono al proprio strumento / utensile / dispositivo primario, si instaura anche una connessione/correlazione intima e personale. Detta esplicitamente: ciascun fotografo deve sentirsi a proprio agio e stare bene con la propria macchina fo tografica, qualsiasi questa sia. Ancora da lontano, per approdare poi alla sostanza delle considerazioni odier ne, che prendono atto dell’intenso lega me che da qualche stagione allaccia il bravo e scrupoloso Simone Nervi, uno dei più autorevoli interpreti contempo ranei della fotografia di moda/figura, alle prestazioni della Fujifilm X-T4.

SUL CAMPO In queste pagine, le va lutazioni Sul campo re lative alla Fujifilm X-T4 sono visualizzate con im magini e frame da video realizzati da Simone Ner vi, autorevole interpre te contemporaneo della fotografia. Sia in fotografia, sia con video di progettazione ed esecuzione lungimi ranti, è degno figlio del presente e della sua re lativa esuberanza... ap propriata. Non è inge nuo, non è sprovveduto e sa da dove attingere per alimentare la pro pria creatività applicata.

Da e con Richard Avedon, in testimo nianza dal suo celebrato progetto American West, raccolto in avvincenti monografie e proposto in ogni retro spettiva d’autore: «Ho scattato con una Deardorff 8x10 pollici in legno, ovvia mente fissata su treppiedi: folding mo derna per pellicole piane, niente affatto diversa dagli apparecchi antichi usati da Testimonianza di utilizzo della Fujifilm X-T4, che sottolinea il suo sostanzioso prestigio fotografico. Non prova teorica, con linee e puntini (di sospensione?), ma considerazioni effettive dall’espe rienza professionale quotidiana. Considerazioni suggerite da Simone Nervi, autorevole interprete della comunicazione visiva contemporanea, declinata anche alla luce delle condizioni tecnologi che dei nostri giorni. Con visualizzazioni esplicative a sostegno, supporto e, perché no, garanzia

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ColucciMichele

58 visiva con intelligenza e capacità inter pretative fuori dal comune. È chilome tri distante ed estraneo alle connivenze ignoranti che stanno popolando i nostri tempi fotografici, soprattutto italiani, e definisce un presente che fa tesoro sia della cultura trasversale (cinema, lette ratura, fumetti, esistenza), sia della tra sformazione tecnologica, con quanto di positivo offre e propone. Sia in fotografia, sia con video di pro gettazione ed esecuzione lungimiran ti, è degno figlio del presente e della sua relativa esuberanza... appropriata. Non è ingenuo, non è sprovveduto e sa da dove attingere per alimentare la propria creatività. Cioè, non è soggetto passivo, ma interprete attivo; e questa sua attenzione -ribadiamo, intelligen za oggi sempre più rara da incontra re- guida e governa sia la progettazio ne teorica sia la realizzazione pratica e concreta. Magari, a partire anche dai propri utensili applicati. Eccoci!

Per quanto destini alcuni suoi indirizzi all’uso consapevole di una dotazione fo tografica di alto lignaggio (Phase One!), molta della sua attuale progettazione si riferisce alle prestazioni dell’agevole Fujifilm X-T4, sia in funzione fotografi ca, sia in ripresa video: «È piccola, ma neggevole, facile da usare, molto bella esteticamente. Robusta, pesa il giusto e offre una maneggevolezza adegua ta; magari, può risultare un poco piccola per coloro i quali hanno mani grandi (?), ma il suo appeal Mirrorless è senza dub bio efficace. Nell’uso è molto silenziosa e discreta; a volte, anche troppo: durante gli shooting né il fotografo né la modella percepiscono il rumore dell’otturatore». Da qui, in testimonianza di utilizzo.

Don’t Panic : fashion film; Fujifilm X-T4 con Fujinon XF 16-55mm f/2,8 R LM WR. Scritto e diretto da Simo ne Nervi; DOP Simone Nervi; produzione e art direction Pro*Lab Pro duction; musiche di Luca Bernabei @MonthLab; styling, production desi gner e casting Pro*Lab Production; muah Pro* Lab Agency. (a pagina 60) The Call : fashion film con gli stessi crediti; più, location Of ficine Pro*Lab.

figurazioni presenti-futuribili. L’interfac cia Menu è funzionale e completo, con ampia scelta di impostazioni da regola re con una curva di apprendimento so stanzialmente veloce e semplice. Le simulazioni pellicola, con riferimento a una storia chimica lunga e profonda, sono semplicemente perfette e -addirit tura- plasmabili; infatti, è attivo un circuito di estimatori Fujifilm che si scambiano “ricette” personali finalizzate a risulta ti ottimali [tra parentesi, nel film Mina mata, evocato su questo stesso nume ro, da pagina 14, il primo contatto tra W. Eugene Smith, gigantesco protagonista della vicenda, e Aileen Mioko, che gli se In fotografia, la qualità del file prodot to dalla Fujifilm X-T4, con sensore di di mensioni APS, è perfetto per risoluzio ne, con un range dinamico molto am pio, perfino superlativo per stile e resti tuzione cromatica (colore), anche se poi si potrebbe dover intervenire per alline arne la rappresentazione veritiera; ma, a volte, l’interpretazione supera la realtà. Con disturbo Iso equivalente utilizzabi le a livello professionale fino a 2000 Iso. Anche in ripresa video, la qualità è ec celsa sia sotto l’aspetto della risoluzione sia per range dinamico. Ancora, l’F-Log video è ottimo, con una ampia gamma tonale; unito al LUT Eterna di Fujifilm, Beauty: Fujifilm X-T4 con Fuji non XF 16-55mm f/2,8 R LM WR. Fotografie di Simone Ner vi; produzione Pro*Lab Mi lano; muah Melka Fiore; hair Carlo Concato; loca tion Officine Pro*Lab. «Il rapporto che ogni fo tografo crea con i propri strumenti, e soprattutto con le macchine foto grafiche, è composito e controverso. Se è con cesso, possiamo affer mare che si tratta di una complessa relazione di amore e odio».

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60 con pochi e moderati interventi di co lor correction, le riprese risultano già pronte all’utilizzo. E, quindi, è ottima, più che pertinente, l’integrazione con Capture One, sia per quanto riguarda lo scatto remoto sia per il fotoritocco. La grande differenza tra la Fujifilm X-T4 e altre configurazioni fotografiche attua li, altrettanto valutate e considerate sul campo, non dipende tanto dalla pulizia delle acquisizioni in alta sensibilità Iso equivalente, ma nell’autentica “bellezza” del disturbo creato dal sensore X-Trans, molto più simile alla grana della pellico la che a un contrattempo digitale poco gradevole. Con tutto, valutiamo che sia da migliorare l’app Fujifilm per smar tphone e tablet: adeguata in altri ambiti della fotografia quotidiana, non è affi dabile a livello professionale. In questo senso, va annotato il continuo aggior namento di firmware, che -in alcuni ca si- trasformano letteralmente l’apparec chio, migliorando sempre le praticità di impiego e il piacere di utilizzo. Conclusione, in linea con l’odierno in cipit: il rapporto che ogni fotografo crea con i propri strumenti, e soprattutto con le macchine fotografiche, è quantomeno composito e controverso. Se è conces so una trasmigrazione dottrinale dalla Vita, possiamo affermare che si tratta di una complessa relazione di odio e amore. Più probabilmente, in termini invertiti, di amore e odio. Al pari di ogni altra configurazione foto grafica Fujifilm, la X-T4 induce ad averla sempre con sé, a portata di mano. Averla con sé, ovunque; magari anche solo per il piacere di impugnarla e raffigurare il mondo circostante. È un piacere usarla. E può creare dipendenza. ■ ■ «La grande differenza tra la Fujifilm X-T4 e altre configurazioni fotogra fiche non dipende tanto dalla pulizia delle acqui sizioni in alta sensibili tà Iso, ma nell’autenti ca “bellezza” del distur bo creato dal sensore X-Trans, più simile alla grana della pellicola che a un contrattempo di gitale poco gradevole».

62 È stato al Cnes (Centre national d’és tudes spatiales / Centro nazionale per gli studi spaziali [agenzia governativa francese]) che incontrai per la prima volta Anaïs Tondeur e le sue delicate Mutations of the Visible, illustrazioni a grafite che s’intrecciano alle osserva zioni astronomiche della luna e alla sua mitologia. Iniziammo subito a discute re di invisibilità e percezione del tempo. All’epoca, ero impegnato nella cura della mostra Dessiner l’invisible [Disegnare l’invisibile]. Non conoscevo ancora i suoi lavori sulle piante della zona di esclu sione di Chernobyl e non avevo quin di idea delle ramificazioni di pensiero che il nostro incontro avrebbe generato. La mia attenzione era concentrata in quel momento, insieme a Thomas John son e Louis Jammes, su un film estrema mente coinvolgente in cui i due autori scendono nel reattore numero quattro mentre il nucleo è ancora in fusione, av vicinandosi sempre più all’occhio del ci clone, del suo santuario negativo. Dopo l’incidente, in Ucraina si è cominciato a parlare di nemico invisibile. Siamo riu sciti a rintracciare un’intervista inedita di Tarkovskij [Andrei Tarkovsky, regista russo; 1932-1986] realizzata da Thomas Johnson. Pochi giorni dopo la catastro fe di Chernobyl, pur non avendone an cora sentito parlare, il grande cineasta russo ne aveva avuto quasi prescienza. Costretto a letto, alle prese con una ma lattia impietosa con cui combatteva da tempo, Andrej Tarkovskij diceva: «Se assistiamo ora a una catastrofe nucleare, non sarà la vittoria del dia volo. Non sarà qualcosa da imputare alla relazione tra Uomo e Dio. Sarà una catastrofe causata da un errore umano, come un bambino che man da a fuoco la casa con un fiammifero. Non possiamo nemmeno accusar lo di piromania. È un bambino, non lo sapeva. Spiritualmente, l’umani tà non è pronta ad assumersi la re sponsabilità delle proprie bombe». Trent’anni dopo [trentacinque], l’u manità si comporta ancora come un inconsapevole piromane. Gli eventi di Fukushima, in Giappone, sono stati l’eco tragica di quel male che non è nem meno una vittoria del diavolo, ma una sconfitta per tutti. Allora qual è il miglior comportamento da assumere come cittadini di questo nuovo mondo? Come possiamo dire ai nostri contemporanei che dobbiamo smettere di essere piromani, soprattut to se non siamo coscienti di esserlo? L’artista Anaïs Tondeur e il filosofo Michael Marder hanno voluto dare una risposta al codice imperante del silenzio. Michael Marder ha scoperto le ope re di Anaïs Tondeur durante la mostra Dessiner l’invisible, che la Fondazione Mindscape ha reso possibile. E, come ha sottolineato, ha immediatamente percepito nel profondo che «le imma gini sono le registrazioni visibili di una calamità invisibile». È così che è nata l’idea di questo libro. Perché il filosofo non era immune da quella realtà e, soprattutto, non igno rava l’importanza delle piante. Accado no momenti simili nella vita dell’Arte, quando un’opera e il suo lettore apro no un dialogo con l’abisso. Non ne racconterò la storia in sua ve ce, questo libro lo fa molto meglio di me, ma Michael Marder era destinato irrimediabilmente a incontrare le radia zioni di quel famoso aprile 1986. Avete tra le mani il rayogramma della lettu ra di quest’opera, la sua risonanza. ■ ■

Michael Marder è docente di Filosofia all’Università dei Paesi Baschi, di Vitoria-Gasteiz. Au tore di innumerevoli libri e articoli, ha indirizzato il proprio campo di ricerca alla tradizione fenomenologica della filosofia continentale, al pensiero ambientale e alla filosofia politica.

/ NON DIMENTICARE.

MAI! / di Damien MacDonald (aprile 2016)

Chernobyl Herbarium. La vita dopo il disastro nucleare, di Michael Marder; immagini di Anaïs Tondeur (trentacinque frammenti di riflessioni, meditazioni e ricordi); Mimesis Edi zioni, Collana Sguardi e visioni, 2021; 204 pagine 13x20cm; 16,00 euro.

Anaïs Tondeur è un’artista visuale francese che vive a Parigi. Insieme a geologi, oceanografi, fisici, filosofi e antropologi, ha condotto spedizioni nella “zona di esclusione” di Chernobyl, nell’Oceano Atlantico e lungo le grandi frontiere tra le placche tettoniche. Con le sue inda gini artistiche ricerca un rinnovamento dei nostri sistemi di percezione ed esplora modalità nuove per interrompere la grande narrazione dell’Antropocene ( Antropocene indica un pe riodo che inizia qualche decennio prima del nostro oggi e dura tuttora. Periodo durante il quale, sul pianeta, sono avvenuti cambiamenti provocati dall’Uomo e non da un meteorite o dalla eruzione di centinaia di vulcani, così sconvolgenti da attribuire a questi cambiamen ti una valenza geologica). In portfolio, da pagina quaranta.

Dedichiamo questo libro alla Terra, agli Animali, all’Acqua, agli Uomini, all’Aria e alle Piante colpite dalla catastrofe di Chernobyl.

CHERNOBYL HERBARIUM

FOTO

Da un foglio Souvenir celebrativo di 1945: Victory at Last, emesso il 2 settembre 1995. Su busta commemorativa, con annullo dedicato. graphia 04/F/otograFianeiFrancobolli

Giornata della Memoria 27 gennaio 2022 in anticipo su Fotografia nei francobolli Francobollo statunitense ripreso da una fotografia iconica di Margaret Bourke-White (Buchenwald, 1945 ; a pagina trentanove).

Le immagini del terrore di Hi roshima si possono riassumere non tanto nel massacro gene ralizzato, nelle contaminazioni della popolazione, negli sfregi dei corpi, nelle ombre lasciate sui muri dalla deflagrazione... quanto nella serialità del male che coniuga il linguaggio del crimine con quello dell’estasi.

64 Non c’è una via per conoscere la fotografia. La fotografia è la via; quando la fotografia spez za le credulità e denuncia la violenza impunita dei potenti infrange tutti i legami con la soggezione teologale dei go verni, delle fedi, delle ideolo gie, e compie un primo passo sulla via del risveglio... poiché nessun essere vivente dev’es sere ucciso, non il più piccolo animale o insetto: perché ogni vita è sacra, diceva quello che prendeva le elemosine in un cranio di uomo... qualcuno lo chiamava Buddha! Sia chiaro: ogni fotografia è una goccia di verità a fianco degli Ultimi o il tradimento a favore degli stolti. Dio è morto a Hiroshima, e la fotografia del fiore di Loto l’ha sotterrato a Nagasaki: e lì c’è rimasto, nell’impudore del la propria caricatura! Il sei agosto del l’operazione)(dovemicasganciareGaybardiericentoquarantacinque,MillenovetrebomamericaniB-29-Enola(cheavevailcompitodilaprimabombaatodellaStoria),GreatArtistegliscienziatianalizzavanoeDimples91(per le riprese cinematografiche)-, tra inorriditi e affascinati, assi stettero all’ondata di distruzio ne sprigionata da una nuvola gigantesca a forma di fungo sulla città giapponese di Hi roshima. C’è da annotare che la Germania del Terzo Reich si era arresa il precedente sette maggio, e l’Italia fascista aveva cambiato padrone da tempo (8 settembre 1943), passando dai nazisti agli Alleati. Il “Little Boy” (letteralmente, Piccolo bambino [tragica iro nia]) esplose con una potenza di tredicimila tonnellate di tri tolo, facendo sull’istante ottan tamila vittime, che divennero trecentocinquantamila a fine anno, continuando a morire a migliaia in quelli successivi, cau sa le radiazioni atomiche.

Qui, non ci interessa richia mare i fotoracconti su Hiroshi ma e Nagasaki di quel fotore porter o di quell’altro, più o me no famosi; neppure rileviamo la cronologia del giornalismo, evitando di celebrare quale te stata sia stata la prima a pub blicare l’iconografia di questa devastazione; e non ci occupia mo di coloro i quali ci hanno scritto sopra diari, saggi, rievo cazioni, considerazioni. Ciò che c’importa è mostrare in pieno anonimato, ma con fermezza, l’effetto della foto grafia del fiore di Loto (una fi losofia dell’Amore dell’Uomo per l’Uomo e un invito alla ri voluzione dell’Umano), che ra schia al fondo l’inumanità della civiltà spettacolare nebre della società istituita! Non si deve mai scendere tanto in basso da odiare un sistema di apparenze, negazioni e violen ze. Si tratta solo di distruggerlo. Per chiudere, ma come an che per aprire, prendiamo l’im magine del ragazzo col fratel lino morto sulle spalle e i piedi scalzi nel fango, sul bordo della strada, dopo lo scoppio della bomba su Nagasaki. Sappia mo chi l’ha scattata, certo... ma rimandiamo ai curiosi di stati stiche, aneddoti e dossologie rintracciare il nome del marine in questione. A noi interessa cogliere, in quella fotografia, il senso di tenerezza e ingiustizia che espande (e lasciamo sta re la incauta messa in posa [?]; e perfino l’atteggiamento del ragazzo ci piace poco, sa molto di piccolo samurai di borgata). Nemmeno c’importa se il bam bino sulle spalle è morto, o for se dorme. Ciò che conta è che quell’abbandono dell’Infanzia violata dal delirio della guer ra non permette assoluzioni! Ancora. Del ritratto della don na che tiene in braccio il suo bambino tra ciò che resta di Nagasaki, vestiti in abiti tradi zionali, seduti sulle rovine, ac canto a un albero bruciato: non c’è tremore sul suo volto acca rezzato dal vento. C’è un’antica dignità per qualcosa che nem meno il fuoco della bomba ha scalfito, una sorta di esulcera zione della verità: la maledizione verso nessun genere di nobil tà d’animo. L’eccidio dell’Inno cenza è parte dei disegni eco nomici-politici di governi, par titi e fazioni, e il dileggio della libertà s’accorda sempre con la brutalità che l’accompagna! In questo senso, la cultura/ spiritualità millenaria del fio re di Loto si sversa nel foto grafico inascoltato, risveglia il senso profondo del desidero di pace e fraternità tra i popoli e inaugura il cammino verso la felicità umana. “Little Boy” esplose con una potenza di tredicimila tonnellate di facendotritolo,sull’istante ottantamila vittime, che a fine anno. DI LOTO L’HA SOTTERRATO A NAGASAKI

■ ■ Il

trecentocinquantamiladivennero

La Fotografia è un linguaggio né mite né crudele, e favorisce l’ingiuria quanto la Bellezza che contiene la Giustizia! Il dolore e la coscienza del dolore si classi ficano nella santificazione dei risultati; di tutte le calunnie, la peggiore è quella dei governi che usano il massacro e affer mano che è un passo in avanti per l’intera L’eserciziosocietà.dellatolleranza è frequentazione per aguzzini della Libertà, perché sotten de l’intolleranza del privilegio di decidere le sorti di un Uo mo, un Popolo o un Pianeta. La fotografia che vale non scen de a patti con la soggezione, e nemmeno col silenzio: invece, scatena l’insolenza che disvela e incrina la psicologia delle te Il nove agosto ci fu la replica su Nagasaki, sempre in Giappone: dove, subito, morirono in due centomila. Di fatto, le bombe atomiche sul Giappone chiu devano l’ultima pagina della Seconda guerra mondiale: co me sappiamo, di fatto, fu co me sparare agli usignoli uccisi dal freddo nei parchi pubblici!

/ SGUARDI SU / DIO È MORTO... A HIROSHIMA. E LA FOTOGRAFIA DEL FIORE

Da B.C. (Before Christ), di Johnny Hart, vignetta di esordio di Curls , in italiano “il Riccio”: maestro di sarcasmo (su segnalazione di Lello Piazza).

Non trovate affascinante, oltre che incantevole, vivere in un mondo -per quanto circoscrit to- come quello della fotogra fia italiana, che offre così tanto umorismo e divertimento? E che, allo stesso tempo, rinno va se stesso ribadendo cocciu tamente abbagli e malintesi che dal passato, fosse anche soltanto prossimo, si allunga no prepotentemente sul pre sente, pronti a tuffarsi nel fu turo? Io, sì! Sono affascinato. SonoAttualmente,incantato.stiamo viven do una stagione seducente: quella nella quale una larga schiera di fotografi italiani, so prattutto giovani per anagrafe, richiamano il proprio agire alla street photography, luminosa e appassionante interpretazio ne fotografica che arriva addi rittura dal secondo Ottocento, per imporsi, poi, dalla metà del Novecento: semplifichiamola così, altrimenti quei fotografi italiani giovani perdono il filo e capiscono ancora meno di quanto già non sanno. Ovviamente, nessuna stre et photography italiana è au tenticamente tale; altrettanto ovviamente, si stratta soltan to di un escamotage (trovata, trucco, sotterfugio) messo in atto con furberia (non astuzia, sia chiaro), al limite della diso nestà, per risolvere situazioni compromesse e uscire da po sizioni individuali difficili. tografare la sofferenza umana e il ruolo delle immagini nel plasmare la percezione collet tiva degli eventi. In aggiunta cronologica, con siderati i tempi attuali, possia mo sottolineare che molti de gli aspetti che governano l’at tuale popolarità posticcia della street photography (ammesso, ma non concesso che di que sta si tratti) è la sua semplice accessibilità formale, tanto da essere in contrasto con le ten denze prevalenti nel mondo ideologico dell’arte. Ora, a completa differenza e distanza da tante nobiltà di Pensiero e Azione, molti foto grafi italiani giovani si iscrivo no autonomamente e pedisse quamente alla luminosa Storia, per nobilitare, o -quantomenotentare di farlo, gesti altrimen ti vuoti e inconsistenti: come, del resto, sono e rimangono, a dispetto di etichette frago rose. Così che, in stretto ordi ne temporale con il cammino delle bandiere periodicamente sventolate dalla fotografia ita liana, in questo caso non neces sariamente anagraficamente soltanto giovane, quella del la street photography fasulla e fittizia -alla quale ci stiamo riferendo- si propone e offre come dispotica ultima spiag gia degli ignoranti. In registrazione di questo, rileviamo il nostro personale piacere per quanto sta acca Infatti, nonostante la tradu zione pedestre, con la nobile e profonda identificazione di street photography non si è mai necessariamente inteso foto grafia di strada / in strada; ben sì, e nel profondo dell’impegno convinto e consapevole, un ap proccio in coerente equilibrio tra la fotografia documentari sta e quella umanista. Tanto che, lo segnaliamo per coloro i quali!, l’autorevole Bystander: A History of Street Photography, di Colin Wester beck (e Joel Meyerowitz, al qua le si deve l’intelligente corpus di immagini selezionate e pre sentate), del 1994 -con succes sive edizioni riviste e amplia te, del 2001 e 2017-, approfon disce l’argomento, incidendo sul profondo: personalmente, pensiamo che dovrebbe es sere una lettura obbligatoria per tutti coloro che si occupa no di Fotografia, soprattutto per chi ne vanta partecipazio ne. Se non che, ormai, anche leggere e imparare è diven tata azione/intenzione discri minante e non frequentata. Per quanto il nucleo di By stander (spettatore) sia «un’in dagine approssimativamen te cronologica della street photography europea e sta tunitense, con i propri innova tori principali, stili e tendenze», l’autore Colin Westerbeck intro duce, affronta e approfondisce tematiche come l’etica di fo dendo. Infatti, così alternandosi, la presunta street photography casereccia ha liberato una di sciplina fotografica altrettanto nobile -quella del foro steno peico- da un peso che le sta va gravando addosso: quello di essere diventata l’ultima spiaggia degli imbecilli. Fino a ieri l’altro, coloro i quali non sapevano dove sbattere la propria testa, che non posse devano un minimo di creatività individuale, che non avevano proprio nulla da esprimere, che si barcamenavano, si rifugia vano tra le accoglienti pieghe del foro stenopeico. Testuale: ma questa immagine significa nulla, è vuota, è imbarazzan te. Risposta: ma è realizzata senza obiettivo. Considerazio ne: allora, procuratene uno e cerca di interpretare ciò che la Fotografia è e può essere! Conclusione che da certa fotografia stenopeica italiana (non tutta, sia chiaro) si allunga su una fantasiosa identificazio ne street photography, magari passando anche attraverso lo sviluppo immediato (polaroid, Impossible, Instax), le cui ope re valgono meno dei supporti fisici sulle quali vengono rac colte e visualizzate: se ignoranti siete, potete migliorare soltan to leggendo, comprendendo, avvicinando in punta di piedi, ascoltando. Le etichette sono solo quelle Ignoranti!adesive. STREET PHOTOGRAPHY . CAMBIA NULLA

■ ■ / IN IRONIA E SARCASMO / L’ALTROIGNORANTI!IERI,ILFOROSTENOPEICO;OGGI,

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Giovanni Gastel (27 dicembre 1955 - 13 marzo 2021) Il nove settembre Duemilaventi, in occasione della presentazione del restyling di impaginazione di FOTOgraphia, presso la Fondazione Gian Paolo Barbieri, a Milano autore di una delle nove copertine iconiche realizzate in e per quell’occasione, durante una pausa, Giovanni Gastel lesse una sua poesia, appena composta. Presente all’evento, Fabrizio Jelmini registrò.

Giovanni Gastel presso la

Fondazione Gian Paolo Barbieri (2016)SoranaSauroeMeccaAntonioGhislandi,Robertoconinsieme

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