FOTOgraphia 275 ottobre 2021

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JACEK SOLTAN RITRATTI SVELATI / OTTOBRE 2021 / NUMERO 275 / ANNO XXVIII / MilanoDCB-1comma1,articolo46),numero27-02-2004,ilLeggein(convertito353/2003D.L.-postaleabbonamentoinSpedizione-SpAItalianePoste7,50,€Mensile, DANILA TKACHENKO DAL PASSATO, BUGIE SOVIETICHE GIAN PAOLO BARBIERI DENTRO LO STUDIO 275

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento ABBONAMENTO ANNUALE 10 numeri a 65,00 euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.com0436716602srlgraphia

Così che, in epoca di automatismi foto grafici diffusi, prima che raffinati ed effica ci come non mai, a volte la memoria torna a istanti diversi, a condizioni tecnologiche precedenti, a contesti che si sono persi sul le onde del progresso. Forse.

In osservazione dal nostro microcosmo di esistenza e riferimento, siamo testimo ni di una trasformazione repentina, che in pochi anni, ha cambiato radicalmente molti equilibri precedenti. Eccoci qui con un esposimetro a riferimento, in cartone, acquistato in Cina nell’autunno Milleno vecentosettantanove, tutto sommato non mille anni fa. Certo, allora la fotografia ci nese era povera, coerente all’intero paese, e declinava condizioni che in Occidente si erano manifestate decenni prima. In ogni caso, ottime le simulazioni e ipo tesi di condizioni luminose possibili e pro babili, con relativi richiami numerici di rife rimento per la combinazione tra tempi di otturazione e aperture di diaframma. Mo dalità fotografiche a regolazione manuale: magari, con Seagull, Pearl River, Great Wall...

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Copertina Ritratto della cantautrice irlandese Sinéad O’Con nor realizzato da Jacek Soltan, fotografo di va lore grande e assoluto. Da lui, una lezione: An che in Fotografia, la conoscenza e la pratica, il sapere e il fare. In portfolio, da pagina 26 03 / Fotografia attorno a noi Dettaglio da un francobollo emesso dalla Re pubblica Democratica Tedesca (DDR; demo cratica?), il 25 marzo 1986, che visualizza l’azio ne fotografica dallo Spazio della Aerial Camera MKF-6 (Multisprectral), già celebrata in quanto tale in una precedente emissione filatelica del 21 marzo 1978 (in alto). Nello specifico, com parazione con la fotografia da aerei di rico gnizione: senso e timore dei satelliti artificiali Editoriale Potremmo augurarci Eleganza, Stile e Gala teo... ma, ci basta il Garbo. Anche in Fotografia La Busta In forma autobiografica, la vicenda per cui una busta commerciale è partita dall’Italia verso gli Stati Uniti, nel 1985, per tornare in Italia, nel 2021. Fotografia nei francobolli Stereofotografia Siccome in altra parte della rivista, su questo stesso numero, si richiama ed evoca il program ma spaziale sovietico, esordito con il primo sa tellite artificiale Sputnik 1, nel 1957, perché non riprendere l’identificazione Sputnik di un ap parecchio fotografico stereo, altrettanto sovie di Antonio Bordoni / 03? 36/

Fine dell’utopia narrata da Restricted Areas Un’utopia partorita da un mondo che rincor reva illusioni raccontandosi bugie. Lello Piaz za, a pagina 33 Come mai eventi che si sono messi in moto tan to tempo fa, e tanti chilometri fa, ora sono qui presenti, tutti insieme? mFranti, a pagina 9

/ 41/ / 16/ / 13/ / 42/ 275 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

ALTRI TEMPI (?). Oggigiorno, anche in Fo tografia, coabitano più generazioni, cia scuna portatrice di qualcosa di proprio e caratteristico. Forse, uno dei nostri compiti è anche quello di ricordare che il Tempo è trascorso, senza peraltro passare invano.

35 / Fotogiornalismo originario Il museo di Roma dedica una affascinante mostra a Adolfo Porry-Pastorel, padre del fo togiornalismo italiano di Angelo Galantini

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16 / Questa volta, Totò Adorabile sketch di Totò nei panni di foto grafo improvvisato, nella deliziosa commedia cinematografica Miseria e Nobiltà Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

26 / Danila Tkachenko Nel mondo delle bugie Restricted Areas : progetto del giovane foto grafo russo Danila Tkachenko, sulle tracce del le rovine dei programmi spaziali e tecnologici dell’Unione Sovietica... dissolta di Lello Piazza

38 / Dentro lo Studio Gian Paolo Barbieri In ripetizione: i luoghi e gli oggetti hanno un proprio significato, come le Parole; e possiamo leggerli come fossero in un libro di Maurizio Rebuzzini / Fotografie di Antonella Bozzini, Daniela Damiano e Ottavio Maledusi 45 / Saul Steinberg L’autorevole illustratore statunitense (e altro tanto ancora) torna nella Milano delle sue pri me esperienze professionali. In mostra 48 / Anche questo Vogliamo parlarne? di mFranti 50 / Cecilia Mangini Sguardi su di Pino Bertelli mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento po stale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), ar ticolo 1, comma 1 - DCB Milano.

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/ 45/ / 18/ / 14/ / 26/ / 08/ / 30/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE OttavioRouge Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO Pino Bertelli Antonio Bordoni Fondazione Gian Paolo Barbieri mFranti Angelo Galantini Lello DanilaJacekMarcoPiazzaSaielliSoltanTkachenko www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI 02 66713604 redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ■ FOTOgraphia è una pubblicazione

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18 / Jacek Soltan Volti rivelati Al cospetto della quantità e qualità dei ritrat ti di Jacek Soltan, distribuiti sul palcoscenico internazionale dello spettacolo, balzano all’oc chio numerosi Valori. Detta meglio, forse...

Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

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qualiGraziealcielo(sipuòdire?),cisonoancorasituazioninelleaifotografièrichiestodiadeguareilproprioabbiglia

rivoluzio ne villana,dellaqualeabbiamoindividuatoitrattisalienti, togiàsottolineatiinaltreoccasioniprecedenti,chesonotanriscontrabilidaestendersiinognimicrocosmo,persino nelnostrofotografico(ahinoi).Nonsitrattatantodi“abbi presentasivigliamentoformale”,quantodicomportamenticomplesediffusi,cheilpreteso“abbigliamentoformale”rapinmodoemisuraevidenti.Bellezzadeirapportiinterpersonali,magariancheinFo

Antonioni,MauroBologninieFrancoIndovina);protago nistafemminiledieccellenza spettacolare,laprincipessa Soraya,reginadelgossipdeitempi,ripudiatadalmarito MohammadRezaPalavhi,ultimoSciàdiPersia,perchéim possibilitataadarglifigli-eredi.(Traparentesi,perquanto giamorotocalco,-aitempi-disprezzassimoquellontano“giornalismo”daoggi,allalucedegliattualiprotagonisti,rimpianquegliantichipettegolezziregali).

tografia,magarianche solo inFotografia:èilsensoelafi deglinalitàdelcomportamentoquotidianodeclinatonelrispettoaltri...sianoconformianoi,oppurediversi,pococonta. Aparole,alcunirichiamanoquestovalore,nonlofannoin adiblateraremolti,perilvero:ancheintempirecenti,neabbiamosentitoasproposito,soprattuttodapersoneirrispettoseValoriePrincìpisovrastanti.Invece,nonserveparlarne,discapitodell’agirepersonaleeindividuale.

Attingendoallamemoriavisivapersonale,torniamoa unasortadibackstagedellontano12febbraio1965,alTe tagonistaatroNuovo,diMilano,quandoedove,AlbertoSordi,prodiunodeitreepisodidelfilm caindipendentementesottofondo:proiezionemondiale,èstatofotografatoconfotocronistiintuttiimmancabilmenteinsmoking.Delresto,dallagenericitàditantavitapubblideinostrigiorni-peresempio,conpoliticiinT-shirt-,il

misura.Oraincronacarecente,sepossiamocertificareinquestaPerlaormaitradizionalebeatificazionepostuma annunciatriceNicolettadipersonaggipubblicivenutiamancare,lascomparsadiOrsomando,loscorsoventunoagosto,iconicadellatelevisioneitalianaalleproprieorigini, nonhosentitorichiamareleQualitàeVirtùche,aitem nunciabile,facevapi,indirizzavanolesceltedellatelevisionediStato,chesipremuradiagireconungarbosovrastanteeirrichecoinvolgeval’attenzioneperquantoechi facevaentrareognigiorno(perlopiù,ognisera)nellecase degliitaliani.Già...garbo Maurizio Rebuzzini 7

I tre volti,inprima

laconferenzastampaalTeatrodellaScala,diMilano,una dellepiùautorevoliistituzioniplanetariedell’opera,diqual piacere,canottiera,cheannofa,quandoedovel’operatoreRaiinviatoagivainconinboccaunchewinggum,masticatoconoltrecheinmodovistosoerumoroso.

filmvantavapiùepiùelementidirichiamosociale,quan registitomenodalpuntodivistadellafrivolacronacarosa:trediprimagrandezzapergliepisodi(Michelangelo

mentoelapropriapresenzaallaformalitàdelluogo.Sappia demopercertochealcuniappuntamentiufficialidelFestivalCannes,unodegliincontripiùprestigiosidelcinemain ternazionale,richiedonoaddiritturalosmoking.Elostesso, loipotizziamo,accadeinaltrifrangentianaloghi.Addirittura,speriamo.Peresemplificare,questoadifferenzadiquel

Rievochiamoquestoallalucediunadefinibile

EDITORIALE

LA BUSTA

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stra” università, classificata tra le migliori pubbliche degli Stati Uniti e considerata Public Ivy, che da loro significa molto. Una volta arrivata a destinazione, sa pevo bene che la mia vita sarebbe fi nita lì. Noi buste duriamo solo fino a quando siamo utilizzate. Una volta con segnata la missiva, non serviamo più a nulla. Qualcuna estende la propria vecchiaia svolgendo mansioni supple mentari, anche umili, spesso disono revoli, comunque mai più protagoni ste. La stragrande maggioranza viene gettata nel cestino della spazzatura; fortunatamente per le più giovani di noi, da tempo è diffusa la raccolta dif ferenziata, così che si reincarneranno in altri prodotti di carta. Ai miei tempi, invece, era spazzatura generica e ba sta: morte certa e definitiva. Qualche busta se la può cavare se e quando può vantare e offrire valori complementari, magari a partire dall’af francatura particolare, o da un annul lo significativo. Nulla di più lontano da me: sono stata maritata a due franco bolli italiani più che generici, della Se rie dei Castelli, dal 22 settembre 1980, quando ha sostituito la genericità pre cedente della Serie Siracusa, in corso dal 1953. Due valori singoli, da cento e duecentocinquanta lire, rispettiva mente raffiguranti il Castello Arago nese, di Ischia, e la Rocca Roveresca di Mondavio, nelle Marche. Neppure l’annullo del 2 settembre 1985 è degno di qualche nota. Però e miracolosa mente, nonostante la mia supposta “banalità”, sono rimasta in vita. Di passaggio in passag gio, e nessuno mi ha

Dall’Italia agli Stati Uniti e ritorno: il 2 settembre 1985, il festival Una Città in Ci nema, di L’Aquila, alla sua prima edizione, invia una comunicazione al Depart ment of Photography and Cinema, della Ohio State University; a distanza di tren tasei anni, la busta è stata acquisita per il progetto Fotografia nei francobolli

Archivio FOTOgraphia (3)

Adesso che ho rag giunto una meta che dovrebbe essere defi nitiva, e che lo è... mol to probabilmente, anzi addirittura certamen te, posso ripensare alla mia vita con serenità d’animo e tranquillità di pensiero. Oggi, so che la differenza nella mia esistenza l’ha fatta una breve identificazio ne burocratica nell’in dirizzo di invio, da L’Aquila, all’inizio di settembre Millenovecentottantacinque, trentasei anni fa a oggi: “Department of Photography and Cinema”. Ma so no già andata oltre, nelle date; è me glio partire dall’inizio. Sono nata nel 1981, dunque ho appe na compiuto quarant’anni. Sono nata insieme a migliaia e migliaia di mie so relle, addirittura gemelle. In una car tiera abruzzese specializzata, ci hanno confezionate in misure (allora) standar dizzate 11x23cm, in modo da contene re agevolmente missive in dimensio ni regolari Uni A4 (21x29,7cm), piegate in tre, fino a una fascia di altezza cir ca dieci centimetri, cioè nove e nove centimetri, la cui precisione di piega tura dipende sempre dalla perizia con la quale agisce il personale addetto. Siamo state confezionate in pacchi da cinquecento, e immagazzinate in un deposito insieme con tante altre sup pellettili da ufficio, non necessariamen te soltanto di carta: c’erano anche biro, graffette di metallo, dossier, matite... Lì siamo rimaste un poco di tempo, fino a quando, anni dopo, nella prima vera Ottantacinque, siamo state desti nate a una sovrastampa in e di persona lizzazione: “Una Città in Cinema”, auto revole festival ideato da Gabriele Lucci, che esordì quell’autunno, e si sarebbe svolto in dieci edizioni successive, dopo la prima di quel Millenovecentottanta cinque originario che ho già richiamato. Con migliaia di sorel le, ci hanno portate ne gli uffici dell’Istituto Ci nematografico dell’A quila Lanterna Magica (Ente Morale, ci tengo a precisare), dove sia mo state destinate alle comunicazioni della manifestazione in avvio. Molte di noi, io compresa, siamo rimaste poco a L’Aquila, perché siamo state presto in viate qui e là per il mondo. Alcune sono partite per viaggi brevi, rimanendo in Italia. Altre, come me, sono state spe dite all’estero. Altre ancora sono state trasmesse negli anni a seguire, sem pre in finalità festival cinematografico, per dieci edizioni annuali. Il mio viaggio è cominciato il due settembre, nel pomeriggio, ed è du rato pochi giorni: una volta affranca ta con due francobolli per un totale di trecentocinquanta lire (l’Euro sarebbe arrivato di lì a una quindicina di anni), ho vagabondato, trasportata, in ordi ne, da un’automobile (dagli uffici di via Niccolò Copernico, a L’Aquila, nel Nu cleo Industriale di Bazzano, alla casel la delle Poste Italiane), in furgoncino verso lo smistamento nei magazzini postali, ancora in furgoncino verso la Stazione ferroviaria, in treno fino alla suddivisione dei destinatari, in aereo attraverso l’Oceano Atlantico e, infine, in senso inverso, ancora treno, furgon cino e Dopoautomobile.unintensocammino, allunga tosi tanto quanto hanno viaggiato le mie sorelle/gemelle inviate a indirizzi italiani prossimi -l’ho saputo da voci di corridoio-, ho raggiunto una destina zione autorevole e gratificante, che ha immediatamente elevato il mio status, peraltro già qualificato dalla originaria:personalizzazioneOhioState University, accademia pubblica di Columbus, capitale dello Stato. Qui, una volta (edamosconosciute,notrechiacchierandoambientata,conalbuste,cheparlavaanchelingueamemacisiacapite,sonovenutasaperequantofosseè)prestigiosala“no

/ AUTOBIOGRAFIA / (di Maurizio Rebuzzini / Franti)

gettato via, sono finita da Eva Notwi cz, di New York City, sulla 44th East, che gestisce una vendita dalla piatta forma eBay. Mi ha quotata un dollaro (più due dollari e mezzo di spedizione). Sono stata notata e acquistata. Incredibile! Sono tornata in Italia per merito dell’indirizzo di invio, che non ho mai pensato potesse richiamare qualsivoglia attenzione: “Xxxxxx / c/o Ohio State University / Department of Photography and Cinema / 156W. 19th Avenue / Columbus / Ohio 43210 / USA”. Qui, a Milano, sono stata subito infor mata, da altre buste e da francobolli, che faccio ora parte di un insieme ra gionato e mirato. Addirittura, sto per finire in un libro. Ho la certezza di esse re tornata a nuova vita; di essere stata invitata a nuova esistenza, dopo la mia prima originaria e conforme, esauritasi presto. Come mai ho attraversato terre e oceani, in un percorso di andata e ri torno (a casa, in Italia), per approdare a questo qualificato (?) impianto? Come mai eventi che si sono messi in moto tanto tempo fa, e tanti chilometri fa, ora sono qui presenti, tutti insieme? Qui, in un luogo dove si è convinti che gli oggetti abbiano un proprio significa to, come le Parole; e li si possa leggere come fossero in un libro? La Busta. Ancora qui, in selezione dall’impianto dell’indagine con analisi della definita Fotografia nei francobolli, del cui contenitore ampio e diffe renziato fa parte la Busta soggetto di questo intervento redazionale, in forma autobiografica, con riflessione finale: altre due buste in qualche modo filateliche, ciascuna collocata in rispettivi capitoli di riferimen to, dei quali, per mille motivi, anche scaramantici, non riveliamo nulla. In ordine di messa in pagina, dall’alto: busta viaggiata con annullo del 20 ottobre 1971, vistosamente personalizzata dalla Cracow Photo graphic Society, in Polonia, per il proprio settantacinquesimo anniver sario, dal 1895 di fondazione; busta cinese altrettanto viaggiata, in fronte e retro, con affrancatura comprensiva di due francobolli celebrativi del centocinquantenario della Fotografia (1839-1989). Ciascuna a proprio modo, entrambe queste buste sono casuali; sono frutto di quel Caso che spesso certifichiamo come indotto dai nostri stessi comportamenti. Ora e qui, altrimenti impegnati, non è necessario approfondire i due Casi, quanto sottolineare le virtù complementari delle due singole buste, che -alla resa dei conti- non sono proprio soltanto aggiuntive... ma! Ma è vero l’esatto contrario: virtù capaci di stabilire una differenza sostanziale. Eccoci! La busta polacca è indirizzata nientemeno che a Nathan Lyons (1930-2016), ai tempi direttore della prestigiosa e autorevole Georg(e) Eastman House, di Rochester, nello stato americano di New York, istitu zione museale di primo piano. Quella cinese, come osservato, è affran cata con due francobolli che dalla sola teoria della propria emissione, il 12 ottobre 1989, sono approdati all’uso effettivo, per l’appunto in invio. Dopo rispettive peripezie in giro per il mondo, certamente per il mon do, entrambe sono ora qui, da noi, tra noi, con noi. Semplice (?) il tragit to Polonia-Stati Uniti-Italia, meno lineare quello che dall’invio a Jiaxing, nella popolosa provincia di Zhejiang, è altrettanto approdato in Italia.

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A prescindere dal sistema di restitu zione 3-D, che può essere stereo (una coppia di immagini accostate), anaglifico (con sfasamento rosso-verde), lenticola re, o altro, ma sempre con separazione tra l’osservazione dell’occhio destro e di quello sinistro, gli apparecchi foto grafici a due obiettivi affiancati sono esteticamente attraenti. Sopra tutto e tutti, senza retro cedere al passato remoto, van no certamente sottolineate ele ganze del passato prossimo, in tempi di raffinate interpretazioni meccaniche: View-Master Stereo Color Camera, del 1962; Kodak Stereo Camera, del 1954; e Iso Duplex Super 120, del 1956 (ita liana!). Oltre questi richiami, og gi e qui, per tanti motivi, è la Per quanto la restituzione fotografica si basi su una pertinente interpretazio ne della resa prospettica, non si può negare il fascino della fotografia tridi mensionale, che appare già agli albori, a metà Ottocento. In particolare, magari in chiave individuale, non è facile sot trarsi alla piacevole estetica degli og getti della fotografia stereo. Con tutto, non possiamo affrontare la fotografia tridimensionale senza aver ribadito un princìpio fondamentale della rappresentazione fotografica. Per l’appunto, è l’attenta applica zione delle regole prospettiche che, nello spazio a due dimensioni della fotografia (base per altezza), risolve la raffigurazione della terza dimen sione in profondità. E, dunque, non ci sarebbe bisogno di altri artifici, che -di fatto- appesantiscono la foto grafia e interferiscono con il proprio percorso lineare verso l’osservatore: con buona pace del fisico inglese sir Charles Wheatstone (1802-1875), che per primo enunciò i princìpi della visione stereoscopica, per la quale, nel 1832, realizzò un dispositivo di lenti e specchi per l’osservazione in rilievo di due disegni affiancati.

BordoniAntonio

/ ANTIQUARIATO / di Antonio Bordoni STEREOFOTOGRAFIA

comunicazione visiva, per quanto non approdi all’arbitrarietà raffigurativa; an zi, è vero l’esatto contrario.

CON QUANTA ARMONIA Però, indipendentemente da qualsiasi razionalità e da ogni applicazione con creta, la fotografia tridimensionale rima ne comunque uno degli aspetti più af fascinanti, eccentrici e trasgressivi della

1-2. La coppia di fotogrammi stereo esposti dalla sovietica Sputnik è presto identificata. Dopo lo sviluppo, il fotogramma con numerazione dispari sul bordo è quello di sinistra.

4. Con il sistema da noi inventato, si ottengono (due) corrette coppie di fotogrammi ste reo. Invece di lavorare con carta sensibile tagliata nel formato 6x13cm (di pragmatica), si parte da una striscia raddoppiata 6x26cm piegata su se stessa, in due aree singole 6x13cm.

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5-6. Con le esposizioni a contatto successive delle due superfici 6x13cm della striscia ori ginaria 6x26cm, si ottiene una doppia coppia di fotogrammi stereo corretti destra-sinistra. DESTRA DESTRA SINISTRA DESTRA 1 SINISTRA 2 SINISTRA 1DESTRA 1 DESTRA 2 SINISTRA SINISTRADESTRA DESTRA SINISTRA 1SINISTRA2 DESTRA2

espostifotogrammilaOriginariamente,trasposizionedeistereoconlasovie

6213SINISTRA

3. Nella stampa a contatto da negativi si realizza una malaugurata inversione dei fotogrammi, che impedisce la corretta visione stereo: quello di destra si presenta a sinistra e viceversa.

STEREO SU CARTA

tica Sputnik si ba sa sulla stampa a contatto su lastra di vetro; l’eventua le stampa su car ta presenta qualche problema: eccome! Come evidenzia la sequenza qui ordi nata, nella stampa su carta da negati vo bianconero (che per visibilità abbia mo sostituito volon tariamente con una coppia di diapositi ve a colori) si viene a realizzare una in versione indesidera ta dei fotogrammi: quello di destra si presenta a sinistra e viceversa.Nelcasoin cui le coppie vadano mon tate su un supporto rigido, magari per sonalizzato grafica mente, non ci sono problemi: le singole stampe devono es sere tagliate e lavo rate, e dunque pos sono essere inver tite di posizione e collocate secondo necessità. Invece, se si vuole usare diret tamente la stampa contatto in doppio, bisogna aggirare il problema. Noi con sigliamo questa so luzione, che abbia mo inventato di sa naInvecepianta.di ritagliare un formato di car ta sensibile 6x13cm, appunto adatto ad accogliere la com binazione stereo che nasce dai due fotogrammi acco stati 6x6cm, espo sti con la Sputnik, si ritagli una striscia 6x26cm, larga esat tamente il doppio. Per l’uso, le estre mità vanno piega te su se stesse, con il lato emulsionato all’esterno (la carta fotografica va ma neggiata con cura): una superficie com pleta 6x13cm si com bina con un’altra su perficie ugualmen te 6x13cm formata dalle due estremità 6x26cm ripiegate. Dopo aver collo cato un foglio nero di protezione all’in terno, che evita il passaggio di luce nelle due fasi suc cessive, si espon gono per contatto i due negativi ste reo su ognuna delle due singole facciate 6x13cm (standard). A questo punto, sviluppando in una sola fase la carta sensibile, si è sicuri di ottenere una lavora zione uniforme. Alla fine del trattamento, la stampa asciutta va tagliata a metà e, come mostra la nostra sequenza, si ottengono due ste reofotografie corret te: con la porzione destra collocata a destra e quella si nistra a sinistra. Sia che si usi il tor chietto in dotazione (con volet che pro tegge prima l’una e poi l’altra porzione della coppia stereo), sia che si stampi per contatto senza torchietto, si abbia sempre l’accortez za di esporre le due singole immagini in modo leggermen te diverso: in osser vazione, proprio la diversa densità dei due fotogrammi fa vorisce la restituzio ne della profondità stereo. Forse.

45 (4)BordoniAntonio

volta della sovietica Sputnik, del 1960 (altre fonti, datano al precedente 1955, ma è improbabile, considerate le date del programma spaziale sovietico, qui richiamate, che esordì con il primo satellite artifi ciale lanciato nello Spa zio, Sputnik 1, il 4 ottobre 1957), che rappresenta una delle più moderne e accattivanti interpre tazioni del tema. Come è palese, e appena accennato, la de nominazione Sputnik ( C путник ) di questa configurazione del passato prossimo della tecnologia fotografica è ispirata al programma sovietico di esplorazione dello Spazio, almeno a quello delle origini, del le prime missioni, dei primi satelliti (dopo il primo, già evocato, se gnaliamo Sputnik 2, del successivo tre novembre, con a bordo la cagnetta Laika, oggi leggendaria). Comunque, nel concreto, la stereo scopica Sputnik riunisce in sé nume rose componenti della fotografia a un tempo eccentrica e trasgressiva, dicia mola così, ovverosia arbitraria... fuori dagli schemi ordinari: dal fascino della sua livrea al vigore formale della rap presentazione tridimensionale.

In coincidenza, segnaliamo anche l’esistenza di un altro apparecchio so

le persone erano splendide e brillanti. E gli oggetti in bachelite nacquero in quel clima (anche se la vita in Unione Sovietica non è paragonabile a quella del mondo occidentale). TRA LE MANI Subito un consiglio, nel caso (remoto e impro babile) che qualcuno volesse... Nella prati ca quotidiana, è bene completare la dotazio ne standard della ste reo sovietica Sputnik con una livella doppia, oppure con una bolla, che faciliti la sua col locazione orizzontale e piana. Infatti, la cor retta restituzione commerciosuaparecchio).tocinquantaalota,dotazionetrecentodellatualeprecisiamocostati.duezionesullalamensionale-stereotrididelripresasibasaancheperfettadisposiorizzontaledeifotogrammiacDettoquesto,anchechel’atvalorecommercialeSputnik,stimabileineuro,sibasasullaoriginariacompleconvisorestereoinmetaletorchiettoperlastampacontattodellecopie(ceneuro,ilsoloapOvviamente,lareperibilitàèlimitataaldell’antiquaria

(2)BordoniAntonio dà certificazione autentica della propria epoca: di que gli anni Sessanta (oltre che Cinquanta) durante i quali lo stato d’animo era gene ralmente ottimista. L’onda lunga del dopoguerra, del secondo dopoguerra, creò uno stile di vita attivo e die de animo a speranze che po tevano essere realizzate. Le automobili, gli elettrodome stici per la cucina e persino

Prodotta a Leningrado dall’inizio degli anni Ses santa (altre fonti, datano dal 1955, ma è improba bile), la sovietica Sput nik è una macchina fo tografica stereo medio formato per pellicola a rullo 120, derivata dalla biottica Lubitel-2.

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Attenzione: l’otturatore centrale, con caricamento a leva, non ha alcuna sicurezza contro le doppie esposizioni involontarie. A parte la messa a fuoco reflex, peraltro agevolata da una lente a scomparsa che ingrandisce l’area di valutazione visiva, la Sputnik stereo presuppone la propria regolazione completamente manuale. Anche l’avanzamento della pellicola do po lo scatto è completamente libero, e si basa sulla lettura delle cifre progressive riportate sul retro della carta di protezio ne del rullo 120. Ovviamente, siccome la Sputnik espone due fotogrammi ac costati simultaneamente, la sequenza delle sei esposizioni stereo è scandita dall’alternanza delle cifre dispari: 1, 3, 5, 7, 9 e 11 (cinque numeri primi su sei!).

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Archivio FOTOgraphia

tivo centrale di visione: a partire dalla distanza minima di 1,3 metri circa. An che la scala dei tempi di otturazione, da 1/15 a 1/125 di secondo più la posa B, e quella delle aperture di diafram ma, fino a f/22, sono sincronizzate tra loro, in modo che i due obiettivi acco stati siano regolati sui medesimi valori di esposizione fotografica.

In alternativa alla visione dall’alto dello schermo (non certo eccellente) e del la sua porzione centrale smerigliata di messa a fuoco, come ogni reflex medio formato, la Sputnik è quindi dotata di cappuccio pieghevole commutabile al traguardo diretto del soggetto.

COPPIE STEREO Comprensivi degli otto millimetri di separazione, i due fotogrammi 6x6cm della Sputnik (formato reale 56x55mm) possono essere stampati a contatto su supporti 6x13cm: una delle dimensioni standard della fotografia stereoscopica. Il visore in dotazione è utilizzabile per l’os servazione di copie/coppie su carta e di trasparenze su lastra di vetro (stampate dai negativi esposti in ripresa). L’unica attenzione in fase di stampa riguarda la corretta disposizione destra-sinistra dei due fotogrammi accoppiati. A questo proposito, rimandiamo all’ap posito riquadro pubblicato a pagina 12; mentre qui osserviamo semplicemen te che -oltre il visore in kit, per lastre e stampe stereo 6x13cm- sono disponibili molti visori di accattivante manifattura A parte l’impiego del visore sovietico in metallo, che accompagna la Sputnik, nei negozi e nei mercatini di antiquaria to fotografico, si possono trovare visori portatili in legno o anche apparecchi da tavolo con dispositivo multiplo di rota zione delle lastre. In alcuni casi, si trat ta di oggetti costruiti in modo sparta no ed essenziale; altre volte, sono gioielli di artigianato, degni dei più eleganti e raffinati complementi di arredamento. Anche in questo sta il fascino della fotografia stereo. Forse, solo in questo. СПУТНИК

/ SPUTNIK è una preziosa monografia (?), ampiamente illustrata, curata (?) dal fotografo Joan Fontcuberta, che estende le proprie riflessioni sulla materia (disciplina? arte?) oltre la propria attività principale. Pubblicato nel 1997 da Fondacion Arte y Tecno logia, di Madrid, è una delle poche ispirazioni occidentali dall’epopea spaziale dell’Unione Sovietica, a partire dai satelliti artificiali Sputnik delle origini. I testi sono bilingue russo e spagnolo (con sunti in inglese) e l’approfondimento, anche fotografico, è più che prezioso nella propria invenzione, per quanto non intenda competere con la stucchevole biblio grafia sulle missioni spaziali statunitensi tanto vincolate alla società dello spettacolo. Co munque: 240 pagine 16x22,5cm, cartonato (quotazione attuale, oltre trecento euro). Però! Però, in questa raccolta, se così vogliamo definirla, si incontra un Joan Fontcuberta inedito e inconsueto: giornalista d’indagine che affronta una vicenda a sfondo giallo, che prende spunto da una mezza verità. Il 25 ottobre 1968, l’Unione Sovietica lanciò nello spazio una navicella senza equipaggio, conteggiata Soyuz 2; dopo tre giorni di volo, la navicella tornò sulla Terra senza problemi: questa è la versione ufficiale. In dissidenza, Joan Fontcuberta ipotizza che la missione si svolse in altro modo. E immagina, in invenzione di protagonisti. Nella sua versione, a bordo della Soyuz 2 ci sarebbero stati un astronauta (di fantasia), Coronel Ivan Istochnikov, e un cane, Kloka. Per ragioni misteriose, il cosmonauta sareb be scomparso durante la missione, dopo l’impatto tra la navicella e un piccolo meteorite. Nel libro -immagini e testo-, Joan Fontcuberta racconta l’odissea dell’astronave, “rivelata” solo con l’arrivo della Perestrojika e la declassificazione dei segreti di Stato. Di fatto, Joan Fontcuberta costruisce una mistificazione della storia ufficiale e, come in tutti i suoi progetti fotografici, agisce con i significati dell’immagine e i confini tra re altà e finzione. Insomma, quanto di oggettivo possiede l’immagine fotografica sta solo nella testa e nelle convinzioni preconcette dell’osservatore. Con la Fotografia, come con la Parola, le possibilità mistificatorie sono ampie e infinite. A ciascuno, le proprie.

PRIMA, LE PAROLE In base a una classificazione fenomeno logica ragionata, della quale possediamo la chiave interpretativa, Totò ha incrociato la Fotografia in almeno quattro ghiotte occasioni. Oggi ci soffermiamo su una in particolare -ribadiamo: Totò-fotografo in Miseria e nobiltà-, non prima di aver richiamato le altre tre. Soprattutto, non prima di una citazione che allinea l’umo rismo spesso surreale di Totò alla Foto grafia; meglio, che dona alla Fotografia una preziosa perla, che ne dovrebbe/po trebbe arricchire la personalità. In Totò Baby, di Ottavio Alessi, del 1964, uno dei film girati per sfruttare il richia mo esplicito all’attore, in un momento di suo alto gradimento popolare, Totò enun cia quella che pomposamente presenta come la «Prima regola del manuale del delinquente: farsi fotografare solo per la foto segnaletica. Foto fatta capo ha».

A seguire, sempre e ancora in avvici namento al Totò-fotografo di Miseria

Dal testo al contesto, è evidente il gioco di parole, elaborato su un modo di dire a tutti noto (appunto, “frase fatta capo ha”).

e / CINEMA / di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini QUESTA VOLTA, TOTÒ

16 Ai propri tempi, non sempre adeguata mente considerato dalla critica cinema tografica, Totò è stato riabilitato in mo menti successivi, nella propria sostanza addirittura recenti. In particolare, oggi giorno non si tiene più conto della po vertà di molte delle sceneggiature dei tanti film nei quali ha recitato, ma sol tanto della sua capacità interpretativa, per la quale si pone l’accento soprattutto su un riconosciuto estro di improvvisa zione in scena, con la quale e attraverso la quale Totò sarebbe brillantemente uscito da insidiosi vicoli ciechi. Ma non è questo che ci interessa, qui e oggi, per quanto ci incuriosisca in al tri momenti della nostra esistenza. In vece, e nello specifico, in compagnia di Totò continuiamo a passeggiare lungo il confortante sentiero che stiamo trac ciando da tempo, definito dalla classi ficazione e commento della presenza della Fotografia nel Cinema. In partico lare, con la segnalazione dello sketch di Totò-fotografo nel film Miseria e nobiltà, ancora oggi riferiamo una osservazione di dettaglio, che a proprio modo contri buisce a definire la consistenza del feno meno. Insieme a tante altre già accolte sulla rivista, e ad altrettante che verranno ospitate a seguire, questa odierna è una segnalazione sfumata nella propria ap parenza, ma sostanziosa nel contenuto. Dopo aver ampiamente risolti i richia mi di più alto profilo, come lo sono quelli nei quali la Fotografia è intrigante pro tagonista della vicenda narrata dal film (dall’ormai insopportabile Blow-Up a La finestra sul cortile, da Il favoloso mondo di Amélie a Pretty Baby, da La dolce vita a Occhio indiscreto, da One Hour Photo a Flags of Our Fathers, Fur e tanti al tri ancora), ulteriori minuzie forniscono giusto quell’indispensabile contorno che estende il campo delle considerazioni, allargando i confini di una combinazione (appunto Fotografia al Cinema) ricca di tracce, allusioni e tonalità coinvolgenti.

Così, la sua trasformazione fotografica ci è gratificante, nel senso che la Foto grafia abbandona per un istante i lustri ni del proprio dibattito culturale (spes so arido), per esprimere un significato fondamentale, riconoscibile universal mente. Addirittura, faccendone proverbio, sottintendiamo un princìpio didattico e morale di norma, avvertimento, consi glio e massima dettato dall’esperienza.

INCROCI E RITORNI Attenzione agli incroci cinematografici, che abbiamo sottolineato spesso: come quello dell’attore Jude Law, morboso fotografo-necrofilo e killer in Era mio padre, coprotagonista di Sky Captain and the World of Tomorrow, film con retrogusto fotografico, e scrittore Dan in Closer, dove viene fotografato da An na Cameron / Julia Roberts. In analoga sintonia, Totò e Sophia Loren si incontrano nei due film che abbiamo ricordato oggi, uno di pas saggio e l’altro in approfon dimento: curiosamente en trambi del 1954, nell’episo dio La macchina fotografica (in Tempi nostri - Zibaldone n. 2) e in Miseria e nobiltà Quindi, esageriamo un poco richiamando almeno altre due vicende fotografiche di film con Sophia Loren. Nei panni di Agnese Tira bassi, Sophia Loren è insidiata dal fotografo Mario (Peppi no De Filippo), con “l’occhio che scruta...”. Spassosi i loro siparietti, alcuni anche “foto grafici”, in Il segno di Venere, di Dino Risi, del 1955, film costruito su misura per una fantastica Franca Valeri / Ce sira, tra gli sceneggiatori, in sieme con Luigi Comencini, Ennio Flaiano e altre eccellenti firme del cinema italiano dell’epoca. E poi, ancora, in La fortuna di essere donna, di Alessandro Blasetti, del 1956, Sophia Loren / Antonietta Fallari finisce per in namorarsi del fotografo Corrado Betti (Marcello Mastroianni), al quale avreb be voluto far causa per una propria im magine pubblicata sulla copertina di un rotocalco. E poi, lo stesso Marcello Mastroianni è ancora fotografo (Tibe rio) nella sgangherata combriccola dei Soliti ignoti, di Mario Monicelli, del 1958. Le storie continuano.

17 nobiltà, citiamo un momento fotogra fico di Totò che fa capolino in Totò, Vit torio e la dottoressa, di Camillo Mastro cinque, del 1957. Nel corso di un pedi namento, due investigatori privati -im provvisati quanto pasticcioni-, Michele Spillone detto Mike (Totò) e Gennaro detto Johnny (Agostino Salvietti), fan no uso di una attrezzatura fotografica opportunamente camuffata: la macchi na 6x9cm a soffietto sotto il cappello di Totò, il flash sotto quello del compare. Totò e Sophia Loren sono, quindi, pro tagonisti dell’episodio La macchina fo tografica, il nono di Tempi nostri - Zi baldone n. 2, di Alessandro Blasetti, del 1954, che conclude il film, l’unico sce neggiato da Age e Scarpelli. Con la scu sa di fotografarla, nei panni del bellim busto Dionillo, Totò cerca di accedere alle grazie della prorompente Sophia Loren, dopo aver vinto una consistente Rolleiflex in un gioco a estrazione (be ato lui!). È ovvio: in un momento di di strazione, viene derubato della biottica.

MISERIA E NOBILTÀ Eccoci all’arrivo, o quasi: per il quale la sciamo la parola alla sequenza di imma gini riunite in queste pagine. Diretto da Mario Mattoli, uno dei registi preferiti da Totò, il cinematografico Miseria e nobiltà è la fedele trasposizione dell’omonima commedia di Eduardo Scarpetta. Usci to nelle sale nel 1954, il film si allarga un poco rispetto i tre atti originari, con sce ne finalizzate al ritmo cinematografico, che, comunque sia, rimane abbondan temente teatrale, fino alla conclusione con sipario in chiusura. Tra le aggiunte, la sceneggiatura di Ruggero Maccari e Mario Mattoli ha in cluso lo sketch dello scrivano Don Feli ce Sciosciammocca (Totò), che si sosti tuisce a Don Pasquale (Enzo Turco), il fotografo ambulante che divide con lui l’area antistante il Teatro San Carlo, di Napoli, nel quale si esibisce la ballerina Gemma, interpretata da Sophia Loren: è una sequenza tutta da vedere e rive dere. Cerchiamo di raccontarla. Una coppia di sposini in viaggio di nozze si presenta davanti alla mac china fotografica, tempora neamente abbandonata da Don Pasquale, impegnato in una commissione. Nei pan ni di Don Felice Sciosciam mocca, Totò si improvvisa fo tografo. Dal vetro smerigliato dell’apparecchio a soffietto in legno, rigorosamente su treppiedi altrettanto in legno, dirige la situazione: control la l’inquadratura, fa sposta re gli sposini, invita il marito ad abbassarsi, quindi a stare dietro la moglie, alla quale ri serva cortesi attenzioni, e ne combina di ogni. A un certo punto, abbassa to accanto la sposa, dubbioso di essere incluso nell’inqua dratura, il marito si rivolge al fotografo, a colui che lui crede essere fotografo, e scopre di non essere inquadrato... per ché la sua faccia rovinerebbe la perfezione dell’immagine della moglie. Al caso, propone Don Felice Sciosciam mocca, scattiamo due ritratti (dunque due compensi), e poi incolliamo insie me le fotografie singole: parole accom pagnate dal gesto dei palmi delle mani che si uniscono con uno sputo in mezzo! Ovviamente, non se ne fa nulla, e i due sposini si allontanano... adirati.

Nel film Miseria e no biltà , di Mario Mattoli (uno dei registi preferi ti da Totò), del 1954, lo sketch di Totò-fotografo inizia quando due sposi ni in viaggio di nozze gli chiedono una fotoricordo. Il film è fedele trasposi zione dell’omonima com media del grande Eduar do NeiScarpetta.pannidi fotografo, Totò vorrebbe esclude re dall’inquadratura il ma rito, per dare visibilità alla sposa, alla quale dedica attenzioni particolari. Lo sposino si infastidisce e non se ne fa nulla. Ovvia mente, la coppia si allon tana, adirata.

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18 JACEK SOLTAN Subito: ogni fotografo collabora con altri, entra in rapporti di produzione con il prossimo e s’impegna per risolvere problemi della vita materiale. Al cospetto della quantità e qua lità dei ritratti di Jacek Soltan balza all’oc chio anche questo: la pratica professionale è uno dei criteri con i quali il fotografo incon tra e raggiunge il senso di Realtà e Verità

19 VOLTI RIVELATI Day-LewisDaniel

20 di Maurizio Rebuzzini Nell’esistenza di ciascuno di noi, gli incontri lungo il cammi no determinano le autentiche differenze nelle nostre vite: sia in senso personale e individuale, sia dal punto di vista dell’attività professionale svolta, qualsiasi questa sia. Nato a Varsavia, nel 1958, madre polacca e padre lituano, e arrivato in Italia nel 1973 (il sei agosto), Jacek Soltan è un fotografo di valore grande e riconosciuto. Per l’essenza del suo professionismo richiama tre incroci sulla via: con l’art director Amilcare Ponchielli, prematuramente scomparso Davide Mosconi, che gli ha insegnato come stare dietro la macchina fotografica e fotografare le persone. Ogni contributo/influenza alla sua personalità creativa di base, ha fatto di Jacek Soltan uno dei più accreditati e auto revoli ritrattisti del nostro tempo; ogni apporto, ognuno diver so dall’altro, si è aggiunto a un mosaico a dir poco perfetto. In particolare, Jacek Soltan ritrae personaggi dello spettaco lo, musicisti e attori, cadenzando una modulazione raffinata in anni e decenni di assignment per testate del gruppo edi toriale Rizzoli, a partire da Max, Amica e Sette, tutte creazioni ContePaolo

Detta meglio, forse. Anche in Fotografia: la conoscenza e la pratica, il sapere e il fare Infatti, non possiamo ignorare che l’attività produttiva dell’Uomo sia l’attività pratica fondamentale, che determina anche ogni altra forma di attività e conoscenza. Attraverso questa, ciascuno riesce a comprendere grado a grado i feno meni, le proprietà e le leggi della Natura, come pure i propri rapporti con la Natura e la Realtà; inoltre, attraverso l’attività produttiva, a poco a poco, ognuno raggiunge i diversi livelli di comprensione di certi rapporti reciproci tra gli Uomini. Di fatto, nell’ambito della fotografia professionale, in atti vità produttiva, ogni interprete collabora con altri, entra in determinati rapporti di produzione con il prossimo e s’im pegna per risolvere problemi della vita materiale. Al cospetto della quantità e qualità dei ritratti di Jacek Soltan balza all’occhio anche questo: la pratica professio nale è uno dei criteri con i quali il fotografo incontra e rag giunge il senso della Realtà e della Verità... ovvero, l’auten tica Conoscenza del mondo esterno. Quindi, ciascuno di noi riceve la conferma della verità della propria conoscenza solo dopo che nel corso del processo esistenziale materiale ha raggiunto i risultati previsti. Come Jacek Soltan rivela con la sua Fotografia, se il pro fessionista vuole riuscire nel lavoro, cioè arrivare ai risultati previsti, deve conformare le proprie idee alle leggi del mon do oggettivo esterno; in caso contrario, nella pratica, fallirà. Se fallisce, ne trarrà insegnamento (forse), correggerà le proprie idee e le conformerà alle leggi del mondo esterno, trasformando così la sconfitta in vittoria; è questo il signifi cato delle massime “Sbagliando s’impara” e “La sconfitta è madre del successo”. (continua

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a pagina 24) SwintonTilda

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22 VolontéMariaGian

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nascondere, scappate. Non sottoponetevi ad alcuna ses sione fotografica con lui, che mette in piazza la vostra ani ma. Infine, e per conseguenza diretta: se volete essere felici per un anno, vincete alla lotteria. Se volete essere felici per tutta la vita, amate quello che fate. Questo è il senso della fotografia di Jacek Soltan. Ognuno rifletta e diffonda. ■ Jacek jacek.soltanjaceksoltan.netSoltan

Ancora: è stato teorizzato come e quanto il volto lasci tra sparire l’anima delle persone. Ma non ci sono molti fotografi capaci di spogliare l’anima con la tranquilla immediatezza di Jacek Soltan, che mette a buon frutto i mezzi fotografici della fotografia istantanea. Solitamente, l’approccio è gioviale, pa role e gesti paiono buttati lì. Ma è tutto falso! Perché, a dispet to di come appare, al momento del contatto, Jacek Soltan è immerso in un approfondito studio del comportamento. Impugna la sua macchina fotografica, e la porta all’occhio al momento giusto. Inquadra in modo da isolare e rappresen tare non quello che tutti vedono, ma quanto lui ha intuito. Per quanto riguarda il ritratto in sé, istantaneo solo per il tempo di otturazione adottato, tutto si risolve in una se quenza di scatti. Ovvero, in una manciata di secondi, duran te i quali Jacek Soltan evidenzia l’anima dei suoi soggetti.

(continua da pagina 21) HopperDennis JACEK SOLTAN SOLO ON LINE/ / /QR code

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26 NEL DELLEMONDOBUGIE

Alla fine del Novecento, il dissolvimento dell’Unione Sovietica e paesi satellite ha inne scato un effetto domino, che ha sconvolto ogni precedente equilibrio sociale. È come domandarsi cosa accadrebbe alla Terra, se l’Uomo dovesse scomparire all’improvviso, abbandonando tutto. Quanto resisterebbero le sue tracce? Alcune orme “tecnologi che” dell’Urss sono ancora percepibili, a terribile testimonianza di un’utopia partorita da un mondo che rincorreva illusioni raccontandosi bugie. L’attento e talentuoso fo tografo russo Danila Tkachenko ha documentato aree un tempo proibite nelle quali il regime gestiva le proprie ambizioni planetarie... e oltre. Da cui, Restricted Areas

В МИРЕ ЛЖИ

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28 di Lello Piazza Restricted Areas (aree proibite) è un lavoro dedicato a località militari e in dustriali segrete della vecchia Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Cccp / Urss), abbandonate al degrado e all’oblio. L’Unione è diventata/ritorna ta semplicemente Russia nel 1991, cir ca un anno dopo la Caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989).

Per un motivo che riguarda anche la sua famiglia, e sul quale torneremo in chiusura, Danila Tkachenko si è mosso alla ricerca dei luoghi dove sono rimaste vecchie basi militari dismesse, centri di ricerca spaziale o nucleare abbando nati. Un lavoro eccezionale, soprattut to per l’intuizione di fotografare questi luoghi durante l’inverno, con la neve, in una atmosfera di bianco lattiginoso e abbacinante, che esalta enormemente il senso di abbandono. Dal bianco, ap paiono, come fantasmi diafani, edifici, aerei sgangherati, antenne per l’esplo

Danila Tkachenko, l’autore, è un gio vane e brillante fotografo e visual artist russo, nato a Mosca nel 1989 (non cre diamo a coincidenze del destino). Lau reatosi in Documentary Photography al la Rodchenko School of Photography and Multimedia (https://mdfschool.ru/ en/), Danila Tkachenko ha lavorato al pro prio progetto nei due inverni 20013-2014 e 2014-2015, percorrendo -a più ripre se- tutta la Russia, in un viaggio di oltre quindicimila chilometri: da Voronezh, a sud-ovest, quasi ai confini con l’Ucraina, a Murmansk, a nord-ovest, e al Golfo di Arcangelo, uno dei porti fondamentali della nazione, a cavallo del Circolo Pola re Artico; da Chelyabinsk, ai confini col Kazakistan, al Kazakistan stesso, nelle regioni di Karaganda, Pavlodar, Akmo la e Almaty; da Yugoiztochen, in Bulga ria, alla Penisola di Yamal, nell’estremo nord della Siberia, dove vivono i Nenet.

Antenna costruita per re alizzare connessioni con basi su altri pianeti del Sistema Solare. L’Unione Sovietica stava pianifi cando di costruire basi su altri pianeti, e ha pre parato strutture per la connessione con queste, che non sono mai state utilizzate. Russia, regio ne di Arkhangelsk; 2013. (doppia pagina prece dente) Il più grande sottomarino diesel del mondo. Russia, regione di Samara; 2013. «Per noi, si tratta di bel lissime fotografie di mo menti di Storia».

«Danila Tkachenko è un giovane e brillante fotografo e visual artist russo, nato a Mosca nel 1989 (non crediamo a coincidenze del desti no). Laureatosi in Do cumentary Photography alla Rodchenko Scho ol of Photography and Multimedia, ha lavorato al progetto Restricted Areas nei due inverni 2013-2014 e 2014-2015, percorrendo -a più ri prese- tutta la Russia, in un viaggio di oltre quindicimila chilometri».

29 razione dello Spazio. È tutto in rovina: carcasse di monumenti e anche la sa goma di un sommergibile assurdo, ap parentemente in condizioni perfette, che invece di galleggiare nell’acqua è arenato sulla terra innevata. A voler essere capziosi, una volta an cora e per l’ennesima volta, potremmo riproporre il vecchio dilemma: si tratta di fotografie storiche significative o fo tografie di rilevanti pezzi di Storia, sim boli del fallimento di una utopia? Per noi, si tratta di bellissime fotogra fie di momenti di Storia. La storia del fallimento di un progetto sociale: la pia nificazione del Socialismo e, a seguire, del Comunismo, almeno nella visione leninista, i cui ideali -quasi evangelicihanno ispirato e, in gran parte deluso, la vita di milioni di Uomini. Dunque, le immagini che presentiamo hanno origine dall’urgenza di narrare il falli mento di un sogno.

Osservatorio abbando nato. Kazakistan, regio ne di Almaty; 2015.

A seguito di questo premio, è sta to presentato in vari festival e gallerie europee. Oltre al già citato Festival La Gacilly, a Baden, in Austria, mi limito a ricordare le apparizioni italiane, al Fe stival della Fotografia Europea (Reg gio Emilia, 2019), presso il Palazzo Iso lani, a Bologna (2017), al SI Fest, di Savi gnano sul Rubicone, nella provincia di Forlì-Cesena (2016), nella mostra Storie Sovietiche, presso la Galleria del Cem balo, di Roma (2015). Di questo lavoro esiste anche una bella monografia in

Le ho scoperte nel press kit del Festi val La Gacilly-Baden Photo 2020. Le ho individuate da lontano, essendo impe dito di recarmi a Baden dai problemi generati dal virus SARS-Cov-2. La mia scoperta tardiva è solo il segno della mia ignoranza. Infatti, questo lavoro è stato premiato sei anni fa, nel 2015, con l’Euro pean Publishers Award for Photography (https://www.europhotobookaward.eu).

Archivio FOTOgraphia

FILATELICHECOMMEMORAZIONI

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Cinque emissioni filateliche celebrative dei primati sovietici nello Spazio, evocati da Lel lo Piazza all’interno della sua presentazione del progetto fotografico Restricted Areas, del russo Danila Tkachenko. In sequenza, dall’alto e da sinistra: francobollo emesso dall’Unione Sovietica, il 5 novembre 1957, un mese dopo il primo satellite artificiale Sputnik 1; francobollo albanese del 20 marzo 1962, a un anno dal primo Uomo nello Spazio, Yuri Gagarin; cartolina bulgara con annullo del primo giorno di emissione (28 ottobre 2011) del la serie filatelica dedicata alla cagnetta Laika (Sputnik 2); foglio Souvenir della Guinea, del 26 ottobre 2020, celebrativo dei cani Belka e Stelka (Sputnik 5; 19 agosto 1960); francobollo sovietico del 13 aprile 1960 per la navicella spa ziale Lunik 3, che il 7 ottobre 1959 circumnavi gò la Luna, fotografandone la faccia nascosta. (5)

Ci allineiamo a passaggi del testo principale di Lello Piazza a commento e autorevole presentazione del progetto Restricted Areas, del russo Danila Tkachenko. Come dovere (?), in relazio ne al soggetto, la presentazione delle fotografie contestualizza richiamando l’origine del programma spaziale sovietico, esordi to con il primo satellite artificiale Sputnik 1, lanciato il 4 ottobre 1957, che diede avvio a una nuova era, e che sconvolse il mondo, soprattutto allarmò gli Stati Uniti, in tempo di Guerra fredda. Quindi, Lello Piazza richiama e rievoca la figura del cosmo nauta Yuri Gagarin (Jurij Alekseevič Gagarin), primo Uomo nel lo Spazio, il 12 aprile 1961, a bordo della navicella Vostok 1, con un’orbita attorno la Terra. Ovviamente, tra il satellite origina rio e il volo umano, ci sono state sperimentazioni con animali: la cagnetta Laika, lanciata in orbita bassa il 3 novembre 1957, con la navicella Sputnik 2; la coppia di cani Belka e Strelka, che -il 19 agosto 1960- trascorsero una giornata nello Spazio a bordo del Korabl-Sputnik-2, o Sputnik 5. Ancora, tra i primati del programma spaziale sovietico, si regi stra la navicella spaziale Lunik 3, che il 7 ottobre 1959 fu la prima a circumnavigare la Luna, fotografandone la faccia nascosta. Nello stesso ordine -Sputnik 1, Yuri Gagarin, Laika, Belka e Strelka, Lunik 3-, cinque rievocazioni filateliche dall’impianto di quel Fotografia nei francobolli, che ha subìto interruzioni e cambiamenti di rotta. Cinque emissioni: Unione Sovietica, del 5 novembre 1957, un mese dopo il primo satellite artificiale; Yuri Gagarin, il primo Uomo nello Spazio, con la navicella Vo stok 1, in un raro (e prezioso) francobollo albanese del 20 mar zo 1962, un anno dopo l’impresa, da una serie di tre valori con sovrastampa per posta aerea, su una precedente emissione del Primo febbraio; francobollo celebrativo della Bulgaria, del 28 ottobre 2011, con annullo del primo giorno di emissione su una cartolina della cagnetta Laika; serie di quattro valori della Guinea per i cani Belka e Stelka, del 26 ottobre 2020; Lunik 3 in francobollo sovietico del 13 aprile 1960. mR

31 edizione italiana, Danila Tkachenko. Restricted Areas, pubblicato da Peli ti Associati, nel 2016 (trentadue foto grafie a colori; 80 pagine 30,1x24,5cm, cartonato; 40,00 euro). Chi fosse interessato a saperne di più su Danila Tkachenko, sui suoi altri lavo ri, sui suoi progetti, ha a disposizione il sito web https://danilatkachenko.com.

Da qui, per fotografie che esulano dal le Restricted Areas, mi limito a citare doverosamente il primo premio nella categoria Staged Portraits - Stories al World Press Photo 2014: ritratti posa ti di persone esiliate dalla società, che vivono come eremiti nei boschi. Tornando a Restricted Areas, osser viamo che il fotografo ha ventiquattro anni quando inizia questo lavoro. «La mia serie racconta dell’aspirazione uto pica degli umani per il progresso tec nologico e del suo fallimento», rivela Danila Tkachenko. «Mi piace pensare che ci sia un legame ideale tra queste fotografie e il racconto La Macchina del Tempo, di H. G. Wells, del 1895. Ma, al contrario di quel Viaggiatore, io non finisco nel futuro. Visito oggi il futuro odierno di un passato velleitario, e pren do atto della sua sconfitta». Tornerò su Restricted Areas più avanti. Prima, però, per meglio capire, debbo proporre almeno una domanda: ma co me è stato possibile? All’inizio degli anni Cinquanta, Stati Uniti e Unione Sovietica erano praticamente pari nel campo del le tecnologie più avanzate. Certo, c’era una enorme differenza tra il benessere diffuso nel paese nordamericano e la situazione del popolo russo [tra tanto altro, sottolineo la sintesi Propaganda & Dreams (fotografia sovietica e statu nitense negli anni Trenta in compara zione), a cura di Leah Bendavid-Val, al lestita alla Concoran Art Gallery, di Wa shington DC, nell’estate 1999, e raccolta in volume da Edition Stemmle]. Possiamo affermare che gli Usa fos sero un impero economico e tecnolo gico, l’Unione Sovietica solo un impero tecnologico. Volessimo fare un confron to fra i due paesi, i parametri corretti dovrebbero riguardare la rincorsa agli armamenti e la conquista dello Spazio. Spero di non annoiare, ricordando qui la cronologia di alcuni traguardi. Cominciamo dal 1949. Ventinove ago sto esplode la prima bomba atomica sovietica, e -otto anni dopo-, il 21 ago sto 1957, viene lanciato il primo missi le balistico intercontinentale. Sempre nel 1957 (quattro ottobre), l’Urss manda

Questi successi colgono del tutto im preparati gli Stati Uniti. Ricordo anco ra i tentativi di lanciare nello Spazio il primo satellite americano; esperimenti in competizione tra Esercito e Marina, con quei disastrosi missili Vanguard, della Marina, che esplodevano a terra (4 ottobre e 3 novembre 1957). Fu solo il 31 gennaio 1958 che gli Stati Uniti ri uscirono lanciare Explorer 1 (Esercito), il loro primo satellite. Però, furono ancora i sovietici a rag giungere per primi la Luna. Il 14 set tembre 1959, una sonda russa atterra sul nostro satellite, e un mese dopo, il sette ottobre, un’altra sonda rimanda le prime immagini della faccia nascosta della Luna, circumnavigata e fotogra fata. Altro successo: il 20 agosto 1960, i cani Belka e Strelka tornano vivi e vegeti sulla Terra, dopo averle orbitato intorno. Apoteosi, il 12 aprile 1961: il cosmonauta Yuri Gagarin (Jurij Alekseevič Gagarin) è il primo Uomo che va e torna dallo Spazio, dopo un’orbita attorno la Ter ra. Nel 1966, i sovietici conquistano un nuovo traguardo: una loro sonda atterra per la prima volta su un altro pianeta del sistema solare, Venere. E, un mese dopo, mandano una sonda spaziale in orbita intorno alla Luna. Gli americani non stanno dormendo: rincorrono l’U nione Sovietica, e -finalmente- la su perano, portando per la prima volta un equipaggio in orbita lunare (Apollo 8, 21-27 dicembre 1968) e due astronauti sul nostro satellite (Apollo 11, 20 luglio 1969). Dopo una rincorsa di quasi dieci anni, gli Stati Uniti riescono a mettere il muso davanti all’Urss nella gara per la conquista dello Spazio, facendolo in un modo enormemente mediatico e spettacolare (e propagandistico?).

Tutto questo elenco di successi sovie tici, dal 1957 al 1968, che precedono gli americani, cosa c’entra con Restricted Areas? Ovviamente, l’inventario sugge risce una domanda: come è possibile che una nazione tecnologicamente più avanti del suo diretto e accanito avversa rio, abbia potuto trasformare la propria eccellenza scientifica e tecnologica in un disastro apocalittico? Disastro che le fotografie di Danila Tkachenko celebra no nella propria inquietante bellezza? Non spetta a me formulare una ri sposta. Comunque, prima di chiudere, devo citare una particolare serie di epi sodi che contribuiscono a determina re il disastro sovietico e permettono di ipotizzare una risposta alla domanda. Questi episodi coinvolgono la nonna di Danila Tkachenko. Probabilmente, è stata la minaccia rappresentata da quegli episodi per la salute e la vita di sua nonna a motivare il fotografo a pro gettare e realizzare Restricted Areas. La nonna viveva a Chelyabinsk, una cit tà ai piedi degli Urali, non lontana dal confine col “Recentemente”,Kazakistan.questa città è assurta agli onori delle cronache. Circa otto anni fa, il 15 febbraio 2013, il quotidiano italiano La Repubblica titolò «Russia, meteoriti in pieno giorno. Oltre 1000 feriti, 200 so no bambini». «Russia, esplode meteori te: 1200 feriti», fece eco il Corriere della Sera. Il meteorite aveva colpito la zona di Chelyabinsk. Ma nessuna notizia, in vece, trapelò di quella serie di episodi molto più gravi avvenuti circa cinquanta anni prima, un centinaio di chilometri a nord di Chelyabinsk, dove, nel 1946, in totale segretezza, l’Unione Sovietica iniziò a costruire Chelyabinsk-40 (oggi Ozërsk), una seconda città. Per decine di anni, la città non è apparsa neppure sulle carte geografiche. È stata una vera e propria restricted area, a causa della sua vicinanza con la centrale nucleare Majak, un impian to che copre un’area di circa novanta chilometri quadrati, dove oggi lavora no circa quindicimila persone. Durante la Guerra fredda di contrapposizione politica, ideologica e militare, lì si pro duceva il plutonio; ora, vengono ricicla ti rifiuti nucleari provenienti da arma menti fuori uso, dai sottomarini nucle ari, dalle centrali atomiche del paese.

Dalla fine degli anni Quaranta, la po polazione della regione iniziò ad am malarsi e morire per via dell’effetto pro lungato dell’esposizione alle radiazio ni. In questa area, nel 1957, si verificò il disastro nucleare di Kyštym, tenuto segreto e sempre negato dalle autorità sovietiche, il peggiore della Storia fino a quello di Chernobyl. Fu solo a partire dagli anni Novanta che cominciarono a filtrare le prime indiscrezioni. Fu solo decenni dopo gli incidenti che su Chelyabinsk-40 fu pos sibile girare il coinvolgente film docu mentario City 40, del 2016, identifica to anche come Il cimitero della Terra, basato su filmati ripresi da telecamere nascoste e filmati d’archivio, che ac compagnano interviste sconvolgenti (pagina precedente) Dzerzhinsk, città dove venivano prodotti motori a razzo in epoca sovieti ca. Era una città proibita fino al 1992. Russia; 2013. Un sarcofago chiude un pozzo profondo circa quattro chilometri, oggi abbandonato. All’epoca, era uno dei pozzi creati per ricerche scientifiche più profondi al mondo. Russia, regione di Mur mansk; 2013. Sede del Partito Comu nista. Bulgaria, regione Yugoiztochen; 2015. «Per meglio capire, debbo proporre alme no una domanda: ma come è stato possibi le? All’inizio degli anni Cinquanta, Stati Uniti e Unione Sovietica erano praticamente pari nel campo delle tecnologie più avanzate. Certo, c’e ra una enorme differen za tra il benessere diffu so nel paese nordameri cano e la situazione del popolo «Possiamorusso.affermare che gli Usa fossero un impero economico e tecnologico, l’Unione Sovietica solo un impero tecnologico. Vo lessimo fare un confronto fra i due paesi, i parame tri corretti dovrebbero ri guardare la rincorsa agli armamenti e la conqui sta dello Spazio. «Il 29 agosto 1949 esplo de la prima bomba ato mica sovietica. Il 21 ago sto 1957 viene lanciato il primo missile gnettaniknovembre,cani;cheartificiale:orbitatobre),preintercontinentale.balisticoSemnel1957(quattrootl’UrssmandainilprimosatelliteloSputnik1,sconvolgegliameriunmesedopo,iltreconloSput2,vainorbitalacaLaika».

32 in orbita il primo satellite artificiale lo Sputnik 1, che sconvolge gli america ni; un mese dopo, il tre novembre, con lo Sputnik 2, va in orbita la cagnetta Laika, che non tornerà viva sulla Terra.

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[nomination agli Emmy Awards 2017, nella categoria News & Documentary ]. Il regista Samira Goetschel l’ha pre sentato, per la prima volta, al Bertha DocHouse, di Londra, il 23 luglio 2016. Vicenda analoga per Chernobyl, dove il reattore Numero 4 esplose il 26 apri le 1986: Chernobyl , cinque episodi di una miniserie televisiva creata e scrit ta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck, è stata realizzata solo nel 2019, ben trentatré anni dopo. Propongo di cercare proprio in Cher nobyl l’inizio della fine della utopia so vietica. Nelle ultime scene del docu mentario vengono pronunciate parole lapidarie e infuocate come le verità e le minacce divine di biblica memoria. Le parole amare sono del professor Valerij Alekseevič Legasov, chimico, incaricato dal Comitato Centrale del Partito Co munista dell’Unione Sovietica di con durre l’inchiesta sul disastro. Sottopo sto a ogni genere di intimidazioni da agenti del Kgb, che hanno lo scopo di manipolarne le conclusioni, seppellen do la verità sotto montagne di bugie, Legasov rileva, quasi parlando con se stesso: «Qual è il prezzo delle bugie? Non che le confondiamo con la verità. Il vero pericolo è che abbiamo ascol tato tante di quelle bugie, da non rico noscere più la verità. Cosa fare, allora? Non resta che abbandonare anche solo l’idea della verità e accontentarci delle storie. In queste storie non importa chi siano gli eroi. Quello che vogliamo sa pere è a chi dare la colpa». E, quasi sui titoli di coda, si sente ancora la voce di Legasov sussurrare: «Ora chiedo solo: qual è il costo delle bugie?». Questo è forse il motivo della fine dell’u topia narrata (anche e soprattutto) da Restricted Areas. Un’utopia partorita da un mondo che rincorreva illusioni raccontandosi bugie. ■ Aereo anfibio con decol lo verticale VVA14. L’Urss ne ha costruiti solo due, nel 1976, uno dei quali si è schiantato durante il trasporto. Russia, area di Mosca; 2013. «L’elenco di successi spa ziali sovietici, dal 1957 al 1968, cosa c’entra con Re stricted Areas ? L’inven tario suggerisce una do manda: come è possibile che una nazione tecno logicamente più avanti del suo diretto e accanito avversario, abbia potuto trasformare la propria eccellenza scientifica e tecnologica in un disa stro apocalittico?».

FOTO

in anticipo su Fotografia nei francobolli Foglio (di stampa) dell’emissione filatelica statunitense, dell’11 luglio 1945 (centotrentasette milioni), celebrativa della conquista dell’isola di Iwo Jima, nell’Oceano Pacifico, baluardo fondamentale della difesa giapponese. Dalla celebre e iconica fotografia di Joe Rosenthal, del precedente ventitré febbraio. graphia 02/F/otograFianeiFrancobolli

Allestita al Museo di Roma fino al prossimo ventiquattro ottobre, la mostra Adolfo Porry-Pastorel. L’altro sguardo - Nascita del fotogiornalismo in Italia è la prima espo sizione personale dedicata al “padre” riconosciuto e accreditato dei fotocronisti italiani. Incontro con un fo tografo e giornalista-testimone di talento sconfinato, che ha modellato un modo di raccontare il nostro Tempo Arresto di Benito Musso lini (pre tutto) nel corso di un comizio interventi sta; Roma, 11 aprile 1915. Un’istantanea moder na, capace di fermare il «Comemovimento.ilservizio che ap parve sulla prima pagi na del Giornale d’Italia, il 12 aprile 1915 [...]. Una fo tografia che il futuro du ce non gli perdonò mai e che diede origine al la proverbiale battuta: “Sempre il solito fotogra fo!”; “Sempre il solito pre sidente del Consiglio!”, fu spesso la replica iro nica di Porry-Pastorel».

35 di Angelo Galantini Oltre e a margine dell’allestimento della affascinante e autorevole retrospettiva sul fotogiornalismo di inizio Novecento di Adolfo Porry-Pastorel (1888-1960), al la quale potremmo anche approdare, ma più avanti... forse, sono doverose due note in anticipazione e trasversa lità, almeno due, soprattutto due. La prima riguarda quell’idea, più volte richiamata, in occasioni debite, secondo la quale -spesso- la personalità di un fo tografo, per quanto possa essere stata lunga e proficua la sua vita, si riconduce a una sua sola fotografia. Non che il suo percorso venga mai ignorato, e ci man cherebbe altro; ma, a conti fatti, per mille motivi, fatti e post-fatti, spesso (sempre!) una frazione di secondo crea un’icona indelebile, costantemente richiamata a proposito del suo autore. È così per molti fotografi contemporanei e storici, senza soluzione di continuità geografica e/o indirizzo professionale. Da cui, Adolfo Porry-Pastorel, univer salmente riconosciuto come padre del fotogiornalismo italiano, è legato e vinco lato a un’istantanea del 1915 (lui ventiset tenne) relativa all’arresto del trentaduen ne Benito Mussolini, pre tutto, durante un comizio interventista (per la Grande guerra, poi Prima guerra mondiale).

La seconda trasversalità sottolinea l’au tentico e indiscutibile valore del fotografo. Più che in passato, anche prossimo, du rante il quale filtri “naturali” guidavano la ricerca per studio, impedendo a fon ti inattendibili di affacciarsi a qualsivo glia ribalta, al giorno d’oggi, in tempi di Rete, è necessario attivare preconcetti e pre-considerazioni individuali, per di scernere le sorgenti alle quali si accede. Per esempio, pur nella propria eccel lente utilità, Wikipedia è infarcita di ap prossimazioni, che possono indurre in errore. Ottima per definizioni di massi ma, non è certo Vangelo; tanto più che qualcuno ha pure compilato la voce che riguarda se stesso, senza dipendere da alcuna autentica e imprescindibile scala gerarchica (tanti fotografi mediocri italia ni lo hanno fatto: lo sappiamo per certo). Buona notizia, a questo punto: per la voce “Adolfo Porry-Pastorel” si può ac cedere a un documento inoppugnabile, compilato nell’ambito della prestigio sa Enciclopedia Treccani. A cura di Va nia Colasanti, il fotografo è inserito nel Dizionario Bibliografico degli Italiani, nel quale è incluso senza complicità, connivenze e favoreggiamenti trasver sali, ma per il proprio autentico valore. Leggiamo, in estratto: nativo di Vitto rio Veneto, in provincia di Treviso, trasfe ritosi a Roma, con la famiglia, nel 1900, «fu nella capitale che, nel 1906, Adol fo Porry-Pastorel intraprese la carriera giornalistica, grazie all’interessamento del padrino Ottorino Raimondi, vicedi rettore del Messaggero. Fin dall’inizio, i suoi articoli si distinsero, oltre che per l’arguzia della penna, anche per l’origi nalità delle sue fotografie. «Con i reportage illustrati dalle sue stesse immagini, aprì la strada al fotogiornalismo, di cui in Italia è considerato il padre indi scusso, immortalando la storia del paese in nove milioni di immagini, sempre da quell’angolazione anticonvenzionale e stravagante che ben rifletteva il suo ca rattere. Un professionista che, per battere la concorrenza, si avvalse di ogni mezzo, come l’invio dei negativi delle sue foto grafie con piccioni viaggiatori.

FOTOGIORNALISMO ORIGINARIO

ColasantiVaniaArchivio

«Come il servizio che apparve sulla pri ma pagina del Giornale d’Italia, il 12 aprile 1915, nel quale una fotografia scattata da Adolfo Porry-Pastorel mostrò in esclusiva l’arresto di un giovane Benito Mussolini durante il raduno interventista a favore dell’entrata in guerra dell’Italia, avvenuto il giorno precedente, in piazza Barberi ni, a Roma [eccoci!].

Adolfo Porry-Pastorel. L’altro sguardo - Nasci ta del fotogiornalismo in Italia, a cura di Enri co Menduni; Electa, 2021; bilingue italiano e ingle se; centoventicinque il lustrazioni; 128 pagine 20,5x28cm; 25,00 euro.

«A soli vent’anni, era il fotogiornalista più in voga della capitale, conteso dai quotidiani Il Messaggero, La Vita e Il Giornale d’Italia, che -alla fine- riuscì ad averne l’esclusiva, sotto la direzione di Alberto Bergamini. [...] «A Roma, in via del Pozzetto 122, aprì la sua gloriosa agenzia, trasferitasi poi definitivamente in via di Pietra 87: Vedo (Visioni Editoriali Diffuse Ovunque). [...]

«I suoi reportage si distinsero sem pre per rigore di cronaca, ma anche per creatività, ironia e temerarietà, abbrac ciando la politica, l’attualità, il costume, lo sport, la cultura, gli spettacoli.

Una fotografia che il futuro duce non gli perdonò mai e che -secondo fonti familiari- diede origine al la proverbiale battuta: “Sempre il solito fotografo!”, come lo apostrofò sarcasti co Mussolini in più occasioni; “Sempre il solito presidente del Consiglio!”, fu spes so la replica ironica di Porry-Pastorel. […] «Durante la Prima guerra mondiale, come inviato al fronte, Adolfo Porry-Pa storel sperimentò l’uso innovativo della didascalia. Sui giornali, comparvero così le prime fotografie accompagnate da una spiegazione dell’avvenimento. [...] «Fu nel corso della Grande guerra che Adolfo Porry-Pastorel cominciò a servirsi di piccioni viaggiatori per l’invio di ne gativi e notizie. Una tecnica antichissi ma, tornata in uso anche fra i soldati del 1915-18 per la spedizione dalla prima linea alle retrovie, e che gli consentì di inseri re i negativi all’interno di piccoli astucci fissati alle zampe dei volatili. «I piccioni viaggiatori furono per lui mes saggeri alati in più occasioni. Memorabile lo scoop del 5 maggio 1938, quando, in occasione della parata navale nelle acque del golfo di Napoli, Adolfo Porry-Pastorel sbalordì Mussolini e Hitler, a bordo del la corazzata Cavour. In quella circostan za, insieme all’attrezzatura portatile per lo sviluppo delle pellicole, il fotoreporter portò con sé sulla nave anche una cop pia di piccioni viaggiatori, ai quali conse gnò i negativi che aveva scattato e svi luppato in mezzo al mare. Messaggeri fedeli, a una velocità di circa cinquanta chilometri orari, i piccioni raggiunsero la colombaia di origine a Roma.

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A cura di Enrico Menduni e promos sa, ideata e organizzata da Istituto Lu ce Cinecittà, mostra di ottanta fotogra fie provenienti dall’Archivio storico Luce, che conserva millesettecento negativi di Adolfo Porry-Pastorel e oltre centottan tamila stampe della sua agenzia foto grafica Vedo. Ancora: filmati d’archivio, stampe originarie e documenti. Con volume-catalogo. ■ ■ Adolfo Porry-Pastorel. L’altro sguardo (L’altro sguar do) - Nascita del fotogiornalismo in Italia, a cura di Enrico Menduni; mostra ideata, organizzata e rea lizzata da Istituto Luce Cinecittà; Museo di Roma, Palazzo Braschi, piazza di san Pantaleo 10 / piazza Navona 2, 00186 Roma (www.museodiroma.it). Fino al 24 ottobre; martedì-domenica 10,00-19,00.

«Ad attenderli c’era la moglie Franca Cerruti, che recapitò le fotografie a pa lazzo Sciarra, all’epoca sede della reda zione del quotidiano. Quando Mussolini e Hitler sbarcarono a Napoli, si stupirono di trovare Il Giornale d’Italia già con le illustrazioni che li ritraevano a bordo. [...]

Trasporto della salma di Giacomo Matteotti; Ria no Flaminio, alle porte di Roma, 17 agosto 1924. [Firenze, Fondazione di studi storici Filippo Tura ti, fondo Matteotti] Benito Mussolini treb bia il grano; Littoria (og gi, Latina), 9 luglio 1934. Cancellando i pantaloni bianchi di Achille Stara ce, diventerà l’icona dei riti agrari del regime. La troupe sul set del film Luciano Serra pi lota, di Goffredo Ales sandrini; Aeroporto del Littorio (oggi, dell’Urbe), 30 giugno 1937. Una scena che sareb be piaciuta a Fellini o a Diane Arbus. Dietro la macchina da presa è l’o peratore Ubaldo Arata.

(2)FarabolaArchivi

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«Per anticipare i colleghi degli altri gior nali, Adolfo Porry-Pastorel trovò ogni espe diente per introdursi nei palazzi del po tere, mimetizzarsi nei cortei di protesta, intervistare in esclusiva politici e perso naggi della cultura. Fu uno dei primi pro fessionisti a inviare le immagini attraver so la telefotografia, utilizzando la linea telefonica o telegrafica, come dimostra no le immagini pubblicate sul Giornale d’Italia, nella cui didascalia è certificato: “Foto Esclusive Porry, trasmesse con la valigia«Sempretelefotografica”.perbattere la concorrenza, trasformò il suo furgone Ford rosso in un laboratorio fotografico ambulante, nel quale poter stampare le fotografie ovunque; così come, per agevolare il cambio di pellicola, fu capace di mo dificare la sua Leica, creando una co moda apertura sul retro».

Adolfo Porry-Pastorel è mancato a Ro ma, il Primo aprile 1960, a settantadue anni, dopo una vita vissuta intensamente. La mostra L’altro sguardo (in grafia “L’altro sguardo”), in cartellone fino al prossimo ventiquattro ottobre, al Museo di Roma a Palazzo Braschi, riunisce e racconta quanto promette in sottotito lo: Nascita del fotogiornalismo in Italia. In una geografia, quale è la nostra, e in un pensiero fotografico contenuto, se non limitato, quanto è il nostro, si trat ta della prima esposizione sistematica dedicata al “padre” del fotogiornalismo italiano, e ispirata dal suo professioni smo avveniristico.

DENTRO LO STUDIO FONDAZIONE GIAN BARBIERIPAOLO

Fotografie di Antonella Bozzini, Daniela Damiano e Ottavio Maledusi

Talento creativo! I luoghi e gli oggetti hanno un proprio significato, come le Parole; e possiamo leggerli come fossero in un libro. In denominazione provvisoria, Luoghi della Fotografia è un progetto a più mani (a più menti) rivolto alla documentazione e certificazione di un momento storico particolare: quello di un cambiamento repentino nei modi della Fotografia introdotto da esuberanti nuove modalità di lavoro professio nale. Non una trasformazione lineare e consequenziale, come sempre avvenuto negli scorsi decenni; ma una metamorfosi completa, che ab bandona ciò che è stato, per proiettarsi verso ciò che è, sarà e dovrà es sere. Dal progetto, in estratto, lo studio milanese di Gian Paolo Barbieri, che dal Duemilasedici si è costituito in Fondazione Gian Paolo Barbieri

40 di Maurizio Rebuzzini Spesso, rileviamo di non essere adat ti a commentare la Fotografia di Gian Paolo Barbieri. In visione planetaria, lo consideriamo il più rilevante autore del secondo Novecento, e da questa opi nione non ci separiamo mai, proprio mai. Ancora, siamo soliti accostare la sua alla personalità del regista cine matografico Stanley Kubrick. Già... Kubrick. Il nome “Kubrick”, che è suonato misterioso e kafkiano quasi come “Kafka”, è apparso dieci volte in quarant’anni nei titoli di testa di dieci film così innovatori, unici e diversi tra loro da far dubitare che indicasse una persona vera. I cinefili, ovviamente, sa pevano, ma il grande pubblico pote va immaginare ci fossero autori diversi dietro Full Metal Jacket, Shining, Barry Lyndon, A Clockwork Orange, 2001: A Space Odyssey, Dr Strangelove, Lolita, Spartacus, Paths of Glory e The Killing Altrettanto... Barbieri. L’attribuzione fo tografica a Gian Paolo Barbieri ha ac compagnato fotografie così innovative, uniche e diverse tra loro da far dubita re che indicasse una persona vera, una persona sola. Chi di dovere, ovviamente, ha sempre saputo, ma il grande pubbli co ha potuto immaginare che ci fosse ro autori diversi dietro tanti redazionali moda e altrettante pubblicità. E monografie eterogenee, a ritroso: Fiori della mia vita, con poesie di Brani slav Jankic, del 2016; Flowers, del 2016; Skin, del 2015; Dark Memories, del 2013; Gian Paolo Barbieri, del 2007 (in occasio Dobbiamo essere tut ti grati a quegli autori fotografi, quale è Gian Paolo Barbieri, che con le proprie visioni e inter pretazioni fanno entrare il mondo all’interno degli spazi e momenti nei quali ciascuno di noi condu ce la propria esistenza. Sfogliando la sequenza della sua Fotografia, si incontra e vede lo svol gimento della Vita attra verso le.stinguerle,attente.rappresentazioniTuttostaadiariconoscerMa-unavoltaintuitii meccanismi-, il gioco è affascinante e appagan te. L’incontro è gratifi cante, oltre che denso di sollecitazioni personali.

L’insieme degli interventi fotografici di Gian Paolo Barbieri, che scandisco no la frequentazione vo lontaria e consapevole di successivi stili espressivi, è giusto questo: una rac colta di attimi isolati dal contesto dell’esistenza, che finiscono per rap presentarla come poche parole potrebbero fare.

del 1989 (riedizione Taschen Verlag, del 1998); Barbieri, del 1988; Silent Portrai ts, con album discografico trentatré giri composto appositamente da Vangelis (Evángelos Odysséas Papathanassíou), del 1984; I grandi fotografi - Gian Pao lo Barbieri, del 1982; Artificial, del 1982. Da qui, al concreto degli spazi. Ampio e strutturato tra sala di posa, archivio e infrastrutture logistiche e di conforto quotidiano, nel corso degli an ni, lo studio di Gian Paolo Barbieri -per sonalità tra le più influenti del secondo Novecento- è stato teatro di allestimenti scenici per fotografie che sono entra testa di Ossessione, di Luchino Viscon ti, in proiezione), piuttosto che in propri dettagli di comodo (soprattutto per ri tratto, come anche per quella fantastica ricerca personale sfociata nelle raccolte monografiche immediatamente con seguenti una all’altra, Dark Memories, del 2013, e Skin, del 2015). Attualmente, in un cammino che ha portato alla costituzione della Fonda zione Gian Paolo Barbieri, istituita nel 2016 dallo stesso fotografo, la proiezio ne verso la conservazione e tutela di un archivio fondamentale della cultura italiana (e non solo) sta spostando l’as se di equilibrio dalla produzione foto grafica, ancora in essere, alla custodia e salvaguardia del patrimonio fotogra fico composto da migliaia di negativi, stampe e complementi. La Fondazione è una istituzione culturale che opera nel settore delle arti visive e che perse gue finalità di promozione della figura

L’autore decifra l’insieme dei propri interventi, delle proprie lavorazioni foto grafiche, per risolvere la forma apparente, la for ma necessaria, lasciando così all’osservatore, isola to nella propria contem plazione, l’emozione, la seduzione e il coinvolgi mento personali.

42 artistica del Fondatore, delle sue opere fotografiche e di tutti i beni materiali e immateriali che ne testimonino l’attivi tà artistico-creativa, nonché, più in ge nerale, di promozione della fotografia storica e contemporanea e di ogni al tra forma di espressione culturale nelle proprie diverse realizzazioni. Sulla Fotografia, sull’esercizio della Fo tografia sono stati riversati fiumi di in chiostro. Eppure, ogni volta c’è ancora qualcosa di nuovo da dire, da scrivere. Dunque, da sola, questa osservazione basta per qualificare, quantificandolo, un fenomeno pressoché infinito: perché l’esercizio della Fotografia è parte inte grante del fenomeno, fondamentale!, dell’esercizio stesso della Vita. Nello specifico delle fotografie di Gian Paolo Barbieri, la cui personalità d’au tore è stata raccolta in autorevoli mo nografie che ne hanno ripercorse le espressioni frequentate nel corso degli anni (come abbiamo appena censito), corre l’obbligo di precisare cosa sia la Fotografia, in termini sostanziali.

Per propria natura raffigurativa, nel senso che ha bisogno della materializ zazione di un soggetto davanti allo stru mento (indispensabile), la Fotografia è per propria intenzione rappresentativa Scatto dopo scatto, elaborazione intel lettiva dopo elaborazione intellettiva, la sfida è affascinante, e per questo irrinun ciabile. Ogni volta che agisce, il fotogra fo consapevole, l’autore, deve dispiegare tutto il proprio lessico per comunicare con l’esterno, con gli altri. Cosa è il lessi co? Quell’insieme dei formalismi estetici che permette alla visione soggettiva di raggiungere l’esterno. Il fotografo (Gian Paolo Barbieri) valuta cosa includere nello spazio del proprio fotogramma, cosa la sciare fuori; da che prospettiva osservare e far vedere; come combinare il proprio elaborato e via discorrendo.

Ampio e strutturato tra sala di posa, archivio e infrastrutture logistiche e di conforto quotidiano, nel corso degli anni, lo studio di Gian Paolo Bar bieri -personalità tra le più influenti del secondo Novecento- è stato teatro di allestimenti scenici per fotografie che sono en trate a pieno diritto nella Storia, non soltanto della Fotografia. Via via, secon do intendimenti e neces sità, l’ampia sala di posa è stata occupata in pieno delle proprie dimensio ni, piuttosto che in pro pri dettagli di comodo, soprattutto per ritratto, moda e ricerca personale.

Dobbiamo essere tutti grati a quegli autori fotografi, quale è Gian Paolo Bar bieri, che con le proprie visioni e inter pretazioni fanno entrare il mondo all’in terno degli spazi e momenti nei quali ciascuno di noi conduce la propria esi stenza. Sfogliando la sequenza della sua Fotografia, si incontra e vede lo svolgi mento della Vita attraverso rappresen tazioni attente. Tutto sta a distinguer le, a riconoscerle. Ma -una volta intuiti i meccanismi-, il gioco è affascinante e appagante. L’incontro è gratificante, ol tre che denso di sollecitazioni personali.

L’insieme degli interventi fotografici di Gian Paolo Barbieri, che scandiscono la frequentazione volontaria e consapevo le di successivi stili espressivi, è giusto questo: una raccolta di attimi isolati dal contesto dell’esistenza, che finiscono per rappresentarla come poche parole po trebbero fare. L’autore decifra l’insieme dei propri interventi, delle proprie lavo razioni fotografiche, per risolvere la for ma apparente, la forma necessaria, la sciando così all’osservatore, isolato nella propria contemplazione, l’emozione, la seduzione e il coinvolgimento personali.

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Verso l’Esistenza individuale. La buona comunicazione fotografica ha il potere di aprirci quotidianamen te la porta del paese delle meraviglie dove si perde l’Alice di Lewis Carroll: apparenza e realtà si fondono in uno. Niente è ciò che sembra. Tutto è come sogniamo che sia. Che vorremmo che fosse.

Non conta tanto cosa si fotografi, quanto perché e con che intenzioni . Ovvero a volte, come nel caso delle ri cerche personali di Gian Paolo Barbieri, che percorre la strada fotografica an che oltre l’impegno professionale nella moda e pubblicità, il soggetto è spes so (soltanto?) pretesto raffigurativo per rappresentazioni di ampio respiro.

L’attribuzione fotografica a Gian Paolo Barbieri ha accompagnato fotogra fie così innovative, uniche e diverse tra loro da far dubitare che indicasse una persona vera, una persona sola. Chi di dove re, ovviamente, ha sem pre saputo, ma il gran de pubblico ha potuto immaginare che ci fos sero autori diversi dietro tanti redazionali moda e altrettante pubblicità. E monografie, in un ca sellario che è esordito con una prima raccolta Artificial, del 1982, per proseguire, approdan do al coinvolgente Fiori della mia vita, del 2016.

FOTO graphia 02/D/ialoghi

“La migliore non c’è!”

Voci fuori campo (rispettivamente di Totò / Don Felice Sciosciammocca e Enzo Turco / Don Pasquale) nel film Miseria e nobiltà, di Mario Mattoli, del 1954, sceneggiato da Ruggero Maccari, sul libretto della commedia omonima di Eduardo Scarpetta, del 1887. Scena nello sgangherato appartamento condiviso dalle due famiglie, all’ingresso del marchesino Eugenio Favetti, interpretato da Franco Pastorino.

“Diamogli la sedia migliore.” “Diamogliene un’altra!”

YorkNew(ARS),SocietyRightsArtists/FoundationSteinbergSaulThe©

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qualifiche nel graphic design e nella grafica editoriale; il giornalista e scrittore Marco Belpo liti è attento osservato re del costume socia le contemporaneo (per quanto ci riguarda da vicino, segnaliamo il suo ottimo Le foto di Moro, pubblicato nel 2008, nel trentesimo anniversario, con il quale l’autore esa mina le fotografie diffu se dalle Brigate Rosse per testimoniare la sua prigionia e il suo stato in vita, il diciannove mar zo e il ventuno aprile); la giovane Francesca Pel licciari vanta una laurea magistrale in Conser vazione dei beni archi tettonici e ambientali (tesi in storia dell’archi tettura: Critics without worlds. Saul Steinberg e l’architettura). Da cui, in sequenza di individualità accostate e intrecciate, l’appuntamento con Saul Steinberg si presenta e offre come eccellente momento di riflessio ne personale: dal nostro punto di vista, sempre e comunque in relazione a quel motto secondo il quale la Fotografia non debba mai essere arido punto di arrivo, ma offrirsi come non comune s-punto privilegiato di osservazione Magari, per la Vita e verso la Vita, non soltanto la Comunque,propria.inaltro percorso esisten ziale -quello di Saul Steinberg-, l’appunta mento milanese rappresenta una sorta di ritorno alle proprie origini creative, avendo lui soggiornato e agito proprio nel capoluogo lombardo in anni di sua formazione espressiva. L’attuale visione sulla sua lunga ed eteroge nea produzione, ospi tata nella Curva del pa lazzo della Triennale, in posizione privilegiata, è scandita al ritmo di disegni a matita, a pen na, a pastello; quindi, ancora, opere realiz zate con timbri e ad acquarello, maschere di carta, oggetti/scultu re, stoffe, collage... che documentano e testi moniano una attività artistica intensa e mul tiforme. In accompa gnamento chiarifica tore, è presente anche un’ampia selezione di apparati complemen tari, anche fotografici, utili per una più profi cua comprensione del la creatività dell’auto re (artista?). Non man ca, ancora, un’accura ta selezione di riviste e libri con sue illustra zioni, magari a partire da celebri, celebrate e iconiche copertine del raffinato e colto setti manale statunitense The New Yorker In inventario, adatto per quantificare spesso ri e contenuti, si conteg giano circa trecentocin quanta prestiti, prove nienti da istituzioni ac creditate, quali la Saul Steinberg Foundation (che ha donato parte delle proprie opere al la Biblioteca Nazionale Braidense, di Milano), il Jewish Museum e la Hedda Srerne Foundation, entram be di New York, e il Museum of Fine Art, di Boston; a queste fondazioni, si aggiungono materiali forniti da colle zionisti e amici dell’autore. Prima di dedicare a Milano altre pro prie attenzioni creative, nel 1954, Saul Steinberg realizzò una installazione nel

Possiamo anche pren dercela comoda, voi e noi: la mostra dedica ta all’illustratore statu nitense Saul Steinberg (e non soltanto illustra tore, ma!), allestita alla Triennale di Milano, si allunga in là nei mesi, consentendoci di pro grammare con calma e senza pressioni. La curatela è di tut ta garanzia: personali tà di prestigio e valore. Semplifichiamo, senza peraltro banalizzare: di statura vantal’architettointernazionale,ItaloLupiancheeccellenti

/ ECCELLENZA / di Angelo Galantini SAUL STEINBERG

Archivio FOTOgraphia (4)YorkNew(ARS),SocietyRightsArtists/FoundationSteinbergSaulThe©

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SAUL STEINBERG! È, COSTUI?

Per quanto più che autorevoli, questi testi sono incongruenti rispetto il de purato apparato fotografico originario e le intenzioni dell’autore. Decenni dopo, dall’estate 2008, anche in Italia è stata disponibile una ef ficace e coerente edizione di Gli americani: ottantatré fotografie di Robert Frank e introduzione di Jack Kerouac. L’ha pubblicata Contrasto Editore (www. contrastobooks) nell’ambito di una cooperazione internazionale di editori ed edizioni nazionali: 180 pagine 21x18,5cm, cartonato con sovraccoperta; 39,00 euro.

Due segnalazioni complementari e aggiuntive al corpus di ufficialità relative alla mostra che Trienna le Milano dedica alla personalità artistica di Saul Steinberg. La prima è assoluta, oltre che generale. Saul Steinberg è l’auto re dell’iconica copertina del The New Yorker, del 29 marzo 1976, con una visione dalla 9th Avenue di Manhattan all’estremo oriente (Cina, Giappone, Russia), riprodot ta in migliaia e migliaia di poster e parodiata più e più volte. For se, è la più celebre copertina del raffinato settimanale newyorkese (per quanto, noi ne ameremmo anche altre, e voi pure). La seconda è settoriale. La co pertina e la quarta di copertina della prima edizione italiana di Gli americani, di Robert Frank, pub blicata da Il Saggiatore, nel 1959, sono illustrate con disegni di Saul Steinberg: soprattutto, in quarta di coper tina. E questo è il grande valore del libro (l’unico?), a parte sue eventuali ri valutazioni bibliografiche indotte, che si manifestano in ambito mercantile. Infatti, pur riprendendo l’impostazione francese di Robert Delpire, per la propria collana Specchio del mondo - Sezione storia, l’editore italiano stravol se completamente e proditoriamente il progetto originario di Robert Frank, trasformando la sequenza in un libro di stampo geografico-turistico, per la cui personalità aggiunse una selezione di autori italiani (e non), a cura di Alain Bosquet e Raffaele Crovi: Emilio Cecchi, Cesare Pavese, Giaime Pintor, Guido Piovene, Mario Soldati, Elio Vittorini, Simone de Beauvoir [presente, insieme con il compagno Jean Paul Sartre, al comizio di Fidel Castro, del 5 marzo 1960, quando e dove Alberto Korda realizzò il ritratto iconico di Ernesto “Che” Gueva ra / Guerrillero Heorico, uscito da dietro le quinte per un solo istante], Erskine Caldwell, Stephen Crane, John Dos Passos, William Faulkner, André Maurois, Henry Miller, Franklin D. Roosevelt, Claude Roy, John Steinbeck, Alexis de Toc qeville, Harry S. Truman, Walt Whitman, Richard Wright...

CHI

Sphinx II ; 1966. Pastello, grafite, matita colorata, penna e inchiostro su car ta Kraft marrone monta ta su carta Strathmore. (qui sopra, a destra) Sen za titolo ; 1959-1962. In chiostro, pastello, matita, pastelli ad olio e collage su un sacchetto di carta. (a sinistra) Senza titolo ; 1949-1954. Inchiostro e matita su Strathmore. (in alto) Via Ampere 1936 ; 1970 [particolare]. Matita e matita colorata su carta. (pagina precedente) Gal leria di Milano ; 1951. In chiostro, matita grassa e acquerello su carta.

■ ■ Saul Steinberg, intensa retro spettiva del celebre illustratore statunitense, con passato gio vanile a Milano, a cura di Marco Belpoliti e Italo Lupi, con Fran cesca Pellicciari; progetto di al lestimento di Italo Lupi, Ico Mi gliore e Mara Servetto. Triennale Milano, Palazzo dell’Arte, viale Emilio Alemagna 6, 20121 Mila no (www.triennale.org). Dal 15 ottobre al 13 marzo 2022; mar tedì-domenica 11,00-20,00.

▶ Inoltre, sempre Electa, realiz za una guida “sentimentale” al rapporto speciale tra Milano e l’artista, a cura di Roberto Dulio e Francesca Pellicciari, con una introduzione di Marco Sammi cheli. Ovvero, un volume illustra to che accompagna lungo un itinerario disegnato da luoghi in cui è vissuto, ma anche di per sone che ha frequentato, e che sono tornate anche in suoi di segni noti degli anni americani.

▶ La mostra si accompagna con un volu me-catalogo Electa organizzato come una “enciclopedia” contemporanea in circa cento lemmi firmati da studiosi, sto rici dell’arte, critici e giornalisti.

47 Parco Sempione, prospicente la sede museale, per lo Studio di architettura BBPR: una serie di quattro leporelli per il Labirinto dei ragazzi, creato e allestito in occasione della Decima affermatobicicletta,città:tranquilloavevoeallora,«L’ariaTestimonianzaTriennale.accreditata:diMilanoeraottima,elalucebellissima,vedevounacosachenonmaivisto,losvegliarsiesilenziosodiunagenteapiedi,genteintram,operai»,haSaulSteinberg.UnaMilanoscomparsa.

▶ A cura di Marco Belpoliti, un volume Electa analizza l’opera di Saul Steinberg nei propri mol teplici aspetti, dall’architettura al disegno, dal rapporto con Mi lano a quello con New York, alle mappe, all’epistolario con Aldo Buzzi, agli artisti che gli furono amici e compagni, come Costan tino Nivola e Alexander Calder, ma anche Alberto Giacometti e Le Corbusier.

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INTROVABILE?

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La fotografia della dignità, di Cecilia Mangini, è un rizomario di volti, corpi, gesti. È la ritrattistica di “epoche sincere”, quando il profumo del pane fatto in casa sapeva d’amore. Sono fotografie che non riconciliazione,chiedono ma il diritto di avere diritti.

/ SGUARDI SU / CECILIA MANGINI SULLA FOTOGRAFIA DELLA DIGNITÀ

Nel baraccone delle illusioni del cinema italiano -il più brutto del mondo-, ci sono i dispersi, i sopravvissuti, gli scomparsi, i randagi di sempre. Del resto è impossibile vivere nel cinema e farci bella figura! È la merce a portata di mano, dove tutto, o quasi, è impostura! E i filmet ti che escono a grappoli tra discono spesso disturbi men tali, coadiuvati da un’attorialtà spocchiosa che prelude all’im becillità! Tutta gente che aspi ra alla celebrità, senza averne né la stoffa, né la follia... tutte comparse di un’industria che ripete se stessa fino alla nau sea, per un pugno di biglietti strappati nei cinema e la ven dita dozzinale alle televisioni. Una cosa, però, quelli che stanno nel cinema l’hanno ca pita: per avere un qualche po sto nella società spettacolare, basta scendere il più in basso possibile come essere umani. Demiurgi dell’incompetenza, produttori, registi, attori, diret tori della fotografia, montatori, financo scenografi, truccatori e costumisti sono traghettatori dell’idiozia, figli di puttana col vizioCeciliadell’autocelebrazione!Mangini(1927-2021) è stata una documentarista di notevole spessore culturale-po litico. Molti dei suoi film sono stati censurati, vilipesi, emargi nati, come All’armi siam fasci sti! (1962; co-regia con il marito Lino Del Fra e Lino Miccichè), o La statua di Stalin (1963; co-re gia Lino Del Fra). Regista, sceneggiatrice, attri ce e fotografa sempre in mar gine ai sistemi di speranze del proprio tempo, si chiama fuori dal postribolo senza muri del la politica istituzionale; punta la macchina da presa nell’in subordinazione e nell’eresia. Esordisce nel documentario Ignoti alla città (1958), su testi originari di Pier Paolo Pasolini, al quale ritorna con La canta delle marane (1961; per i suoi neorealista. Il suo sguardo sulla povera gente è intriso di com plicità, bellezza e dignità. Nelle sue fotografie, c’è ma linconia, rimpianto, anche indi gnazione; ha perfino la scortesia di essere profonda, di supera re il fatto di cronaca richiesto dai giornali. Agisce sull’antro pologia dell’immagine scevra da ogni estetismo della povertà, ma non copre antichi dolori e non dimentica nessuna umilia zione; lascia il sensazionalismo ai fotografi avvezzi al mercan tilismo d’accatto, specie quelli che si dipingono di “sinistra” Per questo, la storia della fo tografia italiana la ripone in margine alle dossologie sco lastiche, poiché la fotografia lavori, riceve premi e ricono scimenti significativi, ma resta ferma sulla sua visione di lot tare per un mondo più giusto e più umano! Una comunità di eguali nei diritti! Imparare a vivere, come a morire, per il debutto del bene comune sulla scena della storia! Nei primi anni Cinquanta, Cecilia Mangini impugna una Zeiss Super Ikonta 6x6cm, e do cumenta le isole Eolie, Lipari, Panarea; afferma che i suoi re portage fotografici le servono per raccattare un poco di soldi per fare i documentari. Tuttavia, a vedere le sue immagini, si re sta raccolti in tanta semplicità e concretezza: si intuisce che ha studiato a fondo il cinema -quando è autentica- è più re ale del reale: spezza l’illusione della realtà e chiede conto a millenni di verità calpestate. La fotografia muore quando cessa di generare eresie! Le immagini di Bambini, Donne, Uomini di questo Sud italiano sono specchio-memo ria di tutti i Sud della Terra. Il lavoro quotidiano, ambienti, spazi, cieli entrano a far par te di un immaginale che non ha bisogno di pietà, né di glo ria, ma di giustizia! La civiltà dell’apparenza è lo snodo di tanta miseria, e i neri, i bian chi, le ombre bruciano di verità le chiacchiere pastorali della politica. I giochi dei bambini, i pianti delle donne, le stradet te di paese, le fabbriche che avanzano figurano adesione a una cultura che scompare, dove ciascuno non è padrone del proprio destino e ognuno è straniero a se stesso! La fotografia della dignità, di Cecilia Mangini, è un rizomario di volti, corpi, gesti. È la ritrattisti ca di “epoche sincere”, quando il profumo del pane fatto in ca sa sapeva d’amore. Sono foto grafie che non chiedono ricon ciliazione, ma il diritto di avere diritti; mostrano che la verità bi sogna trovarla in se stessi e non altrove. E non è con la tecnica, e nemmeno con lezioni del con senso, che la fotografia (come ogni forma d’arte) può uscire dalla merda nella quale viene tenuta e sostenuta. Appena è comparsa la foto grafia, sono scomparsi i trovato ri di gesta; tuttavia, è la fotogra fia che ha disvelato l’inganno universale, per quanto ha sug gellato l’accidia e il dispotismo dell’Uomo sull’Uomo! Cecilia Mangini ha portato realtà del dolore fuori dalla simulazione; ha attizzato le ferite sociali in tumulti dell’anima e ha fatto della mascherata generale, la trasfigurazione montante del la civiltà dello spettacolo

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