FOTOgraphia 274 settembre 2021

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/ SETTEMBRE 2021 / NUMERO 274 / ANNO XXVIII / MilanoDCB-1comma1,articolo46),numero27-02-2004,ilLeggein(convertito353/2003D.L.-postaleabbonamentoinSpedizione-SpAItalianePoste7,50,€Mensile, MAURIZIO GALIMBERTI NEL LABIRINTO DELLA STORIA274 SEBASTIÃO SALGADO AMAZÔNIA BADEN PHOTO 2021 VIVA LATINA!

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento ABBONAMENTO ANNUALE 10 numeri a 65,00 euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.com0436716602srlgraphia

RICORDO E ANEDDOTO. Fotografo di be auty e altro, Franco Bottino è mancato lo scorso quattro luglio, a ottantanove anni. Per tante stagioni, a partire dagli anni Ot tanta, abbiamo avuto una frequentazio ne costante e continua; poi, la vita va co me deve andare, e ci siamo persi di vista.

Fotografia attorno a noi Dettaglio da un francobollo emesso il 21 lu glio 2020 dal Portogallo, in serie di tre valori celebrativi del Museu de Fotografia da Madei ra - Atelier Vicente’s (Museo dell’anno 2020), unitamente a un foglio Souvenir. Su questo francobollo è visualizzata la Polaroid Model 95 originaria del sistema a sviluppo imme diato (dal 26 novembre 1948) Editoriale A margine della contraddizione social, la Rete eBay mette in effettiva comunicazione con persone e genti del mondo A volte, tornano Pubblicata nel 2003, all’indomani della scon fitta militare dei talebani, la quantità di ritratti riunita nella monografia Taliban, a cura del fotogiornalista Thomas Dworzak (Magnum Photos), si ripropone oggi... su altra attualità Mia 2021: fanno dieci Rimandata per tre volte, causa il blackout pandemico a tutti noto, la decima edizione della mostra mercato della fotografia d’arte è finalmente programmata per il prossimo ottobre: Mia Fair / Milan Image Art Fair / 03/ / 17/ / 22/ / 45/ / 17/ / 40

/ 274 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

Confesso che riesco ancora a provare inte resse per la Fotografia solo se la stessa Foto grafia si intreccia con la cultura, la natura, la storia, i sentimenti degli Uomini, cioè solo se arrivo a colloquiare con ogni scatto come se parlasse. Lello Piazza; a pagina 22

Copertina

Dall’autorevole progetto Uno sguardo nel la birinto della Storia, di Maurizio Galimberti, ri unito in monografia d’autore pubblicata da Skira, visualizzazione in dettaglio dei secondi anni Sessanta, dal film Easy Rider, di Dennis Hopper, del 1969 (inquadratura orizzontale completa a pagina tenta). Frammenti di una Storia del Novecento, da pagina 26

Ricordiamo aneddoti suoi propri. Soprat tutto, qui e ora, nominiamo la sua stretta ami cizia con la signora Helga Winkler, mancata nel 2011, titolare di Fowa, importatore con prestigiosi marchi in catalogo e indiscutibi le personalità fondamentale del commer cio fotografico italiano. Un’amicizia che si è estesa anche alle capacità fotografiche di Franco Bottino, per esempio, incaricato di fotografare il matrimonio di Aldo Winkler, figlio della signora e titolare di Nital / Nikon. Ovviamente, prima della cerimonia, le Has selblad di Franco Bottino hanno passato il fotomarket (grossista), accanto a Domenico Pinto. Con tre Hasselblad rigorosamente revi sionate, Franco Bottino si è presentato al la funzione. Legge di Murphy: Se qualcosa può andare male, lo farà! Tutto è successo in pochi minuti: togliendo il cavetto flash da un obiettivo, si è rotto il collegamento maschio; un’altra Hasselblad si è bloccata; un magazzino non carica pellicola... Comun que, professionista che non si perde d’ani mo, Franco Bottino è arrivato alla meta, a partire da scatti in open flash. E, oggi, Al do Winkler ha il suo album di matrimonio.

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XXVIII -

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/ 2 Riflessioni di

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Dalla narrativa

Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

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46 / Dal

pubblicazione mensile di

Riflessioni

50 / Éric Schwab Sguardi su di Pino Bertelli / 38/ / 12/ / 32/ / 23/ / 41/ / 09/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE OttavioRouge Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO Pino RoccoMarcoLelloMaurizioAngelomFrantiLorenzoAntonioBertelliBordoniDeSimoneGalantiniGalimbertiPiazzaSaielliSoldini www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI 02 66713604 redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in

Attraverso una serie di mosaici in ready-made ripresi da istanti del Novecento, dalla Gran de guerra, Maurizio Galimberti ripercorre la Storia del mondo. In qualificata e prestigio sa monografia Skira di Maurizio Rebuzzini 35 / Lorenzo De Simone The sound of silence Spesso (sempre?), il silenzio è assordante. Nell’in timità del proprio avvicinamento a queste im magini, ognuno metta a fuoco proprie evo cazioni e propri ricordi di Angelo Galantini 40 / Il paradiso esiste! Edizioni Taschen della monografia Amazônia, di Sebastião Salgado (di Antonio Bordoni) 44 / Sullo scaffale da leggere; monografie da assorbire tormento Diane Arbus Joseph LaBrava di Angelo Galantini abbonamento. una Graphia Zuretti del Tribunale Milano del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento po stale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), ar ticolo 1, comma 1 - DCB Milano.

numero 174

srl, via

16 / Memoria Consistente presenza polaroid nel film-cult Memento, di Christopher Nolan, del 2000 Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini 18 / Viva Latina Il programma espositivo del Festival La Gra cilly-Baden Photo 2021, in Austria, presenta fotografi e fotografie dall’America Latina che riflettono la complessità della storia del con tinente di Lello Piazza 26 / Maurizio FrammentiGalimbertidiStoria

di

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cui,volendololespetti,matichediamo,tivi,apparenzecredere.Ancora:ilPensierodovrebbesuperarelesuperficiali,peraffrontareisubordinisignificadiscriminantiesintomatici.AncheinFotografia,ribaqualsiasicosaquestasignifichiperciascunodinoi.Bisognaandaresottotraccia,perindividuareradicieteprofonde.Noncisidevemailimitareaimacroaatuttivisibili,perindividuareeaffrontare-invece-micropresenzeinfluenti:ovviamente,sapendolofare,faree,soprattutto,intendendocondividere.Daunragionamentoriguardol’attualitàdei

Sapiens.sorepartecaro«L’animasollecitataceventeconcessatribuisconocupante:retrogustoriere,applicazionecontrario:tatanonall’evoluzionedizionareto.contareistantidivita,stiasostituendolaparola,ilracconPerparadosso,alungoandare,questopotrebbeconunprobabileanalfabetismodiritorno,contrariodelSapiens,dalleproprieorigini.Ancora:c’èchiafferma(perentoriamente!)chequestasarebbeFotografia,comel’abbiamointesaefrequenperdecenni,addiritturasecoli.Ahinoi,èverol’esattoquestaèFotografia;èFotografiaautentica,nonelitaria!:adisposizionediognunosenzabarimpedimenti,ostacoliepreinformazioni.Soltanto,unamaro,unaconsecuzioneinquietanteepreoclavisualizzazioneesplicita,conquantomoltiatalpresuntorealismodellaFotografia,allasuaoggettività(maquandomai!?),privaciascunridiquell’aureadifantasiaeinventivapropostaedalraccontoverbale.ConGiacomoLeopardi:immaginaquellochenonvede».Dacui:«Sempremifuquest’ermocolle,/Equestasiepe,chedatanta/Dell’ultimoorizzonteilguardoesclude.».YuvalNoahHarari,eminentestorico,saggistaeprofesuniversitarioisraeliano,èesplicito,nelsuoautorevoleDaanimaliadèi,chesispecificacome

EDITORIALE Maurizio Rebuzzini 7

sonomaitoDomandalinientipersonediladeratiutilitàLaReteeBayèsocialmenteedificante.Benoltrelapropriapratica,checonsentediraggiungereoggettidesi(perquanto,noipersonalmentepreferiamoancoraricercanellebotteghe),attraversoilmomentoufficialevendita-acquisto,metteineffettivacomunicazioneconegentidelmondo.Sicomperanooggettiprovedalontano(perquantociriguarda,soltantolibri),esiinvitaanuovaesistenza,dopolaloroprimainterrotta.d’obbligo:comemaiquestolibrohaattraversaterreeoceani,perapprodarealnostroscaffale?Comeeventichesisonomessiinmototantotempofa,oraquipresenti?Immaginazione!

Breve storia dell’umanità (testofondamentaleeindispensabile,anche perall’Homoall’immaginazioneinsuapossibileinterpretazione“fotografica”):attribuiscevalorediscriminanteperl’evoluzioneSapiens,ovveroanoi.Dacui,unabuonanotiziailPensieroindividualearrivadauncuginodei

difenomeno.lalito,nonciesprimiamonépro,nécontro,ancheperchénostraeventualeopinionealriguardoèininfluentesulPerò,rileviamocomeequantouncertoabusofotografiaveicolataattraversoi ,incaricatadirac

social

social

ciascunobilesocialestenza,esseretoEdificareedelevareilPensiero.AncheinFotografia,perquanciriguardasoprattuttoinFotografia,questodovrebbeunodeiprincìpiportantiefondamentalidiogniesiconirelativiobblighieimpegniversol’evoluzionecollettiva.Inquestosenso,sarebbeancheauspicaunPensieroliberodapreconcetti,capacediguidaredinoi:osservarepiuttostodigiudicare e pensare, invece di

social.Also

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/ CON LA FOTOGRAFIA /

Taliban, già richiamata, Thomas Dworzak ricorda di aver visto «un culturista che pubblicizzava una pa lestra aveva la testa so stituita da una nuncidell’Afghanistan;mappagliandicosmeticiim portati avevano gli oc chiMa,cancellati»].quandola foto grafia del passaporto è stata nuovamente autorizzata e ripristinata, alcuni taleba ni -per propria vanità personale- sono andati oltre: hanno chiesto di posare per ritratti più lusinghieri, colorati e ri toccati. Queste sessioni fotografiche so no state allestite di nascosto, per lo più nella stanza sul retro degli studi. Tre le attribuzioni certe: ai fotografi afghani a Kandahar presso gli studi Shah Za dah (Figlio del re Shah), Roshan (Luce) e Nazir Photographer. A seguito della dipar tita dei talebani da Kan dahar, accompagnato dal giornalista Jon Lee Anderson, Thomas Dwo rzak ha visitato lo stu di Maurizio Rebuzzini (Franti) VOLTE, TORNANO

Taliban, a cura di Thomas Dworzak (Magnum Photos) e Jon Lee Anderson: fotoritratti di guerriglieri talebani, recuperati dal fotogiornalista in studi fotografici di Kandahar, Afghanistan, sede del teorico dell’integralismo Mullah Omar; Trolley Books, 2003; 56 fotografie; 128 pagine 15,5x21cm, cartonato; quotazione attuale, oltre trecento euro.

dalle oscu rantiste imposizioni religiose dei pro pri capi. I contesti sono sconcertanti; a parte l’immancabile presenza di armi, soprattutto il famigerato Kalashnikov, le vistose colorazioni artificiose danno risalto a fondi di alpi svizzere, con tanto di immancabili chalet, e alle tinte gri gie e marroni ufficialmente proibite. Soli o in gruppo, sono assassini fug giti di fronte all’avanzata del nemico, lasciando una parados sale annotazione della propria presenza. Che, appunto, diventa consi stente materia di repor tage. In metafora, per quanto siamo lontani da questa affermazione e estranei a questo pensiero, qui ci vuole proprio: fotografie che valgono più di mille pa role... ritratti rivelatori. Come già rievocato, questi ritratti di militanti talebani (miliziani di un eser cito multiforme e sfaccettato, tra le pie ghe di mille equilibri tra tribù un tempo in contrapposizione tra loro) sono stati individuati e raccolti da fotogiornalista Thomas Dworzak durante la sua coper tura della caduta del re gime talebano, nel 2002. Su basi comunque con crete, si ipotizza che la maggior parte di queste immagini provenga da guerriglieri talebani che hanno posato all’inizio del precedente novem bre 2001, ma non sono riusciti a ritirarle, poiché hanno dovuto fuggire dall’avanzata laaccompagnamentoetonadell’immaginepresentazionifotografiadellaflessibilerosa,damentipoggiatadell’opposizione,militareapdaibombardegliStatiUniti.Indefinizionerigoinbaseaunainapplicazioneleggecoranica,laealtrerapvisiveumaavrebberodovuessereillegittimevietate[neltestodialsuaraccolta

Sulle ali della crona ca politica internazio nale, il nostro pensie ro fotografico torna a un momento di alto fotogiornalismo. Per quanto estranea ai pa rametri propri e carat teristici di questa foto grafia, la serie Taliban -raccolta in avvincen te e coinvolgente mo nografia Trolley Books, del 2003 è15,5x21cm,fotografie;(cinquantasei128paginecartonato)-adirpocoesemplare

nella propria concreta e tangibile documenta zione e testimonianza. Si tratta di una inces sante consecuzione di fotoritratti di miliziani ta lebani, recuperata dal re porter Thomas Dworzak della prestigiosa agenzia Magnum Photos in studi fotografi di Kandahar, Af ghanistan, quartier ge nerale del teorico dell’in tegralismo Mullah Omar. Ha trovato le fotografie entrando in città assie me alle truppe vittoriose [allora, nel nare,avrebberotalebanirivelaL’insieme2002].deiritrattil’immaginecheiavevanodiséevolutoesterindipendentemente

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10 dio fotografico Shah Za dah,

nodeieraffigurazionidalrimaneresilora,biatotestoorigine,vent’anninizione/inquadraturagiuntodigitale),litànello;zatoecomepinti,noIgrafotodellonellafo,ritoccatounzianihaSaidproprietàShahamericanizzatosuccessivamentediPhotoShop[orribile!],didell’afghanoKamal.ProprioSaidKamalrivelatocheimilisonoentratiper«ritrattolusinghiero,dalfotograscattatodinascostostanzasulretrostudioedecoraalmegliocheilfotopotevagestire».combattentiposavadavantiafondalidiconpistoleofiorioggettidiscena,SaidKamal,specializnelritocco(apennessunapossibidipostproduzionehaspessoagnellacomposialoditonalitàvibranti.Oggi,adistanzadidallapropriamainunconchenonècampernulladaalcomeseilTempofossefermato,c’èdaancoracolpiticontrastotraquestestilizzatel’immaginepubblicamiliziani,chehandinuovooccupato il paese. Sono tornati. A parte la propria ruvi dità espressiva, che si al lunga sulle contraddizio ni lessicali del linguaggio fotografico -considera zione da addetti-, questi ritratti hanno comunque anche compensato la scar sità giornalistica di documentazione fo tografica delle operazioni militari statu nitensi contro i talebani, in Afghanistan, nell’autunno del 2001. La rapidità della campagna, i luoghi spesso eccezional mente remoti in cui è stata condotta e l’estrema elusività del nemico hanno condizionato il fotogiornalismo, impossi bilitato a tenere il passo. In effetti, molte delle immagini più memorabili emer se dalla guerra in Afghanistan, probabil mente, non provengono da giornalisti professionisti che coprivano il conflitto, ma invece da quelle che erano essenzial mente fotografie trovate, spesso prodot te sotto gli auspici degli stessi soggetti. Allo stesso modo in cui si è registrata una certa profusione di immagini di stribuite o fatte pervenire dai maestri della propaganda mondana, a partire dalla squadra dell’allora adorato Osama bin Laden (individuato? e ucciso? nel maggio 2011), anche l’oscurità fotografi ca del Mullah Omar, e dei suoi seguaci, ha perfettamente senso, soprattutto in considerazione del contesto culturale dal quale sono emersi i talebani. Cresciuto nelle capanne di mattoni di fango di Singesar, un piccolo villaggio alle porte dalla capita le provinciale di Kan dahar, il quarantacin quenne Mullah Omar è stato un veterano della guerriglia contro i so vietici invasori; ha tra sformato l’Afghanistan nel più severo regime islamico del mondo, un’area in linea con le interpretazioni inflessi bili e intransigenti delle ingiunzioni coraniche contro l’idolatria. Da cui, dalla metà degli anni Novanta, nell’Afgha nistan controllato dai talebani, la fotografia è stata vietata. Punto. Del resto, in simulta nea, i membri della tri bù Pashtun, alla quale apparteneva il Mullah Omar, e in particolare quelli dell’area di Kan dahar, erano noti per apparizioni gior«ècomeliciproprilitàlarenériecheminimamentenessunoagliribilesolutamenteritrattoimmaginifemminilizzanti.grisemplicementeturelazzituosi,piuominiati“clandestini”condelineavanodeileeccentrico,taccodiligevanobestose.sorprendentementepersonaliviSfoggiavanobarecapellitinti,presandalicondecoratiinmododecoravanounghiedellemaniepiediconl’hennéegliocchiilkohlscuro.EccoquicheiritrattirecuperadaThomasDworzakKandaharmostranosolieingrupgiocosi,avolteaffettrattaticonsvoromanticidifioricolorateamanooinposadavantiaallefondalialpiniconaccessoriflorealiEccoquichequestepropongonoancoraoggiunmeravigliosamenteintimoeascontrointuitivodiunter“nemico”ingranparteinvisibileocchideglioccidentali.SecondolostessoThomasDworzak,deifotografiritrattisti«hamaiimmaginato,népensato,leimmaginifosserocontraddittooipocriteneiconfrontideitalebani,dissidentiodialcunvalorepartico[...]Siccomec’eranopochepossibicheitalebanitornasseroaritirareiritratti,ifotografisonostatifedivendermilestampe».Delresto,avrebbeosservatounodiloro,improbabilereincontrarli;lamagpartediloroècertamentemorta».Ora,sonotornati.■■

Rankin: Blue Leopard – Pink, da Saved by the Bell ; 2018 (Courtesy: 29 Arts in Pro gress Gallery). Anche immagine-simbolo dell’edizione Mia Fair 2021. (pagina accanto, dall’alto) Liu Bolin: Duomo, Milano; 2019. Stampa a getto d’in chiostro, 90x120cm, in edizione di sei (Courtesy: Galleria Gaburro, Verona-Milano).

Gli accadimenti che dal la primavera Duemila venti hanno travolto il mondo, sconvolgendo ogni ritmo esistenziale acquisito e consolidato, non vanno registrati sol tanto per i macroaspet ti a tutti noti. Una volta protocollata la tragici tà conseguente, si ha il dovere di annotare e considerare anche quei microaspetti individuali e quotidiani che si so no abbattuti e imposti sulla vita di tutti i giorni, agendo anche sui tem pi personali. Così che, nel rispetto di quanto è stato uni versalmente doloroso e funesto, si debbono valutare disagi e interfe renze esistenziali che, a cascata, hanno alterato le tessere di quel fanta stico mosaico che defini sce la Vita della Gente, la Vita nella somma degli istanti che compongo no la società e

/ MOSTRA MERCATO / di Antonio Bordoni MIA 2021: FANNO DIECI

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l’interruzionetantotovistagiustificatirecontemporanea.socialitàOgnunopuòanteporpropriescaledivalori,dapuntidimirati.Nell’ambidellaFotografia,traaltro,registriamodicicliperiodici, che han no dovuto sospendere la propria pro grammazione annunciata e cadenza ta. Tra questi, richiamiamo l’autorevo le e accreditato Mia Fair: ovvero, Milan Image Art Fair, rassegna espositiva del la fotografia mercantile, presentata da prestigiose gallerie na zionali e internazionali. Nella primavera Duemi laventi, quando tutto è iniziato, avrebbe dovuto svolgersi la decima edi zione, meta consisten te, soprattutto in un pa ese fotografico, quale è il nostro, nel quale si conteggiano soprattut to prime e uniche edizioni di program mi ambiziosi, che non sono andati oltre il proprio solo e unico esordio. Questa tappa è stata rimandata e ri mandata, e -finalmente, dopo il blackout imposto- si offre e propone nello svolgi mento da giovedì sette ottobre alla suc cessiva domenica dieci ottobre (con preview a inviti, mercoledì sei ot tobre): a Milano, presso i nuovi locali Superstudio Maxi, in via Moncucco 35; dalle 11,00 alle 18,00 giovedì e venerdì; dalle 11,00 alle 20,00 sabato e domenica.Inpresentazione uffi ciale del programma, Fa bio Castelli, ideatore e di rettore della manifesta zione, e Lorenza Castelli, direttrice organizzativa, sono mirati ed espliciti. Ovviamente, anzitutto rispondono a una do manda trasversale, ap plicabile alle esistenze professionali di ciascuno di noi, sia in Fotografia, sia altrove: «Dove erava moGià...rimasti?».dovesiamo rima sti? «Tra quanto questo Annus horribilis ci ha ru bato, c’è anche la cogni zione del tempo. Sem brava ieri che stavamo presentando la decima edizione di Mia Fair [pri mavera 2020]. Il panel degli espositori era defi nito, il programma delle sezioni culturali e di ap profondimento era com pleto, i visitatori pronti a lasciarsi affascinare dal meglio che la fo tografia mondiale era in grado di fornire. «Poi, il blackout. Le date posticipate, per due volte; infine, l’annullamento. Il tutto dilatato in circa quindici mesi. «Ma questo periodo non è passato invano. E non poteva che essere così. Ed ecco che abbiamo preparato un Mia Fair che celebra l’edizione del proprio primo de cennio di vita con tante novità e sorprese». La prima, e più eviden te, è la sede espositiva, al suo terzo trasferimento, dalle origini, in adegua mento all’ampliamen

Horst P. Horst: Nudo; 1982-1988. Stampa al platino su tela, 80x80cm, in edizione 1/5 (Galleria d’Arte Frediano Farsetti).

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to/estensione necessari per far fronte al la crescita di espositori e manifestazioni collaterali. L’approdo a Superstudio Maxi, in zona Famagosta, a Milano, è più che significativo e qualificante: ormeggio in un quartiere in rapida e recente evolu zione, che si candida a essere, nel fu turo immediato, uno dei poli culturali più propositivi del capoluogo lombardo. E poi, si registrano nuove sezioni, in linea con i propositi di Mia Fair, che de clina la propria personalità commerciale originaria (e legittima!) con un convin cente contorno culturale e propositivo della Fotografia, concentrandosi sulla ricerca e sulla trasversalità dei linguag gi artistici contemporanei, per scoprire nuovi confini e proporre un mosaico sullo stato attuale e sulle prospettive della Fotografia come linguaggio d’arte contemporanea. Pur nell’omogeneità del mandato e dei propositi, numerosi ed eterogenei gli eventi paralleli e tra sversali: sempre e comunque con indi rizzo sulla e alla Fotografia mercantile. Subito, attenzione sul segmento Mi da - Milan Image Design Art, alla sua prima proposizione. Area e svolgimenti riservati e dedicati a progetti che attiva no dialogo tra la fotografia e il design. Un’onda lunga e attualizzata riprende il successo della fortunata esperienza

SoldiniRocco

▶ Con ampio programma di eventi collate rali (www.miafair.it).

14 di Mia&D Singapore, svoltosi a Marina Bay Sands, a Singapore, nel 2014, dove, per la prima volta al mondo, una fiera d’arte ha proposto un incontro parite tico tra fotografia e design. Quindi, Beyond Photography - Dia logue, a cura di Domenico De Chirico, sottolinea cosa vuol dire oggi “Fotogra fia” (qualsiasi cosa questa significhi per ciascuno di noi, nel proprio intimo), so prattutto in rapporto a tutta l’arte con temporanea in ogni propria espressione, sia scultura, installazione, pittura, video. In conferma, i premi. A quello più pre stigioso, il Premio Bnl Gruppo Bnp Pa ribas, si affiancano altri riconoscimenti, sempre all’insegna della trasversalità e della molteplicità dei linguaggi artistici: come il Premio G*aa Fotografia di Ar chitettura, organizzato e svolto in colla borazione con lo Studio G*aa Giaquinto Architetti Associati e in collaborazione con ArtPhotò, di Tiziana Bonomo, riser vato (come da protocollo) alla fotografia di architettura; il Premio Esplorare Ga vi - Immagini d’autore dal Piemonte, promosso dal Consorzio Tutela del Ga vi, per far conoscere il territorio del Gavi Docg attraverso la fotografia d’autore; e, ancora, il Premio Punctum - Sinestesie Cromatiche, che la Fondazione Maime ri, con il patrocinio scientifico dell’Uni versità degli Studi di Milano, indirizza e rivolge a fotografi professionisti e non professionisti capaci di interrogarsi sul rapporto tra fotografia e colore. Nuova è la collaborazione con il Mu seo delle Culture di Lugano (Musec), che si concretizza con la mostra Arti ficial Japan. Fotografie della Scuola di Yokohama. 1860-1910, che presenta una selezione di opere di bellezza fuo ri dal comune dalla Collezione di foto grafie della Fondazione Ada Ceschin e Rosanna Pilone, di Zurigo. E nuova è anche l’immagine coordi nata di Mia Fair, firmata dal fotografo britannico Rankin (John Rankin Wad dell), attraverso alcune immagini trat te dal suo progetto Saved by the Bell Decima edizione! ■ ■ Mia Fair / Decima edizione (Milan Image Art Fair). Superstudio Maxi, via Moncucco 35, in area Famagosta, 20142 Milano; www.miafair.it , info@miafair.it. Da giovedì 7 ottobre a domeni ca 10 ottobre; giovedì e venerdì dalle 11,00 alle 18,00, sabato e domenica dalle 11,00 alle 20,00.

SOLOONLINE// /QR codeMIA FAIR 2021 Untitled

Gastel:Giovanni

Photo&Contemporary)/ServiceImage(Courtesy:1989(Krizia); Annunciata per la primavera Duemilaventi, e rimandata due volte, causa il blackout conseguente la pandemia a tutti nota, la decima edizione del Mia Fair, mostra merca to della Fotografia in forma d’arte, approda alla nuova sede determinata dalla crescita di espositori e manifestazioni collaterali: Superstudio Maxi, in via Moncucco 35, in area Famagosta, a Milano; dal sette al dieci ottobre (giovedì-domenica). Approdo in un quartiere in rapida e recente evoluzione, che si candida a essere, nel futuro immediato uno dei poli culturali più propositivi del capoluogo lombardo.

Il poster di Memento sottolinea la combinazione con la fotografia a sviluppo im mediato: polaroid integrale, mediazione indispensabile per la “memoria breve”.

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Certamente, il film Me mento, dell’apprezzato e seguìto regista Chri stopher Nolan, del 2000, è uno dei cult trasver sali dei nostri tempi, che percorre anagrafi diverse ed esperienze individuali altrettanto differenti: a ciascuno, le proprie. Un poco lo si deve alla fama del con troverso regista londi nese, che ha inanellato una consistente serie di successi (tra i quali, sono obbligatorie le menzioni di Batman Begins, del 2005, The Prestige, del 2006, Il cavaliere oscu ro, del 2008, Inception, del 2010, e Interstellar, del 2014); altro (tanto) di pende dalla particolare costruzione cinemato grafica del film, del qua le il regista è anche sce neggiatore, come lo è degli altri titoli ricordati. Subito, va rilevato che la confezione Dvd di Me mento comprende due versioni del montaggio: una è quella propria del film, l’altra è cronologi ca e qualcosaperchéSemplifichiamolaconsequenziale.così,ilmontaggioèdipiù,èmolto di più, e defini sce una personalità cinematografica di grandezza non comune. Memento non scorre linearmente da un inizio alla con clusione, ma parte dalla fine per tornare indietro con avvincenti e disorientanti (?) passaggi temporali continui e accaval lati, che si incrociano, intersecano e at traversano. E anche questo è Cinema.

PROPRIO, NON RICORDA Oltre i propri consistenti meriti, che lo pro iettano nell’Olimpo della cinematografia dei nostri tempi, Memento ha un sostan zioso retrogusto fotogra fico in forma di polaroid a sviluppo immediato, sul quale -a nostro soli to- ci soffermiamo. un californiano che -per un incidenteha perso la facoltà di memoria breve. Cerca di rintracciare l’assassino della moglie, ma è oggettivamente limita to dalla sua deficienza. Dunque, è co stantemente e perennemente arma to di Polaroid 680, con la quale scatta continuamente fotografie che scandi scono la sua giornata e i suoi incontri. Fotografa tutto e tutti, perché pro prio non ha modo di ricordare nulla di quello che ha appena fatto. Per dirne una, la sua discontinuità lo porta a dimenticare una persona con la qua le ha parlato, se questa esce dalla stanza. Deve fotografarla, annotando sul bordo bianco di chi si tratta (sul fronte) e le sue impressioni e con siderazioni al proposito (sul retro). Così facen do, edifica una mappa esistenziale, fisicamen te appesa a una parete della sua stanza in mo tel, sulla quale traccia linee di collegamento e consecuzioni tempo rali della sua indagine. Ancora, si fa tatua re sul corpo doziali:diesserenozioniconsiderazioniriflessioni,eattenchecompongoquellochedovrebbeilsuobagaglioesperienzeesistenalrovescio,inmodapoterleleggere allo specchio. Senza rivelare nulla che possa compromet tere la corretta visione a coloro i quali ancora non avessero visto il film, e volessero vederlo, non possiamo soprassedere su una delle ovvietà di sceneggiature del tipo. Non tutto scorre liscio, e nella vicenda si intromette qualcuno che approfitta del suo oblio, per manipolarne l’azione.

/ CINEMA / di Maurizio

FOTOGRAFIA IMMEDIATA Comunque, e oltre i confini del film, che consigliamo vivamente, si affacciano altre considerazioni fotografiche, che dipendono tutte dal nostro particolare modo di intendere il suo linguaggio e la sua espressività esplicita, in questo caso -come in altrettanti altri- a partire da una notazione tecnica, strumentale: come e quanto gli apparecchi di ripre sa influenzano, fino a condizionarla e definir la, la stessa Fotografia. Per quanto ci riguar da, la vicenda polaroid è Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo

Rebuzzini MEMORIA

Archivio FOTOgraphia

Oltre tanti altri valori og gettivi, senza alcuna solu zione di continuità dalla fo toricordo all’analisi scienti fica e medicale, soprattut to svincolandosi dai tempi inevitabilmente prolungati tra lo scatto e la stampa, in dispensabili alla fotografia tradizionale, e acquisendo il valore della copia unica, con lo sviluppo immediato, la creatività ha guadagnato uno strumento che le ha consentito di allinearsi con i gesti caratteristici di altre espressività: con manifestazione dell’azione temporalmente coinciden te con la sua rivelazione. Dalle origini della fotografia a sviluppo immediato, qualificati e apprezzati au tori (alcuni dei quali anche ben quotati là dove si vende l’arte) hanno espresso e realizzato una fantastica quantità e qualità di immagini, che hanno arric chito la Storia della Fotografia e quella dell’Uomo. Sia aderendo alle condizioni standardizzate di utilizzo di apparecchi e pellicole, sia divergendone con manipolazioni e inter pretazioni proprie e arbitra rie, ciascuno ha comunque sottolineato i pregi e valori della fotografia pronta in una manciata di secondi (altresì in copia unica), con quanto significa in termini utilita ristici e per l’interpretazio ne profonda della creatività espressiva: mai raffigurazione apparente, ma sempre rap presentazione coinvolgente. In conclusione cinemato grafica, le appassionanti polaroid che com pongono il filo conduttore di Memento fanno il proprio paio con le altrettante polaroid del nanetto-viaggiatore di Il fa voloso mondo di Amélie, di Jean-Pierre Jeunet, del 2001, complementari alle ca bine automatiche per fototessera, moti vo conduttore del raffinato film.

Perennemente armato di Polaroid 680, Leonard Shelby (Guy Pearce) fo tografa tutto e tutti, per ché non ha modo di ri cordare quello che ha appena fatto. Annota sul bordo bianco di chi o cosa si tratta (sul fron te) e le sue impressioni e considerazioni al pro posito (sul retro).

17 leggendaria, oltre che significativa. Dopo l’anteprima della presentazione e an nuncio, del 21 febbraio 1947, al Penn sylvania Hotel, di New York, l’autentico mito ha preso avvio con la vendita dei primi apparecchi a sviluppo immediato, ai Grandi magazzini Jordan Marsh, di Boston, Massachusetts, il 26 novembre 1948. La prima dimostrazione pubblica e relativa vendita della Polaroid Model 95 originaria stabilisce il tempo di una delle più grandi invenzioni dell’era mo derna, che supera con un balzo il pro prio ambito (fotografico) di partenza. La fotografia a sviluppo immediato è una invenzione di Edwin H. Land, del suo sogno e delle sue intuizioni. Tutti coloro che l’hanno conosciuto e fre quentato sono concordi nell’affermare che la sua personalità è stata magne tica, in ordine con il suo valore scien tifico, che ha dato altresì eccezionali contributi allo studio della colorime tria e percezione del colore. Peter C. Wensberg, che lavorò alla Polaroid Corporation per ventidue anni, arrivando alla carica di vicepresidente, autore della biografia Edwin H. Land e la Polaroid (Land’s Polaroid - A com pany and the man who invented it ), pubblicata da Sperling & Kupfer Editori, nel 1989, afferma che «Quando lo si in contrava, prima di tutto, si notavano gli occhi. Solo in un secondo tempo si os servavano gli altri lineamen ti. Gli occhi erano l’uomo».

In entrambi i casi... emozionanti!

Incisione colorata, creata nel 1805 da Lorenz Adolf Schönberger (1768-1847) e Pierre Jean François Tur pin (1775-1840) su disegno di Alexander von Hum boldt. Opera di incisione di Louis Bouquet (17651814), 37x80,3cm, pubbli cata nella prima edizione di Essai sur la géographie des plantes / accompa gné d’un tableau physi que des régions équin oxiales, fondé sur des me sures exécutées, depuis le dixième degré de latitude boréale jusqu’au dixième degré de latitude australe, pendant les années 1799, 1800, 1801, 1802 et 1803, par Al. de Humboldt et A. Bonpland. Rédigée par Al. de Humboldt A Pa ris, chez Levrault, Schoell et Compagnie, Libraires, XIII 1805. Profilo altimetrico che mostra la distribuzione delle piante equinoziali e la geologia dell’area, utilizzando anche la tec nica dello spaccato. Re alizzato sulla base di un disegno di von Humbol dt, presenta una vista in sezione dei vulcani Chimborazo e Cotopa xi, con la distribuzione in base all’altitudine delle rispettive vegetazioni. Comincio con il disegno del Chimborazo, che per me è stato il Sudamerica fin da quando, giovinet to, mi capitò di scoprirlo, forse a scuola. Un mon do con vulcani tanto fit ti che ne potevo vedere due, uno in fila all’altro, incappucciati di neve, che sembravano dise gnati da un bambino. Un mondo con vulcani così non poteva che es sere il Paese della Magia Più tardi, la magia del Sudamerica fu svelata al mondo dai romanzi di Gabriel García Mar quez e dalle poesie di Pablo Neruda.

18 biodiversitylibrary.org

PascalBIODIVERSITÀMaitre (Francia, 1955) L’odissea della farfalla monarca Pascal Maitre è un fotoreporter francese. Per più di trent’anni, ha lavorato soprat tutto in Africa, dove ogni anno realizza una decina di reportage, e dove è ambien tato uno dei suoi progetti più importanti, Africa Without Electricity. Ma ha foto grafato in molti, molti paesi, tra i quali l’Afghanistan, dove ha documentato la resi stenza contro l’occupazione sovietica, il Medio Oriente, la Russia, l’America Latina. «Cosa potrebbe esserci di più magico della migrazione delle farfalle, per cele brare la biodiversità?», annota. «La farfalla monarca (Danaus plexippus) migra lungo una rotta di quattromilacinquecento chilometri a una velocità di qua si settantacinque chilometri al giorno, dai boschi del nord della California alle montagne del Messico centrale. Però, dato che la durata della vita di una farfal la raramente supera le cinque settimane, quelle che fanno il viaggio di ritorno sono in realtà discendenti lontane di chi ha intrapreso l’andata del viaggio!». Queste farfalle sono minacciate di estinzione a causa della deforestazione, dei pesticidi, dei terreni inquinati e dal cambiamento climatico. Dati recenti (2021) conteggiano che la loro consistenza si è ridotta del ventisei percento. [da Wikipedia ] In ecologia, la diversità biologica o biodiversità è la varietà di organismi viventi nelle proprie diverse forme, e nei rispettivi ecosistemi. Secondo il Glossario Di namico Ispra-Catap, per biodiversità entro un determinato ambiente si intende, appunto, la varietà di organismi viventi presenti al suo interno. La biodivesità comprende l’intera variabilità biologica di geni, specie, nicchie eco logiche ed ecosistemi con le risorse genetiche considerate componente deter minante della biodiversità all’interno di una singola specie. In totale, le specie de scritte dalla scienza sono circa un milione e settecentoquarantamila (1,74 milioni), mentre il valore di quelle stimate oscilla da circa quattro (3,63) a oltre centoundici milioni (111); tuttavia, queste stesse stime risultano incomplete, in quanto nuove specie vengono scoperte e aggiunte continuamente al totale generale. In questo contesto, l’estinzione di specie è la minaccia principale alla biodiversità. Il 2010 è stato dichiarato Anno internazionale della Biodiversità; mentre il periodo dal 2011 al 2022 è stato, invece, dichiarato Decennio della Biodiversità [ammesso, ma non concesso, che queste ufficialità possano influenzare i comportamenti individuali].

VIVA

LATINA

Il programma espositivo del Festival La Gacilly-Baden Photo 2021, in cartellone in Austria, fino al prossimo diciassette ottobre, presenta fotografi e fotografie dall’America Latina che riflettono la complessità della storia del continente, travagliato da rivoluzioni e sostenuto da speranze. Il suo guazzabuglio di tradizioni, in cui convivono visioni sciamaniche e sogni più razionali dell’Occidente, conferma il fervore delle sue società, plasmate dalla violenza, ma anche da una potente gioia di vivere

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20 di Lello Piazza Viva Latina! è l’esclamazione di esultanza con la quale il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 saluta i lavori di selezionati fotografi sudamericani esposti in que sta edizione (fino al prossimo diciassette ottobre). Viva la Fotografia latina! di remmo noi con minore sintesi; viva la Fotografia che viene dal Sudamerica. Ma allora, perché questo servizio apre con un disegno 3D del vulcano Chim borazo, apparso in Essai sur la géog raphie des plantes, un volume pub blicato a Parigi, nel 1805, a firma del grande scienziato e viaggiatore tedesco Alexander von Humboldt (1769-1859) e del suo compagno di esplorazioni, il francese Aimé Bonpland (1753-1858)? Chiedo a coloro i quali vivono una “pas sionaccia” per la Fotografia, e che vorreb bero che si scrivesse subito delle imma gini di Baden, di avere pazienza. Come si potrebbero gustare, capire o persino rifiutare le fotografie di Latina se non si sapesse prima, a grandi linee, appros simativamente, cosa evoca l’immagine delMiSudamerica?limitoasuggerire un plausibilis simo legame tra Fotografia e Umani tà. A questo proposito, mi sia concesso un po’ di sarcasmo. Certamente, non intendo iniziare nessuno alle teorie su blimi di un noto “critico” fotografico e direttore di riviste del settore (si fa per dire): anzi, invito a starne ben lonta ni. Costui ha preteso di convincere gli ascoltatori di una autorevole trasmis sione radiofonica che, poiché Abbas è musulmano, e i musulmani scrivono da destra a sinistra, per leggere e capi re le sue immagini, bisogna guardarle riflesse in uno specchio (che scambia, per l’appunto, destra e sinistra).

Sebastião Salgado (Brasile, 1944) Oro «La prima volta che ho visto la miniera di Serra Pelada, sono rimasto senza parole. Davanti a me c’era una enorme fossa, quasi duecento metri di diametro e altrettanto profonda, brulicante di decine di migliaia di uomini seminudi, metà dei quali trasportava pesanti sacchi di terra su traballanti scale di legno; l’altra metà precipitava giù per pendii fangosi verso l’abisso. Cercavano l’oro». Sebastião Salgado ha scoperto per la pri ma volta questa scena dantesca nel settembre 1986. Il Festival offre l’opportunità al grande pub blico di vedere alcune delle immagini inquietan ti e ipnotiche di questo inferno, ormai chiuso.

Trilogia Latino Americana «Il 15 maggio 1978, sono partito per circumnavigare entrambe le Americhe, in auto. La spina dorsale del mio viaggio è stata l’Autostrada Panamericana, un sistema di strade collegate tra loro, quarantottomila chilometri, che va da Pru dhoe Bay, in Alaska, a Ushuaia, nella Terra del Fuoco. Dal 1950 al 1954, il tratto messicano fu teatro della Carrera Panamericana, una gloriosa corsa automobili stica tipo Mille Miglia, cancellata per la sua pericolosità, dopo la quinta edizione. «Lungo questo viaggio, durato quasi due anni, sono arrivato in America Latina. Rimasi quindici mesi e finii per sentirmi a casa. E fu quella esperienza a trasfor marmi in fotografo. Per Geo France [mensile simile ad Airone originario], per alcuni anni, fui addirittura “il nostro uomo per l’America Latina”. «Perciò, per la mia storia personale, il Festival 2021 è ancora più vicino al mio cuore. Tra le fotografie che presento, ci sono un paio di ritratti di Julius Caesar, un curan dero che vive nel villaggio andino di Ilumán, Ecuador, lungo l’Autostrada Paname ricana, novanta chilometri a nord dalla capitale Quito. Uomo di medicina, mago, visionario e psicologo, conosce il potere curativo di piante e animali. La sua compe tenza è tenuta in alta considerazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità».

Pedro Pardo (Messico, 1974) Orizzonti oscuri Con questa fotografia di un gruppo di migranti latinoamericani che scalano il muro tra Messico e Stati Uniti, Pedro Pardo ha ricevuto il terzo premio nella cate goria Spot News / Singles, all’edizione 2019 del World Press Photo. Fotogiornalista dell’Agence France-Presse (Afp), una delle più importanti e prestigiose agenzie di informazione a livello mondiale, è convinto che il giornalismo possa cambiare la Storia. Per questo, continua a documentare lo stato del suo paese, che spro fonda sempre più nella violenza.

Lois Lammerhuber (Austria, 1952)

Marcos López (Argentina, 1958) Pop Latino Personalità di spicco della fotografia argentina, Marcos López ha iniziato la pro fessione dopo la Coppa del Mondo di calcio del 1978, dove aveva incontrato una serie di fotografi che seguivano l’evento. La sua serie Pop Latino lo ha reso famoso. Composte come dipinti, le fotografie hanno colori che ricordano quelli dell’ingle se Martin Parr (Magnum Photos), un umorismo ispirato ai lavori di Peter Dench (fotogiornalista del mondo della pubblicità) e uno spirito pop che richiama Andy Warhol. Marcos López critica in modo caustico la società dei consumi e dei tempi mo derni, della quale e dei quali offre una interpretazione kitsch personale e divertente.

22 ni di solitudine, e dalle poesie di Pablo Neruda (Riempivano gli illustri pappa galli / la profondità del fogliame / co me lingotti d’oro verde / da poco usciti dall’impasto / delle paludi inabissate).

A proposito di pappagalli, mi ricordo le prime immagini nelle quali vidi stormi di grandi pappagalli ara rosso e verde ( Ara chloropterus) fotografati da Frans Lanting lungo le sponde del Rio Manu, in Perù, che alla fine non riuscii a pub blicare su Airone [come photo editor della testata]. Quelle fotografie, come altre della Penisola di Valdés (Penísula Valdés), in Argentina, una rilevante ri serva naturale, dal 1999 entrata nell’e lenco Unesco del Patrimonio dell’Uma nità, svelarono il Sudamerica per la sua immensa natura selvaggia. A proposito della natura selvaggia del Sudamerica, cito le fondamentali Isole Galapagos (Ecuador). Queste isole han no ispirato a Charles Darwin la stesura di L’origine della specie / On the Origin of Species, del 1859, un’opera che ha sconvolto la consapevolezza di Homo sapiens sulle vere origini sue e di tut te le altre specie viventi. Per quelle iso le e per il resto dell’Ecuador, anni fa, il governo ha organizzato una missione, Descubriendo Ecuador (Alla scoperta dell’Ecuador), nella quale ha coinvolto alcuni photo editor (New York Times, Geo France, National Geographic Ma gazine, Airone) e una cinquantina di fotografi da tutto il mondo. In Sudamerica, sfortunatamente, non c’è solo natura. Ricordo le dittature. La cilena, con la famosa fotografia di Ser ge Plantureux che mostra il presiden te cileno Salvador Allende in fuga dal Palazzo della Moneda, di Santiago del Chile, attaccato dall’esercito agli ordini

Ne abbiamo parlato e ri ferito in occasioni prece denti, dove e quando è stato opportuno farlo. Qui e ora ripetiamo, in richia mo all’immagine-simbo

lo del Festival La Gracil ly-Baden Photo 2021, de dicato alla fotografia del Sudamerica. L’intelligen za è materia soggettiva. Volente o nolente, quando si sintetizzano programmi fotografici, per quanto culturali pos sano essere, è sempre e comunque indispen sabile visualizzare con un richiamo esplicito: la macchina fotografica.

Quindi, il legame sarebbe tra Foto grafia e scrittura, non tra Fotografia e Umanità. Vi prego, non guardate le fo tografie allo specchio, anche perché -se fosse vero quello che dice l’“esper to” [e le virgolette sono d’obbligo]- io non saprei come guardare le fotografie scattate dai giapponesi, che scrivono dall’alto verso il basso. Tornando alla realtà seria, confesso che riesco ancora a provare interesse per la Fotografia solo se la stessa Fotografia si intreccia con la cultura, la natura, la sto ria, i sentimenti degli Uomini, cioè solo se arrivo a colloquiare con ogni scatto come se parlasse, come se fosse un cit tadino col proprio vissuto, con la propria storia, come un essere vivo. Perciò, comincio con il disegno del Chimborazo, che per me è stato il Su damerica fin da quando, giovinetto, mi capitò di scoprirlo, forse a scuola. Un mondo con vulcani tanto fitti che ne potevo vedere due, uno in fila all’altro, incappucciati di neve, che sembravano disegnati da un bambino. Un mondo con vulcani così non poteva che esse re il Paese della Magia Più tardi, la magia del Sudamerica fu svelata al mondo dai romanzi di Gabriel García Marquez, soprattutto Cent’an

23 del generale fascista Augusto Pinochet. Era l’11 settembre 1973. Piuttosto che ar rendersi, il presidente Allende si sparò. Tra i tanti esuli di quella dittatura, ri cordiamo il coinvolgente gruppo mu sicale Inti-Illimani, stabilitosi in Italia, col loro canto di speranza ¡El pueblo unido, jamás será vencido! E, poi, c’è stata la dittatura argentina, con migliaia e migliaia di Desaparecidos E, poi, ancora, c’è l’assassinio del brasilia no Francisco Alves Mendes, noto come Chico Mendes, raccoglitore di gomma, leader sindacale e ambientalista, assas sinato da un allevatore di bestiame, il 22 dicembre 1988. Combatteva per preser vare la foresta pluviale amazzonica, so stenendo i diritti umani dei contadini e delle popolazioni indigene. Fu il no vantesimo attivista rurale assassinato quell’anno in Brasile. Quella impresa in difesa dell’Amazzonia, delle popolazioni indigene, dei contadini, è senza fine. E, apparentemente, senza speranza. Basti pensare a cosa è successo negli ultimi mesi nel Brasile guidato da Jair Bolsonaro, sotto gli effetti del Covid 19. Con più di sedici milioni di casi e quasi mezzo milione di morti (dati al Primo giugno 2021), il Brasile risulta essere lo Stato del Sudamerica più colpito. Ma, inaspettatamente, con una gran de speranza. Soprattutto alimentata dal progetto di Sebastião Salgado, un gran de tra i grandi della fotografia mondiale, anche presente a Baden 2021. Con la mo glie Lélia e un gruppo di amici sta ripri stinando la foresta tropicale il cui manto un tempo copriva circa il sessanta per cento l’ecosistema originario dell’azienda agricola di famiglia, copertura ridottasi a un misero Zero-cinque percento all’i nizio degli anni Novanta. Nel 1998, ha ottenuto per quell’area la qualifica di riserva naturale, nella quale -a oggi- è stato piantato qualche mi lione di alberi di oltre trecento specie botaniche diverse. [Sebastião Salgado, Amazônia, in duplice edizione: su que sto stesso numero, da pagina 40]. È quasi giunto il momento di lascia re (finalmente?) la parola a Lois Lam merhuber, brillante e geniale direttore del Festival La Gracilly-Baden Photo Ma ancora un appunto. Mi preme ri cordare due giovani speranze della fo tografia sudamericana, che non sono presenti nel palinsesto di Baden 2021 Il primo è Pablo Albarenga (Montevi deo, Uruguay; 1990), fotografo dell’an no ai Sony World Photography Awards 2020, raro esempio di fotogiornalista po etico, che si occupa di diritti umani e di protezione dell’ambiente in mediares,(https://pabloalbarenga.com).SudamericaL’altroèPabloE.Piovano(BuenosAiArgentina;1981),checollaboraconinternazionali: Geo, Stern, Natio nal Geographic; in Italia, con L’Espresso e Internazionale. Ricordo il suo lavoro sui problemi dell’inquinamento da prodotti chimici per l’agricoltura raccolto in una coinvolgente monografia (El costo huma no de los agrotóxicos; Kehrer Verlag, 2017).

Il Festival La Gacilly-Ba den Photo 2021 è in car tellone fino al prossimo diciassette ottobre, in Austria, nei pressi del la capitale Vienna. Oltre trenta mostre, con più di milleottocento fo tografie, alcune allestite con ingrandimenti di di mensioni generose: fino a duecentottanta metri quadrati. Nel 2020, le mostre del Festival sono state vi sitate da più di trecen tomila persone. Quin di, anche e ancora: le zioni, seminari e altri eventi. Aggiornamenti in tempo reale sul sito dedicato http://festivallagacilly-baden.photo/en/ events/festival-la-gacillybaden-photo-2021.

Pablo Corral Vega (Ecuador, 1966) Inno alle Ande Questo è il titolo del gruppo di immagini di Pablo Corral Vega, maestro della fo tografia a colori, in mostra al Festival. «Ho sempre voluto testimoniare al mon do tutta la diversità e bellezza delle Ande. Mettere in relazione cultura e vita quotidiana, esseri umani nella propria condizione più semplice e nobile. Que ste fotografie mostrano persone schiacciate da secoli di oppressione, che so no state sfruttate e poi dimenticate, condannate a vivere in condizioni pietose, con la costante consapevolezza della morte. Eppure, nonostante tutto, nulla è riuscito a opprimere il loro amore per la vita».

▶ Ufficio del Festival: Fe stivalbüro La Gacilly-Ba den Photo (+43 [0] 2252 42269; festival@lagacillybaden.photo).

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Ed eccoci (finalmente?!) a Lois Lam merhuber. Con mirabile sintesi, ci ha dichiarato: «Il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 presenta fotografi e fotogra fie dall’America Latina che riflettono la complessità della storia del continente, travagliato da rivoluzioni e sostenuto da speranze... fervore delle sue società, plasmate dalla violenza, ma anche da una potente gioia di vivere. «Tutti i fotografi del Festival sono ra dicati nella vita quotidiana. Registrano la diversità delle genti di questo conti nente, esplorano il caos urbano, lamen tano i danni arrecati alla natura. Lo fanno in modo poetico, creativo e divertente. «Il Festival celebra anche l’importan za della biodiversità del nostro piane ta, presentando lavori di alcuni impor tanti fotografi e degli studenti di sedici scuole di fotografia della Bassa Austria. «Viene assegnato anche Il Global Peace Photo Award come riconoscimento alle immagini che celebrano l’anelito uma no verso un mondo pacifico e la ricer ca di bellezza e bontà nella nostra vita. «Un ultimo pensiero. Dedichiamo que sta edizione del Festival a Thomas Jorda, nostro amico e co-fondatore di questo appuntamento. Purtroppo, non è più con noi. Il motto della sua vita è stato un pensiero del musicista Gustav Mah ler (1860-1911), “La tradizione non è ado razione della cenere, ma conservazione del fuoco”. Ci manca tanto». ¡Que viva Latina! ■ ■ Il Festival La Gacilly-Baden Photo 2021 è in cartel lone fino al prossimo diciassette ottobre, in Austria, nei pressi della capitale Vienna. Oltre trenta mostre, con più di milleottocento foto grafie, alcune allestite con ingrandimenti di dimen sioni generose: fino a duecentottanta metri quadrati. Nel 2020, le mostre del Festival sono state visita te da più di trecentomila persone. Quindi, anche e ancora: lezioni, seminari e altri eventi. Aggiorna menti in tempo reale sul sito dedicato http://festivallagacilly-baden.photo/en/events/festival-la-gacillybaden-photo-2021.

▶ Ufficio del Festival: Festivalbüro La Gacilly-Baden Photo (+43 [0] 2252 42269; festival@lagacilly-baden.photo).

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▶ Tourist Information Baden, Brusattiplatz 3, A-2500 Baden bei Wien; da lunedì a venerdì, 9,00-18,00; sa bato, domenica e festivi, 10,00-18,00 (+43 [0] 2252 86800 600; info@baden.at).

Carolina Arantes (Brasile, 1980)

Emmanuel Honorato Vázquez (Ecuador, 1893-1924) Il fotografo dimenticato degli anni Venti Uno dei più grandi fotografi dell’Ecuador. Quasi sconosciuto fino a poco tempo fa, fino a quando non c’è stato alcun tentativo di resuscitare le sue immagini, princi palmente perché la società bigotta conservatrice locale avrebbe preferito che il suo lavoro cadesse nell’oblio. Emmanuel Honorato Vázquez proveniva da una famiglia benestante, ma era un iconoclasta ribelle, anticlericale, bohémien ed epicureo. Fu uno scrittore e fotografo decisamente moderno; mancato troppo giovane, ha co munque lasciato (inconsapevolmente?) la sua impronta nella storia del suo paese.

La corsa all’oro verde Brasiliana, oggi residente in Francia, Carolina Arantes non è rimasta insensibile alle fotografie dell’Amazzonia devastata da enormi incendi, che hanno fatto notizia in tutto il mondo. Per contribuire con proprie immagini alla cronaca del disastro, si è recata nel suo paese d’origine e ha trascorso settimane ad Altamira, nello Stato del Pará, dove gli incendi sono divampati maggiormente. Altamira è la città-sim bolo dalla distruzione della foresta, una sorta di selvaggio West moderno, che ha attratto avventurieri di ogni genere, soprattutto dopo la costruzione dell’enorme diga di Belo Monte. Nelle ultime stagioni, l’elezione di Jair Bolsonaro a presidente ha peggiorato la situazione: in Brasile, la deforestazione è raddoppiata in un solo anno, devastando diecimila chilometri quadrati di terreno. La fotografia che qui propo niamo dipinge il cupo spettacolo degli alberi di un paradiso bruciato e sacrificato.

INLIBRERIA

MAURIZIO GALIMBERTI Dalla Grande guerra, quella del 1914-1918, che poi avremo conteggiato come Prima, alla luce di una Seconda, dal 1939, Maurizio Galimberti ripercorre la Storia del mondo, con atten zione maggiore alle vicende italiane, attraverso una serie di mosaici in ready-made ripresi da istanti del Novecento: senza soluzione di continuità, da fotogrammi del cinema a cronaca che è mutata in Storia. Il progetto Uno sguardo nel labirinto della Storia è allestito in avvincente e convincente monografia

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27 DI FRAMMENTISTORIA Rivoluzione in Iran, 1979; AP/SarisAristotledifotografia

di Maurizio Rebuzzini Apprezzato e quotato autore contemporaneo, Maurizio Ga limberti è certamente un infaticabile creatore di immagi ni, di evocazioni, di sensazioni. Occultata tra le pieghe di un’apparenza dalla quale non si può più svincolare, essendo origine acquisita del suo interpretare la Fotografia contem poranea, si rivela una non comune percettibilità creativa che separa l’approvazione generica del pubblico dalla de cifrazione di chi, per dovere e/o mestiere, non si limita alle sole apparenze a tutti visibili. E la distinzione tra pubblico generico e addetti è uno dei passi caratteristici dell’Arte.

In un mondo e tempo durante il quale certe attribuzioni sono distribuite a casaccio, qui no: dalla mente (razionale)

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Ciò detto, la duplicazione di uno stilema formale non coincide necessariamente con la replica e reiterazione di contenuti, valori e riflessioni. Tutti superficialmente e for malmente simili, i progetti fotografici di Maurizio Galim berti esprimono status di originalità, da individuare sotto traccia. Detta meglio, forse, con ripetizione marginale: sia mo in presenza di una creatività che non ha eguali, di una capacità espressiva di usare metri di rivelazione che non si fermano alla sola comunicazione, ma procedono oltre.

L’onorevole Aldo Moro, 1978; RosseBrigatedelledocumentariafotografia

Bao Trai, Vietnam, 1966; FaasHorstdifotografia

29 al cuore (irrazionale), Maurizio Galimberti è un artista, a di spetto della nostra prudenza nell’assegnare e concedere tanto e tale giudizio, in sostantivo maschile. Se il suo lungo e differenziato cammino, denso di pro getti, la maggior parte dei quali raccolta anche in auto revoli monografie, non fosse ancora sufficiente a convin cere qualcuno a non fermarsi alla superficie, l’autorevole editore Skira, che fa dell’arte contemporanea bandiera e motivo d’esistere ed esprimersi, ha pubblicato un volume/ progetto a dir poco rivelatore del passo artistico di Mauri zio Galimberti, capace di stare accanto ai propri soggetti, quanto -paradossalmente- distaccato, in modo da invitare l’osservatore alla riflessione. Da cui, ciascuno può allinearsi con il suo pensiero, qui in forma fotografica d’azione (mo saici di fotogrammi a sviluppo immediato, come al solito... ma!), come pure prenderne le distanze. Ma qui, più e me glio che in occasioni spettacolarizzate precedenti, non è concessa l’indifferenza. Sia chiaro! Allo stesso momento, il progetto Uno sguardo nel labi rinto della Storia, di Maurizio Galimberti, è coerente al suo percorso, tanto quanto se ne discosta. (continua a pagina 32) Ernesto Che Guevara, 1965; ImagesGetty/Corbis/NicholsonMichaeldifotografia

30 Bambini nel Campo di Auschwitz, 1944; BrasseWilhelmdifotografie

Processo ad Adolf Eichmann, Gerusalemme, Israele, 1961;

PhotoAP

SOLOONLINE / / /QRLABIRINTOcode DELLA

31 Maurizio Galimberti. Uno sguardo nel labirinto della Storia ; design di Federico Mininni; testi di Matteo Nucci e Denis Curti; Skira Editore, 2020; settanta illustrazioni; 76 pagine 30x38cm, cartonato; 35,00 euro.

«Cerco di portare lo spettatore a una analisi sorprendente e profon da delle opere, dal progetto artistico all’orrore che molte di queste immagini provocano. «Cerco di mitigare l’orrore con la poesia che -con ostinazione- cerco anche quando va in scena la morte, la brutta morte, quella che la storia ci regala sempre». STORIA

Dal film Easy Rider, 1969; HopperDennisdiregia

RosselliniRobertodiregia Dal film La ciociara, 1960; SicaDeVittoriodiregia La Storia non può insegnarci niente, se scegliamo di dimenticarla.AnnePerry

Diciamolo con chiarezza: questo progetto attuale, oggi è qui considerato, è lontano dai suoi ritratti schierati con la spocchiosa e detestabile società dello spettacolo (come dovere, da e con Guy Debord). Se dobbiamo per forza alli nearlo a qualche suo precedente, estraneo a soggetti reali e dal vivo, potremmo richiamare un progetto di qualche stagione fa: Il Cenacolo di Leonardo da Vinci, del 2018, in immediato anticipo sul cinquecentenario dalla morte (2 maggio 1519), realizzato a partire da una eccellente ripro duzione su carta, in dimensioni generose.

Con procedura analoga, agendo con fotogrammi dal cinema e stampe di fotografie epocali del nostro tempo, Maurizio Galimberti scandisce tempi, modi e visioni/inter pretazioni di un cammino che ha scandito il Novecento. In mosaici compositivi in intenzione ready-made, l’astrazione creativa scarta a lato il crudo realismo, del quale siamo co munque ben coscienti, per approdare a evocazioni capaci di coinvolgere, appassionare e trascinare, prima il pensiero individuale, immediatamente a conseguenza la coscienza. E qui gioca un proprio ruolo fondamentale il progetto grafico della monografia, del più che bravo Federico Mi (continua da pagina 29) Dal film Roma città aperta, 1945;

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33 ninni, che dà cadenza e offre continuità al progetto Uno sguardo nel labirinto della Storia. Forma per il Contenuto (questa volta, da e con Vasilij Vasil’evič Kandinskij). Maurizio Galimberti esorta alla valutazione individuale: re alizzato su stime storiche di Paolo Ludovici, Uno sguardo nel labirinto della Storia invita a pensare, invece di credere, a os servare piuttosto di giudicare (le opere del progetto appar tengono a Luchi Collection, di Giovanna e Paolo Ludovici). Non certo in ripetizione superflua, per quanto in replica, al cospetto della Fotografia di Maurizio Galimberti, più e più adeguatamente che in altri riferimenti d’autore, non possiamo ignorare l’azione dell’arte, andando a richiamare aforismi, metafore e boutade / battute di spirito. Con Vincent Van Gogh: «Spesso, le persone fanno arte, ma non se ne accorgono». Con Albert Einstein: «L’arte su prema di un maestro è la gioia che si risveglia nell’espres sione creativa e nella conoscenza». Con Paul Klee: «L’arte non riproduce il visibile; piuttosto, crea il visibile». Con The odor W. Adorno: «Il compito attuale dell’arte è di introdurre il caos nell’ordine». Con Eugene Ionesco: «Un’opera d’arte è soprattutto un’avventura della mente». Arte per la Vita. ■ ■ Fuga del Vopo Hans Conrad Schumann dal Muro di Berlino in costruzione, 1961;

LeibingPeterdifotografia

LORENZO DE SIMONE

The of

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SOUND SILENCE

Siamo sinceri: spesso (sempre?), il silenzio è assordante. La serie che il bravo Lorenzo De Simone ha selezionato per la sua invoca zione The sound of silence, qui in estratto dal totale, riprende il timbro con il quale ci si rivolge al cuore. Non è certo un caso che le voci (mute) che la sua Fotografia evoca siano così evidentemente silenziose, per quanto udibili. Nell’intimità del proprio avvicina mento a queste immagini, ricollocate in serie indipendentemente dalle rispettive motivazioni originarie di realizzazione e indirizzo, ognuno metta a frutto il proprio suono del silenzio, per evocare memorie e ricordi, per richiamare aromi, per rivivere i propri passi

All’interno dello stesso indirizzo, si accede ai progetti che possono essere considerati riservati e caratteristici, sapien temente selezionati all’interno dei singoli servizi; magari, a fotografie realizzate a margine di questi assignement in base a minimi comun denominatori di contenuto ipotizzato e perseguito. Se proprio vogliamo vederla in questo modo, come effettivamente intendiamo fare, anche in questo sta una certa magia della Fotografia: lessico non certo comu ne, in perenne e pertinente equilibrio tra l’applicazione di regole sovrastanti e l’interpretazione arbitraria; così come in altrettanto intreccio continuo tra realtà e sua rappresen tazione secondo intenzioni personali e visioni individuali. Tra tanto, tutto di alta qualità, oggi e qui, ci tratteniamo sulla coinvolgente serie The sound of silence, che il talentuo so Lorenzo De Simone certifica come suo viaggio personale attraverso spazi, persone, fede e tempo. Ma c’è anche altro.

36 di Angelo Galantini Fotografo basato a Milano, per professione, Lorenzo De Simone svolge ampi servizi per riviste di viaggio e azien de. Suoi reportage nazionali e internazionali (Malesia, Ci na, Hong Kong, Cuba...) sono stati pubblicati su qualificate testate periodiche, e hanno accompagnato documenta zioni di viaggio specialistiche: il suo professionismo è or dinato e presentato sul sito www.lorenzodesimone.com.

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The sound of silence offre e propone infiniti richia mi, tutti generazionali. Più giovane di noi (beato lui; oppure, ci spiace per lui), Lorenzo De Simone ha i suoi; noi, i nostri. Magari coincidono, non ne abbiamo parlato, non abbia mo voluto parlarne, per rimanere con il nostro intimo. Ma! Due leggere note alla chitarra, e -nel fresco di una notte estiva newyorkese-, il 19 settembre 1981, il pubblico esplode in un applauso di indiscutibile approvazione. Davanti a mez zo milione di persone, a Central Park, si sta svolgendo il con certo di Simon and Garfunkel, il primo e primigenio di una tradizione che poi si è evoluta. La voce lieve di Art Garfun kel, sulle note di Paul Simon, intona «Hello darkness, my old friend / I’ve come to talk with you again...» (Ciao buio, mio vec chio amico / Sono venuto a parlare di nuovo con te...), e parte un’altra entusiastica adesione corale, in complicità di intenti. Si richiama una visione che ha raggiunto il cuore... nel suono del silenzio, che, in precedenza, dalla colonna sonora del film cult Il laureato, di Mike Nichols, del 1967, cominciò ad accompagnare una generazione in crescita e matura zione, pronta per il Sessantotto. Oggi, Lorenzo De Simone riprende il suono di quel par lare al cuore. Non è certo un caso che i suoni delle voci che la sua Fotografia evoca siano così evidentemente silenziosi, per quanto udibili. Nell’intimità del proprio avvicinamento

38 a queste immagini, ricollocate in serie indipendentemen te dalle rispettive motivazioni originarie di realizzazione e indirizzo, ognuno metta a frutto il proprio suono del silen zio, per evocare memorie e ricordi, per richiamare aromi, per rivivere i propri passi. In effetti, sappiamo bene quanto e come la Fotografia sia una comunicazione (visiva, nello specifico) diversa da ogni altra, perché necessita di un soggetto esplicito e concreto: sia reale sia costruito, non importa. Dunque, raffigurativa per natura (e obbligo?), la Fotografia è rappresentativa per scelta e linguaggio. Non necessariamente ciò che raffigura basta a se stesso e significa soltanto se stesso; il più delle volte, soprattutto con autori che si esprimono con inten zioni vigorose (è il caso attuale di Lorenzo De Simone, sia chiarito subito), la Fotografia rappresenta qualcosa di più e oltre la propria sostanziale apparenza formale. Un avvertimento: potendolo anche fare, andando nelle situazioni fotografate da Lorenzo De Simone, non è affatto certo che ognuno possa vedere nel modo in cui lui ha rap presentato, raccogliendo poi per un cammino proprio. Tra la realtà e la sua rappresentazione non c’è di mezzo tanto uno strumento -che pure c’è-, ma la capacità d’autore di utilizzar lo in base e relazione alle proprie intenzioni. Come anche in dipendenza delle proprie esperienze, della propria cultura.

Nel e per allestire la sequenza di The sound of silence, Lo renzo De Simone è stato guidato da ciò che lo ha toccato e sorpreso. Le fotografie possono apparire enigmatiche. Alle volte, funzionano per ciò che è presente nell’inquadratura, altre volte per ciò che ne è restato fuori. Non c’è una formula per scattare fotografie. È un processo misterioso; una sfida senza fine. Nuove idee si schiudono costantemente e rin novate possibilità si rivelano dietro ogni angolo. Il trucco è di aprirsi abbastanza per riconoscerle nel momento in cui appaiono, saperle condurre e perseguirle. Non è mai que stione di conoscenza individuale, ma di capacità di condi viderla e voglia di farlo. Da nessuna parte è l’arte, anche quella fotografica, se al cen tro della propria espressione non mette la verità e la felicità di ognuno: qualsiasi cosa questo significhi per ciascuno di noi. Suono del silenzio

Diciamolo meglio, forse: Lorenzo De Simone sa che foto grafare significa arrestare la realtà, non per contemplarla, ma per domarla, nutrirsene e restituirla a piene mani e con profonda generosità. Del resto, siamo sinceri, la Fotografia è l’unica forma espressiva che rende stabili, consegnando li alla Storia, istanti che avrebbero dovuto restare effimeri, e che in questo modo si sono manifestati (responsabilità etica che potrebbe anche spaventare!).

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40 (di Antonio Bordoni) Il viaggio gli ha distrutto il ginocchio, ed è quasi costato un occhio, ma ha portato Sebastião Salgado in un mon do di sciamani, tribù nascoste e foreste pluviali infinite, dove ha rivissuto un’o dissea unica e irripetibile. «Il capitano del battello non ci ha per messo di nuotare nel fiume», ha rileva to il fotografo brasiliano. «C’erano mol ti caimani in giro. In Amazzonia, sono grandi; hanno le dimensioni di cocco drilli. Ci sono anche molti serpenti co strittori. Non sono velenosi, ma sono In occasione delle attuali edizioni standard e Sumo, cia scuna per sé in dimensioni librarie generose, della moIL ESISTEPARADISO!

Sebastião Salgado ha fotografato i più splendidi e incantevoli palcoscenici che la Terra offre: minatori d’oro che striscia no come termiti sui lati fangosi di un pozzo gigante; rifugiati aggrappati alla vita in polverose lande desolate; pozzi di petrolio in fiamme nei deserti del Kuwait. Ma esplorare la regione amaz zonica del suo Brasile natale, con i suoi affluenti difficili da navigare, è stata una nuova sfida. Per due incidenti succes sivi, ha quasi perso un occhio, e ora ha un impianto al ginocchio. Per quanto quelle acque scure possano sembra re calme -nelle sue fotografie-, non ci si può fidare di loro. A un certo punto, ha noleggiato un grande battello flu viale in grado di trasportare cento per sone, anche se era solo per lui, la sua squadra, le attrezzature e le scorte di cibo. Acque infestate (abitate?) da pe sci lunghi tre metri, pesanti duecento cinquanta chili; acque profonde oltre ottanta metri; in alcuni punti, il fiume è largo venti chilometri. Quel viaggio in battello fluviale è stato un tentativo, destinato a fallire, di trovare la sorgente di uno dei fiumi dell’Amaz zonia, nonché un’occasione per scattare fotografie delle sponde del fiume, che si presentano come enormi muri di albe ri. Ma, per raggiungere la destinazione finale -le comunità che vivono nel pro Sebastião Salgado. Ama zônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; Taschen Verlag, 2021; 528 pagine 30,8x26cm (4,29kg); 100,00 euro. ▶ Sebastião Salgado. Amazônia, con il con tributo di Lélia Wanick Salgado; edizione Su mo; Taschen Verlag, 2021; 472 pagine 70x50,5cm (24,9kg), più libro aggiun to di trentadue pagine con le didascalie; leggio in acciaio 90x38,5x113,5cm (46kg), con verniciatura a polvere; 3000,00 euro.

estesa del mondo, Sebastião Salgado introduce così. Chiaramente divertito, rivela che i suoi momenti preferiti, nella vita, sono quando si mette in viaggio. «Sono dentro il mio mezzo di trasporto -un aereo o una barca-: tutto ciò che mi porta in qualche luogo. Vado a in contrare qualcosa!». Sta parlando della sua più recente cor posa monografia fotografica, nia, una appassionante successione di panorami in bianconero. Osservando attraverso le sue immagini, si prova lo stesso stupore che si potrebbe provare cime degli alberi. Eppure, e legittima mente, Sebastião Salgado non si riferisce alla sua Fotografia come arte. Espone un viaggio, una storia d’avventura, una storia del mondo. Ed è anche questo che ci piace, indipendentemente dagli autori, indipendentemente dai conte sti: Storia dell’Uomo, Storia della Vita.

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La preparazione della spedizione è stata onerosa anche dal punto di vista politico e burocratico. Tramite il Funai, è stato chiesto alle diverse collettività se intendevano accettare un fotogra fo come ospite; da cui, ulteriori autoriz zazioni a livello governativo. Quindi, lo staff è stato messo in quarantena sani taria, per proteggere le tribù dai germi moderni. Tutto questo per raggiungere comunità che hanno pochi contatti con il mondo esterno, o -addirittura- nes suno del tutto: in Brasile, si conteggia no più di cento gruppi tribali che non sono mai stati contattati. I problemi dell’Amazzonia sono ben noti e urgenti: incendi, deforestazione, agricoltura invadente, costruzione di stra de. Ma Sebastião Salgado -che con la moglie Lélia ha trasformato la fattoria di famiglia, ad Aimorés, in una riserva na turale che è un modello di riforestazio ne- rivela e mostra che c’è ancora molto per cui lottare. Con tutta la propria ra pacità, il mondo moderno, ha distrutto solo «un pezzetto di periferia. Il cuore è ancora lì. Per mostrare questo luogo incontaminato, fotografo l’Amazzonia viva, non l’Amazzonia morta». Le sue immagini di paesaggi divulga no la vastità del cuore ancora inconta minato di questa natura selvaggia. Allo stesso momento, i suoi ritratti rivelano in profondità i mondi di chi considera la Terra come linfa vitale. Posano per lui in copricapi di piume con facce di pinte, o disadorni e nudi. Paradiso in Terra. ■ ■ Oltre le attuali edizioni librarie Taschen Verlag, la mo stra Amazônia, di Sebastião Salgado, a cura di Lélia Wanick Salgado, è allestita al Maxxi Museo naziona le delle arti del XXI secolo, di Roma (via Guido Reni 4a; www.maxxi.art). Dal Primo ottobre al 13 febbraio 2022; martedì-domenica, 11,00-19,00. La mostra è accompagnata da una colonna sonora originale: un “mondo sinfonico” creato da Jean-Mi chel Jarre utilizzando suoni concreti della foresta. Attraverso le loro testimonianze, questa combina zione dà voce alle comunità indigene fotografate.

42 fondo della foresta-, Sebastião Salgado ha navigato in ruscelli più piccoli, su bar che più strette. La monografia illustrata Amazônia contiene una inquadratura di una decina di piccole imbarcazioni ormeggiate all’alba: scure e ben a fuo co, si stagliano dal paesaggio nebbioso e anonimo sullo sfondo; le loro panche catturano il sole mattutino e l’argento splendente. Di chi sono? «La maggior parte, sono barche che ho noleggiato. Non è permesso cac ciare il cibo degli indiani o catturare i loro pesci. In quella parte del viaggio, tutto ciò di cui ho avuto bisogno, cibo compreso, ho dovuto portarlo con me: dalla mia attrezzatura, il mio studio, alla farmacia. Mi hanno accompagnato do dici assistenti, soprattutto ragazzi che sanno manovrare le barche. Il grande fiume non è un problema, ma si deve fare attenzione nei piccoli fiumi o si distrugge la barca. E ho dovuto avere quello che in Brasile chiamiamo Ca pitano della Giungla : un ragazzo che conosce la giungla, sa cacciare e pe scare, come camminare nella giungla, come allestire il campo. Quindi, il mio assistente di Parigi, due traduttori, un antropologo e un agente di Funai». Funai è l’Associazione Nazionale In diana del Brasile, che supervisiona tutti i contatti tra gli estranei e le comunità indigene. «Quando si osserva la mappa dell’Amazzonia, tutte le riserve indiane sono intatte. Non permettono la distru zione all’interno della loro terra. La terra indiana, in Amazzonia, è circa il venti cinque percento di tutta l’area. Prima dell’attuale presidente Jair Bolsonaro, il Brasile ha tenuto un comportamen to ammirevole; ha riconosciuto il ter ritorio indigeno e i loro diritti. Quando si incontrano comunità indiane negli Stati Uniti e in Canada, o gli aborigeni in Australia, si rileva come abbiano per so la propria terra. In Amazzonia, no».

Sebastião Salgado. Ama zônia, con il contributo di Lélia Wanick Salgado; Taschen Verlag, 2021; 528 pagine 30,8x26cm (4,29kg); 100,00 euro. ▶ Sebastião Salgado. Amazônia, con il con tributo di Lélia Wanick Salgado; edizione Su mo; Taschen Verlag, 2021; 472 pagine 70x50,5cm (24,9kg), più libro aggiun to di trentadue pagine con le didascalie; leggio in acciaio 90x38,5x113,5cm (46kg), con verniciatura a polvere; 3000,00 euro.

in anticipo su Fotografia nei francobolli Foglio Souvenir emesso dalle Poste francesi, il 3 aprile 2020, in occasione del bicentenario dalla nascita di Nadar (Gaspard-Félix Tournachon; 6 aprile 1820 - 20 marzo 1910); layout di Sylvie Patte e Tanguy Basset.

FOTO graphia 01/F/otograFianeiFrancobolli

G COME GASTEL

«Giovanni è stato per tutti noi un fantastico compagno di avventure. Una di quelle persone che sono capaci di renderti più leggera la fatica, più piacevole il tragitto, più prezioso il tempo trascorso. La sua gentilezza, la sua si gnorilità, la sua onestà sono merci così rare ai nostri giorni. Per questo, per derlo ci sembra così ingiusto, incomprensibilmente “sbagliato”. «Per ricordarlo, abbiamo raccolto in questo volume alcuni dei suoi lavori più significativi [...]. Fotografie che raccontano la sua passione per la bellezza e l’empatia che riusciva a creare con chiunque incontrasse sul set. «Lavorare a queste pagine, ci ha fatto rivivere momenti belli e divertenti, ci ha fatto piangere ed emozionare. La nostra speranza è di riuscire a tra smettervi almeno un po’ di questa emozione. Ciao Giovanni, ti vogliamo bene. I tuoi amici di Style Magazine» G come Gastel ; 100 immagini - Moda, Still life, Ritratti; Style Magazine, giu gno 2021; 194 pagine 22x28,5cm; 7,90 euro.

TINA MODOTTI. IRRECUPERABILE RIBELLE Piccola nelle dimensioni (12x16,7cm), immensa nel contenuto, la selezione di annotazioni della celeberrima (e beatificata) fotografa italiana (solo) di nascita dischiude un animo raffinato, elegante e altruista: nel proprio “piccolo”, in estratto da quanto si può analogamente dedurre dal compendioso Vita, arte e rivoluzione. Lettere a Edward Weston (1922-1931). Con franchezza: mentre l’autore americano non esce da una sfrenata autostima, Tina Modotti è ge nerosa e comprensiva come pochi, soprattutto come pochi tra i fotografi di tutta la nostra Storia, anche contemporanea, soprattutto contemporanea.

44 / SULLO SCAFFALE / di Angelo Galantini

MIRIAM DUBINI. NON MI PIACE LEGGERE Più che provocatorio il titolo di questa fiaba che, al solito, finisce nel migliore dei modi possibili. Non intendiamo che, una volta risolte mille interferenze esterne, il principe e la principessa vissero felici e contenti, perché sappiamo bene che così non può essere: ci sono il mutuo da estinguere, le utenze da onorare, i pannolini da cambiare, l’infanzia dei figli che diventa adolescenza. No. Dopo la provocazione originaria, Miriam Dubini approda là dove ha avuto intenzione di arrivare fin dall’inizio, là dove ha indotto il pensiero dei suoi piccoli lettori: al capitolo finale Mi piace leggere!, che si conclude con i nuovi amici che esortano la protagonista ad andarli a trovare tra le pagine dei loro libri: «Poi, scomparvero come pollini nel vento». Scrivere per i bambini, sapersi rapportare con loro, è un’arte. Della quale Miriam Dubini è stata interprete di grandezza fuori dal comune. Non mi piace leggere, di Miriam Dubini; Mondadori Libri - Oscar Primi Junior, 2015; 46 pagine 12,5x19cm; 9,00 euro.

Non certo per caso, dunque, il sottotitolo è esplicito e chiarificatore, sia del contenuto, sia delle intenzioni della raffinata edizione (a cura di Francesco Cappellini): Pensieri sulla vita e l’arte. E questa è una precisazione/indicazione che ci fa particolarmente piacere, che coincide con nostre ipotesi sovra stanti e che si allinea a una delle idee per noi irrinunciabili: che la Fotogra fia sia sempre e comunque fantastico (e privilegiato) s-punto di partenza. Tina Modotti. Irrecuperabile ribelle ; a cura di Francesco Cappellini; Via del Vento edizioni - Collana iquadernidiviadelvento, 2016; 44 pagine 12x16,7cm; 4,00 euro.

Semplifichiamola così: M. C. Escher (Maurits Cornelis; 1898-1972) dovrebbe essere noto a tutti, quantomeno ai più (e non scendiamo oltre!). Semplifichiamola meglio: è l’artista grafico olandese che ha realizzato xilografie, li tografie e mezzetinte di ispirazione matematica, approdando spesso (e vo lentieri) a prospettive e visioni adeguatamente impossibili. Di più, non rile viamo, invitando -casomai- a avvicinamenti individuali. Successiva a due precedenti propri titoli -The Magic Mirror of M. C. Escher, più recente edizione 2007 e nuova edizione annunciata, e The Graphic Work, del 1992-, Taschen Verlag propone ora una avvincente confezione sui disegni che compongono solidi caleidoscopici. Motivi intricati, geometrie eleganti e grafiche sbalorditive, in autentico “marchio di fabbrica” di M. C. Escher. Un set che rende fruibile a ciascuno un magico mondo visivo. Con allegato che esamina e svela i princìpi geometrici che stanno alla base delle mera viglie ottiche del fantastico visionario. M. C. Escher. Kaledocycles ; Taschen Verlag, 2021; 64 pagine 21x27cm; 50,00 euro.

Nato Pierre Dumarchey, il francese Pierre Mac Orlan (1882-1970) ha espresso una personalità poliedrica. Ufficialmente, è accreditato come romanziere e cantautore; nell’esistenza, è stato anche pittore, soldato e reporter... e altro ancora. Il suo romanzo Quai des Brumes ha ispirato l’omonimo film di Marcel Carné, del 1938, con Jean Gabin (in Italia, Il porto delle nebbie). Ancora, suoi motivi sono stati registrati e resi popolari da cantanti francesi di prima grandezza. Alla Fotografia -non professionale, sia chiarito- arriva all’inizio del 1920, acquistando una Rolleiflex; si è appassionato al suo linguaggio, fino a fare collezione di stampe, raccogliendo fotografie di autori francesi (tra questi, Eugène Atget, ancora ignorato dai più, Germaine Krull e Claude Cahun, al trettanto immotivatamente trascurate). Ne ha riflettuto e scritto con intelligenza e avvincente capacità di rifles sione, seppure in punta di piedi e con discrezione. Voce e Pensiero da av vicinare e assorbire, da riportare nella propria Voce, nel proprio Pensiero. Scritti sulla fotografia, di Pierre Mac Orlan; Edizioni Medusa - Collana Argo nauti, 2020; 128 pagine 11,7x21cm; 15,00 euro.

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PIERRE MAC ORLAN. SCRITTI SULLA FOTOGRAFIA

DIEGO MORMORIO. FOTOGRAFIA E PENSIERO FOTOGRAFICO Ottima e inestimabile iniziativa di Mimesis Edizioni, che ha creato la prezio sa Collana La conversazione, di riflessioni fotografiche di alto profilo, per la quale un protagonista del Pensiero conversa, per l’appunto, con un promotore del suo stesso Ragionamento. Qui e ora, tralasciamo il primo titolo del la Collana, intestato a Italo Zannier, perché -indipendentemente dal valore del personaggio- l’efficacia di questa conversazione dipende dall’armonia e autonomia tra due personaggi coinvolti: totalmente assente. Però, è stupendo il passo del terzo titolo, per il quale Diego Mormorio (mol teplici le sue credenziali fotografiche, e non soltanto fotografiche) dialoga con Francesca Adamo. In ogni incontro interpersonale, è sempre auspica bile che si crei una coerenza di percorso e intenzioni, sì da approdare a ri sultati tangibili e condivisibili. Qui è proprio il caso, fino a una lettura che non si esaurisce nel primo contatto, ma merita rientri e ritorni, pagina do po pagina, parola dopo parola, domanda-risposta dopo domanda-risposta. Fotografia e pensiero fotografico : Diego Mormorio in conversazione con Francesca Adamo; Mimesis Edizioni - Collana La conversazione, 2019; 76 pagine 11x17cm; 8,00 euro. M. C. ESCHER. KALEIDOCYCLES

/ RIFLESSIONI / DAL TORMENTO / 2 ESTRATTI

In effetti, una delle prime foto che ho fatto in vita mia doveva avere a che fare con quel rac conto, perché ritraeva un ca ne. È stato circa vent’anni fa, quando d’estate abitavo sull’i sola di Martha’s Vineyard. C’e ra un cane che arrivava tutti i giorni al tramonto. Un cane grande. Un bastardo. Aveva gli occhi dei weimaraner, di color grigio. Ricordo soltanto che era molto inquietante. Veniva lì, e si limitava a fissarmi in un modo che mi pareva quasi mitico. In somma, un cane che non ab baiava, non ti leccava, ma che ti guardava solo molto inten samente. Penso di non esser gli piaciuta. Gli feci una foto, ma non riuscì granché bene. Suppongo che molte di que ste osservazioni siano destina te a valere a posteriori. Intendo dire che non puoi applicarle a te stesso per convincerti a metterti al lavoro. Non è che ti metti a lavorare perché hai appeso qualcosa di bello alla parete, oppure perché conosci te stesso. Molto spesso, cono scere se stessi non porta pro prio da nessuna parte. Talvolta, ti lascia persino un po’ vuoto. Del tipo, eccomi qui, io esisto, ho una storia, ci sono cose nel mondo che mi sembrano mi steriose, altre che mi irritano. Ma in certi momenti tutto questo non sembra servire a molto. Dopo un po’, cominci a porti domande. C’è una bottiglietta vuota o una forcina arruggini ta sotto i piedi, il fango trasu da dal fondo del lago in modo particolarmente sgradevole, il bagno emana un cattivo odo re, i boschi hanno un aspetto squallido. È come se ai tempi del Giardino dell’Eden, dopo la Caduta, Adamo ed Eva avesse ro supplicato il Signore di per donarli e Lui, nella sua infinita esasperazione, avesse detto: “E va bene. Restate. Restate nel Giardino. Civilizzatevi. Procreate. Sporcatelo”. E loro l’hanno fatto. Una prostituta che cono scevo mi mostrò un album di istantanee a colori raffigu ranti alcuni uomini che aveva rimorchiato. No, non fotografie spinte. Solo fotografie di uo mini seduti sui letti in camere di motel. Ne ricordo una di un uomo con indosso un reggise no. Era soltanto un uomo, del tipo più comune, dall’aspetto quasi banale, che si era sem plicemente provato un reggi seno. Così come uno qualun que che si prova un reggiseno, come uno che vuole provare una cosa di un altro che lui non ha. Era straziante. Era davvero una bellissima foto. ■ ■ COERENTI DA RIFLESSIONI ESTRAPOLATE DA TESTI E LEZIONI

La macchina fotografica [Ma miya C33] possiede una spe cie di forza intrinseca. Voglio dire che tutti sanno che hai una certa superiorità. Hai con te un piccolo strumento ma gico che gli fa qualcosa. In un certo modo li fissa.

La cosa che preferisco è an dare dove non sono mai stata. Per me c’è un che di specia le nell’entrare a casa di altri. Quando arriva il momento di andarci, che debba prendere un bus per una qualche desti nazione o un taxi per i quar tieri alti, è come se avessi un appuntamento al buio. Mi ha sempre fatto questo effetto. A volte, provo una sensazione opprimente, e penso “Mio Dio, è ora, ma non voglio proprio andare”. Poi, una volta partita, qualcosa di grande subentra al posto di questa specie di in quietudine ed è una sensazio ne che non posso controllare. Ho fotografato tantissimo i fenomeni da baraccone. So no stati uno dei primi sogget ti che ho fotografato. Eserci tavano su di me una grande attrazione. Semplicemente, li adoravo e continuo ad adora re alcuni di loro. Non dico che fossero i miei migliori amici, ma mi facevano provare un misto di vergogna e timore reveren ziale. I fenomeni da baraccone possiedono un’aura leggen daria. Come un personaggio di una favola che ti ferma e ti pone un indovinello. Molte persone vivono nel timore che gli possa capitare un’esperien za drammatica. I fenomeni da baraccone sono nati nel loro trauma. Hanno già superato la loro prova nella vita. Sono degli aristocratici. I campi nudisti erano per me un soggetto grandioso. Nell’ar co di alcuni anni, ho visitato tre campi. La prima volta che ci sono andata è stato nel 1963; ci rimasi un’intera settimana, e fu veramente affascinante. Era il campo messo peggio. e per questo, per qualche ragione, era anche il più straordinario. Andava letteralmente a pezzi. Il posto era pieno di muffa e l’erba non cresceva.

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Pensi che ti sentirai un po’ ri dicola a girare con addosso so lo la macchina fotografica, ma questo in realtà fa parte del di vertimento. Basta un minuto per capire come comportarsi e già sei un nudista. Potresti pensa re di non esserlo e invece lo sei.

Di solito, sopraggiungeva quell’attimo di panico, che ancora ogni tanto mi assale, in cui guardo attraverso il vetro smerigliato e tutto mi sembra brutto, ma non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato. A volte, è come guardare in un calei doscopio. Per quanto lo scuoti forte, non prende mai la for ma che vuoi. Allora pensavo che se avessi potuto buttare tutto per aria, me ne sarei fi nalmente liberata. Ma non po tendo, tornavo sui miei passi o cominciavo a parlare oppu re, non so, andavo altrove. Co munque non credo che si possa avere un controllo su queste cose, perché nel processo c’è sempre un che di misterioso.

Ho fotografato tantissimo i fenomeni da baraccone. Sono stati uno dei primi soggetti che ho fotografato. Esercitavano su di me una grande attrazione. Semplicemente, li adoravo e continuo ad adorare alcuni di loro. Non dico che fossero i miei migliori amici, ma... di Diane Arbus

“Non ti vedo preoccupato. Non sei agitato.” “Servirebbe?”

L’avvocato James B. Donovan (interpretato da Tom Hanks) a Rudol’f Ivanovič Abel’, prima spia sovietica identificata negli Stati Uniti, dove si nascondeva nell’identità di William Genrikowitsch Fischer (interpretato dall’attore Mark Rylance), nel film Il ponte delle spie ( Bridge of Spies ), di Steven Spielberg, del 2015; sceneggiatura di Matt Charman, Ethan Coen e Joel Coen.

FOTO graphia 01/D/ialoghi

morbido accento sud-metropo litano che conteneva risonan ze sapienti, inflessioni raccolte in decenni di angoli di strada, decantate e offerte, a torto o a ragione, con spassionata au torità. Trentacinque anni pri ma quella rossa aveva lavorato per lui ai tempi in cui Maurice aveva licenza fotografica in al cuni dei più importanti alber ghi e locali notturni di Miami Beach. Evelyn Emerson: lui le diceva che adorava la melo dia del suo nome, era così li rico, e glielo cantava mentre se la portava a letto, ma mai sulla stessa aria. A quel punto lei aveva un’attività propria, la Evelyn Emerson Gallery a Co conut Grove e pesava una ven tina di chili in più di lui. «Non ho certo bisogno di tagli impressionistici da art-déco», disse Evelyn. «Piacciono, ma non si vendono.» «Ma quale art-déco?» Mauri ce frugò tra le stampe, ne scel se una. «Lui fotografa la gen te. Guarda qui, queste vecchie battone ebree in veranda... Si capisce che c’è dentro uno scorcio dell’albergo. L’albergo «Come si chiama?» «Joseph LaBrava.» Evelyn ripeté: «LaBrava. Co me mai non mi suona nuovo?» Osservava lo scalpo abbron zato di Maurice che aveva ab bassato la testa per scrutarla da sopra la montatura degli occhiali prima di rialzarseli sul naso: un gesto automatico, come portarsi due dita alla tesa del cappello. «Perché sei una che gira con occhi e orecchie aperti. Secondo te come mai sono venuto qui invece di andare a una di quelle gallerie di Kane Concourse?» «Perché mi ami ancora. Non essere...»«C’ègente che deve sbat tersi per anni per farsi un no me», affermò Maurice, «men tre certi vengono scoperti da un giorno all’altro. 2 settem bre 1935. Mi trovo casualmen te a Islamorada a lavorare sul prolungamento ferroviario di Key West, quello della Florida East Coast, giusto?» Evelyn conosceva a menadi to quella storia, di quando l’u ragano del ’35 si era abbattuto sui key e Maurice aveva foto grafato il più terribile disastro ferroviario nella storia della Flo rida. Duecentottantasei mano vali uccisi o dispersi tra quelli che lavoravano alla ferrovia... e due mesi dopo faceva servi zi per conto del dipartimento dell’Agricoltura e documen tava la situazione delle aree rurali durante la Depressione. Chiese: «Maury, chi è Jose phLuiLaBrava?»eradaqualche parte nel suo passato e dovette chiudere gli occhi e riaprirli, aggiusta re il suo orpello scenico, quei suoi occhiali pesanti. «È quello che ha fotografato il tizio buttato giù dal cavalcavia.» «Oh, mio Dio», mormorò Evelyn. ■ ■ Elmore Leonard; (da Dissolvenza in nero; Sperling & Kupfer Editori, 1992)

JOSEPH L a BRAVA COLTE, RICHIAMI ATTINENTI... È SCRITTURA STATUNITENSE Chiese: «Maury, chi è Joseph LaBrava?» Lui era da qualche parte nel suo passato [...] «È quello che ha fotografato il tizio buttato giù dal «Oh,cavalcavia.»mioDio».

«Sono tre anni che fotografa. Guarda che lavoretti», disse Maurice. «Prendi questo tipo. Guarda che posa, che espres sione. Chi ti ricorda?» «A me sembra un delinquen te», rispose la donna. «Ma è un delinquente. È un pappa, questo. Solo che io non parlavo di lui. Ecco, prendi quest’altra. Danzatrice esoti ca dietro le quinte. Ti ricorda nessuno?»«Chi,laragazza?»«Dai,Evelyn,parlo dello stile. Il feeling. La ragazza che fa la graziosa, mette in mostra i suoi tesori, tutt’altro che disprezza bili. Ma guarda il camerino, tut ta questa roba fasulla, questo scintillare da carta stagnola.» «Vuoi che ti dica Diane Ar bus?» [citazione colta] «Voglio che tu mi dica Diane Arbus. Già di questo ti sono gra to. Voglio che tu mi dica anche Duane Michaels, Danny Lyon. Voglio che tu mi dica Wino grand, Lee Friedlander. Voglia mo tornare indietro di qualche anno? Sarei tanto felice che mi dicessi anche Walker Evans.» «Il tuo vecchio socio.» «Un bel po’ di tempo fa. Pri ma ancora dei tempi tuoi.» «Attento a te», lo ammonì Evelyn, e vagò con lo sguardo sulle venti-venticinque in bian co e nero sparse sul banco, lu cide di lampade fluorescenti. «Non è malaccio», commentò. Maurice sospirò. Aveva cattu rato il suo interesse. «Ha l’occhio, Evelyn, ha l’istinto giusto e non ha paura di farsi avanti a spara re il suo rullino. Ti dirò un’altra cosa. Ha il talento naturale di quello che mi sono fatto io in sessant’anni di fotografia. E lui fotografa massimo da quattro.» Lei replicò: «Vediamo, questo a che età ti porta, Maury? Hai sempre settantanove anni?» «Per adesso sì», rispose lui. «Finché mi stufo.» Maurice Zola: cinquantacinque anni per cin quantotto chili e parlava con un fa parte del feeling. Ma guarda le facce, si vede il tempo che gli scivola via davanti. Prendi qui, Lummus Park. Sembrano uno stormo di uccelli, no? Con quei paranaso come becchi.» «Vecchi ebrei e cubani newyor kesi», osservò Evelyn. «È la gente del quartiere, ra gazza mia. Lui documenta South Beach com’è oggi. Ne coglie la drammaticità, il pathos. Guarda questo, con questi tatuaggi...» «È «Cercaspaventoso.»direndersi attraente, di adornarsi il corpo. Ma guarda lo attentamente, si sente qual cosa a guardarlo, si sente la persona. Uno che la mattina si alza ed esce di casa, scam bia i suoi buongiorno come chiunque altro.» «Sarà, comunque non è nello stesso giro di molte persone di cui potrei farti il nome qui, su due piedi», ribatté lei. «E non è nemmeno presun tuoso come molti di loro», sot tolineò Maurice. «Qui non ci sono né balle né fronzoli. È uno che fotografa fatti nudi e crudi. Ha percezione e la sa comunicare nell’immagine.»

CITAZIONI

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/ DALLA NARRATIVA /

INTROVABILE?

Uo mo / Donna a venire infrange la dimenticanza che storicizza, archivia, assolve o perdona; e, nel rovescio del vero, dispiega ideologie, fedi, culture, istituzio ni, mitologie consumeriste, che determinano la conciliazione del dolore con l’indifferenza. Parlare di Fotografia insegnata anche all’ultimo imbecille che vuole impiccarsi al successo, significa non aver capito nulla, o forse tutto, della Fotografia. La Fotografia non è solo im magine: la Fotografia è Paro la, Segno, Favola che intaglia i confini del mondo e apre o declina o insozza forma e si gnificato al di là dell’essere. Si tratta d’infrangere, disve lare, sconnettere e rovescia re la lingua parlata -non solo della Fotografia dominante-, per avviarsi sulla via che por ta alla rivoluzione dell’umano! Nessuno è mai solo con una macchina fotografica in ma no... legittima la radice della Fotografia sul punto a veni re dell’immaginale disvelato o la tradisce! La Fotografia è un no Meyer Levin (1905-1981), do cumenta i Campi di sterminio nazisti, appena liberati (Ohrdruf, Buchenwald, Dachau, LipsiaThekla, Theresienstadt). Pro prio a Theresienstadt, ritrova la madre, che credeva morta. Nel 1946, si stabiliscono a New York, e Éric Schwab fotografa gli artisti jazz di Harlem, la gente nelle strade di Broadway, micro storie di vita quotidiana newyor kese. Per conto dell’organizza zione mondiale della sanità, la vora in Etiopia e nelle Filippine: ovunque, le sue fotografie figu rano l’affettazione della banalità e un sentirsi fuori dall’inumani tà del proprio tempo. Éric Schwab non ha ricevu to meriti, attenzioni o incen samenti, quanto i fotorepor ter americani al seguito del le truppe alleate: questo non vuol dire nulla. È dalle lezioni di smarrimento che si reclama un’altra verità, un altro sguar do -anche-, e si comprende che l’aroma della giustizia è spesso esterno all’emancipa zione degli esseri umani. I ta lenti celebrati sono unanime mente riconosciuti, anche se dialogo tra generazioni e mo di d’intendere sconfinamenti, détournement, costruzione di situazioni che raccolgono l’e redità libertaria della propria epoca! Anche nella burocra zia del massacro della Shoah, come vedremo! Éric Schwab (1910-1977) non è stato un fotografo-parolaio. Il padre (francese) e la madre (tedesca) furono perseguita ti e deportati dal regime na zista, perché ebrei. Negli an ni Trenta, Éric Schwab va a Parigi, e diviene fotoreporter (moda e set cinematografici); nel Trentanove, è arruolato nel servizio militare; dopo la rovi nosa battaglia di Dunkerque (26 maggio - 4 giugno 1940), viene fatto prigioniero dai te deschi, ma riesce a scappare dal treno che lo trasferiva in Germania. Torna a Parigi, e si unisce alla Resistenza. Nel 1943, la madre è internata a Theresienstadt (Terezín). Nel 1944, Éric Schwab entra a far parte dell’Agence France-Pres se (Afp; agenzia di stampa e fotogiornalismo); nell’aprile 1945, insieme al giornalista america contengono soltanto qualco sa di pesante, di brumoso o di estetizzante: una sorta di pie tra tombale calata sulla vivez za del vero... una celebrazione che si può sopportare solo in stato di ebbrezza. Fotografare vuol dire turbare... si può foto grafare il dolore solo nella bel lezza che lo distrugge! Per comprendere la violen za governata di tutte le tiran nie della storia, basta una sola immagine di Éric Schwab, tra le più laceranti della Shoah: quella dei detenuti del Blocco 61, nel Campo di Buchenwald. Sul cancello (fotografato da Éric Schwab) c’è scritto: Jedem das seine (A ciascuno il suo [come uno dei due motti che accom pagnano, sostenendola la te stata del quotidiano clericale L’Osservatore romano: Unicu ique suum ; da cui, per richia mi espliciti, il coinvolgente ro manzo omonimo di Leonardo Sciascia, dal 1966])! Si tratta della fotografia di un giovane smagrito fino alle ossa, ignudo di fronte al foto grafo, davanti ai prigionieri del la baracca incasellati in loculi di legno marcio, dove affiora no volti abbacinati tra l’incre dulità e la speranza. Il ragazzo guarda in macchina, e dice al mondo che il proprio candore rifugge dai sentimenti truc cati. Qui la parola-immagine condanna ingiustizie secola ri, mostra la sua carne marto riata e rivendica le sue radici. Non accenna nemmeno un sorriso, neanche stupore, né rabbia: c’è una sacralità della bellezza, in questa immagine, come poche volte si è visto, e non solo nella sistematica dei Campi. Ma, poiché la bellezza è l’eternità che si fa specchio di valori dell’umano -tutti anco ra da conquistare-, nell’intera storia dell’arte, la bellezza è la vita liberata, quando la giusti zia riverbera i corpi del sacro violato!

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/ SGUARDI SU / ÉRIC

SULLA

GOVERNATA

50 La Fotografia è una “nobile arte”, senza la quale l’umani tà sarebbe stata più povera; tuttavia, è anche con la Foto grafia che despoti e saprofi ti hanno immiserito il genere umano... lo hanno educato alla rappresentazione, alla copia, allo stile di uno stile: quello dei sistemi totalitari, prima, e del la civiltà dello spettacolo, do po. Nessuno educa nessuno... diceva: ci si educa insieme in quella creazione di valori che sono l’esempio, il coraggio, la dignità di praticare l’eguaglian za nel rispetto delle differenze e rivendicare l’eguaglianza nel diritto di avere diritti. La Foto grafia della violenza governa ta è al fondo degli allevatori di disastri, e la storia si presenta sempre come cornice di abusi affermati dalle tirannie e con fermati dalle L’umanesimofolle!dell’altro

La Fotografia non è solo immagine: la Fotografia è Parola, Segno, Favola che intaglia i confini del mondo e apre o declina o insozza forma e significato al di là dell’essere. Si tratta d’infrangere... SCHWAB FOTOGRAFIA DELLA VIOLENZA

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