FOTOgraphia 271 maggio 2021

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SWPA 2021 LA NOSTRA SELEZIONE / MAGGIO 2021 / NUMERO 271 / ANNO XXVIII / 271 EPOCALI TRENTA ICONE MARCO SAIELLI AL PRIMO MAGGIO

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento ABBONAMENTO ANNUALE 10 numeri a 65,00 euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.com0436716602srlgraphia

Archivio FOTOgraphia

/ 271 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

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, di Tamary Kudita (Zimbabwe), Open Photographer of the Year 2021, ai Sony World Photography Awards 2021 ; da pagina 26. L’immagine è approdata all’assegnazione assoluta, provenendo dall’affermazione nel Fotografia Creativa. Ritrae una giovane donna africana che indossa un abito in stile vittoriano e, sopra la testa, regge uten sili da cucina tradizionali dell’etnia Shona. La fotografia fa parte di una serie dedicata alle donne di colore ritratte in ambientazione lo cale e vestite con abiti in stile vittoriano, con fezionati utilizzando tessuti africani Fotografia attorno a noi Spilla promozionale abbinata alla prima as The Public Eye, sul quale riflet tiamo da pagina 17, a Hollywood, in California, il 5 ottobre 1992. Compreso il flash a lampa dine, la spilla è alta tre centimetri e mezzo Editoriale e morale sono valori assoluti e impre scindibili, che arricchiscono le esistenze Brusco per finta Per decenni, Enzo Marchettoni ha gestito una affascinante Trattoria a Pistoia. L’ho conosciuto 10 / Baffi di latte Intensa campagna statunitense sul consumo di latte, con testimonial di prestigio e richiamo LIBRI SUPERFLUI! Fino a qualche tempo fa, in occasioni opportune, su richiesta op pure per nostra intenzione, abbiamo spes so consigliato letture utili (magari, non ne cessarie) alla consapevolezza e coscienza fotografica di ciascuno di noi. Alcuni di que sti titoli nascono altrove, e sono completa mente svincolati dallo specifico fotografico, per quanto -comunque- possano essere adatti a ognuno. Tra questi, spesso, mi sono soffermato sull’autorevole Etica, di Emilio Morselli, del quale possediamo una quarta edizione, del 1918 (su una prima edizione del 1905). Per quanto altrettanto riflessivi, altri saggi sono specificamente di origi ne fotografica. Per rimanere in argomen to, sopra tutti: Etica e fotogiornalismo, di Ferdinando Scianna; Electa, 2010. / 03/ / 40/ / 47/ / 18/ / 31/ 22

Beh, considerate palesi indifferenze, ma nifestate da chi pretende consecuzioni rapi de causa-effetto e richiede soluzioni pronte, precotte e immediate, da un po’, abbiamo smesso di segnalare tanti titoli “transitori”. Per la verità, in completa delusione, abbiamo proprio smesso di menzionare libri (a par te quelli periodicamente qui in passerella). In effetti, non esistono “manuali” per la Vita, né per la Fotografia. Tantomeno per l’etica e la morale (in deontologia ) se non le si possiede... non arrivano di certo.

Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

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Angelo Galantini 40 / Trenta icone (?) L’affascinante graphic novel Foto straordina rie. La storia delle 30 [di trenta] fotografie che hanno cambiato il mondo, di Elleni, è un casel lario più che consistente di Antonio Bordoni 46 / Vite fotografiche Seconda e conclusiva raccolta delle rubriche di Ando Gilardi, dal settimanale Vie Nuove 48 / Foto eloquenti Dalla narrativa di Angelo Galantini 50 / Paul Regnard Sguardi su di Pino Bertelli / 43/ / 24/ / 34/ / 47/ / 13/ / 14/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE OttavioRouge Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO Pino Bertelli Antonio Bordoni mFranti Angelo FototecaGalantiniGilardi Ottavio Maledusi Lello MarcoPiazzaSaielli www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI 02 66713604 redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ■ FOTOgraphia

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14 / Sei passi cadenzati Il recente libro Voglio proprio vedere, del qua lificato Michele Smargiassi, svolge sei intervi ste impossibili ma non improbabili ai gran di fotografi. Lettura più che utile, addirittura necessaria. Sempre che... 17 / Sostanzialmente, con Weegee A partire da una affascinante sceneggiatura cinematografica, riflessioni e considerazioni che dal film Occhio indiscreto / The Public Eye si allungano sulla personalità fotografica del celebrato autore di Maurizio Rebuzzini / Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini 26 / È Fotografia contemporanea Sony World Photography Awards 2021 : indi pendentemente dalle indicazioni della giu ria (quasi), altrimenti guidati, riflettiamo su alcune immagini di vertice di Lello Piazza 34 / Marco Saielli Il Dragone al Primo maggio In curiosa coincidenza di date, quasi, a Prato, in Toscana, si incontrano due tradizioni pro fondamente radicate: la Festa dei lavoratori e il Capodanno cinese di è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento po stale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), ar ticolo 1, comma 1 - DCB Milano.

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tecniche siadi fondamentaliPensiero,chepuresonoindispensabili,masonoaltrettantopropensionieticheemorali,cheognunopor tadaséenutreancheconlapropriaFotografia,allaquale restituisceimmediatamente noinunprocessocontinuoeinarrestabilediandata-e-ritore,ancora,andata-e-ritorno,conlastessapropriaFoto grafia,ciascunopuòessere(diventare)sistematicamente continuata-comemigliore,comefotografo,esonosoprattuttofattisuoi...epersona.Equestisonofattinostri,che-anostravolpossiamoessereeducatidamoraleedeticaaltruiincrescitaedistillazione.

Valori e Profondità.Cosìche,

.Ancheeancoraqui,ribadiamo:l’

to:«Quandocisonoclientiinnegozio,siparlainitaliano!».

se,ilpastorerisposeinitaliano.Avanti,sempreinmiapre tratospesadolotempisenza,ildialogoèproseguitoconidenticaalternanza.Inpiùrecenti,qualchesettimanafa,daunfruttivenquivicino,gestitodaegiziani,dovesonosolitofarela(anchequesto!),uncollaboratoredelgestoreèeninnegozioparlandoinarabo.Èstatosubitoammoni

ConlaFotografia,ora(inunaspecificadiscrittura,con maiuscolaconsapevoleevolontaria,cheladistinguedall’e insercizioeapplicazionepersonali:daunaparte,laFotografiaquantodisciplina;dall’altra,lefotografieproprieealtrui). sentazioneElevandol’osservazionedelnostromicrocosmoarappreplausibiledelmacrocosmodellaVita,inFoto grafiacisonoaltrettantieducatiemaleducati,ilcuistatus siconsideranoamarometenondipendedaaltrochedasestessi...perquantotaluneprofessionalipossanocoltivareancheunretrogustodiarroganzaeimpertinenza,afrontedistatuschesisuperiori,mentre-invece-sonosoltantodiver

EDITORIALE Maurizio Rebuzzini 7

educazione ela cultura, entrambeestraneealnozionismo,ufficialmenteaporta tadiciascuno,sonovalorichesipossonosoltantoformare, necessarieedificandosubasipredisposteepreesistenti.Aquestoproposito,sempreconlaFotografia,nonsonosoltantocapacitàspecifiche,sia

concluderesoltantoledue“casualità”appenarichiamate,verrebbedacheipiùsempliciemodesti(inidentificazio

consapevoleatrapiantatounmialacludereconquesta,comeèdoverosoperunarivistaconnostratestatadiappello.Unaquarantinadiannifa,inpresenza,sisvolseundialogotraunpastoresardoeaffermatoeautorevolegiornalistadioriginesarda,masulContinentedadecadi,primaaRomaepoiMilano.Ilgiornalistasirivolsealpastoreinlinguasarda;dellamiapresenzaedelmioesseremilane

ne.diveroeautenticorappresentiunsottilefiloincongiunzioSenzasoffermarcisullesingolepersonalitàprotagoniste individuale,ènecateecoinvolte,l’analisirimanecoerente:cisonopersoneedudiproprio,ecisonoineducatidiproprio.L’educazio,chepoièmoraleedetica,èinnataintuttinoi,oppurestataraggiuntadaognunoinsommadipropriacrescitaovveroevoluzionedelproprioPensiero

Sego,ceTrailprimoeilsecondoepisodio-etantialtricoincidentinesarebbero-ètrascorsountempoestremamentelunmalacorrettezzadeiprotagonistièstatacoincidente.sivolessericavarneassoluti,fondendoassiemeanche

dalloine“razzista”necessaria...forse)sonopiùeducatidicoloroqualivantanoproprieeccellenzepersonali,dipendentisvolgimentodiprofessionidiprestigio.Invece,nonènecessariamentecosì,perquantoqualcosa

Esempipersonali,perapprodareallaFotografia,econ

(Roast beef, Baccalà al la livornese, Trancia di salmone arrosto, Orata arrosto, Filetti di sogliola fritta, Trota arrosto, Co niglio alla cacciatora e olive, Costolette di pol lo)? E, poi, ancora: 6,00 euro, 5,20 euro e 5,00 euro, dalle Costolette di agnello e Faraona ripie na ai funghi all’Arista di maiale arrosto, dal Pollo arrosto alla Bistecca di maiale. Con altri esempi analoghi, ognuno quotato pochi centesimi di più o me no, nella lista dei primi piatti, di altret tanta eccellenza culinaria. Quindi, ot tanta centesimi per la frutta, un euro e mezzo per la macedonia, due euro e mezzo per il dolce... un quartino di vi no 1,50 euro, coperto e pane 1,20 euro. Nessuna risposta, come prevedibile, ma un sorriso ironico e sardonico, sotto i baffi (reali), che ci ha accompagnati in tante altre visite, in tante al tre appaganti cene. Più che memoria... Ricordo. Enzo Marchettoni.

Per la scomparsa di En zo Marchettoni, titolare della Trattoria San Vi tale, storico indirizzo di Pistoia, in Toscana, mancato lo scorso un dici marzo, sconfitto dal Covid-19, l’intera comu nità si è dichiarata in lutto cittadino. Ho conosciuto Enzo Marchettoni anni fa, all’i nizio della mia frequen tazione di Pistoia, com plici Giancarlo D’Emi lio e Marco Saielli. Per motivi leciti, è doveroso che lo ricordi in veste di Franti, l’irriverente eroe dello sciropposo Cuo re, dello sdolcinato e in sopportabile Edmondo De Amicis. L’approccio con En zo Marchettoni non è mai stato né semplice, néInfatti,rettilineo.fedele al perso naggio che si era dise gnato, era più propen so alla (finta) scortesia che a una melensa ac condiscendenza: tutta attraente e condivisibi le posa, come abbiamo presto intuito. Dopo po chi istanti, si scioglieva in sorrisi sottintesi, che sfioravano la complicità. Come spesso si annota, a ciascuno il proprio. E non giudichiamo. Così che, una volta ricevuto il menu, per una cucina toscana di eccellenza e qualità, con un fiasco di vino sulla tavola, la prima domanda che gli feci fu relativa alla for ma dello stesso menu, dattiloscritto con una Olivetti M40 (che noi abbiamo qui in redazione, nella sua raffinata versione “a carrello lungo”), o analoga macchina per scrivere del passato remoto, quale avrebbe potuto essere una Remington analoga, ancora in livrea che richiama l’Altare al la Patria (Vittoriano), di Roma, uguale a quella che pure teniamo qui con noi, in redazione. Stupito, mi chiese come facevo a sa perlo, e dovetti confessargli una certa mia competenza di caratteri da macchi na per scrivere (di una volta), all’interno dei quali spicca l’armonia del caratte re Pica, proprio e caratteristico dell’O livetti degli anni d’oro, che frequentai all’inizio del mio impegno redaziona le e giornalistico... quasi cinquant’anni fa. In un’altra Vita, in Tempi di sogni e speranze doverosamente indirizzati. penso/speronedopo,Immediatamenteinconsecuziodiretta,unostupore,legittimo.

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A parte la rilevazio ne dei prezzi partico larmente soprattuttoconvenienti,afrontedi una cucina di alto profi lo, proposta in una for ma “popolare”, gli do mandai merito riguar do i prezzi singoli. Ovvero, come da il lustrazione riportata in questa pagina, qui accanto, cosa distin gueva, in quei giorni lontani quanto vicini, i secondi piatti da 5,50 euro (Braciole di tacchi no con carciofi, Salsic ce in umido con fagioli, Fegato alla dadoLampredottoveneziana,inumiconbietola,Trippa)quellida5,60euro

■ ■ / L’HO CONOSCIUTO / di Maurizio Rebuzzini (Franti) BRUSCO PER FINTA

Menu della Trattoria San Vitale, di Pistoia, per decenni condotta da Enzo Marchet toni, mancato lo scorso undici marzo. Sottolineiamo che si tratta di cucina toscana di qualità. Non abbiamo mai capito le marginali differenze nei prezzi delle portate.

/ COSTUME SOCIALE / di Angelo Galantini BAFFI DI LATTE

Con la conduzione del potente ente federale Milk Processor Education Pro gram, gli annunci stampa (art director Bernie Hogya e copywriter Jennifer Gold) si sono soprattutto basati sull’impiego di testimonial celebri: protagonisti del ci nema, dello spettacolo, dello sport, del costume sociale e del giornalismo televisivo, compresi personaggi di fan tasia della televisione e dei videogiochi, quali i Simpson, Batman, Mario (Bros), tutti immancabilmente caratterizzati da baffi di latte sul labbro superiore.

ImagesStoneTony/BalogJames

La campagna ha debuttato con uno spot televisivo intitolato Aaron Burr, diret to da Michael Bay e interpretato dall’at tore Sean Whalen, caratterista con una sostanziosa filmografia al proprio attivo. In proiezione nazionale, ge stita dal potente Milk Pro cessor Education Program (MilkPEP), dal 1995, i soggetti sono stati completati dal ri chiamo Milk Mustache (Baffi di latte), sistematicamente evocato dai ritratti-sogget to. Da dati statistici certi, alla campagna è stato attribui to un notevole aumento delle vendite di latte in California e in altri Stati, an che se non necessariamente a livello nazionale. In ogni caso, la percezione complessiva dell’intensa campagna ha raggiunto il novanta percento di con sapevolezza tra i consumatori.

Declinazione Milk Musta che con la Cometa di Hal ley (15 marzo 1996). Ultimo passaggio in prossimità della Terra, il 9 febbraio 1986; prossimo passag gio, 29 luglio 2061.

10 Got Milk?, traducibile in Preso il latte?, è stata una intensa campagna pubbli citaria statunitense per incoraggiare il consumo di latte, creata dall’agenzia Goodby Silverstein & Partners, di San Francisco, per il California Milk Processor Board, comitato di marketing senza sco po di lucro finanziato dai trasformatori caseari della California e amministrato dal Dipartimento per l’alimentazione e l’agricoltura dello Stato. È esordita nel 1993, e successivamente è stata autoriz zata per l’uso da parte di trasformatori e allevatori di latte dell’intera nazione; nella sua veste originaria, con ritratti di testimonial, si è esaurita a fine No vecento, quando è stata sostituita da annunci diversamente realizzati. Qui e ora, ci limitiamo alla prima versione.

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Allo stesso momento, la campagna dei baffi di latte si è anche sistematica mente allineata con gli appuntamenti nazionali dello sport, soprattutto al Su per Bowl di febbraio, finale del cam pionato della National Football League, la lega professionistica statunitense di football americano (che negli Stati Uni ti viene considerato come l’incontro che assegna il titolo di campione del mondo di questo sport), e alle World Series, di Baseball, di ottobre, altret tanto votate al titolo di campione del mondo. In entrambi i casi, visualizzan do i giocatori più rappresentativi delle squadre finaliste, in contrapposizione. Registriamo ancora che, dal 1994 al 2005, in California, sono apparse pub blicità dirette ai consumatori ispanici, che hanno declinato l’headline Fami lia, Amor y Leche (Famiglia, amore e latte), creato da Anita Santiago Adver tising. Nel 2005, la campagna in lingua spagnola è stata assegnata all’agenzia pubblicitaria Grupo Gallegos, di Hun tington Beach, città costiera della Con tea di Orange, nel sud della California, che ha modificato il richiamo nel di retto Toma Leche, ovvero “Bevi latte”. In Italia, all’inizio del Duemilasei, Got Milk? ha “ispirato” una affissione pub blicitaria di un latte, non importa quale, che visualizzò un baffo bianco sul lab bro superiore del soggetto (in alternan za, maschile e femminile). In moderata anticipazione temporale, un analogo richiamo era già stato declinato in un precedente spot televisivo relativo a un cappuccino istantaneo, da preparare in casa (come al bar). Il baffo bianco è un richiamo chiaro e dichiarato: non può che riferirsi al con sumo di un bel bicchiere di latte. L’ori ginaria campagna Milk. What a surpri se!, poi trasformatasi in Milk. Where’s your mustache? (appunto, dov’è il tuo baffo di latte), non si è mai riferita a un prodotto in particolare, ma ha solleci tato il consumo generale e generico di latte, da tempo immemorabile argo mento sempre vivo e palpitante negli Stati Uniti. È per questo che il baffo di latte si è basato sulla partecipe testi monianza di personaggi di spicco della società americana: politici, attori, can tanti, atleti e interpreti di noti serial te levisivi di successo. Nel proprio insieme, tutti i ritratti dell’intensa campagna statunitense Milk Mustache, della seconda metà degli anni Novanta del Novecento sono stati realizzati da Annie Leibovitz (salvo rare eccezioni, che anche noi rileviamo in questa passerella). Qui sopra, tre modelle ai vertici della fotografia di moda di venticin que anni fa; da sinistra, Naomi Campbell, fotografata a New York City, il 7 novembre 1994; Iman, fotografata a New York City, l’8 novembre 1994; Kate Moss, fotografata a New York City, il Primo febbraio 1995. Qui sotto, tre influenti personalità del costume sociale statunitense; da sinistra: Ivana Trump, moglie di Donald Trump, che sarebbe stato pre sidente degli Stati Uniti dal gennaio 2017 al novembre 2020, fotogra fata a New York City, il 9 maggio 1996; Isabella Rossellini, fotografata a New York City, il 12 novembre 1994; Lauren Bacall, moglie di Humphrey Bogart, fotografata a New York City, il 12 novembre 1994.

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▶ Nell’episodio It’s Hekey Mon!, della serie televisiva animata The Grim Adventures of Billy & Mandy (noto anche come Billy & Mandy ; terzo seg mento del primo della seconda stagione, del 2003), Mandy crea il mo stro che trasforma gli altri mostri in pane tostato; alla fine dell’episodio, il mostro di Mandy sta mangiando toast a letto e le chiede “Got milk?”.

▶ Nell’episodio Cookie Crisis, del cartone animato televisivo Johnny Bravo (quarto della prima stagione, del 1997), il protagonista si rende conto di aver comprato accidentalmente un milione e due scatole di biscotti; si rivolge allo spettatore e chiede “Got Milk?” / “Hai latte?”.

▶ Nell’episodio M. Night Shaym-Aliens!, ancora di una serie televi siva animata, Rick e Morty (quarta puntata della prima stagione, del 2014), Jerry Smith lancia una campagna pubblicitaria “Hungry for ap ples? ” (Affamato di mele?), ispirata a “Got Milk?”, che lo fa licenziare.

Tre parodie Milk Mustache; dall’alto: copertina del mensile Mad, del mar zo 1996; raccolta di Playmate, del lu glio 1997, con Holly Witt in copertina (Miss novembre 1995); annuncio del film parodia di Mel Brooks Dracula morto e contento, del 1995.

▶ Nel 2002, un residente dello Stato di Washington fece domanda per una targa automobilistica personalizzata “Got Milf”, ovvero pren la milf (acronimo anglosassone per “Mother I’d Like to Fuck”, traducibile con “Madre che mi piacerebbe scopare”); approva ta in un primo tempo, è stata successivamente annullata, alla luce di denunce presentate da cittadini dello Stato.

Archivio FOTOgraphia (2)

▶ Nel 2004, l’headline è stato preso a modello dallo stilista, artista e attivista sudafricano Dagid Grant Rosen (1959-2014) con il popola re disegno politico “Got Democracy?”, in reazione alla guerra in Iraq.

▶ Nel film La famiglia del professore matto, di Peter Segal, del 2000 (in originale, Nutty Professor II: The Klumps), dopo che il protagonista Buddy Love (interpretato dall’attore Eddie Murphy) ha inconsapevol mente consumato una pozione preparata da Sherman Klump (nel la medesima interpretazione) e l’età regredisce a uno stato infantile, cerca di scappare e atterra sul seno di una segretaria (interpretata dall’avvenente e procace Julia Schultz, Playmate del febbraio 1998).

▶ Nell’episodio Psycho Therapy, della sitcom televisiva animata Da ria (ottavo della quarta stagione, del 2000), quando i suoi sforzi per ottenere un bicchiere di latte vengono vanificati dalla moglie Helen, il protagonista ruggisce: “Got milk? Not Jakey! Dammit!” (Hai latte? / No Jakey / Dannazione!).

ERIFERIMENTIPARODIE

▶ Nel 2015, l’annuncio su YouTube del musical Hamilton, con testi e libretto di Lin-Manuel Miranda, ispirato alla vita di Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, ha utilizzato la parodia Who shot Alexander Hamilton? (Chi ha sparato ad Alexander Hamilton?); il video si conclude con il classico slogan, da leggere “Got Hamilton?”.

Guardandole la scollatura del seno, esclama “Got milk!” (Preso il latte).

▶ Nell’episodio The One With The Mugging, della fortunata serie te levisiva Friends (quindicesimo della nona stagione, del 2003), Monica (interpretata dall’attrice Courteney Cox) sottolinea che il fratello Ross (David Schwimmer) non è il creatore di “Got Milk?”.

Gli headline delle campagne statunitensi per il consumo di latte so no considerati Snowclone, ovvero modelli di cliché utilizzati e ricono sciuti in più varianti (neologismo americano dal 2004, derivato dalla quantità di termini eschimesi per la “neve“). Snowclone, in quanto sono apparsi in numerose versioni alternative su T-shirt e tanto altro merchandising per ulteriori pubblicità. Nel 2007, gli headline si sono imposti come icona internazionale e le frasi sono state parodiate più di qualsiasi altro slogan pubblicitario.

▶ In generale, il California Milk Processor Board ha ignorato gli usi alternativi dei propri headline; però, nel 2007, ha minacciato una cau sa contro l’associazione animalista statunitense People for the Ethical Treatment of Animals (Peta), per la campagna anti-casearia Got Pus? (liquame), avviata nel 2002.

▶ Sulla stessa linea, nel 2016, la cantante Fergie ha realizzato un vi deo musicale per la sua canzone Milf $, che include vari modelli che parodiano le pubblicità di “Got Milk?”, con “Got Milf?”.

di/acchiappa

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(2)LeibovitzAnnieWalterIooss

Personaggi televisivi: Lisa Kudrow e Jennifer Aniston (Phoebe e Rachel, della fortunata serie Friends ), fotografate a Los Angeles, il 19 luglio 1995, alla fine della seconda stagione (le stesse due protagoniste sono richia mate anche sulla copertina di Mad, proposta sulla pagina accanto); Li sa e Bart Simpson, localizzati a Springfield, nel gennaio 1997; Dennis Franz e Jimmy Smits (i detective Andy Sipowicz e Bobby Simone del la serie poliziesca NYPD Blue, in Italia, New York Police Department). Qui sotto, dallo sport al cinema: Brett Favre e Drew Bledsoe, quarter back dei Green Bay Packers (NFC) e New England Patriots (AFC), pro tagonisti del Super Bowl XXXI, del 1997, rispettivamente fotografati a Green Bay e Boston, il 14 e 13 febbraio 1997; i lanciatori Orel Hershiser e Kevin Brown, dei Cleveland Indians e Miami Marlins, protagonisti delle World Series 1997, fotografati a Miami, il 17 ottobre 1997; il regista James Cameron, sul set del film Titanic, nel maggio 1997.

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Con accompagnamento di testi con sequenziali, ognuno è stato raffigurato con un ritratto formale, oppure inserito in un proprio ambito immediatamen te riconoscibile: per esempio, gli atleti nel proprio gesto caratteristico, i perso naggi televisivi nel proprio ambiente, in abito di scena (spesso in gruppo: il cast al completo). Nell’insieme, le foto grafie sono state realizzate dalla nota ritrattista Annie Leibovitz, con modeste eccezioni per casi particolari (tra tut ti, citiamo il ritratto del regista James Cameron, sul set di Titanic, realizzato da Douglas Kirkland). Come annotato, si è trattato di una campagna prolungata nel tempo ed estesa nelle testimonianze, tanto da sollecitare addirittura edizioni librarie, che hanno raccolto l’insieme dei sog getti ( The Milk Mustache Book, a cu ra di Jay Schulberg; Ballantine Books, 1998; 160 pagine 21,5x28cm) e che han no declinato la vicenda rivolgendosi ai bambini (Milk Mustache Mania, a cura di Bernie Hogya e Sal Taibi; Scolastic, 2002; 96 pagine 22x28,5cm).

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Allo stesso tempo, registriamo che l’incessante campagna statunitense ha sollecitato diverse parodie, che le hanno fatto il verso: a testimoniare il successo e la straordinaria visibilità, con relative proiezioni nel costume e nella vita quotidiana americana. Ricordiamo l’apparizione del baffo bianco in sceneggiature televisive (per esempio, in un episodio della fortunata serie Friends, successo internazionale), l’uso del ritratto con baffo bianco nel la campagna elettorale di Bill Clinton (peraltro già testimonial della campa gna stessa), una copertina dell’edizione tedesca di Men’s Health, diverse paro die in talk show statunitensi, soggetti di T-shirt (tra cui Tomb Raider e Bet ty Boop, con rispettivi baffi bianchi) e la promozione del film parodia di Mel Brooks Dracula morto e contento (Dra cula, dead and loving it, del 1995), con un conte Dracula / Leslie Nielsen con baffo rosso sangue. Un’altra parodia ha illustrato la copertina del mensile sati rico Mad, del marzo 1996, nella quale il noto personaggio di poca intelligenza, dopo aver bevuto un bicchiere di latte, ha il baffo bianco sul labbro... inferiore. È tutto qui. Forse.

FilmFoxCenturyTwentieth1998and

14 Senza ombra di dubbio alcuno: Michele Smar giassi è certamente uno dei più qualificati a oc cuparsi di Fotografia. Soprattutto oggi, in un tempo e in luoghi (ita liani) dove pare che tut ti abbiano qualcosa da dire al proposito, e si esprimono con appros simazione di idee, opi nioni e linguaggio, da buon giornalista quale è, Michele Smargiassi si pronuncia con visioni originali, pensieri qua lificati e esaurienti, les sicoMagari,eccellente.avolte, per quanto raramente, si potrebbero non con dividere talune sue os servazioni (comunque sia, sempre intelligenti, briose e vivaci) che ani mano l’autorevole blog Fotocrazia, sul sito del quotidiano la Repub blica. Però, anche nel caso di norotediteincessantementedisaccordo,(improbabile)l’incontroèfondiaccreditatipuntivista,adeguatamenarricchentipercoloiqualisiimpegnanelragionamento sulla Fotografia, qualsi asi cosa questa signifi chi per ciascuno di noi. Una volta ancora (una volta di più) in edizione Contrasto Books, come già è stato per i precedenti Un’autentica bugia. La fotografia, il vero, il falso, del 2009, e Sorridere, del 2020, l’attuale Vo glio proprio vedere è un’azione libraria di grande coraggio e intenzione profonda. Precedute da una introduzione esplici ta, con il cui titolo l’autore rivela le pro prie intenzioni (Storia eventuale della fotografia), sei gustose interviste ad autori che, con la propria azione, hanno compilato capi toli fondanti della Storia della Fotografia, andan do a stabilire princìpi e criteri con i quali ogni fotografo ha dovuto confrontarsi e, perché no?, allinearsi. Ciò precisato, oltre al coraggio di far “parlare” Nadar (Gaspard-Félix Torna chon; 1820-1910), Eugène Atget (18571927), Tina Modotti (Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini; 1896-1942), Robert Capa (Endre Ernő Friedmann; 1913-1954), Vivian Maier [?] (1926-2009) e W. Eugene Smith (1918-1978), esprimendo domande e sollecitan do risposte in base alle rispettive personalità fotografiche, Michele Smargiassi certifica una condizione sovrastante della rievocazione ra ziocinante della Storia della Fotografia: non c’è più bisogno di scriver ne alcuna altra Storia, perché già tante ce ne sono, che ben scandi scono lo scorrere del Tempo e degli Eventi (e, comunque, è impro babile poterlo/doverlo fare dall’Italia, paese pri vo di economie e con dizioni per potersi de finire storici ). Però, al contempo, ci sono intelletti -tra i quali quello di Michele Smar giassi, qui e ora in pas serella- capaci di affron tare e declinare visioni ulteriori, non lineari nel Tempo, ma intrecciate negliAppunto,Accadimenti.c’èbisogno di chi sia qualificato a compilare “storie even tuali”, “storie essenziali”, “storie trasversali” (che fingano di partire da altro, per esempio dal la filatelia a tema, per approdare alla sostan za), “storie complementari”, “storie di pensiero”, “storie...” e “storie...”. Ancora. Brillante nel proprio vedere , non sol tanto guardare , capace di intendere e giudicare (come pochi sanno farlo), Mi chele Smargiassi non si perde in alcuna selva oscura, ma -al contrario- accende una luce brillante su percorsi fotografi ci spaziosi, che hanno scritto capitoli di Storia, senza peraltro averne mai avu ta l’intenzione di farlo. Sei cammini diversi e autonomi; sei cammini che non si esauriscono sui propri passi esplici ti, ma si proiettano ol / STORIA EVENTUALE / di Maurizio Rebuzzini

Voglio proprio vedere - Interviste impossibili ma non improbabili ai grandi fotografi (Nadar, Eugène Atget, Tina Modotti, Robert Capa, Vivian Maier, W. Eugene Smith), di Michele Smargiassi; Contrasto Books, 2021; 156 pagine 16x22,4cm; 24,90 euro.

SEI PASSI CADENZATI

A cura di Lidia Motta, Le interviste impossibili rappresentarono una sorta di specchio della Storia, entro il quale personalità della cultura italiana (allo ra) contemporanea incontravano e in tervistavano personaggi illustri vissuti secoli e secoli prima. A dare la voce a questi personaggi illustri, un prezioso cast di attori e attrici della migliore e più grande tradizione del teatro italia no... magari reperibili in Rete. Non ci va di ricercare oltre, ma se gnaliamo l’ottima edizione libraria ori ginaria Bompiani, del 1975 (e edizioni successive), con la segnalazione, in co pertina, di intervistatori e intervistati.

tre; sei cammini spontanei, nel senso di sei vite condotte per se stesse e la propria elaborazione esistenziale, che hanno finito per tracciare linee con duttrici che hanno ispirato il Mondo, che hanno formato Coscienze. Ribadiamo un nostro pensiero: nessu na Fotografia ha mai cambiato il Mondo, soprattutto in consecuzione rapida di causa-effetto (in oltre centottant’anni di Storia, solo tre possono averlo fatto: tre, non quattro). Ma, tutte, insieme sono tessere di un puzzle individuale entro il quale ciascuno ha edificato la pro pria visione dell’Esistenza. Lo ha fatto la Fotografia, così come lo hanno fatto anche la Poesia, la Narrativa, il Cinema, il Pensiero, la Parola... Con ognuno degli “intervistati”, Miche le Smargiassi affronta temi e modalità coerenti ai rispettivi percorsi d’autore: in modo da comporre tessere che si accostano le une alle altre, per raccon tare -per l’appunto- una Storia even tuale della fotografia. Corpus di Voglio proprio vedere, la somma di sei Inter viste impossibili ma non improbabili ai grandi fotografi è lettura a dir po co entusiasmante, anche perché pone domande delle quali l’autore conosce la risposta, perché conosce la Storia. Per esempio, colto e informato, appena dopo aver liquidato l’artificiosa querelle di e con il poeta e critico coevo Charles (Pierre) Baudelaire (1821-1867), Michele Smargiassi chiede a Nadar (Ovvero, l’eu foria) di definire la Fotografia. Testuale: «Eccoci al punto, Monsieur Nadar: cosa è, dunque, la fotografia? Ho fatto tan ta strada nel tempo, per chiedervi solo questo, in verità. Ma temo di conosce re già la vostra risposta». Previsto: «La fotografia è una scoperta [invenzione] meravigliosa, la cui pratica è alla porta ta dell’ultimo degli imbecilli» [entro la cui ampia categoria, Nadar includeva anche e addirittura il figlio Paul]. Con W. Eugene Smith (Ovvero, l’os sessione del tutto), Michele Smargiassi affronta il fotogiornalismo... ovviamente: «Lei ci ha dato immagini che trabocca no umanità, emozione, commozione. Gliene siamo grati. Ma è giornalismo? Nel giornalismo ci sono regole...» / «Non amo le regole. Non amo il gregge. In un movimento separatista, io farei una scissione. Le regole ferree arruggini scono. Chi ha scritto le regole che dici tu? Non le ho scritte io, allora non ve do perché dovrei rispettarle». Eugène Atget (Ovvero, l’ordine delle cose), ancora per una definizione certa e assoluta: «A questo punto, mi corre l’obbligo di domandarvi cosa sia, per voi, la fotografia» / «(Con un gesto sbri gativo) Quello che ho scritto nella mia carta intestata: un documento». Vivian Maier (Ovvero, la certezza di esistere), in alternanza di dialogo, qua si a “botta e risposta”: «Proprio come direbbe un artista romantico...» / «No, non ci siamo. Lei ha dei preconcetti. Io non faccio arte. Io fotografo». Tina Modotti (Ovvero, la vita contro l’arte): «Forse troppo per una vita so la» / «(Annuisce) Forse troppo per una donna sola». Robert Capa (Ovvero, un posto nel la realtà), in rievocazione del D-Day 6 giugno 1944, sbarco degli alleati in Normandia: «Un eroe può avere pau ra, no?» / «Non puoi avere coraggio, se prima non hai paura... Il coraggio è semplicemente un modo molto effi ciente di gestire la paura. Il pilota del pontile di sbarco dovette cacciarmi in acqua, con una pedata nel culo. Io sono un giocatore, scommetto sui cavalli, so che puoi esitare fino all’ultimo minuto, ma quando suona la campana, be’, o hai puntato o non vinci nulla. Nell’ac qua fino al collo, però, non ero certo di aver scelto il cavallo giusto. Ripete vo come un mantra l’esclamazione dei miliziani di Spagna: “Es una cosa muy seria, muy seria”...».

■ da Renzo Arbore in uno dei suoi in telligenti programmi televisivi (con la complicità, tra gli altri, di Roberto Be nigni / Dante Alighieri e Paolo Villag gio / Cristoforo Colombo), Le interviste impossibili sono state un elettrizzante programma radiofonico, andato in onda nel 1974 e 1975. A giudizio di molti, che condividiamo, è stata la migliore pro duzione creativa della Rai, che ancora oggi è frutto di analisi e pubblicazioni.

Domanda di Michele Smargiassi, a seguito di una risposta di Eugène Atget (Ovvero, l’ordine delle cose): «Cambia qualcosa, perdonatemi. In quelle foto grafie di vita di strada, più ancora che nelle altre, entra e si fa palese la vostra volontà di creare l’immagine. Nel mo mento in cui arrestate il moto, la realtà diventa fotografia, prima ancora che voi apriate l’otturatore...». Risposta: «(Con aria sarcastica) Di temi, nel prossimo secolo, farete sem pre le cose così complicate, quando ra gionerete di fotografia? Be’, fatti vostri. Fate un po’ come credete, ma non fa temi dire cose che non ho mai detto né fatto. Quando vennero a chiedermi quella fotografia, quella del gruppo col naso all’aria e gli occhi protetti dai ve trini scuri, mentre guardavano l’eclissi di sole, avete presente, per stamparla sulla copertina di La révolution surréal iste, bene, io gliel’ho venduta, non avrei dovuto? È il mio mestiere fare fotogra fie per venderle. Però, ho preteso che non la firmassero col mio nome: è solo un documento, ho detto. Volete usare i miei documenti per fare un oggetto d’arte? Ma prego, accomodatevi, lavoro apposta per questo. “Documenti per ar tisti” è la mia ragione sociale [ribaden do quanto espresso a proposito della Fotografia, appena richiamato]. Degas ha dipinto usando mie fotografie, Utril lo pure. In fondo non mi importa più: una volta che le ho fatte, non sono più mie. Prendetevi la responsabilità, però. È una scelta vostra. Non nascondetevi dietro di me. Se invece insistete a con siderare le mie fotografie come un og getto d’arte in sé, be’, sappiate che non le ho fatte per questo». Certo, Michele Smargiassi ha una ta le conoscenza e competenza della Fo tografia, e delle sue migliaia di tessere, da aver potuto compilare con cognizio ne di causa. Ma, allo stesso momento, quanto di se stesso c’è nelle affermazio ni attribuite ai sei grandi fotografi? Pre sumiamo, molto. Speriamo, altrettanto. Del resto, in fascetta sovraccoperti na, l’autore specifica che «Come disse (veramente) Robert Capa, “tutte le co se scritte in questo libro, vere o meno che siano, forse hanno qualcosa a che fare con la verità”. Almeno, era questa la mia Assoltaintenzione».erisolta.

Per quanto le recitazioni siano più per formanti della sola lettura in proprio.

Archivio FOTOgraphia

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CON SOSTANZIALMENTEWEEGEE

A partire da una trasposizione cinematografica palese, prima che dichiarata, riflessioni e con siderazioni che dal film Occhio indiscreto, in originale The Public Eye, si allungano sulla personalità fotografica di Weegee. In combinazione intenzionale, parole e immagini avvicinano un’azione morale (sì, proprio morale) dalla quale trarre valutazioni capaci di aggiungere tas selli di autorevole crescita individuale... sempre che! In altrettanta combinazione intenzionale, parole e immagini commentate scorrono su propri binari, per congiungersi alla fin fine. Forse Come certificano i posati dell’attore protagonista Joe Pesci (ancora sulle pagine successive), il fo tografo del film Occhio indiscreto è stato dise gnato sulla figura del celebre Weegee.

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di Maurizio Rebuzzini Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini Per quanto non tutti ne abbiano rileva to l’alto “spessore” fotografico, esplicito nella sceneggiatura, il film statunitense

The Public Eye, tradotto in italiano in Occhio indiscreto, del regista Howard Franklin, qui anche sceneggiatore, del 1992, è caratterizzato e definito da fon damenti “fotografici” di valore e consi stenza. Certo, nelle considerazioni più generali, che per questo slittano anche nel generico, troppi (tutti?) si sono fer mati al parallelo lampante, espresso e dichiarato con il fotografo Weegee e la sua cronaca nera nella New York degli anni attorno la Seconda guerra mon diale. Però, sottotraccia, anche limitan

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doci a questa sola identificazione, non mancano ben altre considerazioni da esprimere, ovviamente dal nostro pun to di vista fotografico di mandato. Per esempio, a margine della vicenda principale, soggetto della sceneggiatura, non possiamo ignorare quando il protago nista Leon Bernstein / Bernzy -disegnato proprio su Weegee (Arthur [Usher] Fellig; 1899-1968) e ottimamente caratterizzato dall’attore Joe Pesci, in una eccellente interpretazione- mostra l’impaginato di un suo progetto di monografia fotogra fica. Lo fa vedere alla coprotagonista Kay Levitz, proprietaria di un selettivo locale notturno (interpretata da Barbara Her shey), con la quale si sofferma sulle sue intenzioni di raccontare New York attra verso le proprie fotografie giornalistiche, una volta sradicate dai propri riferimenti e richiami originari in cronaca. Quindi, lo presenta anche a un poten ziale editore, che non riesce a coglierne lo spirito e spessore. In effetti, in declina zione colta, ininfluente sullo svolgimen to della trama (ma!), lo sceneggiatore Howard Franklin, anche regista del film, (al centro) Nel film Oc chio indiscreto sono state rievocate situazioni reali riconducibili a Weegee. Ancora un posato dell’at tore Joe Pesci, nei panni di Leon Bernstein (Bernzy o Grande Bernzini), foto grafo del film Occhio indi screto / The Public Eye, di segnato sulla personalità del fotocronista newyor kese Weegee.

19 to del film- sarebbe stata pubblicata da Essential Book, di New York, nel 1945 [più recente riedizione, fedele all’origi naria: Damiani, di Bologna, del 2020]. Insomma, attenzioni in sceneggiatura e scenografia che appartengono più al cinema statunitense che ad altre cine matografie, tra le quali l’italiana. Comunque, riquadro a pagina 20.

Occhio indiscreto / The è una sostanziosa evocazio ne sceneggiata -e per questo da con (in basso) Finale del film Occhio indiscreto. A con clusione di una vicenda criminale, il fotocronista Leon Bernstein affron ta una strage di mafia. Le scenografie che ri chiamano la camera oscura fotografica (qui, in un posato) sono sem pre intonate in rosso, co me in ogni film che la comprendono.

OCCHIO INDISCRETO Indipendentemente da molto, e a parte il un buon film, che merita di essere guar dato e rivisto, anche solo per se stesso. In ogni caso, e oltre il suo valore assolu to, come appena rilevato, è un film ad alto tasso fotografico. Però, e clamoro samente, è stato escluso dalla lista dei dieci film a soggetto fotografico compi lata dall’autorevole periodico American Photo, nel marzo 2008, nell’ambito di un concentrato Tributo alla fotografia e al cinema, che -peraltro- comprende film assolutamente meno “fotografici”.

Il film di Jules Dassin ha replicato lo spirito e il clima della raccolta fotografica originaria. A propria volta, dal film fu derivata una avvin cente serie televisiva, che è andata in onda negli Stati Uniti dal 1958 al 1963, registrando quattro stagioni successive. La serie ha vinto quattro Emmy per serial televisivi di prima serata e ottenuto una consistente serie di altri riconoscimenti. Personalmente, consideriamo Weegee’s Naked City una delle più significative e incisive raccolte della Fotografia, con la quale confrontarsi per decifrare e considerare l’essenza del suo stesso linguaggio espressivo.

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Weegee firma copie della sua raccolta Weegee’s Naked City, in una libreria newyorkese: immancabile, la Speed Graphic del suo fotogiornalismo di cronaca, soprattutto nera. Weegee davanti al manifesto di The Naked City, film di Jules Dassin, ispi rato dalla sua raccolta fotografica.

NAKED CITY LIBRO E FILM (centro pagina, in alto) Selezione di doppie pagine di Weegee’s Na ked City, dall’edizione originaria del 1945. Alcune di queste immagini, non tutte, fanno parte della produzione fotografica di Weegee accol ta e celebrata dalla critica internazionale, e sono sistematicamente riproposte nelle monografie sull’autore; altre rimangono vincolate a questo racconto, uno dei più efficaci della Storia della Fotografia. Pellicola non esposta (al Greenwich Village), ma sviluppata (per errore); a pagina 229 di Weegee’s Naked City.

Proprio su questo set, Stanley Kubrick, al lora fotoreporter inviato da Look Magazine, incontrò Weegee, che nel 1963 volle come fo tografo di scena per il suo Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb (in Italia, Il dottor Stranamore, ovvero co me imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba). Nota di costume: l’accento anglo tedesco di Weegee è stato copiato da Peter Sellers per caratterizzare il personaggio dello scienziato nazista pazzo che ama la bomba.

Collegando Weegee al cinema, nel senso di Occhio indiscreto / The Public Eye, non si può dimenticare un parallelo precedente, ancora cinematografico, a proprio modo sostanziale. La prima raccolta di sue fotografie, Wee gee’s Naked City, del 1945, ispirò il film po liziesco, quasi omonimo (The Naked City), di Jules Dassin, del 1948 (in Italia, La città nuda al quale lo stesso Weegee fece da consulen te e fotografo di scena.

Archivio/BordoniAntonio FOTOgraphia

A book is born, Un libro è nato, recita il primo dei diciotto capitoli nei quali è scomposto l’insieme (diciassette di im magini e uno, conclusivo, di annotazioni tecniche). Sulla pa gina a fronte, a sinistra, l’imperterrito ritratto di Weegee con la Speed Graphic tra le mani e il sigaro tra i denti, didasca lizzato Weegee and his Love - his Camera Ovvero, Weegee con il suo amore, la sua macchina fotografica: binomio indissolubile, segno di un’esistenza votata alla fotografia di cronaca. In Naked City sono raccolte fotografie di archivio, che Weegee ha rivisto e riaccostato tra loro in sequenze e collegamenti diversi dai rispettivi utilizzi originari, dividendole in capitoli tematici. Esaurite le rispettive crona che newyorkesi di origine, non solo di nera, ma soprattutto di nera, le immagini raccon tano con un ritmo visivo nuovo e innova tivo. E, come ricordato nel corpo centrale dell’odierno intervento redazionale, nel film Occhio indiscreto / The Public Eye il fotogra fo protagonista Leon Bernstein è alle prese con la messa in pagina di un suo libro... che è proprio Naked City Successivamente, molte di queste foto grafie sono state riproposte in raccolte mo nografiche d’autore, andando a comporre i tratti di una personalità tra le più eccellenti della Fotografia del Novecento. Tutte queste monografie moderne (e sono tante, mai trop pe) sono state prodotte con particolare atten zione, tanto da vantare, tra l’altro, un’ottima riproduzione litografica, che non qualifica, invece, Weegee’s Naked City. Quindi, se si vogliono avvicinare le fotografie di Weegee nella propria alta qualità formale sono indispensabili le rac colte successive: tanti i titoli tra i quali scegliere. Però, la sequenza originaria di Naked City mette a diret to contatto con lo spirito dell’autore. Diciamola anche così, in paragone: un conto sono i CD che riuniscono i presunti brani migliori dei Beatles (in compilation), tanto per fare un esempio, e un altro è ascoltare la consecuzione dei moti vi degli album originari, quali Revolver (1966), Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (1967), oppure Abbey Road (1969).

Ancora oggi, a distanza di settanta anni abbondanti, è emo zionante sfogliare Weegee’s Naked City

Archivio FOTOgraphia (4) BordoniAntonio

21 siderare con indulgenza e comprensio ne- della figura di Weegee, fotocronista newyorkese degli anni Trenta e Quaranta. Purtroppo, per motivi che ci sfuggono, in Italia non è stato pubblicato in Dvd, così che il suo reperimento è limitato all’edizione originaria statunitense, e a qualche riversamento italiano da video cassetta, che circola clandestinamente. Nel 1992, quando Occhio indiscreto ar rivò sugli schermi italiani (meteora pre sto svanita), se ne parlò tanto. Siccome molto cade sempre più precipitosamen te nel dimenticatoio (forse tutto), all’in domani del proprio momento di gloria e notorietà, la vicenda a sfondo fotografi co si è presto esaurita in se stessa. La lo candina dell’epoca e la confezione della videocassetta non ammettono equivo ci. Non ci si può sbagliare, il richiamo è esplicito: «Omicidi. Scandali. Crimini. Non è importante su cosa punta l’obiettivo, lui scatta solo delle foto[grafie]...». Non c’è alcun dubbio, e lo ribadiamo: messa in scena di un reporter anni Qua ranta sullo stile di Weegee, il celebrato fotografo di cronaca nera newyorkese che nella propria autobiografia didasca lizzò un mandato di pagamento di Time Incorporated, relativo alla fotografia di

Locandine dell’edizione italiana del film Occhio indiscreto e di quella ori ginaria The Public Eye, di Howard Franklin, del 1992. Ne esistono altre versioni. (centro pagina) In fronte/ retro, l’invito per la prima assoluta del film The Pu blic Eye, di Howard Fran klin, del 1992: a Hollywo od, con relativa spilla per sonalizzata (in alto). Altrettanto in fronte/re tro, l’invito alla prima di L’Œil public, trasposizio ne francese dell’originario The Public Eye (in Italia, Occhio indiscreto).

22 due assassinati, come «L’omicidio è sta to il mio lavoro / il mio affare» (Weegee by Weegee; Ziff-Davis Publishing Com pany; New York, 1961 / Weegee di Wee gee. Un’autobiografia ; Contrasto Books, 2011; 176 pagine 15x21cm; 19,90 euro). Così come l’originale Weegee, anche il cinematografico Leon Bernstein (Bernzy o Grande Bernzini) si muove nel sotto bosco newyorkese: in una città violenta, nella quale ogni notte si rinnova la sfida della vita, e dove il valore dell’esistenza non supera i tre dollari a cadavere con i quali i giornali di nera pagano ogni foto grafia di morti ammazzati. Sullo schermo, un ottimo Joe Pesci replica bene modi, gesti e atteggiamenti nei quali ognuno è disposto a individuare il leggendario Weegee, a partire dall’immancabile si garo tra i denti, anche quanto il mirino della Speed Graphic è portato all’occhio. E non mancano, sia chiaro, consistenti riflessioni sulla Fotografia, che contorna no la vicenda principale, di altro indirizzo.

PERCHÉ WEEGEE Weegee è stato personaggio sopra le ri ghe e di spessore più che eccezionale, ovvero è uno dei grandi/grandissimi del Novecento, protagonista indiscusso della Dell’edizione titolatadagee,dell’autobiografiaoriginariadiWee-tradottainitalianoContrasto,nel2011,in Weegee by Wee gee: An Autobiography, del 1961, qui in redazione, possediamo soltanto una accurata fotocopia. Inve ce, siamo riusciti a rintrac ciare ed acquistare la se conda edizione, del 1975. Per quanto questo (no stro) volume sia di valo re bibliografico inferiore all’originario, e sia pena lizzato dalla sovraccoper ta ritagliata e deturpata, c’è qualcosa in questo og getto che lo distingue e qualifica. Come testimo niamo, si tratta della co pia appartenuta alla bi blioteca della prestigiosa Time-Life Books (Stanza 305D): lo certifica il tim bro sul frontespizio, altresì comprensivo di annota zioni e riferimenti a matita. Allo stesso momento, e in ulteriore sovra mer cato, la proprietà Time-Li fe Books è attestata dalla scrittura a pennarello nero sul bordo destro e supe riore del Insomma,volume.cosìsi accon tenta una certa idolatria bibliografica e fotografica, allo stesso momento, che osa anche immaginare quali e quanti fotografi dello staff di Life lo abbia no avuto tra le mani (quali e quante impronte digi tali potremmo isolare!). Ma l’edizione originaria è altro: ne siamo consa pevoli e lo riconosciamo.

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Archivio FOTOgraphia Di autore sconosciuto, il più celebre, noto e ico nico ritratto di Weegee, del 1942, lo ritrae in po sa con la Speed Graphic dotata di flash a lampa dine e sigaro tra i denti (pagina accanto, in alto a sinistra; qui accanto, in un utilizzo giornalistico italiano del 1954). Stessa combinazione per altre due raffigurazioni analo ghe e coincidenti, sem pre con Speed Graphic, flash e sigaro: autoritrat to del 1940 circa (pagina accanto, in alto al cen tro) e ritratto eseguito da Lisette Model, nel 1945, all’indomani della pub blicazione di Naked City (pagina accanto, in basso a sinistra). Quindi, posato di Joe Pesci, protagonista di Occhio indiscreto, che replica la sostanza delle raffigurazioni di Weegee (pagina accanto, in bas so al centro). Posato di Joe Pesci, nei panni di Bernzy, fotogra fo protagonista del film Occhio indiscreto / The Public Eye, allo studio am bulante nel portabagagli della propria automobile, che riprende e ripropone la realtà di Weegee, che attrezzò la sua Chevro let per agire tempesti vamente nella cronaca nera newyorkese degli anni Trenta e Quaranta.

Storia della Fotografia. In sovra mercato, il suo modo di raccontare e raccontarsi è superlativo: brillante, ironico e umile. Doti che nel fotogiornalismo si accompa gnano sempre con etica e morale, cioè deontologia. Non a tutti gli autori della Storia possiamo riconoscere altrettanto. Da e con Paul Strand (1890-1976), altra figura di spicco della Fotografia del No vecento: «La finalità di Weegee non è il sensazionalismo. È un artista, un uomo dai sentimenti seri e forti. Nell’area del la vita nella quale ha vissuto e lavorato, le sue fotografie sono la registrazione veritiera del suo modo di vedere. Per questo critico, sono uno straordinario amalgama di umorismo sardonico, in dignazione per l’ingiustizia, pathos e una compassione velata di amarezza. Sembrano ripetere La vita deve avere una propria dignità». Ovviamente, Weegee è un sopranno me. Il fotografo di cronaca nera newyor kese degli anni Trenta e Quaranta è nato Usher Fellig, a Złoczów, vicino a Lemberg (Austria-Galizia; oggi Zolochiv, Ucraina), il 12 giugno 1899, per diventare Arthur Fellig, arrivando a New York, nel 1909 (o 1910). È vissuto nel Lower East Side, di New York, assieme a tanti altri immigrati.

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A volte, Weegee si è attribuito il conio del soprannome; altre volte, lo ha accor dato alle receptionist dell’agenzia Acme Newspictures e a un funzionario di poli zia. In ogni caso, in larga misura, la tem pestività del suo fotogiornalismo nella cronaca nera newyorkese si è basata, se non già addirittura costruita, sullo stu dio ambulante nel portabagagli della sua Chevrolet, attivo dal 1935. Weegee aveva anche ottenuto il permesso di in stallare una ricetrasmittente sintonizza ta sulle onde radio della polizia. In conclusione, torniamo a Occhio in discreto / The Public Eye : un film di alto spessore cinematografico, al quale ri servare una attenzione particolare. Sa rebbe un film da non perdere. Tutto qui. Perché no?

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Fonti accreditate e autorevoli annota no che il fortunato soprannome “Wee gee”, attribuitogli all’inizio della sua car riera giornalistica, nasce da una trascri zione fonetica (onomatopeica) di Ouija (pronunciato Wee-ja), un tavolo con le lettere dell’alfabeto, usato per la divina zione. Si deve al suo arrivo sulla scena del crimine, di incendi o altre situazio ni di emergenza, pochi minuti dopo la segnalazione alle autorità.

Per la copertina dell’edi zione italiana Weegee di Weegee. Un’autobiogra fia, pubblicata da Contra sto Books, nel 2011, è stato utilizzato un autoritratto di Weegee all’interno di un furgone cellulare del NYPD (New York Police Department), da una se rie che comprende altri scatti analoghi, come quello elaborato grafi camente per la coperti na del romanzo La lunga notte, di Emilio Tadini, in edizione Rizzoli, del 1987. Testimoniamo che la fotografia Gun Shop, di Weegee, del 1943 (qui accanto, in alto a sinistra), è stata usata per la sovraccopertina del romanzo Corpi da reato, di James Ellroy, del 1999 (qui accanto, in alto a destra), autorevole e celebrato scrittore di poli zieschi che si ispira sempre alla cronaca nera americana degli anni Cinquanta e din torni (soprattutto a quella di Los Angeles, la sua città). Quindi, in allungo coerente, un altro Gun Shop, del 1940 (John Jovino; qui accanto, in basso a sinistra), e due combinazioni tra Weegee e negozi di armi: qui accanto, in basso a destra, in un autoritratto al volante della sua Chevrolet-studio, del 1940, davanti al negozio di armi di John Jovino; e poi, appollaiato su un cornicione, pronto all’azio ne, nei pressi di un altro negozio di armi di New York (qui accanto, a sinistra al centro). Come certificato dal timbro di identificazione delle co pie su carta delle sue fotografie, che reci ta «Credit Photo by Weegee - The Fa mous», Weegee si autodefiniva “Il fa moso”. Inventore di un genere fotografi co molto particolare: il suo. In questo modo, Weegee rivela anche la propria inclinazione all’auto ironia e all’atteggia mento disincantato: un autentico buffo ne, nella più positi va e propositiva del le accezioni possibili. scena, sul set del film Il dottor Stranamore (1963): tra le mani di Weegee una Rolleiflex insonoriz zata, che richiama l’at tenzione del regista.

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In attuali momenti Covid-19, con tutte le implicazioni che ne conseguo no e che condizionano lo svolgimento della vita, spesso travolgendolo, anche i Concorsi fotografici debbono alterare la propria “normalità”, per abbracciare forme di svolgimento e comunicazione subordinate allo stato di fatto. Per la propria edizione 2021, gli autorevoli e prestigiosi

FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA

Sony World Photography Awards hanno scandito una sequenza di date in avvicinamento, a partire dalle prime segnalazioni, che han no poi raggiunto la solenne proclamazione dei vincitori (... e vinti). Indipendentemente dalle indicazioni della qualificata giuria, riflettiamo su alcune immagini di vertice, guidati da nostre visioni e interpretazioni

CONTEMPORANEA

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28 di Lello Piazza Quindici aprile 2021. Sette del mattino. Ancora sotto l’effetto del breakfast -tè verde Earl Grey aromatizzato al berga motto, pane integrale tostato e miele di agrumi-, vengo richiamato al computer dal blon blon della mail. Arriva una noti zia attesa da tempo: il comunicato stam pa che annuncia i vincitori assoluti dei Sony World Photography Awards 2021 La notifica è stata preceduta da un lungo rosario di allerta, come si usa nei Concorsi fotografici di oggi. Ve lo pro poniamo, perché anche questo rosario è parte degli SWPA 2021

Venticinque febbraio. Vengono an nunciati finalisti e shortlist del Concor so Professional 2021. Ci informano che, per i quattro Concorsi in cui si articola la manifestazione -in cadenza Profes sional, Open, Student e Youth-, le can didature sono state più di trecentotren tunomila (331.718; 346.439, nel 2020), provenienti da duecentoventi paesi (220; 203, nel 2020). Per il secondo an no consecutivo, l’Italia, con quasi tren tatremila candidature (32.832; 34.748, nel 2020), è il primo paese. Per il Con corso Professional, si registra il record di centoquarantacinquemila immagini partecipanti (145.000). Ecco l’elenco (nelle categorie con pre senza di italiani, aggiungiamo il loro no me): Architecture & Design / Architettura e Design (Luca Locatelli); Creative / Fo tografia Creativa (Luigi Bussolati); Do cumentary Projects / Documentaristica (Vito Fusco e Lorenzo Tugnoli); Environ ment / Ambiente (Alessandro Gandolfi, Antonio Faccilongo e Simone Tramonte);

Nove febbraio. Vengono annunciati i vincitori dei cinquanta Concorsi Nazio nali. Per l’Italia, è risultato vincitore Da vide Giannetti, con un ritratto di volpe.

Ventisei gennaio: SWPA annuncia fi nalisti e shortlist (finalisti di seconda ca tegoria) dei Concorsi Student e Youth. Tra gli Student, dall’Italia, c’è solo Irene Facoetti, del Centro formazione pro fessionale Riccardo Bauer, di Milano, e nessuno tra gli Youth [a certificazione di una condizione didattica e sociale]. Due febbraio. Ci avvisano che è stata aperta una galleria online delle imma gini vincitrici e finaliste della precedente edizione 2020, che non è stato possibile allestire in mostra, come tradizione, ed esporre in Italia e nel mondo, causa Covid.

Craig Easton, Inghilterra: Photographer of the Year 2021 e vincitore nella categoria Portraiture / Ritratto (abitanti di Bank Top: a destra, Ca rol Imasiku; a sinistra, Mohammed Afzal). Due ritratti di Craig Easton, realizzati con una Deardorff 8x10 pollici, che fanno parte di un lavoro su Bank Top, un quartiere di Blackburn, nel Lancashire (Inghilterra). Per la realizzazione, Craig Easton ha lavorato in sintonia con lo scrittore locale Abdul Aziz Hafiz. Il lavoro fa parte del progetto, Kick Down the Barriers (abbattiamo le barriere), realizzato tra il 2019 e il 2020 per il Blackburn Museum & Art Gallery. (doppia pagina prece dente) Hyeonmin Cho, Corea: National Award della Repubblica di Co rea (Corea del Sud). Il bosco delle fate (The Fairy of Forest ) fa veni re in mente la magica atmosfera delle dispet tose danze di Puck, nel Sogno di una notte di mezza estate, di William Shakespeare. In realtà, chi danza tra le lucciole del bosco è una giova ne donna che indossa un elegante abito tra dizionale coreano, Han bok (한복 韓服). L’hanbok femminile è formato da una corta giacchetta e da un’ampia gonna che arriva fino a terra. La mo da occidentale ne ha fat to diminuire l’utilizzo co me abito di tutti i giorni. Oggi, l’hanbok è riserva to a occasioni speciali.

Ed eccoci tornati alle sette del mat tino del quindici aprile. L’email recita: «La World Photography Organisation è lieta di annunciare i vincitori assoluti dei prestigiosi Sony World Photography Awards 2021. La serie Bank Top ha per messo allo stimato documentarista Craig Easton (1979; Inghilterra) di aggiudicar si il titolo di Photographer of the Year 2021, un premio in denaro di venticin quemila dollari e un set di attrezzatu re fotografiche digitali Sony». Su Craig Easton, torno più avanti. Per i risultati finali di categoria, mi limito a segnalare gli italiani che hanno raggiunto il podio.

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Landscape / Paesaggio (Andrea Ludovi co Ferro); Portfolio (Alessandro Gandolfi); Portraiture / Ritratto (Agnese Morganti e Luca Rotondo), Sport; Still Life (Loren zo Pennati e Alessandro Pollio); Wildlife & Nature / Natura e Fauna selvaggia Undici marzo. Viene annunciato il Pre mio alla carriera, Outstanding Contribu tion to Photography 2021. L’email recita: «È l’acclamata fotografa messicana Gra ciela Iturbide [1942]. Ampiamente rico nosciuta come la più importante foto grafa vivente dell’America Latina, con le sue opere, perpetua spaccati di vita quo tidiana messicana dalla fine degli anni Settanta, ed è nota per il suo contribu to distintivo all’identità visiva del paese. Tra rappresentazioni di vita quotidiana e culturale, nonché di tratti rituali e re ligiosi, la Fotografia di Graciela Iturbide esplora le tante complessità e contrad dizioni del Messico, mettendo in discus sione le disuguaglianze e sottolineando le tensioni esistenti tra la realtà urbana e rurale, moderna e indigena. Le sue fo tografie vanno ben oltre la mera narrati va documentaristica e trasmettono una visione poetica dei soggetti, raffigurati alla luce delle sue esperienze».

Mark Hamilton Gruchy, Inghilterra: finalista al Concorso Professional Creative / Fotografia Creativa Concluso il progetto Apollo, della Nasa (l’en te spaziale statunitense), con la missione Apollo 17, dal 7 dicembre al 19 dicembre 1972, con allu naggio l’undici dicembre, nessuno è tornato sul la Luna... per fotografare una grigliata. Con l’auto rizzazione della Nasa e del Jpl (Jet Propulsion Laboratory), l’autore ha rielaborato alcune imma gini scattate dagli astro nauti sul suolo lunare. Se servisse certificarlo an che così, l’accuratezza del progetto, definito La luna rivisitata, è testimoniata dalla presenza -sulle fo tografie- delle crocette del reticolo calibratore (reseau), come nelle fo tografie originarie scat tate dagli astronauti con la particolare Hasselblad 500EL Data Camera, ge nericamente identifica ta come Hasselblad lu nar-surface camera. Sony World Photogra phy Award 2021 (catalogo); World Photogra phy Organisation, 2021; 236 pagine 22x29cm; pdf dal QRcode a fine articolo, a pagina 32.

Diciotto marzo. Vengono annunciati i vincitori nelle categorie del Concorso Open (nessun italiano tra loro), che ne prevede dieci, aperto a chiunque abbia inviato singole immagini scattate nel 2020. Unico limite: i partecipanti non possono inviare lavori anche ai concorsi Professio nali e Youth (Giovanili ). In questa mail, stava scritto che «I vincitori generali del le categorie Open, Professional, Student e Youth, dei Sony World Photography Awards 2021, verranno annunciati il quin dici aprile sulle piattaforme digitali e video della World Photography Organisation».

Ares Jonekson Saragi, In donesia: Shortlist Open / Street Photography. Una sera, al tempo del la pandemia è il titolo di questa immagine, scatta ta al cimitero di Pondok Ranggon, a Jakarta, capi tale dell’Indonesia. Siamo alla fine di una giornata di sepolture. Addetti alle cerimonie funebri in pau sa, prima di ricominciare il loro malinconico lavo ro (ma necessario), per scambiare chiacchiere consolatorie con la pro pria famiglia lontana. La luce proviene dai monitor degli smartphone.

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Creative / Fotografia Creativa: Secon do posto Luigi Bussolati. Documentary Projects / Documentaristica : Vincitore Vito Fusco, Terzo posto Lorenzo Tugnoli. Environment / Ambiente: Vincitore Simo ne Tramonte. Landscape / Paesaggio: Secondo posto Andrea Ludovico Ferro. Still Life: Secondo posto Alessandro Pollio. Lo Student Photographer of The Ye ar 2021 è Coenraad Heinz Torlage (Su dafrica), della Stellenbosch Academy of Design & Photography, per la sua serie Young Farmers, che riguarda le sfide che dovrà affrontare la prossima generazione di agricoltori sudafricani rispetto i problemi della siccità, della sicurezza e della proprietà della terra. Lo Youth Photographer of The Year 2021 è il diciannovenne indiano Pubarun Basu, per la sua immagine concettuale No Escape from Reality, ombre e ombre di mani dietro delle tende che, secon do intenzione dell’autore, trasmettono un senso di intrappolamento. Tra i premiati di tutti i Concorsi, il lavo ro che giudico più interessante è quel lo di Tamary Kudita (Zimbabwe), Open Photographer of the Year 2021. Prima di riferirne, voglio rendervi partecipi del la rivelazione che Tamary Kudita ha espresso, in occasione della apertura di una mostra di fotografie immagina te sul passato della sua famiglia, Main tain Memories, del 2018: «L’ispirazione mi è venuta dai racconti di una mia vecchia zia. Il mio bis bis bis bisnonno era un commissario bianco in una del le guerre anglo boere -annota Tamary Kudita-, che si innamorò di Rosy, una contadina nera che lavorava per lui. A causa del clima sociale e politico nello Stato Libero dell’Orange [oggi provin cia dello Stato Libero della Repubblica Sudafricana], sono stati obbligati a se pararsi. Ma prima di separarsi, hanno avuto sei figli. Due sono stati classifi cati come neri (Sophie e Namasi), al tri due come colored (Martha e Lindy) e gli ultimi due sono stati classificati come bianchi (Peter e Ben). Il mio bis bis bisnonno Peter, che è diventato un soldato boero, furtivamente di notte, portava cibo ai propri fratelli. Quando è stato scoperto, è stato esiliato con la moglie in una specie di confino in un’a rea urbana riservata ai neri. La coppia ebbe un figlio di nome Harry, che sposò Mpho, una donna di colore».

Quindi, a completamento, segnaliamo la graphic novel Photographic. The Life of Graciela Iturbide, pubblicata da Getty Illustrated, nel 2018: 96 pagine 18,6x23,6cm, cartonato.

Graeme Purdy, Irlanda del Nord: Secondo classi ficato Professional Wild life & Nature / Natura e Fauna selvaggia Nel mio lavoro di piccolo giurato, che è consistito nel selezionare mie scel te tra le immagini con correnti, segnalo un’al tra fotografia dedicata alla natura: un leone in condizioni precarie. La regione può essere la sua vecchiaia, può essere un combattimento per il controllo dell’harem di femmine con un esem plare più giovane, pos sono essere entrambe le condizioni. Testimonian za eccezionale sui mo menti finali della vita di un re della savana.

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Per testimoniare il valore dell’autorevole fotografa, due nostre considerazioni: una su una fotografia dal portfolio di presentazione ufficiale SWPA 2021, l’altra in segnalazione lieve, per quanto potente e prestigiosa.

Archivio FOTOgraphia

Oltre le direttive Professional, Open, Student e Youth, che ne costituiscono l’ossatura, nell’ambito dei Sony World Photography Awards 2021, la fotografa messicana Graciela Iturbide (1942) è stata insignita dell’Outstanding Contribution to Photography 2021. Ovverosia, Premio alla carriera.

La fotografia sulla quale riflettiamo è stata realizzata nel deserto di Sonora, in Messico, nel 1979, mentre Graciela Iturbide stava lavorando a un progetto sul popolo dei Seri, per l’archivio etnografico dell’Instituto Nacional de los Pueblos Indígenas (Inpi). I Seri, o Comcaac, sono un gruppo di ex nomadi dello stato messi cano di Sonora. Mantengono un rapporto intimo sia con il mare sia con la terra. «Ho scattato solo una foto grafia a questa donna, durante una passeggiata. L’ho chiamata Mujer Ángel (angelo femminile), perché mi sembra un angelo che può volare. È la mia fotografia preferita: un regalo dal deserto, che mi ha sorpreso».

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Torniamo ora al Sony Photographer of the Year 2021 , Craig Easton. Ingle se, fotografo documentarista, si è ag giudicato il prestigioso titolo con una serie di ritratti realizzati con una Dear dorff 8x10 pollici [!]. I ritratti sono parte di un lavoro su Bank Top, un quartie re di Blackburn, nel Lancashire, a pro pria volta parte dell’ampio progetto Ki ck Down the Barriers (abbattiamo le barriere), realizzato tra il 2019 e il 2020 per il Blackburn Museum & Art Gallery. Il progetto è risposta all’immagine di Blackburn fornita dai media, in particola re dal programma Panorama, della BBC, che l’ha definita come «la città a più alto tasso di segregazione della Gran Breta gna». Per circa un anno, otto artisti e fo tografi e dieci scrittori sono stati coinvolti nel progetto. Tra loro, proprio Craig Ea ston, che ha lavorato in sintonia con Ab dul Aziz Hafiz, scrittore e docente presso l’università locale. Con le sue immagini, Craig Easton è risultato anche il vincito re nella categoria Portraiture / Ritratto E questo è tutto. Certamente tanto; for se troppo. Ma per una serie di Concorsi così ricchi e articolati è il minimo.

Ventisette anni, Tamary Kudita è nata nello Zimbabwe. Ha uno studio fotogra fico a Città del Capo, dove si è laurea ta nel 2017 presso la University of Cape Town, Michaelis School of Fine Art.

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Il suo progetto fotografico trae ispi razione dalla storia della sua famiglia, per esplorare il concetto di etnia [razza è proprio brutto, oltre che improprio] e la sua rappresentazione nell’era postco loniale. La fotografia con la quale si è affermata nell’Open, African Victorian, è il ritratto di una giovane donna nera che indossa un abito in stile vittoriano e regge sopra la testa i tradizionali utensili da cucina dell’etnia Shona [in copertina di questo stesso numero]. Eletta tra circa sedicimilacinquecento immagini in concorso (16.500), vincitrice nella categoria Creatività, rappresenta la ineffabile sintesi delle sue riflessioni. Nota a margine: Tamary Kudita ha dichiarato «Ho cominciato ad amare la Fotografia quando ho scoperto il foro stenopeico».

Luis Tato, Spagna: Vinci tore Professional Wild life & Nature / Natura e Fauna selvaggia La natura non è solo bellezza. Senza citare l’at tuale Covid-19, altre pe stilenze -vecchie come la Bibbia- minacciano l’Uo mo in molte parti del pia neta. Perciò, condivido il Primo premio assegnato ad alcune fotografie, tra le quali presento questa, che documenta una in vasione di milioni e mi lioni di locuste (Schisto cerca gregaria) nell’Africa Orientale (Kenya, Etiopia, Uganda, Somalia, Eritrea). Questa specie è una delle più devastanti del mon do. Uno sciame di ottanta milioni può consumare, ogni giorno, cibo equiva lente a quello mangiato da trentacinque milioni di individui.

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35 AL PRIMO MAGGIO IL DRAGONE

A Prato, in Toscana, si incontrano due tradizioni profon damente radicate, ognuna delle quali si esprime autonomamente dall’altra: quella storica del pensiero libertario italiano e quella della consistente comunità cinese immi grata. In coincidenza di date, il Primo maggio, celebrativo della Festa dei lavoratori, di antica memoria, collima e si fonde, quasi, con il Capodanno cinese, festeggiato da una comunità in un certo modo già ferita, che non inten de occuparsi di “sproloqui” politici. L’attento e talentuo so Marco Saielli fonde assieme questa coincidenza. Con un’azione fotografica intelligente, abbatte i confini appa renti, per comporre un tutt’uno di grande efficacia visiva: indirizzando verso la comprensione e il coinvolgimento

MARCO SAIELLI

36 di Angelo Galantini

Da una parte ci sta la fotografia professionale, che risponde a propri canoni che combinano assieme il linguaggio e le esigenze implicite della comunicazione visiva, comunque si indirizzi e verso i rispettivi utenti individuati, dal giorna lismo alla moda, al ritratto, alla pubblicità. E oltre. In parallelo, senza alcuna area di congiunzione, si espri me la fotografia non professionale, svolta e frequentata da volonterosi autori, capaci di declinare infiniti idiomi, ognu no dei quali deve rispondere soltanto a propositi, disegni e scopi personali. È da questo grande mondo, prolifico tanto quanto può essere tutto ciò che nasce dall’anima e dall’a more senza mediazioni, che arrivano segnali e svolgimen ti inattesi nella propria bellezza interiore (quella formale è solo necessaria, ma non sufficiente). È qui, è con questi profondi propositi che si esprime il pi stoiese Marco Saielli, che -come tanti altri fotografi non pro fessionisti- individua argomenti, situazioni e vicende che af

37 fronta con la libertà, dolce e avvolgente, che guida la sua declinazione. In questa sua Fotografia, ognuno può aggiun gere alla propria esperienza (e coscienza!) nuove visioni, in terpretazioni inattese e vicende umane che si svolgono / si sono svolte in tempi e luoghi non raggiungibili che con la fotografia d’amore: quella che stabilisce la grande differenza. In questo senso, anche per Marco Saielli è obbligatorio ri petere la sequenza tra causa ed effetto che rovescia un ter ribile stereotipo: fa quello che è! E non è certo quello che fa... l’inversione temporale e ideologica è fondamentale. Il suo intenso progetto Il Dragone al Primo maggio, svol to in almeno due tempi, in anni diversi, è esemplare. Anzi tutto, è sintomatico di quanto di positivo e valido attribu iamo e certifichiamo a certa Fotografia non professionale, quella generosa, non certo quella autoreferenziale che si esaurisce nel solo svolgimento del compitino, così come è genericamente e banalmente accettato e apprezzato da coloro i quali sono privi di sentimenti.

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In consecuzione diretta, con la declinazione di un lessico a lungo meditato, che si svolge sulla cadenza di esposizioni multiple volontarie, consapevoli e controllate, Marco Saielli accosta tra loro due momenti temporalmente e geogra ficamente coincidenti, tanto quanto sono emblematici di due culture che si esprimono in un unico territorio. Siamo a Prato, ormai capoluogo di provincia (la più pic cola italiana, sia per superficie sia per numero di comuni). Siamo a Prato, città di profonde radici politiche orientate co me ognuno di noi dovrebbe sapere. Siamo a Prato, là dove è localizzata la più vasta comunità cinese del nostro paese. Così che, in coincidenza di date, il Primo maggio, celebra tivo della Festa dei lavoratori, di antica memoria, collima e si fonde, quasi, con il Capodanno cinese, festeggiato da una comunità in un certo modo già ferita, che non intende oc cuparsi di “sproloqui” politici. Però, da una parte e dall’altra, i festeggiamenti sono simili, per quanto ciascuno rispon da a propri accompagnamenti di simboli, colori e richiami.

Là dove ogni celebrazione potrebbe esaurirsi nel proprio disordine apparente, con la propria abilità fotografica (dalla forma al contenuto, come si conviene), Marco Saielli mette ordine. La sua azione intelligente abbatte i confini apparenti, per comporre un tutt’uno di efficacia visiva: quella che indi rizza l’osservatore verso la comprensione e il coinvolgimento. In ulteriore ripetizione, qui più necessaria, da e con Edward Steichen (che non dovrebbe richiedere parole di presenta zione): «Missione della Fotografia è spiegare l’Uomo all’Uo mo, e ogni Uomo a se stesso». Già... Missione. ■ ■

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Gli occhi dell’odio, di Al fred Eisenstaedt, del 1933, sono quelli del famigerato ministro della propagan da nazista Joseph Goeb bels, che -alla Conferenza della Società delle Nazio ni- osserva incattivito il fotografo, palesemente di religione ebraica, che lo sta inquadrando. For za e potenza del ritratto fotografico... rivelatore. Foto straordinarie. La storia delle 30 fotografie che hanno cambiato il mondo; graphic novel di Elleni; BeccoGiallo, 2020; 132 pagine 17,2xx25,2cm, cartonato; 18,00 euro.

Si potrebbe obiettare che sarebbe stato meglio non disegnare l’immagine-sog getto, ma proporla nel segno visivo pro prio della Fotografia. No, non siamo d’ac cordo. Anzitutto, sarebbe venuta meno l’omogeneità di svolgimento; quindi, è anche questa interpretazione che sta bilisce il ritmo narrativo, che non è le cito che passi da un segno a un altro. Quindi, ancora in notazione persona le, sono addirittura eccellenti le ripro poste in copertina -quattro, in facciata; altre sei, in quarta di copertina-, tutte inquadrate in cornicetta Polaroid inte grale (stile SX-70 originaria e combina zioni tecniche successive).

La storia dietro gli scatti, dell’accreditato Hans-Michael Koetze, in raffinata edizio ne Taschen Verlag (in italiano; 304 pa gine 24x30,5cm, cartonato; 19,00 euro!). Obiezione ottusa e sconsiderata: «Io avrei composto altre scelte...». Forse, an ch’io; certamente, ognuno di noi. Ma! Ma è doveroso accettare le opzioni altrui, rispettandole e allineandosi sul la linea di pensiero e ragionamento. Così che, qui e ora, in presentazione e commento del coinvolgente Foto stra ordinarie. La storia delle 30 fotogra fie che hanno cambiato il mondo, in graphic novel sceneggiata e disegnata da Elleni (1980), per l’editore specializ zato BeccoGiallo, non ci esprimiamo riguardo la selezione individuale, per apprezzare le intenzioni e lo svolgimen to, in parità di valore. Soltanto, in pre messa, due precisazioni ancora. Prima precisazione. Per quanto anche noi si usi frequentemente il sostantivo femminile “icona” (e lo decliniamo anche oggi, in titolo), e per quanto lo accettia mo in qualche occasione (per esempio, per il titolo di Hans-Michael Koetze, ap pena ricordato), per la Fotografia, con sigliamo una certa parsimonia e un ri chiamo laico: indirizzato più in senso di “segno visivo” che di “immagine sacra”. Seconda precisazione. Per il titolo Fo to straordinarie. La storia delle 30 foto grafie che hanno cambiato il mondo, pensiamo che sarebbe stato più corret to specificare “La storia di trenta foto grafie che hanno cambiato il mondo”; la differenza tra “delle”, che ha sapore di assoluto e definitivo, e “di”, che vola più alto e leggero, è sostanziale. Ancora, come spesso annotato, quan tomeno in tutte le occasioni nelle quali è stato necessario registrare una ulterio re dissonanza, cerchiamo di distingue re tra “fotografie che hanno cambiato il mondo”, che si possono conteggiare con le dita di una sola mano, e “fotografie di avvenimenti che hanno cambiato il mondo”. Comunque, siamo consapevoli di come e quanto raramente la Fotogra fia possa “cambiare” i grandi equilibri, soprattutto in effetto rapido causa-ef fetto. Piuttosto, sappiamo bene come e quanto la Fotografia agisca per accu mulo, influendo sulle coscienze e -ca somai- educando le forme di giudizio.

OTTIMI CONTENUTI Specificate nostre convinzioni, sulle quali non è il caso di soffermarsi ul teriormente, quantomeno non qui e non ora, un giudizio incondizionato e convinto: Foto straordinarie. La storia delle 30 [di trenta] fotografie che han no cambiato il mondo è un volume da conteggiare insieme alle più concen trate riflessioni sulla declinazione del linguaggio fotografico e della sua coe rente proiezione sulla società, in forma di conoscenze e percezioni. Formalmente, è avvincente e coinvol gente la cadenza della graphic novel, scandita al passo di quattro pagine per ognuna delle trenta fotografie prese in considerazione: una per la fotogra fia richiamata e tre per lo svolgimento della vicenda prima/durante/dopo (in colta ipotesi dell’autrice Elleni).

40 di Antonio Bordoni Ogni volta che incontriamo un casellario, nel nostro caso specifico di Fotografia, in qualsiasi veste questo si presenti ed offra, ci torna alla mente un’osservazione che ci fu rimandata, anni fa, in occasione di una sintesi di spessore e valore. Per quanto possa servire, ricordiamo per fettamente che si trattava dell’ottimo e approfondito 50 icone della fotografia.

Ma l’autentica differenza rispetto sin tesi analoghe che sono partite dall’inter no del mondo fotografico, la fa proprio la selezione, che stiamo per scandire passo a passo. Non tutte le fotografie indicate appartengono al ristretto am bito degli addetti; molte, altrettanto si gnificative, forse ancora più significa tive, provengono dall’affezione sociale che considera l’immagine per se stessa,

Ancora prima di segnalare i trenta sog getti considerati (dalla brava Elleni), è doveroso rilevare lo spessore delle scelte e indicazioni, che svelano una consisten te conoscenza della materia affrontata: per l’appunto, fotografie epocali. Come annotato, per ognuna, sono ipotizzati svolgimenti plausibili, sì da avvicinare il pubblico all’elaborazione e attuazio ne delle stesse fotografie.

TRENTA ICONE

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La cadenza dell’efficace e coinvolgente cammino dell’affascinante graphic novel Foto straordi narie. La storia delle 30 [di trenta] fotografie che hanno cambiato il mondo è da avvicinare in punta di piedi e con rispetto, perché si tratta effettivamente di fotografie che hanno stabilito tempi di riflessione di spessore assoluti. La differenza tra questo casellario e quelli composti da addetti alla Fotografia è sostanziale. Dal nostro mondo, partiamo dall’immagine; in questa sintesi, si parte -invece- dalla società. E ha più ragioni l’autrice Elleni di quante potremmo averne noi

▶ La tregua di Natale, di autore ano nimo, del 1914, narra di quel dicembre in trincea, nel primo anno della Grande guerra, che successivamente avremmo dovuto numerare e conteggiare come la Prima, alla luce di una Seconda, di lì a una manciata di anni. Un dicembre nel quale la battaglia fu interrotta dai soldati nemici, che si riunirono per fe steggiare insieme la Natività.

▶ Gli occhi dell’odio, di Alfred Eisenstaedt, del 1933, sono quelli del famigerato mi nistro della propaganda nazista Joseph Goebbels, che -alla Conferenza della So cietà delle Nazioni- osserva incattivito il fotografo, palesemente di religione ebrai ca, che lo sta inquadrando. Forza e po tenza del ritratto fotografico... rivelatore.

▶ Morte di un miliziano lealista, di Ro bert Capa, del 1936, non richiede alcu na presentazione, quantomeno in que sto ambito, entro il quale dovremmo essere tutti informati della Storia della Fotografia. Qui siamo effettivamente al cospetto di un’immagine iconica, in ogni senso si intendano considerare i termini di decifrazione.

Il bambino di Nagasaki, di Joe O’Don nell, dell’agosto 1945, è un’altra storia di tragedia conseguente alla guerra. Un bambino tiene fasciato sulle sue spalle il fratellino morto durante il secondo bombardamento atomico sul Giappo ne. Il piccolo non dovrebbe avere più di due anni, anche meno. È accomodato come se dormisse: il fratello lo sta por tando al crematorio.

▶ Gandhi e l’arcolaio , di Margaret Bourke-White, del 1946, è un’altra fo tografia iconica. Non richiede ulterio re presentazione, sia in considerazione della conoscenza che ognuno ha, o do vrebbe avere, sia in misura delle mille e mille menzioni che si sono susseguite nel tempo, e si rincorrono ancora oggi.

In ordine di pubblicazione e consecu zione temporale, scandiamo la caden za dell’efficace e coinvolgente cammi no dell’affascinante graphic novel Fo to straordinarie. La storia delle 30 [di trenta] fotografie che hanno cambia to il mondo, da avvicinare in punta di piedi e con rispetto, perché si tratta ef fettivamente di fotografie che hanno stabilito tempi di riflessione di spes sore assoluti. La differenza tra questo casellario e quelli composti da addet ti alla Fotografia è sostanziale. Dal no stro mondo, partiamo dall’immagine; in questa sintesi, si parte -invece- dalla società. E ha più ragioni l’autrice Elleni di quante potremmo averne noi. Tra l’altro, ancora, la presenza di foto grafie meno note può sollecitare la ricer ca individuale, per conoscere le vicende esposte e narrate: ottima funzione, in tenzione pertinente. Tra queste, segna liamo, sopra tutte: Il rifiuto di August, di autore anonimo, del 1936; Il bambino di Nagasaki, di Joe O’Donnell, dell’agosto 1945; Ruby Bridges, di autore anonimo, del 1960; Il bacio della vita, di Rocco Mo rabito, del 1967; Il codice dell’Apollo 11, di autore anonimo, del 1969; Il disastro delle Ande, di autore anonimo, del 1972; Il volto dell’AIDS, di Therese Frare, del 1980; Nessuno nasce razzista, di Todd Robertson, del 1992; Bosko e Admira, di Mark Milstein, del 18 maggio 1993. Da cui, comunque, tra fotografie epo cali e fotografie di avvenimenti epocali...

▶ Marilyn ed Ella, di autore ignoto, at tualmente creditato Bettmann / Corbis (agenzie di stock), del 1955, è un’imma gine intima, testimonianza della gran de amicizia che univa l’attrice mito alla cantante Ella Fitzgerald.

Madre migrante, di Do rothea Lange, del 1936, dall’identificazione ori ginaria Migrant Mother, è altrettanto esplicita e iconica e appartenente a quella Storia della Foto grafia che non si esauri sce entro i confini della propria sola vicenda, ma si proietta oltre. Verso la società e l’imma ginario collettivo.

TRENTA VOCI

▶ Madre migrante, di Dorothea Lange, del 1936, dall’identificazione originaria Migrant Mother, è altrettanto esplicita e iconica e appartenente a quella Sto ria della Fotografia che non si esaurisce entro i confini della propria sola vicen da, ma si proietta oltre. Verso la società e l’immaginario collettivo.

Il rifiuto di August, di au tore anonimo, del 1936 (tredici giugno?), è uno dei simboli dell’opposi zione al nazismo: all’in terno di una inquadratu ra che comprende una folla compatta a braccio teso, durante il varo del la nave Horst, realizzata nei cantieri Blohm + Voss, dove era impiegato, Au gust Landmesser è l’uni co a braccia incrociate, in opposizione al nazismo. La vicenda è intrigante, anche per le sue conno tazioni sociali (aveva spo sato una donna di reli gione ebraica). La storia è raccontata sul maga zine online Mental Floss (www.mentalfloss.com).

▶ Il rifiuto di August, di autore ano nimo, del 1936 (tredici giugno?), è uno dei simboli dell’opposizione al nazismo: all’interno di una inquadratura che com prende una folla compatta a braccio teso, durante il varo della nave Horst, realizzata nei cantieri Blohm + Voss, do ve era impiegato, August Landmesser è l’unico a braccia incrociate, in oppo sizione al nazismo. La vicenda è intri gante, anche per le sue connotazioni sociali (aveva sposato una donna di re ligione ebraica). La storia è racconta ta sul magazine online Mental Floss (www.mentalfloss.com).▶

42 non per propri sovrastrati in significa to dipendente dalla Storia della Foto grafia, in quanto tale, più che alla Sto ria Sociale della Fotografia, in quanto ascendente e potenza. Da cui, apprezzamento incondiziona to del lavoro di raccolta e commento della brava (e competente, ribadiamo) Elleni, autrice più che autorevole. Esem plare, addirittura, che si è certamente avvicinata a Siti, soprattutto italiani, per individuare le icone selezionate.

Tra l’altro, e in aggiornamento, una in terpretazione illustrata di questo ritratto a due è copertina della monografia Ma king Their Voices Heard: The Inspiring Friendship of Ella Fitzerald and Marilyn Monroe, del 2020 (Far sentire la loro vo ce: l’amicizia ispiratrice di Ella Fitzge rald e Marilyn Monroe; Little Bee Books; quaranta pagine 21,6x28xm; 17,50 euro).

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▶ Ruby Bridges, di autore anonimo, del 1960, è la bambina afroamericana di sei anni (nata l’8 settembre 1954) che aveva bisogno di una scorta di agenti federali per frequentare la prima ele mentare alla William Frantz Elementary School, di New Orleans, dove i genitori degli altri alunni li avevano allontanati a causa della sua presenza.

▶ Il salto verso la libertà, di Peter Lei bing / Associated Press, del 1961, è un’altra fotografia epocale, compresa in tutte le sintesi che riuniscono le immagini più performanti della Storia del Novecen to. È il momento nel quale, su invito e sollecitazione dei fotografi e camera men appostati nella zona statuniten se di Berlino, scomposta tra gli alleati vincitori della Seconda guerra mondia le (prima della costruzione del Muro), la giovane guardia di frontiera Hans Conrad Schumann, di diciannove an ni, salta il reticolato, per fuggire dalla zona sovietica, verso la libertà.

▶ Leonid Ivanovich Rogozov [19342000], di autore anonimo, del 1961, è un medico generico che partecipò al la sesta Spedizione antartica sovietica, del 1960-1961. Unico medico di stanza alla stazione Novolazarevskaya, sviluppò un’appendicite. Dunque, dovette ese guire un’appendicectomia su se stesso, in un caso prototipo di auto-chirurgia.

▶ J. Kennedy e il vestito [di lana rosa] macchiato di sangue, di autore ano nimo, del 22 novembre 1963, è un mo mento elevato a fascino del potere e simbolo di un sogno infranto nell’ancora oscuro attentato mortale al presiden te John Fitzgerald Kennedy, a Dallas. Ruby Bridges, di auto re anonimo, del 1960, è la bambina afroameri cana di sei anni (nata l’8 settembre 1954) che aveva bisogno di una scorta di agenti federali per frequentare la prima elementare alla William Frantz Elemen tary School, di New Orle ans, dove i genitori degli altri alunni li avevano al lontanati a causa della sua presenza. La bambina e l’avvoltoio, di Kevin Carter, del mar zo 1993, Premio Pulitzer 1994, è ancora una foto grafia sempre inclusa nei casellari del Novecento. È stata anche una del le fotografie più contro verse del contemporaneo.fotogionalismo Comunque, l’autore Ke vin Carter è morto suici da, un anno dopo, il 27 luglio 1994, a trentatré anni. Nonostante mille e mille diatribe, non è detto che i due fatti ab biano connessione tra loro, per quanto è anche possibile pensarlo... ter ribile fardello da portare.

▶ Guerrillero Heroico, di Alberto Kor da, del 6 marzo 1960, non richiede ul teriori presentazioni e commenti. Una delle icone incontrastate della Storia della Fotografia e del costume sociale. In aggiunta, segnaliamo che la stessa casa editrice BeccoGiallo, dell’attuale Foto straordinarie, di Elleni, indirizza ta al graphic journalism, ovverosia alla cronaca a fumetti, ha in catalogo un ac creditato Que viva el Che Guevara, del 2011, di Marco Rizzo (sceneggiatura) e Lelio Bonaccorso (illustrazioni).

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▶ Il pugno fantasma, di Neil Leifer, del 25 maggio 1965, è quello con il quale Muhammad Ali ha sconfitto Sonny Li ston, alla St. Dominic’s Arena, di Lewi ston, nel Maine, che -come più volte annotato su queste pagine- si deve a una fortunata posizione a bordo ring, proprio di fronte all’azione finale dell’in contro. Icona dello sport, icona del suo autore Neil Leifer.

▶ Il monaco che brucia, di Malcolm Browne / Associated Press, del 1963 (World Press Photo of the Year 1963), è una delle prime fotografie note che testimoniano la tragedia della guerra in Vietnam, nella quale furono pesan temente coinvolti gli Stati Uniti. Clamo rosa l’immolazione del monaco bud dista Thich Quảng Ðú’c.

▶ La ragazza con il fiore, di Marc Ri boud, del 20 ottobre 1967, è la diciasset tenne Jane Rose (nomen omen), che marciò su Washington, con un milione di giovani, per protestare contro la guer ra in Vietnam. Ancora una icona della Storia della Fotografia. Curiosità: ulti mo negativo di una sequenza sei scatti ravvicinati; ultimo negativo dell’intero rullino trentacinque millimetri.

Con quel gesto storico, Tommie Smith e John Carlos inneggiarono alle Black Panther (Black Panther Party), movi mento antisegregazionista molto attivo in quegli anni di fine decennio. ▶ Il codice dell’Apollo 11, di autore ano nimo, del 1969, celebra Margareth Ha milton (1936), la programmatrice del MIT (Massachusetts Institute of Tech nology) che guidò lo staff di scienziati che elaborarono il software di bordo per la missione di Apollo 11, la prima navicella ad allunare, il 20 luglio 1969.

Il bambino di Nagasaki, di Joe O’Donnell, dell’a gosto 1945, è un’altra storia di tragedia con seguente alla guerra. Un bambino tiene fasciato sulle sue spalle il fratel lino morto durante il se condo bombardamento atomico sul Giappone. Il piccolo non dovrebbe avere più di due anni, anche meno. È accomo dato come se dormisse: il fratello lo sta portan do al crematorio. Il codice dell’Apollo 11, di autore anonimo, del 1969, celebra Margareth Hamil ton (1936), la program matrice del MIT (Mas sachusetts Institute of Technology) che guidò lo staff di scienziati che elaborarono il software di bordo per la missione di Apollo 11, la prima na vicella ad allunare, il 20 luglio 1969. La fotografia ritrae la giovane, poco più che trentenne, con i vo lumi che “riassumono” il codice Apollo Guidance Computer, che -impilati uno sopra l’altro- la so pravanzano in altezza.

▶ Il bacio della vita, di Rocco Mora bito, del 1967 (Premio Pulitzer 1968), è quello con il quale J. D. Thompson cer ca di tenere in vita Randall Champion, respirandogli in bocca dopo che il com pagno di lavoro era stato fulminato da una scarica elettrica di quattromilacen tosessanta volt (4160). E ci riesce.

▶ I pugni neri alzati al cielo, di John Dominis, del 16 ottobre 1968, alla pre miazione per i Duecento metri piani, ai Giochi Olimpici di Città del Messico, sono quelli degli afroamericani Tommie Smith, vincitore con il tempo di dician nove secondi e otto decimi (19”8; per la prima volta, prestazione atletica sotto i venti secondi), e John Carlos, terzo con un tempo di venti secondi netti (20”); tra i due, l’australiano Peter Norman, in altrettanti venti secondi netti (20”).

Nessuno nasce razzista, di Todd Ro bertson, del 1992, eleva un bambino fi no alla propria innocenza. Durante una manifestazione pubblica organizzata e svolta a Gainesville, in Georgia, un bam bino incappucciato da membro del fa migerato Ku Kux Klan, si avvicina a un poliziotto afroamericano e accarezza il suo scudo antisommossa. La madre in terviene subito e lo allontana, ma la Fo tografia, che rende permanenti istanti che avrebbero potuto (dovuto?) rima nere effimeri, ha già registrato, docu mentato e testimoniato.

▶ Bosko e Admira, di Mark Milstein, del 18 maggio 1993, raffigura due fidan zati di Sarajevo, Admira Ismić e Boško Brkić, lei bosniaca, lui serbo [in defini zioni sostanziosamente razziste], col piti da cecchini mujaheddin sulla riva del fiume Miljacka, che bagna la città, oggi capitale della Repubblica di Bo snia ed Erzegovina.

▶ Ragazza afgana, di Steve McCurry, del 1984, copertina di National Geo graphic del giugno 1985, è una delle fotografie più sopravalutate del Nove cento. Abbiamo commentato, nel no vembre Duemiladue, in occasione del suo ritrovamento, con relativa coperti na nelle edizioni originale e nazionali di National Geographic, del precedente aprile. Non torniamo sull’argomento.

▶ Il volto dell’AIDS, di Therese Frare, del 1980, è un’altra delle fotografie sempre comprese nei casellari del Novecento. È

▶ La bambina e l’avvoltoio, di Kevin Carter, del marzo 1993, Premio Pulitzer 1994, è ancora una fotografia sempre in clusa nei casellari del Novecento. È stata anche una delle fotografie più controver se del fotogionalismo contemporaneo. Comunque, l’autore Kevin Carter è morto suicida, un anno dopo, il 27 lu glio 1994, a trentatré anni. Nonostante mille e mille diatribe, non è detto che i due fatti abbiano connessione tra loro, per quanto è anche possibile pensar lo... terribile fardello da portare. Per fotografie successive al Duemila, attendiamo ulteriori indicazioni dalla Storia, non solo della Fotografia. Ed è tutto.

Morte di un miliziano le alista, di Robert Capa, del 1936, non richiede alcuna presentazione, quanto meno in questo ambito, entro il quale dovremmo essere tutti informati del la Storia della Fotografia. Qui siamo effettivamente al cospetto di un’immagi ne iconica, in ogni senso si intendano considerare i termini di decifrazione.

■ Il volto dell’AIDS, di The rese Frare, del 1980, è un’altra delle fotografie sempre comprese nei ca sellari del Novecento. È un’immagine-simbolo.

▶ L’uomo e il carroarmato, qui attri buito a Jeff Widener / Associated Press, del 5 giugno 1989 -ma è più opportu no richiamare la fotografia (identica) di Charlie Cole, World Press Photo of the Year 1989-, è l’icona delle proteste studentesche e popolari di piazza Tie nanmen, a Pechino, soffocate da un in tervento militare. Da qui, prende avvio la nuova Cina, governata e guidata dal premier Deng Xiaoping.

La fotografia ritrae la giovane, poco più che trentenne, con i volumi che “ri assumono” il codice Apollo Guidance Computer, che -impilati uno sopra l’al tro- la sopravanzano in altezza.

▶ La bambina del Napalm, di Nick Ut (Huỳnh Công Út) / Associated Press, dell’8 giugno 1972, è l’adolescente Phan Thị Kim Phúc che scappa dal proprio villag gio, in Vietnam, bombardato al Napalm dall’aviazione statunitense. Al pari di po che altre, si tratta di una fotografia che ha effettivamente cambiato il mondo, in una rapida sequenza di causa ed ef fetto. Attenzione: non un accadimento, ma proprio una Fotografia.

▶un’immagine-simbolo.

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▶ Falcone e Borsellino, di Tony Gentile, del 1992, è una fotografia elevata a sim bolo della lotta alla mafia, soprattutto giudiziaria. Registriamola lievemente, senza affrontare le legittime osservazioni del fotogiornalista a proposito del “dirit to d’autore” e dignità della Fotografia.

▶ Il disastro delle Ande, di autore ano nimo, del 1972, documenta il momento nel quale, a due mesi abbondanti dalla tragedia, i soccorsi raggiunsero il Fokker F27 uruguaiano precipitato nel tardo pomeriggio del tredici ottobre, con a bordo la squadra di rugby Old Christians Club, in trasferta verso Santiago (Cile). Dodici passeggeri morirono nell’im patto, altri cinque nelle prime venti quattro ore. I sopravvissuti dovettero affrontare terrificanti condizioni atmo sferiche, fino a meno venti gradi sotto lo zero. Una volta esaurite le scorte di cibo a bordo, per sopravvivere, comin ciarono a cibarsi con i corpi dei com pagni morti: cannibalismo per la vita.

▶ Gli occhiali di John Lennon, di Yoko Ono, del 1980, sono quelli indossati ne gli ultimi istanti di sua vita: insangui nati, con la skyline di New York sul fon do. Immagine forte, per quanto eterea, pubblicata dalla moglie Yoko Ono sulla copertina dell’album Season of Glass, del 1981, il primo dopo l’assassinio di John Lennon, la sera dell’otto dicembre.

▶ Il bacio socialista, di Régis Bossu, del 1979, ritrae ciò che specifica l’identifica zione: bacio tra i famigerati leader poli tici (del tempo) Leonid (Ilych) Brezhnev e Erich (Ernst Paul) Honecker, rispetti vamente segretari del Partito Comuni sta dell’Unione Sovietica e del Partito Comunista della Repubblica Democra tica [?] tedesca, in occasione del tren tennale della DDR.

46 Storia ci cinquant’anni fa, circa. Ho avvi cinato Ando Gilardi (1921-2012) in e per due occasioni successive, entrambe ca suali; ma tutti sappiamo bene che -per quanto sia tale- il Caso è anche indi rizzato e favorito dai comportamenti individuali. Nella primavera del Mille novecentosettantadue, in tempi di mia completa estraneità alla Fotografia, in cappai in una copia di Photo 13, allora quindicinale, rivista di settore guidata e diretta dallo stesso Ando Gilardi in sieme con Roberta Clerici, e compresi che la Fotografia poteva anche esige re riflessioni, osservazioni e commenti di spessore, che non si esaurivano nel solo riferimento originario, che pure li sollecitava. Immediatamente a segui re, una volta entrato nel vortice delle riviste di fotografia (ancora per Caso, oltre che per inganno), nel settembre dell’anno dopo, entrai a far parte della redazione di Photo 13, tornato alla più consueta cadenza mensile. Giocoforza il contatto continuo con il co-direttore Ando Gilardi, fino allora conosciuto e apprezzato per i suoi te sti. A parte tante e tante altre vicende, che ora e qui non hanno alcun diritto di ospitalità, nell’incontro diretto venni a conoscenza del suo appuntamento settimanale sulle pagine di Vie Nuove, settimanale che conoscevo dalla mia precedente militanza nel Partito Co munista, al quale la rivista faceva da cornice, ma che non mi sarei mai so gnato di leggere. Da cui, per riflesso volontario e consapevole, cominciai a frequentarne le pagine, limitandomi alla rubrica di Ando Gilardi: lo confesso. Ora, a distanza di diverse ere geologi che, nel proprio insieme sconvolgenti e -perfino- catastrofiche e disastrose, non soltanto per il Pensiero fotogra fico, sono stato invitato a riflettere su quelle parole, scrivendone. Non ho nulla da aggiungere a quanto pensavo in quella lontana epoca; non ho nulla da aggiungere a quanto ho già condiviso con Ando Gilardi, soprattutto nei due anni durante i quali abbiamo condiviso lo spazio dei rispettivi lavori, fino all’autunno Millenovecentottanta. Come allora, ancora oggi sono convin to e persuaso che quell’appuntamento settimanale, rivolto a un pubblico ampio, diciamo generico, non addetto ai lavo ri, abbia svolto un ruolo fondamentale: quello di aprire la mente, come uno Star gate. Ovvero, quello di rivelare quante mille e mille sfaccettature possano in durre il pensiero individuale, anche so lo partendo (o fingendo di farlo) dalla Fotografia, s-punto privilegiato di os servazione, non arido punto di arrivo. Personalmente, se la testimonianza ha senso e valore, è soprattutto sul rit mo di quelle rubriche, mai prevedibili, che ho costruito il mio personale inte resse per migliaia di trasversalità, che oggi definiscono sia il mio giornalismo (?), sia la mia didattica, quando e per / ANTOLOGIA / di Maurizio Rebuzzini

Fresco di stampa, e di edizione, Fotografia. Volume 2: Vie Nuove 1971-1978 completa e conclude il percorso compiuto da Ando Gilardi dalle pagine del periodico specificato: Vie Nuove, settimanale illustrato di informazione controllato e pubblicato dall’allora Partito Comunista Italiano. Al pari del precedente Fotografia. Volume 1: Vie Nuove 19641970, dello scorso 2020, anche qui, ancora qui, sono raccol te le rubriche settimanali di Fotografia -è ovvio- compilate dall’autorevole personaggio/personalità, che ha sempre af frontato la materia da punti di vista estremamente indivi duali. Tanto da indurre a specificare che «Scopo supremo di questa rubrica è di educare raccontando barzellette». Anche e ancora, nell’attuale Fotografia. Volume 2: Vie Nuo ve 1971-1978, che si propone come raccolta di testi che «In questa rubrichetta si parla [si è parlato] di immagini in ge nerale e non solo di quelle fotografiche», la somma di argo menti apparentemente svincolati uno dall’altro, ma tutti co erenti con una intelligenza libera, ha prodotto infiniti totali: a ciascuno, i propri. Personalmente, riconosciamo a quelle rubriche la forza di averci educati verso la Curiosità, la Com prensione, il Ragionamento (e tanto altro), che hanno avviato un tragitto di Pensiero entro il quale ancora camminiamo. In un certo senso e modo, è difficile -se non già impossi bile, forse- rievocare oggi il clima di quei decenni, più lonta ni di quanto le date potrebbero far ipotizzare. Infatti, oggi non è facile districarsi tra coloro i quali si esprimono in Fo tografia, impossibilitati a farlo da una quantità di voci che si assommano le une alle altre, senza offrire alcun totale plausibile. Come spesso rileviamo, e ancora rileveremo, og gigiorno tanti/troppi si occupano di Fotografia, senza aver alcunché da esprimere. Per altre discipline, occorre prepara zione specifica; in Fotografia, non sono richieste qualifiche. Al contrario, in quel passato remoto, si attingeva soprattutto a voci autorevoli e competenti. Tra le quali quella di Ando Gi lardi cantava e suonava fuori dal coro, potendo vantare una personalità di visione e interpretazione fuori dal comune. Non certo per caso, il contenitore “comunista” vestiva a pennello. Qui e ora, in declinazione di titolo al plurale, riprendiamo dal testo introduttivo del casellario, Vita fotografica, compi lato con cadenza volontariamente individuale. mR

VITE FOTOGRAFICHE

Fotografia. Volume 1: Vie Nuove 19641970, raccolta anastatica delle rubriche scritte per il settimanale Vie Nuove; introduzioni di Patrizia Piccini ( Alli neato ma non troppo), Daniela Gior di (La fotografia per Ando Gilardi ) e Michele Smargiassi (Sconsigli per tutti, laicamente); redazione e ricerca iconografica Patrizia Piccini; ottimiz zazione immagini e reprint, ricerca bibliografica Elena Piccini; progetta zione grafica e impaginazione Lavi nia Piccini; ricerca bibliografica e in dici Giuliano Grasso; Fototeca Gilardi Edizioni, 2020 (www.fototeca-gilardi. com); 290 pagine 23x32cm; 27,00 euro.

47 quanto è richiesta. Del resto, in quegli anni Settanta del Novecento, io percor revo la decade dai miei venti ai trent’an ni. Lui, poco più che cinquantenne, mi appariva più che anziano (e, oggi, io ho superato alla grande quell’età): ma, allo ra, l’anzianità veniva considerata come qualità, fonte di esperienza. In ulteriore confessione, debbo certi ficare che non sempre siamo stati d’ac cordo, Ando Gilardi ed io (Ando Gilardi, al quale mi sono sempre rivolto dando gli un rispettoso “lei”). Anzi, è vero l’esat to contrario: le divergenze di pensiero sono state certamente di quantità e in quantità superiore alle convergenze. Ma! Ma, attenzione, non è mai manca to il rispetto per le opinioni. Del resto, in sincerità aggiuntiva, sono proprio le dissonanze e differenze che danno senso alla Vita. Al contrario, le confor mità di idee sono noiose e tragiche: io stesso non riuscirei a scambiare parola con qualcuno che la pensasse esatta mente come me. Sai che noia! In questo senso, Ando Gilardi ed io abbiamo avuto opinioni diverse su ciò che è degno di Memoria. Però, entram bi siamo sempre stati convinti che se possiamo rubare un attimo al vento, magari con una fotografia, possiamo anche crearne uno tutto nostro, maga ri ancora con una fotografia. Da cui, la sua educazione, soprattutto dalle co lonne di Vie Nuove, verso la Curiosi tà: qualsiasi questa sia, porta sempre ognuno di noi in territori splendenti, che rendono ricchi di valori che non si possono acquistare con i soli denari. C’è un pensiero (concetto) che ho fat to mio, certamente mutuandolo dalle letture; del resto, rispondendo a una na tura formata in parti uguali di cultura (?) e istinto, il vero luogo natio è quel lo dove per la prima volta si è posato lo sguardo consapevole su se stessi: la mia prima (e unica) patria sono stati i libri. Ancora, la parola scritta mi ha in segnato ad ascoltare le voci. La vita mi ha chiarito i libri: osservare, piuttosto che giudicare, fino al linguaggio foto grafico, straordinaria combinazione di regole logiche e usi arbitrari.

▶ Gli angoli di Rebuzzini, del 6 agosto 1975, a pagina 173.

Dunque: Ando Gilardi. Ogni vita uma na, se dura abbastanza a lungo, alla fine ha un senso. Gli avvenimenti che riempiono un articolo, una conversa zione... le faccende di scarsa importan za che fanno trascorrere il tempo, un istante dietro il precedente... alla fine hanno un senso. Vite fotografiche co me la sua possono non avere senso per la gente comune. Per me, invece, sì. ■ ■ PS. Un giorno lontano, notando la mia Leica M2 tutta scocciata di nero, Ando Gilardi me ne chiese motivo. «Per non sciuparla», affermai. «E se si sciupa?», continuò. «Diventa brutta», rilevai. «Beh, sarà bella così!», concluse. Ovviamen te, tolsi il nastro adesivo di “protezione”.

Fotografia. Volume 2: Vie Nuove 1971-1978, raccolta anastatica delle rubriche scritte per il settimanale Vie Nuove; introduzioni di Elena Piccini (Non più usa e getta) e Maurizio Rebuzzini (Vita fotografica); redazione e ricerca iconografica Patrizia Piccini; ottimizza zione immagini e reprint, ricerca bibliografica Elena Piccini; progettazione grafica e im paginazione Lavinia Piccini; ricerca bibliografica e indici Giuliano Grasso; Fototeca Gilardi Edizioni, 2021 (www.fototeca-gilardi.com); 290 pagine 23x32cm; 27,00 euro.

/ DALLA NARRATIVA / FOTO ELOQUENTI

«Foto come questa sono ieloquenti!»incredibilmenteripreseMaigret.«C’èdachiedersicom’èpossibilecheigenitori,professorichelehannovistenonabbianoindovinatoalprimocolpod’occhio il destino dei personaggi».

■ ■ Georges Simenon (da Pietr il Lettone [Pietr-le-Letton, 1931]; Adelphi Edizioni, 1993)

[...] «Guardi questa foto!» disse all’improvviso.Egliteselafoto di Pskov, con il frontone bianco della casa del sarto, la puleggia sotto il tetto, la scalinata di sei gradi ni, la madre seduta, il padre che si metteva in posa e i due bambini con il colletto alla ma rinara ricamato. [...] «Che strani bambini!» dis sePoi,soltanto.restituendola al magi strato, domandò: «Mi saprebbe dire quale dei due sto cercando?». [...] «Foto come questa sono in credibilmente eloquenti!» ri prese Maigret. «C’è da chiedersi com’è possibile che i genitori, i professori che le hanno viste non abbiano indovinato al pri mo colpo d’occhio il destino dei personaggi». [...] Guardò l’ora per l’ennesima volta, e indicò sulla foto il bam bino che fissava il fratello con ammirazione. «Adesso bisogna che metta le mani su questo ragazzino!».

ERA IMPOSSIBILE NON NOTARE LA DIVERSITÀ DEI LORO CARATTERI di Angelo Galantini

48 Fu scucendo il materasso che Maigret scovò il sacchetto di telaNegrigia.uscirono alcune fotogra fie e un diploma. Una delle fotografie raffigura va una strada in salita dai ciottoli aguzzi, fiancheggiata da vec chie case col frontone come se ne vedono in Olanda, ma in tonacate di un bianco vivo sul quale si disegnavano, nitide, le linee nere delle finestre, delle porte e dei cornicioni. Sulla casa, in primo piano, c’era un’iscrizione in caratteri che ricordavano a un tempo il gotico e il cirillico: Rütsep6 Max JohannsonTailor L’edificio era ampio. Una tra ve sporgeva dal frontone e reg geva una puleggia un tempo utilizzata per immagazzinare il grano. Al pianterreno, una scalinata di sei gradini, con il corrimano di ferro. Sulla scalinata, una famiglia era riunita intorno a un uomo di una quarantina d’anni, picco lo, grigiastro e insignificante -il sarto, sicuramente-, che osten tava un’aria seria e distaccata. La moglie, in un abito di satin stretto da scoppiare, era sedu ta su una sedia intagliata. Sor rideva volentieri al fotografo, ma serrando un po’ le labbra, perché “fa distinto”. Davanti a loro, due bambini si tenevano per mano. Erano due ragazzini fra i sei e gli otto anni, con pantaloni a metà pol paccio, calzettoni neri, colletti alla marinara bianchi ricamati e polsini col risvolto. La stessa età! La stessa altezza! Una somiglianza sorprendente, fra loro e con il sarto. Eppure, era impossibile non notare la diver sità dei loro caratteri. Uno aveva un’espressione decisa e fissava l’apparecchio con aria aggressiva, come in una sorta di sfida. Qualcuno aveva gli occhi chiusi a causa del lampo al magnesio. Su una lavagna posta bene in evidenza al centro della ta vola era scritto: Corporazione Ugala Tartu Si trattava di una di quelle associazioni che gli studenti costituiscono in tutte le uni versità del mondo. In piedi, davanti alla pano plia, uno dei giovani si distin gueva da tutti gli altri. Anzitutto, era a capo scoperto e il cranio interamente rasato dava un rilievo particolare alla sua fisionomia. La maggioranza dei suoi com pagni portava un abito scuro. Lui, invece, sfoggiava il frac, con un’ombra di goffaggine perché aveva ancora le spalle esili. Sul gilet bianco, un largo nastro, simile al gran collare della Le gion d’onore. Curiosamente,[...]mentre la mag gior parte dei presenti era rivol ta verso il fotografo, i più timi di guardavano istintivamente il giovane capo. L’altro guardava furtivamen te il fratello. Lo guardava pieno di fiducia e di ammirazione. Il nome del fotografo era stam pato a secco: “K. Akel, Pskov”. La seconda foto era la più grande e la più significativa. Era stata scattata durante un banchetto. Tre lunghi tavoli in prospettiva, coperti di piatti e di bottiglie, e sullo sfondo, contro un muro, una panoplia forma ta da sei bandiere, uno scudo di cui si distinguevano male i particolari, due spade incrocia te e un corno da caccia. I commensali erano studenti tra i diciassette e i vent’anni: portavano un berretto con la visiera stretta e il bordo argen tato, la cui calotta di velluto do veva essere di quel verde livido che i tedeschi e i loro vicini del Nord prediligono. Avevano i capelli corti e per lopiù visi dai lineamenti mol to marcati. Alcuni sorridevano con natu ralezza all’obiettivo. Altri tende vano il boccale di birra, d’un cu rioso modello in legno lavorato. E quello che pareva fissarlo con più insistenza era il suo sosia: seduto accanto a lui, si slogava il collo per non perderlo di vista. Lo studente con il gran collare e l’altro che lo divorava con gli occhi erano incontestabilmen te i due ragazzini della casa di Pskov, i figli del sarto Johannson. Il diploma era in latino, su pergamena, a imitazione di un documento antico. Con gran profusione di formule arcaiche, consacrava un cer to Hans Johannson, studen te di filosofia, membro della Corporazione Ugala. Era firmato: «Il Gran Mae stro della Corporazione, Pietr Johannson».

In principio, già nel Ventesimo secolo aC, come rivelano i pa piri ritrovati nell’antico Egitto, si registra l’Isteria come alterazio ne psichica e fisica nella don na. Nella Grecia antica, l’Isteria è stata marchiata come malat tia di donne vittime di drammi psicologici: si credeva che aves se origine dallo spostamento dell’utero (Hystera = Utero). In età vittoriana, la “cura” consiste va in un “massaggio” dei geni tali da parte del medico, per la stimolazione dell’orgasmo. Come si può leggere in ogni dossologia sulle “malattie men tali” delle donne, prima di Sig mund Freud (1856-1939), padre putativo della psicoanalisi (ma è vero in parte, dato che Freud ha praticato massaggi all’utero delle donne isteriche/epiletti che ancora nel 1893), le prime importanti “analisi” sull’Isteria si devono al medico e psichiatra viennese Josef Breuer (18421925). Il suo “metodo catarti co”, applicato da Breuer sulla sua paziente più illustre, Anna O (Bertha Pappenheim; 18591936), consisteva su libere ester nazioni della donna, lasciata in completa tranquillità e rilassa mento (ipnosi, inoltre). Il saggio Studi sull’isteria (1895), firmato da Breuer e Freud, è alla base della nascita della psicoanali si (contemporanea alla sedia elettrica, inventata da Thomas Edison, nel 1888). A vedere le fotografie sulle pazienti femminili realizzate da Paul Marie Léon Regnard (1850-1927), alla Pitié-Salpêtrière, di Parigi (un ospedale per malati di mente, poveri e prostitute), dove Jean-Martin Charcot (18251893) compiva studi ed espe rimenti neuropsichiatrici sull’i steria, raccolte in Iconographie photographíque La Salpêtrière (1876-1877), a cura di Paul-Ma rie-Léon Regnard (immagini) e Désiré-Magloire Bourneville (1840-1909; testi), reperibile in Rete [e QRcode su questa pa scono che il libertinaggio edo nista fa dell’Eros cosmogonico il fine di tutte le felicità. Sovente, le iconografie di Re gnard sbordano dalla meccanici tà dell’autore e ne riflettono altre intenzionalità. C’è una secrezio ne visuale in molte immagini di Regnard, o un impulso della vita che fuoriesce dall’impulso che la soffoca. Fotografie che si polarizzano sulla proprietà, sul desiderio di possedere, di violare anche, che partono dalla ma lattia e riscoprono la donna in amore, estremo certo (anche se condannata dalla scienza)! Il “vissuto orgastico” (Wilhelm Reich) sprigiona l’immagina le delle pazienti dallo stato di sottomissione; e, attraverso lo specchio/memoria di ciascuna, si rovescia nella denegazione del reale e riflette una sorta di anatomia della distruttività Le fotografie di Regnard sono accompagnate da didascalie del tipo: Attitudes Passionel les. Extase / ContractureHistéro-Epilepsie.

■ ■ / SGUARDI SU / PAUL REGNARD

/ Attitudes Pas sionelles. Crucifiement / Atti tudes Passionelles. Erotisme / Histéro-Épilepsie. Délire-Lub ricité...finiamola qui. Il casellario di queste pazienti/ospiti (?) è lungo, e ci assale forte il dubbio che il fotografo si trovi spesso imbrigliato in ciò che fotografa, senza un filo di compassione. Siccome crediamo a quegli psicoanalisti/filosofi del disin ganno che vedono l’inconscio come il prodotto di un filtraggio sociale, nel quale il linguaggio, le abitudini, le usanze, i divie gina], si resta agganciati dalla dolente bellezza dei soggetti. Di là dalle controverse “cure” di Charcot sulle donne (ipno si, cloroformio, nitrito di amile e macchine elettrostatiche), le fotoscritture di Regnard travali cano la situazione di donne in fernali. Alcune immagini supe rano l’atteggiamento medico e quello documentale: figurano non solo lo stato clinico della malattia, ma anche riemersioni, sconnessioni, equilibri pertur bati e “sfumature” erotiche che non sono sfuggiti al fotografo! La dissociazione delle idee, dei corpi, dei sentimenti nei moder ni studi sull’isteria o cedimenti nervosi affermano che l’esclu sione di certe rappresentazioni nella coscienza sorgono a causa della loro repressione legata a un trauma... ne consegue l’in sorgenza di ossessioni, compul sioni, ansie, depressioni, aggres sività, malattie psicosomatiche. I soliti eretici a tutto (psicoa nalisti, filosofi, dionisiaci d’ogni arte) sostengono che le cause delle nevrosi si debbono ricer care nei conflitti tra l’aspirazio ne naturale e legittima dei de sideri, degli istinti, delle pulsioni soggettive e nella castrazione culturale da parte della società attraverso l’educazione, le con venzioni, la famiglia, il patriar cato, il Comecapitalismo.adirecheattraverso la rivoluzione sessuale, dunque politica, molte delle patologie che affliggono gli esseri uma ni possono essere attenuate o eliminate; i più radicali asseri ti e tutto l’armamentario del la psicologia dominante sono alla base delle costrizioni del la civiltà moderna, pensiamo che il carattere dell’autobio grafia supera la letteratura e la nomenclatura che -secondo Freud- proibisce allo psicoana lista di intervenire, consigliare, coinvolgersi con il paziente. I corpi comunicano nella sof ferenza condivisa e, come in amore, il limite tra persone sa ne e persone malate è flebile, o almeno non è solo la cassetta di sicurezza degli ansiolitici che permette di diversificare i pa zienti come materiali per im parare e non è possibile aiutare! L’iconologia dell’Isteria, di Paul-Marie-Léon Regnard, non versa lacrime di pietà, né com passione. Non certifica nemme no gli errori, gli orrori, le inadem pienze delle prescrizioni medi che: la ragazza che invoca il cielo, quella stesa sul letto in apertura cristologica o quella che si ab braccia amorosamente restano una importante documenta zione che porta a ri/considera re la condizione delle malattie mentali, anche. Ma, al contempo, compongono un’analisi critica, non proprio voluta, della società che sorveglia, rinchiude e puni sce la produzione di nevrosi che essa stessa determina! La Fotografia non mente! Mai! [fosse vero...] E non è una questione di stili inequivocabi li! La Fotografia non prevede a nessuno il destino da genio! La solidarietà, la fraternità e l’empatia sono gli utensili che impediscono di proibire il ve ro, il giusto e il bello che nasce dalla deiTuttocompassione.ilrestoètradimentodirittiumani.

di Pino Bertelli(PAUL-MARIE-LÉON REGNARD)

SULL’ICONOGRAFIA DELL’ISTERIA NEL DICIANNOVESIMO SECOLO

Le fotoscritture di Regnard travalicano la situazione di donne infernali. LA SALPÊTRIÈRESOLOONLINE/ / /QR code

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