FOTOgraphia 269 marzo 2021

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GIORGIO LOTTI OCCHI SUL MONDO / MARZO 2021 / NUMERO 269 / ANNO XXVIII / 269 SANDRO MILLER MALKOVICH MALKOVICH MALKOVICH RENATO MARCIALIS DENTRO LO STUDIO

NONNELLAFOTOGRAFIAEOSSERVAZIONIRIFLESSIONICOMMENTISULLARIVISTACHETROVIINEDICOLA / Sottoscrivi l’abbonamento a FOTOgraphia per ricevere 10 numeri all’anno al tuo indirizzo, a 65,00 euro Online all’indirizzo web in calce o attraverso il QRcode fotographiaonline.com/abbonamento ABBONAMENTO ANNUALE 10 numeri a 65,00 euro info:Per abbonamento@fotographiaonline.com0436716602srlgraphia

/ 03/ / 18/ / 16/ / 09/ / 10/ / 19/ 269 SOMMARIOPRIMA COMINCIAREDI

03 / Fotografia attorno a noi Dalla serie di tre francobolli canadesi celebra tivi del centenario dalla nascita del ritrattista Yousuf Karsh (canadese di origine armena; 23 dicembre 1908), emessi il 21 maggio 2008. Ri tratto del primo ministro inglese sir Winston Churchill, per la copertina di Life, del 21 mag gio 1941 (qui accanto). Gli altri due soggetti: autoritratto del fotografo, del 1946, e ritratto di Audrey Hepburn, del 1956 07 / Editoriale Etica! La televisione spettacolare, ancorata al so lo presente, ha compromesso il fotogiornalismo 08 / Zhou Enlai Il ritratto del premier cinese Zhou Enlai (18981976), realizzato da Giorgio Lotti, nel 1973, è la fotografia più stampata al mondo: in oltre cento milioni di copie (senza riconoscimen to di alcun diritto d’autore)

10 / Abbecedario Come nasce La fotografia è un compendio semplificato per bambini. Ottimo GRANDE AUTORE. Autorevole pubblica zione annuale, la Collana di monografie intitolate ai Grandi autori. Fotografia con temporanea è una delle iniziative pubbli che della Fiaf / Federazione Italiana Asso ciazioni Fotografiche, entro le cui fila si ri conoscono i circoli fotografici del nostro paese. Anno dopo anno, si sta componen do un panorama di spessore e contenu to della fotografia professionale italiana. A cura di Claudio Pastrone, siamo arrivati al diciannovesimo titolo, che lo scorso 2020 è stato dedicato a Giorgio Lotti, qui e oggi in portfolio, da pagina ventisei.

La Fotografia diventa presto sua ragione di vita: attraverso le fotografie che scatta, scor ge particolari che non nota nella realtà. An gelo Galantini; a pagina 18 Si può scegliere cosa vedere: scegliamo sem pre e davvero cosa vedere, ma cerchiamo di non mentire a noi stessi. Maurizio Rebuzzini; a pagina 16 Nessuno è quello che fa; ognuno fa quello che è. mFranti; a pagina 46 / Copertina Alberto Sordi al Lido di Venezia, nel 1960. Dal portfolio del fotogiornalista Giorgio Lotti, pro fessionista che si è espresso con una fotogra fia personale e profonda in racconto della Vi ta. Storie raccontate, da pagina 26

Dopo dovuti testi introduttivi, dello stes so Claudio Pastrone e di Massimo Donel li, la lunga sequenza di fotogiornalismo di Giorgio Lotti è scandita sia in progressione temporale, sia in tematiche entro le quali sono iscritti i singoli servizi. Al pari di ogni altro titolo/fotografo precedente, anche e ancora qui, l’intenzione è quella stabilire un’ufficialità accertata di un lungo percor so fotografico, sì da stabilire -monografia dopo monografia- una sorta di autorevo lezza e punto fisso di riflessione. In questo senso, e con l’occasione, è do veroso riconoscere alla Fiaf lo svolgimento coerente e accreditato di un mandato che coniuga tra loro le esigenze della fotogra fia non professionale svolta con coeren za, concentrazione e partecipazione e le logiche di quella professionale, con tutte le proprie influenze sostanziali sul lessico svolto da ciascuno in proprio contro e se condo proprie necessità. Del resto, come spesso sottolineiamo, oltre al come, che per molti è importante (a ciascuno, per se stesso), è sempre fondamentale il perché Noi non giudichiamo mai, né -tantome no- condanniamo. Ma! Giorgio Lotti ; Col lana Grandi auto ri. Fotografia con temporanea ; a cura di Claudio Pastro ne; introduzione di Massimo Donelli; Fiaf, 2020; 128 pa gine 24x27,5cm; 27,00 euro.

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■ ■ MARZO

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14 / Eternità Con uso di Fotografia, il film svedese Everla sting Moments racconta di emancipazione femminile all’inizio del Novecento Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini 18 / In seppia (!?) Ritratto in seppia, di Isabel Allende 20 / Trasformazioni di New York Douglas Levere e Berenice Abbott a decenni di distanza di Angelo Galantini 26 / Giorgio Lotti Occhi sul mondo Fotogiornalismo che si è proiettato nel cuore (e nella mente) di generazioni. Intimità che ha offerto un punto di esplorazione proprio e confidenziale di Maurizio Rebuzzini 34 / Dentro lo Studio Renato Marcialis Paragrafo di una osservazione dietro-le-quin te del professionismo italiano in epoca di pro pria trasformazione Fotografie di Antonella Bozzini, Daniela Damiano e Ottavio Maledusi 40 / Sandro Miller Non essere John Malkovich Malkovich Malkovich Malkovich: Homage to Photographic Masters scandisce il tempo del ritratto fotografico: ottime immagini, interpre tazioni camaleontiche di Antonio Bordoni 46 / In ricordo Vogliamo parlarne? di mFranti 48 / August Strindberg Scrittori e Fotografia di Diego Mormorio 50 / Lisette Model Sguardi su di Pino Bertelli / 38/ / 42/ / 23/ / 08/ / 33/ / 43/ SOMMARIO DIRETTORE RESPONSABILE Maurizio Rebuzzini ART DIRECTION Simone Nervi IMPAGINAZIONE Maria Marasciuolo REDAZIONE Filippo Rebuzzini CORRISPONDENTE Giulio Forti FOTOGRAFIE OttavioRouge Maledusi SEGRETERIA Maddalena Fasoli HANNO COLLABORATO Pino MarcoDiegoSandroRenatoGiorgioAngelomFrantiDanielaAntonellaAntonioBertelliBordoniBozziniDamianoGalantiniLottiMarcialisMillerMormorioSaielli www.FOTOgraphiaONLINE.com Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl - via Zuretti 2a, 20125 Milano MI 02 66713604 redazione@fotographiaonline.com ■ FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ■ FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento po stale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), ar ticolo 1, comma 1 - DCB Milano.

EDITORIALE Maurizio Rebuzzini 7

hatotraspettatoresisolovamenteefficace,scivolatisolomorale,mentohazionesideralohannooilserireètivadigiornalismoirresistibiletocomepassato,elettronicosa:vessevero,invisione,formazionepostolanonfotogiornalismo.ne,StorieStoria).tadiimpostoescludonochetipaternitàlutazionechespesso,riflessione.qui/lìassidua,qui,Eppure,dobbiamooccuparcidiFotografia,quantomenoquantomenoinaccordosottinteso.Perfrequentazionevoienoisappiamobenequantiargomentisianolatenti,degnidiattenzione,commentoe,perchéno?,Dunque,osserviamo:comenelcasoodierno,sollecitatiafarlodaimprecisionistoricheesocialistannoindebolendolapiùautentica(plausibile?)vadifatti.Ovviamente,nonpretendiamoalcunaclericale,masiamocoscientichecertiargomenmeritinoquotazionipiùprofondedellesemplificazioniapprodanoallabanalizzazionee,perpercorsodiretto,lapiùproficuachiarificazione.Torniamoalfotogiornalismo,cosìcomeènato,vissutoeintempidientusiasmienovità(fotogiornalismograndiinterpreti,diimmaginichehannoscanditolaVinelpropriosvolgersi,difotografiechehannoscrittolaÈsemplicisticoaffermare,comescrittointuttelequalificate,comeequantol’avventodellatelevisiodalsecondodopoguerra,abbiaindebolitol’essenzadelItempicoincidono,manonl’analisi.Infatti,ètantoun’alternanzadimezzidicomunicazione,maloronefastainterpretazione:latelevisionehaprestoimlacadenzadasocietàdellospettacolo,anchenell’in(oggigiorno,soprattuttoinquesta).Intempiimmediatamentesusseguentiall’avviodellatelesisonoimpostipersonaggidisinteressatiallanotiziaquantotaleealsuoconseguenteapprofondimento.Ovpersonaggiconvintichelatelevisionedisuccessodoessereradicatanelpresente,inunaattualitàarincorunflussodiimmaginiinunperpetuoeinfinitopresente(pernondire,poi,delpianetasocial).Qualsiasiancheprossimo,èsemprepiùspessointerpretatomortoesepolto.Achiimportaquellochehamangiailgiornoprima?,hannoipotizzatocostoro.Immediatoeèsoloilpresente:impostoconviolenzad’intenti.Clamorosamenteeconsapevolmente,inappoggioaldiqualità,quellochesentenellapropriapelleavereunargomentotralemani,dadefinireinprospeteinquadraturadeifatti,ilfotogiornalismodispessoreconsapevoleecoscientecheil“contesto”richiedediinognivicendainunoscenariopiùampio:spiegarnesenso,raccontandociòcheèaccadutoinprecedenza,fattianaloghi.Giornalistiefotogiornalistidiprofonditàattribuitounataleimportanzaalcontesto,daconunasortadivincoloeticoemorale.Alcontrario,passodopopasso,evoluzionedopoevolu(involuzionedopoinvoluzione?),ilfotogiornalismosubìtoimperativichestannoallabasedelsuoesauriconcettualeedottrinale.Prescindendodaeticaeilcontestoèstatomaletichettato(bollato?)comepuntodivista.Mentre,semprepiùrapidamente,sièversoraccontipompati,neppureinmodosempreLatelevisionedisuccesso,quellachehaeffettiuccisoilfotogiornalismodiqualità,simuovenelpresente.Ciòchepremerealizzaresonoraccontichesvolgononelsolopresente,secondounmodellochelopossaseguire,meglioseconditodaunconflittobeneemale(magariartificioso).Insomma,sièadottaillinguaggiodelpubblico...quantomenodiquellochefattocomododefiniretale.

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Curiosamente, il premier cinese Zhou Enlai, in carica dalla fondazione della Repubblica, il Primo ottobre 1949, alla sua scomparsa, è mancato l’8 genna io 1976, a ottantuno anni (era nato il 5 marzo 1898): anticipando un anno du rante il quale sono poi morti anche il generale Zhu De, fondatore dell’Esercito Popolare di Liberazione, il sei luglio, a novant’anni (era nato il Primo dicem bre 1886), e il presidente Mao Zedong, il nove settembre, a ottantatré anni (era nato il 26 dicembre 1893). Tre potenti po litici che, in triunvirato, hanno traghet tato la Cina dall’era feudale al presente sociale, stabilendo altresì le basi di una ulteriore proiezione planetaria, avviata dal controverso e pragmatico, ma effi cace, Deng Xiaoping (1904-1997), della quale oggi registriamo la consistenza. Dei tre padri della patria (cinese), il prediletto dal popolo, oltre che apprez zato dalla comunità politica internazio nale, è stato proprio Zhou Enlai (周恩來), del quale, tra tante e mille sfumature, il moralismo cinese ha valutato la fedeltà alla moglie Deng Yingchao (1904-1992), a propria volta autorevole membro del PartitoNell’iconografiaComunista.di Zhou Enlai si re gistra un ritratto realizzato dall’italiano Giorgio Lotti (in portfolio fotogiornalistico da pagina 26, su questo stesso nume ro), nel 1973, particolarmente amato dai cinesi, tanto che l’hanno fatto proprio e riprodotto in milioni di copie; si conteg

/ ICONICA / di Maurizio Rebuzzini (Franti) ZHOU ENLAI LottiGiorgioArchivio LottiGiorgio

«Poco tempo dopo la pubblicazio ne del servizio, ricevo una telefonata da parte dell’Ambasciata cinese in Ita lia, attraverso la quale Zhou Enlai in persona richiedeva una co pia del ritratto. Solo tre anni dopo, ho saputo che quella fotografia, diffusa in milioni di copie in tutta la Cina, era diventata il ritratto ufficiale di Zhou Enlai. Alla morte del primo ministro, nel 1976, mi è pervenuta una fotografia del corteo funebre che at traversa due ali di folla: mi gliaia di persone commosse tengono in mano la fotogra fia di Zhou Enlai scattata da me. E il vero cruccio è quello di aver perso quella copia!». Per i cinesi, questo ritratto di Zhou Enlai è denso di si gnificati simbolici. Anzitutto, l’amato primo ministro è di profilo e non di fronte; quin di, il suo sguardo all’infinito è stato caricato di valori e significati: è rivolto al futu ro della Cina, che lui avreb be visto oscuro, come buio è il fondo dell’inquadratura. Ecco il ritratto di Zhou Enlai realizzato da Giorgio Lotti: 1/15 di secondo, a f/3,5, con diapositiva Kodak Ektachrome tira ta a 800 Iso. Poi... cento milioni di copie. E oltre. ■ ■ Zhou Enlai in chiave fotografica, con tra le mani un apparecchio medio formato a soffietto, presumibilmen te 6x6cm, di produzione nazionale. Non si hanno testimonianze o certi ficazioni di un suo “coinvolgimento” fotografico. Mentre, è certa e docu mentata la passione fotografica di Jiang Qing (1914-1991), moglie del presidente Mao Zedong (1893-1976).

Giorgio Lotti: ritratto del premier cinese Zhou En lai, realizzato nel 1973. Dovrebbe trattarsi della fotografia più stampata, al mondo: in oltre cento milioni di copie. (pagina accanto, in al to) L’accredito giornali stico rilasciato a Giorgio Lotti dal Dipartimento degli Affari Esteri della Repubblica Popolare Ci nese, nel 1973. (qui sopra) Anni dopo la realizzazione del suo ri tratto al premier Zhou Enlai, la moglie Deng Yingchao ha incontrato Giorgio Lotti, per ringra ziarlo personalmente.

Leggiamo da Il ritratto di Zhou Enlai: storia di uno scat to, in Giorgio Lotti, monogra fia Fiaf (Federazione Italiana Arti Fotografiche), dicianno vesima della Collana Grandi autori - Fotografia contem poranea, pubblicata lo scorso 2020: «Nel 1973, vengo invia to da Epoca in Cina, per rea lizzare un servizio sulla città di Pechino. Grazie all’amba sciatore italiano in Cina, rie sco a ottenere un accredito per incontrare Zhou Enlai. «Scopro che ai fotografi è concesso un solo scatto: no nostante il poco tempo a di sposizione, riesco a far acco modare il primo ministro su una poltrona e a realizzare la fotografia che avevo pensato durante l’attesa. Grazie a un segretario, che entra durante lo scatto e lo chiama, il primo ministro rivolge in viso verso sinistra (per i cinesi, ha un si gnificato particolare: un uomo che sa leggere nel futuro).

9 gia oltre cento milioni: noi stessi, nel set tembre 1979, ne acquistammo stampe bianconero 9x12cm, su una bancherella di Hangzhou. Si tratta della fotografia del la quale sono state realizzate più copie nella Storia! (senza riconoscimento di alcun dirit to d’autore, va rilevato).

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Collana divulgativa per bambini pubblicata da Franco Cosimo Panini, di Modena, Come nasce è ufficialmente presen tata come Un viaggio per piccoli curiosi, alla scoperta del mondo che li circonda. Fascicoli di sedici pagine ciascuno, copertina compresa, ri assumono ai minimi ter mini possibili l’argomen to offerto e proposto, in un linguaggio adegua tamente semplificato, per quanto non neces sariamente banalizzato. Anzi, è più spesso vero l’esatto contrario, proprio in relazione alla stabilita e programmata Scoper ta del mondo Siamo autorizzati ad esprimere questa con siderazione alla luce del titolo Come nasce La fotografia, materia che non ci lascia certo in differenti, ma ci avvol ge nelle proprie spire senza alcuna soluzione di Testuale:continuità.«Devi sapere che la parola fotografia ha origine da due parole greche: “phos”, che signi fica luce, e “graphis”, che significa scrit tura. Quindi, fotografia significa “scrivere con la luce”. Bello, vero?». Da qui, una sor ta di genesi: «Più di trecento anni fa, gli artisti si servivano di un primo semplice meccanismo di fotografia per aiutarsi a ritrarre paesaggi e vedute di città [va be ne anche così]. Usavano uno strumento chiamato camera o[b]scura, composto da una scatola con un foro e una lente [va bene anche così], attraverso i quali la luce filtrava e riproduceva sulla pare te di fondo l’immagine capovolta e rimpicciolita del soggetto inquadra to. Appoggiando sulla parete un foglio di car ta trasparente, l’artista poteva così disegnare la figura che vi appariva».

del sensore ad acquisizione digitale), c’è un Sapiens che osserva, ci siamo noi! L’esperienza di guardare lo schermo della camera obscura, sul quale si rac coglie la proiezione dell’immagine, o la parete sulla quale la stessa immagine si presenta capovolta, evoca sensazio ni di solennità e timore reverenziale. Ovviamente, questa commozione non è alla portata di tutti, va rilevato: ma appartiene soltanto a coloro i quali sanno apprezzare le sottigliezze. Come spesso annotiamo, so no questi animi eletti che sanno rendere rag giungibili le loro proprie emozioni, concedendo alle persone amate un posto nella Memoria, dove il Ricordo sia se Come nasce La fotografia ; testi e redazione di Giulia Calandra Buonaura, coordi namento editoriale di Antonella Vincenzi, illustrazioni di Agostino Traini, impagina zione di Danielle Stern; Franco Cosimo Panini Editore, 2017; 16 pagine 19x24cm, con adesivi [qui sopra, in selezione: «che ti servono da attaccare sul libro», come sug gerito; oppure, «puoi usarli per le tue ricerche e metterli dove vuoi tu!»]; 3,00 euro.

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Ovviamente, su que sto preambolo (che, ma gari, potrebbe essere ignorato da qualcuno di coloro i quali si vantano di agire in Fotografia), ci auguriamo fermamente che qualche bambino, volesse il Cielo indotto da insegnanti e/o ge nitori, si sia cimentato con questa ipotesi: nella quale si proietta il mon do esterno nell’istante stesso pellicolafluente,grafia,corariescecheaffascinantedoeffettivamentezadiforolaaaistenopeicivisualizzanoprovare,descrivibile:Tempo(dall’interno).dell’osservazioneCommediasenzadellaVita,inlosidevecosìcomeloifotografiattiviancoranostrigiorni(grazieloro!).Siachiarochecameraobscura(constenopeicoolentemaggiorebrillantezinproiezione)ritraeilmoninunalucemoltopiùdiquellal’occhiofisiologicoapercepire.AnprimadellaFotoperaltroquiininalpostodellafotosensibile(o

/ DALLE ORIGINI / di Antonio Bordoni ABBECEDARIO

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Affascinante pubblicazione illustrata, Photo Booth (alla lettera, cabina auto matica [per fototessere]) è una graphic novel singola e autoconclusiva, per l’appunto, creata da una unione creativa tra lo scrittore statunitense Lewis Helfand (1978), l’illustratore indiano Sachin Nagar, il colorista Prince Varghe se e gli editor Mark Jones e Aditi Ray. Ovviamente (?), il nostro avvicinamento originario si è basato sulla materia evocata dal titolo e sottolineata dalla messa in pagina della copertina. Per quanto questo possa essere anche considerato motivo per l’attuale passerella a indirizzo mirato, la cadenza delle fototesse re da cabina automatica, che pure costituisce un nostro interesse specifico e orientato, è sostanzialmente poco influente sul racconto... quasi. La genesi di Photo Booth, di Lewis Helfand, si basa sulla sua intenzione di scrivere una storia d’amore indiana ambientata a New York City. La trama scandisce due fusi orari in intreccio tra loro: uno cronometra accadimenti del 2010; l’altro muove le proprie lancette venti anni prima, nel 1990. Così che questa base narrativa, in flashback, si allinea con uno stile popolare di reso conto usato nell’epopea indiana conosciuta come il Mahabharata [uno dei due principali sanscriti dell’antica India; l’altro è il Rāmāyana]. Ancora, l’utilizzazione di caratteri indiani all’interno dell’ambientazione sta tunitense (straniera) è in linea con la tendenza dei film popolari di Bollywood. In combinazione, l’autore considera potente il linguaggio graphic novel, che raggiunge le vette del cinema e della musica: «La graphic novel -ha afferma to- è un mezzo particolare di comunicazione, un modo affascinante di rac contare una storia. Proprio come ci si può perdere in una grande canzone o in un film appassionante, con la graphic novel l’immaginazione del lettore può essere catturata e volare nella sua mente, con i suoi ricordi». In proprio avvio, Photo Booth si concentra sul personaggio di Praveer Raja ni, agente dell’Interpol che sta indagando su una nuova droga mortale che ha invaso le strade di New York City. In narrazione serrata, il lettore è informato delle preoccupazioni del poliziotto, che si sente disorientato è si chiede spes so se abbia scelto la strada giusta, nella propria vita.

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Alcuni estratti: «All’inizio, le fotogra fie erano in bianconero. La prima foto grafia a colori venne scattata dal fisico James Maxwell, nel 1861. Rappresen tava un fiocco scozzese!»; «Conosci la macchina Polaroid? Era [ahinoi, è stata] una macchina con una pellicola spe ciale che permetteva di ottenere una fotografia in pochi secondi»; «La mac china fotografica è un occhio speciale capace anche di ingrandire elemen ti della realtà che non riusciremmo a vere, come, per esempio, i microrga nismi»; «C’è una legge che proibisce la diffusione di una fotografia se manca il consenso della persona fotografata. L’unica eccezione sono le foto[grafie] di personaggi pubblici, ritratti in eventi aperti al pubblico, come, per esempio, una premiazione sportiva». Insomma, diversamente da altre pa role, nel senso di meglio di altre parole, che vengono pronunciate non a favore del pubblico ricevente, ma della pro pria gratificazione personale, valori e concetti che si rivolgono serenamente all’esterno. Per comunicare. Finale edificante... educativo, come non sanno essere i fotonegozianti: «Scarica le foto[grafie] sul computer. Se vuoi, puoi modificarle un po’: puoi, per esempio, togliere gli occhi rossi» / «Stampa le fo to[grafie] con la tua stampante di casa, oppure portale da un fotografo» / «Ap pendile in camera, o portale a scuola; e fai una gara con i tuoi amici ha chi ha fatto le foto[grafie] più belle!». Hai detto poco!

All’interno delle scene iniziali, si incontrano frecce e fulmini, simboli visivi collegati alle Upanishad : testi filosofici considerati una delle prime fonti della religione induista. In effetti, la cadenza di Photo Booth è pervasa da concetti chiave che riguardano l’induismo, come il Dharma All’interno della doppia storia della graphic novel ci sono molteplici concentrazioni e considerazioni sul Dharma di Praveer Rajani, in devozione alla sua carriera e alla propria famiglia. Infine, il protagonista deve prendere una decisione riguardo la vera residenza dei propri obblighi: tra gli affetti della sua famiglia o rispondendo a una vendet ta che gli sta consumando l’esistenza? All’interno della storia, viene affronta ta anche l’ipotesi di Ahimsa, una delle principali credenze dell’induismo (“non fare del male” o “evitare la violenza” è un insegnamento che è stato promosso dal Mahatma Gandhi). Sebbene consumato da rabbia e violenza, Praveer Raja ni si appellerà alla naturale nonviolenza, che risolve il suo passato nel presente.

GRAFICAALTRA

Photo Booth (A Graphic Novel, con crimini e fotografia), di Lewis Helfand; illustrazioni di Sachin Nagar; colori di Prince Varghese; Campfire, 2011; 80 pagine 16,6x26cm; 9,99 dollari.

12 reno e non faccia male. Dove la Memo ria non crei disagi esistenziali ma aiuti ad affrontare le Giornate. Con Come nasce La fotografia, tor niamo in cammino storico (con nozioni elementari che farebbero bene a tan ti fotografi contemporanei che cono sciamo, e dei quali percepiamo la be ata ignoranza, non solo della propria materia, sia chiaro): «Dopo anni di stu dio, il francese Nicéphore Niépce sco prì che alcune sostanze speciali erano sensibili alla luce: nel 1826, inserì nella camera o[b]scura una lastra di metal lo ricoperta di una sostanza chiamata bitume e lasciò l’apparecchio puntato sullo stesso soggetto per molte ore. Do po quasi dieci ore, la luce del sole riu scì a scrivere e a disegnare l’immagine sulla lastra. Nacque così la fotografia». Detto bene!, come ha fatto nota re anche il nostro direttore, Maurizio Rebuzzini, in altri abiti, che non questi, docente a contratto di Storia della Fo tografia alla Facoltà di Lettere e Filo sofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia. E, poi, si passa a Louis-Jacques Mandé Daguerre, al processo negativo-positivo, alle lavo razioni in camera oscura, alla ripresa, alla stampa, all’attualità digitale.

che ha diretto attori del calibro di Max von Sydow e Liv Ullmann (in La nuo va terra / Nybyggarna [I coloni], del 1972, e Karl e Kristina / Utvandrarna [Gli emigranti], del 1971). Su sua indicazione, negli anni Ottan ta del Novecento, la moglie Agneta Ulf sater-Troell (1941) ha condotto ricerche sulla personalità, allora non conosciuta

/ CINEMA

In formato Dvd, l’avvincente e coinvolgente film Everlasting Moments (titolo in ternazionale, dall’originario Maria Larssons eviga ögonblick ), di Jan Troell, del 2004, è disponibile nella sola lingua finlandese, con sottotitoli in inglese. Sia in questa veste, sia sulle locandine promozionali, la combinazione della protagoni sta con la macchina fotografica (Contessa 9x12cm) stabilisce i protagonisti della vicenda narrata. Infatti, complice la Fotografia, la sceneggiatura da una storia vera racconta di emancipazione femminile, nella Svezia marina di primo Novecento.

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GENESI Maria Larssons eviga ögonblick / Everlasting Moments è il proget to cinematografico più maturo del regista sve dese Jan Troell (1931), / di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

Prodotto con finanziamenti provenienti da ventisei organizzazioni di cinque pa esi del Nord Europa -Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia e Germania-, il film Maria Larssons eviga ögonblick originario svedese ( traducibile in Il momento eterno di Maria Larsson), del 2008, è stato distribuito con il titolo internazionalizza to di Everlasting Moments, ov verosia Momenti eterni. E con questo titolo è rintracciabile in Rete, per l’eventuale acquisto del Dvd, che, diciamolo subito, è disponibile nella sola lingua originaria finlandese, con sot totitoli in inglese. Non esistono altre edizioni linguisticamente più accessibili; quantomeno, noi non siamo riusciti a reperirne al tre, tenuto conto che, a livello plane tario, si registrano soprattutto parteci pazioni a rinomati Festival internazio nali, più che programmazioni in sala. Ovviamente, il nostro punto di vista è mirato e viziato, come al so lito: relativo alla com ponente “fotografica” presente nella sceneg giatura, che, in questo caso, è qualcosa di più, perché meglio, di una asettica partecipazio ne di margine. Di fatto, anticipiamo subito che si tratta di un raccon to di emancipazione femminile, nel la Svezia marina di primo Novecento. Rispetto altre osservazioni specifi che e indirizzate, in questo caso, so no fondamentali sia la trama -che ci ripromettiamo di evocare-, sia la ge nesi della produzione, che stabilisce termini di una cultura e una voglia di condividere -sapendolo fare- sulla qua le è bene riflettere. E lo stiamo per fare, qui e ora. In ordine inverso.

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ETERNITÀ pubblicamente, di Maria Larsson, vis suta all’inizio del secolo scorso. Favorita anche da una concomitanza favorevo le, ha potuto avvicinare Maja Larsson, figlia di Maria, cugina di suo padre. A questo punto, sono state indivi duate e recuperate le fotografie che Maria Larsson ha realizzato nei primi decenni del Novecento, che hanno definito solide basi per la stesura di una sceneg giatura cinematografica attor no questa vicenda, per un film tratto da una storia vera. Nel 2004, il regista Jan Troell è entrato nel vivo del progetto, partendo dall’assegnazione dei ruoli principali all’attrice finlandese Maria Heiskanen (1970) e all’attore danese Jesper Christensen (1948), ri spettivamente nei panni di Maria Lar sson, protagonista, e del fotonegozian te Sebastian Pedersen, due attori con i quali si sente in sintonia; citazioni dovu te per Maria Heiskanen nel cast di Il capitano (titolo originario in ita liano), del 1991, e Jesper Christensen in quello di Dom över död man, in ternazionalizzato in The Last Sentence, del 2012. Per il ruolo dell’altro protagonista Sigfrid Lar sson, discutibile marito di Maria, si è atteso altri due anni, fino all’incon tro con l’attore svedese Mikael Persbra ndt (Mikael Åke Persbrandt; 1963), che si è proposto per la parte all’indomani di un incontro con il regista, a un festi val cinematografico in Svezia. Una marginale differenza tra la vita vera di Maria Larsson e la sceneggiatura del film Maria Larssons eviga ögonblick / Everlasting Moments è la trasposizione a Malmö, città di origi ne del regista Jan Troell, di quanto effettivamen te avvenuto a Göteborg. Nel 2007 di realizzazio ne, le riprese del film si sono allungate dal ven tisei febbraio al Primo giugno, con esterni gi rati anche a Luleå, sem pre in Svezia, e Vilnius,

LA TRAMA Maria Larssons eviga ögonblick / Ever lasting Moments è uno di quei film nei quali non succede molto. Ma è co munque pieno di carattere e inciden ti. È una vita -solo una vita-, ma Maria Larsson è così empatica e dipinta con un tale amore, che veniamo proietta ti e immersi in quella vita... come lei. Svezia, primo decennio del Novecen to. In un momento di cambiamenti e fermento sociale, di povertà, Maria, una giovane operaia finlandese, trasferitasi a Mal mö (nel film; a Göteborg, nel la realtà), a una lotteria, vin ce un prezioso apparecchio fotografico Contessa. È un premio ex aequo con un uo mo di nome Sigfrid Larsson. L’incontro è fatale e, compli ci mille e mille disagi esistenziali, per condividere il premio, i due si sposano. Dal matrimonio, nascono quattro figli, tra i quali Maja, come già rilevato, cugi na del padre di Agneta Ulfsater-Troell, moglie di Jan Troell, regista del film, la cui sceneggiatura la eleva a ruolo di nar ratrice: nell’interpretazione dell’attrice Birte Heribertson, e con la presenza e partecipazione delle attrici Nellie Alm gren, nei tempi della sua adolescenza, da otto a dieci anni, e Callin Öhrvall, in quelli immediatamente successivi, da quindici a ventidue anni. Conteggiata e considerata anche per il proprio valore economico potenziale e possibile e probabile, la Contessa a sof fietto viene portata da Maria nel nego zio del danese-svedese Sebastian Pe dersen, al quale chiede una valutazione monetaria. Tenendola con sé, ai fini della stima richiesta, il fotonegoziante scat ta una fotografia a Maria nel momento in cui si allontana dalle sue vetrine. Quando lei torna al negozio, è stupita di vedere la sua fotografia, ne rimane ammirata e si chiede come funzioni la tecnica per otte nere tanto realismo (visivo). Sebastian Pederson le im partisce una breve lezione, spiegandole i princìpi della Fotografia e della rappresentazione per immagini. Quindi, si rende disponibile a fornirle l’attrezzatura fotografica com plementare, per poter agire in proprio comodo con la Contessa. Sebbene Maria non abbia soldi per pagare l’equipag giamento, il fotonegoziante accetta la macchina fotografica stessa come pa gamento, permettendole di utilizzarla in comodato d’uso (concetto attuale, utile per definire l’accordo). Maria usa la Contessa per fotografare i suoi quattro figli, avvertendoli loro di non dirlo a nessuno, compreso al padre Sigfrid. Quindi, la utilizza per una foto grafia post mortem (argomento foto

15 capitale della Lituania. Su indicazione del direttore della fotografia Mischa Ga vrjusjov, in coppia con lo stesso regista Jan Troell, il film è stato girato in 16mm e poi stampato in 35mm. Quindi, si è ot tenuta un’immagine un poco sgranata, che ben si adatta al clima dell’inizio del Novecento, altresì sottolineato anche da colori tenui e tonalità seppia. Presentato in anteprima al qualifica to Toronto International Film Festival 2008, Maria Larssons eviga ögonblick / Everlasting Moments ha vinto il Guldbagge Award 2009 per il miglior film. Alla stessa quarantaquattresima sessio ne dell’autorevole premio svedese, il più importante del paese, assegnato dallo Svenska Filminstitutet (Istituto cinema tografico svedese), si sono affermati an che i tre attori di spicco: Maria Heiska nen, migliore attrice protagonista, Mikael Persbrandt, miglior attore protagonista, e Jesper Christensen, miglior attore non protagonista. Quindi, si segnala anche il premio speciale per la miglior musica, consegnato a Matti Bye. E, poi, altri pre mi e riconoscimenti, sia all’opera sia ai suoi sceneggiatori, regista e interpreti.

Certa scenografia del film Everlasting Moments, di pendente dalla sceneg giatura, si basa su foto grafie ritrovate, realizza te da di Maria Larssons, protagonista.

fedelmente consone al la realtà. È così che an che noi avremmo potu to consigliare il regista

Per la sua interpretazione di Maria Larsson, l’attrice finlandese Maria Heiskanen è stata valutata migliore attrice protagonista al Guldbagge Award 2009, il più importante premio cinematografico svedese, assegnato dallo Svenska Filmin stitutet (Swedish Film Institute / Istituto cinematografico svedese). Nella stessa quarantaquattresima sessione, premi per il miglior film e a Mikael Persbrandt, miglior attore protagonista (nei panni del marito Sigfrid) e Jesper Christensen, mi glior attore non protagonista (nei panni del fotonegoziante Sebastian Pedersen).

Se la vita è bella, lo è anche questo film: commovente e coinvolgente come non molti riescono a esserlo. È un ritratto vivido, non sentimentale, ma al tem po stesso tenero e amorevole, di una famiglia svedese di mare all’inizio del Ventesimo secolo. Per fino il padre, volgare e bruto come i tempi (for se) imponevano ai ruo li sociali, finisce per es sere anche divertente e... talvolta affettuoso. L’eroina è Maria, che soffre molto, ma che non riesce mai a libe rarsi del tutto dal ma rito, dalla vita che lui ha disegnato per lei. Comunque, durante i quindici anni dello spazio temporale del film, i bam bini crescono e prosperano, modesta mente. E arriviamo a vedere che que sta è praticamente la storia più comu ne di una famiglia della classe operaia di quel periodo, ovunque. E, poi, come già annotato, è un racconto di eman cipazione femminile, nella Svezia ma rina di primo Novecento. [Con ulteriori considerazioni ben svolte e declinate, sull’autorevole sito mente)pugnarladimensioni,Joseff/7,7...obiettivoduzioneco-protagonistastorica,haquisita,versitario:fia,professionali,difortuna,visatasviluppaanni,sicoMariac’ègraphynetwork.com].www.feministphotoDalnostropuntodivistainteressato,unapartecipazioneinpiù,perchéscoprelaFotografiaeilsuolesvisuale.Intervallatenelcorsodeglilesceneincuiscattafotografieeleinunacameraoscuraimprovsonoaffascinanti;tral’altro,epernonsonoesagerateinqualcosaepocaleeartisticamenteprofondo.Unodeinostricampid’azione,ancheèlaStoriadellaFotograchepureinsegniamoalivellounicosìche,concompetenzaacpossiamoaffermarecheilfilmbilanciatomoltobenel’accuratezzaperquantolaContessa9x12cm,dellavicenda,siadiprosuccessivaaitempievocati[conExtraRapidAplanat135mmlostessousatodalfotografocecoSudek(1896-1976)].Inassoluto,lelachiarezza,lacuranell’im(ancheruotandolaorizzontalelaproceduradiimpiegosono e lo scenografo. Tanta accuratezza aiuta non solo gli spettatori che sanno (non ce ne sono così tanti, ci rendiamo conto), ma sostiene e garantisce validità sto rica nelle davveronalimategrafiecherilevante,specifichetrasversalitàdelfilm.Soprattutto,ebenpiùaffermiamolostiledellefotod’epoca,richianelfilm,daorigidiMariaLarsson,ècaratteristicodi

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una non professionista di talento, seria e appassionata come la protagonista (per piacere, si eviti l’abbinamento al la personalità della statunitense Vivian Maier [1926-2009], che agì in epoche successive, della quale è in corso l’ar bitrariaPersonalmente,beatificazione).siamo grati a questo film, che ha presentato una fotografa che ci era ignota, i cui momenti eter ni congelati nelle sue immagini erano rimasti tali solo per la sua famiglia, na scosti e quasi dimenticati in un cassetto. In conseguenza, una storia sul fragile potere della Fotografia di preservare la Vita e impossessarsi della propria Vita. In trasposizione cinematografica, il film è raffinato ed elegante, quasi all’ec cesso, fino a un uso semplice e incan tevole della luce. In ripetizione doverosa, il film è bel lo, ma la vita è bella... forse. Non è facile, implica perdere alcune battaglie, signi fica rinunciare a un poco di dignità, ma se mantieni la rotta, come fanno que sti protagonisti in modi che la maggior parte delle famiglie contemporanee non farebbe, c’è qualche altro tipo di ricom pensa. Si può scegliere cosa vedere: sce gliamo sempre e davvero cosa vedere, ma cerchiamo di non mentire a noi stessi. Con amarezza, in conclusione dovu ta e ricercata. Come mai, soprattutto al nostro Tempo, governato da imperati vi di globalizzazione, anche culturale, si intende integrazione soltanto verso modelli spettacolari, soprattutto pro venienti dagli Stati Uniti, e non avvici namento verso espres sioni formative matu rate altrove? Fotogra fia a parte, Maria Larssons eviga ögonblick / Everlasting Moments è uno di quei film che dovrebbe raggiungere l’anima di molti, proba bilmente di tutti. Se non che...!

DA CUI E PER CUI

16 grafico che qualcuno ha ben approfondito) della giovane Ingeborg, donandone una copia alla madre. A seguire, Maria mostra un’altra copia della stessa foto grafia commemorativa a Sebastian Pederson, che -colpito e impressio nato dal talento e dalla sua capacità espressi va naturale- la accetta come pagamento per la QuandoContessa.il marito Si gfrid viene arrestato, e presto rilasciato, dopo un’esplosione durante uno sciopero, che uccide un manifestante, ferendone altri sei, Ma ria gli rivela il proprio impegno fotogra fico, mostrandogli i ritratti dei loro figli. Cinque anni dopo, dal 1914, la Gran de guerra devasta l’Europa, lamben do anche il sud della Svezia. Maria si rivolge di nuovo a Sebastian Pederson, presentandogli un suo progetto foto grafico relativo a ritratti di soldati in uniforme. Allo stesso tempo, quando i monarchi della Scandinavia si incon trano per discutere di come tenere i propri paesi fuori dal conflitto, Maria partecipa all’incontro, e scatta una fo tografia dell’apparizione pubblica dei re. È scioccata nell’apprendere che la sua fotografia dei regnanti è stata ac quistata e pubblicata da un giornale. La vita privata della famiglia Larsson è sempre più compromessa dalla bru talità di Sigfrid, che tradisce la moglie e la picchia sistematicamente; comun que, pur tra mille e mille disagi e con flitti, rimane unita per salvare le appa renze, in una società estremamente convenzionale. Quando, infine, Maria viene a mancare, la figlia Maja scopre un suo autoritratto allo specchio, unica fotografia della madre che le rimane come ricordo eterno.

Tre edizioni Feltrinelli successive di Ritratto in seppia, di Isabel Allende: l’origi naria del 2001, cartonata con sovraccoperta; la successiva nella Collana Univer sale Economica, con copertina dall’originaria in spagnolo, dallo stesso 2001; la più recente edizione (Quindicesima), dallo scorso ottobre 2020, con richiamo rinnovato e ammodernato (?) di una macchina fotografica a soffietto. Tutto qui.

Non ci convince la trasformazione Feltrinelli dallo scorso ottobre, pur consape voli che la nostra preferenza identifica più un Autoritratto che un Ritratto. Ma!

/ COPERTINE / di Angelo Galantini IN SEPPIA (!?)

riamente condivisibili o da condivide re, quantomeno prima della lettura in proprio. Dopo, se si volesse, potremmo anche incontrarci, per parlarne insie me, per confrontarci. A differenza, un punto esclamativo inviato a freddo po trebbe influenzare la lettura e indurre considerazioni contrastanti e non con sentire la benefica concentrazione con se stessi, prima che con altri. Quindi, consideriamo conclusa la pre sentazione di questo ottimo romanzo dell’autorevole Isabel Allende, scrittri ce d’eccellenza, che non ha certo biso gno dei nostri encomi. E speriamo non abbia bisogno di alcuna altra presentazione.Percui,inlievità altra, ma pur sempre con centrata, come stimola la nostra consueta at tenzione fotografica... perfino trasversale, ap prodiamo a quanto pro messo in avvio riguardo le copertine delle edi zioni, cominciando dal le italiane, alle quale ac costiamo altri esempi internazionali. Parole e considerazioni che, una

In ogni caso, affinità e/o divergenze tra le copertine del romanzo Ritratto in sep pia, di Isabel Allende, noi privilegiamo quella originaria, proposta anche nell’edi zione tedesca e nella Collana Universale Economica Feltrinelli (dal 2001 al 2020).

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Archivio FOTOgraphia (2)

Terzo capitolo della sa ga dei personaggi esor diti con La casa degli spiriti, del 1982 (La ca sa de los espiritus; con richiami familiari espli citi nel proprio coinvol gimento con le vicende del Cile del presidente Salvador Allende, cugi no del padre della scrit trice), e proseguita con La figlia della fortuna, del 1999 (Hija de la for tuna), Ritratto in sep pia, del 2000 (in Italia, dal 2001, dall’originale Retrato en Sepia), è un convincente romanzo di Isabel Allende del quale non possiamo ignorare una certa daldelviolabilefotografica,trasversalitànostroinpuntodivista,restoespressafintitoloe,incerticasi (che stiamo per visitare), anche dalle copertine. Prima di occuparci di questo, ov verosia della visualizzazione in richia mo, è opportuno ribadire che, come nei primi due titoli della identificata trilogia appena sintetizzata, anche qui l’intreccio di personaggi è finalizzato a una analisi familiare definita da colle gamenti inevitabili con la Storia... non soltanto propria... non soltanto privata e circoscritta. Senza addentrarci nella trama, la cui sinopsi non ci compete, né ci è richiesta, è sufficiente stabilire i confini della vicenda, che già da soli lasciano trasparire la comples sità delle tessere di un mosaico estremamen teInintrecciato.breve,etanto ci ba sti: figlia illegittima di Lynn Sommers, a pro pria volta figlia di Eliza Sommers e Tao Chi’en, e di Matias Rodriguez de Santa Cruz, figlio di Pau lina del Valle e Felicia no Rodriguez de Santa Cruz, Aurora non ricor da nulla dei suoi primi cinque anni di vita. Un poco per questo, un poco per altre com plicazioni familiari, sia della sua origi naria, sia di quella con il marito Diego Dominguez, Aurora si avvicina alla Fo tografia, che intende come chiave pri vilegiata e concentrata di interpretazio ne esistenziale. La Fotografia diventa presto sua ragione di vita: attraverso le fotografie che scatta, scorge particola ri che non nota nella realtà (lei, come -del resto- ciascuno di noi). Ed è su questa cadenza che dobbia mo (dovremmo) sintonizzarci, incam minati come siamo (come dovremmo essere) lungo chezionitiretimità,segreta,dilazioneanalisinostridiservazionilore,viante,puòcipazionequinatopuntoecuzionificodeldell’approfondimentol’itinerariolinguaggiofotograedellesueconsesocialieintimefilosofiche.Dacui,undivistanonindaunaparteemotiva,cheancherivelarsideèditalealtovadaelevareleoseriflessioniIsabelAllendefinoaiverticidistudio,edesame.Nessunaestrapoladaltesto:infatti,lettura(soprattuttounromanzo)ètantonellapropriaindanonconseneventualisegnalae/osottolineaturenonsononecessa

Edizione originaria dell’avvincente romanzo Retrato in Sepia, di Isabel Allende (2000), con identica riproposizione nell’edizione tedesca Porträt in Sepia, del 2001.

19 volta ancora, una di più, speriamo mai una di troppo, definiscono quelle pre senze della Fotografia al proprio ester no, oltre i richiami da addetti, che ce ne fanno considerare la partecipazio ne anche nel cinema (sceneggiature e scenografie), nei fumetti, in narrati va (eccoci qui), in filatelia e ovunque. Quindi, in attualità di intenti, la/le co pertina/copertine di edizioni successive di Ritratto in seppia, di Isabel Allende: in ordine sparso, magari perfino casua le, dall’originaria in lingua spagnola a edizioni italiane, a una testimonianza tedesca. Cominciamo con l’originale, del 2000, che in copertina evoca didasca licamente il titolo, con un’immagine di donna in posa davanti a una macchina fotografica di spessore con in mano la pompetta ad aria per autoscatto, ripresa anche dall’edizione tedesca, dell’anno dopo, Porträt in Sepia. Forse. In ogni caso, se anche così vogliamo vederla, più Autoritratto che Ritratto Invece, le edizioni italiane Feltrinel li hanno avuto vita alternata. La prima del 2001, cartonata con sovraccoperta, si è limitata a un ritratto femminile in toni delicati: per l’appunto, seppiati, in evocazione della protagonista Aurora. In contemporanea e a seguire, le rie dizioni nella Collana Universale Econo mica Feltrinelli, dallo stesso 2001, hanno riproposto la visualizzazione originaria in spagnolo (già richiamata anche per il tedesco), fino allo scorso anno, quando la Quindicesima edizione, dall’ottobre 2020, ha optato per un altro richiamo: in illustrazione, una anonima macchina fotografica a soffietto, evocativa degli anni fino ai Quaranta del Novecento. Da cui, come è intuibile, sono state sollecitate queste nostre note attuali, in consueta frequentazione convinta e consapevole delle trasversalità della Fotografia. In effetti, a ben considera re, per mille e mille motivi, il richiamo “Fotografia” è spesso meglio assolto dai propri strumenti -inconfondibili- che dalla propria applicazione... generaliz zabile. Ovvero, e con amarezza, ricono sciamo che è più “Fotografia” una mac china fotografica, di quanto non lo sia un’immagine, che rimanda a se stessa e non certo alla propria appartenenza. L’amarezza di questa constatazione accresce se e quando, come in questo caso, l’intenzione non è indirizzata a un pubblico ammaliato dalla società dello spettacolo, ma si rivolge a una élite... alla quale appartengono i lettori di libri. Come al solito, e per indirizzo irrinun ciabile, non giudichiamo e non espri miamo sentenze definitive; per quanto, siamo convinti che la visualizzazione originaria sia molto più lieve e adeguata. Allo stesso momento, siamo altrettanto consapevoli delle esigenze di richiamo in libreria, che può richiedere rinnova menti e ammodernamenti. Se non che non tutto ciò che è nuovo è altrettanto (né necessariamente) progresso. Come tutto, del resto. ■ ■ Archivio FOTOgraphia (3)

Dal trenta aprile al successivo 27 otto bre 1940, la 1939 New York World’s Fair consacrò solennemente il successo del New Deal [che, tra le sue molteplici sfac cettature, ha dato vita anche al program ma fotografico della FSA / Farm Securi ty Administration, che tanto ha influito sul linguaggio, nei decenni a seguire].

Dal punto di vista fotografico, nostro microcosmo di lettura privilegiata e os servazione del macrocosmo dell’Esisten za, registriamo che la prima edizione originaria di Changing New York, illu strata con novantasette fotografie di Berenice Abbott, commentata da testi di Elizabeth McCausland e pubblicata da E.P. Dutton & Company, fu usata co me volume-guida per i visitatori della stessa 1939 New York World’s Fair . A seguire, nei decenni susseguenti, so no state pubblicate tante altre raccol te omonime, con lo stesso titolo, tra le quali preme ricordare le ottime edizioni “attuali”, del 1997 (Museum of the City of New York) e 1999 (New Press), con testi di Bonnie Yochelson.

BERENICE ABBOTT Come anticipato, Berenice Abbott iniziò a documentare New York nel 1929, al suo rientro dall’Europa, dove si recò nel 1921. Qui, studiò scultura a Parigi e Berlino, pri ma di essere assunta da Man Ray, che, nel 1923, era alla ricerca di un assistente completamente all’oscuro della fotogra fia, in modo che eseguisse pedissequa mente solo ciò che gli veniva richiesto. Da garzone di camera oscura, Bere nice Abbott si innamorò della materia/ disciplina, per la quale abbandonò ogni altro proprio indirizzo artistico prece dente: «Mi avvicinai alla fotografia co me un’anatra si avvicina all’acqua, Poi, non ho mai voluto fare niente altro».

20 di Angelo Galantini Nel percorso fotografico della statuni tense Berenice Abbott (1898-1991), la se rie Changing New York, realizzata negli anni Trenta del Novecento, è considera ta e conteggiata come iconica: sia della Fotografia, in quanto tale, sia della città, avvicinata e documentata in un parti colare momento della Storia degli Stati Uniti, all’indomani di quel giovedì ne ro 24 ottobre 1929, quando il mercato finanziario subì un vero e proprio col lasso, dal quale si conteggia la definita Grande depressione economica. Curiosamente, il programma di rilancio economico guidato dalla presidenza del democratico Franklin Delano Roosevelt (1882-1945), l’unico ad essere stato elet to per più di due mandati consecutivi (1932, 1936, 1940 e 1944), in deroga per le particolari condizioni politiche e so ciali del tempo -dalla crisi alla Seconda guerra mondiale-, approdò all’Esposi zione Universale di New York del 1939.

DITRASFORMAZIONINEWYORK

Una delle più recenti rie dizioni di Changing New York, di Berenice Abbott, è stata pubblicata da New Press, nel 1997: 400 pa gine 23,5x31cm.

A settant’anni dall’originaria rilevazione fotografica di Berenice Abbott, della fine degli anni Trenta del Novecento, raccolta nella monografica iconica Changing New York, documentativa dei cambiamenti della megalopoli tra le due guerre mondiali, il perspicace Douglas Levere è tornato negli stessi luoghi, per rivivere il medesimo passo fotografico. Ha ripetuto inquadrature e visioni con un rigore formale che dà spessore e valore a un progetto fotografico dai tanti meriti: in volontaria inversione di termini, New York Changing. Tutto è flusso; il cambiamento è l’unica permanenza Wall street District, dal tetto di One Wall street: Berenice Abbott (1938) e Douglas Levere (1997).

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New York ChangingRevisiting Berenice Ab bott’s New York, fotogra fie di Douglas Levere; te sti di Bonnie Yochelson; introduzione di Paul Gold berger; Princeton Archi tectural Press, 2004; 170 fotografie; 192 pagine 21,5x28cm, cartonato.

[Di questa esperienza parigina, oltre le prime testimonianze d’autrice, va ri cordata anche, e soprattutto!, la sua sco perta della grandezza fotografica del francese Eugène Atget (1857-1927), che viveva letteralmente di stenti; ne rile vò l’archivio, che -trasferito negli Stati Uniti- fu valorizzato come la Storia re gistra. Ancora, va annotato che Eugène Atget è l’unico fotografo menzionato dal filosofo Walter Benjamin nella sua Piccola storia della fotografia]. Dal proprio loft al Greenwich Village, di New York City, dove viveva con la critica d’arte Elizabeth McCausland, alla qua le rimase legata fino alla sua morte, nel 1965, Berenice Abbott partiva con una Century Universal 8x10 pollici (folding in legno) per le sue escursioni in città, guidata dall’intenzione di registrarne i cambiamenti avvenuti nei dieci anni di sua permanenza in Europa. Con Elizabeth McCausland, collaborò a un progetto sostenuto dal Federal Art Project, pro gramma del New Deal roosveltiano per finanziare le arti visive negli Stati Uniti. Con il rigore formale implicito (ed espli cito) nell’uso di un apparecchio fotogra fico grande formato, e applicando uno stile diretto e focalizzato, Berenice Ab bott fotografò New York City con la stes sa attenzione ai dettagli e la medesi ma diligenza che aveva appreso dalla carriera di Eugène Atget. La sua opera fotografica fornisce una cronaca stori ca e documentazione di molti edifici e isolati di Manhattan oggi demoliti. Anche se l’insieme delle sue fotografie evita il sensazionalismo, non va sottova lutato che, nonostante la Depressione e le migliaia di disoccupati, in quegli anni, New York era comunque viva e vitale. Nel 1930 e 1931, sono stati com pletati il Chrysler Building e l’Empire State Building. Il Primo maggio 1939, fu inaugurato il Rockefeller Center.

NEW YORK CHANGING In termini invertiti. Sedici anni fa, ormai, alla fine del Duemilaquattro, il quali ficato editore Princeton Architectural Press, di New York, ha pubblicato una raccolta fotografica di prestigio assoluto e taglio incantevole: New York Chan ging - Revisiting Berenice Abbott’s New York, dello scrupoloso Douglas Levere (1966). Avviato a partire dalla seconda metà degli anni Novanta del Novecento, e completato nel 2003, questo convin cente progetto fotografico è meritorio sotto diversi punti di vista. Come rivela subito il titolo, conservato nell’edizione libraria, realizzata in colla borazione con il Museum of the City of New York, New York Changing è un’a nalisi fotografica approfondita dei cam biamenti urbani e architettonici di una delle più accattivanti e mutevoli mega

Blossom Restaurant, 103 Bowery: Berenice Abbott (1935). Everyware Co. Inc., 103 Bowery: Douglas Le vere (1998). Henry street e Market street, verso ovest: Be renice Abbott (1935) e Douglas Levere (1998).

Quindi, l’autore Douglas Levere ha po tuto vantare sostegni intelligenti, anche solo morali (ma non è così), che hanno fatto tesoro di questa ricerca, che miglio ra e valorizza il patrimonio fotografico di una istituzione pubblica newyorkese preposta alla propria Storia. Ne riferiamo spesso, e la ripetizione è più che mai dovuta: non importa tan to il come (che pure è discriminante: lo stiamo per vedere), ma il perché. E così, a distanza di settant’anni, attraverso la visione e mediazione fotografica, New York riflette una volta ancora su se stes sa e i propri mutamenti ambientali, che poi sono anche sociali.

22 città del mondo, in continua e sistemati ca trasformazione: traduciamo in libertà con I cambiamenti di New York Il riferimento visivo tra presente e pas sato non è casuale, e neppure fortuito, né marginale; il sottotitolo è esplicito: Revisiting Berenice Abbott’s New York, ovvero Rivisitando la New York di Be renice Abbott (di Changing New York). Come abbiamo annotato, in volontaria e consapevole inversione di termini (da Changing New York a New York Chan ging), il progetto di Douglas Levere è esplicitamente e dichiaratamente rife rito alla serie originaria di Berenice Ab bott, della quale riprende e ripropone lo spirito e l’essenza. Lo abbiamo anti cipato: questa attuale vicenda è meri toria per più motivi. Anzitutto, conferma quanto e come, in altre geografie a noi lontane nello spa zio e nello spirito, il discorso fotografico non si inaridisca, come accade troppo spesso nel nostro paese, attorno i “se”, le “ipotesi”, i “presupposti” e l’improvvi sazione (questa senza virgolette). Negli Stati Uniti, il referente istituzionale è at tento alla comunicazione visiva, così co me lo è per ogni altra forma espressiva.

DOUGLAS LEVERE Come dichiarato, quello di Douglas Le vere è un autentico omaggio a Bereni ce Abbott e alla sua Fotografia. Invece di andare a rilevare e rivelare i più moderni e attuali cambiamenti di New York, che pure sono sostanziali, anche solo limitandoci alle trasforma zioni dei più recenti decenni, Douglas Levere ha ripetuto le inquadrature di Berenice Abbott degli anni Trenta, rial lacciandosi al suo percorso originario.

Panificio (A. Zito Bakery e A. Zito & Sons Bakery), 259 Bleecker street: Be renice Abbott (1937) e Douglas Levere (1998).

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Materia nuova, materia moderna non gli sarebbe mancata. Infatti, è caratteristico di New York recuperare aree cittadine dismesse, riconvertite in attività reddi tizie e produttive. Negli ultimi decenni, i magazzini di SoHo, TriBeCa, Chelsea e attorno la Quattordicesima strada, nel West Side, da dove sono emigrati gli originari depositi delle carni, si sono si stematicamente trasformati in gallerie d’arte, ristoranti, centri della moda, at tirando attorno a sé rinnovate socialità. (Attenzione: in molti casi, dati i sog getti obbligati, le visioni attuali di Dou glas Levere non rivelano cambiamenti sostanziali rispetto alcune fotografie di Berenice Abbott. Addirittura, e neppure tanto paradossalmente, sono più le con ferme architettoniche, a settant’anni di distanza, degli sconvolgimenti urbani. Ma questo non compromette la cifra sti listica dell’odierno progetto fotografico). Quindi, il secondo merito individuato di New York Changing, di Douglas Leve re, si basa su questa prosecuzione/con secuzione fotografica ideale, a partire dalle immagini di Berenice Abbott. Il che significa che si tratta di visioni note, addirittura iconiche, che appartengono alla memoria collettiva dei newyorkesi, prima che a quella degli esperti di Fo tografia, alle quali è legittimo riferirsi. Ovvero, se le fotografie di Berenice Ab bott fossero conosciute soltanto dagli ad detti, e non dalla gente comune, l’intero richiamo di Douglas Levere non avreb be avuto senso. Invece, si tratta di una confortante conferma di una consisten te quotidianità della Fotografia d’auto re, presente nella socialità statunitense. A seguire, un altro merito: nel completo spirito della riproposizione, Douglas Le vere ha agito replicando i modi originari di Berenice Abbott, fino ad arricchire l’o dierno perché di un identico come ope rativo, dal quale dipende lo stile narrativo dell’attuale progetto fotografico. Distri buendo le proprie sessioni fotografiche dal 1997 al 2003, prima di tutto, Douglas Levere è tornato nei luoghi originaria mente fotografati da Berenice Abbott, negli stessi giorni dell’anno e alla me desima ora, ripetendone così perfino le condizioni luminose. Però, ha soprattutto individuato il punto di vista originario e realizzato inquadrature pressoché iden tiche, appunto comparabili a distanza di settant’anni abbondanti.

Timothy H. O’Sullivan: Canyon de Chelly (1873). Ansel Adams: White House Ruin, Canyon de Chelly (1942).

Ansel Adams: St. Francis Church, Ranchos de Taos, New Mexico (1928 circa). Paul Strand: Church, Ranchos de Taos, New Mexico (1931).

Dai film I gemelli (Twins ), di Ivan Reitman, del 1998, e Ore contate (Catchfire) [con monografia di Georgia O’Keeffe], di e con Dennis Hopper, del 1990.

CavallinoArchivio FOTOgraphia

Ancora meritoriamente, per quanto possibile, Douglas Levere ha lavorato con una Century Universal 8x10 polli ci identica a quella usata da Berenice Abbott negli anni Trenta. Lo certifica nel suo testo introduttivo, dando così immediato valore e consistente ragion d’essere a quella mediazione tecnica che noi consideriamo influente sul linguag gio fotografico. In chiusura di libro, Dou glas Levere torna sull’argomento, spe cificando di aver anche usato, in pochi casi, una folding Linhof 4x5 pollici.

ALTRI DOPPI

RI-FOTOGRAFIA Così, in conclusione, ancora registriamo il cambiamento architettonico e urba no di New York, al quale conseguono mutamenti di ordine e carattere socia le, andando a confrontare tra loro do cumenti fotografici distanti nel tempo. Una singola fotografia dà l’illusione che il Tempo si fermi. Come in questo caso, una ri-fotografia solleva quell’illusione. In questo intreccio tra vecchio e nuovo, diverso e uguale, sta la verità che Be renice Abbott ha ben compreso. Tutto è flusso; il cambiamento è l’unica per manenza. Anche in Fotografia. Questo progetto di Douglas Levere, in coppia ricercata con Berenice Abbott (?), rappresenta un invito nuovo non so lo ai ri-fotografi del presente e futuro, ma a chiunque sia interessato alla vita urbana. In gran parte, il futuro delle no stre città dipende dalla comprensione dell’andamento delle decisioni del pas sato, come anche del presente. Forza e potere della Fotografia, che consente riflessioni personali grazie alle quali si approfondiscono gli approcci individuali all’Esistenza. A ciascuno, le proprie.

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In inquadrature dal basso verso l’alto, ne consegue una consistente possibilità di controllo degli spigoli verticali, grazie a generosi decentramenti dei piani.

Comunque, in relazione alle inquadra ture, la Century Universal 8x10 pollici, mutuata dalla dotazione tecnica origi naria di Berenice Abbott, è stata usa ta con obiettivi Goerz Dagor di diverse lunghezze focali: 7 pollici f/5,6 (175mm), 9,5 pollici f/6,7 (240mm), 10,75 pollici f/6,8 (275mm), 12 pollici f/6,8 (300mm) e 14 pollici f/7,7 (355mm). In particolare, la dote tecnica discri minante dell’antico disegno ottico Da gor, una delle sicurezze senza Tempo, riguarda il suo ampio cerchio immagine, che consente significativi movimenti dei corpi dell’apparecchio grande formato.

Nel proprio svolgimento, così rigoroso e rispettoso del riferimento alle visioni originarie di Berenice Abbott, New York Changing, di Douglas Levere, richiama alla memoria altri esempi di comparazioni fotografi che. Medesimi soggetti visti da fotografi diversi, in tempo congiunto o in separazione di anni, composizioni fotografiche analoghe (casuali o volontarie) e richiami espliciti arricchiscono la Storia della Fotografia. I casi sono così tanti, da poter essere anche raccolti in uno studio a tema. Ci limitiamo a segnalarne qualcuno, tra quanti ne ricordiamo a memoria.

26 OCCHI 1993Testori;Giovanni

27 Giorgio Lotti

SUL MONDO Giorgio Lotti è un fotogiornalista che si esprime con una fotografia personale, profonda, che ha definito una professio ne che si è proiettata nel cuore (e nella mente) di generazioni. Ha raccontato per immagini, rivelando una intimità scan dita da una palese visibilità fotografica, per offrire all’osservatore un punto di esplorazione proprio e confidenziale

È uno dei fotogiornalisti che, in staff, hanno “fatto epoca”, nel senso che hanno composto i tratti visuali del celebre e fon damentale settimanale illustrato Mondadori, per l’appunto Epoca : fondato nel 1950 (primo numero del quattordici ot tobre), originariamente diretto da Alberto Mondadori in per sona, al quale, dal 1956, subentrò Enzo Biagi, e, poi, ci furono tutti gli anni Sessanta di Nando Sampietro. Dunque, momenti di giornalismo e fotogiornalismo di spes sore e valore. Fotogiornalisti, in alfabetico non gerarchico: Walter Bonatti (1930-2011), Mario De Biasi (1923-2013), Sergio

(2)1991albanese;Migrazione 1970muore;Venezia 1976Friuli;inTerremoto 1976scene;allel’addiodàTibaldiRenata

28 di Maurizio Rebuzzini Per diritto di anagrafe, Giorgio Lotti (1937) è un bravo e serio fotogiornalista che appartiene a quella generazione di giorna listi della carta stampata informati sugli argomenti di propria competenza. È un fotogiornalista che ha agito in redazioni nelle quali la concentrazione sul giornalismo era imperativo irrinunciabile e non negoziabile: direttori, caporedattori, redat tori, corrispondenti e collaboratori sintonizzati su un senso del dovere senza compromessi (che non, magari, quelli di equili brio politico di riferimento e, forse, appartenenza).

alla cronaca che si proietta in avanti e oltre, per quanto -in tempi più recenti- si sia rivolto a riflessioni individuali su Lu ce, Colore ed Emozioni (altra storia, altra vicenda).

(2)1966Firenze;diAlluvione1970muore;Venezia (continua a pagina 32)

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Del Grande (1932-1984), Mauro Galligani (1940), Nino Leto (1945), Giorgio Lotti (per l’appunto) e Walter Mori (1918-20??). Dunque, anni di colloquio e rispetto delle rispettive pro fessionalità. Collaborazione con i giornalisti; coesione reda zionale («dammi la prima visione; seleziona tu le fotografie da impaginare») e missione comune: raccontare la Storia, raccontare la Vita. Raccontare. Dunque, Giorgio Lotti, fotogiornalista in adempimento anche a una storia fotografica di origini radicate indietro nel Tempo, ha applicato la sua osservazione fotografica sia

1965giugno3Stelvio;d’Italia,Giro

Lo scrupoloso Giorgio Lotti si è sempre espresso con una fo tografia personale, profonda, che ha definito una professione quotidiana che si è proiettata nel cuore (e nella mente) di ge nerazioni. Ha raccontato per immagini, rivelando una intimità scandita da una palese visibilità fotografica, per offrire all’os servatore un punto di esplorazione proprio e confidenziale.

30 1965Loren;Sophia1960Quasimodo;Salvatore1979Berlinguer;Enrico 1969(Allunaggio);UngarettiGiuseppeEugenioMontalericevelanotiziadell’assegnazionedelPremioNobel;1975

31 1964Bonatti;Walter1984Leone;Sergio1964Mastroianni;Marcello1993Arafat;Yasser

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1977Cina;Shanghai,diMercato1966Nurejev;RudolfeFonteynMargot

Noi, osservatori di questa sua strabiliante azione fotogior nalistica (sì, proprio strabiliante), scandita nei decenni, sia mo stati sempre coinvolti in prima persona, fino a diven tarne complici. Domanda d’obbligo: nella semplicità della propria veste e complessità del proprio linguaggio, la Fo tografia può arrivare a tanto? Certamente! Soprattutto in questo caso, nel quale l’amore si manifesta in tutta la pro pria avvolgente ricchezza. Amore della mente, amore del cuore, amore fisico che trasuda da un omaggio visivo che scorre su un binario perlomeno e quantomeno multiplo e

(2)1968Pio;PadrediFuneraliAndyWarhol;1983 (continua da pagina 29)

Professionista della cronaca, della fotografia che inse gue lo svolgimento quotidiano della Vita, ha declinato la propria creatività con scrupolo, morale ed etica: offrendo inquadrature e composizioni a lungo meditate. In ogni si tuazione che ha definito geografie e climi del Mondo, ha applicato il rigore della visione giornalistica: individuando il punto di vista, selezionando la prospettiva, distribuendo i piani di attenzione. Alla resa dei conti, ha rivelato l’anima e l’amore che ha per se stesso e che condivide con gli altri.

33 soggetti, così come le ha intuite e realizzate l’autore. In ide ale prosecuzione, verso la quale Giorgio Lotti ha sempre invitato, ciascuno ricostruisca il proprio Mondo. Là, dove il Cuore rivela che l’Anima è tutto ciò che noi siamo. Nel momento in cui questo avviene, la Fotografia (ma iuscola consapevole e volontaria) raggiunge il proprio sco po. Non la natura che si fa di sé medesima pittrice, verso la quale ambivano i pionieri, ma la Vita che si rivela tra le pieghe della propria raffigurazione. Hai detto poco! ■ ■

coincidente. A un tempo, le fotografie di Giorgio Lotti sono state pretesto e fine. A un tempo, il soggetto conta e non conta (anche se conta sempre, eccome). A un tempo, la Fo tografia ha svolto il proprio meraviglioso compito: quello di sollecitare il cuore che batte nel petto di ciascuno di noi. Sia chiarito subito, non soltanto presto. Nessuna di queste immagini raffigura i soggetti di appiglio e giustificazione. Queste atmosfere, questi luoghi non sono esistiti nella re altà. Nelle fotografie di Giorgio Lotti non ci sono i soggetti, come si potrebbe credere (sbagliando), ma fotografie dei

1965Churchill;WinstonsirdiFunerali1965Gimondi;Felice

Talento creativo! I luoghi e gli oggetti hanno un proprio significato, come le Parole; e possiamo leggerli come fossero in un libro. In denomina zione provvisoria, Luoghi della Fotografia è un progetto a più mani (a più menti) rivolto alla documentazione e certificazione di un momento storico particolare: quello di un cambiamento repentino nei modi della Fotografia introdotto da esuberanti nuove modalità di lavoro profes sionale. Non una trasformazione lineare e consequenziale, come sempre avvenuto negli scorsi decenni; ma una metamorfosi completa, che abbandona ciò che è stato, per proiettarsi verso ciò che è, sarà e dovrà essere. Dal progetto, in estratto, lo studio milanese di Renato Marcialis

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DENTRO LO STUDIO

35 Fotografie di Antonella Bozzini, Daniela Damiano e Ottavio Maledusi RENATO MARCIALIS

A differenza, quando si affronta la pro fessione fotografica, è richiesta una co noscenza che non si limiti all’apparenza a tutti visibile, ma affondi le proprie ra dici nella consistenza dei termini e delle discriminanti. Infatti, per ogni indirizzo della professione, vanno considerate logiche specifiche e eventuali comple menti infrastrutturali, di persone (staff di altri professionisti) e, perché no, og getti e supplementi specifici. Soprattutto, ma non certo soltanto, è il caso dello still life in sala di posa, a propria volta scomponibile e ricompo nibile in tanti e tanti indirizzi peculiari. In modo particolare, ancora più in parti colarità, è il caso della fotografia di food e dintorni/contorni, entro il cui profes sionismo spicca l’eccellenza espressi va e interpretativa di Renato Marcialis, che a un certo momento della propria carriera ha iniziato ad accompagnare la ricerca visiva personale allo svolgimen to di incarichi su commissione. Tanto che, oggigiorno, è proprio questo aspet to della sua individualità che ne defi nisce la personalità d’Autore, meglio e

Lo Studio fotografico di Renato Marcialis è luogo in pertinente equilibrio tra l’eleganza della for ma e la consistenza delle indispensabili assistenze infrastrutturali (forma e contenuto): tutte dirette verso il miglior adempi mento della fotografia di food. Le aree di allesti mento dei set si fondo no con quelle di accogli mento e complemento. Nulla è lasciato al caso, sia per lo svolgimento della professione, ovvero della ripresa fotografica, sia per l’accoglienza dei clienti. È qui che sono nate le immagini del progetto Caravaggio in Cucina, autentica cifra stilistica di Renato Marcialis: in ap profondimento, sul sito cina.itwww.caravaggioincu ; in testimonian za, dalle/sulle tavole del Calendario Epson 2015 / Luci e Ombre, scaricabi le attraverso il QRcode a fine articolo. Ancora in equilibrio, tec nica e creatività. La tec nica si può imparare (e insegnare), la creatività è talento e può essere solo educata e coltivata.

36 di Maurizio Rebuzzini I discorsi generali sulla Fotografia, spes so generici, consentono l’accesso a tutti: anche agli impreparati e inesperti. In fatti, si tratta di una materia / disciplina / espressione che consente un facile ac cesso, soprattutto quando si agisce nel la retorica di richiami non approfonditi, declinati con altisonante e indetermina ta astrazione di parole e considerazioni.

La base di questo è l’interpretazione personale di elementi della Natura, ma la sovranità e perfezione delle compo sizioni si estende oltre; per esempio, al ritratto; per altro esempio, al coin volgente still life di oggetti tradizionali della cucina senza Tempo. Certo, luce. Altrettanto certo, sogget to e inquadratura. Ma! Ma, sopra tutto, l’Autore (Renato Marcialis!) e, in una cer ta misura, il luogo d’azione e le proprie suppellettili. È proprio il riconoscimento dell’infrastruttura che distingue il profes sionismo fotografico, arrivando perfino a qualificarlo: nelle intenzioni esplicite, magari ignorate dall’osservatore generi co, per quanto individuate e identificate da quello competente a farlo. Così che, la Fotografia di Renato Mar cialis, edificata anche sul pertinente e completo controllo (e possesso) di im pianti complementari, richiama alla men te un passaggio esplicativo, che ripren diamo dal filosofo statunitense Harry G. Frankfurt (1929), professore emerito alla Yale University, alla Rockfeller Uni versity e alla Ohio State University. Nel suo illuminante e sostanziale (e indi «Nei tempi antichi, artisti e artigiani non si conce devano scorciatoie. La voravano con attenzione, e curavano ogni aspetto della loro opera. Prende vano in considerazione ogni parte del prodotto, e ciascuna era proget tata e realizzata esatta mente come avrebbe do vuto. Non allentavano la loro attenta autodiscipli na nemmeno riguardo ad aspetti che di norma non sarebbero stati visi bili. Anche se nessuno si sarebbe mai accorto di tali imperfezioni, lo ro dovevano rispondere alla propria coscienza. Perciò, non si nascon deva lo sporco sotto il tappeto. O, si potrebbe forse dire, non c’erano stronzate». (da On Bullshit, dell’au torevole filosofo statuni tense Harry G. Frankfurt [1929], professore eme rito alla Yale University, alla Rockfeller University e alla Ohio State Univer sity, tradotto in italiano Stronzate. Un saggio fi losofico, in edizione Riz zoli del 2005).

professionismo quotidiano (comunque, di altrettanta eccellenza fotografica).

Dal sito Caravaggio in Cucina (www. caravaggioincucina.it), Renato Marcia lis sintetizza e visualizza una espressi vità fotografica che ha elevato a valore e identità inconfondibili una certa lu ce, presto riconosciuta, per l’appunto riconducibile al maestro della pittura.

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Certo, luce. Altrettanto certo, soggetto e inqua dratura. Ma! Ma, sopra tutto, l’Autore (Renato Marcialis!) e, in una certa misura, il luogo d’azione e le proprie suppelletti li. È proprio il riconosci mento dell’infrastruttu ra che distingue il pro fessionismo fotografico, arrivando perfino a qua lificarlo: nelle intenzioni esplicite, magari ignorate dall’osservatore generico, per quanto individuate e identificate da quello competente a farlo. Così che, la Fotografia di Renato Marcialis è edifi cata anche sul pertinen te e completo controllo (e possesso) di complementari.impianti

38 del 2005, tradotto in italiano in Stronzate [pardon, ma tanto è], per la coeva edi zione italiana Rizzoli, Harry G. Frankfurt annota che il filosofo austro-inglese Lu dwig Wittgenstein (1889-1951), una delle più brillanti luci accese sul Novecento, considerava proprio motto esistenzia le una quartina del poeta ed educato re statunitense Henry Wadsworth Lon gfellow (1807-1882): «Negli antichi tempi dell’arte / i costruttori lavoravano con la massima cura / ogni parte minuscola e invisibile, / perché gli dei sono ovunque». Da qui, il suo corrosivo commento (che noi riferiamo al professionismo fotografi co di Renato Marcialis): «Il senso di questi versi è chiaro. Nei tempi antichi, artisti e artigiani non si concedevano scorciatoie. Lavoravano con attenzione, e curavano ogni aspetto della loro opera. Prende vano in considerazione ogni parte del prodotto, e ciascuna era progettata e realizzata esattamente come avrebbe dovuto. Non allentavano la loro attenta autodisciplina nemmeno riguardo ad aspetti che di norma non sarebbero sta ti visibili. Anche se nessuno si sarebbe mai accorto di tali imperfezioni, loro do vevano rispondere alla propria coscien za. Perciò, non si nascondeva lo sporco sotto il tappeto. O, si potrebbe forse di re, non c’erano stronzate». Eccolo qui, il senso e valore dello stu dio milanese di Renato Marcialis, equili brio tra l’eleganza della forma e la con sistenza delle indispensabili assistenze infrastrutturali; eleganza e indispensa bilità, almeno e quantomeno per lui.

Il fotografo possessore, oltreché di apparecchi, obiettivi e supporti, an che delle cognizioni ne cessarie per adoperarli bene e al meglio, è fa talmente avvantaggiato. Sapersi muovere con si curezza tra le condizioni generali del lavoro e le applicazioni eventual mente particolari è un dovere professionale e un diritto personale.

Certo, la tecnica da sola non basta, ma la stessa tecnica indirizza gli svolgimenti, fino al punto che il fotografo possessore, oltreché di apparecchi, obiettivi e sup porti, anche delle cognizioni necessarie per adoperarli bene e al meglio, è fatal mente avvantaggiato. Sapersi muovere con sicurezza tra le condizioni genera li del lavoro e le applicazioni eventual mente particolari è un dovere profes sionale e un diritto personale. Nel metodico e meticoloso rapporto tra tecnica e creatività si deve essere consapevoli dei rispettivi valori e delle relative influenze. E si deve anche rico noscere che la tecnica è necessaria per la trasformazione e concretizzazione fo tografica dell’intuizione creativa. La cre atività dipende dal talento individuale, e può essere educata e coltivata. La tec nica si può imparare, basandosi prima di altro sulla conoscenza e consapevo lezza degli strumenti, che in Fotogra fia si debbono considerare alla stregua di utensili del lavoro. Con ciò, nessuna sopravvalutazione, ma neppure nessu na sottovalutazione tra il come e il per ché: la tecnica fotografica deve essere conosciuta, controllata e dominata per scomparire a favore della creatività. È certamente un mezzo, non un fine. E la creatività è talento.

■ ■ SOLOONLINE / / /QR code CALENDARIO EPSON 2015

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MALKOVICH... MALKOVICHJOHNNONMALKOVICHESSERE Irving Penn 2014)(nel1948City,YorkNewCapote;Truman 40

41 In edizione italiana Skira, l’affascinante e coinvolgente monografia fotografica Malkovich Malkovich Malkovich: Homage to Photographic Masters chiarisce se stessa fin dal titolo, in combinazione dei suoi due elementi portanti. In ordine inver so: serie di ritratti in commovente omaggio a fotografi che hanno scritto capitoli di Storia; appassionante interpretazione dell’eclettico attore John Malkovich, che anche qui -ancora qui- rivela proprie capacità camaleontiche. A conti fatti, trenta quattro autori reinterpretati, per sessantadue immagini totali. Progetto eccezionale. Monografia imperdibile... sempre che... Sandro Miller Arthur Sasse 2014)(nel1951Tongue;HisOutStickingEinsteinAlbert

Annie Leibovitz

2017)(nel1941Churchill;Winstonsir

42 di Antonio Bordoni Nell’ampio panorama degli attori hollywoodiani, vasto ed eterogeneo per quantità e qualità interpretative, John Malko vich (John Gavin; 1953) occupa una posizione preminente e di rilievo. Soprattutto, gli si riconosce una particolare ca pacità di “entrare nel personaggio” con abilità e attitudini esclusive, tanto da definire interpretazioni più che eccellenti. Dal nostro punto di vista viziato, oltre che mirato, rivolto alla Fotografia, in tutte le proprie manifestazioni, possiamo ricordare John Malkovich nella credibilità del fotogiornalista Al Rockoff, uno dei fotografi che compone la sceneggiatura del film Urla del silenzio (The Killing Field ), di Roland Joffé, del 1984, ambientato nella Cambogia del 1975, della tragi ca dittatura dei kmer rossi del famigerato e crudele Pol Pot (1925-1998), e del suo genocidio di due milioni di cittadini iner mi (cifra ipotizzata, sul conteggio realistico da un milione e mezzo e tre milioni), su quattordici milioni di popolazione. In completamento, è questo il film che narra anche la vicenda personale di Dith Pran (1942-2008), il fotogiornalista cam bogiano salvato dal giornalista statunitense Sidney Schan berg (nel film, rispettivamente interpretati da Haing S. Ngor e Sam Waterston, il procuratore Jack McCoy della longeva serie televisiva statunitense Law & Order ). Più in generale, e assoluto, non va ignorata, e neppure sottovalutata, l’interpretazione di John Malkovich nel curio so e inquietante film Essere John Malkovich (Being John Malkovich), di Spike Jonze, del 1999, nel quale un buratti naio scopre un portale che conduce letteralmente all’in terno della mente dell’attore. Tutto questo, che non è certo tutto quanto si potrebbe ri ferire, contestualizza una eccezionale (proprio, eccezionale) capacità interpretativa che ha condotto John Malkovich ad essere protagonista di un singolare e magistrale progetto del fotografo statunitense Sandro Miller (1958; pure lui nato nell’Illinois, come l’attore, del quale è amico da tanto tem po). Raccolta in fantastica monografia d’autore, intitolata Malkovich Malkovich Malkovich: Homage to Photographic Masters, come specificato nel proprio titolo, questa coin volgente serie fotografica rende omaggio a trentaquattro grandi fotografi del passato e presente (per sessantadue immagini), nella reinterpretazione fedele (!) di loro ritratti iconici (tre volte, Marilyn Monroe). Di fatto, qui si incontrano due abilità individuali: quella del fotografo Sandro Miller, in rigorosa lealtà e dedizione realiz zativa, oltre che in eccellente creatività, e quella dell’attore John Malkovich, in recitazione camaleontica.

Patrick Demarchelier Turlington,Christy VogueBritish 2017)(nel1992CityYorkNew; Pierre et Gilles 2014)(nel1990Gaultier;Jean-Paul

2014)(nel1967Jersey,NewTwins;Identical Andy Warhol 2014)(nel1986Wig);(FrightPortraitSelf

Yousuf Karsh

2014)(nel1980dicembre8Ono;YokoandLennonJohn

Diane Arbus

Alberto Korda

2014)(nel1960Guevara;Che

Dorothea Lange

2014)(nel1936California,Nipomo,Mother;Migrant

2017)(nel1929Boxers; Philippe Halsman

Herb Ritts

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Carl Fischer

Certo, operazioni simili sono state realizzate in molte oc casioni e con molteplici soggetti. Così come sono stati com posti tanti e tanti progetti fotografici svolti attraverso ritratti consequenziali di fotografi. Qui e ora, è necessario rilevare come la stragrande maggioranza di questi sia stata svolta in miserevole cadenza fotografica (principalmente, in Ita lia, entro i cui confini l’approssimazione fotografica, la cor rispondente ignoranza e la coincidente presunzione di se stessi sono imperanti). A completa differenza, questo at tuale Malkovich Malkovich Malkovich: Homage to Photo graphic Masters possiede le stigmate dell’eccellenza, dell’ec cezionalità, dell’intelligenza: in una persuasiva e invitante combinazione di qualità formale e intensità di contenuti! John Malkovich ha concesso il suo non comune talen to mimico al servizio di un abile fotografo e di selezionate immagini e degli autori più celebrati della Storia dell’Arte e della Fotografia. La cadenza stabilita da Sandro Miller ha scandito tempi e modi del ruolo che ciascuno di questi (so prattutto, statunitensi!) ha avuto nell’ispirare il suo lavoro (chi altro può vantare una coincidente cultura del proprio lavoro?): in semplificazione d’obbligo, da Richard Avedon a Diane Arbus, a Irving Penn, a Yousuf Karsh... Come già annotato, l’amicizia tra Sandro Miller e John Malkovich risale alla fine degli anni Novanta del Novecen to, quando entrambi collaborarono a un progetto per l’es semble della Steppenwolf Theatre Company, di Chicago. A seguire, nel 2013, Sandro Miller ha proposto a John Malko vich di interpretare alcune immagini dei maestri del ritratto fotografico. Un anno dopo, sono iniziate le riprese fotogra fiche, meticolosamente preparate, realizzate con il contri buto di una qualificata e autorevole troupe di costumisti, truccatori, scenografi e direttori luci: la maggior parte delle quali realizzate nello stesso Duemilaquattordici; le altre, nel Duemiladiciassette. Dal punto di vista formale, necessario all’efficacia dei contenuti (da e con Wassily Kandinsky: forma e contenuto), nulla è stato lasciato al caso, né sottovalutato.

2014)(nel1967City,YorkNewAli;Muhammad August Sander

2014)(nel1954Dalí;Salvador

2014)(nel1988Londra,Nicholson;Jack

Un allestimento originario avrebbe dovuto essere esposto a Trieste, nelle sale dell’autorevole Magazzino delle Idee, la scorsa primavera-estate; se non che, come tutti ben sap piamo, le vicende Covid 19 / pandemia / lockdown e colori distribuiti sul territorio nazionale hanno sconvolto qualsivo glia calendario pubblico. A conseguenza, rimandati/esauriti gli allestimenti scenici, rimane testimonianza fattibile della sola monografia, in eccellente edizione Skira. Con tutto, e malgrado molto, il progetto rimane inalterato e merita una attenzione fotografica concentrata.

Diane Arbus (1923-1971) A Young Man in Curlers on West 20th street; New York City, 1966 (nel 2014) Diane Arbus (1923-1971) Identical Twins; New Jersey, 1967 (nel 2014) Diane Arbus (1923-1971) Child with Toy Hand Grenade; 1962 (nel 2014) Richard Avedon (1923-2004) John Ford; Bel Air, California, 11 aprile 1972 (nel 2017) Richard Avedon (1923-2004) Ronald Fisher, Beekeeper, Davis, California; 9 maggio 1981 (nel 2014) David Bailey (1938) Mick Jagger Fur Hood; 1964 (nel 2014) Bill Brandt (1904-1983) Eyes (quattro immagini); 1960-1964 (nel 2014) Edward Sheriff Curtis (1868-1952) Three Horses; 1905 (nel 2014) Patrick Demarchelier (1943) Christy Turlington, British Vogue; New York City 1992 (nel 2017) Carl Fischer (1924) Muhammad Ali; New York City, 1967 (nel 2014) Alexander Gardner (1821-1882) Abraham Lincoln; 1863 (nel 2017) Philippe Halsman (1906-1979) Salvador Dalí; 1954 (nel 2014) Horst P. Horst (1906-1999) Mainbocher Corset; 1939 (nel 2014) Eikoh Hosoe (1933) Man and Woman #6; 1960 (nel 2014) Yousuf Karsh (1908-2002) sir Winston Churchill; 1941 (nel 2017) Yousuf Karsh (1908-2002) Ernest Hemingway; 1957, (nel 2014) André Kertész (1894-1985) Distorsion #1; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #9; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #2; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #8; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #3; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #4; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #5; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #7; 1927-1933 (nel 2017) André Kertész (1894-1985) Distorsion #6; 1927-1933 (nel 2017) William Klein (1928) Smoke and Veil, Paris Vogue; 1958 (nel 2014) Alberto Korda (1928-2001) Che Guevara; 1960 (nel 2014) Dorothea Lange (1895-1965) Migrant Mother; Nipomo, California, 1936 (nel 2014)

Robert Mapplethorpe (1946-1989) Self Portrait; 1983 (nel 2014)

Robert Mapplethorpe (1946-1989) Ken Moody & Robert Sherman; 1984 (nel 2017) Jim Marshall (1936-2010) Johnny Cash (Flipping the Bird); San Quentin Prison, 1969 (nel 2014) Arnold Newman (1918-2006) Igor Stravinsky; New York City, 1960 (nel 2014) Gordon Parks (1912-2006) American Gothic; Washington, DC, 1942 (nel 2014) Irving Penn (1917-2009) Pablo Picasso; Cannes, Francia, 1957 (nel 2014) Irving Penn (1917-2009) Truman Capote; New York City, 1948 (nel 2014) Irving Penn (1917-2009) Truman Capote; New York City, 1965 (nel 2017) Pierre et Gilles (1950 e 1953) Jean-Paul Gaultier; 1990 (nel 2014) Man Ray (1890-1976) Tears; 1932 (nel 2017) Herb Ritts (1952-2002) Jack Nicholson (quattro immagini); Londra, 1988 (nel 2014) August Sander (1876-1964) Boxers; 1929 (nel 2017) August Sander (1876-1964) Bricklayer; 1928 (nel 2017) Art Shay (1922-2016) Simone de Beauvoir; 1950 (nel 2014) Arthur Sasse (1908-1975) Albert Einstein Sticking Out His Tongue; 1951 (nel 2014) Andres Serrano (1950) Piss Christ; 1987 (nel 2014) Victor Skrebneski (1929-2020) Bette Davis; Los Angeles Studios, 8 novembre 1971 (nel 2014) Victor Skrebneski (1929-2020) Orson Welles; 1970 (nel 2014) Bert Stern (1929-2013) Marilyn in Pink Roses; da The Last Sitting, 1962 (nel 2014) Bert Stern (1929-2013) Marilyn Monroe Crucifix II; 1962 (nel 2014) Andy Warhol (1928-1987) Self Portrait (Fright Wig); 1986 (nel 2014) Andy Warhol (1928-1987) Green Marilyn; 1962 (nel 2014) Albert Watson (1942) Alfred Hitchcock with Goose; 1973 (nel 2014) La monografia Malkovich Malkovich Malkovich: Homage to Photographic Masters, che offre l’essenza dell’intenso pro getto dello statunitense Sandro Miller, rende omaggio a tren taquattro autori della Storia, con anche presenze multiple e sequenze preordinate. Nell’interpretazione camaleontica dell’attore John Malkovich, un cammino attraverso i decenni. In rigoroso alfabetico, gli autori presi in considerazione e i relativi ritratti eseguiti, in descrizione didascalizzata ufficiale, senza altre aggiunte da parte nostra, che avrebbero potuto contestualizzare alcune di queste fotografie (per esempio, The Passion of Muhammad Ali, sulla copertina del mensile Esqui re, dell’aprile 1968). Ma non è il caso, almeno qui, almeno ora.

Annie Leibovitz (1949) Meryl Streep; New York City, 1981 (nel 2014) Annie Leibovitz (1949) John Lennon and Yoko Ono; 8 dicembre 1980 (nel 2014) Christopher Makos (1948) Lady Warhol Diptych; 1981 (nel 2017) Christopher Makos (1948) Lady Warhol Diptych; 1981 (nel 2017) Christopher Makos (1948) Lady Warhol Standing; 1981 (nel 2017)

44 SESSANTADUETRENTAQUATTRO

Così, attraverso la regia di Sandro Miller, John Malkovich si è trasformato nell’Albert Einstein che mostra la lingua ad Ar thur Sasse (1951); nell’icona di Che Guevara, di Alberto Korda (1960); nel severo premier inglese Winston Churchill, che il canadese Yousuf Karsh realizzò per la copertina di Life, del 21 maggio 1945; nella poliedrica Meryl Streep, di Annie Leibovitz, per la copertina di Rolling Stone, dell’ottobre 1981; e, poi, in John Lennon con Yoko Ono, sempre di Annie Leibovitz, sem pre per Rolling Stone (edizione 22 gennaio 1981), scattato poche ore prima del suo omicidio, l’8 dicembre 1980. E tan to altro ancora, riportando la Memoria indietro nei decenni. Nella nostra selezione, restituiamo solo le fotografie di San dro Miller, nell’ipotesi e speranza che gli “originali” in omag gio visivo siano noti. Altrimenti, ognuno per sé ricerchi dove sono rintracciabili: lezione di Storia della Fotografia. Eccezionale. Imperdibile!

Malkovich Malkovich Malkovich: Homage to Photographic Masters, di Sandro Miller; nell’interpretazione di John Malko vich; con introduzione di Sandro Miller (Quando un attore famoso diventa la tua Musa); con una conversazione tra Jon Siskel e Sandro Miller; Skira Editore, 2020; in italiano; 144 pagine 26x32cm, cartonato; 40,00 euro.

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L’efficacia e attendibilità e veridicità del progetto sono dovute sia all’eccellente lavoro di identificazione svolto da John Malkovich (al quale si debbono attribuire mille e mille meriti), sia all’attenzione e concentrazione di Sandro Miller, nella sua rivisitazione di soggetti e autori, stili e linguaggi molto diversi tra loro... comprese eventuali cimose della pellicola, quando e dove necessario.

Annie Leibovitz 2014)(nel1981City,YorkNewStreep;Meryl

Ora e qui, registro e comuni co che a febbraio sono mancati due “amici” (in scarto di signifi cato), con i quali abbiamo con diviso passi, riflessioni, parole e dei quali abbiamo apprezzato le rispettive personalità fotogra fiche, per quanto diverse tra loro, per quanto svolte con in tenzioni e finalità diverse, ma non certo divergenti. In ripetizione d’obbligo da ana loghe considerazioni già esposte in occasioni precedenti, abbia mo (avuto) opinioni diverse da quelle di Pepi Merisio, mancato il tre febbraio, a novant’anni, e Efrem Raimondi, prematura mente scomparso il sedici feb braio, a sessantadue anni (ma gliene accreditavamo di me no), riguardo ciò che è degno di Memoria. Però, insieme a lo ro, siamo stati coscienti che se riusciamo a cogliere un istante dall’aria, magari con una Foto grafia, altrettanto possiamo cre arne uno tutto nostro, magari con una Fotografia. Nel rispetto degli affetti a lo ro vicini, che sollecitano altre considerazioni che non le no stre, sostanzialmente esterne (ma non lontane, ma non di staccate), questo dovere pro fessionale di ricordo vale per quanto pensiamo (laicamente) che la vita di chi ci ha lasciato positivo 665, registro (lo statu nitense) Will McBride, allora re sidente in Toscana, Gian Paolo Barbieri e Oliviero Toscani, che si cimentarono con la novità tecnico-commerciale Polacolor 808 in sostanziose dimensio ni 8x10 pollici (20,4x25,4cm). In altra aggiunta personale, il ricordo delle frequentazioni con Efrem Raimondi, fotografo capace anche di riflettere sul la materia (disciplina, arte...), dipende anche dalla doppia vicinanza, anagrafica e geo grafica. Quante le dispute che ci hanno unito/diviso/riunito. Quante le considerazioni che ci siamo scambiati. Quanta la stima che ci ha congiunti. Così che, una volta ancora, di fronte all’immutabile, ma non più per dovere professio nale, viene da pensare al sen so delle Esistenze. In doman da lecita, mi chiedo cosa ne sia -a questo punto- delle espe rienze e dei pensieri che han no guidato le vite terrene nel proprio cammino. Con la fine, tutto questo si perde, oppure, come suggerito, persiste e con tinua effettivamente nel ricor do dei vivi? Oltre che desiderio e sostegno, questo valore do vrebbe essere effettivamente reale, sì da comporre tessere di quel mosaico complessivo e globale che sovrintende l’e non è finita: continua in colo ro che lo hanno amato, perché l’Amore è l’essenza stessa della Vita. Per quanto... Anni fa, in un libro che -ahimèè stato smarrito in uno dei tanti traslochi della vita, ho letto un passaggio che spesso mi torna in mente, soprattutto in occa sioni dovute, come è questa di oggi. Vado a memoria: chi vie ne a mancare, in realtà, non se ne va del tutto, ma continua a vivere fino a quando qualcuno ne ricorda il nome, ne ricorda l’opera, ne celebra l’esistenza... anche solo in un breve richia moEccocitemporaneo.qui,Pepi Merisio e Efrem Raimondi lasciano tal mente tante fotografie di al ta qualità, non certo soltanto formale, ma nei contenuti, che non sarà certo possibile scor darne il passaggio terreno. In aggiunta personale, il ri cordo dell’incontro con Pepi Merisio (nato a Caravaggio, nel la provincia di Bergamo, come fosse un predestino) torna al 1978 di curatela della parte cipazione di fotografi italiani alla monografia di autoritrat ti in polaroid che l’autorevole periodico svizzero Camera, di retto da Allan Porter, realizzo quel lontano autunno: oltre a Pepi Merisio, che agì a Berga mo Alta, con l’austero negativo/ voluzione della specie, che di stingue il Sapiens da ogni altro animale del pianeta. Negli affetti vicini, sia familiari sia di frequentazione e coinvol gimento, questo effetto è forte e diretto; in quelli acquisiti, at traverso vite in qualche modo pubbliche, come sono quelle dei fotografi (per quanto ci ri guarda e interessa da vicino), l’influenza è “di rimando” e “in rimando”, vediamola e dicia mola così. Da cui, in ogni ca so le conseguenze di ogni vita sono influenti su quelle altrui. Ancora di più, se pensiamo a quanto di “fotografico” lascia no oggi Pepi Merisio e Efrem Raimondi, non possiamo igno rare la sostanza di immagini che, ognuna a modo proprio, sono arrivate, ancora arrivano, e ancor più arriveranno, avan ti nei prossimi anni, nel cuore di ciascuno di noi. Sì, la scomparsa conclude un ciclo. Altrettanto sì, ogni scom parsa non è necessariamente fine, ma avvio di un percorso ulteriore la proiezione verso gli altri. Da cui, vite risolte e vite proiettate. Ne siamo convinti. Ancora da e con altro. In libe ro e consapevole adattamen to da Sant’Agostino: «Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’u no per l’altro lo siamo ancora. Il tuo nome sia sempre la parola familiare di prima: lo pronuncio senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. Perché dovresti essere fuori dai miei pensieri e dalla mia mente, solo perché sei fuori dalla mia vista? Non sei lontano, sei dall’altra parte, proprio dietro l’angolo». Ovviamente, invito ciascuno a rintracciare da sé le fotografie di Pepi Merisio e Efrem Raimon di. Se non le conoscete, avrete la piacevole e sorpresa di due scoperte più che gratificanti. Nessuno è quello che fa; ognu no fa quello che è. Sempre, nel Ricordo. di mFrantiA FEBBRAIO SONO MANCATI I FOTOGRAFI PEPI MERISIO E EFREM RAIMONDI

Da e con Marco Tullio Cicero ne, nelle Philippicae (Filippi che XI. 10): Mortuorum in me moria est posita vivorum. Tra ducibile in La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi E questo è uno degli aspetti più sconfortanti e deprimenti del mio impegno giornalisti co. Per quanto rivolto soltanto alla Fotografia e suoi infiniti aspetti, questo obbligo -altro ve anche gradevole- diventa scoraggiante quando registra la scomparsa di compagni di cammino, sia in età accettabi le (ma non lo è mai), tantopiù in età precoce e anticipata ri spetto norme accolte.

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Pepi Merisio e Efrem Raimondi lasciano talmente tante fotografie di alta qualità, non certo soltanto formale, che non sarà certo possibile scordarne il passaggio terreno.

■ ■ / VOGLIAMO PARLARNE? / IN RICORDO

venuteci sono gli autoritratti e le immagini della sua fami glia realizzate durante il sog giorno a Gersau, in Svizzera, nel 1886, con la collaborazio ne della moglie Siri. Negli autoritratti, Strindberg è quasi sempre da solo, in po chi altri è con la moglie e i figli (Greta, Karin e Hans). Un pa io di immagini riprendono da soli il piccolo Hans e la sorella Greta con una bambola. Più che comuni fotografie di famiglia, secondo la moda fo toamatoriale dell’epoca, sono immagini che appaiono come un’autocelebrazione dell’autore. L’idea di queste immagini sca turì da una notizia che Strind berg ebbe nell’autunno del 1886: la prima “intervista fotografica” pubblicata in Le Journal Illustré, nella quale un chimico e teorico dei colori, Michel-Eugène Che vreul, veniva presentato in una conversazione su come raggiun gere i cento anni di età. In uno di questi ritratti, ve diamo Strindberg, seduto al dratura, si vede di scorcio, quasi di spalle. Fra le immagini di Ger sau, soltanto una lascia chiara mente trasparire uno sprazzo di serenità. È quella in cui, in giar dino, Strindberg seduto regge una pala e Greta tiene in mano l’annaffiatoio, e la piccola Karin, anche lei col cappello in testa, è dietro alla sorella. Il 15 novembre dello stesso 1886, Strindberg scrive una let tera all’editore Albert Bonnier, proponendogli la pubblicazione di queste immagini, accompa gnate da suoi testi. In questa lettera afferma che l’autrice delle fotografie era stata la moglie, mentre oggi i diversi studiosi ritengono che questa afferma zione fosse un escamotage: in questo modo lo scrittore, che risultava debitore verso l’edi tore, pensava di poter ricevere, attraverso Siri, un compenso.

[...] A quel tempo [1892], oltre ad aver realizzato alcuni dei suoi migliori quadri, lo scrittore aveva alle spalle una buona produzio ne fotografica, comprendente anche i primi risultati di foto grafia sperimentale: quelli che lui chiamava cristallogrammi, cui, a partire dal 1894, seguiran no le celestografie Due gene ri di immagini ottenute senza macchina fotografica. [...] Ma l’obiettivo che Strindberg realmente si poneva non era quello di apportare significativi sviluppi alla tecnica fotografica, bensì di compiere degli espe rimenti legati ai suoi interessi “alchemici”, attraverso i quali tentava di superare la crisi di creatività letteraria, seguita al le vicende del suo divorzio da Siri. Nel dicembre 1892, aveva infatti scritto a Ola Hansson: «Ho pensato di diventare fo tografo per salvare il mio ta lento! Di scrittore!». Le sue sperimentazioni fo tografiche sono strettamente collegate ai paesaggi pittorici di quel periodo, in cui i diversi elementi -aria, acqua, nuvole, terra- sembrano dissolversi uno nell’altro. Giustamente, Dou glas Feuk ha sottolineato che c’è in essi il sogno di una unità nascosta, dove tutto è dentro tutto, dove esiste la possibili tà di divenire qualcosa d’altro rispetto a quello che si è. [...] Dobbiamo registrare il fatto che per ben due volte Strindberg tentò di realizzare un reporta ge fotografico. La prima volta in Francia, nel 1886, la seconda in Svezia, nel 1890. Tutt’e due i reportage sono andati perdu ti. Il primo riguardava il mondo contadino francese, il secondo la natura e la gente svedese. Il nucleo più numeroso delle fotografie di Strindberg per tavolo; ha una penna in mano e sembra stia scrivendo qual cosa. In un’altra immagine, lo scrittore suona la chitarra, come sembra fosse sua abitudine, a giudicare anche da una lettera di ringraziamento che il pittore Paul Gauguin (1848-1903) gli scrisse il 5 febbraio 1895: «Eb bi l’idea di domandarvi que sta prefazione, quando vi vidi l’altro giorno nel mio studio suonare la chitarra e cantare».

Particolarissima è la fotogra fia nella quale Strindberg ha la testa china sulle mani appog giate sul tavolo. Sta pensando? A cosa? Certamente vuole dirci: “Penso. Sono completamente preso dal pensare”. L’immagine forse più significativa è quella che lo riprende con la moglie Siri, mentre giocano a trictrac. Sembrerebbe un quadretto di comune vita familiare, ma cer tamente Strindberg vuole fare pensare alla partita del matri monio. Lo scrittore è al centro dell’immagine, mentre la moglie, all’estremità destra dell’inqua

■ ■

Sta

In realtà, le fotografie sono state realizzate sotto la guida dello scrittore, usando, secondo quanto afferma la figlia Karin, uno scatto flessibile. Nondime no, anche in seguito, Strind berg continuò ad attribuire le fotografie a sua moglie. L’idea di Strindberg era quella di un libro con la dicitura «Au gust Strindberg / Immagini im pressioniste di S.S. / con testi». [...]

Particolarissima è la fotografia nella quale Strindberg ha la testa china sulle mani appoggiate sul tavolo. pensando? A cosa? vuole dirci: “Penso. Sono completamente preso dal pensare”.

Certamente

Finalmente, nel 1997, le fo tografie furono pubblicate se condo il progetto di Strindberg, accompagnate dai suoi testi.

48 QR code TESTO COMPLETOSOLOONLINE/ / / / SCRITTORI E FOTOGRAFIA / AUGUST STRINDBERG

CREATORE DI IMMAGINI DEL TUTTO SINGOLARE In estratto dal testo completo, scaricabile con il QRcode riportato a fine testo.

Perso l’interesse per la foto grafia, Strindberg rivendette l’apparecchio nel febbraio 1888, a Copenaghen, che venne ri trovato nel 1996, e fa ora parte della collezione dello Strind bergsMuseet, di Stoccolma, in Svezia. E lì è esposto. [...]

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SULLA FOTOGRAFIA DEL DISINGANNO

Nel 1937, Elise Amelie Felicie Stern sposa il pittore ebreo Ev sa Model (1899-1976): e, un an no dopo, si trasferiscono a New York. Qui, Lisette Model fotografa ricchi, poveri, artisti, diseredati; è membro della Photo League (cooperativa di fotografi che si occupa di lotte sociali), pubblica per la stampa di sinistra (anche su riviste Durante“alimentari”).la“cacciaalle stre ghe” del famigerato senatore repubblicano Joseph McCarthy, all’indomani della Seconda guer ra mondiale, Lisette Model fu interrogata dalla Commissio ne per le attività antiamerica ne, perché sospettata d’avere collegamenti (che non c’era no) col Partito Comunista. Al Arbus (1923-1971), a fotografare la bellezza del disinganno co me nessuno mai! Così Lisette Model, su come fare-fotografia: «SparaDopodall’intestino».diversemostre, collezio ni in musei e gallerie internazio nali, nel 1979, la pubblicazione della monografia, Lisette Mo del, con prefazione di Berenice Abbott, ha rappresentato una vera e propria frattura culturale all’interno dell’editoria fotogra fica, almeno quanto le edizioni originarie (nella confezione e nel Tempo) di The Americans, di Robert Frank, del 1958, e New York, di William Klein, del 1956 (titolo completo: Life is Good and Good for You in New York: Trance Witness Revels). Senza raggiungere subito la stessa notorietà o esclusività, le cinquantadue fotografie realiz zate tra il 1937 e il 1970, impagi nate nel volume, l’affrancano a maestri ineguagliati dell’uma nità dolente (Lewis W. Hine, Au gust Sander, Diane Arbus e W. Eugene Smith): immagini che non temono d’essere illeggibili (almeno a una prima lettura), anzi vi Lisetteaspirano!Modelha poi ottenuto giusti e meritati riconoscimenti e sostegni economici (come il Guggenheim Fellowship), per fotografare gli invisibili negli Sta ti Uniti e in Europa. Problemi di salute, non le impedirono di fotografare, né educare, la memoria dei corpi e la colti vazione del pensiero che fa di un fotografo un poeta in uto pia: si tratta d’afferrare e com prendere il significato della vita vissuta attraverso l’interroga zione della condizione umana! Come i magnifici randagi del la fotografia, Lisette Model ha avuto troppi difetti, per non pos sedere del genio! Ha lasciato in sorte un immaginale libertario che sottende che “tutto è pos sibile, poiché niente è vero!”. Il mondo esiste per cadere in una fotografia! Pino Bertelli Il mondo esiste per cadere in una fotografia!

■ ■ / SGUARDI SU / LISETTE MODEL di

L’idolatria della fotografia mer catale è un pensiero che si span de, come si dice, nello sterco di vacca quando si allarga (anno tava Emil M. Cioran). I fotografi (specie i meno dotati) hanno completamente assorbito l’idea della propria opera a tal punto di pensare che parlare di tecni ca, apprendimento, devozione siano la maggior prerogativa per fare fotografie. Morire senza conseguire nessuna fama, for se questa è la grazia suprema! La Fotografia è un istinto inap pagato che diffida dell’adula zione, quanto delle necessità; il vaneggiamento dei professio nisti è il medesimo di quelli che scattano fotografie a qualsiasi cosa: e dicono, questa è arte! Siamo fermamente convinti che un paio di mesi nelle miniere di sale della Sicilia li ritemprereb be nello spirito (se ne avessero almeno uno)! Possiamo perdo nare un atto banditesco, mai un fotografo che fa del fatalismo la miseria delle miserie e la chia ma “bellezza”! Si dovrebbe fo tografare come se la Fotografia non esistesse, come se si fosse il primo fotografo che si è mes so il “ferro” sulla spalla, alla ma niera dei partigiani, e ha detto la mia parola è no! I grandi fotografi colgono nelle immagini, quello che i cuochi di taverna di porto ri escono a mettere nelle mine stre: i sentimenti! La fotografia del disinganno della statunitense Lisette Model (1901-1983), nata Elise Amelie Felicie Stern, in Austria, è una sorta di dialogo fra lei e ciò che ha di fronte... una poetica for mativa che si fonda sulla visione radicale, diretta, abrasiva della realtà... un percorso culturale in cerca di una civiltà del rinnova mento, più libera, più umana! Quando il caporale Adolf Hit ler afferra il potere, nel 1933, e inizia a liquidare gli ebrei d’Euro pa, Lisette Model (un po’ ebrea) va a Nizza dalla madre; e, nel lo stesso momento, l’Fbi cercò di reclutarla come informatri ce (che rigettò con sdegno), e il suo nome venne inserito nella lista di controllo della sicurezza nazionale! Nessuno le dava più lavoro; fuori da ogni dogmati smo accademico, riuscì a dare lezioni private nel seminterrato dove viveva. Tuttavia, non tolle rava studenti senza dedizioni, né compassioni, per capire che la fotografia del disinganno (o del dialogo) è nel cuore della vita di ogni Uomo o popolo libero! Negli anni Quaranta, draga l’immaginario di New York. Pubblica su PM’s Weekly, del li beral Ralph Ingersoll, US Came ra, Look e Ladies’ Home Jour nal, con il photo editor John G. Morris. Le serie Reflections e Running Legs, di quegli anni, sono un vero e proprio attac co alla società dell’opulenza che avanza. Inizia a lavorare per Harper’s Bazaar, dell’art director Alexey Brodovitch. Lisette Model è stata docente alla New School for Social Re search (dal 1951 alla sua scom parsa, nel 1983), dove insegna va anche Berenice Abbott; l’a micizia con Ansel Adams le fu molto di aiuto, per non morire di fame. Ai suoi studenti ripete va che la Fotografia è un’esplo razione del mondo, non una replica di ciò che si presenta davanti al fotografo. L’incisione soggettiva è tutto, l’oggettività niente! Dai suoi corsi, sono usci ti fotografi (anche controver si) come Eva Rubinstein (1933), Larry Fink (1941) e Charles Pratt (1926-1976); ma è stata la sua stu dentessa più fuorigioco, Diane 1934, inizia a fotografare sulla Promenade des Anglais: la ri trattistica è ravvicinata, spesso scippata con grazia clandestina, specie delle classi privilegiate; le composizioni sono ottenute con tagli dei negativi originari, in camera oscura (procedimen to che ci fa rabbrividire, poiché pensiamo a quanto diceva, a ragione, Henri Cartier-Bresson: che il rispetto estetico-etico di una fotografia sta nello stam pare l’intero fotogramma, così come viene preso dalla mac china fotografica). Però, l’acce zione costruttiva di Lisette Mo del ne conferma l’idea di fondo: l’impiego del formato quadrato 6x6cm le permetteva d’allargare l’immagine per poi eliminare il superfluo già pensato in fase di ripresa. Una vocazione non s’inventa, né si fabbrica: si disse mina nella poetica dell’inquie tudine che la contiene!

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