FOTOgraphia 261 maggio 2020

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ANNO XXVII - NUMERO 261 - MAGGIO 2020

Tipa Awards 2020 DI MEGLIO NON CE N’È Fujifilm X-Pro3 DOVE SI POSA LO SGUARDO

STEPHEN WILKES DAY TO NIGHT


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ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

prima di cominciare

DETTO... FATTO! Già nell’ormai lontano giugno Duemila (come passa il Tempo), rilevammo un fenomeno “fotografico”, allora agli albori: un certo uso brillante della Fotografia, per illustrare copertine di romanzi. Nel frattempo, questo evento (è il caso!) si è allargato a macchia d’olio, andando a coinvolgere un poco tutti gli editori italiani, che con la Fotografia avvicinano il potenziale acquirente e lettore alla propria narrativa. Allora, vent’anni fa (ormai), segnalammo molti aspetti, attribuendo particolare valore all’attenzione di editori di prima fascia e rilevando che una buona fotografia in copertina attira certamente l’attenzione visiva più e meglio di un aspetto anonimo. A questo punto della vicenda, c’è qualcosa altro da annotare... ancora: l’impiego di fotografie che appartengono a pieno diritto alla nostra Storia, ovvero di fotografie -magari casuali nella propria selezione originaria- alle quali noi siamo soliti attribuire valori e meriti superiori, che stabiliscono, per l’appunto, i termini stessi della Storia, sia della Fotografia, in nostra prima battuta, sia del mondo, non certo in subordine di graduatoria. Lo scorso ottobre, abbiamo segnalato una nuova traduzione dell’Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Master, più corretta delle precedenti per quanto riguarda la poesia del fotografo: Penniwit, l’artista (Penniwit, the Artist). A complemento, abbiamo approfondito anche la fotografia di copertina, in edizione Feltrinelli, nella collana Universale Economica / Classici. Rimaniamo nello stesso territorio editoriale per e con l’ottava edizione di Delitto e castigo, di Fëdor Dostoevskij, dell’aprile 2019, la cui copertina presenta lo storico ritratto di Lewis Payne ammanettato, nell’aprile 1865: di Alexander Gardner (1821-1882), uno dei fotografi della Guerra civile americana, l’unico a cui fu permesso di seguire questa vicenda. Insieme con David Herold, George Atzerodt, Mary Surratt (la prima donna a essere giustiziata negli Stati Uniti), Michael O’Laughlen, Edman Spangler e Samuel Arnold, Lewis Payne (Lewis Thornton Powell) fu condannato a morte per cospirazione e complicità nell’assassinio del presidente Abraham Lincoln, il quattordici aprile. Detto... fatto. Delitto (?) e castigo (!), in pertinente e inequivocabile combinazione visiva.

Questo numero di FOTOgraphia è datato “maggio 2020”, come da sua lavorazione e intenzione originaria. Nel frattempo, sono intervenuti fatti a tutti noti, relativi alla tutela preventiva da contagi Coronavirus. Manteniamo la data di copertina, come faremo sui numeri immediatamente a seguire, confortati dal fatto che il ritardo in arrivo, per quanto possa compromettere alcuni degli argomenti affrontati e trattati, in cronaca, sia sostanzialmente ininfluente sul nostro modo di intendere la relazione attorno la Fotografia. E lo speriamo.

Peter Beard era anche un sacrosanto profeta di previsioni apocalittiche sulla sorte della Terra. Di suoi monologhi catastrofisti è zeppa la mia intervista. Lello Piazza; su questo numero, a pagina 43 Se il linguaggio fotografico è una straordinaria combinazione di regole logiche e usi arbitrari, la Fotografia tutta deve essere un fantastico atto e gesto d’amore: solo l’amore si accorda con quella situazione di verità che restituisce alla Vita la Bellezza che le è propria. mFranti; su questo numero, a pagina 10 Sulla psiche individuale, le immagini -anche quelle fotografiche- hanno una forza che può essere paragonata a quella di certi elementi della natura. Le immagini plasmano la psiche più di ogni altra cosa. Angelo Galantini; su questo numero, a pagina 33 Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono per ignoranza, povertà e ingiustizia. Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone non hanno scuole. Lasciateci ingaggiare, dunque, una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo, e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. [...] L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo. Malala Yousafzai; su questo numero, a pagina 8

Copertina Lo statunitense Stephen Wilkes, in assignment per National Geographic Magazine (Bass Rock, Scozia; 2017). Dalla sua serie Day to Night, da pagina 26

3 Altri tempi (fotografici) Annuncio pubblicitario dell’obiettivo grande formato Rodenstock Eurynar (doppio anastigmatico), del 1929

7 Editoriale La nostra crescita individuale, addirittura Evoluzione, è influenzata da quanto ci circonda, da quanto ci arriva dalla società tutta. Addirittura, può esserne suggestionata, perfino condizionata. Anche in senso negativo

8 Fatti non siam... ... Per viver come bruti. In aggiunta e collegamento all’Editoriale, considerazioni su comportamenti indotti dall’attualità sociale dei nostri tempi. In senso negativo


MAGGIO 2020

RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA

12 Dalle pari di Hollywood Ancora 3D, in senso stereo, con la personalità di Harold Lloyd, attore del cinema muto di inizio Novecento, convinto frequentatore: monografie, considerazioni e altre testimonianze complementari

Anno XXVII - numero 261 - 6,50 euro DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

IMPAGINAZIONE

Maria Marasciuolo

REDAZIONE

17 Totò fotografo

Filippo Rebuzzini

Nel nono episodio, conclusivo, del film Tempi nostri Zibaldone n.2, del 1954, di Alessandro Blasetti. La macchina fotografica: siparietto con Sophia Loren e biottica Rolleiflex, in coincidenza di date con altri incroci analoghi degli stessi interpreti... quasi Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

Giulio Forti

20 Dove si posa lo sguardo In forma di portfolio (d’autore?), selezione tra le tante immagini di comunicazione della Fujifilm X-Pro3, anche TIPA Award 2020 di categoria. Qualità formale e di contenuto che risponde a fondamenti irrinunciabili di Maurizio Rebuzzini

26 Dal giorno alla notte Eccellente e coinvolgente monografia d’autore. Il talentuoso Stephen Wilkes accompagna l’osservatore in un entusiasmante viaggio senza alcuna soluzione di continuità dall’alba al tramonto... alla notte di Angelo Galantini

35 Di meglio non ce n’è

CORRISPONDENTE FOTOGRAFIE Rouge

SEGRETERIA

Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

Antonio Bordoni mFranti Angelo Galantini Lello Piazza Marco Saielli Stephen Wilkes

Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.com; graphia@tin.it. ● FOTOgraphia è venduta in abbonamento. ● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano. ● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96.

L’autorevole giuria dei TIPA Awards 2020, composta da direttori e redattori di trenta riviste internazionali, aderenti all’accreditata Technical Image Press Association, ha indicato i quaranta migliori prodotti fotografici dell’anno di Antonio Bordoni

● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 1027671617 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard e PayPal (graphia@tin.it).

42 Riflessioni da considerare

● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti.

Il fotografo statunitense Peter Beard è mancato lo scorso diciannove aprile. La sua testimonianza di attento osservatore della Vita traspare in una intervista del Millenovecentonovantasette. Facciamone tesoro di Lello Piazza

49 Attorno la X-Pro3

Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

Rivista associata a TIPA

A integrazione e complemento di quanto considerato in forma di portfolio (d’autore?), da pagina venti Nella stesura della rivista, a volte, utilizziamo testi e immagini che non sono di nostra proprietà [e per le nostre proprietà valga sempre la precisazione certificata nel colophon burocratico, qui accanto: «È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo)»]. In assoluto, non usiamo mai propietà altrui per altre finalità che la critica e discussione di argomenti e considerazioni. Quindi, nel rispetto del diritto d'autore, testi e immagini altrui vengono riprodotti e presentati ai sensi degli articoli 65 / comma 2, 70 / comma 1bis e 101 / comma 1, della Legge 633/1941 / Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

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editoriale MAURIZIO REBUZZINI

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pesso siamo riflessivi: non necessariamente ci rivolgiamo staticamente alla Fotografia, in propria personalità manifesta; però, sempre a questa ci richiamiamo e indirizziamo. E sulla Fotografia concentriamo l’origine e l’approdo delle nostre considerazioni, a volta in percorso inverso, dall’approdo all’origine. In particolare, affrontando la materia (disciplina o altro ancora), evitiamo barriere di/in divisione, considerando paritetici tutti gli aspetti possibili: dal linguaggio alla tecnica, al costume, alla socialità, a tanto altro ancora. Nel concreto, scriviamo di tutto questo applicando idee che, di fatto, abbattono i (presunti) confini tra i diversi punti di osservazione. Arriviamo al lessico fotografico partendo dalla presentazione di apparecchi fotografici (o fingendo di farlo), così come, con percorso analogo e coerente, inquadriamo e identifichiamo l’apporto dell’applicazione tecnica quando affrontiamo il linguaggio espressivo. Ora, procedendo con lo stesso passo, bisogna allungare queste ipotesi sul cammino Società-Fotografia-Società, nel senso che la stessa Fotografia evolve per esigenze sociali, alle quali, poi, ridona propri valori filosofici. In questo processo, sono fondamentali le partecipazioni individuali: come persone, come fotografi, come interessati alla Fotografia. Ciò detto, il primo passaggio, dalla Società alla Fotografia (e all’Uomo, ovviamente), è scandito anche da influenze sovrastanti. Nessuna (presunta/ricercata) “creatività” può prescindere dalla natura e maturazione professionale; del resto (In Fotografia: la Conoscenza e la Pratica, il Sapere e il Fare ), la Conoscenza dipende dalla Pratica, cioè dalla produzione e dalla propria attività professionale. Non si discute. In misura analoga, la Coscienza è suggestionata dal vivere quotidiano, che a volte la condiziona. Da qui, accettato il princìpio che ogni Tecnologia è per se stessa meravigliosa, il plagio che -al giorno d’oggi- matura dalla logica social è qualcosa di devastante nelle menti più deboli, impreparate e analfabete. Ammirevole sulla carta e in ottimismo di visione, la Vita condotta e condizionata al ritmo di monitor e da dita frementi su tastierini non si risolve in sé, come pure spesso si risolve, ma penetra nella mente come un tragico virus (in questi giorni, abbiamo imparato a nostre spese di cosa si tratta). Trasferire nel quotidiano la cadenza social, così come viene passivamente frequentata e accettata, significa alterare la personalità che il Sapiens ha maturato in migliaia / centinaia di migliaia di anni. Quando il virtuale diventa realtà acquisita e proposta, vengono meno i riferimenti consolidati dell’Esistenza, si altera il concetto di Tempo (e, oggi, l’idea di “fretta” a tutti i costi ha preso il posto del sommo valore di “rapidità di comprensione e azione”), si stravolge il rapporto interpersonale... anche fotografico. Per quanto ci riguarda, soprattutto fotografico. La lentezza, che produce azioni a lungo meditate, dovrebbe rimanere una proprietà del Sapiens, affinché nulla si disperda nella rapidità esasperata. Anche in Fotografia. Maurizio Rebuzzini

Orvieto: 19 gennaio 1972.

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Parliamone di Maurizio Rebuzzini (Franti)

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FATTI NON SIAM...

... Per viver come bruti. Riprendiamo dalla celebre terzina di Dante Alighieri, sintesi di pensiero profondo: «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza». Si sollecita verso la ricerca e il conseguimento delle virtù e della conoscenza, cioè del sapere trascendente, la vera ragione dell’esistenza umana. Nella Divina Commedia, è il verso Centodiciannove (119) del canto XXVI dell’Inferno, nel quale si tratta dell’Ottava Bolgia, dove sono puniti i consiglieri fraudolenti. Prima, Dante sgrida contro Firenze e i fiorentini; quindi, incontra Ulis-

se e Diomede, avvolti dalla stessa Fiamma. È mezzogiorno di sabato nove aprile (o ventisei marzo) del Milletrecento. Ci riallacciamo al senso implicito, oltre che esplicito, dell’Editoriale, pubblicato alla precedente pagina sette. Ovvero, a quell’Evoluzione del Sapiens sollecitata (e richiesta?) dal proprio modo di vivere quotidiano, sistematicamente trasformato da condizioni ambientali e sociali e di costume, con tragitto in andata-e-ritorno a doppio senso di marcia dalla tecnologia (frutto della società) alla società (frutto della tecnologia). In un certo senso, riallacciandoci a considerazioni espresse a pro-

[nota] Da FOTOgraphia, dell’ottobre 2013: Parola ai giovani, di Lello Piazza. Dal discorso che la giovane pakistana Malala Yousafzai (Premio Nobel per la Pace 2014, assieme all’attivista indiano Kailash Satyarthi, «Per la loro lotta contro la soppraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione»; a diciassette anni, è stata la più giovane vincitrice di un Premio Nobel), colpita alla testa e al collo da un colpo di pistola esploso da un talebano, il 9 ottobre 2012, ha pronunciato al Palazzo delle Nazioni Unite, a New York, il 12 luglio 2013, nel giorno del suo sedicesimo compleanno, durante l’Assemblea della Gioventù. «Cari fratelli e sorelle, ricordate una cosa. La giornata di Malala non è la mia giornata. Oggi è la giornata di ogni donna, di ogni bambino, di ogni bambina che ha alzato la voce per reclamare i propri diritti. «Ci sono centinaia di attivisti e assistenti sociali che non soltanto chiedono il rispetto dei diritti umani, ma lottano anche per assicurare istruzione a tutti, in tutto il mondo, per raggiungere i propri obiettivi di istruzione, pace e uguaglianza. «Migliaia di persone sono state uccise dai terroristi e migliaia di altre sono state ferite. Io sono soltanto una di loro. Io sono qui, una ragazza tra tante, e non parlo per me, ma per tutti i bambini e le bambine. Voglio far sentire la mia voce, non perché posso gridare, ma perché coloro che non l’hanno siano ascoltati. Coloro che lottano per i propri diritti: il diritto di vivere in pace, il diritto di essere trattati con dignità, il diritto di avere pari opportunità e il diritto di ricevere un’istruzione. [...] «Cari fratelli e sorelle, tutti ci rendiamo conto dell’importanza della luce, quando ci troviamo al buio, e tutti ci rendiamo conto dell’importanza della voce, quando c’è il silenzio. E, nello stesso modo, quando eravamo nello Swat, in Pakistan, noi ci siamo resi conto dell’importanza dei libri e delle penne, quando abbiamo visto le armi. I saggi dicevano che la penna uccide più della spada: ed è vero. «Gli estremisti avevano e hanno paura dell’istruzione, dei libri e delle penne. Hanno paura del potere dell’istruzione. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa. Ed è per questo che hanno appena ucciso, a Quetta, quattordici innocenti studenti di medicina. È per questo che fanno saltare in aria scuole, tutti i giorni. È per questo che uccidono i volontari antipolio, nel Khyber Pukhtoonkhwa e nelle Fata. Perché hanno avuto e hanno paura del cambiamento, dell’uguaglianza che porterebbe nella nostra società. «Ricordo che un giorno un bambino della nostra scuola chiese a un giornalista perché i Taliban sono contrari all’istruzione. Il giornalista rispose con grande semplicità. Indicando un libro disse: “I Taliban hanno paura dei libri, perché non sanno che cosa c’è scritto dentro”. Pensano che Dio sia un piccolo essere conservatore, che manderebbe le bambine all’inferno soltanto perché vogliono andare a scuola. I terroristi usano a sproposito il nome dell’Islam, e la società pashtun per il loro tornaconto personale. Il Pakistan è un paese democratico, che ama la pace e

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posito da Lello Piazza, in riferimento giornalistico specifico, lo scorso giugno 2019, e successivamente richiamate in altre occasioni opportune seguenti, questa è una invadente forma di Antropocene. Sì, lo sappiamo, è diversa da quella di riferimento corrente alla Natura, alla quale si è richiamo l’autore Edward Burtynsky per il suo avvincente progetto fotografico Anthropocene, là presentato e commentato. Ma, con prepotenza, è di matrice e consecuzioni identiche nella propria filosofia: è comunque una parte dell’Uomo, e non il cammino evolutivo consueto e millenario, che sta cambiando in modo ra-

pidissimo i nostri comportamenti... in epoca social e consecuzioni. Personalmente, ho incontrato insegnanti di scuola totalmente e assolutamente inadatti al compito educativo loro assegnato, e da loro promesso, eppure... non metto in discussione l’intero impianto scolastico italiano (e planetario), e neppure dubito sul dovere/diritto all’istruzione [nota]. Tutt’al più, limito la mia esperienza, alcune mie terribili esperienze, a un caso personale e isolato di malvivenza. Ancora: ho visto e vedo tanti orrori fotografici dei nostri giorni, favoriti e/o resi possibili dalle semplificazioni digitali dell’acquisizione di immagini e sollecitati dall’influen-

che vorrebbe trasmettere istruzione ai propri figli. L’Islam dice che non soltanto è diritto di ogni bambino essere educato, ma certifica anche che quello è il suo dovere e la sua responsabilità. «Onorevole signor Segretario generale, per l’istruzione è necessaria la pace, ma in molti paesi del mondo c’è la guerra. E noi siamo veramente stanchi di queste guerre. In molti paesi del mondo, donne e bambini soffrono in altri modi. In India, i bambini poveri sono vittime del lavoro infantile. Molte scuole sono state distrutte in Nigeria. In Afghanistan, da decenni, la popolazione è oppressa dalle conseguenze dell’estremismo. Le giovani donne sono costrette a lavorare e a sposarsi in tenera età. Povertà, ignoranza, ingiustizia, razzismo e privazione dei diritti umani di base sono i problemi principali con i quali devono fare i conti sia gli uomini sia le donne. «Cari fratelli e sorelle, è giunta l’ora di farsi sentire, di lottare per cambiare questo mondo, e quindi oggi facciamo appello ai leader di tutto il mondo affinché proteggano i diritti delle donne e dei bambini. Facciamo appello alle nazioni sviluppate, affinché garantiscano sostegno ed espandano le pari opportunità di istruzione alle bambine nei paesi in via di sviluppo. Facciamo appello a tutte le comunità di essere tolleranti, di respingere i pregiudizi basati sulla casta, sulla fede, sulla setta o sul genere. Per garantire libertà e eguaglianza alle donne, così che possano stare bene e prosperare. Non potremo avere successo come razza umana, se la metà di noi resta indietro. Facciamo appello a tutte le sorelle nel mondo affinché siano coraggiose, per abbracciare la forza che è in loro e cercare di realizzarsi al massimo delle proprie possibilità. «Cari fratelli e sorelle, vogliamo scuole, vogliamo istruzione per tutti i bambini, per garantire loro un luminoso futuro. Ci faremo sentire, parleremo per i nostri diritti e così cambieremo le cose. Dobbiamo credere nella potenza e nella forza delle nostre parole. Le nostre parole possono cambiare il mondo. Perché siamo tutti uniti, riuniti per la causa dell’istruzione, e se vogliamo raggiungere questo obiettivo dovreste aiutarci a conquistare potere tramite le armi della conoscenza e lasciarci schierare le une accanto alle altre con unità e senso di coesione. «Cari fratelli e sorelle, non dobbiamo dimenticare che milioni di persone soffrono per ignoranza, povertà e ingiustizia. Non dobbiamo dimenticare che milioni di persone non hanno scuole. Lasciateci ingaggiare, dunque, una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo, e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo». Già: «L’istruzione potrà salvare il mondo», nonostante alcuni “insegnanti”, nonostante alcune “storture” di percorso.


Parliamone za social mal declinata e applicata ottusamente e senza criterio alcuno, eppure... non dubito sul valore della tecnologia digitale (e di ogni Tecnologia)! Del resto, in allineamento all’Evoluzione dell’Uomo, come spesso annotiamo, volente o nolente, il Tempo va avanti, con o senza di noi. Allora: sono perfettamente consapevole di taluni retrogusti amari dell’attuale personalità digitale e social della ripresa fotografica. Sono imperterritamente convinto di taluni abusi e cattivi utilizzi, di taluna cattiva applicazione e interpretazione, della confusione diffusa tra “rapidità di esecuzione”, che riguarda il talento individuale, e la “fretta”: ma questo non scalfisce l’impianto generale e assoluto, sia della Tecnologia, sia della Fotografia, sia della Vita. Non esistono Angeli e Demoni; e se ci sono, e per quanto possono esserci, si manifestano negli impieghi individuali e non sono impliciti nelle tecnologie di base. Non ci sono Angeli e Demoni, se non nel nostro cuore, dove li creiamo e coltiviamo per nostra capacità o -all’opposto- ottusità e stupidità manifeste. Non esistono Angeli e Demoni, ma -tutt’al più- si incontrano imbecilli. Questi, sì. Fortunatamente, gli imbecilli si dividono/scompongono in parti uguali e equilibrate tra coloro i quali elevano il Presente in contrapposizione al Passato, ovverosia che lodano stoltamente la tecnologia dell’acquisizione e gestione digitale di immagini (anche in cattiva derivazione dai social, per limitarci al nostro ambito di interesse e ragionamento principale), e coloro i quali -altrettanto stoltamenterimpiangono sapori del Passato remoto, denigrando il Presente. In effetti, trasversalmente a qualsivoglia pensiero, soltanto una condizione è fondante: quella che sottolinea come l’anima e l’intenzione dell’autore siano gli unici elementi discriminanti e determinanti dell’azione fotografica, dell’essere Fotografi, del vivere la Fotografia come fantastico s-punto di partenza e non arido punto di arrivo, della responsabilità di rendere permanenti istanti che avrebbero do-

«Qualsiasi viaggio nella vita, se non fosse intrapreso per ragioni umane e con comprensione e amore, sarebbe un viaggio assolutamente inutile. Parlo sempre di qualcosa che vale la pena ricordare, dal momento che la tecnologia trasforma in realtà antichi sogni. La fonte della tecnologia applicata (anche fotografica) è quella stessa fonte che alimenta la vita e l’evoluzione dell’esistenza» Incipit a Alla Photokina e ritorno, di Maurizio Rebuzzini, (quarta di copertina e da pagina due a centocinquantanove) vuto rimanere temporanei... e tanto altro, ancora. Conta solo questo. Il supporto sul quale ciascuno raccoglie la propria intelligenza, o relega la propria stupidità, non incide in alcun modo e nessuna misura sull’intera vicenda nel proprio insieme e complesso: sia pellicola fotosensibile o sensore digitale, con relative card di memoria e archiviazione; sia iter scandito nel tempo, sia social in rapido consumo. Con tutto questo, non sono così ingenuo da non intuire quanto il mezzo sia spesso (sempre?) allineato al messaggio, all’espressività: e lo è! Addirittura, in coincidenza con altre culture, sopra tutte quella statunitense, che -volente o nolente, ci piaccia o meno- è quella che più e meglio ha affrontato e approfondito la riflessione sul linguaggio fotografico e sulla Storia della Fotografia (nel senso di sua influenza sociale e di costume e creativa e culturale), so considerare non soltanto la successione/progressione della tipologia di apparecchi fotografici, dall’istantanea a mano libera (con l’oculare portato all’occhio) alla staticità del vetro smerigliato (fino al massimo OttoDieci pollici / VentiVenticinque centimetri).

Ma anche la sottile differenza che contraddistingue, definendolo addirittura, il mirino a telemetro (e consecuzioni inevitabili) alla visione reflex. Ma anche l’apporto del punto di osservazione stabile del treppiedi. Ma anche il piacere tattile/feticista della relazione individuale con il proprio apparecchio fotografico (non solo le sue caratteristiche, ma perfino i suoi materiali, la sua forma, la sua livrea, il suo senso tattile). In metafora: per quanto il pubblico percepisca la Fotografia in quanto tale, senza necessariamente impegnarsi in altre considerazioni e valutazioni di/in consistenza fotografica, per noi addetti è doveroso l’approfondimento (fino all’incidenza degli utensili). In metafora: per quanto il pubblico percepisca la musica rock in quanto tale, senza necessariamente impegnarsi in altre considerazioni e valutazioni, per gli addetti è doveroso annotare che Jimi Hendrix suonava una Fender Stratocaster (bianca; peraltro usata al rovescio, essendo lui mancino, a corde invertite), mentre Chuck Berry è inviolabilmente legato alla Gibson semiacustica (rossa), come pure lo è B.B. King, con la mitica “Lucille”.

Ovvero: come altri fotografi, altrettanto presto individuati, Henri Cartier-Bresson è imprescindibile dalla Leica a telemetro; Robert Doisneau è stato soprattutto fedele alla visione su vetro smerigliato, dall’alto, a composizione quadrata, della Rolleiflex; Richard Avedon si è espresso soprattutto con il grande formato OttoPer Dieci Deardorff (e Sinar Norma), e lo stesso dicasi per Joel Meyerowitz (la cui Deardorff gli è coetanea: costruita nel 1938). Quindi, analogo richiamo per Weegee: la sua straordinaria ed epocale raccolta fotografica Naked City, del 1948, che -tra l’altro- ispirò la sceneggiatura del film The Naked City, di Jules Dassin, dello stesso 1948 (in Italia, La città nuda), inizia con il capitolo A book is born, un libro è nato, al quale ne fanno poi seguito altri diciassette di immagini e uno, conclusivo, di annotazioni tecniche (attenzione, senza ritrosia, né vergogna, né altro: di annotazioni tecniche; ripeto, ribadendolo: di annotazioni tecniche). Sulla pagina a fronte, a sinistra, l’imperterrito ritratto di Weegee con la Speed Graphic, completa di flash, tra le mani e sigaro tra i denti (la sua raffigurazione-simbolo nota e riconosciuta), didascalizzato Weegee and his Love - his Camera. Ovvero, Weegee con il suo amore, la sua macchina fotografica: binomio indissolubile, segno di un’esistenza votata alla fotografia di cronaca. In ogni caso, però, nulla si trasformi in religione, ma tutto sia inviolabilmente dialettico. (Pardon, chiedo scusa) Riprendo dal mio intervento al convegno Lo specifico stenopeico. Filosofia e pratica della fotografia stenopeica, svoltosi a Senigallia, in provincia di Ancona, nel maggio 2012 [con anticipazione e lancio in FOTOgraphia, del precedente marzo]. Riprendo, non prima di aver annotato che l’intervento più sostanzioso e consistente dell’intero convegno, quello che lo ha illuminato, è stato quello di Michele Smargiassi, riportato integralmente in FOTO graphia del settembre 2012.

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Parliamone Comunque: Senza religione! (sia per la fotografia stenopeica, sia per quella analogica/chimica nel proprio insieme, sia per quella digitale, sia per quella a colori, sia per quella in bianconero, sia per quella a inquadratura verticale, sia per quella a inquadratura orizzontale, sia per quella stampata su carta baritata, sia per quella convenientemente stampata su politenata, sia per quella..., sia per quella... all’infinito). «Confermo, ribadisco e ripeto: la Fotografia, che deve essere un inviolabile gesto d’amore, non dipende mai da come la si realizza, ma perché lo si fa (anche se il come ha pure la propria importanza, ma non qui, ma non ora). «Sì, l’applicazione volontaria e consapevole del foro stenopeico introduce una serie di valori che condivido e che mi sono particolarmente cari. Prima di tutto, e oltre tutto, per quell’attimo, che si fissa indelebilmente nel cuore e animo di ciascuno, dove rimarrà custodito per sempre, pronto a tornare in superficie per evocare vibranti emozioni. Per come la intendono in molti, la proiezione del foro stenopeico, così come la creazione di ogni immagine fotografica (chimica o digitale, poco conta), ribadisce quel processo creativo con il quale “la natura si fa di sé medesima pittrice”

(espressione presa a prestito dell’epoca nella quale alcuni pionieri sperimentavano le strade chimiche della formazione automatica di immagini: che poi avremmo definito “Fotografia”). «No, come ogni altra arbitrarietà fotografica, anche il foro stenopeico elevato ad assoluto, a religione, dischiude porte che avviano verso luoghi imbarazzanti e inquietanti. Per quanto segua con passione questa espressione fotografica, che affonda le proprie radici indietro nei secoli, addirittura in tempi antecedenti la nascita della Fotografia, in coincidenza di visione, sono anche convinto che molte frequentazioni stenopeiche dei nostri giorni, non tutte, per fortuna, rappresentino anche una malaugurata scorciatoia: per gli imbecilli che non hanno modo di esprimersi con capacità autentica. «Come distinguere l’una intenzione dall’altra? Con il cuore, prima che con altri criteri. «(Da e con Pino Bertelli, filosofo di strada della Fotografia): “Solo i poeti sanno veramente parlare della libertà, dolcissima e inebriante: il dire senza steccati (né religioni) è sempre una sfida all’indicibile, è vivere se stessi come verità che riporta e diffonde l’impensato”. Soprattutto nel caso della fotografia stenopeica (ben decli-

nata, con intenzioni d’amore), il fascino estraniato e stregato della fotografia rimanda alla parola mai detta, all’infelicità mascherata, alla violenza esasperante della quotidianità mai affrontata. «In una creatività applicata, quale è quella fotografica, quale è quella stenopeica, definita da differenze espressive immortali, il territorio della sua manifestazione esplicita è quello dell’immaginazione che va oltre l’immagine. «Con Giacomo Leopardi: “L’anima s’immagina quello che non vede”... soprattutto se osserva la proiezione della luce prodotta da un piccolo foro, senza altre mediazioni invadenti. «Allora: se il linguaggio fotografico è una straordinaria combinazione di regole logiche e usi arbitrari, la Fotografia tutta (senza religioni, senza chiusure, senza barriere) deve essere un fantastico atto e gesto d’amore: solo l’amore si accorda con quella situazione di verità che restituisce alla Vita la Bellezza che le è propria. «Nel fotografare, ciascuno ha opinioni diverse su ciò che è degno di memoria, ma tutti abbiamo capito che se possiamo rubare un momento dall’aria (magari con una fotografia), possiamo anche crearne uno tutto nostro (magari con una fotografia). Con la Fotografia tutta (soprattutto stenopeica

-senza però aggiungere alcun credo assoluto e riduttivo-) è legittimo e indispensabile approdare a un effettivo riconoscimento di una Fotografia che non vale solo per sé, e le proprie intenzioni e/o necessità di partenza, ma per qualcosa di altro che ciascuno trova prima di tutto in se stesso». Chiudo con Michele Smargiassi, le cui riflessioni sono sempre attente e preziose. Ancora dal richiamo stenopeico, che però non si conclude, né limita, a questo (il testo completo del suo esplicativo intervento al convegno Lo specifico stenopeico. Filosofia e pratica della fotografia stenopeica, svoltosi a Senigallia, in provincia di Ancona, il 19 maggio 2012, in FOTOgraphia, del settembre 2012). «La Fotografia è per definizione immagine tecnica, e ciò che la fa diversa da ogni altra immagine prodotta dall’Uomo per decine di migliaia di anni è precisamente il fatto di essere prodotta con l’ausilio di un apparato programmato per effettuare un prelievo di impronte luminose dal mondo fisico, e per farlo con quella relativa automaticità che garantisce, appunto, che sia un prelievo e non un’imitazione manuale». Angeli e Demoni? Ognuno faccia i conti con i propri Angeli e i propri Demoni. ❖



Ancora 3D di Antonio Bordoni

DALLE PARTI DI HOLLYWOOD

S

Sullo scorso numero di aprile, abbiamo recuperato una testimonianza lontana: di quasi settanta anni fa. In una copia di Life della primavera 1952, avvicinata per altri motivi -da una storia di baseball a un reportage di W. Eugene Smith, strillati in copertina-, abbiamo incontrato un servizio di David Douglas Duncan sul generale Dwight David Eisenhower, eroe del fronte occidentale della Seconda guerra mondiale, che di lì a qualche mese sarebbe stato eletto trentaquattresimo presidente degli Stati Uniti d’America, rimanendo in carica per due mandati successivi, fino al 1961 (quando avrebbe passato le consegne a John F. Kennedy [FOTOgraphia, novembre 2013]). In particolare, abbiamo sottolineato che Ike Eisenhower fu fotografo 3D, come rivela l’uso di una efficace Stereo Realist, ben visibile tra le sue mani. Apparecchio stereo, appunto, la statunitense Stereo Realist visse una propria lusinghiera stagione tecnica e commerciale a cavallo degli anni Cinquanta. A questo proposito, ricordiamo ancora la campagna pubblicitaria affidata a testimonial di grande richiamo popolare: il regista Cecil B. DeMille e gli attori Bob Hope, Fred Astaire e Ann Sothern, eroina delle prime sit-commedy televisive, direttamente ereditate dalla precedente stagione della radio. In un’epoca nella quale la raffigurazione tridimensionale affascinò l’intero mondo del cinema statunitense, fino alla proiezione di film 3D da osservare con gli appositi occhialini di visione (anni Cinquanta, con reiterati tentativi nei decenni successivi, sempre esauritisi in se stessi, fino a qualche recente stagione più fortunata), alcuni registi e attori frequentarono la stessa rappresentazione tridimensionale anche nella vita privata. Una volta lasciato il cinema, Harold Lloyd (1893-1971), celebrità degli anni del muto, quando contese la scena a Charlie Chaplin e Buster Keaton, si dedicò interamente alla propria passione fotografica, e per due decenni documentò la vita dello star system

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Icona di Harold Lloyd attore: fotografia di scena dal film Safety First!, del 1923.

3-D Hollywood, fotografie di Harold Lloyd; a cura di Suzanne Lloyd Hayes; Simon & Schuster, 1992.

(pagina accanto) Backstage stereo di Harold Lloyd: Philippe Halsman fotografa la venticinquenne Marilyn Monroe, per la sua prima copertina di Life (del 7 aprile 1952).


Ancora 3D

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ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

Individuato e subito recuperato in un mercatino antiquario newyorkese (Flea Market) -uno di quelli che vengono allestiti, sabato e domenica, nelle aree di parcheggio, nei giorni lavorativi, attorno la Sixth Avenue / Avenue of the Americas, all’altezza della 23rd street-, l’antico manuale di uso della Stereo Realist si propone oggi come sostanziosa rarità bibliografica... sempre che questa editoria, a un tempo tecnica e fotografica, abbia senso per qualcuno: per noi, sì! Compilato da Willard D. Morgan e Henry M. Lester, Stereo Realist Manual è stato pubblicato da(gli stessi) Morgan & Lester Publishers, nell’ottobre 1954, in edizione completa di occhialini stereo (non 3D anaglifici, rosso/verde o rosso/blu). L’introduzione è di Harold Lloyd, al quale si riferisce l’attuale intervento redazionale. E lo stesso personaggio, in quanto esperto di fotografia stereo, dopo il suo essere stato attore comico del cinema muto di inizio Novecento, viene più e più volte richiamato nel testo e nelle immagini a lui creditate. Accettato lo stile dei tempi, sia di scrittura, sia di illustrazione, sia di messa in pagina, si tratta di un manuale efficace e ben compilato. Alla maniera della scuola tecnica anglosassone, l’argomento è opportunamente scomposto e ricomposto in quattordici capitoli tematici, il cui insieme è -a propria voltavia via riconducibile a tre contenitori di riferimento: fino all’esaurimento delle quattrocento pagine di edizione (15x21,5cm, cartonato con sovraccoperta). In chiusura, un ulteriore quindicesimo capitolo finale. A firma nientemeno che di Beaumont Newhall (1908-1993), ai tempi direttore della prestigiosa istituzione museale George Eastman House, di Rochester. Il suo appassionante ed erudito Looking Back at Stereo è esattamente quello che promette di essere: retrosguardo sulla personalità stereo nella Storia della Fotografia, dai suoi albori. Per quanto valga: c’è chi approfondisce e collega tra loro gli argomenti della Fotografia, dal linguaggio alla tecnica senza soluzione di continuità. E c’è chi millanta.

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Ancora 3D

ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

Campagna pubblicitaria Stereo Realist pubblicata su National Geographic e American Photography, nel 1949 e 1950: testimonial di richiamo, il regista Cecil B. DeMille e gli attori Bob Hope, Fred Astaire e Ann Sothern.

Oltre la raccolta 3-D Hollywood, di fotografie tridimensionali di Harold Lloyd, illustrata con coppie di fotogrammi accostati (appunto, in restituzione stereo), va segnalata anche la monografia Hollywood Nudes in 3-D, sempre con fotografie di Harold Lloyd, ancora a cura della nipote Suzanne Lloyd Hayes (Black Dog & Leventhal Publishers, 2004; 154 pagine 26x25,5cm, cartonato, con copertina lenticolare). Questo secondo volume è tridimensionale per stampa litografica in anaglifo, da osservare con gli appositi occhialini con lenti rosso e blu. Francamente, tra i due titoli, quello che vale, per il proprio contenuto, è 3-D Hollywood; i nudi sono veramente insignificanti e inconsistenti [comunque, abbiamo approfondito in FOTOgraphia, del marzo 2005].

(pagina accanto) Negli anni Cinquanta, la Stereo Realist è stata molto in voga all’interno dello star system hollywoodiano: Humphrey Bogart, in vacanza con la moglie Lauren Bacall; Alfred Hitchcock con la moglie Alma Reville; Richard Burton in privato (a sinistra, si noti la cassetta portadiapositive stereo).

hollywoodiano con apparecchi stereo. Nella monografia 3-D Hollywood, curata dalla nipote Suzanne Lloyd Hayes, pubblicata nel 1992 dall’editore newyorkese Simon & Schuster, sono raccolte affascinanti visioni in delicato equilibrio tra privato e pubblico. Tra tanto materiale sono doverose, due segnalazioni. Anzitutto, rileviamo un ulteriore richiamo tridimensionale: ancora una Stereo Realist tra le mani di Dick Powell in costume di scena, sul set di Mrs. Mike (1949). Attenzione: Dick Powell fu per anni vicepresidente del club di fotografi stereo, del quale Harold Lloyd era presidente. Quindi, registriamo un prezioso backstage della sessione fotografica di Philippe Halsman per la prima copertina che, il 7 aprile 1952, Life dedicò all’allora venticinquenne Marilyn Monroe [curiosità: dialogo tra Marilyn / Sugar Kane Kowalczyk (Zucchero “Candito” Kandinsky, nella traduzione italiana) e Tony Curtis / Josephine, nel film A qualcuno piace caldo, di Billy Wilder, del 1959: «Lo sai che compio venticinque anni, a giugno? È un quarto di secolo, ti dà da pensare» / «A cosa?»]. E non è ancora tutto. Ci sono altri ritratti che certificano la combinazione tra cinema e fotografia stereo, sempre nel senso di Stereo Realist: Humphrey Bogart, in vacanza con la moglie Lauren Bacall; Richard Burton, in privato (con tanto di cassetta portadiapositive stereo); Alfred Hitchcock con la moglie Alma Reville. Solo nostalgia? Non proprio: immancabile curiosità per tutto quanto ha definito e ancora definisce il fantastico mondo della Fotografia, senza soluzione di continuità. E la curiosità è una componente fondamentale dell’essere in Fotografia. ❖

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Cinema

di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

T

TOTÒ FOTOGRAFO

Tempi nostri - Zibaldone n. 2 è un film a episodi, del 1954, diretto da Alessandro Blasetti. Sinceramente, gli episodi sono deboli, e non hanno certo superato l’esame del Tempo trascorso. Dal nostro punto di vista mirato, oppure viziato -fate voi-, il suo unico merito inviolato è quello di abbinare la Fotografia, nostro interesse specifico (non soltanto da e su queste pagine), a due attori italiani di spicco e rilievo: Totò e Sophia Loren (ai tempi, ancora Sofia). Per il resto, La macchina fotografica, ultimo dei nove episodi che completano il film è veramente deboluccio, tanto da essere altresì inconsistente... ma! Ma il soggetto esplicito, richiamato nel titolo, è una macchina fotografica, e tanto ci basta (almeno qui, almeno nell’ambito ragionato della presenza della Fotografia al Cinema, in sue sceneggiature, come in questo caso, piuttosto che in sola scenografia e/o richiamo esplicito). La trama è semplice. Una ragazza (Sophia Loren, ai tempi ventenne) viene lasciata dagli amici in un bar dove è allestito un gioco con in palio una macchina fotografica: biottica Rolleiflex, con flash e treppiedi (e autoscatto, precisa il barista, interpretato dal caratterista Mario Castellani). Lei desidera vincere la macchina fotografica e insiste con il gioco, che consiste in un supporto pieno di una miriade di fori, tra i quali uno solo è quello che fa vincere. Dopo una decina di tentativi, la ragazza si scoccia e -infastidita- lascia perdere. A questo punto, interviene Totò, nei panni di Dionillo, il gagà, che -a propria volta- inizia a giocare per farle vincere il premio. Dopo una serie di tentativi, ancora e irrimediabilmente infruttuosi, propone al barista di pagare per tutti i fori, in modo da acquisire la macchina fotografica. Subito, la vuole mettere alla prova, la vuole usare, e invita la ragazza a uscire con lui nel parco circostante, per una serie di ritratti. Ovviamente, lascia il locale senza pagare la macchina fotografica, promettendo di tornare presto, una volta verificata la sua efficienza.

Insieme alle interpretazioni di Totò e Sophia Loren, la biottica Rolleiflex è protagonista dell’episodio La macchina fotografica, ultimo dei nove che completano il film Tempi nostri Zibaldone n. 2, del 1954, di Alessandro Blasetti. Al solito, la macchina fotografica è pretesto per il corteggiamento, che si svolge con una serie di “incidenti”, che alla fin fine non approderanno a nulla. Con finale addirittura “classico”.

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Cinema Avendo percepito il dialogo tra il barista e la ragazza, attirata soprattutto dall’autoscatto, Totò / Dionillo, il gagà le propone pose di loro due insieme, appunto risolte dall’autoscatto. Rolleiflex su treppiedi e flash collegato, inizia una sessione fotografica particolarmente sfortunata: scatto troppo veloce, con Totò non ancora in posa; scatto troppo ritardato, che lascia

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supporre che qualcosa non funzioni; treppiedi che si affloscia durante lo scatto, andando a inquadrare solo il terreno [attenzione: licenza cinematografica e scenografica, perché il ritardo dell’autoscatto meccanico della Rolleiflex, e di tutte le macchine fotografiche meccaniche del passato, moderate eccezioni a parte, non è regolabile; del resto, nei film, che non

La coincidenza di date di produzione cinematografica e interpreti fa annotare che Totò e Sophia Loren, insieme nell’espisodio La macchina fotografica, del film Tempi nostri, del lontano1954, sono altrettanto insieme nel cast di Miseria e nobiltà, dello stesso anno, nel quale si registra il siparietto di Totò, nei panni dello scrivano Felice Sciosciammocca, che si sostituisce al fotografo ambulante Pasquale (Enzo Turco) per fotografare una coppia di sposi in viaggio di nozze. Per Sophia Loren e la Fotografia, rimandiamo anche al film Il segno di Venere, del 1955.

sono certo la realtà della vita di tutti i giorni, si trova sempre parcheggio]. Dopo vari tentativi, si intromette uno sconosciuto, un passante (interpretato dall’attore Silvio Bagolini), che propone loro di fotografarli in posa ravvicinata. Ovviamente, è un classico, sceneggiato da episodi che si sono effettivamente verificati nella realtà. Come fotografo, lo sconosciuto, dirige la posa, invitandoli ad allontanarsi un poco indietro, di qualche passo. A propria volta indietreggia, continuando a osservare il vetro smerigliato e fingendo di controllare al meglio l’inquadratura. Quindi, appena si è creata la distanza giusta, gira sui tacchi e scappa via, con la Rolleiflex tra le mani. A questo punto, da parte nostra, qualche annotazione supplementare, ma sempre in tema. Nello medesimo 1954 di Tempi nostri - Zibaldone n. 2, gli stessi Totò e Sophia Loren furono insieme nel cast di Miseria e nobiltà, film di Mario Mattoli sceneggiato dall’omonima commedia di Eduardo Scarpetta (1853-1925; padre naturale di Eduardo De Filippo). E in questo film, che abbiamo presentato e commentato nel settembre 2008, sempre in relazione e dipendenza della presenza della Fotografia nel Cinema, lo scrivano Felice Sciosciammocca (Totò, per l’appunto) si sostituisce al fotografo ambulante Pasquale (interpretato dall’attore Enzo Turco, una delle più efficaci “spalle” di Totò) mettendo in scena un siparietto fotografico con una coppia di sposi in viaggio di nozze. Un anno dopo, nel 1955, ancora Sophia Loren sarà co-protagonista della brillante commedia Il segno di Venere, di Dino Risi (epica l’interpretazione di Franca Valeri, nei panni di Cesira, in un cast di prima grandezza: Vittorio De Sica, Raf Vallone, Tina Pica, Maurizio Arena, Alberto Sordi e Peppino De Filippo). Proprio Peppino De Filippo interpreta Mario, un fotografo che opera all’interno di un albergo diurno: e questo è un altro incrocio di Sophia Loren con la Fotografia, in tempi ravvicinati. Annotiamo, anticipandolo, che, tra i tanti/tutti corteggiatori di Sophia Loren, nel panni di Agnese Tirabassi, Mario / Peppino De Filippo esprime e spiega con enfasi e partecipazione la sua filosofia di fotografo... manco fosse un reporter da prima linea. A risentirci, al proposito. ❖



DOVE SI POSA LO SGUARDO S di Maurizio Rebuzzini

enza applicare false modestie, ci consideriamo qualificati per e su quanto stiamo per rilevare. Lo siamo su due fronti, almeno: uno in entrata (arrivo), l’altro in uscita (destinazione). A differenza e all’opposto di troppe semplificazioni dei nostri tempi attuali, che -per certi versi- analizziamo e commentiamo nell’odierno Editoriale, a pagina sette, e nella riflessione Parliamone, dalla successiva pagina otto, su questo stesso numero, c’è ancora chi comunica con efficacia fotografica degna di altri momenti... precedenti. Fujifilm offre spunti di considerazione e valutazione per i quali ci sentiamo competenti. Subito rivelato, stiamo per approfondire la comunicazione stampa con la quale, a fine dello scorso ottobre, è stata annunciata e presentata la configurazione X-Pro3, che nel frattempo è stata insignita di un ambìto e prestigioso TIPA Award: Best APS-C Camera Professional [ancora, su questo stesso numero, da pagina 35]. Da cosa dipendono e su cosa si basano le nostre presunzioni di “qualifica” e “competenza”? Come appena anticipato, su due momenti coabitanti. Andiamo a considerarli: «uno in entrata (arrivo), l’altro in uscita (destinazione)».

ENTRATA / ARRIVO In entrata/arrivo, ragioniamo dallo svolgimento quotidiano dell’impegno redazionale, raggiunto da comunicazioni dall’esterno. L’anagrafe (avversa?, siamo del 1951) ci ha consentito di vivere tempi e modi produttivi che si sono evoluti giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno, decade dopo decade, fino alle attuali rapidità esponenziali consentite dalle tecnologie digitali. In altra Vita, che non questa, nell’autunno Millenovecentosettantadue, esordimmo con carta e fotografie stampate, per lo più in bianconero. Anche la messa in pagina era altrettanto artigianale e complessa: layout su fogli in formato, testi composti in piombo da dattiloscritti (nel nostro caso, in periodi immediatamente successivi, realizzati con imponente Olivetti M40 e, poi, con Olivetti Lettera 22, verdina e portatile), bozze da leggere e rileggere in fasi consecutive (perché ogni correzione imponeva la nuova compilazione di righe

e righe... ben diversa dall’immediata rapidità e coerenza della gestione digitale a monitor), bozze da incollare sul layout in modo da consentire la predisposizione della pagina (con colla Cow Gum, priva di acqua), impianti litografici da verificare attentamente e tanto altro ancora. Comunque, per quanto oggi e qui ci interessa, in redazione arrivavano comunicati stampa e fotografie allegate su carta. Evoluzione dopo evoluzione, siamo approdati ai comunicati che arrivano per email (e contorni), comprensivi file di immagini allegate. A questo punto, le immagini a corredo si sono moltiplicate in quantità, considerato che possono essere prodotte e inviate a costo pressoché Zero. Soltanto, eccoci qui, magari in filosofia marxista (?), la proprietà dei mezzi di produzione (che in questo specifico, una volta era distribuita su diversi professionisti) non corrisponde alla capacità di usarli con intelligenza, gusto e rispetto degli altri. Per cui, riceviamo file di modeste dimensioni, anche se il comparto tecnico-commerciale della Fotografia, in altri propri momenti ufficiali e statutari, vanta risoluzioni megagalattiche, che consentono stampe su carta e riproduzioni litografiche in dimensioni formali più che generose.

Selezione tra le tante immagini di comunicazione della Fujifilm X-Pro3: in forma di portfolio. Date per scontate prerogative tecniche di alto valore, la nostra attenzione si rivolge verso princìpi di comunicazione che adempiono quei doveri professionali di efficienza, garbo e concretezza che stanno esaurendosi nella nostra società. La qualità formale e di contenuto di queste illustrazioni risponde a fondamenti e cardini che dovrebbero essere irrinunciabili



Per non parlare, poi, dell’identificazione dei file, che risponde a un analfabetismo della comunicazione che non ha eguali. Ma... altro discorso, che riguarda anche i fotografi. Due le eccezioni che registriamo: per l’appunto, Fujifilm, che oggi consideriamo per e sullo specifico riferimento all’annuncio e presentazione della X-Pro3, e Taschen Verlag. In ordine invertito, perché su Fujifilm X-Pro3 ci soffermeremo più avanti. Iscrivendosi alla sezione “Press Downloads” del sito Taschen, per la quale sono necessarie credenziali di rito, si accede all’intero archivio di informazioni stampa sui libri pubblicati dalla prestigiosa casa editrice tedesca. A parte una attenta descrizione dei contenuti, è resa disponibile una sostanziosa quantità e qualità di illustrazioni, scaricabili in dimensioni “Web” o “Print” (riproduzione su rivista cartacea). L’accordo preventivo prevede la possibilità di utilizzare tre immagini più la copertina, previa eventuale richiesta per più illustrazioni. Lo sappiamo bene, per esperienza e tempo trascorso in redazione, che per certi autori è inutile richiedere qualcosa di più (Helmut Newton, per esempio). Però, fino a oggi, tutte le pretese che abbiamo espresso sono state accolte. Ribadiamo: file di immagini in alta risoluzione, adeguati alla pubblicazione su una doppia pagina affacciata (e oltre). Tempo fa, incontrando Benedikt Taschen in persona (che conoscemmo

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nei primi anni Ottanta, in anticipo sulla successiva casa editrice, quando conduceva un negozio di fumetti, a Colonia, in Germania), gli sottoponemmo una questione. Ovvero, così agendo, sulla fiducia (di cultura protestante, credo a parte), stava mettendo a disposizione di estranei un sostanzioso archivio di immagini. Risposta laconica: «Se mi rubano file, cosa posso farci? Sta a ognuno rispondere alla propria etica professionale». In questi tempi di facile veicolazione di immagini virtuali (in e dalla Rete), Benedikt Taschen non ha eretto barricate, ma preso atto di rapporti professionali etici e coerenti. In effetti, su queste pagine, vengono spesso presentate edizioni Taschen Verlag inerenti la Fotografia (e dintorni e contorni). Anzitutto, agiamo così in virtù della qualità di contenuti presentati e proposti; in seconda battuta, lo facciamo perché siamo messi in condizioni di agire. A differenza di quegli editori, soprattutto italiani, che -a tutela di cosa, ormai?- forniscono immagini in risoluzione minima possibile, adatta soltanto alla riproduzione in formato francobollo.

USCITA / DESTINAZIONE In uscita/destinazione, ci riferiamo a tempi passati, durante i quali consideravamo lecito e doveroso presentare apparecchi fotografici, in forma giornalistica. Oggi, pensiamo non sia più


necessario farlo, perché i tempi produttivi cartacei non possono competere con la rapidità e immediatezza del Web; e, poi, siamo sinceri, non dovrebbe interessare più a nessuno l’approfondimento caratteriale delle configurazioni e dotazioni fotografiche, attualmente così diverse e distanti dalle minuziose indagini del passato: anche in loro forma illustrativa. Comunque, chi lo ricorda, sa bene come e quanto ci siamo impegnati nella coerente resa fotografica di dettagli, insiemi e sensazioni. Dalla copertina ai servizi interni, sempre e comunque fotografie di alta qualità formale e intenso contenuto, implicito ed esplicito. In questo senso, se intendiamo vederla anche così, sicuramente volando alto, probabilmente esagerando, potremmo richiamare il concetto di “apparato” ben analizzato dal filosofo cecoslovacco Vilém Flusser (1920-1991), per il cui pensiero rimandiamo a Per una filosofia della fotografia (nella traduzione di Chantal Marazia; Agorà, 1987, e Bruno Mondadori, 2006). Quindi, per esperienza professionale, maturata in quella che un tempo era la sala di posa abbinata ai locali redazionali, sappiamo come e perché fotografare utensili della stessa Fotografia, che per nostro solito presentavamo non in forma asettica, ma nell’intensità di loro prerogative di utilizzo; e per questo si è spesso trattato di passerelle di dotazioni fotografiche anche particolari, specifiche e mirate, altrove e altrimenti ignorate.

Tanto che, vogliamo ricordarlo, una celebre e celebrata produzione centenaria tedesca ci chiese come noi riuscissimo a fotografare macchine fotografiche senza fastidiosi riflessi sulla lente frontale dell’obiettivo. Premesso che nella nostra sala di posa non avremmo mai potuto agire come sono solito fare le case produttrici, che magari fotografano apparecchi e obiettivi manipolabili (ovvero, estranei alla produzione; quindi, alterabili e modificabili: per esempio, per collocare una luce riflettente dal corpo macchina verso l’obiettivo), ma dovevamo operare su oggetti che poi avrebbero dovuto essere riconfezionati per la vendita, rispondemmo che non c’era problema. Non avremmo mai rivelato il nostro iter professionale, composto su attenta e mirata distribuzione della luce e inquadrature efficaci, ma ci saremmo resi disponibili a fotografare le loro macchine fotografiche... in regime di prestazione professionale (fattura con Iva e dintorni). Per quanto possa valere, è da questa base che ci reputiamo “qualificati” e “competenti” sull’illustrazione di oggetti della Fotografia. Sappiamo distinguere tra immagini ben confezionate, ed è il caso Fujifilm X-Pro3 al quale stiamo per approdare, e qualcosa di indefinito, svogliato e illetterato: come sono le illustrazioni proposte dalla stragrande maggioranza di riviste tecniche di settore, che millantano e insegnano ad altri ciò che non sono capaci di realizzare in proprio.

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A questo punto, ben lontani dall’annuncio e presentazione dello scorso ventitré ottobre, non serve censire le caratteristiche tecniche della Fujifilm X-Pro3, che sono ampiamente conosciute, che sono state ampiamente assimilate da coloro i quali ne nutrono interesse. Soltanto, sono opportune due rilevazioni sostanziali.

FUJIFILM X-PRO3 Anzitutto, la definizione con la quale la particolare configurazione è stata introdotta, in terza evoluzione dalla propria origine: «Digitale Mirrorless dall’anima analogica», che si rivolge anche al pubblico infastidito e disturbato (oltre che turbato) dalla tecnologia attuale. Da cui, l’appello “analogica”, che chiama in causa i tempi e modi della pellicola fotosensibile. Quindi, l’attribuzione dell’autorevole TIPA Award / Best APS-C Camera Professional, che abbiamo già evocato in apertura [in casellario e commento, su questo stesso numero, da pagina 35]: «Da tempo, Fujifilm ha imboccato e aperto la strada all’approccio del mirino “ibrido” (ottico / elettronico), che si propone anche nella configurazione X-Pro3. [...]». Comunque, per quanto serva farlo, ci riferiamo a una dotazione fotografica con sensore di acquisizione in dimensioni APS-C da ventisei Megapixel, con gamma di sensibilità estesa da 160 a 12.800 Iso equivalenti (espandibile), registrazione video 4K fino

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a 30p e molteplici modalità di uso, standard piuttosto che creativo (qualsiasi cosa questo aggettivo possa significare). Date per scontate prerogative tecniche di alto/altissimo valore della Fujifilm X-Pro3, come anticipato, la nostra attuale attenzione redazionale è rivolta altrove: verso princìpi di comunicazione che adempiono quei doveri professionali di efficienza, garbo e concretezza che stanno esaurendosi nella nostra attuale società: impeccabili illustrazioni di prodotto (nelle tre livree Black, Titanium Black e Titanium Silver [sulla quale si concentra la nostra selezione], su fondo immancabilmente bianco-luce, eccellenti dettagli su fondo nero (qualificati da una più che notevole capacità di uso delle luci), dimensioni generose dei file... tutti elementi distintivi nei quali ci riconosciamo e ritroviamo. Almeno per quanto riguarda il nostro osservatorio mirato e coltivato in decenni di giornalismo fotografico (dall’autunno 1972), rappresentativo dello svolgimento attento e concentrato del nostro mestiere/mandato, la qualità formale e di contenuto delle illustrazioni fornite da Fujifilm risponde ancora a fondamenti e cardini che dovrebbero essere irrinunciabili. Da cui, e per cui, mettiamo in pagina una selezione tra le tante immagini di comunicazione, per evidenziarne il valore divulgativo, evocativo e coinvolgente. Siamo qualificati a farlo. ❖


RITORNO

SINAR NORMA 4X5

POLLICI

(FOTOGRAPHIA DI ANTONIO BORDONI)

AL GRANDE FORMATO

Una Ipotesi Un Sogno Un Invito Una Proposta (graphia@tin.it)


Venezia, Regata Storica; 2015. I gondolieri risalgono il Canal Grande con gondole e abiti del Sedicesimo secolo.

Stephen Wilkes. Day to Night; testi di Lyle Rexer; Taschen Verlag, 2019; edizione multilingue inglese, francese e tedesco; 260 pagine 42x33cm, cartonato con sovraccoperta; due fold-out; 100,00 euro. ❯ Due Art Edition da cento copie ciascuna; ognuna con una stampa numerata e firmata da Stephen Wilkes: 4500,00 euro. ● Art Edition No 1 (da 1 a 100) con Brooklyn Bridge Park, New York City; 2016. ● Art Edition No 2 (da 101 a 200) con Grand Canyon, Arizona; 2015.

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di Angelo Galantini

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tephen Wilkes (1957) è un fotografo statunitense di grande valore. Se serve quantificare la nostra valutazione con meriti e qualità certificate, si può partire dalle pubblicazioni su testate di credito e autorevolezza: da Vanity Fair a Time, a Fortune, a National Geographic, a Sport Illustrated. Quindi, vanno considerate le campagne realizzate per Nike, American Express, Sony e Rolex. Ancora, è incluso nelle collezioni fotografiche di molte istituzioni museali, tra le quali spiccano l’Houston Museum of Fine Arts (Texas), il Museum of the City of New York (al civico 1220 della Fifth Avenue) e il National September 11 Memorial & Museum, altrimenti identificato come 9/11 Memorial Museum (180 Greenwich street). Infine, le onorificenze, che includono il prestigioso Alfred Eisenstaedt Award per la Magazine Photography. Time Magazine lo ha annoverato tra i dieci Migliori fotografi del 2012. In origine per ricerca personale, immediatamente a seguire in assignment, dal 2009, ha elaborato una propria creatività ed espressività del paesaggio, sia urbano, sia naturale. Semplifichiamola così, senza intenzione di banalizzare, perché è vero l’esatto contrario: da un punto di ripresa fisso, nel corso di una intera giornata (e anche oltre), Stephen Wilkes realizza una consistente quantità di scatti fotografici, fino a millecinquecento esposizioni, che -successivamente- distilla e decanta in post produzione in un’unica immagine. Ovviamente, non agisce con tutti i file acquisiti, ma ne seleziona preventivamente la quantità e qualità necessaria alla rappresentazione fotografica (non solo raffigurazione) che include il giorno e la notte, insieme all’alternarsi di situazioni, circostanze e frangenti. Queste immagini vanno avvicinate in stampe di dimensioni generose, affinché i singoli dettagli inclusi nell’inquadratura e composizione risultino visibili ed evidenti: per esempio, il Palio di Siena, con l’alternarsi sulla piazza del Campo della sfilata storica anticipatoria, della corsa, dei festeggiamenti al fantino e al cavallo vincitori. Sovrapposizioni e presenze perfettamente in armonia, sia di intenti, sia di contenuto. «Sono esattamente queste piccole storie, questi dettagli, che attirano le persone nelle fotografie», afferma l’autore. Una volta scoperte, queste mini narrazioni conferiscono a ogni composizione un aspetto personale e autentico. L’intraprendente e attento editore tedesco Taschen Verlag (ancora lui, ancora una volta, certamente non per l’ultima volta) ha pubblicato una consistente e affascinante edizione di queste fotografie di Stephen Wilkes: con testi di Lyle Rexer (scrittore, curatore e critico d’arte residente a New York), Day to Night è una monografia che accompagna l’osservatore in un coinvolgente viaggio senza soluzione di continuità dall’alba al tramonto e alla notte (e le dimensioni del volume, 42x33cm, comprensivo di due fold-out, rendono merito alla visibilità e decifrazione delle fotografie). Si attra-

versano luoghi iconici del mondo, con fotografie che svelano il flusso e riflusso unico dello scorrere quotidiano e giornaliero della Vita. [E, tra parentesi, questa creatività dovrebbe zittire e ridurre al silenzio i termini che ancora persistono circa la contrapposizione tra pellicola fotosensibile e suoi contorni e acquisizione digitale di immagini e sue “nefandezze” (artificiosamente individuate). Eccezionale applicazione della gestione digitale, queste immagini sono vive e palpitanti indipendentemente dalla loro lavorazione, che deriva tutta da condizioni offerte e proposte proprio dalla tecnologia. In ogni caso, come spesso abbiamo rilevato e come sempre bisogna considerare, non esistono tecnologie buone e cattive, non c’è contrapposizione angelo-diavolo. A parte le utilità digitali individuali, questa interpretazione nobilita la Fotografia nel proprio essere “autentico linguaggio visivo dal Novecento”: e non importa mai come lo fa (che pure conterebbe, ma non qui e non ora), ma perché viene fatto]. (continua a pagina 32)


© 2019 STEPHEN WILKES

DAL GIORNO ALLA NOTTE Pubblicata da Taschen Verlag, Stephen Wilkes. Day to Night è una monografia che accompagna l’osservatore in un coinvolgente viaggio senza soluzione di continuità dall’alba al tramonto e alla notte. Si attraversano luoghi iconici del mondo, con avvincenti fotografie che svelano il flusso e riflusso unico dello scorrere quotidiano e giornaliero della Vita

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Steeple Jason, Isole Falkland; 2017. «La Wildlife Conservation Society ha un alloggio su Steeple Jason, in cui sono stato fortunato a rimanere. L’isola è deserta, con pochi visitatori (forse cinquanta persone hanno mai messo piede sull’isola). Ho trascorso trentasei ore a fotografare il comportamento sfumato dell’albatros dai sopraccigli neri ( Thalassarche melanophrys), che in una vita può volare fino a tre milioni di chilometri e si accoppia per la vita» (Stephen Wilkes).

© 2019 STEPHEN WILKES (2)

Stonehenge; 2016. «Nel tardo pomeriggio, ho notato persone vestite con elaborati abiti del Diciottesimo secolo all’interno del cerchio. Le nuvole avevano quasi iniziato a replicare la struttura fisica di Stonehenge. Tutte queste condizioni si sono incontrate nel modo più magico». (Stephen Wilkes).

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© 2019 STEPHEN WILKES

New York, Brooklyn Bridge Park; 2016.

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© 2019 STEPHEN WILKES (4)

Bergen, Olanda; 2016. I bunker della Seconda guerra mondiale -edificati durante l’occupazione tedesca, per creare una “Muraglia atlantica” contro le forze alleatesi disinteressano dei vivaci campi di tulipani, nei giorni prima del raccolto.

New York, Central Park dopo giornate di vento polare; 2010.

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(continua da pagina 26) Stephen Wilkes osserva da distanze che permettono di cogliere dettagli e sfumature. Così che il suo occhio fotografico si proietta alla parte... per il tutto. Le sue visioni si inseriscono in una corrente espressiva e culturale di radici antiche. Questa è fotografia dell’illusionismo, che affida all’elemento realistico compiti diversi dalla sola raffigurazione oggettiva. Diversi, perché più profondi e, siamo sinceri, migliori: è un illusionismo (pittorico?) che dischiude una finestra sull’eternità, che scruta e offre al di là di ciò che vede l’occhio fisiologico, per edificare un’esistenza fondata sulla spiritualità e lo sguardo interiore. Pur nell’apparente uguaglianza della superficie delle proprie raffigurazioni (con analoghe visioni


(centro pagina, in basso) Serengeti National Park, Tanzania; 2015 (e suo dettaglio centrale). «Ho trascorso ventisei ore nei pressi di un abbeveratoio quasi invisibile, durante una siccità. Tutti gli animali, in altre circostanze competitivi tra loro, hanno condiviso l’acqua e non si sono mai aggrediti tra loro. Avevano capito l’atto della condivisione». (Stephen Wilkes).

realistiche), la Fotografia di Stephen Wilkes è tanto diversa da altre immagini analogamente “prese dal vivo”, “dal vero”. Non sprofonda nell’esteriorità, nell’emotività e nel soggettivismo, ma si impone altrimenti, e lascia libero l’osservatore di volare per propri richiami, guidato da proprie esperienze, proiettato verso strade autonome (ma anche coincidenti con quelle dell’autore, forse). Sulla psiche individuale, le immagini -anche quelle fotografiche- hanno una forza che può essere paragonata a quella di certi elementi della natura. Le immagini plasmano la psiche più di ogni altra cosa. E ora, abbiamo a disposizione un’altra serie, quella di Stephen Wilkes, con la quale fare i nostri conti. Ciascuno faccia i propri. ❖

Parigi, Jardins du Trocadéro con la Tour Eiffel; 2014. In una giornata con rapidi cambiamenti climatici, una ripresa allungata su diciotto ore, da un imponente camion alto dodici metri.

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Per quanto (ancora) possa servire, assegnati dall’autorevole giuria formata da direttori e redattori di trenta riviste internazionali di fotografia, aderenti alla accreditata Technical Image Press Association, gli ambìti e prestigiosi TIPA Awards 2020 ribadiscono e confermano il proprio ruolo, che da trent’anni a questa parte riconosce e certifica i migliori prodotti fotografici presentati sul mercato durante la stagione precedente. Scomposti in quaranta categorie di riferimento, i Premi sottolineano l’attualità tecnologica del presente, in proiezione futuribile

DI MEGLIO` NON CE N’E di Antonio Bordoni

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ossiamo vederla e considerarla anche così. Certamente, dobbiamo vederla e considerarla anche così. La costanza e determinazione con le quali TIPA, l’autorevole Technical Image Press Association, segnala, ogni anno, i migliori prodotti fotografici arrivati sul mercato, nella stagione di riferimento, è a dir poco ammirevole. Lo è stato anche alle proprie origini, trent’anni fa, in tempi e modi diversi da quelli attuali; a maggior ragione, lo è oggi, in un’epoca nella quale tutto sfugge in fretta, tutto si consuma in un soffio di vento [per certi versi, dall’Editoriale di questo stesso numero, e dalla riflessione Parliamone, con la quale prende avvio l’odierna messa in pagina]. Composta e svolta da rappresentanti di trenta riviste fotografiche del mondo, che agiscono in e da quattordici nazioni, per dieci linguaggi (come sottolinea e recita un annuncio pubblicitario specifico, pubblicato anche sulle nostre pagine), attraverso i propri Awards annuali, TIPA / Technical Image Press Association esprime e sottolinea un concentrato momento focale della tecnologia fotografica attuale e futuribile. In relazione allo stato dell’arte, anno dopo anno sono stati segnalati i prodotti fotografici che hanno influito sul nostro Tempo.

Per propria natura e personalità professionale, i direttori e redattori delle trenta riviste fotografiche internazionali che compongono la qualificata e autorevole Associazione -alla quale partecipiamo insieme a Foto Cult, in rappresentanza dell’Italia- sono, allo stesso momento, al vertice e alla coda del mercato. Al vertice, quando e per quanto debbono intuire le evoluzioni tecnologiche in divenire; alla coda, quando e per quanto registrano, annotandole e motivandole, le personalità del mercato: comunque questo si esprima. Dunque, per conseguenza, i qualificati TIPA Awards sono frutto di una competente analisi complessiva del mercato fotografico. Alla resa dei conti, la combinazione di riviste fotografiche tra loro diverse ed eterogenee, sia per intendimento e finalità, sia per osservazione geografica del mercato (quattordici nazioni, cinque continenti), finisce per rappresentare una adeguata media planetaria. Ciascuna rivista è portavoce di propri punti di vista e osservazioni nazionali, oltre che di realtà commerciali determinate da particolari equilibri geografici e sociali; quindi, nel proprio insieme, la valutazione dei TIPA Awards esprime sempre e comunque la più concreta e realistica essenza del mercato fotografico mondiale, osservato e valutato con qualificata ed encomiabile capacità. (continua a pagina 41)

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TIPA AWARDS 2020: BEST... IN DUE SENSI DI LETTURA DSLR Advanced Camera.........................................................Canon Eos 90D DSLR Expert Camera ....................................................................Nikon D780 DSLR Professional Camera ...................................Canon Eos-1DX Mark III APS-C Camera Advanced..............................................................Nikon Z 50 APS-C Camera Expert ...................................................................Sony 6600 APS-C Camera Professional..................................................Fujifilm X-Pro3 Full Frame Camera Expert ................................................................Sigma fp Full Frame Professional Camera......................................Sony 7R Mark IV Full Frame Photo/Video Camera........................Panasonic Lumix DC-S1H Medium Format Camera ......................................................Fujifilm GFX100 DSLR Prime Lens .......................................Tamron SP 35mm f/1,4 Di USD DSLR Macro Lens........................Venus Optics Laowa 100mm f/2,8 2x Ultra Macro Apo DSLR Wide Angle Zoom Lens ...............Tokina ATX-i 11-16mm f/2,8 CF DSLR Professional Lens......................AF-S Nikkor 120-300mm f/2,8E FL ED SR VR MFT Lens ......................................Panasonic Leica DG Vario-Summilux 10-25mm f/1,7 Asph Mirrorless Prime Standard Lens .................Nikkor Z 58mm f/0,95 S Noct Mirrorless Prime Wide Angle Lens ..............Samyang AF 14mm f/2,8 RF Mirrorless Wide Angle Zoom Lens .....................Sigma 14-24mm f/2,8 DG DN | Art Mirrorless Standard Zoom Lens .......Sigma 24-70mm f/2,8 DG DN | Art Mirrorless Telephoto Zoom Lens....Canon RF 70-200mm f/2,8L IS USM Professional Portrait Lens ....................Canon RF 85mm f/1,2L USM (DS) Expert Compact Camera.......................................................Sony RX100 VII VLogging Camera ....................................Canon PowerShot G7 X Mark III Premium Compact Camera ....................................................Fujifilm X100V Inkjet Photo Paper ...............................................Hahnemühle Natural Line Portable Photo Printer..........................................Fujifilm Instax Mini Link Imaging Software ..................................................................DxO PhotoLab 3 Imaging Storage Solution.......................................SanDisk Extreme Pro CFexpress 2.0 Type B Memory Cards Portable Flash .......................................................................Nissin MG80 Pro Professional Led Ligth ..................................................................Arri Orbiter Travel Tripod.......................................................Manfrotto BeFree GT Xpro Tripod Head........................................................................Gitzo 3-Way Head Professional Photo Monitor..................................BenQ PhotoVue SW321C Professional Video Monitor...................................LG Ultrawide 38WN95C Photo Smartphone ............................................................Huawei P40 Series Mobile Accessory...............................................................................Godox R1 Colour Management Solution .......................X-Rite i1 Display Studio / i1 Display Pro Plus Photo Lab ...................................................................WhiteWall Masterprint Photo Service ..........................Cewe Photobook Leather and Linen Cover Photo Innovation ............................Sony Real-Time Tracking Technology

Arri Orbiter ..................................................................Professional Led Ligth BenQ PhotoVue SW321C..................................Professional Photo Monitor Canon Eos 90D.........................................................DSLR Advanced Camera Canon Eos-1DX Mark III ...................................DSLR Professional Camera Canon RF 70-200mm f/2,8L IS USM....Mirrorless Telephoto Zoom Lens Canon RF 85mm f/1,2L USM (DS) ....................Professional Portrait Lens Canon PowerShot G7 X Mark III ....................................VLogging Camera Cewe Photobook Leather and Linen Cover ..........................Photo Service DxO PhotoLab 3..................................................................Imaging Software Fujifilm X-Pro3..................................................APS-C Camera Professional Fujifilm GFX100 ......................................................Medium Format Camera Fujifilm X100V ....................................................Premium Compact Camera Fujifilm Instax Mini Link..........................................Portable Photo Printer Gitzo 3-Way Head........................................................................Tripod Head Godox R1...............................................................................Mobile Accessory Hahnemühle Natural Line ...............................................Inkjet Photo Paper Huawei P40 Series ............................................................Photo Smartphone LG Ultrawide 38WN95C...................................Professional Video Monitor Manfrotto BeFree GT Xpro.......................................................Travel Tripod Nikon D780 ....................................................................DSLR Expert Camera Nikon Z 50..............................................................APS-C Camera Advanced AF-S Nikkor 120-300mm f/2,8E FL ED SR VR .........................................................DSLR Professional Lens Nikkor Z 58mm S f/0,95 Noct.................Mirrorless Prime Standard Lens Nissin MG80 Pro.......................................................................Portable Flash Panasonic Lumix DC-S1H........................Full Frame Photo/Video Camera Panasonic Leica DG Vario-Summilux 10-25mm f/1,7 Asph...................................................................MFT Lens Samyang AF 14mm f/2,8 RF ..............Mirrorless Prime Wide Angle Lens SanDisk Extreme Pro CFexpress 2.0 Type B Memory Cards ..........Imaging Storage Solution Sigma fp ................................................................Full Frame Camera Expert Sigma 14-24mm f/2,8 DG DN | Art........................................Mirrorless Wide Angle Zoom Lens Sigma 24-70mm f/2,8 DG DN | Art.......Mirrorless Standard Zoom Lens Sony 6600...................................................................APS-C Camera Expert Sony 7R Mark IV......................................Full Frame Professional Camera Sony RX100 VII.......................................................Expert Compact Camera Sony Real-Time Tracking Technology ............................Photo Innovation Tamron SP 35mm f/1,4 Di USD .......................................DSLR Prime Lens Tokina ATX-i 11-16mm f/2,8 CF...............DSLR Wide Angle Zoom Lens Venus Optics Laowa 100mm f/2,8 2x Ultra Macro Apo.............................................................DSLR Macro Lens WhiteWall Masterprint ...................................................................Photo Lab X-Rite i1 Display Studio / i1 Display Pro Plus....................................Colour Management Solution

TIPA AWARDS 2020 NISSIN BEST PORTABLE FLASH: NISSIN MG80 PRO Il Nissin MG80 Pro è un flash completo, che si rivela come complemento prezioso alle dotazioni tecniche di fotografi di cerimonia (matrimonio) e fotogiornalisti, soprattutto in location. Ha caratteristiche e prestazioni elevate sotto tutti gli aspetti, tra i quali un tempo di ricarica di 1,2 secondi e autonomia di circa trecentosessanta lampi, se utilizzato con quattro batterie al Litio (tipo 14500) e con batterie da 1000mAh, oppure duecentottanta lampi, con batterie ricaricabili da 2450mAh. Può comunicare con altre unità dedicate, come radiocomando o slave, e supporta TTL, controllo manuale e HSS. È compatibile con quasi tutte le configurazioni hot-shoe presenti sul mercato. In dotazione tecnica dedicata Sony ha una slitta in metallo per una maggiore resistenza nell’uso.

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TIPA AWARDS 2020 FUJIFILM BEST MEDIUM FORMAT CAMERA: FUJIFILM GFX100 Seconda generazione dall’originaria GFX50S [ FOTOgraphia, marzo 2017], la Fujifilm GFX100 da centodue Megapixel (102!) si propone come dotazione tecnica ideale (e preferita) per location e professionisti che intendono agire e operare “senza treppiedi” (per esempio, nella fotografia di matrimonio e cerimonia), per realizzare sfolgoranti immagini che possono essere stampate in dimensioni molto grandi. La versatilità di utilizzo è ampliata da un design a “doppia presa”, stabilizzazione dell’immagine a cinque assi nel corpo macchina e scatto continuo fino a cinque fotogrammi al secondo. L’alto grado di personalizzazione dei parametri di ripresa è facilmente controllabile attraverso una ben ponderata impostazione del menu. Sono incorporate batterie gemelle, per una maggiore durata della sessione fotografica.

BEST APS-C CAMERA PROFESSIONAL: FUJIFILM X-PRO3 Da tempo, Fujifilm ha imboccato e aperto la strada all’approccio del mirino “ibrido” (ottico / elettronico), che si propone anche nella configurazione X-Pro3. Il monitor LCD posteriore può essere ruotato verso il basso, per la visualizzazione TLR a livello della vita o per accedere alle impostazioni dell’apparecchio, dotato anche di raffinata e confortevole modalità di simulazione film in uso (con riferimenti alle pellicole fotosensibili della propria gamma). La Fujifilm X-Pro3 offre un’ampia varietà di impostazioni creative per esposizione, messa a fuoco, qualità dell’immagine ed effetti. Il sensore APS-C da ventisei Megapixel presenta una gamma di sensibilità estesa da 160 a 12.800 Iso equivalenti (espandibile). Registrazione video 4K fino a 30p [su questo numero, da pagina 20].

BEST PORTABLE PHOTO PRINTER: FUJIFILM INSTAX MINI LINK Tramite l’app “Mini Link” e una connessione Bluetooth, la dotazione Fujifilm Instax Mini Link semplifica la stampa su pellicola Instax a sviluppo immediato da file smartphone. Le caratteristiche includono il trasferimento rapido, la stampa continua e l’autonomia di circa cento copie/stampe per carica. È possibile stampare fotogrammi fissi e video; inoltre, l’app può essere collegata fino a cinque smartphone, per creare un collage di stampa Instax. Utilizzando l’app “Camera Remote”, la connettività può essere estesa al sistema Fujifilm X.

BEST PREMIUM COMPACT CAMERA: FUJIFILM X100V L’eccellente Fujifilm X100V può essere descritta come “seconda dotazione”, per i professionisti, e “apparecchio fotografico walk-around”, per gli appassionati. In dimensioni compatte e con una vasta serie di funzioni, la configurazione utilizza lo stesso sensore e processore della X-Pro3 di vertice nel proprio sistema fotografico. Obiettivo di ripresa fisso “pancake” estremamente luminoso (f/2) sulla focale 23mm (equivalente l’inquadratura del grandangolare pacato 35mm sul formato fotografico 24x36mm, riferimento d’obbligo); quindi, sono disponibili elementi ottici di conversione ad altre inquadrature. Ancora: mirino “ibrido” ottico / elettronico e modalità di simulazione alla resa cromatica e tonale delle pellicole Fujifilm. Funzionalità video 4K e durata della batteria fino a quattrocentoventi esposizioni (con il mirino ottico).

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TIPA AWARDS 2020 PANASONIC BEST FULL FRAME PHOTO/VIDEO CAMERA: PANASONIC LUMIX DC-S1H L’eccellente Lumix DC-S1H si distingue come scelta chiara per coloro i quali desiderano una dotazione fotografica con funzionalità video di livello professionale, vicina a quanto necessario ai cineasti emergenti e ai team di produzione. Le opzioni di acquisizione video includono 6K / 24p, 5,9K / 30p e 10-bit 4K / 60p, oltre a una impressionante gamma dinamica superiore a quattordici stop in V-Log e nessun limite di tempo di registrazione in nessuna delle sue modalità video. Stabilizzazione nel corpo macchina, modalità di scatto anamorfico, doppi slot per schede SD e registrazione continua di alta qualità da ventiquattro Megapixel si aggiungono alle sorprendenti funzionalità della intraprendente configurazione.

BEST MFT LENS: PANASONIC LEICA DG VARIO-SUMMILUX 10-25mm f/1,7 ASPH Questo zoom Panasonic 10-25mm f/1,7 Asph offre una eccezionale qualità di immagine e una precisione di messa a fuoco per la registrazione di immagini fisse e/o video. Definisce una lunghezza focale equivalente 20-50mm sul formato fotografico 24x36mm, inevitabile riferimento d’obbligo. Apertura relativa costante f/1,7, alla quale corrisponde una profondità di campo molto ridotta e capacità di registrazione in condizioni di scarsa illuminazione. Regolazioni di ripresa e scatto adeguatamente silenziose. La distanza di messa a fuoco minima, da 28mm dal piano del sensore di acquisizione, identifica e definisce eccellenti applicazioni creative. La regolazione silenziosa e disciplinata del sistema di messa a fuoco interna è reso possibile dall’uso di un motore passo-passo, mentre una frizione di messa a fuoco rende rapido e semplice il passaggio da AF a messa a fuoco manuale.

TIPA AWARDS 2020 SAMYANG BEST MIRRORLESS PRIME WIDE ANGLE LENS: SAMYANG AF 14mm f/2,8 RF Il supergrandangolare Samyang AF 14mm è progettato per offrire prospettive e punti di vista unici per molte interpretazioni fotografiche creative. Ha un angolo di campo di quasi 114 gradi e una capacità di messa a fuoco ravvicinata da 20cm; scala dei diaframmi da f/2,8 a f/22, in modo da poter registrare sia effetti di estesa profondità di campo sia immagini con distribuzione volontaria della sfocatura. Di dimensioni compatte (9,5cm di lunghezza), l’obiettivo presenta anche una struttura a tenuta stagna e un portafiltri posteriore utile per intensificare la resa tonale e cromatica. È il primo (e, per ora, unico) AF 14mm f/2,8 al mondo, progettato per consentire di godere di una ampia visione angolare e prospettica con le versatili Mirrorless.

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TIPA AWARDS 2020 NIKON

BEST MIRRORLESS PRIME STANDARD LENS: NIKKOR Z 58mm S f/0,95 NOCT La fotografia in condizioni di scarsa luminosità è il segno distintivo dell’obiettivo Nikkor Z 58mm f/0,95 S Noct [richiamo inequivocabile, per quanto mutuato altrove]: progettato per eliminare il bagliore quando si inquadra una fonte luminosa, anche alla massima apertura relativa. Offre risultati fotografici eccezionali e sorprendenti nelle scene notturne, nei paesaggi e nella natura, all’alba o al tramonto, nell’astrofotografia e persino nei ritratti retroilluminati, con riflessi speculari dietro il soggetto. Sorprendentemente, questo obiettivo con messa a fuoco manuale mostra la propria autentica brillantezza quando viene usato a tutta apertura, dove si ottengono nitidezza e resa dettagliata su tutto il fotogramma (ovvero, file).

BEST DSLR EXPERT CAMERA: NIKON D780 Con la D780, Nikon ha creato un classico istantaneo. La reflex condivide il leggendario DNA della precedente D750 e incorpora molte delle più recenti tecnologie presenti nel sistema Mirrorless Z. In termini di velocità, elaborazione delle immagini, capacità video e prestazioni dell’autofocus, i risultati concretizzano ogni desiderio del fotografo, inclusi doppio slot per schede USH-II e due modalità di lettura, una dedicata alla gamma dinamica allungata e l’altra a valori estesi di sensibilità, per migliorare le prestazioni in condizioni di illuminazione scarsa.

BEST DSLR PROFESSIONAL LENS: AF-S NIKKOR 120-300mm f/2,8E FL ED SR VR Zoom tutto tele che offre e propone una soluzione ideale per la fotografia di sport, in natura e nel ritratto: tutto con un solo obiettivo. Progettato e costruito con particolare riguardo al suo utilizzo all’aperto, che si tratti di un impianto sportivo o in natura, lo zoom presenta una robusta struttura resistente alle intemperie e la stabilizzazione VR a quattro stop, inclusa una modalità “Sports VR” dedicata a soggetti in movimento rapido. Altrettanto impressionante sono la distanza di messa a fuoco ravvicinata da due metri e i controlli di personalizzazione, che forniscono molti strumenti utili per congelare l’azione.

BEST APS-C CAMERA ADVANCED: NIKON Z 50 La Mirrorless Nikon Z 50, con ampia baionetta Z, è ideale per la famiglia, i viaggi e fotografia / videoregistrazione creativa. Facilità di uso e dimensioni compatte sono abbinate ad ampi controlli, che includono un facile passaggio da fermo immagine (fotografia) a video, una rapida connettività e numerosi effetti di Creative Picture Control. Il suo ampio display LCD inclinabile offre una visione luminosa anche in condizioni sfavorevoli di luce, con presentazione e strutture di menu sensibili e accessibili. Eccellente velocità di scatto in sequenza a undici fotogrammi al secondo e ampia gamma Iso equivalenti.

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TIPA AWARDS 2020 SIGMA BEST FULL FRAME CAMERA EXPERT: SIGMA FP La più piccola, leggera e compatta (ed efficace) Mirrorless Full Frame al mondo, tanto da essere qualificabile come “tascabile”. Offre una eccellente facilità di uso e la possibilità di passare facilmente tra le modalità di scatto fotografico e ripresa video. La sua flessibilità si estende alla facile adattabilità a numerosi accessori, sia nell’acquisizione di immagini fisse, sia nella registrazione video, sempre e comunque con adeguati controlli di personalizzazione che consentono una eccellente personalizzazione di ogni soggetto e scena. Le interfacce utente consentono di spostare le registrazioni direttamente sulle impostazioni di produzione video.

BEST MIRRORLESS STANDARD ZOOM LENS: SIGMA 24-70mm f/2,8 DG DN | ART Sigma ha progettato, disegnato e realizzato uno zoom standard che sfrutta appieno le capacità fotografiche delle Mirrorless, applicando altresì una ampia apertura relativa generosa e confortevole. Le dimensioni e il peso dell’obiettivo sono estremamente contenuti. In chiave ottica, l’uniformità e l’acquisizione ad alta risoluzione vengono garantite dal centro ai bordi lungo del fotogramma (frame / file), sull’intera gamma di escursione focale. Lo zoom è anche dotato di “Eye-Detection AF”, una funzione Mirrorless in grado di fornire un autofocus ad alta precisione nel ritratto.

BEST MIRRORLESS WIDE ANGLE ZOOM LENS: SIGMA 14-24mm f/2,8 DG DN | ART Zoom grandangolare che raggiunge una efficace nitidezza da bordo a bordo: non è un progetto ottico facile, quando si tratta delle complesse formule matematiche che richiedono ed esigono uno zoom di alta qualità formale. Con proprie capacità progettuali consolidate, Sigma è approdata a una soluzione che propone una nitidezza estrema ed elimina le aberrazioni cromatiche, riducendo al minimo il bagliore. Inoltre, per quanto riguarda la costruzione meccanica, si registra un rivestimento nano poroso di nuova concezione, che minimizza gli effetti della forte luce incidente. Un rivestimento idrorepellente sull’elemento ottico frontale assicura che lo zoom possa essere utilizzato in condizioni ambientali avverse.

TIPA AWARDS 2020 SANDISK BEST IMAGING STORAGE SOLUTION: SANDISK EXTREME PRO CFEXPRESS 2.0 TYPE B MEMORY CARDS Le schede di memoria SanDisk Extreme Pro CFexpress rispondono all’esigenza di aumentare i requisiti del flusso di lavoro dei dati, per la registrazione video e l’acquisizione di fotografie ad alta velocità proposte dalle attuali configurazioni di ultima generazione tecnologica. Disponibili con capacità che vanno da 64 a 512GB, possono fornire fino a 1700MB al secondo di velocità di lettura, e fino a 1400MB al secondo di velocità di scrittura. Sono utilizzabili anche come ponte tra le dotazioni tecniche precedenti, con retrocompatibilità con dotazioni XQD che adottano il firmware che abilita CFexpress.

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(continua da pagina 35) Come tradizione annuale, anche in conformità e adempimento di mandato (FOTOgraphia è una delle riviste del cartello), annotiamo che l’assegnazione dei prestigiosi e ambìti TIPA Awards 2020 si svolge in trasversalità di tesi: l’insieme dei singoli Premi, come anche le loro personalità individuali, identificano componenti essenziali e discriminanti dell’attuale panorama tecnico-commerciale della Fotografia. Di fatto, e ufficialmente, i TIPA Awards 2020 accertano i migliori prodotti fotografici, tra quanti sono arrivati sul mercato nell’arco dell’ultimo anno. Allo stesso momento, in trasversalità, andando oltre la sola elencazione dei TIPA Awards 2020, che pure ha senso e significato [in sintesi, a pagina 36], si ricava un autentico specchio dei tempi tecnologici della Fotografia. Per quanto sia legittima, la visione e minuta moltiplicazione e scomposizione delle categorie (da anni, assestate sulla quantità di quaranta) sta a certificare, non solo suggerire, la radicale trasformazione della gestione fotografica individuale, sia professionale sia non professionale, che oggi si allarga a tutto il processo nel proprio insieme, più e diversamente di quanto non sia mai successo con la consecuzione della pellicola e relativo trattamento. Dunque, al di là di qualsivoglia filosofia di fondo, sollecitata proprio da momenti particolari e caratteristici, la qualificata e autorevole sintesi dei TIPA Awards 2020 rappresenta un concentrato momento focale della tecnologia fotografica attuale e futuribile.

TIPA AWARDS 2020 Da cui e per cui, in ottemperanza con l’identificazione dei tempi, in rapida trasformazione tecnica e tecnologica, che anno dopo anno impone richiami commerciali adeguati, la giuria dei TIPA Awards 2020 -alla quale hanno partecipato due rappresentanti di riviste italiane, Foto Cult e FOTOgraphia, nelle persone di Emanuele Costanzo e Giulio Forti- sono stati scanditi da una cadenza che rileva, rivela e sottolinea valori e concetti di stretta attualità. Con ordine, le nostre considerazioni al proposito: quaranta premi attribuiti a ventiquattro aziende del settore. L’elenco è lungo, ma doveroso, in stretto alfabetico: Arri, BenQ, Canon (cinque premi), Cewe, DxO, Fujifilm (quattro premi [con nostre ulteriori considerazioni sulla X-Pro3, da pagina 20, su questo stesso numero]), Gitzo, Godox, Hahnemühle, Huawei, LG, Manfrotto, Nikon (quattro premi), Nissin, Panasonic (due premi), Samyang, SanDisk, Sigma (tre premi), Sony (quattro premi), Tamron, Tokina, (Venus) Laowa, WhiteWall e X-Rite. Come impone la rapida evoluzione tecnologica del mercato, sia della Fotografia, sia complessivo, tre sostanziose categorie per le macchine fotografiche: reflex (DSLR / Digital Single-Lens Reflex), APS-C (e nessuno, pensiamo, si ricordi dell’origine di questo formato, nato con la sventurata avventura del sistema a pellicola APS, in tempi ormai avviati diversamente, che verso l’emulsione fotosensibile) e Full Frame. A queste, si aggiungono, poi, la configurazione medio formato (Fujifilm GFX100), l’Expert Compact Camera (Sony RX100 VII), la VLogging Camera (Canon PowerShot G7 X Mark III) e la Premium Compact Camera (Fujifilm X100V)... fino a un totale di tredici configurazioni ad acquisizione digitale di immagini. Alla sostanza di queste interpretazioni fotografiche, e di altre tante, a obiettivi intercambiabili, fanno corte undici obiettivi, per le cui identificazioni in Premio rileviamo un paio di individualità: anzitutto, solo qui, ormai, persiste la classificazione tecnica “Mirrorless”, che ormai è stata pensionata dalle macchine fotografiche, per quanto giovane sia; quindi, sottolineiamo la certificazione “Professional Portrait Lens” (Canon RF 85mm f/1,2L USM / DS), che -se vogliamo intenderla anche così- certifica la concentrazione mercantile dei TIPA Awards, capaci di individuare sottotraccia quanto è proposto dal commercio fotografico, in termini tecnici e mirati.

Tredici apparecchi fotografici e undici obiettivi destinati ai sistemi che li possono intercambiare fanno ventiquattro. A seguire, altre sedici categorie che affrontano i complementi necessari alla filiera fotografica dei nostri giorni. In sincerità dovuta, qui sono stati segnalati anche prodotti che non tutti conoscono (alcuni di produzioni che non agiscono sul nostro territorio). Se serve annotarlo, ancora, «ciascun giurato, ciascuna rivista, è portavoce di propri punti di vista e osservazioni nazionali, oltre che di realtà commerciali determinate da particolari equilibri geografici e sociali; quindi, nel proprio insieme, la valutazione dei TIPA Awards esprime sempre e comunque la più concreta e realistica essenza del mercato fotografico mondiale». Dunque, la minuziosa scomposizione sottolinea anche (e, forse, soprattutto) prerogative di utilizzo che deliberano individualità, carattere, soggettività e particolarità certificate.

TIPA AWARDS 2020... COROLLARIO Personalmente, abbiamo poco da considerare sui Premi che scandiscono tempi e modi dettagliati della gestione digitale di immagini e contorni. Certamente, le aggiudicazioni dell’autorevole giuria sono competenti e qualificate: e di questo garantiamo. Da cui, rileviamo la nostra adesione ai giudizi altrui, non considerandoci noi idonei e preparati sulle materie in esame e giudizio. Quindi, confermiamo una opinione già espressa, che qui ribadiamo: «L’insieme dei singoli TIPA Awards, come anche le loro personalità individuali, identificano componenti essenziali e discriminanti dell’attuale panorama tecnico-commerciale della Fotografia. Allo stesso momento, in trasversalità, andando oltre la sola elencazione, si ricava un autentico specchio dei tempi tecnologici della Fotografia». A testimonianza e convalida, rispetto edizioni passate (e ormai pensionate), la continua evoluzione della gestione digitale di immagini ha fatto accantonare gli scanner e non sono stati scanditi tempi differenziati per le stampanti. Infine, registriamo la sottolineatura di una certa Fotografia senza tempo, se vogliamo dirla in questo modo, che si esprime con gli accessori d’uso e gli utensili “universali” e trasversali: “Travel Tripod” (Manfrotto BeFree GT XPro), “Mobile Accessory” (Godox R1), “Portable Flash” (Nissin MG80 Pro, al culmine di assegnazioni annuali ripetute, in una fascia tecnico-commerciale ormai abbandonata da molti marchi del passato... a questo punto, remoto). Ancora, e poi basta. Nella sessione giudicatrice, le discussioni tra i giurati nazionali, rappresentanti trenta riviste di fotografia, di quattordici paesi, manifestano ed esprimono quella vitalità che dà lustro al mercato. L’affermazione finale arriva al culmine di un processo severo e approfondito. Nulla è lasciato al caso o sottovalutato. Come già annotato, svolgendo con doverosa serietà e adeguato scrupolo il proprio ruolo, intermediario tra le realizzazioni dell’industria e le aspettative del pubblico, ogni anno la giuria dei TIPA Awards osserva il presente, tenendo aperti gli occhi anche sul possibile e potenziale futuro: avendo ben chiaro che ciò che conta non sono tanto le soluzioni che si risolvono in se stesse, seppur genialmente, quanto le intuizioni che sanno anche dare spessore generale all’intero mercato fotografico. Dall’aggiudicazione, alla quale fa seguito la cerimonia ufficiale della consegna dei Premi, per un anno, fino alla prossima primavera 2021, le aziende produttrici e distributrici possono combinare la presentazione dei relativi vincitori di categoria con l’identificazione ufficiale dei TIPA Awards 2020. Da cui, attenzione: quando il marchio dei TIPA Awards appare in un annuncio pubblicitario, un pieghevole o sulla confezione di un prodotto, potete esser certi che è stato meritato. I TIPA Awards sono un motivo di orgoglio per chi li attribuisce e per coloro che li ricevono. Questo è tutto. ❖

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Il fotografo statunitense Peter Beard è stato trovato morto, dopo essere scomparso da tre settimane circa. Ufficialmente, la sua data di morte è diciannove aprile (22 gennaio 1938 - 19 aprile 2020), ma è probabile che sia deceduto prima: non importa. Indipendentemente da altre considerazioni, da altre valutazioni sulla sua vita privata, che non ci competono, e neppure interessano, la testimonianza di un attento osservatore della Vita è racchiusa in una intervista che Lello Piazza ha registrato nell’autunno Millenovecentonovantasette. Facciamone tesoro

RIFLESSIONI DA CONSIDERARE All’indomani della scomparsa di Peter Beard, con tempestività e commozione, la Home Page del sito Internet di Taschen Verlag, editore di una qualificata e autorevole serie di sue monografie, ha subito commemorato la figura professionale del fotografo statunitense (1938-2020). Richiamandoci all’odierno Editoriale e al conseguente avvio di messa in pagina Parliamone, a pagina sette e da pagina otto... etica, morale, professionalità.

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di Lello Piazza

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icordo personale. Era lunedì 13 ottobre 1997. Oltre la fine del mondo, la grande mostra di Peter Beard nelle sale di Palazzo Reale, a Milano, era già aperta al pubblico da sabato venti settembre. Daniela Giussani, allora direttore di Elle, avrebbe festeggiato i dieci anni del suo settimanale con fotografie, pagine di Diario, appunti, schizzi, collage, “orrori naturali e ricordi mastodontici, fantasmagorie & metamorfosi” di un personaggio che -fino ad allora- non aveva mai esposto in Italia. Peter Beard, appunto. Sono passati più di vent’anni, e non ricordo come finii per andare a trovarlo in albergo. C’era sicuramente lo zampino di Grazia Neri. Lo penso perché Peter Beard la cita nella lunga intervista che gli feci e che propongo più avanti.

Probabilmente, andò così. Sia perché allora Peter Beard era noto soprattutto come wildlife photographer; tanto wildlife d’aver subìto, nel precedente 1996, l’attacco di un elefante, che lo costrinse per giorni in un letto, tra la vita e la morte. Sia perché io, nel 1997, mi occupavo professionalmente soprattutto di fotografia naturalistica per Airone, un mensile che, per il suo contributo alla diffusione di un sentimento naturalistico nel nostro paese, è diventato leggendario. Peter Beard era noto per la sua avvincente monografia The End of the Game, pubblicata nel 1965 [la più recente riedizione: Taschen Verlag, 2015 (a pagina 45)]. In realtà, io conoscevo l’edizione del 1989, End of the Game. Last Words from Paradise. Ne avevo realizzato un servizio di quattordici pagine, a firma di Agata Cleri e Marco Lambertini, sul numero di aprile 1990 di Airone. Di questo servizio, ricordo una ecce-


Nato a New York, nel 1938, fin dall’infanzia, Peter Beard ha scattato fotografie e compilato minuziosi Diari di osservazioni quotidiane. Si è laureato alla Yale University, prima di partire per l’Africa, alla quale l’hanno avvicinato i libri di Karen Blixen (a partire dall’autobiografico La mia Africa). Negli anni Sessanta e Settanta, ha lavorato nel Tsavo National Park, istituito nel 1948, il più grande del Kenya, uno dei più estesi di tutta l’Africa (duemila chilometri quadrati di superficie), nell’area di Aberdares, e al Lake Rudolf, nella Rift Valley, nei pressi del confine settentrionale del Kenya. La sua prima mostra è stata esposta nel 1975, alla statunitense Blum Helman Gallery. In seguito, nel 1977, all’International Center of Photography, di New York, sono state presentate installazione di carcasse di elefante, Diari bruciati, manufatti africani, libri e ricordi personali. Oltre la creazione di opere d’arte di originale personalità, Peter Beard ha lavorato come fotografo di moda per Vogue e collaborato a progetti con Andy Warhol, Andrew Wyeth, Richard Linder, Terry Southern, Truman Capote e Francis Bacon. Nel 1996, al Centre National de la Photographie, di Parigi, è stata allestita una sua prima grande retrospettiva, seguìta da consistenti allestimenti scenici a Berlino, Londra, Milano, Stoccolma, Tokyo e Vienna.

zionale doppia pagina con centinaia di elefanti dello Tsavo in migrazione, fotografati dall’aereo, e una bellissima donna incinta della etnia Turkana che esibiva, orgogliosa come una principessa, il suo pancione e i suoi seni appuntiti. Ricordo un feto di elefante e un tristissimo ritratto di Karen Blixen [Karen Christentze Dinesen, baronessa von Blixen-Finecke, scrittrice (il suo libro più noto è La mia Africa, del 1937, in prima edizione italiana 1959, dal quale è stato sceneggiato il film omonimo di Sydney Pollack, del 1989, con protagonisti Meryl Streep e Robert Redford); 1885-1962], che Peter Beard aveva conosciuto nel 1961, in Danimarca, scattato nel successivo Millenovecentosessantadue, poco prima della morte della scrittrice. Ma Peter Beard è stato un fotografo naturalista sui generis. Impossibile un paragone delle sue immagini con quelle, per esempio, di Yann Arthus-Bertrand, un grande classico fotografo della fauna africana negli Anni Ottanta. Certo, Peter Beard non era solo un fotografo. Era un viveur rubacuori, un dandy colto della upper class statunitense, amico di Andy Warhol, dei Rolling Stones, di Truman Capote, di Francis Bacon, fotografo di Veruschka, scopritore e amante di Iman, una principessa somala, top model, poi moglie di David Bowie. Ma era certamente anche un grande appassionato di Africa, come lo è stato Yann ArthusBertrand all’inizio della sua carriera. Ma era anche, e forse soprattutto, un sacrosanto profeta di previsioni apocalittiche sulla sorte della Terra. Di suoi monologhi catastrofisti è zeppa la mia intervista. Ecco cosa accadde quel mattino. Non ricordo il nome dell’albergo in cui alloggiava, anche se rammento che dalle finestre si vedeva il Duomo. Era una stanza soppalcata. Me lo vedo comparire in vestaglia, e -poco dopo la sua apparizione- spuntarono anche due splendide ragazze. Che ci facevano lì? [!]. Mi venne anche in mente una sua dichiarazione al quotidiano britannico The Observer, proprio in quell’anno, 1997: «L’ultima cosa rimasta in natura è la bellezza delle donne, quindi sono molto felice di fotografarle». Ecco, fotografo naturalista sui generis. L’intervista è stata un vero sfogo di ribellione contro “il mondo di oggi”. Ha parlato soprattutto lui.

«... Gesù così tante informazioni... probabilmente abbiamo bisogno di meno informazioni, meno riviste, meno... e questo è ciò di cui stiamo parlando, non è così? Internet? Un fottuto casino. «Ho visto quei siti su Internet: non sono realizzati da persone, ma da robot. Le illustrazioni, la grafica... Una volta -lo giuro su Dio-, guardando una cosa su Internet, ho perso la vista per circa cinque minuti. Deve essere stato il sangue che mi è andato alla testa. Credo che mi si sia aperto anche un buco nella lingua, non riuscivo più a parlare dong, dong... [ride, mimando il suono della sua voce con un buco nella lingua]. Io mi sento una macchina biologica, e ho orrore di una macchina di fili e transistor come il computer. E poi non è solo Internet, troppe persone... troppe persone al mondo. Questo problema mi angoscia. Al Gore è l’unico leader politico che se ne preoccupa». La congregazione dei vescovi, in Italia, ha detto che il nostro pianeta può sostenere quaranta miliardi di persone... «Oh, mio Dio! Già oggi, quattrocento milioni di persone muoiono di fame ogni anno. «Ricordo che l’agronomo Norman Borlaug, quando ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, nel 1970, ha cercato di denunciare il problema della sovrappopolazione: “Ho inventato la Green Revolution, sono riuscito a selezionare nuove varietà vegetali in grado di soddisfare le crescenti richieste alimentari e ridurre le carestie. Ma tutto ciò rappresenta una stampella con cui si può solo zoppicare verso il futuro, una stampella molto pericolosa, perché più cibo significa più persone e più persone significa più problemi”. Ma, a Stoccolma, gli hanno praticamente detto: “Prendi il tuo premio e zitto!”. Con lui, ho scritto la postfazione di The End of the Game». Senti, Peter... avrei alcune domande da farti. «Aspetta! Volevo parlarti anche di Richard Meinertzhagen [colonnello dell’intelligence britannica e ornitologo], che ha scritto l’apologo di The End of the Game. Grande conoscitore dell’Africa, è stato espulso dal Kenya per aver realizzato un accurato conteggio della popolazione degli elefanti, denunciandone la loro drammatica diminuzione a causa dell’aumento della popolazione.

Anni Sessanta del Novecento: Peter Beard e Karen Blixen, l’autrice di La mia Africa ( Out of Africa, del 1962, originariamente pubblicato con lo pseudonimo di Isak Dinesen). (in alto, centro pagina) Peter Beard mentre compila il suo Diario, nella propria tenda; Hog Ranch, Kenya; 1990.

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«Se metti insieme apologo e postfazione, capisci perché ci hanno intimato di stare zitti. E che dicano di star zitto a me va quasi bene, ma loro sono due eccellenze mondiali nel campo della biologia delle popolazioni. «La gente non capisce. Pensa che occuparsi della crescita della popolazione sia come litigare con Dio. Io credo che la maggior parte degli esseri umani siano solo travestiti da umani. Gli Umani sono Aleksandr Sergeevič Puškin, Alfred Einstein, Pablo Picasso. Gli altri sono primitivi, bestiali, tanti in quantità, non in qualità». Lasciami dire che non sono d’accordo. «Va bene! Non ho assolutamente ragione [ride]!». Ci sono Umani importanti, anche senza essere Einstein, Picasso... «Chi? Louis Pasteur?». Ma no... «Chi? Leonardo, Michelangelo?». Ma no, ma no. Intendo i dannati della Terra, i miserabili: c’è molto amore, sentimento, compassione, molto pensiero e molta intelligenza, molta umanità come la intendi tu, anche in mezzo alla gente comune. «Certo, esistono eccezioni, ma io sto parlando della massa primitiva. Sto parlando di coloro che si stanno lentamente abituando a vivere in un altro habitat. Per-

L’attualità bibliografica della Fotografia di Peter Beard si concentra su due edizioni librarie di Taschen Verlag, di Colonia, in Germania. In ordine di visualizzazione, dall’alto, registriamo l’autorevole e prestigiosa (e onerosa) monografia Peter Beard, in edizione Limited Collector’s Edition di 2250 copie numerate e firmate dall’autore, con contributi di Steven M. L. Aronson, Owen Edwards, Ruth Ansel, Nejma Beard (moglie di Peter) e David Fahey. Rilegata in cuoio, confezionata in box, con leggio abbinato [a pagina 46], si allunga su 616 pagine 34,5x50cm (per un peso di 18,72kg!): 8500,00 euro. Quindi, va segnalata l’edizione “standard” Peter Beard: 770 pagine 25,8x37,4cm (comunque di 5,30kg di peso), cartonato con sovraccoperta: 100,00 euro. Monografia che compone una presentazione rappresentativa dell’artista, diarista e scrittore, che ha trasformato la sua vita in opera d’arte.

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fino il mio amico Andy Warhol, con la sua visione pop, il suo detersivo Brillo Box, le sue lattine di zuppa Campbell’s, sta cercando di rendere divertente e prezioso come l’arte, il nostro volgare mondo consumistico. E gli Umani si stanno adattando brillantemente al danno di cui loro stessi sono causa». Ho capito. E qual è la soluzione, secondo te? «Non lo so; mi vuoi perseguitare fino alla morte con domande imbarazzanti [ride]? «La soluzione non è certo la Chiesa [starnutisce]... non il papa [starnutisce]. La politica della Chiesa si basa sulla paura, la paura della morte. Come cattolico, ho subìto il lavaggio del cervello, ma non ci ho mai creduto. Guarda il Duomo [indica la cattedrale fuori dalla finestra]. Cos’altro hai bisogno di vedere? È quello che fa sentire le persone piccole e le tiene prigioniere. «La Chiesa non mi piace perché è una organizzazione fatta da molti finocchi in abiti lunghi, molto distante dalla Natura. La soluzione non sta certo nei Signori della Povertà, nel settore degli aiuti internazionali, dove si lotta per il potere e domina la corruzione. «Forse, la soluzione sta in un progetto di rieducazione dell’umanità. Cosa ne dice Grazia [Neri]?». Glielo potrai chiedere tu. Dovrebbe essere qui alle dodici e mezza.


«Ottimo». Posso farti alcune domande sul tuo lavoro? «I collage?». Sì. Non sei un fotografo, non sei un pittore, ma sei un fotografo e sei un pittore. Perché hai scelto questo modo di esprimerti? «Io non desidero essere né questo né quello. Non amo scegliere. Ho fatto delle fotografie perché è divertente. Puoi fermare gli istanti... crei qualcosa da guardare in futuro. Mentre fotografi, sei anche preso da una piacevole ansia di vedere come sarà il risultato. «Ho cominciato con qualche scatto e poi ne sono arrivati molti, molti altri. E, avendone tanti, ho dovuto inventarmi un’idea per farcene qualcosa. Il disegno mi è sempre piaciuto, fin da piccolo, ma non mi è mai piaciuto andare a scuola d’arte. Quindi, ho dovuto creare uno stile, un modo mio. È una forma di evasione, di egoismo. La mia evoluzione/rivoluzione». Fotografare... dipingere... È cominciato tutto in Africa? «Molto prima». Scusa la mia ignoranza, ma i tuoi lavori, quelli che conosco, sembrano ispirati dall’Africa. «Mi piacerebbe poterlo dire. Vedi, l’Africa ha risolto tutto secondo le leggi della Natura. Sopravvive il più

adatto. E poi siamo arrivati noi occidentali, con il nostro intervento “divino”: ma noi non siamo divini, e stiamo diventando sempre più falsi, e le nostre attività sono -nella migliore delle ipotesi- simili alle attività dei missionari, che non sono capaci di adattarsi e rovinano ciò con cui vengono a contatto». Qual è la cosa più importante nella tua vita? «Essere diverso. Egoisticamente e avidamente, mi piace divertirmi il più possibile. Sfuggire al fatto che mi vogliono schiavo, vogliono che diventi un robot, che comperi un computer per diventarne schiavo». Non vedo un pericolo particolare nei computer: il vero problema sono i soldi. L’Africa viene distrutta dal denaro, non dagli esseri umani. «Beh, sarebbe come dire “non mi ha ucciso l’assassino, ma la sua pistola”; quindi, è la pistola che deve andare in galera. Ci vogliono gli umani per manipolare il denaro. A volte, devi chiederti quale sia davvero il danno che gli aiuti stanno facendo in Africa. C’è un libro intitolato The alms race: the impact of American voluntary aid abroad [di Eugene Linden, del 1976]: è la storia dell’aiuto volontario americano all’estero, ed è una storia di rovina. Di fatto, il sistema degli aiuti è un sistema di grandi aziende e grandi burocrazie... è un’industria! Non si fermerà. Tonnellate di merda

Originariamente pubblicata nel 1965, da Viking Press, The End of the Game, conteggiata come la monografia iconica di Peter Beard, è stata ripubblicata in edizioni successive. La più recente (e autorevole): Taschen Verlag, 2015; Anniversary / Limited Edition; 292 pagine 27x30cm, cartonato con sovraccoperta.

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Oltre la Limited Collector’s Edition di Peter Beard, di Taschen Verlag [a pagina 44], certifichiamo anche due Art Edition in tiratura di duecentocinquanta copie di 616 pagine 34,5x50cm, numerate e firmate, entrambe con una stampa bianconero 50,8x40,6cm (e viceversa): Art Edition No 1, da 1 a 125, con Fayel Tall (18.000,00 euro); Art Edition No 2, da 126 a 250, con 965 Elephants (15.000,00 euro).

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vengono inviate in Africa in nome di aiuto, bontà missionaria, benevolenza... è una catastrofe». Sei molto pessimista. «Sì. Se l’Uomo si vuole salvare, deve essere capace di diffondere la consapevolezza di cosa sta realmente accadendo, che ci sono l’avvelenamento radioattivo, l’inquinamento dell’ecosistema, l’inquinamento globale. Deve farlo prima della catastrofe. Se a sentirmi dire queste cose, poi, ti dovesse venire l’idea che Peter Beard è pessimista riguardo al futuro, ebbene ti sbaglieresti: è pessimista anche riguardo al presente». Qual è il legame del tuo lavoro con questo profondo malessere? «Nessuno. Quello che tu chiami lavoro è per me puro divertimento». Non pensi che le tue fotografie, i tuoi collage contengano un messaggio che può aiutare a difendere la Natura? «Forse. Ma io so che la Natura si difenderà da sola, in un modo orribile. Le mie piccole opere sono come invisibili atomi nell’Oceano. E poi, io non sono un missionario o un portatore di messaggi, sono un egoista». Molte persone ti guardano... «Questo è un problema loro. Ma no, va bene, la cosa mi fa piacere, lo sai».

Il tuo libro Vanishing Africa è molto importante per tante persone. «The End of the Game, non Vanishing Africa». Certo, scusa. «Pensi che sia molto importante? Forse anch’io la pensavo così, ma per egolatria, non perché ritenevo che fosse utile alla Natura. Pensa agli elefanti fotografati in quel libro. Moltissimi non esistono più. Non solo li hanno uccisi, ma hanno distrutto il loro habitat, la qualità dell’ambiente, la qualità dell’ecosistema. Che possibilità abbiamo?». Torno a casa e compro un revolver... «... e poi mi spari [ride]». Non scherzare. Penso che dobbiamo continuare a sperare. «Prendi una foresta. «Speri che non venga abbattuta, ma ogni giorno succede il contrario. Ti ricordi quel proverbio? “Chi vive sperando, muore cantando”. Io lo trasformerei così: “Vivi nella speranza, muori nella disperazione”. Puoi sperare che la popolazione diminuisca. Ma poi la Chiesa predica: “Andate e moltiplicatevi”. Accidenti. Spero che il papa non lo dica in Africa, quest’anno: è già adesso un disastro, 8,2 bambini per femmina matura in Kenya, 11,3 in Madagascar!


«La maggior parte delle cose che raccontiamo sull’Uomo sono cazzate, propaganda, auto-promozione. Non è vero che siamo stati creati a immagine di Dio, noi non abbiamo la vita eterna. Siamo animali. I capezzoli maschili, per esempio, per cosa sono lì? Non lo sappiamo, ma sappiamo che i gorilla li hanno. Sai cosa intendo... La “natura umana” è un ossimoro... stiamo diventando la cosa più innaturale che esista. Siamo come una malattia per la Natura, un cancro». Sono sbalordito! «Non ce l’ho con te». E siamo andati avanti a parlare per un’altra ora. Prima, del convegno che, invitando una dozzina di premi Nobel, Norman Borlaug avrebbe dovuto organizzare in Vaticano, per discutere di come proteggere il mondo, ma l’impegno andò a monte. Poi, dei problemi delle migrazioni dei popoli verso il mondo occidentale. Infine, di come si insegna biologia negli Stati Uniti: «È incredibile le cazzate che insegnano in biologia; ti insegnano a memorizzare i nomi delle settantamila diverse specie di protozoi, ma non te ne insegnano il significato. «Ti insegnano che siamo costantemente in guerra con la natura». Prima di chiudere, ho ribadito la mia speranza.

Non voglio credere che ogni speranza sia persa. Spero che ci sia qualcosa da fare. Non so esattamente cosa. Credo, per esempio, che Airone possa fare qualcosa per promuovere la protezione della Natura. «Sì, può essere. Se Airone prosegue il dibattito che abbiamo avuto oggi sulle sue pagine. Se ci mette passione. Se continua a parlare di biologia e di dinamiche della popolazione a lungo termine, di mondo reale e sta alla larga dalla visione sentimentale della Natura che Walt Disney propaganda, di un rapporto con gli animali ridotto alla relazione con quelli domestici. Gli animali che Disney presenta sono una caricatura degli esseri umani». Ok. Grazie Peter, sta arrivando Grazia [Neri]. Sono molto colpito da questa intervista. Non mi aspettavo di incontrare un filosofo della Natura. Grande! «Oh... grazie a te! E a presto». ❖ Da The New York Times, dello scorso diciannove aprile: «Peter Beard, fotografo, artista e naturalista di New York, considerato culturalmente un “selvaggio”, sia per le sue fotografie provocatorie sulla sparizione della fauna selvatica africana, sia per la sua vita intensa, è stato trovato morto nei boschi, quasi tre settimane dopo la sua scomparsa dalla sua casa di Montauk, nell’East End di Long Island, nello Stato di New York».

Dall’edizione originaria francese, con testi dell’autorevole Christian Caujolle, Peter Beard è stato pubblicato da Contrasto Books, nel 2008: 144 pagine 12,5x19cm; 14,90 euro.

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TAU Visual si presenta

Ciao! Probabilmente ci conosci già, ma ci presentiamo ugualmente: l’Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual è un’associazione di fotografi professionisti che lavora per offrire strumenti concreti di lavoro. L’obiettivo principale dell’Associazione consiste nell’aiutare il fotografo nelle sue necessità professionali di ogni giorno, con consulenza, informazioni, incontri, testi, documentazione e attività gratuite, per risolvere i problemi immediati della professione. Nel medio termine, poi, lavoriamo assieme per elevare la cultura e la preparazione specifica di tutti gli operatori del settore. Ci sforziamo di affrontare i problemi in chiave positiva: più che contrastare gli aspetti negativi, lavoriamo per favorire gli elementi positivi della vita professionale di tutti.

Diventare Socio TAU Visual

Per avere un’idea delle attività dell’Associazione, la cosa migliore sarebbe che tu chiedessi a qualche collega già Socio, in modo da avere un parere diretto, e non una “pubblicità”. Puoi associarti solo se eserciti l’attività fotografica con una corretta e definita configurazione fiscale. Se sei un professionista, puoi presentare domanda partendo da: www.fotografi.org/ammissione.

Un regalo utile per i lettori di

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Come accennavamo, lavoriamo moltissimo per supportare i Soci nella loro attività, ma produciamo anche documentazione utile per il settore fotografico nel proprio complesso. Fra le altre cose, esiste un volumetto di 125 pagine, che raggruppa le risposte ad alcune delle tematiche su cui ci vengono poste domande con maggior frequenza. Se desideri ricevere via email il file in pdf di questo volumetto, è sufficiente che tu ce lo richieda mandando un’email alla casella associazione@fotografi.org, scrivendo nell’oggetto: “FOTOgraphia - Mandatemi il volume in pdf Documentazione TAU Visual per il Fotografo Professionista”. Indice dei contenuti del volume che ti invieremo Copyright diritto d’autore Tesserini, Pass e Permessi di ripresa Menzione del nome dell’autore Esempi di contratti standard Proteggibilità delle idee Tariffe professionali Pubblicabilità del ritratto Compendio documentazione sulla postproduzione fotografica


A integrazione di Antonio Bordoni

ATTORNO LA X-PRO3 (per quanto riguarda ciò che lì abbiamo definito come Uscita/Destinazione). In questo ordine. Entrata/arrivo: Fujifilm, da un tempo al successivo. Quando raccontiamo di realizzazioni e prodotti, nel nostro specifico riferiti alla Fotografia, ci limitiamo sempre alla loro sostanza, a tutti visibile e da tutti usufruibile. Poi, in molti casi, e per identificate personalità, accadimenti paralleli ci impongono di approdare alle persone che hanno sognato e disegnato un presente, originariamente tecnologico, che ha finito per influenzare tutto e tutti, senza alcuna soluzione di continuità verso l’intera collettività, nel proprio insieme e complesso. Un caso, sopra tutti, per Steve Jobs / Apple. È questo il senso attraverso il quale l’analisi storiografica e sociale di 18392009. Dalla Relazione di Macedonio Melloni alla svolta di Akio Morita, compilata e pubblicata a cura della nostra casa editrice, ha individuato e sottolineato “Quattro svolte senza ritorno”, che si sono proiettate in avanti, a partire

Nel suo saggio Innovating Out of Crisis, Shigetaka Komori, presidente e Ceo di Fujifilm, racconta come l’azienda è sopravvissuta e ha prosperato quando il suo core business originario (fotochimico) stava svanendo.

Altra possibile messa in pagina, in apertura di portfolio della Fujifilm X-Pro3: a scelta, in alternativa alla doppia pagina 20-21, di questo stesso numero di rivista.

ARCHIVIO FOTOGRAPHIA

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Da pagina 20, su questo stesso numero, presentiamo una nutrita selezione di immagini dalla quantità e qualità che lo scorso ventitré ottobre è stata fornita alla stampa al momento dell’annuncio e presentazione della terza generazione Fujifilm X-Pro3. Le abbiamo messe in pagina alla maniera di un portfolio d’autore, perché -a conti fatti- proprio di questo si tratta. In base e dipendenza di una doppia personalità -in entrata, verso la redazione; in uscita, dalla redazione-, ci reputiamo “qualificati” e “competenti” sull’illustrazione di oggetti della Fotografia. Sappiamo distinguere tra immagini ben confezionate, ed è l’attuale caso Fujifilm X-Pro3, e qualcosa di indefinito, svogliato e illetterato: come sono le illustrazioni proposte dalla stragrande maggioranza di riviste tecniche di settore, che millantano e insegnano ad altri ciò che non sono capaci di realizzare in proprio. Date per scontate prerogative tecniche di alto/altissimo valore della configurazione Fujifilm X-Pro3 (anche TIPA Award 2020 come Best APS-C Camera Professional [su questo numero, da pagina 35]), la nostra attenzione è rivolta altrove: verso princìpi di comunicazione che adempiono quei doveri professionali di efficienza, garbo e concretezza che stanno esaurendosi nella nostra attuale società: impeccabili illustrazioni di prodotto, su fondo immancabilmente bianco-luce, eccellenti dettagli su fondo nero (qualificati da una più che notevole capacità di uso delle luci), dimensioni generose dei file... tutti elementi distintivi nei quali ci riconosciamo e ritroviamo. Almeno per quanto riguarda il nostro osservatorio, rappresentativo comunque di un insieme (la parte per il tutto), la qualità formale e di contenuto delle illustrazioni fornite da Fujifilm risponde ancora a fondamenti e cardini che dovrebbero essere irrinunciabili. Ora, a integrazione di quanto riportato in commento e presentazione, da pagina 20, aggiungiamo altre due annotazioni: una Fujifilm (per quanto riguarda ciò lì che abbiamo definito come Entrata/Arrivo); l’altra personale

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ARCHIVIO FOTOGRAPHIA (8)

A integrazione

dai rispettivi passi fotografici di origine. Strani eventi, che si sono permessi il lusso di accadere: dopo le origini della Fotografia, con le date ufficiali del 1839, la Box Kodak (1888), la Leica (19131925), la fotografia a sviluppo immediato (Polaroid, 1947 e 1948) e l’acquisizione digitale di immagini (1981). In identica sequenza, abbiamo anteposto le personalità che hanno realizzato tutto questo: George Eastman, Oskar Barnack, Edwin H. Land e Akio Morita. Ora, in altro tempo fotografico, aggiungiamo un doveroso complemento all’attualità delle nostre considerazioni e riflessioni odierne. Sottolineiamo come e quanto Fujifilm sia la sola azienda storica della fotografia chimica che è stata capace di sopravvivere e proliferare ancora nel passaggio alla tecnologia digitale (autentico tsunami, che tutto ha travolto e sconvolto). Anche qui lo si deve, soprattutto, a una persona: il presidente e Ceo della Fujifilm Holdings Corporation

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Da copertine di FOTOgraphia dei tempi durante i quali l’illustrazione di attrezzature costituiva un passo del giornalismo fotografico. In ordine di lettura: Noblex Pro 06/150U (marzo 1996); Rolleiflex 3,5F (dicembre 1996); Avenon Pinhole Air Lens (maggio 1997); Fujifilm rulli 120/220 (aprile 1998); Eura Ferrania (settembre 1998); Topcon RE Super (aprile 1999); Voigtländer Ultra Wide-Heliar 12mm f/5,6 Aspherical (luglio 2001); Kodachrome (dicembre 2005).

Shigetaka Komori, che ha scandito tempi e modi della sua lungimiranza e azione in un saggio di valore eccezionale e sorprendente. Le pagine di Innovating Out of Crisis, che sottotitola esplicitamente How Fujifilm Survived (and Thrived) As Its Core Business Was Vanishing (Innovazione fuori dalla crisi / Come Fujifilm è sopravvissuta -e ha prosperato- quando il suo core business stava svanendo), sono folgoranti e illuminanti; purtroppo, per ora, disponibili in sola edizione inglese originaria: Stone Bridge Press, 2015; 216 pagine 12,7x20,6cm, cartonato con sovraccoperta. Uscita/Destinazione: FOTOgraphia, competenti e qualificati (a farlo). Chi lo ricorda, sa bene come e quanto ci siamo impegnati nell’illustrazione degli apparecchi fotografici, che in tempi (ormai) passati costituivano uno dei passi del giornalismo fotografico: oggi, pensiamo sia superfluo continuare su quella lontana e remota stagione. Dalla copertina ai servizi in-

terni, abbiamo sempre e comunque realizzato fotografie di alta qualità formale e intenso contenuto: visualizzazione simbolica di richiamo, dalla copertina soprattutto, impeccabili illustrazioni di prodotto, comprensive di dettagli significativi e qualificanti. Quindi, per esperienza professionale, maturata in quella che un tempo era la sala di posa abbinata ai locali redazionali, sappiamo come e perché fotografare utensili della stessa Fotografia, che per nostro solito presentavamo non in forma asettica, ma nell’intensità di proprie prerogative di utilizzo; e per questo, si è spesso trattato di passerelle di dotazioni fotografiche anche particolari, specifiche e mirate, altrove e altrimenti ignorate. È da questa base, declinata in fotocolor 4x5 pollici, 8x10 pollici e 6x7cm, che ci reputiamo “qualificati” e “competenti” sull’illustrazione di oggetti della Fotografia: qui in una selezione di copertine di FOTOgraphia ormai archeologiche. ❖


Dal 1991, i logotipi dei TIPA Awards identificano i migliori prodotti fotografici, video e imaging dell’anno in corso. Da ventinove anni, i qualificati e autorevoli TIPA Awards vengono assegnati in base a qualità , prestazioni e valore, tanto da farne i premi indipendenti della fotografia e dell’imaging dei quali potete fidarvi. In cooperazione con il Camera Journal Press Club of Japan. www.tipa.com



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