FOTOgraphia 241 maggio 2018

Page 1

Mensile, 6,50 euro, Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano

ANNO XXV - NUMERO 241 - MAGGIO 2018

World Press Photo 2018 VINCITORI (E VINTI)

Tipa Awards 2018 IL MEGLIO DEL MERCATO

STANLEY KUBRICK FOTOGRAFO


Non è venduta in edicola. Per averla hai una sola possibilità: sottoscrivere l’abbonamento annuale. 12 numeri 65,00 euro

Compilare questo coupon (anche in fotocopia), e inviarlo a: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano MI (02-66713604; graphia@tin.it)

Abbonamento a 12 numeri (65,00 euro) ❑ Desidero sottoscrivere un abbonamento a FOTOgraphia, a partire dal primo numero raggiungibile ❑ Rinnovo il mio abbonamento a FOTOgraphia, a partire dal mese di scadenza nome

cognome

indirizzo CAP

città

telefono MODALITÀ DI PAGAMENTO

data

provincia fax

❑ ❑ ❑

e-mail

Allego assegno bancario non trasferibile intestato a GRAPHIA srl, Milano Ho effettuato il versamento sul CCP 1027671617, intestato a GRAPHIA srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano Addebito PayPal (Graphia srl)

firma



prima di cominciare PENSIERO MERIDIANO. Come rivela l’Editoriale di questo numero di FOTOgraphia -rivista che cerca di resistere allo tsunami tecnico-commerciale che sta travolgendo il nostro paese-, una delle trasversalità del mese, peraltro non l’unica, è rivolta a quell’idea e ipotesi (e concretezza) di fotografia lieve, che caratterizza, fino a definirlo, uno degli approcci che più apprezziamo in fotografia, ovunque si rivolgano le attenzioni degli autori. Ancora, e più direttamente, sottolineando un consistente passaggio che accompagna la rievocazione della fotografia di Abbas, ammirevole fotogiornalista, mancato lo scorso venticinque aprile (da pagina 8), lo stesso Editoriale fa esplicito riferimento a quel pensiero meridiano (da Albert Camus a Franco Cassano) che attribuisce ai Sud del mondo il valore e spessore che hanno nell’edificazione di cultura (non solo erudizione) e filosofia di Vita. In parallelo, è qui doverosa una riflessione coabitante e coincidente, che prende le distanze da quella sterile difesa aprioristica della fotografia italiana, che sarebbe poco considerata nel mondo (se così è, come pure è, questo non dipende da eventuali carenze qualitative, ma dall’assenza di infrastrutture di sostegno e visibilità, invece presenti e attive in altri paesi). Per certificare una presunta qualità della fotografia italiana, molti ricorrono a richiami, anche storici, di valore, mortificandosi in anagrafi che nulla hanno da spartire con l’autentica e imprescindibile italianità, che dipende e si basa su filosofie di spessore: a partire dal pensiero meridiano, appena mobilitato. Lost Japan. Felice Beato e la fotografia di Yokohama; a cura di Rossella Menegazzo; Mondadori Electa / Alinari, 2017; 80 illustrazioni; 160 pagine 25x32cm, cartonato con dorso in tela; 70,00 euro.

Ovvero, e sia chiarito una volta per tutte: Tina Modotti non è una fotografa italiana, ma una donna nata in Italia e formatasi culturalmente altrove! Lo certificano le sue immagini, che vanno lette a fronte di considerazioni estranee a qualsivoglia stupido nazionalismo. Ancora, non è italiano neppure Felice Beato, che di italiano ha solo la nascita (forse) e il nome. La sua fotografia è stata colonialista, prevaricatrice e prepotente, come certificato, ancora recentemente, dalla autorevole selezione Lost Japan, in distribuzione libraria dallo scorso novembre 2017. Certo, fotografia in qualche modo apprezzabile e apprezzata... ma non italiana (di cultura)... non meridiana.

Tutti abbiamo pianto con la fotografia, perché è così difficile cambiare il mondo! Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 47 Nel nostro intendere la Fotografia, questa ipotesi si richiama a quel pensiero meridiano, che il filosofo Franco Cassano ha ben esposto e articolato nel suo saggio omonimo ( Il pensiero meridiano; Editori Laterza, dal 1996), al quale tanta cultura italiana attinge oggi quell’idea di originalità nei confronti del Mondo che definisce, fino a caratterizzarla, una interpretazione della Vita della quale noi intendiamo sottolinearne il contributo in forma fotografica. mFranti; su questo numero, a pagina 10 Reportage come Storia dell’Uomo: i suoi sogni, i suoi amori, le sue speranze, i suoi dolori... la sua Vita. Angelo Galantini; su questo numero, a pagina 24 Rompere tutte le idolatrie (non solo) della fotografia, vuol dire infrangere le rappresentazioni spettacolari sulle quali si ergono. Gli analfabeti colti della fotografia sono riusciti a ingrandire soltanto il proprio nulla e fingere di credere che sia qualcosa. Pino Bertelli; su questo numero, a pagina 49 Comunque, e in conclusione, torniamo alla fotografia che ha preceduto il suo cinema [Stanley Kubrick]. Maurizio Rebuzzini; su questo numero, a pagina 31

Copertina Anticipata giusto un mese fa, quando e dove abbiamo girovagato attorno le macchine fotografiche usate da Stanley Kubrick, prima fotografo e poi regista cinematografico, la monografia Stanley Kubrick Photographs. Through a Different Lens accompagna una mostra, circa omonima, allestita a New York, che ne racconta gli eccellenti anni di fotogiornalismo antecedenti al suo straordinario cinema. Da cui, un autoritratto allo specchio, scattato nel 1949, con l’attrice Rosemary Williams, per un assegnato che, poi, non fu pubblicato da Look Magazine

3 Fotografia nei francobolli Dalla compendiosa analisi Fotografia nei francobolli, di Maurizio Rebuzzini, in corso d’opera e prossima pubblicazione, dettaglio da una emissione filatelica cilena del 25 febbraio 2008, in una serie di dieci soggetti rappresentativi di mestieri: “fotografo”... ambulante

7 Editoriale Oltre il tanto vagabondare attorno la Fotografia, qual è quella che a noi interessa? Domanda intrigante. Diciamo, quella lieve e delicata. Risposta stuzzicante


MAGGIO 2018

RIFLESSIONI, OSSERVAZIONI E COMMENTI SULLA FOTOGRAFIA

8 Abbas (1944-2018) Mancato lo scorso venticinque aprile, l’iraniano Abbas (Magnum Photos) è stato maestro di Fotografia. Lieve

Anno XXV - numero 241 - 6,50 euro DIRETTORE

RESPONSABILE

Maurizio Rebuzzini

IMPAGINAZIONE

12 Kodachrome... il film

Maria Marasciuolo

Ne abbiamo riferito lo scorso marzo, in anticipo sulla sua programmazione televisiva annunciata. Ora, in recensione, annotazioni sul film Kodachrome: meno “fotografico” rispetto a quanto sognato, ma efficace finalizzazione altra-e-alta della Fotografia Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

Filippo Rebuzzini

16 Vincitori (e vinti) Obbligati (?) a un doppio passo giornalistico successivo dalle nuove procedure del World Press Photo, che da quest’anno annuncia i Nominati, prima di indicare i Vincitori, torniamo sull’argomento proprio per scandire i premi assegnati dall’influente concorso fotogiornalistico. Con ulteriori annotazioni e riflessioni. Le nostre, di sempre di Angelo Galantini

REDAZIONE

CORRISPONDENTE Giulio Forti

FOTOGRAFIE Rouge

SEGRETERIA

Maddalena Fasoli

HANNO

COLLABORATO

Pino Bertelli Antonio Bordoni Alberto Dubini mFranti Angelo Galantini Franco Sergio Rebosio Redazione, Amministrazione, Abbonamenti: Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; 02-66713604 www.FOTOgraphiaONLINE.com; graphia@tin.it.

26 Kubrick fotografo

● FOTOgraphia è venduta in abbonamento.

La consistente monografia Stanley Kubrick Photographs. Through a Different Lens si propone come autorevole volume-catalogo della mostra, circa omonima, allestita al Museum of the City of New York: approfondita analisi di una esperienza fotografica che ha anticipato la parabola cinematografica del celebre e celebrato regista di Maurizio Rebuzzini

● FOTOgraphia è una pubblicazione mensile di Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano. Registrazione del Tribunale di Milano numero 174 del Primo aprile 1994. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (convertito in Legge il 27-02-2004, numero 46), articolo 1, comma 1 - DCB Milano.

33 Il meglio del mercato I quaranta premi (alla qualità tecnica e tecnologica dei nostri giorni) attribuiti dalla autorevole associazione di categoria Technical Image Press Association (TIPA): con qualche distinguo e adeguata disamina. Al solito di Antonio Bordoni

42 Quei Visitors Affascinante e coinvolgente progetto di Alberto Dubini, che rivela una frequentazione fotografica particolare, così diversa dalle consuetudini: approfondita e partecipe

47 Danilo De Marco

● A garanzia degli abbonati, nel caso la pubblicazione sia pervenuta in spedizione gratuita o a pagamento, l’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e in suo possesso, fatto diritto, in ogni caso, per l’interessato di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi della legge 675/96. ● FOTOgraphia Abbonamento 12 numeri 65,00 euro. Abbonamento annuale per l’estero, via ordinaria 130,00 euro; via aerea: Europa 150,00 euro, America, Asia, Africa 200,00 euro, gli altri paesi 230,00 euro. Versamenti: assegno bancario non trasferibile intestato a Graphia srl Milano; vaglia postale a Graphia srl - PT Milano Isola; su Ccp n. 1027671617 intestato a Graphia srl, via Zuretti 2a, 20125 Milano; addebiti su carte di credito CartaSì, Visa, MasterCard e PayPal (graphia@tin.it). ● Nessuna maggiorazione è applicata per i numeri arretrati. ● È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo). ● Manoscritti e fotografie non richiesti non saranno restituiti; l’Editore non è responsabile di eventuali danneggiamenti o smarrimenti. Fotocomposizione DTP e selezioni litografiche: Rouge, Milano Stampa: Arti Grafiche Salea, Milano

Rivista associata a TIPA

Sguardi sulla fotografia di resistenza e insubordinazione di Pino Bertelli Nella stesura della rivista, a volte, utilizziamo testi e immagini che non sono di nostra proprietà [e per le nostre proprietà valga sempre la precisazione certificata nel colophon burocratico, qui accanto: «È consentita la riproduzione di testi e fotografie, magari citando la fonte (ma non è indispensabile, né obbligatorio farlo)»]. In assoluto, non usiamo mai propietà altrui per altre finalità che la critica e discussione di argomenti e considerazioni. Quindi, nel rispetto del diritto d'autore, testi e immagini altrui vengono riprodotti e presentati ai sensi degli articoli 65 / comma 2, 70 / comma 1bis e 101 / comma 1, della Legge 633/1941 / Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

www.tipa.com


Attrezzature fotografiche usate e da collezionismo Specializzato in apparecchi e obiettivi grande formato

di Alessandro Mariconti

via Foppa 40 - 20144 Milano - 331-9430524 alessandro@photo40.it

w w w. p h o t o 4 0 . i t


editoriale L

ungo il nostro cammino quotidiano, percorriamo strade, incontriamo diramazioni: sulla e dalla scelta di questi tragitti, stabiliamo i termini della nostra esistenza, spesso guidandoli addirittura, se non condizionandoli perfino. Dal microcosmo individuale ai macrocosmi di Vita, le consecuzioni sono equivalenti. Tanto che possiamo dire lo stesso per il nostro comune vivere con la Fotografia e all’interno delle sue tematiche e argomentazioni: sia agendo attivamente, ovvero fotografando, sia osservando passivamente, ovvero affrontandola in via teorica e, perché no?, filosofica. Così che, lungo questo stesso cammino, incontriamo esperienze altrui, che arricchiscono le nostre (esperienze) e contribuiscono a formare quell’insieme di nozioni e conoscenze sulle quali si basa la nostra erudizione (la cultura individuale è altro, sia chiaro). Indipendentemente dalla nostra Fotografia personale, attiva o passiva che sia, tutti gli incontri sollecitano considerazioni che si orientano e proiettano verso l’apprezzamento altrui, o -all’opposto- verso lo sdegno. Ora e qui, ancora e sempre alla luce delle trasversalità latenti che definiscono ogni nostra edizione mensile, là dove e quando argomenti apparentemente lontani sono osservati da e con punti di vista coincidenti, è opportuno sottolineare uno degli aspetti che consideriamo fondamentali e sostanziali per una buona fotografia, in qualsiasi ambito questa agisca e a qualsiasi dominio questa si riferisca (comunque, sempre alla luce di quella ripartizione che distingue le attuali “belle fotografie inutili” -ormai alla portata tecnica di ciascuno- dalle “buone fotografie per sempre”, che si basano su capacità culturali senza tempo). Eccoci qui, quindi, ad allineare in consecuzione consapevole la fotografia di Abbas (da pagina otto) a quella di Stanley Kubrick (da pagina ventisei) e a quella del World Press Photo 2018 (da pagina sedici). Con quale fotografia siamo sintonizzati? Con quella lieve e delicata, che ci prende per mano, che approda alla nostra mente provenendo dal cuore, che evita le volgari scorciatoie visive del nostro controverso tempo. Volendolo esprimere altrimenti, siamo guidati da pensieri esistenziali di comprensione, più che giudizio (pensare invece di credere, scriviamo da qualche parte, questo mese), dall’amore, più che dalle convenienze, anche visive, anche fotografiche, che scandiscono tempi e modi di colonialismo esistenziale: ancora oggi, decenni e secoli dopo quello originario di invasione fisica di territori e oppressione di genti. Così, se proprio dobbiamo rilevarlo, rivelandolo, la lievità della fotografia di Abbas, quella di Stanley Kubrick e, ancora, quella di amore trasversale a molte immagini dal WPP 2018 (e precedenti) non ha nulla da condividere con quella imperialista e giudicatrice della profuga afghana (icona popolare), evocata a margine del commento sul film Kodachrome, presentato da pagina dodici. Eccetera... eccetera... eccetera... lungo e in base a quel fondamento al quale facciamo esplicito richiamo scrivendo di Abbas: pensiero meridiano, in rispetto di quella cultura del Mondo che nasce ed è nata ai Sud dello stesso mondo. Maurizio Rebuzzini

Fotografia lieve... che ci prende per mano, che approda alla nostra mente provenendo dal cuore. In cadenza, su questo stesso numero: Jakarta (Indonesia), 1989, studentesse dell’Al Azhar college nella preghiera del venerdì, di Abbas [a pagina 11]; dal reportage The Battle For Mosul, di Ivor Prickett, per The New York Times, Primo premio General News Stories al World Press Photo 2018 [a pagina 22]; dal servizio Life and Love on the New York City Subway, di Stanley Kubrick (fotografo), del 1947 [a pagina 29].

7


Ricordo composito di Maurizio Rebuzzini (Franti)

In accostamento temporale di date, immediatamente all’indomani della scomparsa del celebre fotogiornalista Abbas / Magnum Photos (all’anagrafe ʿAbbās ʿAt.t.ār, ma conosciuto soltanto proprio come Abbas), mancato a Parigi, lo scorso venticinque aprile, ho potuto e voluto rievocarne l’eccezionale personalità nell’ambito di quel percorso accademico di Storia della Fotografia non autoreferenziale (a se stessa e basta), che mi impegna all’interno della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia. Ne ho parlato dopo un prologo riguardante un altro accadimento dello stesso giorno, tra i tanti che hanno scandito le celebrazioni dell’anniversario dalla Liberazione (in riquadro sulla pagina accanto). In un cammino ricercato, che sottolinea soprattutto come e quanto la Fotografia influisca / abbia influito sulla Vita, la volgarità e inutilità dell’avvenimento introduttivo si è controbilanciata, se così vogliamo considerarla, con la consistente lievità positiva di una Fotografia (di Abbas) che non ha mai giudicato, ma sempre osservato: arrivando a scandire passi della contemporaneità che adempiono a quella Missione (della stessa Fotografia) alla quale ci riferiamo spesso. In ripetizione d’obbligo, da e con Edward Steichen, nel 1969, in occasione del suo novantesimo compleanno: «Missione della fotografia è spiegare l’Uomo all’Uomo, e ogni Uomo a se stesso»... con relativo attuale rimando anche/soprattutto in commento allo svolgimento del World Press Photo 2018, su questo stesso numero, da pagina 16. Oltre la coincidenza di date e fatti, dello scorso venticinque aprile, la lezione fotografica di Abbas è stata più che esemplare, addirittura edificante e sublime. Ancora recuperando uno dei fili narrativi della appena citata riflessione sul WPP 2018, riprendiamo una considerazione là espressa: quella dello svolgimento statutario del fotogiornalismo, in pertinente equilibrio tra registrazione e documentazione di accadimenti annunciati e racconto

8

Bangladesh, nei pressi di Chittagong. Autoritratto di Abbas (Magnum Photos), nello specchietto retrovisore dell’auto.

ABBAS / MAGNUM PHOTOS (3)

I

ABBAS (1944-2018)

Bakodjikorone (Mali); 1994. Bambini imitano il gesto del fotografo.

Shahr Rey (Iran); 1997. Quattro persone su uno scooter [annotazione d’obbligo: con atteggiamento populista e “mondano”, spesso, le lunghe carriere dei fotografi vengono semplificate e limitate a una sola immagine; con visione populista e semplificata, questa è la fotografia-simbolo sempre riferita ad Abbas].


Ricordo composito QUELLA VENDETTA... NON OGGI!

Lo scorso venticinque aprile, anniversario della fine della Seconda guerra mondiale (1945; quantomeno, qui, in Italia, dove ci si esprime in termini di Liberazione), tra le numerose manifestazioni a ricordo e celebrazione, se ne è svolta una a dir poco allarmante. A Macerata, nelle Marche, a cura del Collettivo Antifà (sigla di Antifascismo?!), è stata allestita una Pentolaccia (o Pignatta), gioco tradizionale dove bambini bendati debbono colpire e rompere con un bastone un contenitore appeso (in origine, una pentola in terracotta chiamata, per l’appunto, pignatta), solitamente ripiena di dolcetti. In Italia, è stato un gioco popolare alla fine delle festività carnevalesche, la prima domenica di Quaresima. Nel mondo, si manifesta in molte culture, in occasione di feste popolari, soprattutto in Messico (variante locale piñata). Anche a Macerata, la Pentolaccia è stata rivolta a bambini, premiati con dolci e dintorni. Ora, tra le figure proposte, una è stata almeno inquietante: quella di Benito Mussolini, appeso a testa in giù, come da immaginario collettivo derivante da una fotografia, scattata in piazzale Loreto, a Milano, all’indomani dell’uccisione del dittatore (fotografia di Vincenzo Carrese, fondatore e titolare dell’agenzia fotogiornalistica Publifoto), mostrato alla pubblica esecrazione (il ventinove aprile). Per certi versi, il caso di Benito Mussolini e di suoi intimi (tra i quali, l’amante Claretta Petacci) -esposti in piazzale Loreto, a Milano, dopo l’uccisione avvenuta a Giulino di Mezzegra, frazione del comune di Tremezzina, in provincia di Como, il 28 aprile 1945- è inquietante. L’esposizione dei cadaveri, appesi a testa in giù, sulle strutture di un benzinaio, va intesa in forma di spregio. Comunque, la fotografia (di Vincenzo Carrese, ribadiamo) servì per la certificazione nazionale e internazionale... ma sempre e comunque, spregio fu. Fino all’edizione in forma di cartolina (Milano, 29 aprile 1945. La giustizia del popolo), a cura del Comitato di Liberazione Nazionale. Ora, come spesso abbiamo già annotato, non si può misurare il passato con severità di giudizi posteriori, su altra scala di valori e dal comodo divano di casa, attorniati dai propri affetti; ovvero, dobbiamo stare attenti a valutare e soppesare. Per quanto quel gesto sia stato esecrabile (e, personalmente, lo consideriamo orrendo... ma!), dovremmo poter comprendere e immedesimarci in uno spirito e momento del Tempo... così tanto diverso dal nostro attuale. Ciò precisato, rimane il fatto che, nella pacatezza della vita odierna, l’immaginario collettivo si è formato sulla raffigurazione di una Fotografia... da cui la Pentolaccia di Macerata. Eccoci qui: non si educa con la violenza, in qualsiasi direzione la si declini. Per quanto le intenzioni possano essere buone e legittime (ma qui non è il caso? ma qui è il caso?), ricordiamoci sempre che, come si è soliti affermare (in paradosso volontario e consapevole, piuttosto che metafora), la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni! Allora, nel Quarantacinque, il terribile gesto fu determinato da un clima esasperato (... e va bene... forse). Oggi, invece, non ha alcun diritto di esistenza, né ospitalità. Oltre che diseducativo, è spaventoso. E basta!

VINCENZO CARRESE / PUBLIFOTO

di contesti e condizioni latenti e individuali (circa). Testuale, questa volta in riferimento volontario e consapevole alla straordinaria fotografia di Abbas: «Sottolineiamo la capacità e perspicacia di quei fotogiornalisti capaci di osservazioni trasversali, che rivelano situazioni intersecanti con la Vita, con l’Esistenza sulla Terra». E questo è stato l’eccezionale passo di Abbas, iraniano di nascita, al quale dobbiamo, soprattutto (ma non soltanto), eccellenti visioni e osservazioni e riflessioni dal e sull’emisfero orientale e medio orientale del Pianeta. Ora... considerazioni su come le sue immagini, riunite in un casellario di centoventisei visualizzazioni, compreso un autoritratto, sono state recepite (www.unicatt.it... Docenti... Rebuzzini... 2017-2018 Storia della Fotografia Lezioni / 2017-2018 Storia della Fotografia Illustrazioni... Lezione 18 / Illustrazioni 18). Prima di tutto, è risultato evidente e indiscutibile l’insegnamento etico, morale e professionale di Abbas, congeniale alla visualizzazione di quell’idea di non violenza, di dialogo, di parola, di pensiero alla quale il Corso riconduce tanta fotografia (forse tutta) in proiezione sulla Vita e l’Esistenza. Quindi, questa interpretazione proposta è diventata di proprietà degli studenti (nell’Anno Accademico 2017-2018... solo studentesse): per loro crescita, formazione, visione e partecipazione al Mondo. Detta meglio, forse (ma non è certo): le studentesse sono state sollecitate a una coscienza rivolta anche (soprattutto) ad altro/tanto, oltre la Società dello spettacolo (da e con Guy Debord e Pino Bertelli), oltre il Grande fratello (televisivo, non quello evocato da George Orwell, nel suo profetico 1984), oltre Amici (televisivi), oltre L’isola dei famosi, oltre Barbara D’Urso, oltre Fabio Fazio, oltre Vittorio Sgarbi (quello triviale e spettacolare, non l’attento e autorevole critico e storico dell’arte), oltre gli influencer (?), oltre i blogger, oltre le app, oltre il proprio smartphone (!), oltre i social, oltre i selfie, oltre le urla, oltre l’ignoranza, oltre la stupidità, oltre l’inutilità, oltre Al Bano e consorti, oltre il palcoscenico connivente, oltre il nepotismo, oltre... oltre... oltre... oltre. E, oltre ancora... e ancora... e ancora! Con una consistente selezione di fotografie che hanno spaziato attraverso la Storia recente (non soltanto

Macerata, 25 aprile 2018. Pentolaccia allestita per bambini, premiati con dolci e dintorni, nell’ambito della celebrazione del Venticinque aprile. Tra le figure proposte, Benito Mussolini, appeso a testa in giù, come da immaginario collettivo derivante dalla Fotografia.

Milano, 29 aprile 1945. I cadaveri di Benito Mussolini e di suoi intimi (tra i quali, l’amante Claretta Petacci) esposti in piazzale Loreto, dopo l’uccisione avvenuta a Giulino di Mezzegra, frazione del comune di Tremezzina, in provincia di Como, il giorno precedente.

9


Ricordo composito

guerre, sia chiaro) e osservato le manifestazioni del credo (religione) nel Mondo, si è invitato a considerare il Dna di un fotogiornalista di origine iraniana, capace più di molti altri (nati, educati e formatisi in paesi “occidentali”, ma -forse- imperialisti, ancora nel proprio pensiero recondito) di pensare invece di credere. Ovvero, si è invitato verso una attenzione concentrata a quel pensiero meridiano così ben espresso da Franco Cassano (Il pensiero meridiano; Editori Laterza, dal 1996), sull’onda lunga e articolata di nobili precedenti: sopra tutti, quello di Albert Camus. Quindi, due esempi mirati: rispettivamente per una delle fotografie del lungo e articolato progetto sulle religioni, nello specifico sulle scuole coraniche [a lezione, 18 ILL 057 Abbas Diourbel (Senegal) 1988 Bambini leggono i surati del Corano su tavole di legno scritte in arabo (che decifrano senza conoscerlo)], e per il celeberrimo ritratto del colonnello Malan con gli allievi (neri) della scuola di polizia di Hammanskaal, nei pressi di Pretoria, in Sudafrica, del 1978 [a lezione, 18 ILL 021 Abbas Hammanskraal (Sudafrica) Il colonnello Malan direttore della Scuola di polizia per neri ]. Nello stesso ordine. Ovviamente, in aula, in dialogo, stupore per la descrizione della scuola coranica di Diourbel, in Senegal, im-

10

Hammanskaal, nei pressi di Pretoria (Sudafrica); 1978. Il famigerato colonnello Magnus Malan -uno dei più accaniti e spietati difensori dell’apartheid, la segregazione razziale nel suo paesecon gli allievi della Scuola di polizia per neri: fotografia epocale nella produzione fotogiornalistica di Abbas. In nostro abbinamento: Diourbel (Senegal); 1988. Bambini leggono i surati del Corano su tavole di legno scritte in arabo, che decifrano senza conoscerlo.

(in alto, a destra) Surabaya (Indonesia); 2004. Studentesse musulmane con indosso la jilbab (sciarpa religiosa), che fa parte della loro uniforme scolastica.

portante centro per gli studi islamici, nella quale i giovani allievi leggerebbero su tavolette di legno versetti coranici scritti in arabo. Ovvero, saprebbero/sanno come decifrare l’arabo, ma non lo capiscono. «Ma come possono farlo?», è stato domandato. Per risposta, in risposta, sono state ricondotte ai tempi nei quali, neppure troppi anni fa, la messa cattolica era in latino, e i fedeli la seguivano e pregavano, per l’appunto, in latino, lingua estranea alle rispettive vite quotidiane ( Ave Maria, gratia plena, / Dominus tecum, / benedicta tu in mulieribus, / et benedictus fructus ventris tui, Iesus. / Sancta Maria, mater Dei, / ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. / Amen.). Con testimonianza per mia mamma, nata contadina, con bassa scolarità... ma! [FOTOgraphia, novembre 2013, nel centenario dalla nascita: 9.11.13]. Ancora, approfondimento della fotografia sudafricana, che il famigerato (allora) colonnello Magnus Malan -uno dei più accaniti e spietati difensori dell’apartheid, la segregazione razziale in Sudafrica, che, come generale dell’esercito e ministro della difesa, negli anni Ottanta, fece di tutto per mantenere il sistema razzista sudafricano, mentre si alzavano sempre più insistenti le pressioni internazionali per la liberazione di Nelson Mandela e la fine dell’apartheid- considerava fonda-

mentale per l’avversione politica planetaria al regime del suo paese. Testuale: «Questa fotografia ci recò più danni di un attacco nemico» (alla produzione televisiva francese Arte, in occasione della rievocazione del Novecento fotografico, con sintesi cartacea in Le immagini di un Secolo; Evergreen / Taschen Verlag, 1999). In chiusura, cenno al pensiero meridiano, evocato in queste considerazioni, che ricordano la scomparsa di Abbas, senza peraltro essersi limitate al compitino di date e certezze (una volta ancora, una di più, mai una di troppo e, soprattutto, non per l’ultima volta... valore e senso della parola per e in Fotografia, con trasversalità esistenziali guidate dai fantastici s-punti privilegiati di riflessione che la stessa Fotografia offre... forse, e magari, non a tutti... a noi, sì). Visione di apertura, non chiusura. Visione che non intende dimostrare nulla, ma suggerire domande, invitare a ragionamenti, offrire prospettive esistenziali, sollecitare interrogazioni. Nel nostro intendere la Fotografia, questa ipotesi si richiama a quel pensiero meridiano, che il filosofo Franco Cassano ha ben esposto e articolato nel suo saggio omonimo (in ripetizione: Il pensiero meridiano; Editori Laterza, dal 1996), al quale tanta cultura italiana attinge oggi quell’idea di originalità nei confronti del Mondo che


Ricordo composito

Jakarta (Indonesia); 1989. Studentesse dell’Al Azhar college nella preghiera del venerdì, nell’auditorium trasformato, per l’occasione, in moschea.

ABBAS / MAGNUM PHOTOS (6)

Stato di Guerrero, villaggio di San Augustin de Oapan (Messico); 1983. Processione durante la celebrazione di un matrimonio, con banda musicale e doni per gli sposi.

Santiago (Cile); settembre 1983. Con una parata militare all’interno di una caserma, l’esercito celebra il decimo anniversario della salita al potere del generale Augusto Pinochet, a seguito del golpe dell’11 settembre 1973.

definisce, fino a caratterizzarla, una interpretazione della Vita della quale noi intendiamo sottolinearne il contributo in forma fotografica. Qui, corre l’obbligo di riprendere propriamente da Franco Cassano, in risposta a una esplicita domanda rivoltagli in ambito accademico: «Il pensiero meridiano è l’idea che il Sud abbia non solo da imparare dal Nord, dai Paesi cosiddetti sviluppati, ma abbia anche qualcosa da insegnare, e quindi il suo destino non sia quello di scomparire per diventare Nord, per diventare come il resto del mondo. C’è una voce nel Sud che è importante che venga tutelata, ed è una voce che può anche essere critica nei riguardi di alcuni dei limiti del nostro modo di vivere, così condizionato dalla centralità del Nord-Ovest del mondo. «Io credo che il Sud debba essere capace di imitare, ma anche di saper rivendicare una misura critica nei riguardi di un mondo che ha costruito sull’ossessione del profitto e della velocità i propri parametri essenziali. Noi pensiamo che i Paesi del mondo siano divisi tra sviluppati e quelli in via di sviluppo e che i secondi debbano diventare come i primi. Questo è impossibile sul piano generale, perché il reddito medio dei Paesi sviluppati sarebbe impossibile a generalizzarsi, impossibile soprattutto perché ogni Paese ha una propria storia attraverso la quale può interpretare lo sviluppo, costruendolo sulla base di quelle che sono le sue esigenze, di quella che è la sua storia, la propria voce. «Cantare con la voce degli altri è una falsità. Bisogna cantare con la propria e -soprattutto- rivendicare alcuni elementi che appartengono al Sud. Io, in genere, do un grande significato al tema della lentezza. Non è vero che il mondo è più perfetto man mano che diventa più veloce. Ci sono alcune dimensioni dell’esperienza che sono possibili solo nella lentezza, dall’amore alla conoscenza. Pensare che tutto possa essere compresso, reso più rapido e veloce, è un’illusione che produce una serie di patologie. «Ecco, il Sud ci può aiutare a percepire le patologie che nascono da un modello nel quale lo sviluppo e la ragione non hanno più un criterio di misura, sono diventate sregolate, prive di possibilità di governo». Abbas: 1944-2018. ❖

11


Cinema

di Maurizio Rebuzzini - Ricerca iconografica di Filippo Rebuzzini

KODACHROME... IL FILM

S

Segnalato lo scorso marzo, in data anticipata sulla sua annunciata programmazione televisiva -dallo scorso venti aprile, sul circuito Netflix-, il film Kodachrome, che avviciniamo per ovvio interesse specifico, non è esattamente come ce lo eravamo raccontato, come avevamo sperato (ovviamente, qui e ora, al pari di ogni precedente evocazione della leggendaria emulsione, ci riferiamo alla pellicola fotografica, soprattutto a quella 35mm, con modesta empatia con il rullo medio formato 120; mentre, per il grande pubblico generico, “kodachrome” è stato sinonimo di cinema a passo ridotto, prima Otto millimetri, poi SuperOtto). Comunque, e del resto, e in completa sincerità, non sono discriminanti le nostre aspettative, dichiaratamente limitate alla materia specifica (la leggendaria diapositiva, dismessa ufficialmente a fine Duemiladieci), quanto è sempre e comunque sostanziale l’intento del cinema, che confeziona storie e racconta vicende non necessariamente circoscritte al richiamo ufficiale attraverso il quale raggiunge e, soprattutto, coinvolge il proprio pubblico. Così che, registriamolo prontamente, la sceneggiatura di Kodachrome, firmata da Jonathan Tropper sulla base di un articolo scritto dal giornalista A. G. (Arthur Gregg) Sulzberger per il New York Times (che l’ha pubblicato il 29 dicembre 2010, in occasione della dismissione ufficiale e clamorosa del trattamento chimico della leggendaria diapositiva, allo scadere della mezzanotte del trentuno dicembre: For Kodachrome Fans, Road Ends at Photo Lab in Kansas / Per i fan del Kodachrome, ultimo viaggio al Photo Lab in Kansas), è meno fotografica di quanto le nostre speranze mirate avevano ipotizzato. Sì, la promessa implicita nel titolo, oltre che esplicita nel proprio appello perentorio, è mantenuta, ma la storia non eleva la Fotografia a soggetto assoluto e inderogabile; piuttosto, la finalizza a un racconto altro, che edifica una commovente vicenda famigliare. Se un parallelo è concesso, se una corrispondenza può essere evocata e richiamata, su identica lunghezza

12

d’onda, possiamo tornare al convincente passo cinematografico dell’emozionante I ponti di Madison County (The Bridges of Madison County), di Clint Eastwood, del 1995, che tante e tante volte abbiamo considerato nelle nostre innumerevoli escursioni attraverso la presenza della fotografia nel cinema: dalla sceneggiatura alla sola scenografia (magari). Dunque, torniamo indietro nel Tempo. Per I ponti di Madison County, va subito rilevato che la trasposizione cinematografica dall’omonimo romanzo best seller di Robert James Waller (del 1993, pubblicato in una consistente quantità di edizioni successive, dall’italiano Frassinelli) è estremamente accurata, tanto da conservare intatti i valori del racconto. Lasciando qui perdere i passaggi fotografici che hanno entusiasmato il piccolo-grande mondo entro il quale viviamo e ci emozioniamo (Nikon F, treppiedi Gitzo e diapositiva Kodachrome... inevitabile), a tutti gli effetti, la storia è marginalmente fotografica, oltre il professionismo del protagonista Robert Kincaid (interpretato da Clint Eastwood, anche regista), ipotizzato fotografo di National Geographic Magazine. Invece, ciò che veramente conta nella vicenda è il suo incontro con una donna sposata (Francesca Johnson - Meryl Streep), durante un reportage alla ricerca dei ponti di legno ancora presenti sui fiumi dell’Indiana. Robert Kincaid e Francesca Johnson si amano intensamente, ma poi non hanno la forza di restare assieme. Ognuno torna alla propria vita, che non sarà più quella di prima, con nel cuore la sequenza di quattro giorni che hanno indelebilmente segnato le rispettive esistenze. Dunque, qui, la fotografia è pretesto per giustificare l’incontro tra due esistenze. Il soggetto della vicenda è l’amore, con tutte le proprie controverse implicazioni. Allo stesso modo, con identico passo narrativo, anche in Kodachrome, di Mark Raso, dello scorso 2017, la fotografia, certo modo di cadenzare la fotografia, è altrettanto pretesto: per giustificare le contraddizioni famigliari e generazionali che, spesso, separano


Cinema TORNIAMO SUI NOSTRI PASSI

Come è legittimo che sia, e debba essere, nel corso delle nostre edizioni, avviate nel maggio 1994 (mille anni fa), abbiamo incontrato e affrontato la diapositiva kodachrome in molte occasioni: alcune dirette, e stiamo per riferirne, altre indirette e fortuite, e non ne parliamo. Soprattutto, abbiamo riservato al kodachrome tre interventi redazionali di sostanza. In ordine temporale, ricordiamo e richiamiamo la concentrata rievocazione della sua autentica “leggenda”, compilata nel dicembre 2005, in anticipo giornalistico sulla sua decadenza commerciale e probabile / prevedibile / prevista futura dismissione: con lancio dalla copertina, sei intense pagine di commossa e partecipe rievocazione storica e contenutistica. A seguire, nell’ottobre 2009, con la cadenza di nove pagine, riferimmo dell’annunciata dismissione (alla fine del successivo 2010, come poi è accaduto), tornando a retro osservare, con l’aggiunta di aneddoti collaterali, tra i quali, ricordiamolo, il testo della canzone Kodachrome, di Paul Simon, del 1973 (ripetuto, poi, in altre occasioni ancora), e la parodia su YouTube, dal film La Caduta - Gli ultimi giorni di Hitler (Der Untergang), di Oliver Hirschbiegel, del 2004, un cui dialogo originario è stato abilmente riconvertito alla dismissione del kodachrome. Infine, nel dicembre 2010, il definitivo “addio”, distribuito su sei pagine risolutamente rievocative e celebrative... della Memoria. i figli dai propri genitori... per poi farli ritrovare nell’affetto di sentimenti profondi, magari non sempre e non necessariamente esternati in modo palese (quello che piace alla televisione dello spettacolo, alla mondanità della vita, alla scemenza di parole senza senso). Da cui e per cui, senza qui rivelare il finale del film Kodachrome, là dove e quando l’agente musicale Matt Ryder, interpretato dall’attore Jason Sudeikis, rivede le proprie opinioni sul padre Ben, interpretato da un convincente Ed Harris, malato terminale, che accompagna in Kansas, per sviluppare gli ultimi rullini kodachrome scattati (alcuni in anni molto precedenti al 2010 di dismissione della pellicola), insistiamo sul commovente filo conduttore di una vicenda nella quale molti di noi possono anche riconoscersi. E qui, fedeli alla nostra continua e costante trasversalità di visioni e continuo intreccio di osservazioni, non possiamo non ricordare un’altra sceneggiatura cult, che affronta e risolve il medesimo capitolato. Dunque, richiamo a L’uomo dei sogni, in contestabile traduzione italiana dall’originario Field of Dreams (dunque, e nel concreto, e nel legittimo della sceneggiatura, “campo”, non “uomo”), di Phil Alden Robinson, del 1989, che pure risolve il conflitto generazionale figlio-padre: «Se lo costruisci [un campo da baseball], lui tornerà» non evoca la ricomparsa del campione dei Chicago White Sox Shoeless Joe Jackson (nel-

Come anticipato lo scorso marzo, in previsione della sua annunciata distribuzione televisiva, sul circuito Netflix, il film Kodachrome, di Mark Raso, del 2017, è stato sceneggiato da Jonathan Tropper, sulla base di un articolo scritto dal giornalista A. G. Sulzberger, per il New York Times, che l’ha pubblicato il 20 dicembre 2010. Si narra una vicenda intima e famigliare, giustificata e motivata da un viaggio verso l’ultimo laboratorio di sviluppo della fantastica diapositiva. Interpreti del film Ed Harris e Jason Sudeikis, padre e figlio in reciproca scoperta.

(pagina accanto) Oltre il kodachrome di richiamo esplicito, dal nostro punto di vista viziato, il film omonimo evoca costantemente una Leica M4-P.

Tutto dipende da come ciascuno di noi conteggia lo scorrere del Tempo (anche individuale). Per quanto conteggiamo come “lontane” le nostre origini redazionali, dal maggio 1994, potremmo definire “recenti” gli anni dopo il Duemila. Tre considerazioni kodachrome in tempi sostanzialmente conseguenti: dicembre 2005, con lancio dalla copertina; ottobre 2009 e dicembre 2010.

13


Cinema

la caratterizzazione di un premuroso Ray Liotta), quanto quella di John (l’attore Dwier Brown), padre da tempo defunto del protagonista Kay Kinsella (nell’interpretazione di Kevin Costner, che ha affrontato e interpretato il baseball professionistico in altri due film: è ricevitore in Bull Durham - Un gioco a tre mani, di Ron Shelton, del precedente 1988, e lanciatore al suo ultimo incontro, con favola di “partita perfetta”, in Gioco d’amore / For Love of the Game, di Sam Raimi, del 1999). Comunque, a conclusione delle considerazioni altre (per quanto consistenti della filosofia in sceneggiatura), è giocoforza rientrare anche nello specifico del nostro mandato statutario: presenza della fotografia nel cinema, in questo caso nella sua scenografia. Per cui, ricordiamo che, nel film Kodachrome, il protagonista Ben Ryder, fotografo alla fine della propria esistenza terrena (interpretato da Ed Harris), impugna e usa sempre una Leica M4-P cromata, sulla quale ci soffermiamo, in chiave storica, secondo quelle specifiche che -fino a qualche stagione fa, riconosciamolo- sono state nutrimento e delizia di molti e molti appassionati... magari anche soltanto degli strumenti, più che dell’immagine... ma non importa. La produzione della Leica M4-P fu avviata nel 1980, a partire dal numero di matricola 1.543.351, per sostituire la precedente configurazione Leica

14

M4-2, entrambe nella genìa della Leica M4 originaria, del 1967 (in quasi cinquantanovemila esemplari / 58.904, dal numero di matricola 1.175.001 al numero di matricola 1.443.170, del 1975). La Leica M4-P è rimasta in produzione per sette anni, circa, fino al 1986, con il numero di matricola conclusivo di 1.692.950, ormai soppiantata dalla Leica M6, con esposimetro TTL, in catalogo dal precedente 1984 (a partire dal numero di matricola 1.657.251). Nel corso dei sette anni (altre fonti certificano sei anni), sono state prodotte ventitremila centottanta Leica M4-P (23.180), suddivise in cinquecento (500) cromate e ventiduemila seicentottanta nere (22.680). Per conseguenza, la Leica M4-P cromata nel film Kodachrome è conteggiabile come adeguatamente “rara”. Quindi, ancora e poi basta, sui titoli di coda del film, su fondo inviolabilmente nero, scorrono fotografie creditate Steve McCurry, presentate con gli spigoli arrotondati, tipici e caratteristici del telaietto in cartone kodachrome (qui in minuscola volontaria, oltre che consapevole: da prodotto a sostantivo, in elevazione di intenti). E qui, e ancora qui, corre l’obbligo di sottolineare la combinazione, assolutamente pertinente. Tra i più conosciuti fotografi professionisti che hanno usato la pellicola kodachrome, troviamo infatti Steve McCurry, la cui fotografia/icona (estremamente populista, prima che colo-

Su fondo inviolabilmente nero, sui titoli coda del film Kodachrome, di Mike Raso, scorrono fotografie creditate Steve McCurry, presentate con gli spigoli arrotondati tipici e caratteristici del telaietto in cartone kodachrome. Ricordiamo che il celebrato fotografo statunitense -beatificato soprattutto dalla visione populistica della comunicazione visiva- ha avuto l’onore (e onere) di scattare con gli ultimi rulli kodachrome prodotti dalla Eastman Kodak Company, alla fine del 2010 di dismissione.

nialista) di una giovane afghana ha catturato il cuore di milioni di persone in tutto il mondo, quando apparve sulla copertina di National Geographic Magazine, del giugno 1985 [e qui, soprassediamo sul ritorno, diciassette anni dopo, ancora in colonialismo di intenti, sulla copertina di National Geograpic Magazine, dell’aprile 2002, con simultanea su National Geographic Italia, dello stesso mese, affrontato e commentato, al negativo, sia detto, in FOTOgraphia, del novembre 2002]. Come tributo alla pellicola kodachrome, in estinzione, la produttrice Eastman Kodak Company ha riservato gli ultimi rullini in uscita dalla linea di fabbricazione al George Eastman House International Museum of Photography and Film, di Rochester, New York, che detiene la più grande collezione al mondo di macchine fotografiche e artefatti correlati. In accordo tra le parti, Steve McCurry ha scattato con uno di questi ultimi rullini, e le immagini realizzate sono state donate alla George Eastman House. Testimonianza recente: «La prima parte della mia carriera è stata caratterizzata dalla pellicola kodachrome; con questa diapositiva ho realizzato alcune delle mie fotografie più indimenticabili», ha rilevato lo stesso Steve McCurry. «Sebbene la pellicola kodachrome è stata perfetta per me, da allora ho dovuto rivolgermi ad altre pellicole e apparecchi digitali per creare le mie immagini. Infatti, quando sono tornato a fotografare la “Ragazza Afghana”, diciassette anni dopo [e l’abbiamo appena ricordato], ho usato la pellicola Kodak Professional Ektachrome E100 VS, per ricreare quella immagine, anziché la pellicola Kodachrome, com’era stato in origine». Tutta la (tanta) magia fornita dal kodachrome è il risultato di complessi processi di fabbricazione e sviluppo. Alla fine, un unico laboratorio di photofinishing al mondo -Dwayne’s Photo, di Parsons, Kansas, Stati Uniti- è rimasto attivo fino alla dismissione. La carenza di laboratori di sviluppo disponibili, così come le caratteristiche delle nuove pellicole Kodak lanciate negli ultimi anni e la trasmigrazione verso l’acquisizione digitale di immagini, ha accelerato il declino della domanda della pellicola kodachrome. Inevitabilmente dismessa. Punto e fine. ❖



World Press Photo of the Year 2018: Venezuela Crisis, di Ronaldo Schemidt (Venezuela, basato in Messico), Agence France-Presse. 3 maggio 2017; Caracas, Venezuela. José Víctor Salazar Balza (ventotto anni) viene avvolto dalle fiamme, durante violenti scontri con la polizia a una manifestazione di protesta contro il presidente Nicolás Maduro, per la sua decisione di far eleggere una nuova assemblea costituente autoritaria. [anche e ancora Primo premio Spot News Singles].

Primo premio Long-Term Projects: Ich Bin Waldviertel, di Carla Kogelman (Olanda). 19 luglio 2012 29 agosto 2017. Hannah e Alena sono due sorelle che vivono a Merkenbrechts, villaggio bioenergetico di circa centosettanta abitanti, nel Waldviertel, regione rurale dell’Austria, al confine con la Repubblica Ceca.

di Angelo Galantini

V

olenti o nolenti -e, magari oggi e qui, su questo argomento, saremmo più riluttanti e restii che assenzienti e consenzienti (ma!)-, è doveroso riferire dei riconoscimenti attribuiti nell’ambito del prestigioso e accreditato World Press Photo 2018, per le cui aggiudicazioni si è proceduto in maniera diversa rispetto quanto cadenzato in una lunga e lunga storia, avviata con l’edizione originaria del 1955, per l’appunto storicizzata come la prima dell’autorevole premio internazionale del fotogiornalismo. Volenti o nolenti, assecondando il nuovo passo, che abbiamo già ampiamente commentato, lo scorso marzo, in relazione alla indicazione dei Nominati (annunciati il quattordici febbraio), con parole e considerazioni dell’attento e accorto Lello Piazza, siamo qui oggi per valutare i Vincitori, annunciati il dodici aprile, in occasione della prima autorevole esposizione delle fotografie di spicco del World Press Photo 2018 (con passaggio italiano della stessa passerella al Palazzo delle Esposizioni, di Roma, alla Galleria Carla Sozzani, di Milano, allo Spazio Murat, di Bari, e al Magazzino delle Zattere, di Venezia). In prima battuta, lo scorso marzo, a firma di Lello Piazza, va ribadito, abbiamo già osservato e rilevato che la nuova marcia dell’autorevole premio al fotogiornalismo internazionale è slittata verso una sostanziosa spettacolarità di intenti; tuttavia, a parte altre considerazioni, in profondità di ragionamento, alla maniera degli Oscar cinematografici, riferimento d’obbligo, la sequenza da Nominati a Vincitori (con la formula “Il vincitore è...”) ha modo di essere positiva e benefica: precisamente, «il fatto di sapere chi sono i Nominati, prima delle proclamazioni finali dei Vincitori, crea un grande fermento...

tutto sommato, un fermento positivo, utile e fertile (speriamo). Tutti insieme -media, appassionati, pubblicohanno modo di godere e studiare i lavori che la giuria ha giudicato degni di essere, alla fine, premiati». Allo stesso momento, questo tempo doppio, ovvero raddoppiato, induce a un giornalismo in altrettanti due passi: il nostro primo, di marzo, e questo attuale... da cui, «volenti o nolenti» siamo qui ancora.

INNO AL 2017 (E NOSTRA GIURIA) Da e con Lello Piazza, in FOTOgraphia dello scorso marzo, in intervento redazionale I Vincitori..., «Bene. Dopo una certa cronaca, anticipo che in queste pagine gioco al Piccolo Presidente della Giuria, nel senso che presento le immagini che, a mio modesto giudizio, dovrebbero (potrebbero?) essere le vincitrici nelle categorie del WPP 2018». Quindi, in consecuzione coerente, oggi e qui, consideriamo le aggiudicazioni del World Press Photo 2018, confrontandole con le nostre previsioni, con i nostri giudizi (per quanto dichiaratamente “modesti”, altrettanto accreditati e qualificati: questo va detto). In coincidenza di giudizio, la nostra intuizione per la World Press Photo of the Year 2018 ha anticipato il giudizio della Giuria del Premio: Venezuela Crisis, del venezuelano Ronaldo Schemidt / Agence France-Presse, basato in Messico, scattata il 3 maggio 2017, nella capitale Caracas, è stata indicata a onore del fotografo, la cui intuizione visiva e le cui capacità interpretative (e compositive: linguaggio/lessico della Fotografia) hanno creato un quadro che attira l’attenzione, rappresentando un evento e una problematica di grande importanza giornalistica nel 2017 (di riferimento temporale del WPP 2018 ) [pagina accanto]. Anche e ancora Primo premio Spot News Singles, come pure avevamo valutato noi, questa drammatica fotografia raffigura il ventottenne

Secondo passaggio giornalistico/redazionale sullo svolgimento del World Press Photo of the Year 2018, dopo le anticipazioni di marzo, quando e dove partimmo dai Nominati (novità di e da questa edizione), con contorno di nostre previsioni. Certo, qui e ora, cadenziamo la sequenza dei Vincitori (onorando i Vinti ), ma non ci limitiamo a questa. Una volta ancora, una di più, mai una di troppo, ribadiamo il senso e valore dell’approfondimento (in interpretazione del media cartaceo), per identificare come e quanto il fotogiornalismo continui imperterrito a raccontare la vita nel proprio svolgersi. In Missione

VINCITORI (E VINTI)

16


17


ordine: Patrick Brown (Australia) / Panos Pictures per Unicef (Rohingya Crisis), comunque Primo premio General News Singles (anche in nostra previsione); Adam Ferguson (Australia) / per The New York Times (Boko Haram Strapped Suicide Bombs To Them. Somehow These Teenage Girls Survived. - Aisha, Age 14 ), comunque Primo premio Peoples Stories (anche in nostra previsione); Toby Melville (Inghilterra) / Reuters (Witnessing The Immediate Aftermath of an Attack In The Heart of London), comunque Secondo premio Spot Stories; Ivor Prickett (Irlanda) / per The New York Times (The Battle For Mosul - Lined Up For An Aid Distribution e The Battle For Mosul - Young Boy Is Cared For By Iraqi Special Forces Soldiers), comunque Primo premio General News Stories con l’intero servizio. Da qui, in cronologia con la cadenza ufficiale del Premio, oltre quanto già considerato per i quattro Nominati anche alla World Press Photo of the Year 2018.

VINCITORI (E NOSTRA GIURIA) Primo premio Sports Stories: Kid Jockeys, di Alain Schroeder (Belgio), Reporters. 17-25 settembre 2017. In tradizionali corse di cavalli sull’isola di Sumbawa, in Indonesia, fantini-bambino cavalcano piccoli cavalli, a piedi nudi e con poco equipaggiamento protettivo.

(in alto) Primo premio Sports Singles: Royal Shrovetide Football, di Oliver Scarff (Inghilterra), Agence France-Presse. 28 febbraio 2017. Incontro di calcio rituale, a Ashbourne, nel Derbyshire, nel Regno Unito.

18

José Víctor Salazar Balza avvolto dalle fiamme, durante violenti scontri con la polizia. Il fatto è avvenuto mentre si svolgeva una manifestazione di protesta contro il presidente Nicolás Maduro, per la sua decisione di far eleggere una nuova assemblea costituente autoritaria, che apre le porte a una forma di dittatura. Nelle varie proteste popolari, i morti hanno superato il centinaio. Ovviamente, anche gli altri quattro Nominati allo stesso riconoscimento di vertice (uno dei quali, l’irlandese Ivor Prickett, con due fotografie dallo stesso reportage, The Battle For Mosul ) possono vantare la stessa considerazione del Vincitore. Ma, inevitabilmente e necessariamente e immancabilmente, uno vince, uno solo deve vincere. Comunque, «onore al fotografo, la cui intuizione visiva e le cui capacità interpretative hanno creato un quadro che attira l’attenzione, rappresentando un evento e una problematica di grande importanza giornalistica nel 2017», e altrettanto onore anche per, in

Certamente con non nascosta predisposizione intima, nella categoria Contemporary Issues Singles, lo scorso marzo, avevamo profetizzato l’affermazione dell’italiano Giulio Di Sturco, con More Than a Woman, fotografia realizzata il 3 febbraio 2017: il dottor Suporn Watanyusakul, che opera nel Dipartimento di Chirurgia Estetica di un ospedale di Chonburi, nei pressi di Bangkok, in Thailandia, mostra a Olivia Thomas, sua paziente, la sua nuova vagina, dopo un intervento per cambio di sesso. Invece, alla sentenza definitiva, il bravo fotogiornalista è risultato Secondo. Il Primo premio è andato a Jesco Denzel (Germania) / Laif, per e con Lagos Waterfronts Under Threat : una barca con turisti provenienti da Lagos Marina è guidata attraverso i canali della comunità Makoko, un antico villaggio di pescatori che è cresciuto in un enorme insediamento informale, sulle rive della laguna di Lagos, in Nigeria. Invece, il nostro prePrimo premio Contemporary Issues Stories è stato raccolto (?) dalla giuria del WPP 2018: Banned Beauty, di Heba Khamis (Egitto). 6 no-


Primo premio Contemporary Issues Singles: Lagos Waterfronts Under Threat, di Jesco Denzel (Germania), Laif. Una barca con turisti provenienti da Lagos Marina è guidata attraverso i canali della comunità Makoko, un antico villaggio di pescatori che è cresciuto in un enorme insediamento informale sulle rive della laguna di Lagos, in Nigeria.

vembre - 7 dicembre 2016: nella convinzione che ciò possa ritardare la loro maturità sessuale e contribuire a prevenire stupri e rapporti sessuali, in Camerun, si pratica la bruciatura del seno alle ragazze di età compresa tra gli otto e i dodici anni. A seguire, discordanti i nostri giudizi da quelli definitivi della giuria, per quanto riguarda Environment Singles e Environment Stories, i cui rispettivi Primi premi sono stati assegnati al sudafricano Neil Aldridge e all’olandese Kadir van Lohuizen / Noor Images: nello stesso ordine, con Waiting for Freedom e Wasteland. Il primo, in Singles, gratifica la fotografia, scattata il 21 settembre 2017, di un giovane rinoceronte bianco del sud, drogato e bendato, che sta per essere rilasciato allo stato selvatico nel Delta dell’Okavango, in Botswana, dopo il suo trasferimento dal Sudafrica per proteggerlo dai bracconieri. Quindi, il primo, in Stories, è un reportage realizzato il 27 gennaio 2017, che documenta e racconta di un uomo che porta un carico di bottiglie in plastica per il riciclaggio nella discarica di Olusosun, a Lagos, in Nigeria. Ogni giorno, arrivano a Olusosun oltre tremila tonnellate di rifiuti. È sottolineata anche la presenza in luogo di quattromila persone, molte delle quali vivono sul posto, che setacciano la spazzatura a mano, raccogliendo tutto ciò che è vendibile o riciclabile. Da parte nostra, rileviamolo, nelle due categorie avevamo pronosticato altrimenti: rispettivamente, Attack of the Zombie Mouse, del tedesco Thomas P. Peschak (su Marion Island, nell’Oceano Indiano, un giovane albatro testa grigia aggredito da topi di una specie invasiva, che si è propagata nell’isola), e Hunger Solutions, dell’italiano Luca Locatelli / per National Geographic Magazine (2 ottobre 2016 - 9 marzo 2017: la Food Valley è una regione dei Paesi Bassi, attorno a Wageningen, nella provincia della Gheldria, dove si concentrano compagnie alimentari internazionali e istituti di ricerca collegati con l’università locale). In entrambi dei casi, i nostro prePrimi premi sono diventati Secondo premio di categoria. Come già accennato, nella disamina dei Nominati alla World Press Photo of the Year 2018, il Primo pre-

mio General News Singles, ha allineato la nostra previsione all’assegnazione della giuria: Patrick Brown (Australia) / Panos Pictures per Unicef, con Rohingya Crisis. 28 settembre 2017: al largo di Inani Beach, vicino a Cox’s Bazar, lungo le coste del Bangladesh, è naufragata una barca con a bordo più di cento profughi Rohingya, in fuga dal Myanmar. Solo diciassette i sopravvissuti. I corpi di alcuni annegati sono stati recuperati e sistemati sulla spiaggia. Invece, il nostro prePrimo premio General News Stories, declinato sulla medesima vicenda affermatasi in Singles (Rohingya Refugees Flee Into Bangladesh to Escape Ethnic Cleansing, del canadese Kevin Frayer / Getty Images), è stato giudicato Secondo premio. L’affermazione di categoria è andata all’irlandese Ivor Prickett / per The New York Times, per il reportage The Battle For Mosul, due fotografie del quale sono state, peraltro, Nominate alla World Press Photo of the Year 2018. Da cui, i riferimenti del caso: il 16 gen-

Primo premio Contemporary Issues Stories: Banned Beauty, di Heba Khamis (Egitto). 6 novembre 7 dicembre 2016. Nella convinzione che ciò possa ritardare la loro maturità sessuale e contribuire a prevenire stupri e rapporti sessuali, in Camerun, si pratica la bruciatura del seno alle ragazze di età compresa tra gli otto e i dodici anni.

19


World Press Photo Exhibition 2018, con volume-catalogo World Press Photo 2018, in edizione Skira (170 illustrazioni; 240 pagine 19x24,5cm; 25,00 euro). ❯ Palazzo delle Esposizioni, Roma: fino al 27 maggio. ❯ Spazio Murat, Bari: fino al 27 maggio. ❯ Galleria Carla Sozzani, Milano: dal 12 maggio al 10 giugno. ❯ Magazzino delle Zattere, Venezia: dal 31 agosto al 30 settembre.

naio 2017, i soldati delle forze speciali irachene esaminano le conseguenze di un attacco da parte di un attentatore suicida dell’Isis, che è riuscito a raggiungere le loro linee nel quartiere di Andalus, una delle ultime aree da liberare nella parte orientale di Mosul, in Iraq. Proseguendo, siamo stati clamorosamente smentiti nella categoria Long-Term Projects, là dove e quando il nostro prePrimo premio (Latidoamerica, dello spagnolo Javier Arcenillas / Luz, sul caos sociale in America Latina a causa di traffico di droga e corruzione, svolto dall’agosto 2010 all’agosto 2017) è slittato al Terzo premio di giuria. La nostra ipotesi è stata scavalcata dal Primo premio assegnato a Carla Kogelman (Olanda), per la serie Ich Bin Waldviertel svolta per anni, dal 2012, con i ragazzi di una famiglia che vive a Merkenbrechts, un villaggio bioenergetico di circa centosettanta abitanti, in una zona rurale isolata dell’Austria, vicino al confine ceco, che trascorrono le vacanze estive nella vicina Waldviertel. Quindi, Secondo premio di categoria all’italiano Fausto Podavini, per Omo Change: un suo impegno, protrattosi negli anni, con i bambini indigeni Karo, che giocano nella sabbia sulle rive del fiume Omo, in Etiopia. Per il proprio cibo, la comunità Karo dipende interamente dal fiume: sia per i pesci, sia per le colture coltivate in terreni fertili. La foresta che sovrasta l’area è stata ripulita per far posto alle piantagioni di cotone. L’Etiopia è nel mezzo di un boom economico, con una crescita media del 10,5 percento all’anno, il doppio della media continentale. Una delle aree più esuberanti è giusto la Valle dell’Omo, territorio di straordinaria biodiversità lungo il corso del fiume Omo, che sorge negli altopiani centrali di Shewan e sfocia nel Lago Turkana, al confine con il Kenya.

DISCORDANZE E ACCORDI

Primo premio Spot News Stories: Massacre in Las Vegas, di David Becker (Usa), Getty Images. Primo ottobre 2017. Dopo che Stephen Paddock ha aperto il fuoco su una folla di più di ventimila spettatori presenti al concerto della Route 91 Harvest Country Music Festival, al Mandalay Bay Resort and Casino, di Las Vegas, in Nevada, Usa, cinquantotto persone sono rimaste uccise e oltre cinquecento ferite.

20

Altrettanto Terzo premio a un altro nostro prePrimo premio, nella categoria Nature Singles: e ci riferiamo alla nostra (infausta?) previsione a favore di Flying Fish in Motion, del brasiliano Michael Patrick O’Neill (18 agosto 2017: nella notte estiva, al largo delle spiagge di Palm Beach, Florida, Usa, un pesce volante nuota seguendo il flusso delle acque della corrente del Golfo). Quindi, Primo premio Nature Singles a Dumpster Diver, dello statunitense Corey Arnold, realizzata il 14 febbraio 2017: un’aquila calva si ciba di residui di carne dai bidoni della spazzatura di un supermercato di Dutch Harbo, Alaska, Stati Uniti. Già vicina all’estinzione, l’aquila calva è tornata ad occupare il proprio posto nella natura locale: con una popolazione di circa cinquemila persone, Unalaska conta oggi cinquecento aquile. E, poi, coincidenza di intenti e risultato tra il nostro prePrimo premio e quello di giuria per Nature Stories: Warriors Who Once Feared Elephants Now Protect Them, di Ami Vitale (Usa) / per National Geographic Magazine (una abbonata ai premi del World Press Photo, anno dopo anno, edizione dopo edizione). 29 settembre 2016 - 23 febbraio 2017: presso la comunità del Reteti Elephant Sanctuary, nel nord del Kenya, cuccioli di elefante, rimasti orfani perché i genitori sono stati uccisi da bracconieri dell’avorio, vengono riabilitati prima di essere restituiti all’ambiente selvaggio.


Primo premio People Singles: Resignation Syndrome, di Magnus Wennman (Svezia), Aftonbladet. 2 marzo 2017. A Horndal, in Svezia, Djeneta è costretta a letto e non parla da due anni e mezzo, e sua sorella Ibadeta da oltre sei mesi; sono affette da uppgivenhetssyndrom (Sindrome da Rassegnazione), che, nel paese del Nord Europa, colpisce i figli dei rifugiati che cadono in uno stato di apatia totale, vittime dello spettro del rimpatrio. Ăˆ una condizione medica non ancora compresa.

Primo premio People Stories: Boko Haram Strapped Suicide Bombs to Them. Somehow These Teenage Girls Survived, di Adam Ferguson (Australia), per The New York Times. 29 agosto 22 settembre 2017. Il corpus di questo lavoro è composto da una serie di ritratti di ragazze rapite da militanti di Boko Haram, a Maiduguri, capitale dello stato federale di Borno, in Nigeria. Dopo aver legato al loro corpo cinture esplosive, le ragazze avrebbero dovuto essere mandate a farsi esplodere in mezzo alla folla. Ma sono riuscite a fuggire e trovare aiuto.

21


Primo premio General News Singles: Rohingya Crisis, di Patrick Brown (Australia), Panos Pictures per Unicef. 28 settembre 2017. Al largo di Inani Beach, lungo le coste del Bangladesh, è naufragata una barca di profughi Rohingya, in fuga dal Myanmar. (in alto) Primo premio General News Stories: The Battle For Mosul, di Ivor Prickett (Irlanda), per The New York Times. Dopo la riconquista di Mosul, Nadhira Aziz osserva i soccorritori che recuperano i corpi dei suoi familiari morti.

22

Circostanza analoga, nello stesso ordine, per la categoria People, per la quale e nella quale il nostro pre Primo premio Singles è risultato Secondo (Manal, War Portraits, dell’italiano Alessio Mamo / Redux Pictures: 10 luglio 2017; Manal, una ragazza di undici anni vittima di un’esplosione provocata da un missile a Kirkuk, in Iraq, deve indossare una maschera per diverse ore al giorno, per proteggere il proprio viso dopo una rilevante operazione di chirurgia plastica, presso l’Al Mowasat Hospital, di Amman, in Giordania). E, allo stesso momento, registriamo coincidenza di valutazione per il Primo Premio Stories, anche e ancora in categoria, oltre che tra i Nominati per la World Press Photo of the Year 2018: Boko Haram Strapped Suicide Bombs to Them. Somehow These Teenage Girls Survived, di Adam Ferguson (Australia) / per The New York Times. 29 agosto - 22 settembre 2017: il corpus di questo lavoro è composto da una serie di ritratti di ragazze rapite da militanti di Boko Haram, a Maiduguri, capitale

dello stato federale di Borno, in Nigeria. Dopo aver legato al loro corpo cinture esplosive, le ragazze avrebbero dovuto essere mandate a farsi esplodere in mezzo alla folla. Ma sono riuscite a fuggire e trovare aiuto. Tornando indietro, il Primo premio People Singles è stato assegnato a Resignation Syndrome, dello svedese Magnus Wennman / Aftonbladet. 2 marzo 2017: a Horndal, in Svezia, Djeneta è costretta a letto e non parla da due anni e mezzo, e sua sorella Ibadeta da oltre sei mesi; sono affette da uppgivenhetssyndrom (Sindrome da Rassegnazione), che, nel paese del Nord Europa, colpisce i figli dei rifugiati, che cadono in uno stato di apatia totale, vittime dello spettro del rimpatrio. È una condizione medica non ancora compresa. Ulteriore, terza replica nella categoria Sport : nostro prePrimo premio Singles, che slitta al Terzo posto, e nostro prePrimo premio Stories, che viene confermato dalla giuria dell’autorevole WPP 2018. In questo ordine. Dunque, Primo premio Sport Singles a Royal Shrovetide Football, dell’inglese Oliver Scarff / Agence France-Presse. 28 febbraio 2017: i membri di comunità avversarie, rispettivamente identificate come Up’ards e Down’ards, lottano per la palla durante lo storico Royal Shrovetide Football Match, di Ashbourne, nel Derbyshire, nel Regno Unito. La competizione impegna centinaia di partecipanti, in due periodi di otto ore ciascuno, il Martedì Grasso e il Mercoledì delle Ceneri; lo schieramento contrappone i cittadini di due sponde del River Henmore: a nord (Up’ards) e a sud (Down’ards) del fiume. Invece, in nostra pre-valutazione avevamo indicato Marathon des Sables, del francese Erik Sampers (9 aprile 2017: partenza della Maratona delle sabbie, nel deserto del Sahara, in Marocco), che la giuria ha “allontanato” al Terzo posto. In compenso, come appena anticipato, abbiamo colto nel segno, se così possiamo esprimerci, con il Primo premio Sport Stories: Kid Jockeys, del belga Alain Schroeder / Reporters. Dal 17 al 25 settembre 2017, durante le tradizionali corse di cavalli tenute in corrispondenza del Maen Jaran, la festa della fine dei raccolti sull’isola di Sumbawa, in Indonesia,


Primo premio Nature Singles: Dumpster Diver, di Corey Arnold (Usa). 14 febbraio 2017. Un’aquila calva si ciba di residui di carne dai bidoni della spazzatura di un supermercato di Dutch Harbo, Alaska, Stati Uniti. Già vicina all’estinzione, l’aquila calva è tornata ad occupare il proprio posto nella natura locale: con una popolazione di circa cinquemila persone, Unalaska conta oggi cinquecento aquile.

fantini-bambino cavalcano piccoli cavalli, a piedi nudi e con poco equipaggiamento protettivo. In conclusione, completa coincidenza tra le nostre pre-valutazioni e le assegnazioni della giuria, per quanto riguarda, in questo ordine, le categorie finali Spot Singles e Spot Stories. La fotografia singola ribadisce il senso e valore della World Press Photo of the Year 2018, per la quale è doverosa la ripetizione (d’obbligo?): Venezuela Crisis, di Ronaldo Schemidt / Agence France-Presse. 3 maggio 2017, Caracas, Venezuela: José Víctor Salazar Balza viene avvolto dalle fiamme, durante violenti scontri con la polizia, in una manifestazione di protesta contro il presidente Nicolás Maduro, per la sua decisione di far eleggere una nuova assemblea costituente autoritaria. Infine, Primo premio Spot News Stories al reportage Massacre in Las Vegas, dello statunitense David Becker / Getty Images. Il Primo ottobre 2017, Stephen Paddock ha aperto il fuoco sugli spettatori del concerto della Route 91 Harvest Country Music Festival, al Mandalay Bay Resort and Casino, di Las Vegas: cinquantotto persone sono rimaste uccise e oltre cinquecento ferite.

ALTRE CONSIDERAZIONI Ovviamente, nel proprio insieme e complesso, la somma delle assegnazioni dei premi del World Press Photo 2018 esprime più della semplice e scandita segnalazione dei vincitori di categoria, che pure conteggia. Altrettanto ovviamente, potremmo anche ritornare con e su considerazioni già più volte espresse, anno dopo anno, da troppe stagioni a questa parte: in testimonianza visiva, sostanziale presenza e attestazione del dolore. Sì, è ancora così, come lo è da qualche tempo a questa parte, come lo è dalle origini del Premio, come lo è dalla nascita del fotogiornalismo, comunque lo si consideri e percepisca. Però, un ulteriore ritorno su questa sottolineatura è di scarsa utilità: al caso, chi volesse leggerne al proposito può tornare (anche) a nostre precedenti relazioni, redatte in occasione di passate edizioni del World Press Photo, coerentemente e costantemente e puntualmen-

te, primavera dopo primavera. Invece, è opportuno introdurre altre considerazioni e riflessioni, che dall’attuale Duemiladiciotto si estendono alle fotografie degli anni passati, come a tutta la Fotografia, nella propria potente e energica totalità visiva ed espressiva. Anzitutto, sottolineiamo come e quanto non si debbano stabilire graduatorie mentali rigide e inflessibili. Infatti, per forza di cose e per regolamento, è richiesta una “classifica”, in sequenza e successione di Primo, Secondo e Terzo premio, ma tutti i reportage che arrivano alla segnalazione finale e conclusiva sono almeno di pari livello (per esempio, la difficoltà di scandire nell’ambito di Natura Singles, tra l’aquila di Corey Arnold, i pinguini di Thomas P. Peschak e il pesce volante di Michael Patrick O’Neill, che noi giudicammo pre Primo premio): categoria per categoria, tutti e tre si equivalgono per intensità e veemenza. Dunque, fatte salve considerazioni pratiche di ordine economico (anche questo conta... spesso soprattutto questo conta),

Primo premio Nature Stories: Warriors Who Once Feared Elephants Now Protect Them, di Ami Vitale (Usa), per National Geographic Magazine. 29 settembre 2016 23 febbraio 2017. Presso la comunità del Reteti Elephant Sanctuary, nel nord del Kenya, cuccioli di elefante, rimasti orfani perché i genitori sono stati uccisi da bracconieri dell’avorio, vengono riabilitati prima di essere restituiti all’ambiente selvaggio.

23


Primo premio Environment Singles: Waiting for Freedom, di Neil Aldridge (Sudafrica). 21 settembre 2017. Un giovane rinoceronte bianco del sud, drogato e bendato, sta per essere lasciato allo stato selvatico nel Delta dell’Okavango, in Botswana, dopo il suo trasferimento dal Sudafrica per proteggerlo dai bracconieri.

Primo premio Environment Stories: Wasteland, di Kadir van Lohuizen (Olanda), Noor Images. 27 gennaio 2017. Un uomo porta un carico di bottiglie in plastica per il riciclaggio nella discarica di Olusosun, a Lagos, in Nigeria, dove, ogni giorno, arrivano oltre tremila tonnellate di rifiuti. Sul luogo, vivono quattromila persone, molte delle quali setacciano la spazzatura a mano, raccogliendo tutto ciò che è vendibile o riciclabile.

i rispettivi autori siano fieri e orgogliosi della meta raggiunta, del gradimento professionale ottenuto. Con altro passo, parallelo e non gerarchico (sia chiaro, sia chiarito), l’insieme degli argomenti che scandiscono un anno di fotogiornalismo, nello specifico il passato 2017, rivela la vitalità (e indispensabilità sociale?) del fotoreportage, più di altre forme di informazione capace di osservare la vita nel proprio svolgersi. Trasversalmente a tutto, cosa possiamo individuare? Soprattutto, il fantastico e appagante equilibrio tra argomenti e momenti annunciati e canonici (per esempio, le manifestazioni di protesta contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro, da cui la World Press Photo of the Year 2018, anche Primo premio Spot Singles, di Ronaldo Schemidt / Agence France-Presse) e circostanze/frangenti latenti (per esempio, la tragedia dei profughi Rohingya, in fuga dal Myanmar, in Primo premio General News Singles a Patrick Brown / Panos Pictures per Unicef, già Nominato anche alla World Press Photo of the Year 2018,

24

e Secondo premio General News Stories a Kevin Frayer / Getty Images, che noi valutammo prePrimo premio). Ancora, sottolineiamo la capacità e perspicacia di quei fotogiornalisti capaci di osservazioni trasversali, che rivelano situazioni intersecanti con la Vita, con l’Esistenza sulla Terra: per esempio, la registrazione della Sindrome da Rassegnazione che colpisce i figli dei rifugiati in Svezia, che cadono in uno stato di apatia totale, svolta da Magnus Wennman / Aftonbladet, Primo premio People Singles. Per altro esempio, analogamente calzante, il Secondo premio nella stessa categoria People Singles, dell’italiano Alessio Mamo, al quale noi auspicammo il prePrimo premio: ritratto di Manal, una ragazza di undici anni vittima di un’esplosione provocata da un missile a Kirkuk, in Iraq, con quanto ne è conseguito. Dunque! E in ogni caso! Reportage come Storia dell’Uomo: i suoi sogni, i suoi amori, le sue speranze, i suoi dolori... la sua Vita. In Missione! ❖



di Maurizio Rebuzzini

Stanley Kubrick Photographs. Through a Different Lens; a cura di Luc Sante; con contributi redazionali di Sean Concoran e Donald Albrecht; Taschen Verlag, 2018 (distribuzione: Inter Logos, strada Curtatona 5/2, 41100 Modena; 059-412648; www.books.it); in edizione monolingua inglese, francese o tedesco; 328 pagine 26,7x33cm, cartonato con sovraccoperta; 50,00 euro. ❯ Volume-catalogo della mostra Through a Different Lens. Stanley Kubrick Photographs, al Museum of the City of New York, dal tre maggio al ventotto ottobre.

Autoritratto allo specchio di Stanley Kubrick con Faye Emerson, durante le riprese del servizio fotogiornalistico Faye Emerson: Young Lady in a Hurry (Giovane donna in fretta), del 1950.

A

ncora lo scorso aprile, già lo scorso aprile, in contenitore Cinema, là dove lo incrociamo con la fotografia, abbiamo considerato la personalità fotografica di Stanley Kubrick, uno dei più apprezzati e acclamati registi cinematografici di tutti i tempi. Proprio in quella occasione, è stata anticipata l’edizione di un volume-catalogo, accompagnatorio di una mostra a tema -a questo tema (Stanley Kubrick fotografo, in anni antecedenti la sua straordinaria parabola cinematografica)-, allestita nelle autorevoli e prestigiose sale del Museum of the City of New York, dove resta in cartellone dal tre maggio al successivo ventotto ottobre... diciamo, per sette mesi belli pieni: per l’appunto, ed esplicitamente, Through a Different Lens. Stanley Kubrick Photographs. Così che, va subito precisato che questo passo recente con e su Stanley Kubrick, oggi in (ulteriore) approfondimento, è arrivato a seguito di altri/tanti precedenti interventi redazionali, in pertinente equilibrio tra il suo cinema e la sua parallela frequentazione fotografica. È doveroso ricordare e segnalare questi nostri trascorsi, in forma e chiave giornalistica. Per il cinema propriamente tale: a cura di Jack Torrance (in pseudonimo!), recensione del film (allora di stingente attualità) Eyes Wide Shut, nel dicembre 1999, e doppia presentazione, a distanza di un anno, una dall’altra, nel dicembre 2014 e novembre 2015, della fantastica monografia illustrata The Making of Stanley Kubrick’s “2001: A Space Odyssey”, pubblicata da Taschen Verlag, in due/tre edizioni successive (alle originarie ed elitarie Collector’s Edition e Art Edition, in tiratura limitata e numerata, ha fatto seguito la confezione libraria standard, a tutti accessibile).

La consistente monografia Stanley Kubrick Photographs. Through a Different Lens, pubblicata dall’assiduo Taschen Verlag, si offre e propone come autorevole volume-catalogo della mostra, circa omonima, Through a Different Lens. Stanley Kubrick Photographs, in cartellone al prestigioso Museum of the City of New York, dal tre maggio al ventotto ottobre: accurata passerella e analisi di una esperienza fotografica che, nei secondi anni Quaranta del Novecento, ha anticipato la parabola cinematografica del celebre e celebrato regista

KUBRICK FO

26


OTOGRAFO

27

© SK FILM ARCHIVES / MUSEUM

OF THE

CITY OF NEW YORK


© SK FILM ARCHIVES / MUSEUM

OF THE

CITY OF NEW YORK (3)

In una manifestazione artistica, partecipanti che indossano copricapi cubisti: dal servizio Philadelphia’s First Beaux Arts Ball (Primo ballo delle belle arti a Filadelfia), del 1949.

28

Quindi, la personalità fotografica di Stanley Kubrick è stata approfondita, sulle nostre pagine, nell’aprile 2004, a firma di Piero Raffaelli (autentica eccellenza del Pensiero-in-Fotografia), con l’occasione della monografia illustrata Stanley Kubrick. Una vita per immagini, a cura della moglie Christiane, con prefazione di Steven Spielberg. Da queste rilevazioni e rivelazioni, a seguire, Stanley Kubrick fotografo è tornato spesso con e da noi, soprattutto come complemento oggetto del soggetto Weegee; e qui non è il caso di protocollare, limitandoci alla già citata tornata dello scorso aprile, dove -peraltro- i ruoli appena accennati si sono invertiti: Stanley Kubrick soggetto, alla cadenza delle sue macchine fotografiche, e Weegee complemento oggetto, in appoggio di considerazioni (ma, certamente, non in subordine di personalità). Allo stesso momento, e su un piano più autorevole rispetto a quello entro il quale esprimiamo le nostre (modeste) opinioni e considerazioni, in anticipo temporale sull’allestimento espositivo di New York, al

quale ci riferiamo specificamente, per quanto -magari- anteponendo l’edizione libraria del coincidente volume-catalogo, vanno ricordati due precedenti italiani sullo stesso tema e con lo stesso passo (per mille e mille motivi, entrambi leciti e legittimi, oltre che influenti). Da cui, torniamo a segnalare una lontana monografia illustrata Stanley Kubrick. Ladro di sguardi, pubblicata in edizione italiana da Bompiani, nel 1994, con nostra recensione nel febbraio 1995 (mille anni fa), e una più recente mostra Stanley Kubrick Fotografo - Gli anni di Look (1945-1950), allestita al centrale Palazzo della Ragione, di Milano, nella primavera-estate 2010, alla quale sopravvive l’ottimo volume-catalogo Stanley Kubrick. Fotografie 1945-1950, realizzato per l’occasione da Giunti Editore.

PER L’APPUNTO... FOTOGRAFO Come annotato, l’attuale consistente monografia Stanley Kubrick Photographs. Through a Different Lens, pubblicata dall’assiduo Taschen Verlag (sempre lui, in una


personalità editoriale dai connotati più che abbaglianti), si offre e propone come autorevole volume-catalogo della mostra, circa omonima, Through a Different Lens. Stanley Kubrick Photographs, in cartellone al prestigioso Museum of the City of New York, dal tre maggio al ventotto ottobre (1220 Fifth Avenue, all’altezza della 103rd street; tutti i giorni, dalle 10,00 alle 18,00). Al pari della mostra, la monografia è curata da Luc Sante, figura di spicco e prestigio dell’approfondimento fotografico statunitense; oltre sue numerose curatele precedenti, tutte di alto profilo -tra le quali, ci preme ricordare Evidence, del 1992, sulla fotografia della scena del crimine all’inizio del Novecento, e Camera Obscura, primo folgorante approfondimento della progettualità fotografica di Abelardo Morell [FOTOgraphia, luglio 2006]-, segnaliamo che insegna scrittura e storia della fotografia al Bard College, di Annandaleon-Hudson, New York, ed è collaboratore assiduo del prestigioso periodico New York Review of Books. Ancora, Luc Sante ha ricevuto l’Infinity Award 2010 per

la scrittura, assegnato dall’International Center of Photography (Icp), di New York. Quindi, non vanno sottovalutati i due formidabili e accreditati editor (non editori!) del libro: Sean Corcoran, Curator of Prints and Photographs del Museum of the City of New York, già Assistant Curator of Photographs alla George Eastman House, e Donald Albrecht, Curator of Architecture and Design allo stesso Museum of the City of New York, presso il quale è allestita la mostra oggi e qui considerata e commentata. In ottima cadenza redazionale (forma per il contenuto), Stanley Kubrick Photographs. Through a Different Lens declina con accento librario la vicenda sintetizzata e presentata dalla mostra newyorkese di fotografie originarie. In breve, ma mai in fretta. Nel 1945, Stanley Kubrick (1928-1999) aveva appena diciassette anni, quando vendette la sua prima fotografia al settimanale statunitense Look Magazine, che subito lo arruolò nel proprio staff fotografico. Nativo del Bronx, fu indirizzato verso reportage a sfondo uma-

A integrazione delle macchine fotografiche di Stanley Kubrick, presentate, commentate e contestualizzate lo scorso aprile, un ulteriore autoritratto allo specchio del celebre regista (non ancora tale), del 1949, nei suoi anni fotografici a Look, con Leica III.

Dal reportage Life and Love on the New York City Subway (Vita e amore sulla metropolitana di New York City), del 1947.

Dal servizio Park Benches: Love is Everywhere (Panchine: l’amore è ovunque), del 1946.

29


CITY OF NEW YORK (2) OF THE

© SK FILM ARCHIVES / MUSEUM

Dal servizio Shoeshine Boy (Lustrascarpe), del 1947.

30

nista, sull’onda lunga di una tradizione statunitense radicata indietro nei decenni; soprattutto, venne orientato verso il racconto della vita a New York, osservata attraverso l’esistenza quotidiana dei propri abitanti. Con passo fotografico, anticipatorio della successiva trasmigrazione al cinema, Stanley Kubrick rivelò presto una visione appassionata ed evocativa, che oggi -con il senno di poi e con la conoscenza del suo intero percorso espressivo e creativo (nel cinema)- possiamo addirittura leggere e interpretare come preavviso di un genio creativo in rapida crescita. Avvincenti e convincenti sono le sue storie di tutti i giorni, che spaziano dai clienti di una lavanderia a gettoni a una giornata nella vita di una debuttante, da un viaggio al circo all’elite degli studenti della Columbia University. Da qui e da tutto questo arriva l’attuale selezione di trecento immagini, complete di relative e rispettive messa in pagina giornalistica (centoventi in monografia, molte delle quali inedite). Insomma, e per sottolineare ancora una genesi... la genesi, queste fotografie testimoniano l’innato ta-

lento di Stanley Kubrick per la narrazione avvincente e servono da indicatori di come il suo genio si è poi manifestato con film considerati tra i più significativi, notevoli e rilevanti dell’intera storia del cinema.

OVVIAMENTE... REGISTA A questo proposito, fatto salvo che si tratta di decidere da noi quale sia la cronologia storica, qualsivoglia cronologia storica, dobbiamo registrare che, dopo centoventinove servizi e dodicimila negativi, Stanley Kubrick lasciò Look, per il cinema, nel 1950, all’indomani di un confortevole apprezzamento di suoi primi cortometraggi. L’ufficialità indica in Paura e desiderio (Fear and Desire), del 1953, il suo primo lungometraggio. Film introvabile, si dice per volontà dello stesso regista, decenni dopo, in età matura, fu definito dall’autore «tentativo serio, realizzato in modo maldestro»; altrettanto primordiale è Il bacio dell’assassino (Killer’s Kiss ), del 1955. Invece, c’è pieno accordo nello storicizzare come primo autentico film di Stanley Kubrick l’ottimo e ap-


passionante Rapina a mano armata (The Killing ), del successivo 1956, realizzato per la United Artist dalla piccola società fondata con il produttore James B. Harris, che certifica l’approdo a una dimensione autenticamente professionale. Soggetto del film sono una rapina a un ippodromo -per l’appunto- e le relative conseguenze; il ritmo narrativo si basa su immagini documentaristiche realizzate con una struttura cinematografica che si muove avanti e indietro nel tempo, invertendo e modificando l’ordine cronologico degli eventi, fino a mostrare uno stesso accadimento osservato e presentato da diversi punti di vista (se vogliamo, struttura ripresa dal regista Quentin Tarantino per i suoi film-cult Le iene / Reservoir Dogs, del 1992, e Pulp Fiction, del 1994). A seguire, in successione cadenzata e prolifica (in suggestiva qualità, più che in sterile quantità): Orizzonti di gloria (Paths of Glory ), 1957; Spartacus, 1960; Lolita, 1962; Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (Dr.

Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb), 1964; 2001: Odissea nello spazio (2001: A Space Odyssey ), 1968 [FOTOgraphia, dicembre 2014 e novembre 2015]; Arancia meccanica (A Clockwork Orange), 1971; Barry Lyndon, 1975; Shining (The Shining ), 1980; Full Metal Jacket, 1987; Eyes Wide Shut, 1999 [FOTOgraphia, dicembre 1999]. Infine... che regista è stato Stanley Kubrick, del quale oggi e qui osserviamo (invece) la parabola fotografia originaria? Da e con Piero Raffaelli, in FOTOgraphia, dell’aprile 2004: «Il nome “Kubrick”, che suonava misterioso e kafkiano quasi come “Kafka”, è apparso dieci volte [da Orizzonti di gloria / Paths of Glory ], in quarant’anni, nei titoli di testa di dieci film così innovatori, unici e diversi tra loro da far dubitare che indicasse una persona vera. I cinefili, ovviamente, sapevano, ma il grande pubblico poteva immaginare ci fossero autori diversi dietro [...]». Comunque, e in conclusione, torniamo alla fotografia che ha preceduto il suo cinema. ❖

Dal servizio Shoeshine Boy (Lustrascarpe), del 1947.

31



Come tradizione, da ventotto anni, dal 1991 di origine, l’autorevole associazione di categoria Technical Image Press Association (TIPA), che attualmente riunisce trenta riviste di fotografia e imaging, leader nel mondo, ha indicato i prodotti tecnico-commerciali che si sono distinti nelle proprie rispettive categorie: quaranta riconoscimenti che stabiliscono lo stato dell’arte della tecnologia dei nostri giorni. Come ha sottolineato un apposito annuncio pubblicitario (che tale è stato solo in parte... è stato più informativo, che altro), «I TIPA Awards vengono assegnati in base a qualità, prestazioni e valore, tanto da farne i premi indipendenti della fotografia e dell’imaging dei quali potersi fidare». Ecco qui, i premi del corrente 2018

IL MEGLIO DEL MERCATO di Antonio Bordoni

P

robabilmente (molto probabilmente? poco probabilmente?... conta nulla), l’attuale edizione 2018 degli ambìti, prestigiosi e autorevoli TIPA Awards dovrebbe (potrebbe) rappresentare un punto di arrivo, in preparazione di una svolta che potrebbe manifestarsi, da qui a un anno, in occasione della prossima edizione 2019. Nella continua e costante trasformazione delle indicazioni, nate in tempi -ormai antichi- di fotografia chimica, con accompagnamento di apparecchi meccanici, per mantenere la quantità di quaranta premi, di quaranta segnalazioni tecnologiche di eccellenza (anche commerciale), l’odierna scomposizione del mercato ha scandito passi che, alla fine, sono diventati (perfino) inquietanti: quantomeno alla luce di eccessive prossimità tecniche tra categorie (ormai prossime, ormai analoghe) che avrebbero voluto essere ben separate e distinte. Comunque sia, senza dare troppo credito a quanto appena an-

notato, sulla cui sostanza stiamo per tornare, rimane e si conferma un requisito assoluto e inderogabile: i TIPA Awards, assegnati da una selettiva e competente giuria, formata da direttori e redattori di trenta riviste fotografiche del mondo (elenco a pagina 39), tra le quali anche la nostra testata, sono a tutti gli effetti i più ambìti e qualificati e prestigiosi premi alla tecnologia fotografica nella propria attualità temporale. In trasversalità di tesi, ma nella concretezza di valori, l’insieme dei singoli TIPA Awards, come anche ogni loro consistente personalità individuale, identifica componenti essenziali e discriminanti dell’attuale panorama tecnico-commerciale della fotografia. Di fatto, e ufficialmente, i TIPA Awards accertano i migliori prodotti fotografici, tra quanti sono arrivati sul mercato nell’arco dell’ultimo anno. Allo stesso momento, andando oltre la sola elencazione dei TIPA Awards, che pure ha senso e significato [in doppio elenco, per premi assegnati e case produttrici, a pagina 34], si ricava un autentico specchio dei tempi tecnologici della fotografia.

33


Per quanto sia legittima, la visione e minuta moltiplicazione e scomposizione delle categorie (come appena annotato, da anni assestate sulla quantità di quaranta) sta a certificare, non solo suggerire, la radicale trasformazione della gestione fotografica individuale, sia professionale sia non professionale, che oggi si allarga a tutto il processo nel proprio insieme, più e diversamente di quanto non sia mai successo con la consecuzione della pellicola fotosensibile, relativo trattamento e strumenti conseguenti. Dunque, al di là di qualsivoglia filosofia di fondo, sollecitata proprio da momenti particolari e caratteristici, la qualificata e autorevole sintesi dei TIPA Awards rappresenta un concentrato momento focale della tecnologia fotografica attuale e futuribile. Per propria natura e personalità professionale, i direttori e redattori delle riviste fotografiche internazionali/planetarie che compongono la qualificata e autorevole Technical Image Press Asso-

ciation (TIPA) sono -allo stesso momento- al vertice e alla coda del mercato. Nel medesimo ordine: al vertice, quando e per quanto debbono intuire le evoluzioni tecnologiche in divenire; alla coda, quando e per quanto registrano, annotandole e motivandole, le personalità del mercato. Comunque questo si esprima. Dunque, per conseguenza, i qualificati e autorevoli TIPA Awards sono frutto di una competente analisi complessiva del mercato fotografico. Alla resa dei conti, la combinazione di riviste fotografiche tra loro diverse ed eterogenee, sia per intendimento e finalità, sia per osservazione geografica del mercato (quattordici nazioni, in quattro continenti, non più cinque, dopo la cessazione della sudafricana PiX Magazine), rappresenta una adeguata media planetaria. Ciascuna rivista è portavoce di propri punti di vista e osservazioni nazionali, oltre che di realtà commerciali determinate (continua a pagina 39)

TIPA AWARDS 2018: BEST... QUARANTA VOLTE (PER DUE)

DSLR Enthusiast ........................................................... Canon Eos 200D APS-C DSLR Expert ........................................................... Nikon D7500 Full Frame DSLR Expert ................................... Canon Eos 6D Mark II DSLR Professional ................................................................ Nikon D850 DSLR Wide Angle Zoom Lens ..................... Sigma 14-24mm f/2,8 DG HSM - Art DSLR Standard Zoom Lens .......................... Sigma 24-70mm f/2,8 DG OS HSM - Art DSLR Telephoto Zoom Lens ....... Tamron 70-210mm f/4 Di VC USD DSLR Superzoom Lens ..................... Tamron 18-400mm f/3,5-6,3 Di II VC HLD DSLR Prime Lens .............................. Canon EF 85mm f/1,4L IS USM Professional Lens ........................... AF-S Nikkor 180-400mm f/4E TC1,4 FL ED VR Mirrorless CSC Enthusiast ............................................ Canon Eos M50 Mirrorless CSC Expert .......................................... Panasonic Lumix G9 Mirrorless CSC Expert Full Frame ....................................... Sony α7 III Mirrorless CSC Professional High Res .............................. Sony α7R III Mirrorless CSC Professional High Speed ................................. Sony α9 CSC Standard Zoom Lens ................................ Sony FE 24-105mm f/4 G OSS CSC Telephoto Zoom Lens ............................. Sony FE 100-400mm f/4,5-5,6 GM OSS CSC Prime Lens ...................................... Samyang AF 35mm f/2,8 FE Expert Compact Camera ................................ Panasonic Lumix TZ200 Superzoom Camera .......................................................... Sony RX10 IV Professional Compact Camera ....... Canon PowerShot G1 X Mark III Rugged Camera .................................................... Nikon Coolpix W300 Professional Photo/Video Camera .......... Panasonic Lumix DC-GH5S Photo Printer ............................................... Epson Expression Photo HD XP-15000 Inkjet Photo Paper .................. Hahnemühle Photo Gloss Baryta 320 Imaging Software ............................................................. DxO PhotoLab Camera Accessory ........................................... Manfrotto Camera Cage Imaging Storage Solution ............ WD G-Drive mobile SSD R-Series Professional Flash System ............................. Elinchrom ELB 500 TTL Portable Flash ...................................................................... Nissin MG10 Tripod ................................................ Vanguard Alta Pro 2+ 263CGHT Tripod Head ...................................... Manfrotto 494 Center Ball Head Photo Monitor ............................................................. LG 34WK95U-W Photo Smartphone ........................................................ Huawei P20 Pro Camera Drone .................................................................... DJI Mavic Air 360° Camera .......................................................... Samsung 360 Round Photo Print Service .......................................... Cewe PhotoBook Cover Photo Bag .......................................................... Vanguard Alta Fly 55T Photo Innovation ....................................... Canon Speedlite 470EX-AI Design ....................................... Fujifilm Instax Square SQ 10 System

34

Canon Eos 6D Mark II ................................ Full Frame DSLR Expert Canon Eos 200D ....................................................... DSLR Enthusiast Canon EF 85mm f/1,4L IS USM ............................ DSLR Prime Lens Canon Eos M50 ......................................... Mirrorless CSC Enthusiast Canon PowerShot G1 X Mark III ...... Professional Compact Camera Canon Speedlite 470EX-AI .................................... Photo Innovation Cewe PhotoBook Cover ....................................... Photo Print Service DJI Mavic Air ............................................................... Camera Drone DxO PhotoLab ........................................................ Imaging Software Elinchrom ELB 500 TTL ........................... Professional Flash System Epson Expression Photo HD XP-15000 ............................................................ Photo Printer Fujifilm Instax Square SQ 10 System .................................... Design Hahnemühle Photo Gloss Baryta 320 ................. Inkjet Photo Paper Huawei P20 Pro .................................................... Photo Smartphone LG 34WK95U-W ......................................................... Photo Monitor Manfrotto 494 Center Ball Head ................................... Tripod Head Manfrotto Camera Cage ........................................ Camera Accessory Nikon D850 ........................................................... DSLR Professional Nikon D7500 ...................................................... APS-C DSLR Expert AF-S Nikkor 180-400mm f/4E TC1,4 FL ED VR .................................................. Professional Lens Nikon Coolpix W300 ................................................ Rugged Camera Nissin MG10 ................................................................. Portable Flash Panasonic Lumix G9 ....................................... Mirrorless CSC Expert Panasonic Lumix DC-GH5S ......... Professional Photo/Video Camera Panasonic Lumix TZ200 ............................. Expert Compact Camera Samsung 360 Round ...................................................... 360° Camera Samyang AF 35mm f/2,8 FE ................................... CSC Prime Lens Sigma 14-24mm f/2,8 DG HSM - Art ................................. DSLR Wide Angle Zoom Lens Sigma 24-70mm f/2,8 DG OS HSM - Art ............................... DSLR Standard Zoom Lens Sony α7R III ........................... Mirrorless CSC Professional High Res Sony α9 .............................. Mirrorless CSC Professional High Speed Sony α7 III .................................... Mirrorless CSC Expert Full Frame Sony FE 24-105mm f/4 G OSS ............................................... CSC Standard Zoom Lens Sony FE 100-400mm f/4,5-5,6 GM OSS ................................ CSC Telephoto Zoom Lens Sony RX10 IV ...................................................... Superzoom Camera Tamron 70-210mm f/4 Di VC USD ...... DSLR Telephoto Zoom Lens Tamron 18-400mm f/3,5-6,3 Di II VC HLD .............................................. DSLR Superzoom Lens Vanguard Alta Fly 55T ...................................................... Photo Bag Vanguard Alta Pro 2+ 263CGHT ............................................ Tripod WD G-Drive mobile SSD R-Series ........... Imaging Storage Solution


TIPA AWARDS 2018 DJI BEST CAMERA DRONE: DJI MAVIC AIR Viaggiatori e fotografi all’aria aperta hanno bisogno di un drone impacchettabile e trasportabile, che consenta loro di realizzare video entusiasmanti delle proprie escursioni, senza dover trasportare attrezzature pesanti e ingombranti. Il drone DJI Mavic Air pesa solo quattrocentotrenta grammi (430g), e ha estensioni pieghevoli ed eliche che si appoggiano a filo sul suo telaio sottile, rendendolo paragonabile alle dimensioni di uno smartphone. I nuovi algoritmi HDR producono fotogrammi ad alta gamma dinamica da dodici Megapixel; i video 4K / 30p, a 100Mbps, così come i video slow motion, a 1080p, sono registrati sulla memoria interna da 8GB e salvati su una scheda Micro SD. Un’altra novità è una funzione panoramica Sphere, che accosta e unisce immagini, per creare “panoramiche” da trentadue Megapixel.

TIPA AWARDS 2018 FUJIFILM BEST DESIGN: FUJIFILM INSTAX SQUARE SQ 10 SYSTEM Il TIPA Best Design Award viene assegnato a un prodotto che combina la funzionalità di impiego con un concetto di design unico, in un modo esteticamente piacevole [di gusto e garbo ed eleganza]. L’interpretazione “ibrida” del sistema Fujifilm Square SQ 10, che ha origine nella fotografia a sviluppo immediato, si basa sulla genesi “analogica” della discendenza Instax, per offrire una avvincente combinazione di tecnologie di acquisizione digitale e stampa “istantanea”. In configurazioni belle e portatili, con entrambi i pulsanti sinistro e destro, dispone di doppio otturatore con blocco AE / AF, numerose modalità di scatto creative (con Macro) e una ghiera di comando, che può essere utilizzata per avviare operazioni (editing) di modifica, elaborazione e stampa. Le immagini possono essere salvate nella memoria interna dell’apparecchio o su una scheda Micro SD, e inviate a una stampante dedicata, caricata con “film” Instax Square. Il presente, verso il futuribile, con sguardo dal più nobile ed edificante passato.

35


TIPA AWARDS 2018 NIKON BEST APS-C DSLR EXPERT: NIKON D7500 Rivolto espressamente ai fotografi che vogliono approfittare della gamma completa di obiettivi e esperienza imaging di Nikon, a un costo/prezzo medio, il formato DX da 20,9 Megapixel offre una percezione di controllo su numerosi parametri, con opzioni concepite per combinare sia le esigenze professionali, sia quelle non professionali. La reflex offre ottime prestazioni anche in condizioni di scarsa illuminazione, un’eccellente durata della batteria e un display LCD touchscreen inclinabile da 3,2 pollici. Le opzioni per la regolazione della sensibilità spaziano da 100 Iso a 51.200 Iso, in combinazione con una velocità massima di otturazione di 1/8000 di secondo, con una frequenza di otto fotogrammi al secondo a piena risoluzione. Ulteriori e numerose prelazioni avanzate consentono di esplorare appieno la creatività fotografica.

BEST DSLR PROFESSIONAL: NIKON D850 La Nikon D850 presenta e offre elementi tecnici di eccellenza, che la rendono la migliore reflex digitale professionale dell’anno. Con il suo sensore Cmos Bis da 45,7 Megapixel e il processore Expeed 5, può acquisire fino a nove fotogrammi al secondo (utilizzando il pacco batteria multi-alimentazione MB-D18 opzionale, con la batteria EN-EL18B, impiegata nella Nikon D5), per cinquantuno scatti consecutivi in formato grezzo Nef, a 14 bit. La messa a fuoco è rapida, con novantanove sensori a croce e un processore AF dedicato, in grado di acquisire immagini in luce bassa, fino a -4EV. Il corpo macchina è realizzato in robusta lega di magnesio e materiali in fibra di carbonio, con resistenza a polvere e gocce d’acqua. L’autonomia della batteria gestisce fino a milleottocentoquaranta fotografie a piena risoluzione (1840), oppure settanta minuti di video 4K UHD con una singola carica.

BEST RUGGED CAMERA: NIKON COOLPIX W300 I fotografi energici, che frequentano l’avventura all’aria aperta, possono portare con sé la Nikon Coolpix W300, sapendo che è in grado di affrontare e gestire qualsiasi situazione ambientale. Impermeabile fino a trenta metri, per circa sessanta minuti, a prova di congelamento fino a -10°C, resistente agli urti e alla polvere, offre video 4K e fotografie da sedici Megapixel, oltre a registrazioni programmate time-lapse. Le opzioni di ripresa sono amplificate con uno zoom ottico 5x, dotato di riduzione Nikon delle vibrazioni; mentre i video 4K UHD offrono una registrazione audio stereo; quindi, tutte le operazioni possono essere condivise tramite Bluetooth e Wi-Fi integrato, attraverso l’app SnapBridge. La Nikon Coolpix W300 è anche compagna di viaggio utile e proficua: grazie al rilevatore GPS incorporato, l’eCompass (bussola elettronica compensata inclinata, che utilizza un accelerometro e un magnetometro), un altimetro, un misuratore di profondità e -perfino- un manometro atmosferico. BEST PROFESSIONAL LENS: AF-S NIKKOR 180-400mm f/4E TC1,4 FL ED VR Zoom tutto tele con moltiplicatore Teleconverter 1,4x integrato, con funzione VR di stabilità fino a quattro stop di riduzione delle vibrazioni, impermeabilità avanzata a polvere e umidità e messa a fuoco interna. Ancora: possibilità di approdare confortevolmente a una lunghezza focale eccezionalmente ampia (da 400mm a 560mm -con moltiplicazione 1,4x-, equivalente a 840mm con sensori DX), con selettore di escursione. Principalmente indirizzato alla fotografia di sport,

36

d’azione, natura e fauna selvatica, può contare anche sull’integrazione del Teleconverter, che garantisce acquisizioni di alta qualità formale, trasmissione performante della luce e massima qualità sull’intera area del sensore, fino ai suoi bordi estremi. Con reflex Nikon di fascia alta, quale è la D850 [Best DSLR Professional, agli attuali TIPA Awards 2018], le aree esterne della proiezione possono essere finalizzate come sensori a croce, per un miglioramento delle velocità e qualità di acquisizione.


TIPA AWARDS 2018 PANASONIC BEST MIRRORLESS CSC EXPERT: PANASONIC LUMIX G9 La Lumix G9 offre una alta qualità formale di acquisizione, combinata a un sorprendente frame rate. Grazie alla funzione proprietaria DFD-AF, capace di un accomodamento di messa a fuoco in soli 0,04 secondi, la Mirrorless approda a sessanta fotogrammi al secondo, sia in registrazione compressa Jpeg, sia in formato grezzo Raw. Altrettanto esclusivo è il sistema incorporato di stabilizzazione: compensa fino a 6,5 stop e offre una modalità ad alta risoluzione, che consente riprese fotografiche da ottanta Megapixel tramite la tecnologia di accomodamento/spostamento del sensore. Immagini nitide e ricche di gradazioni sono composte su un display inclinabile da tre pollici o traguardando dall’efficace mirino Oled ultra nitido. Tutto questo definisce una dotazione fotografica di alta classe.

BEST PROFESSIONAL PHOTO/VIDEO CAMERA: PANASONIC LUMIX DC-GH5S La Lumix DC-GH5S è in grado di gestire entrambe le estremità dello spettro di acquisizione, sia in modalità fotografica sia in ripresa video, per la quale sono peraltro declinate una quantità e qualità di funzioni operative mirate. È stata finalizzata la massima sensibilità tra le famiglie Lumix, in modo da affrontare e risolvere ogni condizione di illuminazione. Il sensore Mos, da 10,2 Megapixel, utilizza la Dual Native ISO Technology, per leggere anche nelle aree più scure, consentendo un’acquisizione a sensibilità Iso elevate. Numerose opzioni di registrazione video, tra le quali 4K / 60p e Full HD / 200Mbps. Per la fotografia, la Lumix DC-GH5S offre acquisizioni grezze Raw a 14 bit a undici fotogrammi al secondo (dodici fotogrammi al secondo a 12 bit). Il doppio slot per schede di memoria semplifica e facilita la gestione di un intenso flusso di dati, con numerose connessioni di output, per spostare i file archiviati nelle fasi di editing.

BEST EXPERT COMPACT CAMERA: PANASONIC LUMIX TZ200 Una delle più efficaci dotazioni fotografiche per professionisti e non professionisti di alto profilo è una compatta tascabile, che presenta e offre un’ampia gamma di funzioni e una eccellente qualità di immagine: tutte qualità della Lumix TZ200. Il sensore Mos da un pollice, con 20,1 Megapixel di risoluzione, ad alta sensibilità, può essere regolato fino a 12.800 Iso (poi estensibili fino a 25.600 Iso), il che lo rende un ottimo dispositivo a bassa luminosità. Lo zoom Leica DC integrato copre l’ampia escursione grandangolare-tele 24-360mm, con capacità di messa a fuoco ravvicinata (Macro) da soli tre centimetri, sempre con stabilizzazione integrata su cinque assi. A completare l’insieme di funzioni mirate, la TZ200 offre la ripresa video 4K / 30p e la registrazione fotografica in formato grezzo Raw e compresso Jpeg; un brillante mirino Live View offre una osservazione eccellente, anche in piena luce.

TIPA AWARDS 2018 SAMYANG BEST CSC PRIME LENS: SAMYANG AF 35mm f/2,8 FE Progettato per le Mirrorless Sony Full Frame, il moderato e apprezzato grandangolare (standard!?, secondo tradizioni fotografiche radicate indietro negli anni, quanto presenti e proiettate in avanti) Samyang AF 35mm f/2,8 FE è compatto e leggero... e caratterizzato da una elevata nitidezza in acquisizione e registrazione digitale di immagini. L’obiettivo pancake è lungo poco più di tre centimetri (3,3cm) e pesa soltanto 85g. Per ridurre al minimo l’aberrazione e la dispersione di luce non necessaria, il suo efficace disegno ottico di sette elementi divisi in sei gruppi comprende due lenti asferiche e una lente rifrattiva Ultra Multi Coating (UMC), tecnologia proprietaria Samyang Optics: interpretazione ottica finalizzata alla massima qualità della fotografia dei nostri giorni, che fa tesoro (e bandiera) di lezioni che hanno definito l’esercizio della fotografia per stagioni e stagioni, capaci di essere ancora oggi efficaci, ancora oggi inderogabili di fronte a quella perfezione formale (senza tempo) che sta alla base della creatività espressiva. Le sette lamelle arrotondate del diaframma contribuiscono a un’eccellente prestazione ottica: a un prezzo più che ragionevole!

37


TIPA AWARDS 2018 SIGMA BEST DSLR STANDARD ZOOM LENS: SIGMA 24-70mm f/2,8 DG OS HSM - ART Molti fotografi considerano l’escursione di lunghezze focali da 24mm a 70mm standard per un’ampia varietà di soggetti e scenari possibili, tra i quali spiccano le applicazioni nel reportage, nella street photography, in viaggio e le escursioni verso la fotografia di natura e paesaggio. L’eccellente zoom Sigma 24-70mm f/2,8 DG OS HSM - Art offre molti vantaggi: una confortevole messa fuoco minima da 37cm, un’apertura di diaframma costante lungo tutta la variazione focale, un sistema di stabilizzazione ottica e straordinario effetto bokeh, grazie alle nove lamelle arrotondate. Lo zoom è agevolmente resistente a polvere e spruzzi, e incorpora un motore ipersonico di nuova concezione (HSM), per un accomodamento AF rapido e regolare. Si registra anche il più recente controllo dell’apertura elettromagnetica del diaframma, in configurazione Nikon, e la compatibilità con la funzione proprietaria Lens Aberration Correction, in configurazione Canon.

BEST DSLR WIDE ANGLE ZOOM LENS: SIGMA 14-24mm f/2,8 DG HSM - ART Utilizzabile su reflex Canon, Nikon e Sigma, e compatibile con il convertitore E-mount MC-11 per Sony, lo zoom Sigma 14-24mm f/2,8 DG HSM - Art offre un alto livello di nitidezza, combinata con una distorsione quasi nulla, insieme con un efficace autofocus ad alta velocità, che assolve perfettamente le attuali alte risoluzioni in acquisizione digitale di immagini. Il suo disegno ottico comprende tre elementi in vetro FLD (“F” Low Dispersion), tre in vetro SLD (Special Low Dispersion) e tre lenti asferiche, compreso un elemento asferico in vetro stampato ad alta precisione. Ha una montatura caratteristica e singolare, per la protezione da polvere e spruzzi. Di progettazione rinnovata, la configurazione Nikon presenta un efficace diaframma elettromagnetico; mentre quella per reflex Canon è compatibile con la funzione proprietaria Lens Aberration Correction.

TIPA AWARDS 2018 ELINCHROM BEST PROFESSIONAL FLASH SYSTEM: ELINCHROM ELB 500 TTL Al giorno d’oggi, in studio e/o location, i fotografi professionisti necessitano di soluzioni di illuminazione flessibili e veloci, che, allo stesso tempo, offrano una gamma completa di opzioni di illuminazione in pacchetti altamente portatili. Qualificato da prestazioni di alto livello, l’efficace Elinchrom ELB 500 TTL propone impostazioni TTL o manuali, sincronizzazione ad alta velocità (HSS), fino a 1/8000 di secondo, e compatibilità con Skyport. La versatilità si estende all’alimentazione, che può essere prelevata dalla corrente elettrica di rete, per le sessioni in studio (“Active Charging”), oppure tramite batteria ricaricabile, in situazioni esterne (location). Sono disponibili numerose opzioni di illuminazione relative alle teste flash a distribuzione asimmetrica, con tempi di emissione lampo brevi (fino a 1/20.000 di secondo) e normali (1/3400 di secondo), con tempi rapidi di ricarica.

38


(continua da pagina 34) da particolari equilibri geografici e sociali; quindi, nel proprio insieme, la valutazione TIPA esprime sempre e comunque la più concreta e realistica essenza del mercato fotografico mondiale.

TIPA AWARDS 2018 Da capo, in ripresa di concetto. Lo svolgimento dei TIPA Awards 2018 dovrebbe rappresentare un punto di arrivo, in preparazione di una svolta che potrebbe manifestarsi, da qui a un anno, in occasione della prossima edizione 2019. Infatti, la rapidità dell’evoluzione tecnologia in era digitale è tanta e tale da far affiorare sistematicamente nuove interpretazioni dei capitolati fondamentali della ripresa fotografica... da cui, e in conseguenza dei quali, sarà giocoforza concentrare le attenzioni della qualificata giuria in maniera sempre più soddisfacente e meglio aderente alla realtà tecnico-commerciale.

In cronaca, la cadenza dei quaranta autorevoli e ambìti TIPA Awards 2018 segnala il passo di ben sedici apparecchi fotografici (sistema a sviluppo immediato Fujifilm Instax Square SQ 10 legittimamente compreso), che diventano diciassette, se e quando -come è doveroso fare- si considerano anche le funzioni fotografiche dello smartphone Huawei P20 Pro, qui presente proprio e soltanto per queste (Best Photo Smartphone); e diventano diciotto con il Camera Drone (DJI Mavic Air). Sedici/diciassette/diciotto apparecchi fotografici in eccellenza di giudizio sono tanti, soprattutto in relazione alla consistente flessione di vendite, di riscontro commerciale? Forse sì, forse no. Anzi, detta meglio, sicuramente sì, sicuramente no. In effetti, dipende dal punto di vista e dalla prospettiva di osservazione: “tanto” e “poco” significano nulla, se non si contestualizzano i concetti di fondo. Quindi, l’apparente abbondanza quantitativa va misurata con il dettaglio delle considerazioni affrontate e -ne siamo certi- risolte.

TIPA GENERAL ASSEMBLY 2016 (SAN FRANCISCO, USA)

TECHNICAL IMAGE PRESS ASSOCIATION (30 - 14 - 4)

Fortemente voluta da Juan Varela, allora editore e direttore del mensile spagnolo FV / Foto-Video Actualidad, e subito sostenuta da altri giornalisti europei (tra i quali, sopra tutti, Giulio Forti, editore e direttore di Fotografia Reflex, che -purtroppo- ha cessato le proprie pubblicazioni nell’autunno 2016), TIPA è un’associazione internazionale di riviste di fotografia nata nel 1991 (per ovvi motivi di avvio, FOTOgraphia ne fa parte dal 1995). Per un lungo periodo, la Technical Image Press Association ha riunito riviste europee; da qualche stagione, i confini si sono allargati a tutto il mondo: e attualmente sono comprese riviste in rappresentanza di quattro continenti (con adesione del Camera Journal Press Club of Japan). Istituzionalmente, oltre proprie vicende interne, che risolvono e assolvono la sistematica informazione e formazione dei membri, ogni anno, TIPA - Technical Image Press Association assegna i propri prestigiosi, ambìti e autorevoli TIPA Awards (Premi TIPA), conferiti ai migliori prodotti fotografici dell’anno in corso. Torniamo alle origini. A specifica domanda, «Come avete stabilito, in anni lontani, di creare una associazione di riviste fotografiche?», il fondatore Juan Varela, che ne è stato presidente fino al 2008, è stato esplicito: «Durante la Photokina 1990, ci sono stati incontri tra redattori e editori interessati a fondare una efficace associazione di riviste di fotografia. Con colleghi francesi, tedeschi, italiani, olandesi, svedesi e inglesi ci siamo accordati sui princìpi fondamentali della costituente TIPA - Technical Image Press Association: associazione indipendente tra riviste fotografiche europee [ora, mondiali] senza scopo di lucro, che avrebbe investito l’eventuale reddito per promuovere la fotografia e i suoi valori e si sarebbe impegnata nell’indicazione dei migliori prodotti presentati sul mercato». In sostanzioso aggiornamento temporale, gli ha fatto eco Thomas Gerwers, editore e direttore del prestigioso mensile tedesco ProfiFoto, attuale presidente TIPA: «I premi annuali che assegniamo sono di efficace orientamento ai consumatori. Ogni TIPA Award indica l’eccellenza di un prodotto nel proprio comparto

tecnico-commerciale. Allo stesso momento, è gratificante sia per noi che lo assegniamo, sia per l’azienda che lo riceve. L’innovazione tecnologica è inarrestabile; in questo senso, quanto sottolineato dai nostri premi è assolutamente aderente alla realtà mercantile della fotografia. A conseguenza, e con orgoglio, possiamo affermare che la reputazione dei logotipi dei TIPA Awards si basa sull’integrità delle nostre considerazioni... indipendenti». Quindi, a conseguenza diretta, quella TIPA è una storia che si è svolta in parallelo a quella del mercato fotografico di riferimento esplicito e dichiarato. Anche attraverso l’assegnazione dei propri ambìti TIPA Awards, ma non solo attraverso questi, l’autorevole associazione ha messo in clamoroso risalto la propria capacità di affrontare con realismo il mercato della fotografia, comunque questo appaia e si evolva. In attualità, anche di intenti, la Technical Image Press Association (TIPA) è formata da trenta riviste planetarie di fotografia, di quattordici paesi, in quattro continenti; in rigoroso alfabetico, per nazioni: Camera (Australia); Fhox (Brasile); Photo Life e Photo Solution (Canada); Chinese Photography e Popular Photography (Cina); Fisheye e Réponses Photo (Francia); digit!, Foto Hits Magazin, Inpho Imaging & Business, Photo Presse, Photographie e ProfiFoto (Germania); Photobusiness e Photographos (Grecia), Better Photography (India); Photography News, Practical Photography e Professional Photo (Inghilterra); Foto Cult e FOTOgraphia (Italia); Fotografie F+D e Pf - Professionele Fotografie (Olanda); FV / Foto Video Actualidad (Spagna); Digitális Fotó Magazin (Ungheria); Luminous Landscape, Photo District News, Rangefinder e Shutterbug (Usa). Dal totale delle trenta riviste, diciotto si rivolgono alla fotografia non professionale, dieci alla fotografia professionale e due al trade (commercio). In questo stesso ordine. ❯ Riviste di fotografia non professionale: Better Photography (India), Camera (Australia), Digitális Fotó Magazin (Ungheria), Fisheye (Francia), Foto Cult (Italia), Foto Hits Magazin (Germania), Fotografie F+D (Olanda), FV / Foto Video Actualidad (Spagna), Luminous Landscape (Usa), Photo Life (Canada), Photo Solution (Canada), Photographie (Germania), Photographos (Grecia), Photography News (Inghilterra), Practical Photography (Inghilterra), Réponses Photo (Francia), Shutterbug (Usa) e Popular Photography (Cina). ❯ Riviste di fotografia professionale: Chinese Photography (Cina), digit! (Germania), Fhox (Brasile), FOTOgraphia (Italia), Pf - Professionele Fotografie (Olanda), Photobusiness (Grecia), Photo District News (Usa), Professional Photo (Inghilterra), ProfiFoto (Germania) e Rangefinder (Usa). ❯ Riviste di commercio fotografico (trade): Inpho Imaging & Business (Germania) e Photo Presse (Germania).

39


Da cui, la cadenza modulata di richiami e riferimenti tecnici dei quali tenere assolutamente conto, e attribuiamo dalla cadenza originaria ufficiale dei TIPA Awards 2018 (il cui elenco completo, scandito anche in alfabetico di case produttrici, è visualizzato a pagina 34; con traduzione in “Reflex” dell’acronimo originario “DSLR / Digital Single Lens Reflex”): Reflex Enthusiast / Entusiasta/Appassionato (Canon Eos 200D), Reflex APS-C Expert (Nikon D7500), Reflex Full Frame / Pieno formato Expert (Canon Eos 6D Mark II), Reflex Professional (Nikon D850), Mirrorless CSC / Compact System Camera Enthusiast (Canon Eos M50), Mirrorless CSC Expert (Panasonic Lumix G9), Mirrorless CSC Expert Full Frame (Sony α7 III), Mirrorless CSC Professional High Res / Alta Risoluzione (Sony α7R III), Mirrorless CSC Professional High Speed / Alta Velocità (Sony α9), Expert Compact Camera (Panasonic Lumix TZ200), Superzoom Camera (Sony RX10 IV), Professional Compact Camera (Canon PowerShot G1 X Mark III), Rugged Camera / Robusta/Energica/Vigorosa (Nikon Coolpix W300), Professional Photo/Video Camera (Panasonic Lumix DC-GH5S), 360° Camera (Samsung 360 Round) e Design (Fujifilm Instax Square SQ 10 System); quindi, ancora, e in conferma, Photo Smartphone (Huawei P20 Pro) e Camera Drone (DJI Mavic Air). In allineamento e complemento agli apparecchi fotografici, quantomeno a quelli a obiettivi intercambiabili, sia tradizionalmente reflex sia in configurazione Mirrorless / CSC, certifichiamo nove obiettivi in apposite categorie degli attuali TIPA Awards 2018 (ancora dalla cadenza originaria ufficiale): Wide Angle Zoom Lens / Zoom grandangolare per reflex (Sigma 14-24mm f/2,8 DG HSM - Art), Standard Zoom Lens / Zoom standard per reflex (Sigma 24-70mm f/2,8 DG OS HSM - Art), Telephoto Zoom Lens / Telezoom per reflex (Tamron 70-210mm f/4 Di VC USD), Superzoom Lens / Su-

perzoom per reflex (Tamron 18-400mm f/3,5-6,3 Di II VC HLD), Prime Lens / obiettivo principale (?) per reflex (Canon EF 85mm f/1,4L IS USM), Professional Lens (AF-S Nikkor 180-400mm f/4E TC1,4 FL ED VR), CSC Standard Zoom Lens / Zoom standard per Mirrorless (Sony FE 24-105mm f/4 G OSS), CSC Telephoto Zoom Lens / Telezoom per Mirrorless (Sony FE 100-400mm f/4,5-5,6 GM OSS) e CSC Prime Lens / Obiettivo principale per Mirrorless (Samyang AF 35mm f/2,8 FE). Ancora, e avanti, è altrettanto complementare la luce, l’illuminazione fotografica (complementare dal punto di vista commerciale, sia chiaro; invece, fondamentale nell’esercizio tutto della Fotografia): negli specifici del flash portatile (Nissin MG10, per l’appunto, in propria categoria specifica Portable Flash, e Canon Speedlite 470EX-AI, in quella della Photo Innovation / Innovazione fotografica) e dei sistemi flash professionali (Elinchrom ELB 500 TTL). Il tutto, per stabilire, fino a questo punto, il passo di trenta TIPA Awards. Per gli altri dieci, abbiamo nulla da dire (non vogliamo dire nulla): alcuni ci paiono -da sempre- di curiosa attribuzione e identificazione (accessori, treppiedi, teste per treppiedi, borse e servizi di stampa conto terzi); per altri, non possediamo qualifiche in merito (stampanti e carta, software, monitor). In conclusione d’obbligo, confermiamo una opinione già espressa in precedenti occasioni, per precedenti edizioni delle ambìte e prestigiose aggiudicazioni, che qui ribadiamo: l’insieme dei singoli TIPA Award, come anche le loro personalità individuali, identificano componenti essenziali e discriminanti dell’attuale panorama tecnico-commerciale della fotografia. Allo stesso momento, in trasversalità, andando oltre la sola elencazione, si ricava un autentico specchio dei tempi tecnologici della fotografia. E tanto è! ❖



Occhio discreto di Angelo Galantini

G

QUEI VISITORS

Generalmente, oltre che genericamente, le inaugurazioni di mostre (fotografiche, per quanto ci interessa e, forse, compete) sono frequentate più per diffusa mondanità che per interesse effettivo. Insomma, si incontrano conoscenze e ci si fa vedere, per attestare sia la propria presenza fisica, sia la propria aderenza a una declinazione equilibrata della Società dello spettacolo (immancabilmente con il sagace Pino Bertelli, dall’efficacia di Guy Debord). Poi, nel seguito di date espositive e allestimento scenico, le stesse mostre (ancora fotografiche, per quanto ci interessa e, forse, compete) sono moderatamente frequentate da coloro i quali intendono avvicinare le opere e conoscere autori e percorsi espressivi. Qui, potrebbe starci un punto a capo... se non che... Se non che, ci sono relazioni individuali con inaugurazioni ed esposizioni che comportano addirittura una partecipazione emotiva di altra misura, ovvero superiore. Tra queste, una di fascino e coinvolgimento assoluti è quella che definisce, fino a qualificarla, la personalità dell’attento Alberto Dubini, fotografo non professionista con presenza intensa e adesione incondizionata. In richiamo interno, ricordiamo una sua precedente presenza, su queste stesse pagine, in declinazione analoga, forse addirittura anticipatoria degli attuali Visitors, verso i quali rivolgiamo la nostra attuale attenzione. Nell’ottobre 2013, presentammo, commentandole, sue fotografie realizzate a Milano, alla ricerca, individuazione e certificazione delle affissioni cittadine che, quell’estate, avevano promosso la personale fotografica di Gianni Berengo Gardin, allestita nelle sontuose sale dell’autorevole Palazzo Reale di Milano. Quel suo omaggio all’ampia retrospettiva Storie di un fotografo coincise, allora, con il compleanno del celebre e celebrato autore (dieci ottobre... dal Novecentotrenta). Da cui, in onda lunga, è continuato il suo coinvolgimento fotografico con la fotografia in allestimento scenico. Ancora una considerazione in ulteriore prologo, che registra come e

42

Visitors ripresi in mostre fotografiche milanesi (attenzione: la consistente serie di fotografie a tema di Alberto Dubini comprende, poi, anche allestimenti scenici in esposizioni oltre i confini del capoluogo lombardo, al quale, oggi e qui, limitiamo la nostra osservazione). Soprattutto, in queste visualizzazioni, situazioni... famigliari e dintorni, se così vogliamo dirla. Dallo Spazio Forma, allora in attività, nel gennaio 2014 (qui accanto, in alto), all’allestimento di Gianni Berengo Gardin. Storie di un fotografo, al Palazzo Reale, il 26 agosto 2013 (a destra [ FOTOgraphia, ottobre 2013]), al Pacta - Arsenale dei teatri, il 6 novembre 2015 (qui sotto), all’inaugurazione di Il tempo, la luce, i segni, di Nino Migliori, il 16 ottobre 2017 (pagina accanto, in alto), allo Spazio Farini6, nel 2015 (pagina accanto, in basso).


ALBERTO DUBINI (5)

Occhio discreto quanto Alberto Dubini frequenti le mostre fotografiche con partecipazione intensa (magari ulteriore alle sue sistematiche documentazioni), distinguendosi in questo da quanti/troppi disertano l’approfondimento e avvicinamento di autori, appagati dalla sola propria fotografica. E questo, anche questo, la dice lunga sulla chiarezza del suo atteggiamento, mai autoreferenziale, mai in chiusura, ma sempre rivolto all’apertura e alla conoscenza, giorno dopo giorno, fotografia dopo fotografia. Ora e qui, finalmente!, protocolliamo che un’ampia selezione di immagini che Alberto Dubini ha realizzato all’interno di mostre fotografiche, piuttosto che nei concitati momenti di loro inaugurazione, è stata presentata in una rassegna espositiva a tema: Visitors, nello spazio civico ChiAmaMilano, nella centrale via Laghetto, fino al dodici maggio. Alle pareti, ventiquattro fotografie che ispirano una considerazione sovrastante: quasi un trompe-l’œil... tra le pieghe di mostre fotografiche e loro visitatori. Sicuramente! Quindi, in accompagnamento, una ulteriore raccolta di immagini, impaginate in un apprezzato, gradito e ammirevole catalogo. E qui si registra come, con passo diverso da quello solido e consolidato, ma non certo in sua opposizione, l’attento e interessato (all’argomento) Alberto Dubini ha realizzato questo complemento alla sua selezione Visitors, allestita in mostra, escludendo dalla messa in pagina le fotografie esposte e presentate. Lo ha fatto per due motivi, almeno due, sottolineati in testo introduttivo, dal quale attingiamo a piene mani. Anzitutto, si è adeguato a un pensiero trasversale elaborato anche su combinazioni intime, che possono rivelarsi o non rivelarsi ai propri Visitors... poco importa. Così agendo, Alberto Dubini si è allineato a comportamenti nobili dei tempi antichi (non soltanto vecchi, ma proprio antichi ), quando artisti e artigiani non si concedevano scorciatoie. Lavoravano con attenzione, e curavano ogni aspetto della propria opera. Prendevano in considerazione ogni parte del prodotto, e ciascuna era progettata e realizzata per essere esattamente come avrebbe dovuto. Non allentavano la propria attenta autodisciplina nemmeno riguardo ad aspetti che di norma non sarebbero

43


ALBERTO DUBINI (4)

Occhio discreto

stati visibili. Anche se nessuno si sarebbe mai accorto di tali imperfezioni, dovevano rispondere alla propria coscienza. Così che, riveliamolo, la somma delle ventiquattro immagini presentate in mostra (Visitors di spalle) più le settantasei impaginate approda alla fatidica cifra tonda di cento immagini a passo coerente. In secondo luogo, come appena accennato, la combinazione di Visitors di spalle e Visitors in volto (diciamola così), per lo più durante inau-

44

Ancora Visitors... con accompagnamento d’“autore”, in tempi, spazi e situazioni complementari tra loro. Con un certo ordine -magari soltanto nella nostra mente-, Ferdinando Scianna in visita e osservazione alla mostra Sergio Magni. Il fotografo che insegnava a comunicare, allo Spazio Polifemo, l’11 novembre 2017, a due anni dalla scomparsa del celebre personaggio (1932-2015). Gianni Berengo Gardin alla mostra Milano 1955-2015. Sessant’anni di fotografie (del Circolo Fotografico Milanese), a La Cavallerizza, il 16 aprile 2015. Giovanni Gastel alla mostra Betty Page. Trentadue visioni più una, da My Loft, l’11 dicembre 2013. Maurizio Galimberti al Mia Photo Fair, nel marzo 2017.

gurazioni di mostre fotografiche, definisce e identifica il passo di una partecipazione attiva e coerente di Alberto Dubini, assiduo frequentatore di appuntamenti fotografici. E qui, se ce lo consentiamo, sta l’essenza di una personalità a dir poco straordinaria, che non si esaurisce con la propria fotografia -come troppo spesso accade ad altri-, ma si alimenta di tante e tante sollecitazioni, avvicinate con rispetto e assimilate con costanza e coerenza.

Guardiamole bene queste fotografie. Potranno anche rivelare qualcosa del soggetto seriale affrontato, come effettivamente rivelano. Ma, soprattutto, svelano molto del loro autore, Alberto Dubini: della sua passione fotografica, della sua frequentazione costante della Fotografia, della sua partecipazione in prima persona. Così che, magicamente, i Visitors non sono più cento, ma centouno... Alberto Dubini compreso e incluso nel conteggio. Evviva! ❖


Photo Lighting Solutions

AD200 Pocket Flash

due teste (ash) pensano meglio di una

Godox AD200: flash portatile con due teste luminose, da 200 Ws (Numero Guida 60) Controllo remoto Wireless Radio, con Trigger X1T e Xpro, a 2,4 GHz Porta USB, per aggiornamento del firmware e le impostazioni delle funzioni personalizzate AutoFlash, M / Multi / S1 / S2, FEC, FEB, FE Lock, HSS (1/8000 di secondo) Canon TTL | Fuji TTL | Olympus TTL / Panasonic TTL | Nikon TTL | Sony TTL

Parabola Beauty con griglia

Soft Box multifunzionale

Ombrello riflettente

Gelatine con parabola

Parabola per Ombrello

Braccio estensibile (1,6m)

via Pasteur 4 | 20092 Cinisello Balsamo MI | www.asphot.it | info@asphot.it


(Centro Commerciale Le Vele) via Nausica, 88060 Montepaone Lido CZ • 0967 578608 www.cinesudmegasgtore.com • info@cinesudmegasgtore.com

un negozio di terroni* per terroni** In un paese ed epoca in cui la forma apparente ha sostituito il contenuto, perché non agire per sovvertire questa tragica condizione, per tornare alla parola che sia se stessa, e sia densa di significati propri? Perché non considerare che il rispetto è valore concreto, da frequentare e perseguire? Perché non agire nella convinzione che etica e morale siano ancora qualità e doti, insieme con garbo, eleganza e grazia? Una volta ancora, una volta di più, non certo per l’ultima volta: vogliamo parlarne?

* Terróne (sostantivo maschile / terróna, al femminile). Derivazione da “terra”; probabilmente, tratto da denominazioni di zone meridionali, quali “Terra di Lavoro” (in Campania), “Terra di Bari” e “Terra d’Otranto” (in Puglia). Appellativo dato, con intonazione spregiativa (talvolta anche scherzosa), dagli abitanti dell’Italia settentrionale a quelli dell’Italia meridionale [Enciclopedia Treccani ]. Terrone è un termine della lingua italiana, utilizzato in tono dispregiativo (talvolta in tono scherzoso, a seconda del contesto) per designare un abitante dell'Italia meridionale. Ha diverse varianti piuttosto diffuse e riconoscibili nelle lingue locali: terún, terù, teron, tarùn, tarù (lombardo); terún (ligure); terù, terún, tarún (piemontese); tarùn, taroch, terón (veneto, friulano); teròch, tarón (emiliano-romagnolo); terón, terró (marchigiano); teróne, taròne in altri idiomi dell'Italia settentrionale, mentre rimane terrone in toscano e romanesco [Wikipedia ].

** L'espressione politicamente corretto (traduzione letterale dell'inglese politically correct) designa una linea di opinione e un atteggiamento sociale di attenzione al rispetto generale, soprattutto nel rifuggire l'offesa verso determinate categorie di persone. Qualsiasi idea o condotta in deroga più o meno aperta a tale indirizzo appare, quindi, per contro, politicamente scorretta (politically incorrect ). L'opinione, comunque espressa, che voglia aspirare alla correttezza politica dovrà perciò apparire chiaramente libera, nella forma e nella sostanza, da ogni tipo di pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, di orientamento sessuale, o relativo a disabilità fisiche o psichiche della persona [Wikipedia ].


Sguardi su

di Pino Bertelli (Piombino, dal vicolo dei gatti in amore, 17 volte aprile 2018)

DANILO DE MARCO

T

Tutto, nel mondo, accade per finire nelle fotografie (nei film, nei libri, nelle pitture... spesso di corte); se non fosse così, nel mondo non succederebbe mai nulla! Al tempo della Civiltà dello spettacolo, un sistema di dominio mondiale gestisce tutto: oro, acqua, droga, armi, banche, partiti, governi, mafie, sindacati, terrorismi, culture, religioni e, perfino, i sogni dei bambini. Le forme di dipendenza (individuale e collettiva) passano attraverso il soddisfacimento e la paura delle masse dei consumatori, e il mercato globale ha unificato il pianeta nella soggezione e nel genocidio delle guerre “umanitarie”. L’ipercapitalismo della Cina “comunista” di Xi Jinping [segretario generale del Partito Comunista Cinese, dal 15 novembre 2012, e presidente della Repubblica Popolare Cinese, dal 14 marzo 2013], il fascismo di rosso vestito di Vladimir Putin (che danzano sui cadaveri dei loro oppositori, con notevole disinvoltura), insieme con le economie di guerra sostenute da Donald Trump, Benjamin Netanyahu, Salma¯ n bin ’Abd al -‘ Azīz a¯ l Sa’ūd (re dell’Arabia Saudita) e altri piccoli bastardi sanguinari, come Recep Tayyip Erdoǧan (Turchia), Abd alFattah al-Sisi (Egitto) e Bashar AlAssad (Siria), con la complicità reverente di Inghilterra, Francia, Germania, Italia -tanto per non dimenticare-, esprimono al meglio la schiavitù del capitale; il colonialismo “civilizzatore” più spietato mai apparso sulla Terra, dalla scoperta del fuoco, assieme all’ingiusta ripartizione della ricchezza nell’epoca della tecnocrazia, tiene interi popoli in condizioni di schiavitù [Luciano Canfora: La schiavitù del capitale; Il Mulino, 2017]. L’utopia dell’egoismo ha vinto sull’utopia della fratellanza. La fotografia è uno dei mezzi, tra i più efficaci, a servire per l’edificazione di un sistema spetta-

colare che volge le spalle all’Umano, e i fotografi, nella maggior parte, sono piccole (o grandi) cimici dell’accordo divinizzato: per ricevere l’aureola del consenso, del premio e del riconoscimento televisivo, sono disposti a fotografare scannamenti, lapidazioni, brutture, ingiustizie... da sistemare in gallerie, musei, latrine nobiliari. E tutto, per entrare danzando nella Storia della Fotografia, sovente scritta da storici che la Storia non ha ammazzato. Da-

turali, hanno contrastato l’assuefazione all’ipocrisia e sputato in faccia (con grazia) a quanti facevano professione di convertire e convincere. Chi non ha rimpianto di non aver tagliato la gola a un dittatore, un papa o un generale, invece di fargli il ritratto? Il cinismo, come la franchezza, non s’impara a scuola, e nemmeno la fotografia: per avere un posto onorevole nella fotografia, bisogna essere commedianti, rispettare il ruolo delle parti e la-

«Provate a essere liberi: morirete di fame. La società vi tollera soltanto a patto che siate successivamente servili e dispotici» Emil M. Cioran vanti a un tribunale degli angeli, pochi, davvero pochi, sarebbero i fotografi da non impiccare sui portoni blindati delle banche, le nuove chiese dell’obbedienza.

PER UNA NOTTE DI SAN BARTOLOMEO DELLA FOTOGRAFIA La fotografia è sempre l’immagine di ciò che si è voluto celebrare o distruggere. Basta non screditare né uomini né istituzioni, né guerre né mafie, né chiese né caste: e nessuno corre alcun rischio. Ecco perché la fotografia dello spettacolo vanta successi e idiozie appassionate. Finché un fotografo è protetto dalla demenza, agisce a prospera; quando si pone contro la tirannia mercatale, o è affogato nel silenzio o cade in rovina. Tuttavia, e non solo nella Storia della Fotografia, ma in quella dell’Esistenza, ci sono stati Fotografi (e Uomini) che hanno sfidato tutti i poteri e tutte le conventicole cul-

vorare su falsi problemi. La messe di beati che figurano nell’olimpo della fotografia è confusa tra l’equivoco del talento e l’impostura dell’Uomo... eppure, come tutti sanno, e lo sa anche lo scemo del villaggio, in ogni fotografo coesistono un millantatore, un cretino o un genio (quest’ultimo, però, non lo sa). Però, c’è da dire che, al limitare della fotografia e al margine dell’immagine integrata nell’illusione generalizzata, ci sono autori che non rilasciano certificati d’inesistenza: fotografi di percorsi accidentati, che obbligano a riconsiderare negazioni e verità (anche le nostre) e -più di ogni cosa- perseguono con coraggio il viatico di una creatività nella quale il fermento agnostico degli Uomini è ancora traccia di qualcosa da difendere e sostenere. E non importa andare a scovare chi-saquale fotografo americano, francese, giapponese, al quale, spes-

so, si perdona tutto, persino crimini d’indegnità, per l’aggiudicazione di un premio Pulitzer: basta andare a vedere la cartografia fotografica di Danilo De Marco, per comprendere che la fotografia non riconosce altra dignità se non quella della Bellezza, della Giustizia e del Bene comune. L’immaginario di resistenza che ne consegue si chiama fuori dall’apparato utilitaristico e sospetto di ciò che corre sui mercati, non solo dell’immagine; la fotografia fiorisce soltanto in opere nelle quali la futilità dei precetti muore insieme ai lasciapassare di buona condotta dei palafrenieri dell’ordine costituito. Tutti abbiamo pianto con la fotografia, perché è così difficile cambiare il mondo! Siccome ogni fotografia (di una persona, un cane, un postribolo, un paesaggio, una lucciola scomparsa) è un autoritratto, una confessione in pubblico, ciascuno ha diritto di uccidere il mito, quanto di elevarlo a santo! Ma, alla fine, in guisa di consolazione e al culmine di una vita glorificata, in ogni campo dell’arte (come nella Vita) restano i poeti e gli imbecilli! E sono i poeti ad anticipare il crollo degli imperi e l’inutilità di una corona (anche fosse di sterco). L’estrema unzione della fotografia è nell’autobiografia che si porta dietro. L’avvento della coscienza, in fotografia e dappertutto, porta lontano e permette qualsiasi cosa, anche di spazzare via la farsa dell’immagine mercatale: non perché le fotografie non si vendono, ma perché troppe fotografie sono fatte nella maniera più attuale per essere vendute. L’arroganza dei mercati non vuole filibustieri dell’immagine, ma soltanto cortigiani intontiti dal trionfo... l’abbiamo detto altrove... ci vorrebbe una notte di san Bartolomeo della fotografia per riconoscere il rumore secolare delle lacrime.

47


Sguardi su Annotazione di servizio. Danilo De Marco nasce a Udine, nel 1952. A quindici anni, incontra la fotografia e lavora come apprendista in un laboratorio artigianale di stampa in bianconero. Nel 1975, apre una sua “bottega” di sviluppo e stampa (bianconero) e -come autodidatta- si diploma all’Istituto d’Arte di Udine, poi frequenta il Dams, di Bologna. Nel 1970, è tra gli ideatori della prima mostra in Italia su Tina Modotti. Nel 1985, cura una grande esposizione sulla Resistenza italiana (con fotografie d’epoca). Trascorre qualche tempo in Nicaragua, e allestisce una mostra sulla rivoluzione sandinista. Nel 1988, si trasferisce a Parigi, dove vive ancora, e inizia a viaggiare. Nel 1991, è in Kurdistan; nel 1994, 1995, 1998, in Brasile: le sue fotografie confluiranno nella mostra Il sale della Terra. Nel 2000, è in Colombia: fotografa l’etnocidio degli indigeni U’wam che difendono le proprie terre dalla devastazione provocata da una multinazionale e, naturalmente, si occupa della guerriglia (Farc: Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia / Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia... Esercito del Popolo). Le sue immagini e gli articoli di Ettore Mo, per il Corriere della Sera, faranno conoscere la giusta causa degli indigeni U’wam. Poi, è la volta di Ecuador, Bolivia, India, Haiti, Sri Lanka, Congo, Uganda: ritratti di scrittori, poeti, pittori, partigiani europei; ancora, pubblicazioni, mostre, incontri (come quello con Mario Dondero, fotografo di grande spessore autoriale e politico [FOTOgraphia, febbraio 2016; Sguardo su, in FOTOgraphia, del luglio 2012]). Insomma, un’iconografia radicale che pratica brecce nelle mura di vergogna del gusto imperante; gli opportunisti hanno rovinato la fotografia, i poeti (come Danilo De Marco, Mario Dondero, Roman Vishniac e pochi altri, ancora) l’hanno salvata dal ridicolo. Ridotta all’apparenza, la fotografia mercatale sposa una saggezza incompleta, una sorta di miscuglio fra l’arte del sogno e

48

la scimmiottatura del sogno venduto come arte. In ogni campo del comunicare, l’onorabilità della rivolta si misura sul numero dei disaccordi con le idee dominanti e dal suo rifiuto a genuflettersi in mezzo a terrori eleganti: «Siamo abbastanza chiaroveggenti da essere tentati di deporre le armi; nondimeno, il riflesso della ribellione trionfa sui nostri dubbi; e benché potremmo diventare degli stoici perfetti, l’anarchico rimane desto in noi e si oppone alla nostra rassegnazione» (Emil M. Cioran: La tentazione di esistere; Adelphi, 1984). L’aggressione dell’Uomo contro l’Uomo, dei dominanti sui dominati, dei padroni sui servi... cade in fotografia (o ne viene espulsa con timorato rigore stilistico) come un assassinio impunito, e voltarsi contro la Storia significa imparare a insorgere, e -con qualsiasi mezzo utile- dare alla Storia la lezione che si merita. L’utopia non ci fa difetto... tuttavia, professare opinioni sovversive significa lavorare sulle definizioni e abbandonarsi a tutte le forme di liberazione, senza temere l’orrore del paradiso, né le gogne (censorie) delle democrazie autoritarie. Una civiltà esiste e si afferma soltanto grazie ad atti di provocazione... diceva: è solo a prezzo di grandi abdicazioni che un Uomo, come un Popolo, diventa protagonista della propria esistenza. Liquidare una dinastia di tiranni non è assassinio, ma atto di giustizia! Importante è avere stile! La distruzione del simulacro porta con sé quella del pregiudizio. Nei momenti di raffinatezza popolare, la forza della sovversione è contagiosa, si porta dietro anche il fascino dell’avventura e non è facile resisterle.

SULLA FOTOGRAFIA DI RESISTENZA E INSUBORDINAZIONE

Una fotografia che non contiene segni d’utopia non vale niente. Per salvare la fotografia dalla volgarità patinata, dall’entusiasmo dell’imbecille e dal successo senza ritorno occorre una buona dose di coraggio, un pizzico di follia e l’amarezza di sapere che la fi-

losofia della storia ad uso quotidiano è un’indecenza prolungata e accettata tanto dagli eruditi quanto dai suppliziati. Di fronte al dilettantismo culturale, alla consolazione del possesso e alla gloria da disadattati occorre squinternare l’immaginario collettivo, e fare dell’interpretazione del disinganno il principio di tutte le forme di resistenza sociale. La fotografia può essere un dispositivo che rifiuta il conformismo e l’incarnazione politica, religiosa, culturale del fanatismo. Ribaltare l’attualità significa provocare emorragie, strappi, rotture del pensiero istituito, disvelare le trappole della felicità indotta e -meglio ancorafarsi fuorilegge di una genuflessione lunga venti secoli, e passare dallo scetticismo al colpo di mano contro l’insensato. Il rizomario fotografico di Danilo De Marco contiene una bellezza estetica, etica, eversiva che implica la resistenza sociale che smaschera gli imperativi della sudditanza. Ad entrare a “gatto selvaggio” nelle sue fotografie, assistiamo alla denuncia di un’epoca nella quale lo spettacolo è tutto, l’Uomo nulla. Il respiro del fare-fotografia di Danilo De Marco si colloca tra l’ordinario e lo straordinario, l’individuale e l’universale, il tragico e il quotidiano: mostra che i grandi problemi si trovano nella strada, e la verità -che è sempre oltre il reale- contrasta il sistema di speranze che tiene a catena interi popoli; quanto più la fotografia è parte della resistenza che contiene, tanto più denuncia l’assurdità di una cosca di saprofiti che detengono (con la forza) le sorti dell’Umanità. La fotografia dell’indignazione di Danilo De Marco figura il giusto contro l’ingiusto, il bello contro il brutto, il bene contro il male. La condivisione sparsa nelle sue fotografie degli Ultimi, degli Emarginati, degli Offesi è una lunga requisitoria contro una vivenza senza stupore o -meglio- una rivolta della carne e dell’inquietudine che si separano da quanto rende stupidi. Al di fuori di qualsivoglia adesione a ogni forma di autorità, nella fotografia di Danilo De Mar-

co, coscienza e Vita fuoriescono da una costruzione antropologica dell’immagine, e vanno a modificare la percezione -nella figurazione e nella memoria- di quanti almeno si pongono come eterni ribelli contro tutto ciò che è reale. Una fotografia del dissidio, dunque, mai comunque gridata e pervasa da insegnamenti eloquenti e persuasivi che, come sappiamo, sono falsi: un fotografo, come ogni Uomo, è preda delle proprie menzogne o padrone delle proprie verità. Le immagini di Danilo De Marco lavorano ai bordi della vita quotidiana e s’affrancano alla rivolta dell’Uomo contro l’irrimediabile: invitano a pensare. Fotografare non significa unificare, né rendere domestica la realtà sotto l’aspetto di princìpi mercatali; fotografare è imparare nuovamente a vedere, a essere attenti, è dirigere la nostra coscienza, fare di ogni idea e di ogni immagine il luogo privilegiato della Bellezza: alla maniera di Lewis W. Hine, August Sander e Diane Arbus. Dileggiare i maniaci della ragione vuol dire riconoscere il pensiero umiliato come paradosso del vissuto e cercare di mettere fine all’infanzia spaventata dell’umanità. L’affabulazione, il corpo, l’azione, la tenerezza delle immagini di Danilo De Marco riprendono il proprio posto nella nobiltà dell’umano, e -nel contrasto profondo tra governanti e governati- il fotografo non teme di schierarsi contro l’ingiusto: «Questa rivolta dà alla vita il proprio valore. Diffusa per tutta un’esistenza, quella restituisce a questa la sua grandezza. Per un uomo senza paraocchi, non vi è spettacolo più bello di quello dell’intelligenza alle prese con una realtà che la supera» (Albert Camus: Il mito di Sisifo; Bompiani, 2008). Coscienza e rivolta sono il contrario della rinuncia. Si tratta di vivere o morire non conciliati e non in accordo con l’egemonia della mediocrità e dell’abuso. La ritrattistica di Danilo De Marco è un portolano di volti, corpi, gesti: e ciascuno è specchio/memoria dell’altro. I soggetti guar-


Sguardi su dano in macchina e sono colti in una defigurazione dell’inattuale. Come nelle elegie amorose di Rainer Maria Rilke, John Keats e Pier Paolo Pasolini, i soggetti e l’attenzione del fotografo s’intrecciano e contengono quella fierezza propria solo a chi sa ancora arrossire di felicità e passare alla demolizione dei torturatori, degli specialisti e dei bravacci del gioco intellettuale che albergano nell’inganno dei salotti. C’è una voluttà della Bellezza, nelle immagini di Danilo De Marco, che non accetta ortodossie. A vedere gli sguardi ravvicinati di Uomini, Donne, Bambini, di là del momento emozionale, si coglie la sofferenza e il riscatto, il timore e il desiderio, l’intimità e la meraviglia... anche il disgusto, l’equivoco e lo sgomento, certo: quello che, però, più attanaglia in questa geografia umana è la visione libertaria del fotografo, che procede dall’immaginale alla realtà quotidiana, e -nell’asciuttezza architetturale- riesce a comunicare la finitezza della propria poetica. Alla rinfusa. Il bambino sudamericano col cartello (dov’è scritto “La educación es tarea de todos” / L’istruzione è l’impegno di tutti), il contadino messicano che stringe il machete in una mano, la ragazza che raccoglie le alghe, la maternità di una ragazzina nera, i volti di anziani che bucano il divenire, mescolati a ritratti di letterati, storici, critici e artisti sono ammantati della stessa franchezza... addirittura di quel senso del Bello come manifestazione del Bene e riscoperta del Vero. Certo, fotografare a un certo grado di qualità non è cosa comune (specie per gli imbecilli che inseguono premi, workshop, portfolio, stage...), perché le cose belle sono difficili. Nel Bello riluce l’idea del Giusto e del Bene: «Le cose buone non ti pare che siano anche cose belle?», diceva Platone. E la Bellezza è il solo valore estetico sul quale si fonda l’arte di gioire. Al fondo della scrittura fotografica di Danilo De Marco, ci sembra che il Bello e il Bene si stringano nella medesima realtà: la bellezza non è specificità delle

cose fotografate, ma di come vengono interpretate. La fotografia va ascoltata, non letta o vista!... come una musica di Mozart! un quadro di Goya! un film di Buñuel! Più la Bellezza è disseminata negli echi della conoscenza sensibile, più la coscienza sensibile della Bellezza sarà universale. «La bellezza di qualsiasi genere ci reca rapimento e soddisfazione; come la bruttezza produce dolore, in qualunque essere sia posta, e sia che la si percepisca in un oggetto animato o in un oggetto inanimato» (David Hume, in Sulla bellezza, di Maurizio Villani; Diogene Multimedia, 2017). La Bellezza (al di là di ogni struttura formale) si “sente”, non si dimostra: è il risultato dell’insieme, e non c’è Bellezza che non s’accordi con i bisogni di Libertà e Giustizia dell’Uomo. La Bellezza eloquente delle immagini di Danilo De Marco suscita sentimenti di contrasto e piacere; nelle sue fotografie, niente è lasciato all’occasionale: la compiutezza dell’inquadratura, la distanza con i soggetti, la pulizia dello sguardo tracimano in ogni immagine, e -senza darlo troppo a vedere- scardinano il dizionario della fotografia corrente. Quando si ama la fotografia, è un disonore sopravviverle, a meno che non si faccia della fotografia un’arma di resistenza sociale. Non c’è stile che non si afferma contro lo stile... non c’è cazzo che tenga. Per realizzare una fotografia che non sia degna di uno sputo, bisogna vivere all’interno della propria opera, finché la sua indignazione non soppianti l’evanescenza dell’arte. Non si tratta di mandare in frantumi uno stile, ma fare di uno stile l’utensile di un’epoca da mandare in frantumi! Rompere tutte le idolatrie (non solo) della fotografia, vuol dire infrangere le rappresentazioni spettacolari sulle quali si ergono. Gli analfabeti colti della fotografia sono riusciti a ingrandire soltanto il proprio nulla e fingere di credere che sia qualcosa. Il mercato fissa i parametri dell’immagine declassata a merce senza mai sapere che la commedia umana di Bal-

zac non è altro che il romanzo di un’umanità di falliti. E Balzac c’entra molto con la fotografia, come il boia di Londra... sempre. Infatti, il romanziere e il boia raccontano un vuoto: il loro e quello del rimpianto di non avere nulla a che fare con le vessazioni di questa società. Si perde la testa per la fotografia come per un regicidio, sapendo prima che un genere diventa popolare quando seduce intelletti che non sono affatto portati a comprendere che la libertà di un Uomo, come di un Popolo, si trova solo nella caduta di ogni ingiustizia. La fotografia di resistenza di Danilo De Marco, credo, diffida del definitivo e della pretesa di possedere i crismi della verità ultima: definisce bene i propri disgusti e discopre vitalità disperate che spaccano le barriere delle certezze. I questuanti del compiacimento capiscono tutto o niente della fotografia, e tantomeno possono capire la fotografia senza guinzagli di autori che se ne ridono dei propri deplorevoli modelli. Ribelli per vocazione, smodati senza riverenze, passatori di confine, i fotografi di resistenze vigorose e ispirate fanno a meno della lode a credito, dell’imbalsamazione e dei monumenti allo smarrimento intellettuale: plagiano tutto, rubano da ogni parte, sovvertono tutte le mistiche della sottomissione e infrangono terreni consacrati all’instaurazione dei codici (morali, religiosi, mercantili, militari)... sono i cospiratori di sogni che si fanno distruttori delle norme apparenti, giacché sanno che solo la libertà della Bellezza rende Liberi. Per convincersi che la Storia della Fotografia non è che una successione di banalità trasformate in parate mercatali, basta passare in rassegna le dossologie degli autori più importanti dell’ultimo secolo: sono perlopiù intelligenze ammaestrate, istrioni del sottostare, commedianti di secondo ordine assurti al boccascena dello spettacolo. Televisioni, giornali, riviste di moda, gallerie, affaristi, strateghi di guerre “umanitarie” si contendono la loro “ar-

te”, che accompagna glorie per sempre tramontate sul sagrato del mercato. Poi ci sono premi prestigiosi, come il World Press Photo, vinto quest’anno da Ronaldo Schemidt [FOTOgraphia, marzo 2018 e ancora su questo stesso numero, da pagina 16]. Si tratta di un ragazzo in fiamme (José Victor Salazar Balza), a Caracas, per l’esplosione del serbatoio di una moto della polizia, distrutta dallo stesso Salazar e altri manifestanti, che stavano lottando contro la politica repressiva del presidente venezuelano Nicolás Maduro. La fotografia è bella, molto ben colorata, quasi un’inquadratura da film di fantascienza: fa sperare che ci siano altre tragedie da fotografare per conquistare altri riconoscimenti. A ragione, il fotocrate Michele Smargiassi, sul suo blog, rileva non tanto se il fotogiornalista doveva scattare la fotografia o aiutare il ragazzo... dice, giustamente, che i fotografi svolgono il proprio mestiere (ma questa non è la giusta sede per dissertare su etica e fotografia), sottolinea anche che i giurati del WPP tendono a premiare immagini che «non contengono ideologie e filosofie che non fanno bene al fotogiornalismo». E una fotografia piuttosto colorata e composta nel modo classico ha buone ragioni per essere considerata. Per chiudere, come per aprire, ricordiamo (da e con Michele Smargiassi) la fotografia del monaco buddista Thich Quang Duc che si dà fuoco a Saigon, nel 1963, per protesta contro il regime sudvietnamita di Ngô -Dình Diê. m [World Press Photo of the Year 1963; FOTO graphia, febbraio 2006]: avvertito per tempo, il fotografo Malcom W. Browne, dell’Associated Press, realizzò una immagine “classica”, in bianconero, ineccepibile per giornali, tv e fogli sinistrorsi. Oltre al riconoscimento già riferito, la fotografia vinse anche il Pulitzer e una pioggia di premi successivi. Da cui, vogliamo ricordare che l’iconizzazione dello spettacolo non è solo un insieme di immagini, ma un rapporto fra persone, mediato dalle immagini: «Lo spet-

49


BIANCO E NERO laboratorio fotografico fine - art solo bianco & nero

GIOVANNI UMICINI VIA VOLTERRA 39 - 35143 PADOVA

049-720731 (anche fax) gumicin@tin.it

Sguardi su tacolo è il discorso ininterrotto che l’ordine presente tiene su se stesso, il suo monologo elogiativo. È l’autoritratto del potere all’epoca della gestione totalitaria delle condizioni di esistenza» (Guy Debord: La società dello spettacolo; Vallecchi, 1979). Va detto. Il lato parvenu dell’immagine fissa i propri tratti nello spettacolo e si conchiude nell’evidenza di un dazio pagato alla celebrità. Il disagio della civiltà, diceva, reca con sé la paura con la quale gli dèi ingabbiano la conoscenza, ed è incomprensibile come ancora le interrogazioni dei Popoli non facciano saltare in aria i responsabili di tanto dolore. L’idea di distruzione di qualsiasi parlamento mi ha sempre portato un vento di sollievo, quasi una forma d’estasi, un fuoco divoratore che separa i Giusti dagli ingiusti e mette fine al ballo in maschera della civiltà dello spettacolo.

E la fotografia? è un’orgia di stupidità, una venerazione del fallimento, una proclamazione dell’insufficienza, una plebaglia folgorata di volgarità, rassegnazioni, vittime efficaci alla perpetuazione di una società marcia. Il cretino che fotografa non può che misurarsi con lo scemo che prega e vota un imbecille che lo frega in tutto! anche nell’educazione all’indifferenza dei propri figli! La rassegnazione è obbligatoria. La dignità è uccisa nel panico e nell’avversione a cancellare il privilegio di pochi sui molti. L’argot dei bassifondi della fotografia di resistenza e insubordinazione è la sola lingua sempre dalla parte dei Miserabili. E l’incitamento alla sovversione (fino all’incendio) di tutti i palazzi degli eletti è la sola filosofia che le anime sensibili possono comprendere. Ni Dieu ni maître. Sempre. ❖


Dal 1990, i logotipi dei TIPA Awards identificano i migliori prodotti fotografici, video e imaging dell’anno in corso. Da ventotto anni, i qualificati e autorevoli TIPA Awards vengono assegnati in base a qualità, prestazioni e valore, tanto da farne i premi indipendenti della fotografia e dell’imaging dei quali potete fidarvi. In cooperazione con il Camera Journal Press Club of Japan. www.tipa.com



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.