Guida al Collegio San Carlo

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Nato nel Seicento come istituto rivolto all’educazione dei giovani della classe nobiliare, il Collegio San Carlo è oggi, in qualità di Fondazione, un centro di formazione accademica e di diffusione della cultura frequentato da cittadini, studenti, ricercatori e docenti provenienti da tutto il mondo. Questa guida illustrata, rivolta agli studenti delle scuole medie del territorio, propone un percorso ideale all’interno del palazzo e della storia del collegio. Un viaggio immaginario per scoprire luoghi, personaggi, curiosità, attività che rendono il Collegio San Carlo un’istituzione ricca di fascino, da secoli al centro della città e della vita di Modena.


1. AMBASCIATORI, CONDOTTIERI, CAPITANI CORAGGIOSI L’ingresso in collegio e lo scalone d’onore

Il Collegio dei Nobili di San Carlo è stato fondato nel 1626 a Modena, da quasi trent’anni capitale degli Stati Estensi e sede della corte. Non è gestito dal potente ordine religioso dei Gesuiti, come molti altri istituti, ma da una congregazione di preti e laici - artigiani e piccoli borghesi impegnati in opere di carità e a insegnare a leggere, a scrivere e a fare di conto ai poveri. Quando il conte Paolo Boschetti è divenuto capo della Congregazione della Beata Vergine e di San Carlo, all’educazione dei più bisognosi ha aggiunto l’impegno rivolto all’istruzione della nobiltà. Il conte Boschetti era convinto dell’importanza di formare una classe dirigente di eccellenza, educata secondo i princìpi cristiani. Non tutti possono studiare qui! Per l’ammissione occorre essere nobili, e non soltanto da parte di padre e di madre, ma 2

anche di nonno e di nonna. Gli studenti vengono da varie parti d’Italia e addirittura d’Europa, oltre, naturalmente, ai nobili modenesi. Più di cento sono i “giovin signori” che il collegio - che gode dell’appoggio di Casa d’Este e del Duca e del sostegno della Comunità di Modena - è arrivato a ospitare. I percorsi di studio sono vari: al pari delle lettere, della filosofia e della teologia, si studiano le scienze e il diritto. Molto importante è poi l’arte cavalleresca, indispensabile per diventare un perfetto gentiluomo. Si impara inoltre a suonare strumenti musicali, a dipingere, a danzare, a recitare e a parlare lingue straniere, soprattutto il francese, la lingua “alla moda”. Ai primogeniti, quelli che ereditano, il collegio offre un’ottima opportunità di educazione mondana e di apprendimento delle buone maniere. Per gli altri studenti, un buon livello di istruzio3


2. PRINCIPI DI LETTERE, DI SCIENZE E DI ARMI La galleria d’onore

ne è necessario per aspirare a posizioni di comando nello Stato e nella Chiesa. Mio padre mi ha spiegato che, una volta entrato, i responsabili del collegio si sarebbero occupati di me in tutto e per tutto. Anche perché, ha aggiunto, gli incontri con lui e la famiglia sarebbero stati rarissimi. Mentre sali lo scalone prova a fermarti sul pianerottolo della prima rampa, il “riposante”, comodo per riprendere fiato, e osserva la porticina in cima alla seconda rampa, sulla destra: è un passaggio segreto. Scoprirai dove conduce al termine della nostra visita. Intanto, guardando giù, capirai subito perché lo scalone viene chiamato “a forbice”. Osserva ora i quadri appesi alle pareti. Sono alunni che hanno frequentato il collegio nel 4

Seicento raffigurati in età matura, molti anni dopo averlo lasciato. Divenuti famosi, hanno inviato in segno di gratitudine la loro immagine all’istituto dove avevano mosso i primi passi. Sono gloriosi comandanti di eserciti e di navi, condottieri vittoriosi, uomini di legge, ambasciatori in terre lontane, vestiti elegantemente e con parrucche alla moda. Un giorno vorrei tanto diventare come loro e avere un ritratto che racconti le mie imprese!

Terminato lo scalone, inizia la galleria d’onore. Probabilmente non sai che la sua volta e le pareti, dipinte con prospettive illusionistiche, dopo ogni epidemia - di tifo, vaiolo o parotite - vengono intonacate e imbiancate per purificare l’ambiente. Sulla parete di destra, tra i ritratti di allievi che hanno frequentato il collegio nel Settecento, noterai alcuni “principi”. Non sono principi di sangue reale ma convittori che, grazie al profitto negli studi, sono entrati a far parte delle “accademie di Scienze, Lettere e Arti Cavalleresche”. Il più bravo in assoluto ha l’onore di essere nominato “principe” e di venire immortalato con una coccarda sulla giacca, insieme a oggetti che rappresentano gli studi in cui si è distinto. È una tradizione che dura dalla fine del Seicento. Prima il “principe” doveva inviare al collegio lo stemma del proprio casato. Poi si è passati al ritratto a olio,

pagato dalla famiglia, che testimonia i meriti acquisiti. Sulla parete sinistra, dietro le porte ora chiuse, vi sono alcune camerate, intitolate alla Madonna e ai santi. Io dormo con nove ragazzini in quella intitolata a San Carlo. Ai più grandi, invece, sono riservati camerini singoli. In camera abbiamo il letto, un comòscrivania, una sedia di cuoio, un lume e una cassapanca dove riporre gli abiti, uguali per tutti. L’uniforme ufficiale cambia a seconda della stagione. D’inverno indossiamo il tabarro e un abito di panno nero foderato di lana finissima, d’estate un abito di panno sottile di colore scuro, foderato di tela grigia. Per la vita in collegio, comunque, utilizziamo vestiti più semplici: pesanti palandrane in inverno, abiti di panno scuro leggero in estate. Portiamo sempre la camicia bianca, le calze nere e una medaglia d’argento dorato sul petto. 5


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3. LA DEA MINERVA, I CARDINALI, UN ANZIANO MAESTRO Il salone d’onore

Le nostre giornate cominciano con il passaggio in camera della signora che ci ispeziona le teste per vedere che non vi siano pidocchi. Dai più grandi va invece il parrucchiere, a sistemare il parrucchino per la casa o la parrucca per le occasioni ufficiali. Prima della visita del medico ci laviamo alla svelta la faccia, il collo e le mani. Noi crediamo che l’acqua dilati i pori della pelle facendo entrare germi e batteri. Ci cambiamo molto spesso le camicie. Quelle sì sono sempre candide! Dopo la prima colazione siamo occupati negli studi, in salutari passeggiate e nell’esercizio dell’arte cavalleresca. Per consumare i pasti ci rechiamo nel refettorio, dove veniamo serviti da camerieri in guanti bianchi. Di solito mangiamo cinque portate a pranzo e tre a cena, oltre alla verdura tre volte a settimana.

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Ogni giorno una schiera di addetti si occupa delle tante attività necessarie alla vita del collegio. Il guardarobiere ha cura della nostra biancheria da letto e da tavola. La servitù distribuisce la legna nelle camerate, attizza il fuoco dei camini, sposta i bracieri, si affaccenda in granaio e in foresteria, prepara le purghe in infermeria. Guarda, nella stanza a fianco un cameriere sta spolverizzando le parrucche. E cosa sono questi rumori? Saranno altri camerieri impegnati in cucina o nella dispensa. In portineria c’è chi controlla che i portoni siano ben chiusi affinché non abbiamo modo di comunicare con l’esterno. Quanto agli addetti all’amministrazione, saranno curvi sulle carte dei conti per verificare il pagamento delle rette - costose, a detta del conte padre – o per stimare le spese di illuminazione, facendo attenzione al consumo di cera.

Percorrendo la galleria si raggiunge il salone d’onore, il cuore del collegio. Dalle finestre si vede il Quadrivio della Croce della Pietra, il punto più centrale di Modena. Osservando la sala noterai numerosi stemmi con corone, da cui escono nastri verdi e azzurri con i nomi di convittori del passato. Questo è il luogo in cui ci riuniamo insieme ai professori, ai padri e al rettore per le cerimonie più importanti: la nomina dei “Principi di Accademia”, i saggi, l’arrivo del Duca d’Este o di personalità illustri. Il rettore racconta che nel momento di massimo splendore, dal 1685 al 1772, il San Carlo fu anche sede dello Studio Pubblico, una vera e propria università, e che qui avveniva il conferimento delle lauree con fastose cerimonie e con addobbi di preziosi velluti e damaschi. Il salone è noto oggi con il nome di “sala dei cardinali” perché

le pareti ospitano i ritratti di allievi giunti ai vertici del clero. Una gloriosa galleria di eminenze. Alza lo sguardo. La balconata ti sembra di marmo? E le porte che si affacciano saranno vere? Da quale si passerà? I pittori che hanno dipinto la sala si sono divertiti a far sembrare vero il finto, a darci l’illusione di spazi più grandi di quanto non siano in realtà. 9


Sulla volta del soffitto noterai figure femminili sedute sulle nubi e, più in basso, fanciulle affacciate a balconcini, che rappresentano le discipline che studiamo: la Poesia, la Pittura, il Teatro, la Musica, l’Aritmetica, la Geometria, la Geografia, l’Astronomia, la Logica e la Retorica. Riesci a riconoscerle? Pensa, sono le uniche presenze femminili in collegio, oltre alla signora che controlla i pidocchi. Le nostre nobili coetanee, infatti, non studiano con noi. Destinate fin dalla nascita a uno sposo scelto dai loro nobili padri o al monastero, vengono educate in casa dai precettori, che insegnano in privato materie considerate “più adatte” alle donne, escludendo quelle riservate agli uomini.

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Nella sala danziamo sotto la guida di maestri inviati dal Duca. Il conte padre desidera che mi applichi alla danza per imparare a presentarmi in pubblico in modo elegante. Gli studenti più grandi, che vanno alle feste a Palazzo, imparano le “danze da salotto”, i balli di coppia e di gruppo. Uno di loro alcuni giorni fa mi ha raccontato una cosa buffa. In un angolo della sala, quasi nascosta, è dipinta, accanto a uno strumento musicale, una pagina coreografica: è la descrizione dei movimenti di un balletto ideato da un maestro di ballo, tale Monsieur Lacour, che insegnò in collegio fino al 1764. Un manoscritto narra che i convittori di quel periodo, nelle lettere ai genitori, si lamentavano di lui, che “non andava più a genio ai nobili signori, che amano il brio e la vivacità”. Certo, non avevano tutti i torti: il maestro aveva ben ottantacinque anni! 11


4. GARE, PREMI E PUNIZIONI

Il corridoio (e il ruolo) dei rettori

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Prima posizione, piedi allineati. Seconda posizione, piedi distanziati. Lasciamo il salone a passo di danza e dirigiamoci verso il teatro. Lungo il corridoio troviamo altri ritratti, non più di studenti. Sono i rettori (e guardiani della congregazione) che si sono succeduti alla guida del collegio. Alcuni hanno un aspetto benevolo, altri uno sguardo austero, che appare ancor più severo la sera, te lo assicuro, alla luce fioca dei lumi.

freddo, ad esempio, o nei digiuni quaresimali. Sono i rettori a incentivare gli allievi alla buona condotta anche tramite gare che prevedono premi. A loro spetta stabilire le punizioni e le penitenze, oltre, naturalmente, a seguire le attività della congregazione. Programmano infine le vacanze estive, dopo averci dissuaso dal passarle in famiglia per non allentare il legame con le abitudini e la disciplina del collegio.

Insieme ai padri, sacerdoti della congregazione, i rettori sono in stretto contatto con il Duca: vagliano con lui le domande di ammissione, intrattengono corrispondenza con le famiglie dei “cavalierini”, vigilano sulle relazioni tra di noi, decidono la composizione delle camere in base all’età, al carattere e alla provenienza dei convittori. Per i piccoli mostrano riguardo, nella distribuzione della legna quando fa molto

Così ogni anno nel mese di luglio, insieme ad alcuni insegnanti e addetti, partiamo per Bomporto, sulle rive del fiume Panaro, dove il collegio possiede una villa. Noi bambini ci spostiamo su un carro tirato da buoi, i più grandi a cavallo, mentre il rettore e i padri ci raggiungono in carrozza. È un’occasione per fare vita all’aperto e per rafforzare il fisico, esercitandoci nella caccia nelle “riserve” messe a disposizione

dai duchi di Casa d’Este. Oltre a fare passeggiate e a cavalcare, giochiamo a pallone, “alla racchetta”, “allo zono” (simile al bowling), a pallamano, alla pallacorda (una specie di tennis), a dama e a scacchi. Certo, non mancano momenti dedicati allo studio e alla preparazione degli spettacoli teatrali. Le visite dei nostri famigliari, del Duca o di qualche personaggio illustre di passaggio, poi, sono occasioni per dare prova di conoscere l’etichetta e il cerimoniale cavalleresco.

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5. RECITE, CORI, INTERMEZZI CAVALLERESCHI Il teatro

Grazie ai lasciti ricevuti, il collegio nel tempo si è ampliato e, dalla metà del Settecento, ha al suo interno un teatro. La famiglia ducale è sempre presente in sala e la nobiltà, accomodata nei palchetti di proscenio e nelle balconate, osserva con piacere e applaude le esibizioni teatrali, le danze coreografiche e le esecuzioni musicali dei convittori. Facciamo teatro anche noi piccoli. Secondo il rettore la recitazione aiuta a modulare la voce e a vincere l’imbarazzo davanti al pubblico. Insomma, stimola lo sviluppo di qualità che un uomo di mondo deve possedere. Di solito rappresentiamo le opere teatrali a carnevale, prima delle vacanze estive o in occasione di nascite, matrimoni e compleanni nella famiglia ducale. Mettiamo in scena Goldoni, ma soprattutto 14

Molière, Voltaire, Racine e Corneille. Forse non ci crederai, ma il collegio è considerato uno dei maggiori centri di diffusione della drammaturgia francese in Italia! Con l’aiuto dei professori adattiamo i testi e prepariamo le rappresentazioni, aggiungendo divinità olimpiche per glorificare i membri di Casa d’Este. Grazie ai costumi che ideiamo, realizzati dal sarto del collegio, i maschi possono interpretare anche i ruoli femminili. Le scenografie che allestiamo sono molto belle. Gli insegnanti più anziani ricordano che in passato c’era più sfarzo ma ora il Duca Ercole III, detto anche “duca nasone”, ritratto con il suo lungo naso all’ingresso del teatro, invita a maggior sobrietà. Dai, entriamo in platea. Ma facciamo silenzio, sono in corso le prove del prossimo spettacolo… 15


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6. I PADRI COLTIVANO IL CUORE DEI CONVITTORI La Cappella e la Chiesa di San Carlo

Nella vita in collegio la preghiera ha un ruolo importante. I padri spirituali credono che la religione cattolica e una sana morale siano fondamentali per la nostra crescita e formazione. Così tutte le mattine, dopo la sveglia, ci ritroviamo in questa cappella, dedicata alla Madonna. Quante volte, ancora assonnato, ho rivolto il mio sguardo al quadro che vedi sopra all’altare, con la cornice dorata. È Maria, che sembra una bambina, accolta dal sacerdote al Tempio. Prediche, riti quaresimali, visite ai sepolcri, poi, sono occasioni per uscire e recarci, uniti e in silenzio, nelle chiese della città, accompagnati dai sacerdoti che vigilano su di noi. La messa domenicale e le celebrazioni per le feste comandate si svolgono invece nella chiesa accanto al collegio. I suoi altari sono di marmi pregiati. Devi sapere che li hanno donati, in orgogliosa competi18

zione, ricche famiglie nobili e le grandi pale che li adornano sono opera di artisti che lavorano a corte. Ecco il suono dell’organo: è il momento di entrare in chiesa. I membri della congregazione si sono già accomodati. Noi ci sediamo al centro, di fronte al dipinto di San Carlo Borromeo che implora la fine della peste. Fai attenzione, il rettore ha vietato di sedersi nei banchi accanto agli estranei e, specialmente, alle giovani coetanee. Per questo gli studenti più grandi, quando sfuggono al controllo dei padri, aprono il passaggio segreto in cima allo scalone d’ingresso e si nascondono sulla tribuna là in alto. Da lì possono spiare liberamente chi passa, ammirare le ragazze, conoscere, seppur da lontano, il mondo che vive fuori dalle mura del collegio. 19


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE D. Benati, L. Peruzzi, V. Vandelli (a cura di), Il Collegio e la Chiesa di San Carlo a Modena, Modena 1991. G.P. Brizzi, La formazione della classe dirigente nel Sei-Settecento. I seminaria nobilium nell’Italia centro-settentrionale, Bologna 1976. F. Mòllica, Tre secoli di danza in un collegio italiano. Il Collegio San Carlo di Modena 16261921, Bologna 2000. P. Curti, D. Ferriani, La Cappella del Collegio, Modena 2002. CRONOLOGIA BREVE 1626 - Il conte Boschetti, con il favore del Duca Cesare d’Este, fonda il Collegio dei Nobili di San Carlo. 1685 - Il San Carlo diviene sede dello Studio Pubblico, una vera e propria università. 1805 - Sotto il Regno d’Italia governato da Napoleone il San Carlo diviene Collegio Nazionale, aperto anche ai giovani borghesi. 1861 - Con l’unità d’Italia il collegio adotta i programmi didattici governativi, pubblici e laici. 1954 - È istituita la Fondazione San Carlo. Al suo interno un convitto, un pensionato universitario, la scuola media e il liceo ginnasio. 1970 - Il nuovo Statuto affianca al Collegio universitario il Centro Culturale, il Centro Studi Religiosi e la Biblioteca. 1995 - Nasce la Scuola Internazionale di Alti Studi che prosegue e rinnova la tradizione culturale e educativa dell’antico collegio. IN COPERTINA Il Palazzo e l’attigua Chiesa di San Carlo sono stati progettati da Bartolomeo Avanzini (16081658), lo stesso architetto romano che ha realizzato il Palazzo Ducale di Modena. Alla sua morte seguì i lavori Giovanni Pietro Piazza (1630-1680). Il Portico, con le botteghe “artigiane e commerciali” che ricordano l’origine degli appartenenti alla Congregazione della Beata Vergine e di San Carlo, è parte integrante del Palazzo, progettato anch’esso dall’Avanzini, poi completato dal modenese Pietro Termanini (1709-1795).

Testi Patrizia Curti Illustrazioni, progetto grafico e impaginazione Le Maus.it Fotografie Studio 129 Stampato nel mese di dicembre 2015


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