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TEATRO AL "DEA"

Presentato dal "Piccolo Teatro" si è esibito al Dea, Giorgio Gaber, Le canzoni, i monologhi hanno entusiasmato il pubblico (che non era quello solito dei teatri) tributare db al'interprete di 'Far finta diessere sani' un meritato successo. Il contenuto delle sue canzoni, a volte provocatchriola volte di denuncia, ha dimostrato di interessare molto di spettatori e specialmente i giovani che hanno sottolineato con il loro caloroso consenso la volontà di far qualcosa per mutare questa società marcia e corrotta che gli speculatori sostengono e gli indifferenti puntellano. Certamente oltre ai testi e la musica conta molto la bravura di Gaber che si è dimostrato come già altre volte, ottimo interprete. L.S.

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" AMARCORD "

In questo film, così gradevole, i personaggi si muovono e vivono naturalmente e passa sotto i nostri occhi la storia di un borgo anonimo ma che potrebbe essere uno dei tanti d'Italia. L'arco di tempc nel quale si svolge l'azione (il ricordo) non è lungo, un annà, ma le scene potrebbero essere di qualche anno prima o di qualche anno dopo senza che il racconto perda di significato.

Non c'è un personaggio principale (anche se la voce che ricorda è quella di uno solo "Titta"), ma ognuno ha la sua importanza, le scE ne si susseguono come tante storielle, quasi barzellette, tutte collegate una con l'altra da questa galleria di personaggi tanto "Felliniani" ma altrettanto verosi-; mili.

La mamma di Titta, sempyepronta a scusare le birbonate dei figli,ma autoritaria nell'impedire al marito di uscire con la cravatta . ribelle dell'anarchico, durante un raduno di .fascisti grottescamente imbecilli e pomposi; il vivace nonno che non perde occasione per palpeggiare la giovane domestica, il direttore del cinema col suo giro di "Vitelloni", Biscèin che rac conta inverosimili sue avventure.

I maestri di Titta così anacroni stici ma che si vedrebbero ben raf figurati don i loro scolari nelle vignett h dei giornali umoristici.

Tutto viene descritto in chiave grottesca, semiseria. Anche l'antifascismo, con quell'episodio del fonografo sul campanile che suona l'internazionale, viene raccontato sul piano beffardo come si addice alla vita del borgo.

In altre scene il grottesco lascia il posto alla più alta vena poetica e questo accade per la malattia e la morte della madre, l'o lio di ricino che i fascisti costringono il padre a bere, la gita con lo zio matto. Nell'insieme per ciò un film ben riuscito, che co-mincia con l'annuncio della primavera dato dai boccioli bianchi aleggiainti in giro che tutti accolgono con gi,)ia, e termina con una festa di nozze che dà a Fellini l'occasione per un'ultima sfilata dei suoi personaggi.

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