Fondazione Idea - Aprile 2013

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Spediz. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 filiale di Milano - Reg. presso il Tribunale di Milano N. 407 del 22.07.1995

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DELL ’I STITUTO PER LA RICERCA E LA PREVENZIONE DELLA DEPRESSIONE E DELL ’ ANSIA

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20 Numero 1 - 2013

Il cammino della ricerca (Diana De Ronchi, Antonio Drago, Alessandro Serretti)*

IDEA, da sempre impegnata in prima linea per dare impulso alla ricerca scientifica, ha sottoscritto una Convenzione con il Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell’Università di Bologna per il sostegno al nuovo Progetto di Studio dal titolo “Predittori della comparsa di bipolarità in soggetti con depressione”. Lo studio, della durata di tre anni, sarà condotto sotto la supervisione scientifica del prof. Serretti. I criteri diagnostici attuali distinguono nettamente tra disturbi psichiatrici unipolari e disturbi bipolari. I primi sono carat-

terizzati da una deflessione del tono dell'umore lungo la sola polarità depressiva senza che si possano reperire in anamnesegue a pag. 2

ossessivo tempo 7 Ildello 11 Indallabrevericerca 12 Testimonianze 4 Disturbo 10 Qualcuno compulsivo nell’infanzia vi ascolta stress Depressione Notizie dal Non solo Insieme contro il mondo Letti per voi 22 16 27 5x1000 14 nel 20 18 mondo farmaci disagio giovanile del lavoro


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si flessioni nella polarità opposta. I secondi sono caratterizzati da ondulazioni patologiche dello stato dell'umore tra vertici (episodi maniacali o ipomaniacali) e nadir (episodi depressivi). Sebbene questa impostazione abbia resistito per lunghi anni nelle classificazioni psichiatriche, potrebbe non essere la più utile per un approccio farmacologico ai disturbi dell'umore. È possibile, infatti, applicare un modello di continuità tra disturbo bipolare e disturbo unipolare detto “spettro” che permette una migliore capacità diagnostica dei disturbi dell'umore. Questo approccio è caratterizzato da una prospettiva psicopatologica che permette un'analisi meno categoriale dei disturbi psichiatrici e si basa sul concetto che i sintomi che compaiono presto nella vita di un soggetto o che perdurano molto a lungo possano modificarne i tratti di personalità e creare una vulnerabilità a disturbi psichiatrici di asse I. Il concetto di spettro è riproposto in questo lavoro ed utilizzato per lo studio clinico dell’Università di Bologna, sovvenzionato da Fondazione IDEA e volto ad investigare il rapporto tra DB e disturbo unipolare. Il Disturbo Bipolare (DB) è una malattia cronica, grave, associata ad un aumento dei tassi di mortalità e morbilità (frequenza di malattia) psicosociale su tutti gli aspetti della vita di un paziente. Gli effetti debilitanti del DB possono influire negativamente sull’occupazione, sull'istruzione, le finanze e le relazioni a danno del paziente e della sua famiglia. Una conseguenza di questa elevata morbilità è un aumento della probabilità di suicidio, che può essere maggiore per pazienti con DB rispetto ad altre malattie mentali. Nonostante l'onere imposto dal DB sugli individui e sulla società, questo disturbo continua ad essere scarsamente riconosciuto, anche tra gli operatori sanitari. La sottostima o diagnosi errate del DB, e la conseguente gestione inadeguata, causano notevoli problemi clinici che possono avere effetti devastanti sui pazienti. Purtroppo la diagnosi ritardata è comune nei pazienti con DB. Spesso possono trascorrere diversi anni tra l'inizio dei sintomi e la diagnosi accurata di DB, con importanti conseguenze sulla qualità di vita dei pazienti. Circa il 35% dei pazienti che soffrono di un DB non riescono ad accedere ad un trattamento adeguato entro i primi 10 anni dal primo episodio. Una diagnosi errata è effettuata in un terzo dei pazienti con DB che si presentano ai medici durante il loro primo episodio e quasi la metà di tutti i pazienti ricoverati in ospedale per un episodio depressivo maggiore iniziale (in particolare se ciò si verifica in un bambino, adolescente o giovane adulto) può, infatti, in ultima analisi, dimostrare di avere un DB. Poiché i pazienti con DB spesso si presentano inizialmen-

te con sintomi depressivi, una diagnosi errata di depressione unipolare è comune, anche se questa diagnosi errata può verificarsi anche in pazienti che presentano un episodio misto (che cioè contiene elementi sia dell'episodio depressivo che dell'episodio maniacale), che può essere scambiato per depressione agitata. Inoltre, il riconoscimento dell'ipomania (una forma attenuata di mania) presenta un'altra sfida diagnostica. I pazienti presentano ipomania meno frequentemente di quanto non accada per la mania o la depressione, in parte anche perché le caratteristiche ipomaniacali possono essere percepite come normali da pazienti, familiari e medici. Una diagnosi tardiva o errata può avere conseguenze significative per il paziente con DB. Tra questi, il più grave è l'aumento del rischio di suicidio. Fino al 50% dei pazienti con DB commette un tentativo di suicidio almeno una volta nella vita e fino al 20% muore per suicidio, con il più alto rischio nelle prime fasi della malattia. La terapia di mantenimento con litio appare associata ad una riduzione di sette volte dei tassi di suicidio in pazienti con DB. Pertanto, una diagnosi corretta e tempestiva può salvare la vita di molti pazienti. Un ritardo nella diagnosi e l'attuazione di un trattamento inappropriato lascia, inoltre, i pazienti a rischio di scarso controllo dei sintomi, una diminuzione del loro funzionamento sociale e lavorativo, nonché una diminuzione della qualità dei rapporti emotivi e problemi di occupazione, aumentando le ricadute di sofferenza personale e sociale della malattia. Inoltre, una diagnosi effettuata con ritardo espone al rischio di trattamenti inefficaci e prognosi peggiore. Infine, una diagnosi errata porta a trattamenti che peggiorano il corso della malattia. Per esempio, se si pone diagnosi di depressione ad un paziente con DB e si inizia una terapia antidepressiva, si aumenterà il rischio di viraggio maniacale, con pesanti conseguenze sulla qualità di vita del paziente. Per queste ragioni è essenziale migliorare la qualità delle diagnosi nei disturbi dell'umore. L'utilizzo dello spettro diagnostico in associazione all'uso classico delle categorie psichiatriche può essere di aiuto.

Descrizione del protocollo Il campione di pazienti sarà rappresentato da 500 soggetti con diagnosi di DB o Disturbo Depressivo Maggiore (DDM) effettuata in ambiente clinico, anche indipendentemente dall'ausilio di test dedicati. Il criterio di inclusione sarà la diagnosi di DDM ed un’età di almeno 18 anni, mentre la presenza di altra patologia psichiatrica o condizione medica che si manifesti con sintomi psichiatrici e la mancata firma al consenso informato per

Per sostenere questo nuovo Progetto di Ricerca occorrono fondi: IDEA sarà grata a tutti coloro che vorranno contri 2


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tre punti di follow-up prestabiliti alla fine del primo, del secondo e del terzo anno di inclusione nello studio. Ad ogni successivo controllo clinico dopo l'arruolamento corrisponderà la somministrazionediuntestpsicometricocoerentealladiagnosidelpaziente.Ipazientiverrannoreclutatineicentriuniversitaridell’Università di Bologna (SPDC Ottonello ed i Centri Ansia – Umore nell’Istituto di Psichiatria) e nell’Università di Siena e consentirà di ottenere repliche indipendenti dei risultati ottenuti. I pazienti con diagnosi di DDM verranno trattati secondo il giudizio del terapeuta, disponibilità del farmaco e secondo i dosaggi opportuni per normativa e necessità clinica. Ciò è considerato opportuno in quanto contribuisce ad una maggiore rappresentatività del campione,eventualidisomogeneitàneitrattamentiverrannocontrollate in sede di analisi statistica. Tutti i soggetti che verranno arruolati nello studio vengono seguiti nei centri dove avviene il reclutamento in modo naturalistico, gli eventuali cambiamenti del trattamento farmacologico per sopravvenute necessità (effetti collaterali, inefficacia del trattamento), saranno considerati compatibili con lo svolgersi del protocollo: ad ognicambiamento di farmaco si ricomincerà il protocollo per la valutazione dell'efficacia del trattamento e l'insorgenza di effetti collaterali dal momento iniziale.

l'adesione al protocollo di ricerca, saranno criteri di esclusione. Per soggetti con più di 60 anni – o qualora un test cognitivo sia utile a giudizio clinico - uno score al MINI Mental State Examination inferiore a 20 sarà motivo di esclusione. Questo test permette di misurare le capacità cognitive dei soggetti ed anche se non ha valenza diagnostica di per sé per formulare una diagnosi di deficit cognitivo, può essere utile per orientare il clinico in una situazione di dubbio diagnostico. Al momento dell'assessment diagnostico iniziale verranno raccolti per ciascun paziente i dati demografici, il livello di istruzione e il tipo di occupazione, in aggiunta ai dati anamnestici riguardanti la storia clinica, l’età di esordio, il numero e la tipologia di precedenti episodi di malattia, precedenti ricoveri, precedenti trattamenti e rispettivi dosaggi, tentativi di suicidio, trattamento attuale e relativa dose, abitudine al fumo di sigaretta, storia familiare di malattie psichiatriche e mediche.

Conclusioni I trattamenti dei disturbi dell'umore al momento attuale non sono ottimali e una parte consistente dei casi in trattamento non raggiunge una piena remissione dai sintomi nonostante un trattamento farmacologico appropriato. Questa impasse può essere dovuta ad una difficile definizione diagnostica dei disturbi dell'umore. In particolare, l'attuale metodo classificatorio potrebbe essere insufficiente nel diagnosticare correttamente alcuni casi di DBII (disturbo bipolare II) che vengono classificati e trattati come DDM. L'utilizzo di un test psicometrico capace di investigare non già la classificazione categorica attualmente utilizzata per i disturbi dell'umore, ma una definizione più ampia di spettro dell'umore, può essere utile per individuare più efficacemente i disturbi bipolari. Questa capacità avrebbe ricadute molto importanti nella pratica clinica, in quanto il trattamento dei disturbi bipolari ha caratteristiche specifiche ed i soggetti che ne soffrono devono essere diagnosticati correttamente di modo da poter usufruire in tempo del trattamento più adeguato. La stesura del protocollo di studio in collaborazione tra le Università di Bologna e di Siena permetterà una migliore definizione del concetto di spettro calato nella pratica clinica.

Al momento dell'inclusione nello studio verranno somministrati dei test psicometrici specifici, un prelievo ematico e un test per l'investigazione dello spettro dell'umore. Inoltre, la presenza di eventi di vita stressanti prima dei 15 anni, nell’anno precedente l’esordio di malattia e nell’ultimo mese, sarà accertata mediante apposito strumento testistico. Il livello iniziale di compromissione del funzionamento personale nell’ambito delle relazioni sociali, dell’attività lavorativa e delle responsabilità familiari verranno anch'essi valutati con apposite scale. Gli stessi test saranno ripetuti anche agli incontri fissati ad uno, due, e tre anni dall'inizio del protocollo. Infine, i pazienti verranno valutati per la gravità della sintomatologia depressiva al momento dell'arruolamento e andamento del trattamento farmacologico attraverso la somministrazione di scale dedicate. Tutti i pazienti verranno quindi seguiti per un periodo di follow-up di tre anni in condizioni di osservazione naturalistica ad intervalli decisi dal terapeuta, fatta eccezione per

*Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Università di Bologna

ontribuire a supportare, anche attraverso un piccolo gesto, gli studi e le attività dei ricercatori. GRAZIE DI CUORE!! 3


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Disturbo ossessivo compulsivo nell’infanzia Loretta Salvati*, Roberta Necci* di fare che, a quell’età, dà la sensazione al bambino di avere la situazione sotto controllo e questo lo fa sentire più sicuro. Verso i sette anni, abitualmente, questi comportamenti pian piano scompaiono o sono sostituiti da hobby o interessi più finalizzati.

Come si manifesta Il disturbo ossessivo compulsivo, comunemente indicato con l’acronimo DOC, è caratterizzato dalla presenza di “ossessioni” (pensieri preoccupanti, dubbi, immagini disturbanti e/o spaventose che la persona non vorrebbe avere ma che non riesce a scacciare dalla mente) e di “compulsioni” (comportamenti ripetitivi messi in atto per allontanare gli eventi temuti). A lungo considerato tipico dell’età adulta, negli studi più recenti è stato appurato che il DOC spesso compare nell’adolescenza e, talvolta, anche nell’infanzia. Il dato scientifico è confermato anche dai racconti degli adulti che soffrono di DOC i quali fanno risalire all’infanzia la comparsa dei primi sintomi ossessivi e compulsivi. Per non destare inutili allarmi è necessario chiarire subito che, entro certi limiti, per un bambino è “normale” avere pensieri o comportamenti simili a quelli tipici del DOC. Per esempio, a chi non è capitato di sentirsi chiedere dal proprio figlio di ripetere più volte il racconto di una favola appena terminato? Si tratta di un modo

Quando preoccuparsi, quindi? Secondo gli esperti l’allarme dovrebbe scattare in presenza di uno o più di questi elementi: i pensieri e/o i comportamenti ripetitivi hanno un contenuto inusuale (se ne parlerà più avanti), generano un malessere intenso o un senso di frustrazione oppure interferiscono con le normali attività con conseguente calo del rendimento scolastico. In genere i sintomi ossessivo compulsivi nei bambini compaiono in concomitanza con eventi stressanti (inizio della scuola, bocciatura, problemi in famiglia) e sono più marcati la sera, soprattutto al momento di andare a letto. Come negli adulti, anche nei bambini i contenuti più comuni sono la paura dello sporco, di far del male a se stessi o ai familiari e il bisogno esagerato di ordine e simmetria. Per allontanare questi ti4


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mori compiono dei rituali come effettuare dei controlli ripetuti, lavarsi o pulire in modo esagerato, contare o ripetere, toccare o raddrizzare gli oggetti. Una sequenza tipo potrebbe essere “Quando vado a letto le ciabattine devono essere perfettamente unite per scacciare il pericolo che qualcuno entri dalla finestra” oppure “Se conto fino a tre ogni volta che parlo con mia madre, lei non morirà”, o ancora “Devo controllare dieci volte che la porta di casa sia ben chiusa per dormire tranquillo”. Sintomi più tipici dell’infanzia che, se presenti, possono essere facilmente colti dai genitori sono: una particolare meticolosità verso lo studio (eccessiva precisione nell’eseguire i compiti, necessità di leggere ripetutamente brani scolastici, correggere o cancellare ogni piccola imperfezione, ripassare con la penna parole appena scritte) e verso la pulizia (eccessiva paura di sporcarsi, in particolare con le feci o con le urine), la necessità di eseguire rigidamente sempre gli stessi comportamenti prima di addormentarsi (non poter andare a letto se ogni sera i giocattoli non sono in un determinato ordine), eseguire alcune azioni perfettamente (pretendere che i lacci delle scarpe siano sempre di pari lunghezza, temperare continuamente le matite colorate perché abbiano tutte una punta perfetta), la richiesta di ripetere parole o frasi (far ripetere una precisa sequenza di parole, chiedere di elencare una sequenza di azioni appena compiute per essere certi di averle eseguite bene, per esempio chiedere di elencare tutti gli indumenti indossati per essere certi di averli indossati), proporre sempre le stesse domande su dilemmi di natura esistenziale (domande continue sul perché si è nati proprio in quel momento, su cosa sarebbe accaduto se non fossero nati), collezionare oggetti bizzarri (buste vuote delle figurine, carte delle caramelle..), eseguire determinate azioni per prevenire un evento temuto (entrare ed uscire dalla porta della classe un certo numero di volte per evitare un brutto voto).

so rendimento, a loro volta, possono ridurre l’autostima (in alcuni casi estremi fino a veri e propri sintomi depressivi), causare isolamento dai compagni, comportamenti problematici, quali risse o litigi derivanti da incomprensioni tra il bambino e i coetanei o il personale, e portare in alcune condizioni, particolarmente difficili, al rifiuto di continuare ad andare a scuola.

Cosa fare? Comprendere la natura del disturbo e le sue conseguenze è il primo passo che i genitori dovrebbero compiere per essere fattivamente vicini al proprio bambino, aiutarlo nella sua lotta contro le paure e tenere lontano il pericolo di sintomi depressivi dovuti alla sensazione di isolamento e incomprensione. A questo proposito è importante ricordare che il bambino che soffre di DOC si rende conto che i pensieri ossessivi, a differenza delle normali preoccupazioni, non sono realistici e se ne vergogna, cerca di nasconderne il contenuto e spesso effettua i rituali di nascosto per paura di essere considerato “pazzo”. In secondo luogo, il bambino non può con la sola “buona volontà” controllarsi perché la mancata esecuzione dei rituali gli crea una grande sofferenza. Quindi, sarebbe bene non imporre l’interruzione delle sequenze perché questo causa un intenso malessere a cui il bambino può reagire facendo i capricci, o chiudendosi senza dare più spiegazioni sulle sue paure e continuando a fare i rituali di nascosto. Un altro importante passo è creare, per quanto possibile, un ambiente familiare sereno e tollerante, cercando di tenere sotto controllo le proprie preoccupazioni che, pur essendo naturali e comprensibili, contribuiscono ad aumentare l’ansia del bambino. È molto più utile ascoltarlo e fargli sentire la propria vicinanza emotiva, la semplice esperienza di essere ascoltati senza ricevere consigli o giudizi ha un potente effetto rasserenante. Utile può essere anche dare una mano al bambino nel pianificare i suoi comportamenti nei due momenti più difficili della sua giornata, prepararsi per andare a scuola al mattino e per andare a letto la sera. Pur essendo comprensivi verso la sofferenza del bambino, non è tuttavia consigliabile soddisfare completamente eventuali richieste estreme come, per esempio, prolungare per ore una doccia. E’ chiaro che trovare un atteggiamento equilibrato tra flessibilità e sostegno da un lato e fermezza dall’altro non è quasi mai facile ed è pertanto necessario chiedere aiuto ad un professionista qualificato. Il primo passo in questo senso è un

I sintomi ossessivo compulsivi, soprattutto se marcati, condizionano la vita non solo del bambino ma dell’intera famiglia e sono causa di esasperazione per tutti perché nulla sembra essere utile. Ragionamenti, imposizioni o rimproveri non riescono ad eliminare, e spesso nemmeno a ridurre, le rigide sequenze messe in atto durante i rituali. Il DOC ha spesso pesanti conseguenze anche in ambito scolastico. La presenza di pensieri ripetitivi facilmente crea difficoltà di concentrazione, di attenzione, di seguire le indicazioni così come di iniziare o di finire i compiti nei tempi stabiliti. Le difficoltà a scuola e il bas-

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percorso psicoeducativo, individuale o di gruppo, per i genitori che permetta loro di conoscere a fondo il disturbo di cui soffre il proprio figlio, di ricevere suggerimenti su quali sono gli atteggiamenti più utili da tenere e su cosa è possibile fare per aiutarlo, indirettamente, a vincere le proprie ansie. Se i sintomi sono pesanti e condizionano la vita quotidiana è necessario un intervento da parte di un professionista qualificato che coinvolga direttamente il bambino. A questo proposito la psicoterapia cognitivo comportamentale ha dimostrato di essere lo strumento psicologico più efficace per contrastare le paure irrazionali ed aumentare pensieri e comportamenti funzionali. Nel corso della terapia, anche grazie a tecniche specifiche come l’esposizione con prevenzione della risposta, i bambini vengono aiutati a prendere coscienza dei loro pensieri e comportamenti disfunzionali, a contenere i pensieri ripetitivi e le richieste ripetute di rassicurazione e a ridurre gradualmente i rituali, sviluppando modalità di pensiero e di comportamento alternativi e più funzionali. La psicoterapia contrasta, inoltre, i sentimenti di fallimento e i bassi livelli di autostima, frequenti conseguenze delle scarse prestazioni dovute al disturbo. Il buon andamento della terapia richiede che ci sia anche una cooperazione costante tra terapeuta, familiari e, talvolta, in-

segnanti per valutare l’evoluzione della sintomatologia e del funzionamento del bambino e adeguare di conseguenza il percorso psicoterapeutico. I genitori mantengono un ruolo attivo durante la terapia del loro figlio essendo loro compito regolare le aspettative di miglioramento (i risultati del trattamento si manifestano dopo mesi e sono molto graduali), lodare gli sforzi compiuti per resistere ai rituali, sottolineare i piccoli miglioramenti ottenuti, rinforzare la fiducia di potercela fare anche se un po’ alla volta e migliorare l’autostima. Infine, anche se parlare di farmaci ai bambini è sempre fonte di forti timori, è bene tenere presente che nelle forme più gravi e invalidanti (quando per esempio si evidenziano pesanti conseguenze negative sul rendimento scolastico o sulle relazioni con gli altri) si possono ottenere miglioramenti integrando la psicoterapia cognitivo comportamentale con un trattamento farmacologico specifico per il DOC, che renda gradualmente meno intensi i sintomi e, quindi, più facilmente affrontabile il percorso psicologico. Ancora una volta il suggerimento è di rivolgersi ad uno specialista con una specifica competenza ed esperienza che, oltre a prescrivere il farmaco, spieghi pro e contro del supporto farmacologico e dia tutte le informazioni necessarie per superare eventuali pregiudizi e comprendere la finalità dell’intervento.

“All’inizio, per quanto a volte mi lasciassero perplesso, ho sempre soddisfatto le richieste di mia figlia, pensavo che assecondando i suoi comportamenti l’avrei aiutata. Poi mi sono reso conto che quanto facevo non cambiava in alcun modo la situazione. Non erano i soliti capricci o le solite domande che fanno tutti i bambini, in lei c’era qualcosa di più. Non riuscivo a capire di cosa si trattasse ma ad un certo punto ho realizzato che quel “qualcosa” la faceva soffrire moltissimo. Percepire la sua sofferenza è stata la molla che mi ha fatto agire. Non eravamo noi genitori a non essere all’altezza della situazione come avevamo spesso pensato ma c’era un problema e l’unico modo per aiutarla veramente era “metterlo a fuoco” e “farsi aiutare”. Abbiamo cominciato ad informarci, raccolto suggerimenti e individuato uno psicoterapeuta per lei. Le cose ora vanno molto meglio, è un lavoro lungo e la terapia continua ma la vita di mia figlia è cambiata in meglio, è molto più serena e noi con lei.” Il padre di G.

*Istituto di Psicopatologia - Roma 6


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Il tempo dello stress (Valeria Del Vecchio, Andrea Fiorillo, Mario Luciano)*

Contrariamente a quanto riportato nei precedenti manuali diagnostici, nel DSM-IV-TR l’esposizione ad uno stressor estremo non costituisce la condizione necessaria per lo sviluppo del PTSD. Infatti, non esiste più una soglia quantitativa "catastrofica" e non è più necessaria l’esposizione ad un evento "fuori del comune" per sviluppare una reazione post-traumatica, ma è sufficiente aver vissuto avvenimenti che hanno esposto sé stessi o i propri cari ad un pericolo reale. Diversi studi hanno identificato i numerosi fattori di rischio implicati nello sviluppo del disturbo, tra cui il sesso femminile, la presenza di precedenti disturbi psichiatrici, la familiarità psichiatrica, l’appartenenza a gruppi sociali svantaggiati, traumi pregressi, l’età in cui si è verificata l’esposizione all’evento traumatico. Recentemente è stato ipotizzato che la vulnerabilità personale ai fini dell’insorgenza del PTSD sia inversamente proporzionale all’intensità dell’evento traumatico. Secondo il DSM-IV-TR le manifestazioni cliniche del PTSD possono essere raggruppate in tre cluster sintomatologici: 1) sintomi intrusivi legati alla ripresentazione del vissuto traumatico; 2) sintomi da evitamento degli stimoli associati al trauma e di ottundimento

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l disturbo post traumatico da stress (PTSD), secondo il DSM-IV-TR e l’ICD-10, è classificato tra le sindromi d’ansia reattive ad un evento esterno e comprende quelle condizioni psicopatologiche che in passato venivano classificate tra le nevrosi post-traumatiche. Si tratta, infatti, dell’unico disturbo mentale che insorge in seguito all’esposizione ad un evento a contenuto minaccioso per la vita o per l’incolumità personale e/o di una persona cara (conflitti armati, disastri naturali, incidenti, violenze dirette o rivolte a persone care, situazioni di improvviso grave pericolo di vita, etc.), e consiste in una reazione psicopatologica collegata all’esperienza traumatica vissuta, caratterizzata dalla presenza di sintomi affettivi e cognitivi. Il PTSD è uno dei pochi disturbi della nosografia psichiatrica in cui l’eziologia è chiaramente delineata, dal momento che esiste un legame evidente tra l’evento traumatico e l’esordio della malattia psichiatrica. Pertanto, per porre diagnosi è necessaria la presenza in anamnesi di un’esperienza traumatica diretta in grado di provocare una risposta di ansia specifica, paura incontrollabile, sentimenti di impotenza e/o di orrore e angoscia persistente.

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affettivo; 3) manifestazioni di iperarousal (irritabilità, esagerate risposte d’allarme, difficoltà ad addormentarsi, disturbi della concentrazione). Dal punto di vista clinico, il disturbo è caratterizzato dalla presenza di ricordi vividi e ricorrenti o immagini invasive ed ego-distoniche dell’evento, sogni angoscianti e incubi, evitamento degli stimoli (luoghi, attività, conversazioni sull’argomento) associati al trauma, distacco emotivo, disturbi della concentrazione e della memoria, illusioni, allucinazioni ed episodi di flashback durante i quali si ripresenta il contesto percettivo ed affettivo dell’esperienza traumatica, fino ad amnesie dissociative in cui il paziente sperimenta l’impossibilità di ricordare alcuni aspetti del trauma. Possono essere presenti reattività fisiologica con intense manifestazioni neurovegetative, profondo disagio psicologico secondario all’esposizione a fattori collegati al trauma che si protraggono anche al cessare dell’esperienza traumatica, sintomi di iperarousal e “numbing”, cioè uno stato di ottundimento emozionale e affettivo caratterizzato dalla marcata riduzione degli interessi o della partecipazione ad attività significative, da sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri, riduzione dell’affettività e sentimenti di diminuzione delle prospettive future. La prevalenza del PTSD varia a seconda delle popolazioni considerate. Nella popolazione generale è compresa tra l’1 e il 9%, benché il tasso di prevalenza di forme subcliniche del disturbo raggiunga il 15%. Tra i gruppi ad alto rischio, quelli cioè esposti ad eventi traumatici, la prevalenza lifetime può raggiungere il 50-60% e variare dal 27% nelle popolazioni che vivono in contesti urbani ad alta presenza di devianza e criminalità al 43% nelle vittime di violenze sessuali. Sebbene il PTSD possa manifestarsi in ogni età, compresa l’infanzia, esso ha una maggiore prevalenza nei giovani adulti e dipende dalla natura delle situazioni precipitanti. I traumi più frequenti sono negli uomini un’esperienza di guerra, mentre nelle donne un’aggressione o uno stupro. Il disturbo è più diffuso tra le donne, tra le persone che vivono da sole, divorziate e vedove, e tra le persone economicamente e socialmente svantaggiate. L’esordio dei sintomi di

solito avviene entro il primo mese dall’esposizione all’evento traumatico, ma in circa il 15% dei casi l’esordio può avvenire a distanza di mesi o anni dall’esposizione. Il 50% circa dei pazienti che sviluppa un PTSD va incontro ad una remissione sintomatologica completa, mentre l’altra metà sviluppa una forma cronica e persistente, che può protrarsi anche per anni. Numerose evidenze scientifiche descrivono le alterazioni neurobiologiche, centrali e periferiche, prodotte dal PTSD. Tali alterazioni possono essere di varia gravità, fino a determinare una modificazione dei meccanismi di espressione genica. Un importante trauma psichico, acuto e intenso, può tradursi in modificazioni biologiche che perdurano per diversi anni. I neurotrasmettitori maggiormente coinvolti nel disturbo sono noradrenalina, dopamina, glutammato, GABA e peptidi oppioidi. L’esposizione acuta e cronica allo stress favorisce, inoltre, alterazioni a carico dei principali sistemi ormonali. I fenomeni biologici che seguono l’esposizione ad uno stress acuto comprendono una primitiva alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene attraverso un aumento dei livelli di cortisolo. Nonostante un considerevole numero di pazienti affetti dal disturbo vada incontro ad una remissione sintomatologica spontanea nei primi mesi o anni dopo l’esposizione al trauma (i sintomi tendono a scomparire per lo più entro un anno dall’esordio), è altrettanto vero che in almeno 1/3 delle persone con PTSD i sintomi possono persistere per diversi anni anche in presenza di un trattamento adeguato. Le manifestazioni cliniche del disturbo, inoltre, possono compromettere sensibilmente il funzionamento sociale, familiare ed occupazionale delle persone che ne soffrono e determinare diverse complicanze tra cui abuso di sostanze, depressione (con aumento del rischio suicidario) e altri disturbi d’ansia come attacchi di panico e fobie. Tutto ciò rende indispensabile il riconoscimento precoce dei sintomi e dei pazienti che necessitano di un trattamento e la messa a punto di interventi psicofarmacologici e/o psicoterapici efficaci. Sebbene la gravità dei sintomi nei giorni immediatamente successivi al 8


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trauma non predica necessariamente lo sviluppo di un PTSD grave e duraturo, la loro persistenza e gravità dopo 2-4 settimane dall’esordio rappresenta uno degli indicatori più attendibili della necessità di intraprendere un trattamento adeguato. Il trattamento del PTSD comprende interventi farmacologici e psicoterapici. Gli studi più accreditati e le linee-guida internazionali sul trattamento raccomandano la terapia cognitivo-comportamentale come prima scelta rispetto al trattamento farmacologico e sottolineano che le terapie psicologiche hanno maggiore efficacia e minori tassi di drop-out (rinuncia alla terapia) rispetto ai farmaci. Nei casi di

gliorare i sintomi principali del PTSD (rivisitazione dell’evento, sintomi di evitamento, numbing e iperarousal); 2) migliorare il funzionamento generale dei pazienti; 3) migliorare la sintomatologia dei disturbi psichiatrici in comorbidità; 4) prevenire le ricadute. I farmaci più utilizzati nella pratica clinica sono gli antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina e gli antidepressivi di nuova generazione, sebbene siano frequentemente prescritti anche gli antidepressivi triciclici e i farmaci antipsicotici. Tuttavia, sebbene in letteratura non manchino studi che dimostrano l’efficacia della farmacoterapia nel PTSD, questa viene considerata ancora parziale e i dati disponibili in letteratura sull’argo-

PTSD cronico o in comorbidità con altre patologie psichiatriche è raccomandato un trattamento integrato. A tutti i pazienti con PTSD, pertanto, deve essere proposto un trattamento psicoterapico orientato al trauma (CBT trauma-focused, eye movement desensitization and reprocessing, EMDR) allo scopo di ridurre i sintomi specifici, migliorare la resilienza e la qualità della vita, ridurre le comorbidità e la disabilità. L’utilizzo della terapia farmacologica è necessario nei casi in cui non vengano raggiunti sufficienti miglioramenti clinici. Gli obiettivi della terapia farmacologica sono: 1) mi-

mento sono contraddittori. Inoltre, rimane controversa la questione relativa a quando iniziare il trattamento, sebbene appaia opportuno intervenire nel più breve tempo possibile per evitare che il ricordo del trauma diventi resistente alle cure. I dati di letteratura sono al momento contrastanti ed ulteriori studi saranno necessari per definire tempi e ruolo dei trattamenti farmacologici al fine di garantire una rapida ed efficace risoluzione della sintomatologia clinica.

*Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN 9


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Qualcuno vi ascolta (Risponde Prof. Antonio Tundo, Istituto di Psicopatologia, Roma)

Barbara, dalla provincia di Lecce, invia un’accorata lettera: “Ho 24 anni e da 1 anno soffro di attacchi di panico che, un po’ alla volta, stanno paralizzando la mia vita. Per paura di sentirmi male all’improvviso e non poter ricevere aiuto non viaggio più, non guido, non vado al cinema, non faccio una passeggiata da sola e a stento riesco a stare nel negozio dove lavoro. Ho visto uno specialista che mi ha prescritto un farmaco senza però darmi molte spiegazioni. Il problema è che non ce la faccio proprio ad iniziare la cura perché ho mille dubbi: mi farà sentire intontita?, dopo quanto tempo farà effetto?, per quanto tempo dovrò prenderla?, diventerò dipendente? La prego, mi aiuti, sono in un vicolo cieco e non so proprio come uscirne”.

di panico (quei malesseri fisici che insorgono all’improvvi-

Cara Barbara, da ormai 30 anni mi occupo di persone che soffrono di panico e so bene quanto malessere questo di-

ne della cura fino alla completa sospensione o, talvolta, al-

so e che tanto spaventano) e successivamente nella graduale riduzione dell’ansia anticipatoria (la così detta “paura della paura”, cioè quel continuo timore di potersi sentire nuovamente male) e delle condotte di evitamento (cioè, non riuscire a guidare, fare una fila, prendere un mezzo pubblico ecc…). In alcuni casi per raggiungere questo secondo obiettivo può essere utile integrare i farmaci con una psicoterapia cognitivo comportamentale. Una volta ottenuto il completo controllo della sintomatologia è necessario, pena il ritorno alla fase acuta, proseguire ancora il trattamento a dosi piene per almeno 8-12 mesi. Solo a questo punto si inizia, sotto stretto controllo dello specialista, una graduale riduziol’individuazione di una dose minima da mantenere per tempi più lunghi a scopo preventivo. Le ricerche scientifiche

sturbo può causare, quanto può condizionare la vita fino a far perdere l’autonomia e creare uno stato di profonda de-

ci dicono che, seguendo questo protocollo terapeutico, il panico può essere controllato e vinto nel 70-80% dei casi, una

moralizzazione come quello che sta vivendo lei. Detto questo, però, vorrei subito darle alcune buone notizie. Il distur-

percentuale di successo molto alta non solo per la psichiatria, ma anche per la medicina in generale. Un ultimo importante chiarimento: i farmaci che si utilizzano per il di-

bo di panico è uno dei disturbi meno gravi e meglio curabili che incontriamo in psichiatria perché conosciamo bene quali sono i meccanismi neurochimici in gioco (è stato ben studiato a partire dagli anni settanta del secolo scorso!) e disponiamo di diversi farmaci efficaci e ben tollerati in grado

sturbo di panico appartengono alla famiglia degli antidepressivi e agiscono prevalentemente sulla serotonina o sulla noradrenalina. Questo significa che non causano dipendenza poiché è con le benzodiazepine, i così detti “ansiolitici”, assunte senza controllo che si corre questo rischio. Significa inoltre che, non trattandosi di sedativi, non finirà con il “dormire l’intera giornata” e, ancora meno, con “l’andare in giro come uno zombie” come afferma in un passaggio, che non ho riportato, della sua lettera. Coraggio, quindi, inizi la cura, si tenga in contatto con lo specialista che gliel’ha prescritta e vedrà che tra 1 mese o poco più comincerà a vedere la luce in fondo al tunnel. Non c’è nessun motivo di continuare a stare male quando il disturbo di cui si soffre può essere così bene e facilmente curato.

di bloccarlo. Purtroppo tante persone, proprio come sta accadendo a lei, non riescono ad iniziare la terapia perché ne hanno paura e devono essere rassicurate, quasi “portate per mano”, nelle prime fasi del trattamento. Cercherò, quindi, di dare una risposta ai suoi tanti dubbi con la speranza che questo le dia il coraggio di iniziare le cure che la porteranno fuori dal tunnel. Grazie alla lunga esperienza è oggi possibile prevedere con buona approssimazione tempi e modalità di risposta alle terapie. Una volta iniziato il farmaco giusto bisogna attendere tra 3 e 6 settimane per vederne l’effetto, che consiste innanzitutto nel blocco degli attacchi

Inviate le vostre lettere per posta ordinaria al Prof. Antonio Tundo - Idea Bologna, Via Barberia 18 • 40123 Bolognao per E-mail: idearisponde@tin.it In questa rubrica saranno pubblicate quelle che contengono richieste di informazioni o quesiti clinici di interesse comune

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In breve dalla ricerca (a cura della Dott.ssa Fulvia Marchetti, Istituto di Psicopatologia, Roma)

DIETA e depressione Una revisione dei dati presenti in letteratura, condotta da M. Joseph e collaboratori (Canadian Journal of Psychiatry, Novembre 2012), ipotizza la presenza di una correlazione tra stile alimentare e rischio di sviluppare un disturbo psichiatrico. In particolare, coloro che consumano regolarmente alimenti ricchi di acidi grassi mono e poli-insaturi, abbondantemente presenti nella dieta mediterranea, essendo contenuti per esempio nell’olio di oliva e nel pesce, hanno un rischio inferiore del 30% di sviluppare un episodio depressivo rispetto a coloro che consumano prevalentemente cibi contenenti acidi grassi a catena ramificata, come carne, latte intero e suoi derivati (formaggi…). Una bassa concentrazione di acidi grassi mono- e poli-insaturi espone, inoltre, ad un aumento dell’incidenza della depressione post partum.

CAFFEINA e funzioni cognitive Alcune osservazioni preliminari fanno pensare che un uso, comunque moderato, di caffeina può aiutare a mantenere efficiente la memoria. E’ quanto emerge da una revisione degli studi, invero pochi, ad oggi disponibili condotta da L. Arab e collaboratori (Advances Nutrition, Settembre 2012) i quali hanno osservato che coloro che consumano regolarmente caffeina mantengono nel tempo un’efficienza cognitiva significativamente superiore a quella di coloro che non assumono questa sostanza. Il fenomeno è più evidente per le donne che per gli uomini.

POVERTÀ nell’INFANZIA, comportamento antisociale ed abuso di sostanze Uno studio pubblicato nel dicembre 2012 su Archives of General Psychiatry da S. Ramanathan e collaboratori ha evidenziato che i bambini cresciuti durante il loro primo anno di vita in un contesto economicamente sfavorevole hanno maggiori probabilità di sviluppare comportamenti antisociali (impulsività, aggressività, tendenza a non rispettare le leggi…) e/o di abusare di sostanze in adolescenza. Questa ricerca invita a riflettere su quelle che potrebbero essere le conseguenze della crisi economica internazionale in atto sulla salute mentale delle generazioni future.

Depressione e RISPOSTA alle CURE La percentuale di insuccesso dei farmaci nel trattamento della depressione oscilla tra il 15% e il 20%. Queste forme, definite “resistenti”, sono da anni intensamente studiate per cercare di capire se ci sono dei segnali che consentano di individuarle fin dall’inizio in modo da effettuare da subito cure più mirate, evitando al paziente un inutile prolungamento del suo stato di sofferenza. Un utile indizio in questo senso è di recente emerso in uno studio pubblicato da L. Maura e collaboratori (Jama Psychiatry, febbraio 2013) nel quale si evidenzia che nei soggetti con depressione maggiore c’è una relazione tra l’attività di una particolare zona del sistema nervoso centrale, la corteccia visiva deputata all’elaborazione degli stimoli emotivi, e la risposta alla terapia con scopolamina, una molecola a rapida attività antidepressiva. Sono comunque necessarie ulteriori conferme prima che questo tipo di indagine possa trovare spazio nell’attività clinica di routine.

Aumento dell’incidenza dell’ALCOLISMO nella popolazione FEMMINILE Da sempre l’abuso di alcol è considerato un problema prettamente maschile. Di recente, tuttavia, il Centers for Disease Control and Prevention ha lanciato l’allarme segnalando che il fenomeno sta diventando sempre più preoccupantemente diffuso anche tra le giovani donne. A questo proposito, secondo uno studio pubblicato da C.M. Marchetta (Morbidity and Mortality Weekly Reporty, July 2012) negli Stati Uniti 14 milioni di donne di età compresa tra i 18 ed i 24 anni abusano di alcol almeno 3 volte al mese e bevono quotidianamente 3 bibite alcoliche per pasto. L’alcolismo è un comportamento patologico che nelle donne può avere ricadute più gravi che negli uomini. Per le prime, infatti, oltre alle inevitabili conseguenze dirette sulla salute bisogna mettere in conto anche i rischi derivanti dal frequentare i luoghi in cui abitualmente i giovani effettuano le “abbuffate di alcol” nel fine settimana. Si tratta di contesti socialmente pericolosi che espongono la popolazione femminile al rischio di aggressioni e di violenza sessuale. 11


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Testimonianze Gisella è una bella signora di 84 anni in buona salute fisica, pronta al sorriso, con due occhi azzurri che si fanno ancora notare. Da ormai 4 anni, dopo la scomparsa del marito, la sua vita è permeata dalla paura. Paura di stare sola in casa, di non riuscire a fare le cose semplici, di gravare sui suoi figli. Non si riconosce in questa veste di vulnerabilità e ha perso fiducia in se stessa. Si è presentata a IDEA con la figlia a fine estate 2012 e ha accettato di frequentare i gruppi di Auto Aiuto da subito. Gisella – “Sono sempre ansiosa, anche le cose più semplici mi mettono ansia, persino quelle che sapevo fare molto bene fino a qualche anno fa ora mi sembrano quasi impossibili. Mi sento insicura di tutto, soprattutto quando sono sola. La notte e il buio mi fanno paura, prima del tramonto abbasso tutte le tapparelle e accendo la luce artificiale. Senza qualcuno in casa mi agito tantissimo fino a provare sensazioni fisiche come formicolii alle gambe, alla testa, forte instabilità e tremore. Una psichiatra a cui mi sono rivolta mi ha prescritto qualche goccia di benzodiazepina al bisogno, ma io cerco di contenerne il consumo. Il mio rapporto con gli altri si è andato un po’ a deteriorare perché temo di essere di peso e perché non mi sento compresa; tutti mi dicono che devo sforzarmi e questo mi provoca rabbia perché non vengono riconosciuti i miei sforzi, che io reputo davvero enormi. Mia figlia mi dice che arretrare davanti alla paura significa ingigantirla maggiormente, mentre potrei provare a superare almeno gli ostacoli più piccoli, per recuperare gradatamente fiducia in me stessa. Forse ha ragione, ma quando è il momento io mi sento male e rinuncio. Mi riprometto che proverò “domani”. Alle volte mia figlia insiste e io ci provo, poi in realtà sono contenta ma mi sento priva di energia. Non so perché mi sono ridotta così, faccio fatica ad accettare questo mio stato e non mi piaccio. Quello che mi spaventa ancor più è la dipendenza da questo circolo vizioso: non voglio disturbare gli altri, ma non riesco ad evitarlo e mi sento sempre più ansiosa e insicura. Se sono in compagnia la paura mi passa, mi dimentico, mi distraggo, torno a vedere le cose sotto un’altra luce. Se mi capita di essere sola alle volte prendo un libro e mi metto a leggere davanti alla finestra così posso udire il rumore della strada, della vita, e vedere qualcuno che passa, oppure esco e cammino: essere in mezzo alla gente mi aiuta a non sentire la malinconia e a controllare l’ansia, però devo essere nella mia zona, dove so di potermi muovere sicura. Un giorno mia figlia mi ha parlato di IDEA e io ho accettato perché ho voglia di migliorare e non scarto le possibilità che mi vengono offerte, se questo non comporta un impegno che io considero eccessivo, come per esempio andare da sola in una zona che non conosco o costringere qualcuno ad accompagnarmi. Presso la sede di IDEA ho trovato un ambiente accogliente, mi sono sentita a mio agio e quando mi è stato proposto di partecipare al gruppo di auto aiuto ho accettato subito anche se non avevo ben capito cosa sarebbe successo. La prima volta mi sono fatta accompagnare da mia figlia, ma ora vado autonomamente anche perché non è lontano da casa mia, ormai ho preso confidenza con le strade e fare un po’ di moto mi fa bene. Dal primo giorno mi sono sentita accolta, far parte del gruppo mi fa sentire protetta e più sicura perché posso condividere le mie ansie e i miei problemi con persone che vivono come me un disagio psicologico; mi sento tranquilla in un luogo dove ho la consapevolezza di non essere trattata come una che non si impegna abbastanza. Mi piace ascoltaNel ringraziare Gisella e sua figlia per le loro testimonianze, rinnoviamo l’invito a tutti i nostri gentili lettori ad inviarci art 12


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re le situazioni degli altri e mi viene spontaneo cercare di aiutarli e trovare delle soluzioni per loro. All’inizio pensavo di trovarmi davanti a persone che davano solo consigli o giudizi, poi ho capito che eravamo tutti “assieme” e per me la cosa più importante è proprio la condivisione, la libertà di poter parlare dei miei problemi e ascoltare quelli degli altri. Il gruppo non si esaurisce lì dove fisicamente siamo, per me continua anche a casa, perché ripenso alle cose dette, confronto situazioni e rifletto sui modi di affrontarle che potrebbero essere più adatti a me. Temevo di essere troppo vecchia, e infatti sono la più vecchia, ma nel gruppo di auto aiuto non penso affatto alla mia età poiché mi sento accettata per quello che sono. Mia figlia mi ha chiesto se sarei disposta a partecipare al gruppo anche se la sede fosse più lontana: sì, ma per ora spero che resti dov’è e così com’è!”

Figlia di Gisella – “Mia madre è una ottantaquattrenne ancora fisicamente attiva, è sempre stata una donna dolce, ricca di volontà, di forza del sacrificio, disponibile prima per gli altri poi per se stessa, allegra e ricettiva a nuove forme di interesse. Da qualche anno la sua identità sembra sdoppiata: in alcuni momenti, ormai frequenti, si mostra reticente ad impegnarsi, priva di interessi, egoista, persino un po’ aggressiva. Provo un forte disagio perché non la riconosco, mi sembra di averla smarrita e benché mi sforzi continuamente di trovare soluzioni che la possano confortare, sono consapevole di quanto poco io riesca ad esserle d’aiuto. Appena contrasto un suo parere o la esorto a fare qualcosa che non desidera, mi rimprovera di essere responsabile di peggiorare il suo stato d’ansia. Altre volte le sue richieste nei miei confronti non contemplano la più esigua considerazione delle mie piccole e grandi difficoltà quotidiane, avverto che non riserva attenzione al mio stato di salute, alle mie condizioni psicologiche o alla mia vita in generale e provo una sensazione di sconforto e di rabbia assieme che non sempre riesco a contenere. Ho capito che sarebbe stato più facile per lei trovare un aiuto concreto fuori dal recinto famigliare e le ho proposto la Fondazione IDEA di cui avevo sentito parlare all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Lei ha accettato di buon grado sfruttando tutta la volontà di emergere da una condizione che la opprime e di cui vorrebbe liberarsi per tornare ad appartenere a se stessa. Questi sono i segnali in cui io la riconosco e per cui la stimo. Mi sono resa conto dello sforzo che ha dovuto sostenere la prima volta immettendosi in un gruppo di persone sconosciute e l’ho apprezzata moltissimo. Dal primo giorno ha manifestato interesse ed entusiasmo per questa esperienza parlandomene come pervasa da un senso di liberazione. Ho percepito che il confronto e la condivisione delle sue ansie con altre persone la aiuta a ritrovare la sua vera identità, a recuperare quel coraggio e quella forza utile per passare attraverso il tornado e tornare “a casa”.

i articoli e testimonianze, personali o dei propri cari, affinchè l’esperienza di chi ha sofferto possa essere di aiuto agli altri 13


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Depressione nel mondo del lavoro Giuliana Piumatti Panizzi*

N

elle mie esperienze di ascolto relative al-

mentito, fingendo di essere solare e socievole, quan-

la risposta telefonica o agli incontri diret-

do in realtà soffriva di fobia sociale e di un malessere in-

ti in Sede, ho avuto modo di constatare

teriore (legato in qualche modo alla depressione), mai

quanto il problema della depressione, con-

curato clinicamente.

nesso all'incertezza esistente nel mondo del lavoro,

In un'altra occasione ho condiviso l'esperienza di un gio-

sia un fenomeno in costante crescita, ed è importante

vane neo-laureato il quale non riesce a trovare il corag-

sottolineare come colpisca qualsiasi fascia d'età, senza

gio d'inserirsi nel mercato del lavoro. Per circa due an-

alcuna distinzione di genere, etnica e culturale. Recen-

ni ha evitato colloqui, test d'ogni genere, ammettendo

temente ho avuto modo di accogliere una signora di

di inventarsi un lavoro che non ha mai svolto, magari

42 anni la quale ha sostenuto un colloquio di lavoro, uno

scrivendo di averne esercitato in nero svolgendo attivi-

di quelli che organizzano grosse aziende con gruppi di

tà di volantinaggio o altri piccoli mestieri.

candidati i quali, tra altri argomenti, vengono sottoposti

In casi come questi, ossia sull'analisi delle assunzioni in

a test psicoattitudinali. Mi ha riferito che tale test anno-

diverse società e del bilancio delle competenze di un

verava domande palesemente tese a "stanare" depres-

gruppo di dipendenti facenti parte di vari tipi di azien-

si e fobici sociali, allo scopo di porre in questione quan-

de, ritengo basilare ed indispensabile essere il più one-

to ci si senta tristi o spossati, circa l'atteggiamento po-

sti e sinceri possibile, poiché si può tranquillamente ba-

sitivo o negativo tenuto nei confronti della vita, ed ulte-

rare rispondendo alle domande dei test, ma tali test

riori quesiti relativi al modo di relazionarsi con altri. La si-

sono impostati su domande incrociate di auto-verifica,

gnora ha ammesso, ovviamente, di aver totalmente

ossia può cambiare la tipologia del quesito esposto, ma 14


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la risposta deve essere formulata in modo tale affin-

energie dedicate al lavoro e le energie dedicate alla pro-

ché non emergano contraddizioni o incoerenze.

pria vita privata) e sulla scrittura creativa. Attraverso una

Inoltre, attraverso una rassegna teorica e di ricerche, si

sua attenta lettura emerge come stress e depressio-

pone il fine di evidenziare la relazione tra alcuni feno-

ne si stiano trasformando sempre più rapidamente

meni del mondo del lavoro, come il mobbing, il burnout,

nella malattia maggiormente connessa al lavoro. Si

l’assenteismo, la dipendenza dal luogo di lavoro e la pa-

inizia spesso in modo impercettibile: una mole d'incarichi sempre crescente e scadenze sempre più

tologia depressiva. Tra gli obiettivi del mobbing si rileva l’iso-

pressanti. Mancanza di stima, ristrutturazioni

lamento fisico e psicologico della per-

aziendali o la preoccupazione per il posto di

sona che perde progressivamente tut-

lavoro aumentano la pressione. Presto si instaura un circolo vizioso fatto di

ti i propri punti di riferimento e di so-

eccessivo impegno e senso di im-

stegno. L’isolamento, il calo dell’autostima, la forte svalutazio-

potenza. E sempre più spesso

ne in ambito lavorativo condu-

la diagnosi è: depressione

cono il soggetto ad una seria

da stress. Non è un caso,

depressione.

infatti, che l'incidenza e

Il burnout (che letteralmente si-

la prevalenza di patolo-

gnifica “bruciato” ed in termini

gie, quali la depressione

tecnici indica il momento in cui il

maggiore (in cui il rischio

lavoratore subisce un crollo psico-

di tentato suicidio è altis-

logico) può determinare la patolo-

simo, quasi caratterizzante

gia poiché il soggetto non solo uti-

la patologia!), sia aumentata

lizza le sue competenze tecniche

in modo vertiginoso: quasi 5

ma impegna anche tutte le proprie

milioni di italiani (8%) soffrono

energie psichiche per soddisfare i bi-

di depressione e circa il 20%

sogni dell’utente, il quale spesso

della popolazione generale ha avu-

non dimostra né apprezzamento né

to almeno un episodio depressi-

gratitudine: il risultato è uno stato di

vo, nell'arco della propria vita.

profondo sconforto e insoddisfazio-

L'Associazione IDEA ritengo sia in

ne lavorativa.

grado di imprimere una spinta po-

Nell’assenteismo si nota come il

sitiva per prevenire tali disturbi e

disturbo depressivo possa svilup-

porre un importante ostacolo, of-

parsi anche all’esterno della pro-

frendo appropriati strumenti per

fessione e ripercuotersi in essa,

questa che ormai tende ad evi-

danneggiando sia il rapporto con

denziarsi quasi come epidemia,

i propri colleghi, sia provocando

grazie all'attuazione di program-

danni economici all’azienda,

mi di assistenza e prevenzione sociale. E' oltremodo utile e

che viene penalizzata da una minore produttività.

proficua la creazione di

La dipendenza dal la-

gruppi di auto-aiuto ma,

voro cela, in alcuni casi,

soprattutto, è rigorosa-

la sofferenza dell’individuo, il quale tende a rifu-

mente necessario saper

giarsi nella professione per avere un distacco

ascoltare e dare sostegno a coloro che

dalle proprie ansie e paure.

non riescono a gestire la propria sofferenza e le pro-

Carola Kleinschmidt, biologa e giornalista, si occupa da

prie problematiche in un momento così difficile.

anni di salute e mondo del lavoro. Tiene seminari sul

*Responsabile Sede e Centro di Ascolto Associazione IDEA Genova Onlus

work-life-balance (definibile come l'equilibrio tra le 15


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Non solo farmaci

Manuela Cancian - IDEA Milano

“Cosa significa prendere un farmaco chiamato antidepressivo” è il titolo della conferenza tenuta lo scorso mese di dicembre dalla dott.a Elena Di Nasso, con la collaborazione di Fondazione IDEA e il patrocinio del Comune di Milano. Manuela Cancian, che ha partecipato all’evento assieme a tutti i volontari di IDEA Milano, ha voluto esporci attraverso questa breve relazione i passaggi più s i g n i f i c a t iv i d e i t e m i t ra t t a t i n e l c o r s o d i q u e s t o i m p o r t a n t e i n c o n t ro.

Q

telli di Milano, alla conferenza organizzata da Fondazione IDEA venerdì 14 dicembre 2012 presso il Circolo Consiliare di zona 6 del Comune di Milano.

uali sono i farmaci per curare la depressione? Esiste un farmaco migliore? Cosa bisogna aspettarsi da una terapia antidepressiva? E quanto dura? “Farmaci antidepressivi e malattia depressiva rappresentano argomento di cui si parla molto ma di cui si fa ancora molta confusione”. Così esordisce la dottoressa Elena Di Nasso, medico psichiatra del Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Fatebenefra-

Davanti ad un’attenta platea la dottoressa Di Nasso, dopo aver definito la malattia depressiva nelle sue diverse manifestazioni, si sofferma sull’importanza che assume il rapporto di collaborazione fra psichiatra e paziente, inclusi i familiari e il medico di base, al fine del successo della terapia. “Un’ottimale sintonia fra medico e paziente consente a quest’ultimo di svisce16


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rare tutto il suo disagio, di trasmettere che cosa è effettivamente cambiato dentro e fuori di lui e quali sono sintomi e limitazioni che la malattia comporta nella vita di tutti i giorni. Da parte dello psichiatra è importante illustrare al paziente come agiscono i farmaci antidepressivi e che cosa ci si può attendere da una cura farmacologica”. Non è raro però riscontrare una certa diffidenza da parte dei pazienti nei confronti delle terapie antidepressive, a causa di una conoscenza limitata dell’argomento e dell’errata convinzione secondo la quale gli psichiatri tenderebbero a risolvere la malattia unicamente attraverso l’uso di psicofarmaci, di cui spesso purtroppo si pensa prevalentemente in termini di effetti collaterali.

in quanto esiste una risposta individuale per cui un farmaco può rivelarsi ottimo per una persona e assolutamente non tollerato dall’altra, senza sottovalutare che condizioni mediche diversissime possono associarsi alla depressione interferendo con la terapia. “Bisogna inoltre considerare che spesso la terapia non presenta un andamento lineare in quanto il miglioramento dei sintomi potrebbe subire interruzioni, senza però per questo compromettere l’esito favorevole della cura”.

... I farmaci fanno parte di un’orchestra di strumenti psicologici e ambientali dove ognuno fa la sua parte: medico di base, psichiatra, psicoterapeuta, familiari e la società con la propria cultura e i propri orientamenti..

“I farmaci fanno parte di un’orchestra di strumenti psicologici e ambientali che cercano di rimediare ad un malessere purtroppo molto complesso dove ognuno fa la sua parte: il medico di famiglia, lo psichiatra, lo psicoterapeuta, il familiare e la società con la propria cultura e i propri orientamenti”. L’estrema attenzione che alcuni pazienti e familiari ripongono nei confronti degli effetti collaterali, li induce a sottovalutare i reali vantaggi della terapia farmacologica e i suoi effetti benefici. Non va trascurato, infatti, che i farmaci antidepressivi possiedono attività trofiche a livello cerebrale, agiscono sul sistema immunitario, su quello dell’infiammazione e svolgono un’azione regolatrice sugli ormoni in donne in post-menopausa e in quelle affette da sindrome disforica premestruale.

Gli stessi antidepressivi utilizzati per la cura della depressione possono essere indicati nella terapia di altri disturbi psichiatrici come, ad esempio, l’ansia generalizzata, la fobia sociale, il disturbo di panico e il

Appagato il pubblico con un’esposizione chia-

disturbo ossessivo compulsivo. In certi casi, a bas-

ra e “appassionata” ed esaudite le numerose

se dosi, possono trovare impiego nella cura di alcu-

domande, la dottoressa Di Nasso conclude

ne forme dei cosiddetti disturbi bipolari soft, dove la re-

esortando i pazienti già in cura ad essere al-

golarizzazione della funzione serotoninergica sembrereb-

leati del proprio medico e condividerne con

be avere anche una funzione stabilizzatrice del tono del-

lui dubbi e paure, sollecitando alla platea il de-

l’umore e per questo sono definiti più correttamente

siderio di conoscere per accrescere la consa-

"regolatori del tono dell’umore". Nell’illustrare le diver-

pevolezza. Infine, invita tutti allo sforzo di

se tipologie di farmaci che curano la malattia depressiva,

“comprendere i mille percorsi che in certi ca-

dai primi introdotti sul mercato fino a quelli di ultima gene-

si il paziente, ma anche il medico e la scienza

razione e alle molecole attualmente in fase di studio, la

devono intraprendere per portare sollievo al-

dottoressa Di Nasso sottolinea che la categoria di farma-

l’uomo con la sua malattia e la sua depressione,

ci per curare la malattia depressiva è molto eterogenea e

affinché egli possa tornare ad affrontare la vi-

non si può giudicare un prodotto migliore di un altro

ta, in tutti i suoi aspetti di dolore e felicità”. 17


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Insieme contro il disagio giovanile IDEA Milano

“In mezzo alla gente, sull’autobus, a scuola, per strada mi sento un’ombra attraverso la quale gli altri passano indifferenti; vorrei gridare, ma so che nessuno sentirebbe la mia voce, vorrei sapere com’è sentirsi amati..”. “Mi sembra di vedermi dall’esterno e di non riconoscermi, vorrei spogliarmi dei miei vestiti e indossare una pelle nuova, vorrei trovare una nuova s t r a d a m a m i s e n t o i n a d e g u a t o d a v a n t i a q u a l s i a s i a l t e r n a t i v a . .”

I

l percorso verso l’età adulta comporta un confronto forzato con nuove situazioni, sfide, scelte, un consolidamento delle strutture fisiche e psichiche, una sorta di collaudo che può mettere allo scoperto elementi di fragilità non sempre facili da gestire.

aiutarli ad individuare quando un disagio giovanile potrebbe non identificarsi con un normale processo di crescita destinato alla ricerca di un nuovo ruolo sociale, ma rappresentare l’espressione iniziale di un disturbo dell’umore, come depressione o ansia. All’incontro, che si è tenuto mercoledì 31 ottobre 2012 presso il CAM Garibaldi in corso Garibaldi a Milano, le volontarie di IDEA Daniela Tai e Alessandra Tranu, alla presenza di Maria Pia Bianchi, si sono rivolte ad un gruppo di volontari di Sorriso Telefono Giovani, delineando un quadro generale sui principali disturbi dell’umore e sulle caratteristiche e modalità di manifestazione dei disagi psicologici giovanili più frequenti quali ansia e depressione. Han-

Comprendere la natura e la portata dei problemi giovanili, aiutare i ragazzi a trovare le risorse e gli stimoli per affrontare il proprio disagio, è l’obiettivo che si pone l’Onlus Sorriso Telefono Giovani. Socio fondatore e presidente dell’associazione attiva dal 1993 è Maria Pia Bianchi che anche quest’anno ha chiesto la collaborazione di Fondazione IDEA alla formazione di aspiranti volontari, col fine di 18


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Psicologi e psichiatri confermano che, senza un adeguato supporto, sentimenti di disperazione e nullità divengono più pressanti, idee e pensieri ricorrenti su atti autolesivi cominciano a svilupparsi e il giovane, desideroso di lenire una reale e persistente sofferenza morale non riconosciuta, può cercare sollievo in azioni estreme come il suicidio o nell’abuso di droghe o alcool. L’assunzione di cannabis, alcool, anfetamine, eroina, cocaina, a seguito di una prima fase di effimera euforia, accresce instabilità e cattivo umore, al punto da indurre continuamente il ricorso alla droga per inseguire un fugace quanto sempre più illusorio benessere, col risultato di aggiungere al disagio psicologico anche la tossicodipendenza.

no spiegato come, molto spesso, conseguenze sociali di tali disturbi siano rappresentate da uso di alcool e droga, sollecitando un’analisi sulle motivazioni che ostacolano l’individuazione del disagio psicologico fra i giovani e sulla facilità con cui troppo spesso si tende ad ignorare una reale patologia confondendola con un normale processo di crescita. Sulla base degli ultimi dati emersi, si stima che circa il 20% degli studenti di scuola media superiore soffra di infelicità o di altri problemi che potrebbero avere un’implicazione psichiatrica. E’ noto come sia difficile comprendere perché alcuni giovani siano afflitti da disagi psicologici ed altri attraversino i percorsi tortuosi dell’adolescenza raggiungendo l’età adulta senza eccessivi problemi; ogni soggetto vanta un profilo individuale rappresentato da una commistione di fattori e concause atti ad indurre o impedire l’insorgere di una sindrome ansiosa o depressiva che, a volte, si presenta senza ragioni apparenti anche fra ragazzi che sembravano condurre una vita ricca di affetti e benessere.

Se in passato si riteneva che taluni disturbi mentali fossero più frequentemente conseguenza dell’uso di sostanze, ora si calcola che almeno il 20% degli adolescenti che soffrono di disturbi dell’umore faccia uso di sostanze stupefacenti.

Gli psichiatri sostengono che una patologia non tempestivamente riconosciuta potrebbe condurre ad una prognosi meno favorevole e richiedere un trattamento a lungo termine, mentre è accertato che una pronta identificazione del disagio psicologico nelle fasce giovanili consenta un’ottima rispondenza alle terapie (farmaci associati a psicoterapia cognitivo comportamentale o interpersonale) favorendo già nel breve periodo la ricomparsa di stimoli e motivazioni a progettare un presente, una nuova parDa sinistra: Alessandra Tranu, Daniela Tai e Maria Pia Bianchi tecipazione alla vita di gruppo, un recuA conclusione dell’incontro, si condivide che un’appropero di autostima e una visione più ottimistica del futuro. priata conoscenza delle manifestazioni di un disagio Purtroppo, però, diversi fattori intervengono ad intralciapsichico, assieme alla capacità di osservazione e intuire il riconoscimento della malattia, che si presenta sovenzione, rappresenti un elemento indispensabile per chi si te con un quadro iniziale caratterizzato da sintomi e pone l’obiettivo di aiutare i giovani afflitti dalle varie forme comportamenti apparentemente aspecifici quali standi disturbo dell’umore. chezza, difficoltà di concentrazione, irritabilità, noia; è, Accompagnare questi ragazzi nel loro difficile percorso, incoraggiandoli a rivolgersi prontamente ad uno psichiatra e nel contempo sostenerli emotivamente, è la missione ed il cuore pulsante di IDEA. La Fondazione mette da sempre a disposizione utili e complementari strumenti come l’ascolto telefonico ed i gruppi di Auto Aiuto, forme di assistenza consolidate che riscontrano decisa approvazione da parte dei loro fruitori, destinate anche ai membri familiari, spesso impotenti e inadeguati a sostenere un compito così complesso come quello di convivere con un adolescente depresso.

inoltre, indispensabile considerare che nella maggior parte dei casi i giovani all’esordio di un episodio depressivo non riconoscono il loro stato e sono riluttanti a comunicare ad altri, all’interno e all’esterno dell’ambito familiare, i loro momenti di tristezza e disperazione, spesso per timore di non essere compresi. Concorrono ad un ritardo nella cura anche altri fattori quali una errata e a volte ridotta attenzione dei genitori, un loro atteggiamento pregiudiziale che li vede ostili ad accettare la presenza di una psicopatologia, ed una non sempre adeguata formazione del medico di famiglia. 19


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LETTI PERVOI A cura della dott.ssa Maria Maddalena Fiordiliso Grimaldi Chi tende a rimandare viene spesso visto come un pigro o un indolente, per il quale l’unico piacere che la vita regala è l’ozio. Una persona, quindi, che gode del momento presente e rimanda a domani per non perdere la gioia di stare senza far nulla. Secondo Piers Steel, autore del libro “DA DOMANI NON RIMANDO PIÙ” (Mondadori, 2011, 240 pag., 18,50 euro), la realtà dei “procrastinatori” è invece molto diversa. Nel suo interessante libro spiega che, mentre ridursi all’ultimo minuto è un comportamento diffuso e normale, quando la tendenza a rimandare diventa pervasiva e causa un ritardo “cronico” nel rispettare gli impegni presi, non si tratta più di un comportamento da attribuire semplicisticamente a pigrizia o indolenza. Alla base della procrastinazione possono esserci, infatti, diversi meccanismi psicologici disfunzionali: incapacità nel prendere una decisione, tendenza a considerare troppe possibili soluzioni e non saper scegliere, paura nell’assumersi delle responsabilità, sfiducia nelle proprie capacità di portare a termine un compito. Se ritenete di essere un procrastinatore, i questionari che corredano il volume vi aiuteranno a capire a quale dei tipi descritti appartenete. Per spiegare cosa accade nel cervello di chi rimanda, l’autore, oltre a descrivere i meccanismi psicologici, propone anche un’interessante ipotesi neurofisiologica: la presenza di un vero e pro-

prio conflitto tra la regione limbica (un gruppo di strutture neurologiche che appartengono al “cervello an-

tico” e governano l’emotività) e il lobo frontale (particolarmente sviluppato nell’uomo e che governa il pensiero astratto e l’organizzazione del comportamento). Pier Steel smentisce il luogo comune secondo il quale i procrastinatori sono persone pigre, dimostrando invece che sono consapevoli del loro modo di agire e che soffrono molto per le conseguenze del loro modo di comportarsi. Per questo motivo nel libro, oltre all’analisi del fenomeno, c’è un’intera sezione dedicata a come cercare di fronteggiare il problema. Un libro piacevole e di facile le t t u r a : s e s i e t e d e i p r o crastinatori non rimandate a domani, leggetelo oggi! Roberta Falcini 20


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“FAI BEI SOGNI”, romanzo autobiografico come lo ha de-

non c’è più: “lo Stato produttore di biro”, “l’ombelico della

finito l’autore perché prende spunto dalla propria vita per

Carrà”, “Canzonissima”, tratti ironici che rappresentano l’im-

costruire una trama sul dolore e sull’amore che salva. Il

pronta dell’ autore.

profondo e ad un tempo leggero, ironico romanzo di Gra-

L’amore mancato,

mellini, dopo tanti mesi, è ancora fra i primi posti nella clas-

l’amore ritrovato in

sifica dei libri più venduti. Piacevole, si legge tutto di un fia-

Elisa, lo porteranno

to, scritto con uno stile molto chiaro di impronta giornali-

a voler scoprire la

stica. E’ la storia di un segreto chiuso per quarant’ anni in

verità e ad uscire

una busta e di una verità che si ha paura di conoscere.

dalla morta gora. E’

La confessione sul dolore, profonda e indecifrabile, che

la parte più intensa

lo scrittore fa della sua infanzia e sui lati oscuri ed inson-

del libro, dove vie-

dabili della perdita-suicidio, ha affascinato un vastissimo

ne sviscerato que-

mondo di lettori. Campeggiano in questo bel romanzo la

sto giallo dei senti-

figura del padre dell’autore, che egli definisce la quercia

menti, Gramellini si

della sua infanzia piegata come un salice dalle circostan-

commuove e ci

ze, Madrina, emblema della forza e dell’amicizia, che in

commuove, si pas-

questa storia è quella che si stabilisce tra due donne e che

sa dal rancore al

rappresenta il mezzo per lenire la privazione di una figura

perdono, celebran-

genitoriale dalla quale l’autore avrebbe ottenuto le rispo-

do poi l’ amore e la

ste che cercava, e tanti personaggi minori che ruotano at-

speranza. Il buio diventa luce, la sua ricerca si interrompe

torno al protagonista. Un uomo (il padre) che ha perso la

e lo porta a chiedere a Madrina il segreto della sua vita e

donna che amava e cova dentro di sé un complesso di col-

lei gli consegna un ritaglio del suo giornale dove si legge

pa per non averla aiutata-trattenuta e per non aver saputo

<<Madre si getta dal quarto piano>>.

affrontare il suo dolore di marito, nè aiutare il figlio impi-

L’autore non si è prefisso di scrivere un libro sulla depres-

gliato nel guado di una crisi esistenziale. Due vittime che

sione; tuttavia è innegabile che esso offra spunti di rifles-

in fondo rimangono estranei l’uno rispetto all’altro e che

sione su questo tema, come il suicidio della madre che,

non riescono a vivere insieme la condizione di vedovo e

evidentemente, nasconde una forma depressiva grave

orfano. Nei loro colloqui, evidentemente rari, la mamma

non riconosciuta né considerata. Si coglie, inoltre, mol-

è un argomento tabù.

to bene il diverso atteggiamento della famiglia nei con-

La figura paterna è comunque una figura positiva nella vi-

fronti della malattia fisica e di quella mentale, ancora una

ta del bambino, al quale egli però non sa trasmettere il suo

volta non compresa, ignorata e destinata a portare a con-

amore, chiedendo disperatamente aiuto agli altri per farlo:

seguenze irreparabili. E’ importante sottolineare l’impor-

come spesso accadeva in passato, la tenerezza era riser-

tanza della conoscenza di tali disturbi per poterli ricono-

vata alle madri, la severità ai padri. Sarà, infine, Madrina,

scere ed intervenire in maniera tempestiva, rivolgendosi

figura chiave del libro, a sciogliere l’enigma che ha segna-

ad uno specialista e passando oltre ai tanti pregiudizi

to la sua vita di bambino e di adulto e che lo ha portato a

purtroppo ancora molto radicati. Ancor più delicato l’ar-

cercare disperatamente nelle sue fantasie una madre di ri-

gomento quando riguarda i giovani, il profondo senso

serva. E’ altresì innegabile che la figura femminile riveste

di disagio e la difficoltà nei rapporti sociali degli adole-

nel romanzo un ruolo oltremodo significativo. Si può scor-

scenti molto spesso vengono interpretati come feno-

gere nel libro un raffinato e dolente scavo sentimentale

meni della crescita. Non sempre questo rispecchia la

dell’autore che spera sempre nel ritorno della madre; di-

realtà, in certi casi potrebbe trattarsi di espressioni

chiara di non essere nella sua natura considerare irrepara-

iniziali di un disturbo dell’umore e da ciò deriva l’impor-

bili le sconfitte e tuttavia ammette che lei non tornerà

tanza della sensibilizzazione all’interno delle sc u o l e

mai più (forse perché non lo amava). Nel corpo del raccon-

rivolta a studenti, insegnanti e genitori.

to si ritrovano delle gradevoli pennellate su un’ Italia che

Maria Maddalena Fiordiliso Grimaldi 21


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Notizie dal Mondo Bologna

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Convegno sui DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE - 23 Novembre 2012

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Diana De Ronchi e Maghida Grimaldi

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Antonio Tundo

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Ferdinando Rimbano

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Da sinistra: Loredana Mirkov, Maria Teresa Rossetti, Neva Tolloi Ivano Dionigi Maghida Grimaldi, Teresita Frerotti, Peppe Manetti, Gennaro Castaldi A sinistra Mirella Mazzotti con Maria Valdecasas Il Convegno presso l’aula G. Prodi

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Notizie dal Mondo 9

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Al centro Elena Di Nasso

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Da sinistra: Antonio Drago, Diana De Ronchi, Alessandro Serretti

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Da sinistra: Anna, Peppe Manetti, Maria Valdecasas

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Da sinistra: Mariangela, Tommy, Palli

Alessandro Serretti La riunione presso Casa De’ Cervantes Da sinistra: Chiara Colavito, Simona Gotelli, Roberta Necci

I volontari di IDEA Bologna Da sinistra: Rita Silvestri, direttivo IDEA Trieste

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Notizie dal Mondo Bologna Si è appena concluso il 6° Corso di Formazione per Volontari organizzato da IDEA Bologna. Il corso quest’anno ha avuto una nuova struttura: 5 incontri di tre ore ciascuno, infrasettimanali su richiesta, sugli argomenti di stretta pertinenza con le attività svolte in sede; un piccolo gruppo per favorire fin da subito unʼatmosfera di familiarità e appartenenza e la possibilità di approfondire i contenuti trattati dai docenti; futuri incontri di formazione in itinere, da concordare, su argomenti più vasti in ambito psichiatrico o rilevanti per la buona prassi quotidiana. I volontari hanno partecipato a tutti gli incontri con spirito propositivo, attento e puntuale. Non abbiamo ormai più parole per ringraziare il dott. Drago, la dott.ssa Necci, che da Roma ci ha raggiunto per la consueta e bellissima lezione sui Gruppi di Auto Aiuto e la dott.ssa Cecilia Neri. Ai volontari che stanno iniziando il tirocinio, auguriamo buona fortuna.

Mercoledì 8 maggio la prof.ssa Mirella Falconi Mazzotti, da sempre grande sostenitrice di IDEA Bologna, ha presentato agli studenti della Facoltà di Farmacia una lezione sul tema della Depressione, allo scopo di offrire uno strumento conoscitivo in più ai futuri farmacisti, spesso in prima linea nelle richieste di aiuto e rimedio di chi soffre di disturbi dell'umore. La lezione, tenuta dalla prof.ssa Diana De Ronchi, ha suscitato molto interesse da parte degli studenti e dei volontari IDEA presenti. Durante l’incontro si è spiegato come l’incremento delle patologie legate ai disturbi dell’umore e l’invecchiamento della popolazione, che accentuerà esponenzialmente il problema della depressione, saranno la sfida che i futuri professionisti dovranno raccogliere. La prof.ssa Falconi Mazzotti e la prof.ssa De Ronchi hanno a lungo sottolineato l’importante ruolo svolto dalle associazioni che si occupano di disturbi dell’umore, e di IDEA Bologna in particolare, invitando gli studenti ad aderire ai progetti di volontariato. E' stato un appuntamento entusiasmante e molto importante, che ci ha permesso di ribadire con forza gli obiettivi di IDEA: promuovere la conoscenza di queste insidiose patologie per continuare a combattere, a fianco di istituzioni importanti come l'Ateneo e il mondo scientifico, lo stigma e il pregiudizio che ancora affliggono chi ne soffre e continuare a stimolare incessantemente una riflessione e una cultura della sofferenza anche presso un pubblico di giovani.

Brescia IDEA BRESCIA, in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità del Comune di Brescia, ha provveduto alla stampa del nuovo opuscolo informativo “Droga, un cattivo affare”, che verrà distribuito a titolo gratuito fra tutti i ragazzi delle scuole medie inferiori di città e provincia. L’opuscolo, volto a sensibilizzare i giovani sull’effetto dell’uso delle droghe sul nostro cervello, è stato curato dal prof. Matteo Pacini, Presidente dell’Associazione Europea per il trattamento della dipendenza da oppiacei, consulente del Centro Alcologico del Lazio presso l’Ospedale Policlinico Umberto I di Roma e professore a contratto presso l’Università di Pisa. Giovedì 11 Aprile, presso il Centro S. Filippo, si è tenuto un incontro introduttivo con tutti i ragazzi delle scuole cittadine allo scopo di rafforzare il messaggio trasmesso; all’evento hanno partecipato il prof. Matteo Pacini, Don Mazzi della Comunità Exodus, la dott.a Fasoli del SERT di Brescia e Fabio Volo in qualità di testimonial. Nell’ambito del Progetto è previsto un concorso a premi sul tema, ogni scuola fra quelle che hanno partecipato all’incontro potrà produrre un el a bor a to c ol l etti vo c he s a rà v al uta to da op por tun a gi ur i a . 24


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Notizie dal Mondo Genova L’Associazione IDEA Genova Onlus ha organizzato lo scorso 26 gennaio una mostra d’Arte Moderna e Contemporanea a scopo di beneficienza presso il Museo di Sant’Agostino, in Piazza Sarzano a Genova. L’evento è stato realizzato per una raccolta fondi a favore dell’Ambulatorio Specialistico di secondo livello, sovrazonale, dedicato alla diagnosi ed al trattamento dei disturbi dell’umore, integrato dal 2010 all’interno del Centro di Salute Mentale di Genova Voltri e sovvenzionato dall’Associazione IDEA Genova Onlus. L’evento ha rappresentato anche l’occasione per la presentazione del restauro conservativo della tela di Bartolomeo Biscaino, a cura della signora Bruna Guglielmi. La finalità benefica si è realizzata attraverso l’acquisizione dei quadri messi a disposizione dagli artisti e dai collezionisti che hanno voluto sostenere l’iniziativa e condividerne le finalità. Le opere sono poi state abbinate ai biglietti d’ingresso ed estratte a sorte fra i partecipanti. Il riscontro del pubblico è stato enorme, i parteLa Pala d’Altare di Bartolomeo Biscaino restaurata con il contributo dellasig.raGuglielmi,quiconlefiglieElisaeLauraedilconservatore del Museo di S. Agostino dott. Adelmo Taddei, presentata in occasione della serata di raccolta fondi per IDEA Genova.

cipanti sono stati quasi duecento, IDEA Genova Onlus coglie l’occasione per ringraziare nuovamente tutti coloro che hanno contribuito al successo dell’iniziativa.

Napoli Nei mesi di Febbraio e Marzo 2013, in collaborazione con la Clinica Psichiatrica della Seconda Università di Napoli, sono state organizzate tre mini conferenze dedicate ai Gruppi di Auto Aiuto di IDEA Napoli. Le conferenze, tenutesi presso la sede per l’incontro dei GAA a Piazzetta Ascensione a Chiaia, hanno sviluppato le seguenti tematiche: “Le Psicoterapie” (dott. Mario Luciano), “La Depressione dell’anziano” (prof. Andrea Fiorillo) e “Il Ruolo dei Familiari” (dott.ssa Valeria Del Vecchio). Durante gli incontri, ai quali hanno partecipato tutti i volonValeria Del Vecchio

tari e i fruitori dei GAA, insieme ad altri invitati per l’occasione, si è voluto lasciare ampio spazio alla possibilità di interloquire direttamente con i relatori, per approfondimenti, dissipare dubbi o porgere domande, creando un clima di grande interesse e partecipazione. Tutto ciò ha rappresentato un momenAndrea Fiorillo

to di accrescimento fondamentale ed utilissimo per il nucleo di Napoli, ringraziamo ancora una volta il prof. Fiorillo,

Referente Scientifico di IDEA Napoli, la dott.ssa Del Vecchio e il dott. Luciano Mario Luciano

per la grande professionalità e l’estrema disponibilità dimostrata. 25


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Notizie dal Mondo Roma Si è tenuto il 13 novembre scorso il 1° incontro scientifico della stagione 2012-2013 dell’Associazione IDEA Roma onlus, curato dal prof. Antonio Tundo, che ha trattato il tema “Disturbi dell’umore: istruzioni per l’uso per chi ne soffre e per i familiari”. L’incontro si è tenuto presso una sala messa a disposizione dal Centro Servizi per il Volontariato di Roma, che ha raccolto come sempre un folto pubblico. Nel corso della conferenza si è parlato sia delle persone affette da depressione o disturbo bipolare, e su come si possa intervenire per migliorarne la condizione, che dei loro famigliari, cercando di fornire indicazioni su come stare vicino a chi soffre di depressione e come relazionarsi, invece, con chi si trova in una fase di euforia del disturbo bipolare. Nell’ultima parte dell’incontro la parola è passata al pubblico che ha potuto richiedere semplici informazioni o sollevare domande, stimolando momenti di riflessione collettiva. E’ questa, infatti, la formula consolidata degli incontri scientifici dell’Associazione IDEA Roma Onlus che nel corso degli anni ha riscosso un notevole gradimento, ossia informare e dare la possibilità di interagire direttamente con un esperto. Il 14 febbraio si è tenuto il 2° incontro scientifico a cura della dott.a Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta, che ha trattato gli aspetti psicologici di un tema presente nella vita di tutti: “Le separazioni e i distacchi”.

Martedì 19 febbraio presso l’Aula Magna dell’Istituto “Federico Caffè” IDEA Roma Onlus ha tenuto una Conferenza nell’ambito del “Progetto Scuola” sul tema “Depressione, Ansia e Abuso di Sostanze nei giovani”, a cura della prof.ssa Chiara Colavito, del prof. Antonio Tundo e del dott. Rocco De Filippis, psichiatra esperto in condotte d’abuso. E’ con grande orgoglio che IDEA Roma onlus ha risposto anche quest’anno all’invito da parte di una scuola a fornire informazioni e spunti di riflessione a studenti, docenti e famiglie in tema di disagio giovanile correlato alla presenza di un disturbo psichiatrico, di condotte di abuso o, fenomeno molto frequente, ad entrambi. La speranza è che anno dopo anno, incontro dopo incontro, una corretta informazione scientifica sul disagio giovanile si diffonda, al fine di ridurre il numero di giovani che si avvicinano all’abuso di sostanze nel tentativo di auto curare un malessere psicologico.

Trieste Sabato 23 Febbraio, presso il ristorante “Ai Fiori”, l’Associazione IDEA Trieste ha organizzato “A pranzo con Ionesco”. L’eccellente pranzo è stato sapientemente preparato da Alberto Saglio, da 20 anni a Trieste con esperienze in locali di prestigio, con il supporto in sala della sua compagna Giovanna Saletù e con la collaFabienneMizrahi,LoredanaMirkov,ValentinaSanabor borazione di Federico Esposito, giovane ma già esperto cuoco. Il pomeriggio è proseguito con una piccola rappresentazione teatrale, la scena terza, quarta e quinta di I o n e s c o , i n t e r p r e t a t a d a S e r g i o J a n n i t t i e Te r e s a L a t r o n i c o , c h e r i n g r a z i a m o s e n t i t a m e n t e . 26


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Dai il tuo 5x1000 alla Fondazione IDEA e starai meglio anche tu !

C.F. 97132200151 IDEA Istituto per la ricerca e la prevenzione della Depressione e dell’Ansia 27


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“IDEArisponde…” IDEArisponde: un servizio al paziente e alla sua famiglia. Un gruppo di volontari, che hanno seguito un apposito corso di formazione, risponde alle telefonate dei pazienti e dei loro familiari per dare ascolto, conforto, consiglio, informazioni. Segreteria e servizio IDEArisponde: Milano (Dal Lunedì al Venerdì ore 9-18) 02 80.58.18.66 - 65 / idearisponde@tin.it Roma (Dal Lunedì al Venerdì ore 15.30-19.30) 06 48.55.83 / idearoma@hotmail.it Bologna (Dal Lunedì al Venerdì ore 10-18) 051 64.47.124 / ideabo@virgilio.it Genova (Lun., Merc., Giov. 16-18 e Mart. 10-12) 010 24.76.402 / ideagenova@libero.it Trieste (Lun. e Giov. 10-12, Mart. 16-18, Merc. 15-16, Ven.17-18) 040 31.43.68 / info@ideatrieste.it Brescia (Martedì e Giovedì 15-18) 030 23.00.196 Napoli (Mercoledì e Giovedì 18-19) 081 57.84.622 / ideanapoli@libero.it

Numero Verde NAZIONALE 800 538 438 (Dal Lunedì al Venerdì ore 10-18) Numero Verde Lombardia S.O.S. DEPRESSIONE 800 122 907

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