Notiziario Fondazione Idea

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Spediz. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 2 filiale di Milano - Reg. presso il Tribunale di Milano N. 407 del 22.07.1995

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DELL ’I STITUTO PER LA RICERCA E LA PREVENZIONE DELLA DEPRESSIONE E DELL ’ ANSIA

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19 Numero 1 - 2012

Una vita in fumo Ginevra Orsolini*

Il fumo di tabacco rappresenta un'abitudine voluttuaria largamente diffusa in tutto il mondo ed affonda le sue radici in epoche lontane. Il tabacco, mediante l'uso di pipe o sigari, era già consumato nelle civiltà precolombiane del continente americano. segue a pag. 2

ischemiche 12 Qualcuno vi ascolta 6 Cardiopatie e depressione 16 Una nuova “IDEA” 18 Notizie dal Mondo

13 Indallabrevericerca 22 Lavori in corso

14 Testimonianze 23 5x1000


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e opere scultoree e pittoriche dei Maya raffigurano scene relative all'uso di tabacco utilizzato per scopi medici e terapeutici; dal momento che si credeva avesse poteri magici,

razione dell'immagine femminile. Gli aspetti morbosi e medici del fumo sono stati riconosciuti solo negli ultimi anni, molto dopo la Guerra Mondiale quando le truppe alleate arrivarono con tonnellate di scatole di sigarette con marchi famosissimi, allettanti per gli uomini, ma anche per giovani e giovanissimi, ragazze, signore. Forse iniziò allora una vera e propria epidemia

era impiegato durante riti divinatori: spesso bruciato per i sacrifici agli dei ed utilizzato per fabbricare talismani. Quando Cristoforo Colombo sbarcò in America, annotò nel suo diario di bordo l'abitudine dei nativi di aspirare fumo da un cartoccio di foglie di mais (cicàr) contenente delle foglie secche (tabacà). Nel XVI secolo il tabacco divenne popolare tra i marinai che lo introdussero nel Regno Unito, in Spagna e da qui in tutta Europa. L'ipotesi che il consumo di tabacco comportasse dei rischi per la salute fu presto avanzata. Già nel 1604 re Giacomo I d'Inghilterra scrisse e fece pubblicare la sua "invettiva contro il tabacco"; in questa occasione, per la prima volta erano descritti con cura i danni che il tabacco poteva arrecare alla salute. E re Giacomo non si sbagliava. Nel mondo occidentale l'abitudine al fumo ha acquisito diverse connotazioni. Siamo passati dal considerarla una caratteristica distintiva di uno stile di vita di soggetti evoluti, curiosi, tesi all'esplorazione e alle esperienze originali, ad una caratteristica tipica del lavoratore, del contadino che fuma il sigaro nei momenti di pausa da un lavoro faticoso e logorante, infine ad un tratto che ha accompagnato la donna nel movimento di emancipazione, segno di libe-

che trovò la popolazione impreparata. I medici furono i primi a dare esempi scandalosi fumando in ambulatorio, in corsia, al pronto soccorso, gli insegnanti fumavano a scuola di fronte a bambini ed adolescenti, non si parlava di fumo passivo, non si parlava di dipendenza, non una parola 2


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sulla tossicità. Soltanto ai nostri giorni cominciamo a considerare l'abitudine a fumare come una vera e propria malattia, in genere molto grave e con prognosi non benigna. Il fumo di tabacco, tristemente, porta sempre “il conto” al fumatore, anche a distanza di anni, ed è un conto molto pesante. Oggi sappiamo con certezza che l'inalazione volontaria del fumo di tabacco (fumo attivo) ha un forte impatto negativo sulla salute: le aspettative di vita del fumatore sono ridotte a causa dell'azione vasocostrittrice indotta dalla nicotina e delle proprietà irritanti e cancerogene di diversi prodotti della combustione. Tra le patologie correlate in varia misura al tabagismo, vi sono alcuni tipi di cancro (in particolare quello polmonare, ma anche quello del rene, della vescica, del pancreas e dello stomaco) per non parlare delle patologie dell'apparato respiratorio (asma, bronchite, enfisema) e di quello cardiovascolare (aterosclerosi, aneurisma, infarto). Se da un lato gli effetti dannosi del fumo attivo sono ben noti, solo recentemente particolare attenzione viene rivolta al problema fumo passivo. L' esposizione al fumo passivo della donna in gravidanza, infatti, sembra aumentare il rischio di malformazioni congenite e di basso peso alla nascita, mentre i neonati esposti sviluppano, più frequentemente, nell'infanzia, patologie dell'apparato respiratorio come l'asma, infezioni

chiatry” (giornale dell'associazione dei medici americani che pubblica dati di ricerche di elevato livello scientifico) sono apparsi i risultati di uno studio recente che avrà senz'altro un'importante ricaduta sulle nostre abitudini. Si tratta di un'indagine sugli effetti dell'inalazione del fumo passivo ("second-handsmoke") su un gruppo di “fumatori” e uno di “non fumatori”. I partecipanti di entrambi i gruppi sono stati sottoposti all'inalazione di fumo passivo nell'abitacolo di un'automobile durante un'ora. Prima e dopo l'esposizione al fumo passivo in tutti i soggetti sono stati valutati i livelli di nicotina nel sangue; inoltre la PET (tomografia ad emissione di positroni), una tecnica di diagnostica per immagini, ha permesso di valutare l'effetto della nicotina su un tipo di recettori per l'acetilcolina, neurotrasmettitore che controlla l'attività di una gran parte delle cellule del sistema nervoso. I livelli di nicotina nel sangue risultavano aumentati in entrambi i gruppi. Gli effetti del fumo passivo interessavano importanti centri del cervello: il 19% dei recettori per l'acetilcolina nel talamo, nel cervelletto e nel tronco encefalico risultavano occupati dalla nicotina in modo proporzionale alla concentrazione sanguigna. Nel gruppo dei non fu-

croniche dell'orecchio medio, disturbi del sonno e del comportamento oltre ad avere, come gli adulti, un rischio maggiore di patologia tumorale. A questo proposito sull' “Archives of General Psy-

matori, quindi non abituati, si osservavano effetti secondari (irritazione degli occhi, prurito e congestione nasale, tosse, oppressione toracica e palpitaziosesegue a pag. 4 3


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stanno vicino; 3) danneggia, mediante un “imprinting” comportamentale e farmacologico, i propri figli, che un giorno, con ogni probabilità, potranno sviluppare la stessa dipendenza alla nicotina e la stessa malattia, perché di questo si tratta: di una malattia. E come tale va curata e combattuta. Negli ultimi anni è stata oggetto di attenzioni crescenti anche la relazione tra diversi tipi di malattie psichiatriche (Disturbo Bipolare, Schizofrenia, Disturbi d'Ansia) e il fumo di sigaretta.

ni) molto più pronunciati ed avvertiti con maggiore disagio rispetto ai soggetti fumatori. In questi ultimi l'esposizione al fumo passivo scatenava un intenso desiderio di fumare un'altra sigaretta, quello che in gergo tecnico viene chiamato “craving” (brama). Da quanto detto risulta chiaro che l'esposizione al fumo passivo determina conseguenze, sia “periferiche” che “centrali”, su tutte le persone, siano esse fumatrici o no. Il “second hand smoke” (fumo passivo) oltre ad avere effetti “irritativi” diretti, ha anche effetti importan-

Nei pazienti con gravi sintomi psicotici, l'abitudine al fumo è molto più diffusa e più grave (maggior numero di sigarette/die) rispetto alla popolazione generale. Questi pazienti utilizzano la nicotina come stimolante per alleviare i deficit cognitivi determinati dalla malattia stessa o per alleviare gli effetti collaterali provocati dai farmaci (rallentamento fisico e psichico). Uno studio recente ha però rivelato che, nel lungo termine, il fumo di sigaretta non migliora affatto le “performance” cognitive e, probabilmente, peggiora il decorso della malattia. Il rischio di sviluppare dipendenze patologiche è molto elevato nei pazienti bipolari che hanno una disregolazione dei “centri del piacere”. In questi soggetti la nicotina, spesso associata ad eccessivo consumo di caffè ed alcolici, può rappresentare la “droga cancello” attraverso la quale si arriva ad altri tipi di dipenden-

ti sul nostro cervello e, se ripetuto nel tempo, può lasciare un'impronta indelebile. L'esposizione al fumo passivo, grazie all'azione sul sistema nervoso centrale, potrebbe favorire l'esordio e il mantenimento del tabagismo. Altre indagini hanno dimostrato che bambini esposti al fumo passivo diventano più facilmente fumatori nell'adolescenza manifestando, in seguito, sintomi di dipendenza da nicotina. Ogni volta che qualcuno si accende una sigaretta, dunque, non arreca danno solo a sé stesso, ma anche a chi gli sta intorno: 1) danneggia anche l'altro fumatore che gli sta accanto che improvvisamente sente un irrefrenabile desiderio di fumare e di accendere l'ennesima sigaretta della giornata; 2) danneggia gli amici o i colleghi che gli 4


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te, in un certo modo rassicurante, dall'altro la nicotina, agendo sul cervello e su diversi organi bersaglio, è in grado di innescare sintomi psichici e fisici (accelerazione del battito cardiaco, vertigini, aumento della motilità intestinale) che non fanno altro che perpetuare lo stato ansioso. Si crea così un circolo vizioso: il soggetto ansioso fuma credendo di alleviare la sua sofferenza che, al contrario, viene esacerbata dalla stimolazione prodotta dalla nicotina. Studi recenti condotti in pazienti con disturbo di panico hanno dimostrato che sia la nicotina che i sintomi di astinenza dalla stessa, possono addirittura scatenare gli attacchi ed aumentarne la frequenza. La presenza di sintomi fobico-sociali nei giovani aumenta il rischio di condotte tossicofiliche (assunzione di alcool o sostanze stupefacenti, fumo di sigaretta, abuso di ansiolitici). Spesso si tratta di adolescenti insicuri, con scarsa autostima, che arrossiscono facilmente quando parlano con altre persone (non solo i superiori, ma anche coetanei), che sperimentano sintomi ansiosi molto intensi, talvolta fino all'attacco di panico, ogni volta che sono esposti al giudizio altrui. La scarsa fiducia in se stessi, il senso di inferiorità, la paura di essere emarginati spinge questi soggetti “fragili” a fumare e, spesso, ad assumere alcool, nella falsa convinzione che questo li renderà migliori, forse anche più attraenti, agli occhi degli altri. Così, da una “bravata” si sviluppa una vera e propria dipendenza, fisica e psicologica. In quest'ottica è di fondamentale importanza osservare i nostri figli, fratelli e sorelle, non trascurare ogni accenno di un disagio che, se affrontato tempestivamente, può risolversi con una breve terapia, mentre, se trascurato può provocare conseguenze disastrose.

ze. Nelle fasi maniacali c'è spesso un picco di utilizzo di sostanze psicoattive, prime fra tutte la nicotina. Durante gli episodi depressivi, al contrario, il fumo si riduce di pari passo con l'inibizione pragmatica e il rallentamento: il malato trascorre a letto gran parte della giornata, completamente bloccato, non si cura di sé, si alimenta poco e prova quasi un senso di nausea, di fastidio, al pensiero della sigaretta. Si ritiene, inoltre, che, nei soggetti che non hanno diagnosi di Disturbo Bipolare, l'uso eccessivo di tabacco possa essere un indicatore di “malattia sottosoglia”. Nelle persone che fumano smodatamente, sopra le 20-30 sigarette al giorno, è quindi consigliabile ricercare con particolare attenzione i precursori e i prodromi della malattia.Oltre a questi casi eclatanti, è esperienza comune nella vita quotidiana di ognuno di noi sentire dire ad un amico o un familiare, in momen-

*Psichiatra – Dottorato di Ricerca in neurobiologia e clinica dei disturbi affettivi presso il Dipartimento di Psichiatria, Università di Pisa.

ti di stress, “ho bisogno di una sigaretta”. Queste persone non sanno che la nicotina non migliorerà la loro ansia. Se da un lato accendersi una sigaretta, ripetere lo stesso gesto conosciuto, è un rituale rilassan5


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*(Stefano Pini, Marianna Abelli, Alessandra Cardini, Camilla Gesi, Lisa Lari)

a depressione e la cardiopatia ischemica figurano tra i più importanti problemi di salute su scala mondiale. Si calcola che entro il 2020 la depressione sarà la seconda tra le cause più frequenti di disabilità preceduta, al primo posto, dalle malattie cardiovascolari. Si stanno sempre più ampliando, quindi, gli studi e le conoscenze riguardanti la considerevole comorbidità (associazione) tra due delle più comuni patologie dei paesi sviluppati: depressione e malattia cardiovascolare. Si ritiene che i fattori di mortalità cardiovascolare siano strettamente connessi a molteplici aspetti comportamentali e psicologici. Molti studi dimostrano che la sola depressione è associata con almeno un raddoppiamento di rischio cardiovascolare, indipendentemente dall’età e da altri fattori di rischio cardiaco. La disabilità acuta che subentra dopo una cardiopatia, oltre alla perdita di un ruolo sociale e di indipendenza, è associata con una sostanziale incidenza di depressione maggiore. Dall’altro lato, l’associazione tra depressione e fattori quali scarsa attività fisica, abuso di sostanze e ipercolesterolemia predispongono l’individuo alla malattia cardiaca.

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Quanto è frequente l’associazione cardiopatia ischemica/depressione

Il problema dello scompenso cardiaco Nella letteratura medica è molto dibattuto il problema dell'associazione tra l'insufficienza cardiaca, dovuta principalmente a infarto del miocardio e i disturbi depressivi, intesi non semplicemente come umore triste, ma come vera e propria sindrome neuropsichiatrica. Le domande ancora aperte sono se la depressione occorra in modo più frequente in pazienti con scompenso cardiaco e se ne rappresenta un fattore di rischio, o, al contrario, se la gravità della cardiopatia influenza la depressione.

Numerosi studi epidemiologici documentano un’elevata prevalenza di depressione tra pazienti cardiopatici. Per esempio, la prevalenza di depressione nella popolazione generale degli Stati Uniti è di circa il 7%, mentre la prevalenza di depressione nei pazienti cardiopatici è compresa tra il 15%20%, con indici più alti in quei pazienti che hanno manifestato recentemente un evento cardiaco. La depressione maggiore è associata a un rischio di mortalità dopo sindrome coronarica acuta quattro volte superiore durante i primi 6 mesi. Inoltre, è stato evidenziato che la depressione aumenta il rischio di sviluppare una patologia coronarica in individui senza coronaropatia ischemica nota. Numerosi studi osservazionali hanno evidenziato un aumento nella mortalità cardiovascolare anche tra i pazienti con disturbo di panico, ma i dati a questo riguardo sono tuttavia meno concordanti rispetto a quelli sulla depressione.

Tra i pazienti con scompenso cardiaco, circa il 20% sviluppa una depressione clinicamente significativa. La depressione ha dimostrato effetti negativi sull'evoluzione della storia clinica: maggior numero di ospedalizzazioni per nuovi eventi cardiovascolari, maggior mortalità, qualità della vita ridotta, peggior stato fun-

Il problema dello Screening Nel 2008, l'American Heart Association (AHA) ha raccomandato l'inserimento nella pratica clinica di uno screening di routine per la depressione nei pazienti con sindrome coronarica acuta. In sintesi, l'AHA ha indicato che, data l'elevata prevalenza di depressione rilevata nei pazienti con patologia coronarica, non dovrebbe essere trascurata l'opportunità di valutare e trattare la depressione nei pazienti cardiopatici, in quanto un trattamento efficace della depressione può migliorare significativamente il decorso della patologia cardiaca. Le indicazioni dell'AHA raccomandano, quindi, una presa in carico da parte di professionisti qualificati nella diagnosi e nella gestione psichiatrica per quei pazienti che risultino positivi allo screening per la depressione, oltre alla richiesta di un attento monitoraggio per quei pazienti con malattie cardiache in trattamento anche per la depressione. Da questo punto di vista, un buon coordinamento tra le figure che si occupano di assistenza sanitaria è ritenuto essenziale nella gestione dei pazienti che hanno diagnosi combinate che coinvolgono sia problemi medici che mentali.

zionale e performance nei test di resistenza agli sforzi, più grave percezione della gravità dei sintomi cardiorespiratori, minor aderenza alla terapia, maggior utilizzo di servizi sanitari e costi sanitari. A fronte, quindi, dell'utilità di riconoscere precocemente una sindrome depressiva in pazienti cardiopatici per intervenire terapeuticamente, vi è il limite della difficoltà di distinguere i veri sintomi di depressione da quelli dovuti allo scompenso. L'associazione tra scompenso e depressione è bidirezionale: da un lato, la riduzione della resistenza allo sforzo dovuta all'insufficienza cardiaca impatta negativamente sullo stato psicologico dei pazienti; dall'altro, le due patologie condividono le stesse disregolazioni dei sistemi ormonali e nervosi del corpo umano. Alcuni ricercatori hanno supposto che farmaci potrebbero agire positivamente su entrambe le malattie; in realtà, è stato dimostrato che gli antidepressivi non hanno alcun effetto, ma piuttosto possono avere vari effetti collaterali che compromettono ulteriormente la funzione del cuore e dei vasi.

Sebbene l'interazione tra depressione e malattia cardiovascolare sia clinicamente ben documentata, fino ad ora non sono stati ancora chiariti i meccanismi sottesi. Si pensa che alla base di questa interazione possano esserci meccanismi biologici comuni, incluso quelli genetici. La maggior parte degli studi genetici, compiuti per valutare la componente genetica ed ambientale alla base della depressione e delle malattie cardiovascolari, sono stati condotti nei due disturbi considerati separatamente e, per ciascuno, è stata stabilita una forte componente genetica. Recentemente, inoltre, uno studio in cui sono state valutate insieme le due condizioni ha evidenziato che circa il 20% dei casi di coesistenza di sintomi depressivi e malattia cardiovascolare sono riconducibili a fattori genetici comuni.

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intenzioni. Questa costellazione di emozioni e comportamenti finisce per costituire un vero e proprio stile, un modello che il soggetto adotta automaticamente per fronteggiare le esigenze di un ambiente che lui “percepisce” come antagonista e che è intenzionato a controllare. A questo tipo di personalità si contrappone la “Personalità di tipo B”, alla quale appartengono individui tendenzialmente più sereni e rilassati: essi percepiscono il risultato del loro lavoro come appagamento, ricevendone emozioni positive. Sembrano proprio l’immagine speculare dei tipi A, ma non per questo si tratta di persone meno sveglie e produttive: sono semplicemente caratterizzate da meno eccessi, minore tensione e, al contrario, più pacatezza nell’adattamento alle esigenze dell’ambiente.

Il tipo di personalità ed il rischio cardiovascolare “Personalità coronarica” è un termine coniato già negli anni ’40 per quelle persone con marcata tendenza alla perseveranza nel lavoro, con scarsi interessi extralavorativi, spesso con un forte impulso a dominare. D’altro lato, questi individui lamentavano sensazione di debilitazione e insicurezza nella loro vita interiore. La “Personalità di tipo A”, predisposta ai disturbi cardiovascolari, fu descritta nel 1959. Si tratta di un complesso di comportamenti ed emozioni riscontrabile in individui che si sentono cronicamente in lotta, in quanto tendono a raggiungere quanti più obiettivi nel minore tempo possibile, e si contrappongono costantemente alle persone che pongono ostacoli alle loro

In realtà, si è visto che le persone che s’incontrano nella pra-

Gli effetti della depressione sulle cellule endoteliali progenitrici L’infiammazione, così come gli altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari, prima di indurre la lesione aterosclerotica vera e propria, determina una disfunzione endoteliale. L’endotelio, strato di cellule che ha la funzione di barriera e di interfaccia tra il sangue e la parete vasale, è considerato un vero e proprio organo endocrino in grado di produrre importanti fattori di regolazione, cruciali nel garantire l’omeostasi vascolare (tono adesivo) modulando l’aggregazione piastrinica, la coagulazione, la fibrinolisi e il tono vascolare. Il danno endoteliale porta alla perdita delle proprietà antitrombotiche della parete vascolare, fa variare rapidamente il numero di cellule endoteliali circolanti e rappresenta il passo iniziale verso lo sviluppo della placca aterosclerotica. Per molti anni si è ritenuto che la rigenerazione endoteliale procedesse solo grazie a meccanismi di riparazione endogena attraverso proliferazione e migrazione delle cellule endoteliali adiacenti a quelle lesionate. Era opinione comune che l’angiogenesi (intesa come formazione di nuovi vasi sanguigni a partire da quelli già esistenti attraverso la proliferazione e migrazione di cellule endoteliali residenti) fosse il principale e più importante meccanismo di neovascolarizzazione nell’adulto e che la vasculogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni attraverso migrazione e/o proliferazione, differenziazione e incorporazione in strutture vascolari di cellule precursori derivate dal midollo osseo) fosse un processo presente solo durante lo sviluppo embrionale. Risale a circa 10 anni la scoperta che il sangue periferico dell’adulto contiene progenitori cellulari circolanti derivanti dal midollo osseo e aventi caratteristiche simili a quelle dell’angioblasto embrionale. Questi precursori, definiti Effetti dei fattori di rischio sul processo di eterogenesi cellule progenitrici endoteliali (EPC), hane ruolo riparativo delle EPC no la capacità di differenziarsi in cellule endoteliali mature e di contribuire alla riparazione del danno vascolare (vedi figura). In condizioni basali il numero di EPC circolanti è estremamente esiguo e variabile; esse, infatti, risiedono prevalentemente nel midollo osseo in stretta associazione con le cellule staminali ematopoietiche, lo stroma midollare e i fibroblasti,costituendo il microambiente per l’ematopoiesi. Molte evidenze suggeriscono che le EPC

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tica clinica appartengono a delle forme intermedie che non corrispondono totalmente alle tipologie sopra descritte. Allora, piuttosto che cercare d’individuare una o più “personalità a rischio”, gli studiosi hanno cercato di enucleare quelle dimensioni psicologiche che più si associano alla “iperattivazione” della persona, e si è riscontrato che l’ostilità è la componente che più caratterizza il tipo A: un’ostilità che viene in luce nelle situazioni di frustrazione, in cui il soggetto ha la sensazione di non riuscire ad avere il controllo che vorrebbe, sia sulle proprie azioni sia sull’ambiente che lo circonda. Nel corso degli anni ‘80 la correlazione tra questi tipi di personalità ed il rischio cardiovascolare venne messo fortemente in dubbio. Il colpo di grazia, arrivò nel 1988 con la pubblicazione dello studio di Ragland e Brand, che esaminarono l’incidenza di mortalità in un periodo di 22 anni in un campione di 257 uomini affetti da malattia cardiaca e scoprirono che i soggetti classificati all’inizio dello studio come di tipo A, sia giovani che vecchi, avevano avuto un 10% in meno di casi di morte rispetto ai soggetti classificati come tipo B. Si concluse che questi tipi personalità non sembravano significativamente predittivi di morbilità e di mortalità cardiova-

scolare. Ma c’è un altro profilo di personalità, di cui si parla molto sin dalla fine degli anni ’90: la “Personalità di tipo D”. Si tratta di una persona che prova delle emozioni "negative" (depressione, ansia, rabbia) e le reprime cronicamente. Oggi è oramai un dato acquisito che la repressione cronica delle proprie emozioni e le manifestazioni depressesegue a pag. 10

contribuiscano alla rigenerazione delle cellule endoteliali dopo insulto vascolare così come alla neovascolarizzazione di lesioni ischemiche. Le EPC potrebbero anche avere un importante ruolo nel mantenimento della fisiologica integrità vascolare, e quindi servire da bacino cellulare in grado di rimpiazzare un endotelio disfunzionante, con un ruolo protettivo anche nelle fasi più precoci del processo aterogenetico e di altre malattie cardiovascolari. La relazione tra EPC e fattori di rischio cardiovascolari è stata ampiamente investigata. In particolare, è stato osservato che, in pazienti affetti da cardiopatia ischemica, una riduzione del numero e della capacità migratoria delle EPC è inversamente correlata con la somma dei fattori di rischio.Molti altri studi hanno invece esplorato gli effetti sulle medesime cellule di ogni singolo fattore come l’eta, il genere maschile, l’ipertensione, il diabete mellito, l’iperlipidemia, il fumo di sigaretta, l’obesità e la sindrome metabolica, l’inattività fisica. È stato osservato che i livelli ematici basali delle EPC risultavano inversamente correlati con il numero totale di fattori di rischio cardiovascolari (Framingham risk score) in soggetti maschi senza una storia di cardiopatia ischemica. La riduzione del numero di EPC potrebbe avere differenti cause, come un esaurimento del pool di cellule progenitrici a livello del midollo osseo, oppure una aumentata capacità di mobilizzazione, sopravvivenza o differenziazione (aumento dell’homing). La correlazione negativa tra rischio cardiovascolare globale e numero di EPC circolanti viene rafforzata dall’osservazione che l’esposizione ad alcuni farmaci (statine, agonisti PPAR-γ, estrogeni, ACE-Inibitori), in grado di modificare favorevolmente il rischio cardiovas c o l a re , d e t e r m i n a u n a m o d u l a z i o n e p o s i t i v a d e l n u m e ro e d e l l a f u n z i o n e d e l l e E P C. Numerosi studi attribuiscono al numero delle EPC il ruolo di nuovo bio-marker a valenza prognostica, risultando predittore indipendente di outcome clinici in pazienti affetti da cardiopatia ischemica. Per la capacità di predire il verificarsi di eventi cardiovascolari, il decesso per cause cardiovascolari, la rivascolarizzazione e l’ospedalizzazione, i livelli di EPC possono rappresentare un potenziale aiuto nell’identificare soggetti esposti ad un maggior rischio di malattie cardiovascolari e nel migliorare la stratificazione del rischio stesso. Una riduzione dei livelli di EPC ha anche valore predittivo nei confronti della progressione della malattia aterosclerotica, supportando l’importante ruolo che la riparazione vascolare endogena riveste nel modulare il decorso clinico delle sindromi coronariche ischemiche. Le EPC sembrano rivestire un importante ruolo anche nella depressione. Infatti, in un recente studio, è stato evidenziato un ridotto numero di EPC circolanti in soggetti affetti da depressione rispetto a soggetti sani. Tale riduzione è stata osservata essere inversamente proporzionale alla gravità della patologia depressiva.

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sive sono potenti fattori psicogeni in grado di contribuire sia allo sviluppo di ostruzioni coronariche sia al loro aggravamento, fino allo scatenarsi di eventi ischemici acuti. La descrizione del tipo D corrisponde a quello che comunemente ci appare come un individuo cronicamente “stressato”: è pervaso cronicamente da preoccupazione e insicurezza e alberga, inoltre, sentimenti di tensione, ansia, rabbia e tristezza. Nei comportamenti questa persona tende ad essere inibita, insicura in presenza di altre persone, è poco assertiva e non ha molta propensione alla conversazione: la sua strategia è il ritiro.

coterapia venga eseguita al di fuori dell’ambiente ospedaliero, presso strutture ambulatoriali sul territorio, pubbliche o private, che offrono questo servizio. Le psicoterapie più indicate sono la Terapia CognitivoComportamentale e la Terapia Interpersonale. La Terapia Cognitivo-Comportamentale è una psicoterapia breve (16-20 sedute) che prevede di focalizzarsi su un problema attuale presente a livello di coscienza, escludendo qualunque interpretazione dei fattori inconsci. Il terapeuta addestrerà la persona a riconoscere i pensieri automatici negativi e le emozioni che a questi sono connesse; e a collegare idee ed emozioni negative ad eventuali comportamenti non utili al positivo adattamento alla situazione in atto. Un esempio di frequente riscontro in psicologia della salute è la tendenza alla ipergeneralizzazione: come il partire dall’evento negativo dell’essersi ammalato e convincersi che la propria vita è costellata di eventi negativi; e che altri ne verranno. Questo è solo un esempio che illustra la tendenza di tutti gli esseri umani ad avere nella propria mente delle convinzioni estremamente radicate, che non si sottopongono all’onere della prova e, pur senza avere alcuna giustificazione, condizionano la vita del soggetto. Il terapeuta dovrà fare un’azione di decostruzione di queste convinzioni radicate, inutili e dannose al soggetto, attraverso l’identificazione dei pensieri automatici che esse generano e la loro sostituzione con convinzioni più realistiche.

Strategie di intervento

Naturalmente ciò potrà avvenire solo dopo che il soggetto abbia riconosciuto, nel corso del percorso terapeutico, le sue distorsioni cognitive e gli svantaggi che queste gli procurano (oltre ai vantaggi ai quali non vuole rinunciare).

Se viene individuato un disagio psicologico significativo, precedente all’evento cardiaco o scatenato da questo, vi è indicazione ad una psicoterapia.

La Terapia Interpersonale è una psicoterapia breve (1216 sedute), in cui il terapeuta si focalizza sui sintomi attuali della persona, collegandoli ai suoi rapporti interpersonali.

Attraverso l’intervento psicoterapeutico la persona imparerà a trovare in sé quelle risorse non riconosciute che l’aiuteranno in una migliore gestione di quelle emozioni e comportamenti che l’esperienza di malattia ha fatto emergere.

Per la Terapia Interpersonale le esperienze passate sono state importanti nel generare il problema attuale, in quanto, sotto la loro influenza, il soggetto non avrebbe acquisito, nell’infanzia, un’adeguata capacità di relazionarsi agli altri. Ciò l’avrebbe fatto andare incontro, nella sua successiva evoluzione, all’isolamento, all’angoscia e alla depressione. Tuttavia, la Terapia Interpersonale non lavora

La psicoterapia può essere effettuata durante il periodo cosiddetto di “Riabilitazione Cardiologica” post-ricovero, nei casi in cui questa abbia una durata breve (12-16 settimane), tale che il terapeuta ospedaliero possa garantire che la terapia giunga fino alla sua conclusione programmata. In altri casi, si preferisce che la psi10


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sulle esperienze passate ma si propone di migliorare il funzionamento interpersonale attuale, focalizzando l’attenzione e la strategia terapeutica nel qui ed ora del mondo di relazioni in cui è immerso l’individuo.

analisi degli apporti scientifici più recenti sul tema del legame tra depressione e cardiopatia ischemica, l’Università di Pisa, in collaborazione con la ASL di La Spezia in Liguria e di Lucca in Toscana, sta portando avanti un progetto di ricerca che si propone di caratterizzare dal punto di vista clinico e biologico l'associazione tra sindrome coronarica acuta e disturbi d'ansia o depressivi. I soggetti dello studio sono pazienti ricoverati con diagnosi di sindrome coronarica acuta ai quali viene effettuato un dettagliato assessment delle condizioni psicopatologiche per individuare non solo la presenza di diagnosi di disturbi d’ansia e dell’umore in atto o nel passato, ma anche la presenza di quadri sintomatologici sottosoglia le cui caratteristiche sembrano associarsi ad un peggioramento del quadro cardiologico e della qualità di vita post sindrome coronarica acuta. Inoltre, i soggetti partecipanti vengono monitorati per un periodo di 12 mesi per valutare l’andamento del quadro clinico cardiologico e psicologico al fine di individuare una

La Terapia Interpersonale non sostiene che qualunque psicopatologia debba originare necessariamente da una problematicità nel rapporto con gli altri, ma sostiene che i sintomi (in particolare quelli depressivi) che la persona lamenta si manifestano e si mantengono, tuttavia, all’interno di relazioni interpersonali alterate. Man mano che, con la terapia, migliora la capacità di gestione delle relazioni interpersonali, migliorerà anche il disagio psicologico. In questo la Terapia Interpersonale è una terapia focale, vale a dire concentrata su problemi specifici: essa non si pone come obiettivo alcun cambiamento della personalità; il suo obiettivo specifico è migliorare il funzionamento sociale, il quale, come accennato, influirebbe positivamente sul disagio psicologico. Di questo approccio può potenzialmente beneficiare il soggetto cardiopatico e, più in generale, chiunque soffra di un disagio psicologico legato all’esperienza della malattia fisica. Infatti, il contatto con la malattia (grave o cronica) genera una significativa sensazione di perdita di capacità personali, che si erano sempre date per scontate in precedenza; implica spesso un cambiamento di ruolo (dal non malato al malato); infine può generare instabilizzazione dei rapporti intrafamiliari e lavorativi e portare a delle controversie che ostacolano il reinserimento del soggetto nella sua vita produttiva.

Conclusioni In conclusione, ad oggi, la natura del legame fra depressione e malattia coronarica resta ancora da approfondire. In particolare, non risulta del tutto chiaro se malattia coronarica e depressione siano le manifestazioni di un comune substrato genetico e/o biologico, oppure se l'una aumenti il rischio dell'altra (o viceversa) ed eventualmente quali meccanismi fisiopatologici siano alla base di questa associazione. I risultati degli studi più recenti in quest'area sembrano deporre a favore del fatto che solo specifici sintomi depressivi (ad esempio, umore depresso ed anedonia) siano predittivi di eventi avversi dopo una sindrome coronarica acuta indipendentemente dalla depressione come diagnosi descrittiva e dalla sua gravità complessiva. Questo spiegherebbe anche la scarsa concordanza dei risultati provenienti da molti degli studi finora condotti sulla relazione depressione e cardiopatia ischemica. In definitiva, attualmente si ritiene importante superare il concetto di depressione inteso come fenotipo allargato e cercare di delineare le sue componenti “cardiotossiche” specifiche.

correlazione tra insorgenza di sintomatologia depressiva e/o ansiosa e la comparsa di eventi cardiaci avversi. Attualmente, i dati preliminari della ricerca tuttora in corso, ottenuti da un campione di circa 200 soggetti con sindrome coronarica acuta, evidenziano che circa il 30% dei pazienti con patologia cardiaca riporta una diagnosi di disturbi depressivi e/o d’ansia nella sua storia di vita. L'interesse dei risultati di questa ricerca per l'avanzamento delle conoscenze e le implicazioni cliniche, potrebbe risultare di primaria importanza al fine dell’elaborazione di Linee Guida sulla gestione e trattamento del paziente con cardiopatia ischemica che comprendano l’inserimento di uno screening psicologico/psichiatrico di routine da parte del medico cardiologo, come indicato nelle “bestpractice” delineate dall'American Heart Association. *Gruppo di Ricerca sulle “Sindromi coronariche acute e depressione” - Dipartimento di Psichiatria, Università di Pisa

Su questo specifico background e a seguito di un’attenta 11


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Qualcuno vi ascolta (Risponde Prof. Antonio Tundo, Istituto di Psicopatologia, Roma)

Scrive Giampiero, da Asti: “Caro Professore, ho 62 anni e soffro di depressione da quando ne avevo 45. Fino a 2 anni fa, se così si può dire, “tutto filava liscio”: ogni 2-3 anni avevo una ricaduta, il medico di base mi prescriveva un antidepressivo e in qualche mese stavo bene. Adesso, purtroppo, non è più così, deve essere cambiato qualcosa; da un anno e mezzo sto sempre male, continuamente male, la depressione fa sentire i suoi morsi e a nulla sono servite le cure del mio medico e di due altri specialisti. L’ultimo mi ha parlato di una forma “resistente” e ha tentato di rassicurarmi dicendo che con il tempo e con le terapie adatte starò meglio. Ma io ho perso la speranza e l’aggettivo “resistente” davanti alla parola depressione non mi lascia presagire nulla di buono. Mi dica con franchezza: ho speranza?; potrò tornare il Giampiero di sempre o dovrò adattarmi a questa vita a scartamento ridotto e abituarmi a convivere con questa sofferenza?”

la serotonina e uno che agisce soprattutto sulla noradrenalina (strategia di “combinazione”), oppure un antidepressivo con un farmaco che, pur non avendo una proprietà antidepressiva di per sé, aumenta la potenza del primo (strategia di “potenziamento”). Tra i vari prodotti impiegati per potenziare l’antidepressivo particolarmente efficaci, in base alla mia esperienza, sono alcuni farmaci che aumentano l’attività della dopamina, abitualmente impiegati per la cura della Malattia di Parkinson, e alcuni antipsicotici atipici, farmaci con un meccanismo d’azione complesso utilizzati in genere per la schizofrenia e per i disturbi bipolari. Ci tengo a ricordare che le associazioni tra più farmaci richiedono sempre grande cautela, perché possono interagire tra di loro e causano comunque più effetti collaterali di una terapia singola, e dovrebbero essere prescritte in centri specializzati per il trattamento delle forme resistenti, sotto stretto controllo da parte di uno specialista esperto. Prudenza, quindi, ma non paura perché grazie alle strategie di combinazione e di potenziamento è possibile ridurre le forme resistenti dal 20-40% al 10-15%. Per coloro che dovessero rientrare nell’esiguo gruppo di persone la cui depressione non risponde anche alle terapie più complesse ci sono ulteriori risorse di natura non farmacologica. Per esempio, pur essendo stata introdotta nel 1934, la terapia elettroconvulsivante costituisce ancora oggi un valido trattamento per le forme resistenti di depressione, con tassi di risposta intorno al 5060%. Sebbene i numerosi e diffusi pregiudizi, questa terapia è in genere sicura e ben tollerata persino dalle persone più anziane. Sicura e ben tollerata è anche un’altra alternativa non farmacologica: la stimolazione del nervo vago. Questa consiste nell’impianto di un pace-maker che attraverso un nervo periferico, il nervo vago appunto, invia impulsi alle aree del cervello coinvolte nei meccanismi della depressione, consentendo di ottenere entro 1 anno oltre il 30% di risposte positive in casi risultati resistenti a qualsiasi altra cura. Come vede, signor Giampiero, il suo pessimismo e i suoi timori, per quanto comprensibili, non sono giustificati e ha ancora davanti a sé tante, tante possibilità per fronteggiare e superare questo episodio depressivo più profondo e “resistente” dei precedenti ma non per questo da considerare invincibile.

Caro Giampiero, comincerò con il chiarire cosa noi specialisti chiamiamo “depressione resistente”, un’espressione che l’ha molto colpita e preoccupata ma che non indica assolutamente una condizione “grave” e “irreversibile” come lei ha immaginato. L’aggettivo resistente sta a indicare che la sua depressione non si è risolta pur avendo seguito uno o più cure corrette, cioè con un farmaco giusto, in quantità giuste e per un tempo abbastanza lungo. Cosa fare in questi casi tutt’altro che rari dal momento che su 10 persone che soffrono di depressione da 1 a 4 risultano “resistenti”? Lei non mi ha precisato i farmaci a cui finora non ha risposto per cui rimarrò sul generico così le informazioni che le darò saranno utili anche a tante altre persone che ci leggono e che si trovano in una condizione simile alla sua. Se gli antidepressivi utilizzati sono tutti dello stesso gruppo, per esempio agiscono solo sulla serotonina, è necessario ricorrere ad uno di un gruppo differente che stimoli la produzione di più neurotrasmettitori contemporaneamente, per esempio serotonina e noradrenalina. E se anche questa strategia, così detta di “sostituzione”, non desse i risultati sperati nessun allarme: ci sono ancora molti altri possibili interventi. Noi psichiatri usiamo in questi casi accoppiare due antidepressivi di due famiglie diverse, per esempio uno che agisce sul-

Inviate le vostre lettere per posta ordinaria al Prof. Antonio Tundo - Idea Bologna, Via Barberia 18 • 40123 Bolognao per E-mail: idearisponde@tin.it In questa rubrica saranno pubblicate quelle che contengono richieste di informazioni o quesiti clinici di interesse comune

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In breve dalla ricerca (a cura della Dott.ssa Fulvia Marchetti, Istituto di Psicopatologia, Roma)

HIKIKOMORI, una nuova patologia? Hikikomori (letteralmente “stare in disparte”, “isolarsi”) è un termine utilizzato dal Ministero della Salute giapponese per indicare coloro che si rifiutano di lasciare la propria abitazione e scelgono di vivere in isolamento per lunghi periodi, per definizione almeno 6 mesi ma a volte anche molti anni. Sebbene sull’argomento comincino ad esserci numerosi studi in letteratura, ad oggi non è ancora chiaro quali siano le cause dell’hikikomori né se si tratti di un sintomo o di una sindrome. Secondo una recente pubblicazione di A. Guedeney e collaboratori (European Child & Adolescent Psychiatry, Feb 2012) sarebbero più a rischio di sviluppare questa particolare forma di isolamento sociale coloro che nascono pretermine o che hanno un basso peso alla nascita. Per un altro gruppo di ricercatori (T. Nagata e collaboratori, International Journal Social Psychiatry, 2011) l’hikikomori rappresenterebbe una forma estrema di ansia sociale scarsamente rispondente alle cure farmacologiche.

TESTOSTERONE SALIVARE e diagnosi in psichiatria Da sempre nella storia della psichiatria vi è interesse per l’individuazione di indici fisici o biologici che consentano di oggettivare la diagnosi e monitorare l’evoluzione della patologia nel tempo e la risposta alle cure. Di recente sono oggetto di studio i livelli di testosterone nella saliva. Una ricerca condotta da E.J. Giltay e collaboratori (Journal of Psychosomatic Research Marzo 2012) ha evidenziato che, almeno nelle donne, i livelli salivari di questo ormone si riducono in presenza di depressione, disturbo d’ansia generalizzato, ansia sociale o agorafobia mentre si normalizzano dopo un trattamento con antidepressivi che agiscono sulla ricaptazione della serotonina, cioè i cosiddetti SSRI.

NICOTINA e disturbi psichiatrici Mentre è da tempo noto che i tabagisti hanno un’elevata probabilità di soffrire anche di depressione o ansia, fino ad oggi poco si sa sull’incidenza di queste patologie tra ex fumatori o fumatori occasionali. Uno studio pubblicato su Addictive Behaviors nel gennaio 2012 (K. Grover e collaboratori) dimostra che, contrariamente a coloro che sono dipendenti da nicotina, ex fumatori e fumatori saltuari hanno un rischio di sviluppare ansia o depressione simile a quello della popolazione generale. Sono a questo punto necessarie ulteriori ricerche per capire se la presenza di un disturbo dell’umore o d’ansia renda più complicata l’interruzione delle condotte tabagiche tra i fumatori dipendenti.

Fobia sociale e TIMIDEZZA fisiologica L’ansia sociale è il patologico timore di fare brutta figura in presenza di altre persone e conseguente tendenza a evitare di parlare o mangiare in pubblico. Apparentemente la fobia sociale non differisce dalla normale timidezza tanto che, secondo alcuni, sarebbe la pretestuosa medicalizzazione di una condizione fisiologica. Uno studio pubblicato nel 2012 sul Journal Watch (A. Joffe e collaboratori) e condotto su 123 adolescenti di età compresa tra i 13 ed i 18 anni, contraddice l’ipotesi della “pretestuosa medicalizzazione”: i soggetti con diagnosi di ansia sociale, rispetto ai ragazzi “semplicemente timidi”, hanno un minore rendimento scolastico o lavorativo e maggiori difficoltà di rapporto sia con gli amici, sia con i familiari. Poiché molti adolescenti con ansia sociale rimangono non diagnosticati e/o non curati, gli Autori dello studio invitano i medici a porre una maggior attenzione al problema e a migliorare la capacità di diagnosi precoce. 13


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Testimonianze

Maria Rabozzi

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a molti anni IDEA fa parte della nostra famiglia. E’ un nome che rappresenta molto di più di una fondazione, è un punto di riferimento. Mettersi in contatto telefonico con i volontari di IDEA significa incontrare la voce di persone che sanno avvicinarsi con sensibilità, passione e gentilezza a chi è lontano dalla realtà cosiddetta “normale” a causa del disagio psichico. Nel mio caso, mio fratello Gabriele. Per lui IDEA è come una piccola stella nel buio della notte, un piccolo faro sempre disponibile a farsi trovare nella tempesta dell’anima. Questo è ciò che IDEA rappresenta per lui, ma anche per noi, che quando lo sentiamo parlare al telefono con i volontari di IDEA, siamo contenti, perché sappiamo che quel più o meno breve tempo passato a raccontare le sue ansie, il suo vuoto interiore che si traduce in frasi sempre uguali o le piccole cose positive accadute, è un tempo prezioso che aiuta a dare un senso a giornate che sembrano averne poco. IDEA è presente non solo nella tormentata vita di mio fratello Gabriele, ma anche nella nostra e siamo grati a tutti coloro che continuano coraggiosamente questo duro cammino, restando accanto a chi è prigioniero del disagio psichico ed ai suoi familiari. Dopo tanti anni di malattia, immaginare di uscirne sembra spesso un percorso lungo e difficile, ma almeno si può contare su sprazzi di cielo azzurro e libero su cui affacciarsi. Di questo cielo IDEA fa parte.

Antonia Santacroce

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l mio nome è Antonia e sono bipolare. A causa di un forte trauma nel 1980, a 18 anni, iniziò la mia malattia. Inizialmente nessun medico riuscì a identificare questo terribile male invisibile. Andai avanti tra alti e bassi fino al 1990, anno in cui partorii mio figlio Lorenzo. Dopo un anno dalla sua nascita la malattia peggiorò e, in accordo con mio marito, chiesi di farmi ricoverare all’ospedale “Bassini” di Cinisello Balsamo dove mi diagnosticarono il “bipolarismo”. Il ricovero, però, fu traumatico, mi riempivano di flebo di Litio e quando uscii dall’ospedale non mi ripresi del tutto prima di sei mesi. Dopo due anni ripresero gli stati d’animo maniacali e mi feci ricoverare all’ospedale “Ville Turro” a Milano. Fui curata decisamente meglio ma ci volle molto tempo prima che i medici trovassero una cura adeguata alla mia malattia. Mi capitava di venire ricoverata anche tre volte in un anno, passando mesi in ospedale e per me era una soffeNel ringraziare Maria, Antonia e Anna per le loro testimonianze, rinnoviamo l’invito a tutti i nostri gentili lettori ad inviarci a 14


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renza perché non potevo vedere mio figlio, ancora molto piccolo. Grazie a Dio c’era mio marito che mi veniva a trovare tutte le sere. Per fortuna qualche anno dopo andai in cura presso un buon medico che riuscì a trovare la cura giusta per me. Ora non ho più sintomi maniacali e sono diminuiti gli episodi in cui cado in depressione. Devo ringraziare IDEA perché ho ricevuto e tuttora ricevo un grosso aiuto nei momenti di depressione. Un infinito grazie a tutti i volontari di IDEA che si dimostrano sempre molto disponibili e pazienti nell’ascoltarmi e nel darmi consigli. E’ vero, prendo nove medicine al giorno, vado dal medico una volta al mese, faccio le analisi del sangue per il litio ogni tre mesi, ma grazie al cielo sono anni che non vengo ricoverata.

Anna Gerini

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ono Anna Gerini e sono appena stata nominata dalla Fondazione IDEA “volontaria honoris causa” della Promozione e Raccolta Fondi di IDEA Milano. Grande gioia, grande riconoscente emozione per me. E allora mi viene il desiderio di ripercorrere con la memoria i tanti e lunghi anni di collaborazione con la Fondazione, che conosco proprio dai suoi inizi. Ero una signora milanese già avanti con gli anni, avevo sempre fatto solo la casalinga, la mamma e, purtroppo poco, la nonna perché i nipotini abitano lontano da Milano. Ma la mia grande passione, i miei studi, sono sempre stati rivolti all’antiquariato e all’amore per le cose belle e preziose. Verso la metà degli anni novanta, avendo famiglia e figli ormai autonomi, non più antenati, purtroppo, da accudire, mi sono ritrovata con tempo libero che potevo finalmente dedicare alle mie passioni, ma desideravo che questa mia gratificazione personale fosse anche utile al mio prossimo. Conobbi la signora Orlando della Fondazione e subito decisi di mettere a disposizione le mie modeste conoscenze, ma soprattutto la mia grande voglia di fare, organizzando mostre di antiquariato a favore di IDEA. Essendo stata colpita in famiglia dal problema depressione, sapevo infatti quanto fosse difficile, anche per le famiglie coinvolte, sapere a chi rivolgersi e cosa fare. E’ iniziato così il mio lavoro di organizzatrice di mostre di antiquariato: le vivo sempre con tante trepidazioni, preoccupazioni e, perché no, tanto lavoro, felice di riuscire ogni volta ad ottenere ottimi risultati e a diffondere il messaggio di IDEA a quante più persone possibile. Sono grata alla Fondazione per il supporto ricevuto in tutti questi anni e spero di essere in grado di portare avanti ancora per molto tempo la mia attività.

IDEA esprime il suo più sincero affetto e riconoscenza alla signora Anna Gerini per la dedizione e la generosità dimostrate in tutti questi anni. Anna è un’amica fedele e preziosa e per questo abbiamo voluto assegnarle con grande piacere la carica ufficiosa di “volontaria honoris causa” della promozione e raccolta fondi di IDEA Milano. Grazie infinite anche a nome di tutto il Direttivo di IDEA. rci articoli e testimonianze, personali o dei propri cari, affinchè l’esperienza di chi ha sofferto possa essere di aiuto agli altri 15


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Una nuova

N uovo Sito Nazionale della Fondazione IDEA a breve on line:

www.fondazioneidea.org “Il rapporto fisico con la tastiera del computer è la chiave di volta verso spazi ed orizzonti illimitati ..”. Chi può negarlo? Anche noi siamo stati sollecitati ad aggiornare il nostro sito “Pioniere”, come primo riflesso della incontenibile accelerazione di questo millennio. Quindi, abbiamo deciso di modificarne la grafica e di ampliarne i contenuti, di semplificare la consultazione e facilitare i vostri contatti: la nostra intenzione è stata quella di presentarvi un sito festoso, comunicativo ed immediato, speriamo simpatico e leggero nonostante la disperata, dolorosa attualità di cui tratta. Vi terremo aggiornati per quanto concerne i Progetti di Ricerca Scientifica, le Attività, i Servizi, gli Eventi, le Conferenze, i Corsi di Formazione per Volontari, i Convegni, le Proiezioni, il mitico Burraco e tutte le altre attività di carattere prettamente scientifico. Nel nuovo sito avrete accesso alla “Storia” di IDEA, dalla sua costituzione fino ai giorni nostri, allo Statuto, ai membri del Direttivo e Comitato Scientifico: tutto ciò per conoscere più da vicino i “Protagonisti dietro le quinte” della Fondazione e garantire al tempo stesso la massima trasparenza. All’interno del sito avrete

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“IDEA”

accesso alla lettura diretta on line di tutti i numeri di IDEA Notizie, a partire dall’anno 2006, lettura che sarà facilitata dalla possibilità di effettuare una ricerca per argomento, nei casi in cui si desiderino informazioni od approfondimenti legati ad una tematica specifica; potranno, inoltre, essere visualizzati i video delle varie partecipazioni di IDEA nelle televisioni locali ed altri contributi utilizzati in occasione di progetti di sensibilizzazione e che ripercorrono tematiche legate ad ansia e depressione. Troverete all’interno anche un servizio di mailing dedicato, info@fondazioneidea.org, con il quale potrete mettervi in contatto, e tutti i link utili per accedere ai siti delle altre Associazioni Onlus di IDEA presenti sul territorio, così da essere sempre aggiornati sulle novità nazionali. Infine, ci è sembrato corretto creare una galleria fotografica dedicata a raccogliere ed immortalare tutti gli eventi e le varie occasioni di incontro, offrire un servizio di E-commerce, che sarà attivo in determinati periodi dell’anno e legato a particolari progetti di fund raising .. e tanto altro ancora.. a voi la scoperta, buona navigazione! Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla generosità di tutti i nostri donatori, grazie alla competenza del nostro Comitato Scientifico ed alla passione dei volontari, che si sono prodigati e si prodigano ogni giorno perché IDEA esista e resista! Grazie.

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Notizie dal Mondo Londra “12 Settembre 2011 ore 10:30, aeroporto di Pisa volo per Londra Stansted, è iniziata così la mia avventura londinese insieme alle mie colleghe pisane. Scesa dalla scaletta, dal caldo sole italiano di una giornata di fine estate, mi ritrovo nel bel mezzo del freddo e gelido uragano “Katia” che in quei giorni ha colpito Scozia, Irlanda e Inghilterra tanto che, solo dopo aver visto i tipici autobus di colore rosso e i black cabs, ho realizzato di essere a Londra. Dopo un piccolo e veloce salto in Oxford Street e una cena tipicamente inglese a base di fish and chips, a letto presto in attesa di iniziare la nuova avventura. Il mattino seguente verso le 8:30, dopo un breve viaggio in treno con partenza da Victoria Station, mi ritrovo al Maudsley Hospital nel quartiere di Denmark Hill dove, nell’Istituto di Psichiatria del King’s College, da 11 anni si tiene il Maudsley Forum, un corso per psichiatri e psicologi provenienti da tutto il mondo che consente un aggiornamento ma anche un confronto ed uno scambio di opinioni e idee su interessanti argomenti di psichiatria e psicologia. Il programma, della durata di quattro giorni, prevede sia lezioni che workshop, gruppi di lavoro di numerosità ridotta in cui vengono affrontati e discussi casi clinici. Dopo la consueta registrazione mi ritrovo in un’aula insieme a circa 40 persone di diversa età e delle più svariate nazionalità: americana, inglese, italiana, tedesca, indiana, spagnola, francese etc., inizio così, insieme ai miei colleghi, questa full immersion di quattro giorni nella psichiatria e psicologia. Durante queste giornate, docenti provenienti da varie parti del mondo, hanno trattato argomenti interessanti e di notevole utilità clinica, aggiornandoci sulle ultime novità della ricerca scientifica. Si è trattato e discusso delle ultime proposte relative al trattamento di Disturbo Bipolare, Disturbi della Condotta Alimentare, Disturbo OssessivoCompulsivo, Disturbi Psicotici, Disturbi d’ansia, Disturbi da dipendenza da sostanze, Disturbo di Alzheimer e dei Disturbi psichiatrici in gravidanza, oltre ad argomenti più specifici come la Psichiatria forense, la valutazione del rischio, Neuroimaging nei disturbi psicotici e la genetica in psichiatria. Nel corso del forum sono stati infine organizzati gruppi di lavoro costituiti da un massimo di 10 persone, ognuno guidato e coordinato da un docente, per discutere temi di maggior salienza e singoli casi clinici. Non sono mancati i vari Coffee-break e Lunch che hanno allietato la giornata e durante i quali abbiamo potuto proseguire la discussione e conoscere meglio i nostri colleghi italiani e stranieri. Il bilancio su questa esperienza è stato molto positivo. Le diverse letture magistrali riguardavano argomenti di grande attualità. Ho avuto modo di stabilire rapporti con colleghi di altre nazionalità e di confrontare e valutare i diversi metodi diagnostici e approcci terapeutici. Consiglio pertanto ai miei colleghi di partecipare al Maudsley Forum e ringrazio la Fondazione IDEA per avermi dato questa opportunità”. Valentina Lombardi - Dipartimento di Psichiatria di Pisa 18


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Notizie dal Mondo Milano IDEA Roma ha partecipato al 1° Congresso Internazionale “Auto aiuto e cura del disagio psichico, obiettivi, modelli, valutazione d’efficacia”, organizzato dalle Associazioni Progetto Itaca Onlus e World Association for Psychosocial Rehabilitation ( WA P R ) . I l C o n g r e s s o s i è t e n u t o a M i l a n o , p r e s s o l’Auditorium “Giorgio Gaber”- Palazzo della Regione Lombardia, nelle giornate del 23 e 24 Marzo. La prima giornata prevedeva il confronto fra le varie associazioni sui temi oggetto del dibattito: la dott.sa Roberta Necci ha esposto la propria personale esperienza, in quanto Responsabile Nazionale dei Gruppi di Auto Aiuto IDEA. Il racconto ed il confronto su questi temi con le realtà delle altre associazioni è sempre proficuo, attraverso lo scambio di opinioni e le testimonianze, si è cercato di mettere in luce le problematiche comuni e le diversità nel relazionarsi agli utenti; tutto ciò ha offerto una grande opportunità di aggiornamento, riflessione e confronto per tutti gli operatori ed i volontari che si muovono in questo ambito, nell’ottica di migliorare e rendere quanto più professionale possibile il rapporto con i malati ed i loro famigliari.

I volontari di Milano hanno partecipato anche quest’anno alla manifestazione “I giorni del Volontariato”, mostra presentazione

delle

associazioni

di

volontariato milanesi, che si è tenuta il 5 e 6 Novembre scorso presso Palazzo delle Stelline. L’iniziativa si è svolta a conclusione del 2011, Anno Europeo delle attività di volontariato, che ha avuto lo scopo di aumentare la visibilità delle tante associazioni che si dedicano a quest’attività, permettendo loro di incontrare il pubblico attraverso l’allestimento di singoli stand informativi e l’organizzazione di dibattiti, incontri, filmati, musiche, un modo semplice e diretto per far crescere i valori della solidarietà, della non violenza, del rispetto dell’altro e della cittadinanza responsabile. Fondazione IDEA ha sfruttato questa importante opportunità per promuovere le proprie attività, distribuire materiale informativo ed entrare in contatto con persone interessate all’approfondimento dei temi legati all’ansia e depressione e speriamo anche futuri volontari: valore prezioso aggiunto, fondamentale alla nostra Fondazione. 19


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Notizie dal Mondo Roma “Depressione e disturbo bipolare: dubbi e risposte”: il prof. Antonio Tundo ha aperto la programmazione di appuntamenti di natura scientifica dell’ Associazione IDEA Roma Onlus. L’incontro, che ha avuto come tema le domande più frequenti che un paziente affetto da patologie di ansia e depressione rivolge al proprio medico curante (come ad es. i tempi per la cura, la modalità e le prescrizioni farmacologiche), ha avuto natura di dibattito interattivo con i partecipanti, dimostrandosi molto coinvolgente e permettendo a tutte le persone presenti di poter chiarire qualsiasi tipo di dubbio. Venerdì 20 Gennaio 2012 si è tenuto un secondo incontro - dibattito curato dalla dott.ssa Loretta Salvati dal titolo “Oggi parliamo di .. ansia”. Le tematiche affrontate sono state molteplici: dall’origine dell’ansia come fenomeno evolutivo, e quindi necessario alla sopravvivenza umana, alle varie forme con cui questa patologia si può manifestare, potendo variare a seconda dei vari tipi di personalità e creare, quindi, diversi tipi di problemi fisiologici. La grande aula adibita per l’occasione era gremita, l’incontro si è svolto con il coinvolgimento diretto del pubblico presente, che ha potuto rivolgere domande ed osservazioni, contribuendo così ad allargare ed alimentare il dibattito. Il terzo incontro ha invece trattato il tema “Neuroplasticità: come il cervello si adatta”, a cura del dott. Daniele Nacca, medico e psicologo clinico. L’esposizione ha avuto lo scopo di illustrare la composizione delle cellule nervose, il loro sviluppo e i cambiamenti a cui possono essere sottoposte a seconda delle diverse esperienze dell’individuo, dimostrando come il cervello, al pari di ogni altro organo del corpo umano, non è statico ma in perenne movimento e reattivo rispetto a ciò che accade nell’ambiente circostante. Numerosi sono stati i quesiti posti su temi come la memoria, il morbo di Alzheimer e la demenza; interessanti anche gli spunti riguardanti la parte terapeutica e i possibili rimedi per rallentare l’invecchiamento cerebrale, in correlazione anche a disturbi di ansia e depressione. Anche quest’anno IDEA Roma ha deciso di intraprendere l’avventura già collaudata alcuni anni fa a bordo di Nave Italia. La Fondazione Tender to Nave Italia Onlus, nata su iniziativa dello Yacht Club Italia e della Marina Italiana, dedica questo progetto al recupero, al sostegno e al miglioramento della qualità di vita di persone affette da disagi psichici e fisici. I volontari di IDEA, accompagnati da alcuni facilitatori ed alla presenza di educatori della Fondazione Tender to Nave Italia e dell’equipaggio della Marina Militare, prenderanno parte all’iniziativa nelle giornate dal 2 al 6 Maggio, con partenza da Santa Margherita Ligure e ritorno a La Spezia. Il progetto presentato per la partecipazione agli imbarchi su Nave Italia prende il nome di AUSTOSTI(G)MA ed ha come obiettivo principale la riduzione del pregiudizio che grava sui disturbi dell’umore e dell’ansia e la diffusione dell’idea che si tratta di disturbi non dipendenti dalla propria volontà. Tale stigma porta all’isolamento ed al ritiro sociale, condizioni che nutrono l’aggravarsi della patologia e che instaurano un circolo vizioso che va a sommarsi ad una situazione di già grande sofferenza. Si ritiene, infatti, che tale scenario di solidarietà, reciprocità e parità, rappresenti il giusto contesto per stimolare le persone a raccontare la propria esperienza, promuovendo la libera espressione dei propri vissuti e sentimenti, l’aumento del proprio livello di autostima e favorendo il reinserimento sociale. Il percorso dell’iniziativa prevede, oltre alla condivisione con l’equipaggio delle operazioni di bordo, una riunione giornaliera del gruppo di auto aiuto ed un incontro quotidiano di lettura e riflessione sugli scritti di “Una lettera al mio disturbo”, che ogni partecipante dovrà preparare prima dell’imbarco; scrivere della propria esperienza non rappresenta solo una forma di sfogo, ma aiuta a chiarire ciò che si pensa della p r o p r i a c o n d i z i on e , a d a t t r i b u i r e a d e s s a n u o v i s i g n i f i c a t i . 20


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Notizie dal Mondo Trieste Venerdì 27 Aprile si è svolto presso la Prefettura di Trieste un concerto di beneficenza dedicato ai giovani organizzato da IDEA Trieste in collaborazione con l'ANC - Associazione Nazionale Carabinieri. La serata, presentata dalla nota giornalista televisivaMariaGiovannaElmi,ha visto la presenza di interpreti d’eccezione: Sara Temperini Beoni sopraMaria Giovanna Elmi assieme agli artisti no, Sibilla Serafini contralto, Marco Bernini oboe e corno inglese, Monica Maiorano pianoforte. Il tema del concerto “IDEA ENSEMBLE” è stato suggerito dalla simbologia utilizzata nel logo IDEA, che si ispira ai due corpi celesti che illuminano a fasi alterne e con diverso significato psicologico la nostra esistenza: il Sole e la Luna. Dall'ideale passaggio giornaliero e costante dei due astri, gli esecutori hanno selezionato i brani che hanno composto il concerto, Fabienne Mizrahi con Maria Giovanna Elmi traendoli da un ampio repertorio che ha spaziato dal periodo barocco ai giorni nostri e che ha incorporato i più svariati stili musicali: dall'aria da camera all'opera lirica, dal musical alle colonne sonore di film. Il ricavato della serata è stato devoluto a favore dell’ Ispettorato ANC FVG per l'ONAOMAC - Orfani dell'Arma dei Carabinieri, ed a favore di IDEA Trieste per il Progetto “Scuola e Sportelli di ascolto”. La finalità della sede è, infatti, quella di realizzare Sportelli d’Ascolto presso le scuole triestine, per offrire un servizio volto a realizzare uno scambio ed una relazione d’aiuto in risposta a situazioni di disagio giovanile e scolastico, a difficoltà adolescenziali ed emozionali che talvolta incidono in modo determinante sull’apprendimento scolastico e sulle scelte di vita. Il Progetto prevede anche attività di gruppo in aula e cicli di conferenze informative su temi riguardanti le depressioni, gli attacchi di panico, l’anoressia nervosa, il bullismo e le dipendenze.

Bologna In occasione della Santa Pasqua, nella suggestiva cornice di Corte Isolani in piazza Santo Stefano a Bologna, è stata organizzata una vendita di colombe artigianali a favore della Fondazione IDEA. Un trionfo di fiocchi gialli ed azzurri ha decorato lo spazio riservato all’iniziativa, apprezzata dai numerosi passanti rallegrati dai vivaci colori e dai sorrisi dei volontari. Durante la raccolta delle offerte si è provveduto alla distribuzione del materiale relativo alla Fondazione, sensibilizzando i cittadini di Bologna al progetto IDEA con la diffusione di quelli che sono gli obiettivi e le strategie che sostengono la nostra attività di volontariato. La manifestazione ha dato risultati estremamente positivi e questo sarà di incoraggiamento per le iniziative da organizzare in futuro. Un ringraziamento particolare al Consorzio Commercianti di Corte Isolani, a Rita e Simona di “Uova e Farina”, a Silvia di “Caffè della Corte”, a Valentina, Giuliana, Simona e a tutte le volontarie che si sono prodigate per la riuscita della raccolta fondi. 21


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Lavori in corso

informazioni sulle prossime iniziative dei nuclei locali

IDEA Milano Ciclo di conferenze a cura della dott.ssa Elena Di Nasso: “Quando i disturbi da attacco di panico ti complicano la vita”, (2 Marzo 2012Sala Consiliare “Renzo Ornella”) “Mi sento contento!! Quando essere troppo contenti diventa una malattia” (8 Maggio 2012 - Sala Consiliare “Renzo Ornella”) “Spendo, compro, accumulo! Quando diventa una malattia” (data da definirsi) Incontro di aggiornamento per i volontari a cura del dott. Marco Riva e della sua equipe (21 Marzo 2012) Mostra benefica di antiquariato a favore di IDEA organizzata dalla sig.ra Anna Gerini (dal 18 Aprile al 23 Maggio, tutti i giorni dalle 15 alle 19, presso l’Istituto Zaccaria, via S. Barnaba 28/d )

IDEA Trieste Burraco di beneficenza seguito da rinfresco (16 Marzo 2012, c/o lo Yacht Club Adriaco) Concerto di Primavera della Società Bandistica Nabrezina, in collaborazione con la Pink s.r.l., i cui fondi saranno destinati al mantenimento della nostra sede e all’apertura della nuova “succursale” di Ipplis. (14 Aprile 2012 ore 17 presso il Teatro Silvio Pellico) Corso dal titolo “Imparare a giocare a burraco” organizzato dalla dott.ssa Loredana Mirkov presso la sede. Seguirà un rinfresco (4 Maggio 2012 e 31 Maggio 2012). Continua il Progetto Scuola e il servizio Sportello Giovani. Concerto di beneficenza in Prefettura “IDEA ENSEMBLE”, in collaborazione con l’Associazione Nazionale Carabinieri. Introduzione di Maria Giovanna Elmi (27 Aprile c/o la Prefettura di Trieste).

IDEA Genova Seminario dal titolo “La depressione in gravidanza e nel post partum” (30 Maggio 2012 ore 16.30, presso la Fondazione Edoardo Garrone-Palazzo Ambrogio Di Negro in Banchi)

IDEA Roma Gruppo di Auto Aiuto per familiari (dal mese di gennaio 2012 con cadenza quindicinale, ogni giovedì dalle 19 alle 20,30, presso la sede) Ciclo di incontri scientifici organizzati presso la sede: “Come comunichiamo con l’altro”, a cura della dott.a Beatrice Toro (29 Marzo 2012) “Oggi parliamo di .. alcool”, a cura del dott. Rocco De Filippis (19 Aprile 2012) “L’esperienza dei Gruppi di Auto Aiuto IDEA”, a cura della dott.a Roberta Necci (24 Maggio 2012). Nave Italia 2012 - Ritorna l’esperienza di “velaterapia” a bordo di Nave Italia (Dal 2 al 6 Maggio 2012) Concerto per violino e pianoforte (Duo Buccarella-D’Alessio) -Università Pontificia Seraphicum – Sala Sisto V (30 Maggio 2012) Per maggiori informazioni consultare il sito “www.fondazioneidea.it” cliccando su “NUCLEI LOCALI di IDEA” 22


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Con il 5x1000 sostieni un’ IDEA C.F. 97132200151 Perchè l’umore è una cosa meravigliosa IDEA Istituto per la ricerca e la prevenzione della Depressione e dell’Ansia 23


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“IDEArisponde…” IDEArisponde: un servizio al paziente e alla sua famiglia. Un gruppo di volontari, che hanno seguito un apposito corso di formazione, risponde alle telefonate dei pazienti e dei loro familiari per dare ascolto, conforto, consiglio, informazioni. Segreteria e servizio IDEArisponde: Milano (Dal Lunedì al Venerdì ore 9-18) 02 80.58.18.66 - 65 / idearisponde@tin.it Roma (Dal Lunedì al Venerdì ore 15.30-19.30) 06 48.55.83 / idearoma@hotmail.it Bologna (Martedì, Mercoledì e Giovedì ore 10-13 e 15-18) 051 64.47.124 / ideabo@virgilio.it Genova (Lun., Merc., Giov. 16-18 e Mart. 10-12) 010 24.76.402 / ideagenova@libero.it Trieste (Lun. e Giov. 10-12, Mart. 15-18, Merc. 15-16, Ven.17-18) 040 31.43.68 / info@ideatrieste.it Brescia (Martedì e Giovedì 15-18) 030 23.00.196 Napoli (Mercoledì e Giovedì 18-19) 081 57.84.622 / ideanapoli@libero.it

Numero Verde NAZIONALE 800 538 438 (Dal Lunedì al Venerdì ore 10-18) Numero Verde Lombardia S.O.S. DEPRESSIONE 800 122 907

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