Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Settembre 2023

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RASSEGNA STAMPA SETTEMBRE 2023

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PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI SETTEMBRE:

INCONTRO ANNUALE GESTORI DI RIFUGIO DELLE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE: IL 16 E 17 NOVEMBRE L’INCONTRO A PIEVE DI CADORE...................................................................................................................... 3 LA FUTURA NUOVA GESTIONE DEL RIFUGIO LOCATELLI FA DISCUTERE........................................................ 3 GLI EFFETTI DELLA CRISI CLIMATICA SULLE DOLOMITI................................................................................... 6 LO STATO DI SALUTE DEI GHIACCIAI .............................................................................................................. 11 MARMOLADA ................................................................................................................................................... 12 APPELLO CONTRO LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA CABINOVIA SUL SASSOLUNGO ................................. 17 STAGIONE INVERNALE: LE PROSPETTIVE PER IL COMPARTO SCIISTICO ..................................................... 20 OLIMPIADI: LA PISTA DA BOB DI CORTINA D’AMPEZZO ................................................................................. 21 DIGA DEL VANOI: GLI AGGIORNAMENTI .......................................................................................................... 40 PASSI DOLOMITICI: IL DIBATTITO SULLA GESTIONE DEI FLUSSI ................................................................... 43 GESTIONE DEI FLUSSI: IL CASO BRAIES ......................................................................................................... 44 TURISMO GLAM: IL CASO DI CORTINA D’AMPEZZO ........................................................................................ 45 LA FREQUENTAZIONE DELLA MONTAGNA E IL RUOLO DEI SOCIAL .............................................................. 45 SFREGIO IN VETTA AL CATINACCIO D’ANTERMOIA: I CIAMORECES RIMUOVONO LA SCRITTA .................... 46 DOLOMITI ACCESSIBILI: LE BUONE PRATICHE DAI TERRITORI ...................................................................... 48 DOLOMITI IN MOUNTAIN BIKE: PROBLEMI DI CONVIVENZA LUNGO I SENTIERI ............................................ 49 TORNA A BELLUNO LA RASSEGNA CULTURALE OLTRE LE VETTE ............................................................... 50 NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 53 NOTIZIE DAI PARCHI ........................................................................................................................................ 58 NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO ................................................................................................................... 61 NOTIZIE DAGLI ALTRI PATRIMONI MONDIALI: IL CASO DI VENEZIA ................................................................ 62 EDITORIALI E INTERVISTE ............................................................................................................................... 64

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INCONTRO ANNUALE GESTORI DI RIFUGIO DELLE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE: IL 16 E 17 NOVEMBRE L’INCONTRO A PIEVE DI CADORE Corriere delle Alpi | 28 settembre 2023 p. 28 In Magnifica il summit dei gestori di rifugi PIEVE DI CADORE Sarà Pieve di Cadore quest'anno ad ospitare l'annuale incontro riservati ai gestori dei rifugi italiani. Un momento di bilanci e di confronto, giunto al settimo anno ed organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco che ha scelto il paese del Tiziano dopo Predazzo, Bressanone, Val di Zoldo, San Martino di Castrozza, San Vigilio di Marebbe e Cimolais. I gestori dei rifugi presenti nell'area Dolomiti patrimonio Unesco saranno ospiti in Magnifica nelle giornate del 16 e 17 novembre. Il programma, ancora in via di definizione, prevede non solo tavole rotonde ma anche un'escursione nel contesto cadorino con il geologo Emiliano Oddone alla presenza del direttore della Magnifica Matteo Da Deppo. Seguirà un'attività di formazione dedicata quest'anno alle grandi sfide legate al turismo di massa e alla crisi climatica a livello globale e locale con gli interventi del direttore del Parco naturale delle Dolomiti d'Ampezzo, Michele Da Pozzo; del climatologo dell'agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente (Appa) della Provincia autonoma di Trento, Roberto Barbiero; dell'alpinista ed esperto di criosfera Anselmo Cagnati. A caratterizzare la due giorni anche un confronto diretto e operativo tra i gestori di rifugio, incentrato quest'anno sulle strategie di adattamento alla crisi, durante il quale non mancherà un focus sul tema del rifornimento idrico, su cui si sono già concentrate le iniziative assunte negli anni scorsi, come ad esempio la campagna intitolata "vivere in rifugio" finalizzata a far comprendere agli utenti il "dietro le quinte" della gestione di un presidio d'alta quota. — Gianluca De Rosa

LA NUOVA GESTIONE DEL RIFUGIO LOCATELLI FA DISCUTERE Corriere delle Alpi | 26 settembre 2023 p. 28 La gestione del "Locatelli" sarà targata Misurina Insorgono i sudtirolesi Altoatesini sul piede di guerra per la futura gestione del rifugio Locatelli "targata" Misurina. Domenica, ultimo giorno di apertura della stagione estiva, per il rifugio Locatelli si è chiusa un'era: dopo 22 anni lo storico gestore Hugo Reider ha detto "basta" . È così che il Cai di Padova, ente proprietario della struttura con vista d'eccezione sulle Tre Cime di Lavaredo, si è messo alla ricerca di un nuovo gestore. Il bando se l'è aggiudicato Angelo Pintossi, già gestore di malga Rin Bianco e attuale proprietario del ristorante pizzeria Edelweiss di Misurina. Un particolare, quello della provenienza "fuori provincia" del futuro gestore, che non è piaciuta ai militanti di Sud Tiroler Freiheit, il partito politico della provincia autonoma di Bolzano fondato e guidato da Eva Klotz, che in una nota ha lanciato strali contro il presidente altoatesino Arno Kompatscher: «È sconcertante assistere all'indifferenza con cui un altro pezzo della nostra identità sudtirolese viene svenduto», afferma il consigliere provinciale di Sud Tiroler Freiheit Sven Knoll, «dopo che la gestione del rifugio Locatelli Innerkofler, già rifugio Tre Cime di proprietà del Cai di Padova, è stato assegnato a un affittuario veneto. Da oltre sessant'anni il rifugio è gestito con grande dedizione da una famiglia sudtirolese. Nonostante gli interventi urgenti presso il governatore e la giunta provinciale, questi sono rimasti inerti e nulla hanno fatto per garantire che il rifugio Tre Cime rimanesse in mani sudtirolesi». Parole dure che denotano, semmai ce ne fosse bisogno, un clima tutt'altro che idilliaco lungo la linea di confine tra Bellunese ed Alto Adige, per fortuna circoscritto a una frangia ristretta ma comunque tutt'altro che silenziosa. «Come può il governatore Arno Kompatscher stare a guardare una cosa del genere?», si domanda inviperito Sven Knoll, «in qualità di governatore provinciale avrebbe il dovere di avviare immediatamente una trattativa con il Cai affinché il rifugio Tre Cime continui ad essere gestito da sudtirolesi». Il rifugio Locatelli, primo rifugio dell'area "Dreizinnenhütte", costruito nel 1882 dalla sezione pusterese dell'Alpenverein tedesco ed austriaco, venne distrutto durante la prima guerra mondiale e alla fine di questa assegnato alla sezione Cai di Padova, che nel 1923 lo ricostruì per poi avviare un progetto di ampliamento nel 1935. Aperto solo nella stagione estiva perché d'inverno di fatto si presenta irraggiungibile essendo chiusa l'unica via d'accesso, ovvero la strada che da Misurina conduce fino al rifugio Auronzo, dal prossimo anno parlerà una lingua diversa da quella del Sud Tirolo. Dal 2001 il rifugio è stato gestito ininterrottamente da Hugo Reider, capofila della seconda generazione della famiglia Reider che dagli anni Sessanta gestisce la struttura. Hugo ha rappresentato la "storia nella

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storia" del Locatelli. Rifugista, maestro di sci e avvocato, ha scritto un libro raccontando la prima guerra mondiale attorno alle Tre Cime di Lavaredo. Un tempo teatro di guerra, oggi simbolo di pace e amicizia "minat o" dalle parole dei seguaci della discussa Eva Klotz. — Gianluca De Rosa Corriere delle Alpi | 27 settembre 2023 p. 28 «Veneto o altoatesino? Basta che ci sappia fare: quassù si sgobba h24» la querelle «Che il futuro gestore del rifugio Locatelli sia altoatesino, veneto o bellunese personalmente poco importa: mi auguro solo che si prenda cura nel migliore dei modi di quella che è stata la nostra casa per 75 anni». Hugo Reider rifugge dalla polemica politica seguita all'assegnazione del rifugio Locatelli all'auronzano (di origini trentine) Angelo Pintossi e, dopo 22 anni di fila di estati trascorse con la vista quotidiana sulle Tre Cime, si appresta a godersi la meritata pensione. Non prima di aver lanciato la volata a chi, dall'estate 2024, si prenderà cura di uno rifugi più antichi e frequentati delle Dolomiti. «Non lo invidio e non vedo il motivo di tanto clamore», sottoline Reider, «al bando emesso dalla sezione Cai di Padova, proprietaria della struttura, hanno partecipato meno di dieci persone. Tra le due che sono state selezionate per l'apertura delle buste ha vinto chi ha presentato l'offerta più alta come regolamento vuole. Tutto nella norma, insomma, non c'è nulla di strano o tale da meritarsi polemiche. La posizione del Süd Tiroler Freiheit contro un gestore veneto e l'intenzione di garantire al rifugio una gestione altoatesina? In provincia di Bolzano tra qualche tempo si vota ma la politica e la montagna sono due mondi diversi tra loro...». I due sfidanti che si sono contesi la gestione post Reider del rifugio Locatelli sono il già citato Angelo Pintossi, imprenditore già proprietario del ristorante pizzeria Edelweiss di Misurina e la famiglia altoatesina Innerkofler che gestisce il rifugio Tre Scarperi (a San Candido). «Non c'è nulla da invidiare a chi verrà a gestire il rifugio Locatelli», ribadisce Hugo Reider, «qui c'è da lavorare e faticare, non c'è spazio per il divertimento. Il rifugio accoglie ogni anno migliaia di persone. A fronte di un passaggio continuo di gente c'è da fare i conti con la difficoltà di reperimento del personale. Già la scorsa estate, quella del 2022, a fronte della mancanza di otto figure all'interno del nostro staff, impossibili da reperire sul mercato del lavoro ad alta quota, avevo deciso di mollare tutto. Sono stanco, ho fatto il mio tempo e non ho più le forze per correre a questi ritmi. D'accordo con il Cai di Padova abbiamo deciso di andare avanti fino alla fine della stagione 2023. Con la fine dell'anno scadrà il mio contratto e dal primo gennaio 2024 il rifugio Locatelli avrà una nuova gestione. Questo rifugio lavora solo d'estate, è vero, ma ci sono mesi di preparazione lunghi e faticosi. Anche le vie d'accesso al rifugio, soprattutto per quanto riguarda gli approvvigionamenti, creano difficoltà. Questi motivi, messi insieme all'avanzare dell'età, mi hanno indotto a dire basta una volta per tutte». Quali sono i rapporti con la futura gestione "made in Misurina?" . «Ho già avuto modo di parlare con Angelo Pintossi», risponde Reider, « persona brava e preparata, che conosce bene la montagna. L'avevo detto in tempi non sospetti al Cai di Padova: bisogna vigilare sui bandi perché oggi la montagna è piena di avventurieri. L'importante è non farsi ingolosire da offerte e conomiche allettanti che per un rifugio possono significare chiusura dopo meno di un anno». — Gianluca De Rosa Gazzettino | 27 settembre 2023 p. 10

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Alto Adige | 28 settembre 2023 p. 30 Rifugio Locatelli, finita l'era della famiglia Rieder EZIO DANIELI Sesto È finita l'era della famiglia Reider di Sesto che si occupa da 75 anni del Rifugio Locatelli alle Tre Cime di Lavaredo. Il contratto di locazione scade il 31 dicembre. Il gestore Hugo Reider non ha più chiesto una proroga e il Cai di Padova, proprietario del rifugio, lo ha dato in affitto a un rifugista di Auronzo. Sven Knoll (Suedtiroler Freiheit) ha già individuato i colpevoli: la Provincia di Bolzano avrebbe fatto troppo poco per individuare un gestore altoatesino. La replica del governatore Arno Kompatscher è secca: «Non abbiano la possibilità di intervenire: spetta soltanto al Cai di Padova che è il proprietario del rifugio». «L'acquisizione del Locatelli dovrebbe essere l'obiettivo dello Provincia - ha detto il sindaco di Sesto Thomas Summerer - visto che è una struttura di grande prestigio con una magnifica vista sulle famosissime Tre Cime di Lavaredo. Non meno importante è che al rifugio Locatelli vengano finalmente eseguiti i lavori necessari visto che il rifugio deve essere collegato alla rete fognaria visto che l'attuale sistema non funziona». Oltre alla rete fognaria attraverso la valle Altensteiner fino al rifugio di fondovalle in Val Fiscalina, il Locatelli necessita anche di un'alimentazione elettrica fissa e di un collegamento in fibra ottica. «La struttura non è più al passo con il numero di visitatori», ha detto Summerer. «Ecco perché già da anni i comuni di Sesto e Dobbiaco (il rifugio si trova proprio al confine fra i due Comuni) cercano di realizzare questo progetto. La Provincia sta attualmente esaminando il progetto e la costruzione dovrebbe iniziare il prima possibile. In merito al nuovo gestore, che sarebbe un rifugista della zona di Auronzo, il sindaco Summerer ha aggiunto che «per noi è un peccato. Il rifugio Locatelli era stato costruito nel 1882 dalla nostra gente e ora una lunga storia familiare sta giungendo alla fine». Sven Knoll si lascia andare alle speculazioni etniche: «Cento anni dopo la costruzione ora devono lasciare il rifugio anche i gestori di Sesto perché il Cai di Padova non vuole che il rifugio venga gestito da altoatesini e preferisce cederlo a un italiano del Veneto». Il gestore del Locatelli, Hugo Reider , non vuol entrare in polemica. «Oggi bisogna essere felici quando qualcuno prende in gestione un rifugio. Considerata la mole di lavoro e la mancanza di personale, gestire un rifugio non è una passeggiata. Questo è il motivo per cui lascio ora all'età di 70 anni. Abbiamo bisogno di giovani con molto entusiasmo per la gestione del Locatelli che abbiamo curato, come famiglia, per 75 anni». Corriere dell’Alto Adige | 28 settembre 2023 p. 5, segue dalla prima

Il gestore del Locatelli «Le Dolomiti? Casa mia» Pintossi attaccato da Süd-Tiroler Freiheit: «Non è sudtirolese» BOLZANO

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Cambio di gestione al rifugio Locatelli che si affaccia sulle Tre Cime di Lavaredo, in territorio altoatesino. Con la fine della stagione estiva cala definitivamente il sipario sulla gestione protrattasi per oltre settanta anni da parte della famiglia di Hugo Reider: un’avventura iniziata da suo nonno e tramandatasi al padre, alla sorella fino allo stesso Hugo. Il Club alpino italiano di Padova, ente proprietario della struttura, dopo aver indetto un bando per trovare un nuovo gestore e aver valutato le domande pervenute — «a suo insindacabile giudizio», come specificato nel bando — ha affidato l’incarico ad Angelo Pintossi, già gestore di Malga Rin Bianco e attuale proprietario del ristorante pizzeria Edelweiss di Misurina. La vicenda ha sollevato però le polemiche di Süd-Tiroler Freiheit, il partito separatista che ha criticato la scelta del Cai in quanto il nuovo gestore non è sudtirolese, come lo erano i suoi predecessori. Angelo Pintossi, lei tra queste montagne si sente a casa? «Mi permetta una premessa: mia madre è trentina e mio padre bresciano. Sono nato a Tione di Trento nelle Giudicarie, poi ho vissuto in Valtrompia in provincia di Brescia fino al 1991, anno in cui mi sono trasferito prima a Cortina d’Ampezzo e poi a Misurina, la frazione più alta del Comune di Auronzo di Cadore, sempre in provincia di Belluno. Quindi sì, mi sento a casa tra le Dolomiti». Qual è la sua esperienza come uomo di montagna? «Ho un trascorso di trent’anni nel Soccorso alpino della Guardia di finanza. Prima nella Scuola alpina di Predazzo, in Val di Fiemme, poi nella caserma di Passo Rolle e ho ultimato la mia carriera militare a Cortina, congedandomi dalle Fiamme gialle con il grado di appuntato scelto. Sono stato istruttore di soccorso su sci, roccia e ghiaccio, soccorritore cinofilo e avevo un cane da ricerca sia da valanga che da superficie. Nel corso della mia vita ho effettuato numerosi interventi di soccorso specialmente con l’uso degli elicotteri». Qual è il suo background che l’ha portata a farsi avanti nella gestione del rifugio Locatelli? «Nel 1998 ho inaugurato la Malga Rin Bianco e l’ho gestita assieme alla mia famiglia e ai miei tre figli — una di 27, una di 23 ed uno di 20 — fino al 2016. Nel frattempo, sempre assieme alla mia famiglia, ho acquistato la pizzeria Edelweiss. Il mio ultimogenito ha trascorso l’estate a lavorare al rifugio Locatelli. Ho parlato a lungo con il mio predecessore Hugo Reider, con cui vado molto d’accordo. La n0stra conoscenza è precedente al bando indetto dal Cai di Padova. È stata una sua decisione di lasciare la gestione del Locatelli, avendo superato i 70 anni di età, felice di quanto ha realizzato nella sua vita lavorativa. Il mio subentro alla sua gestione arriva in piena armonia e con il benestare dello stesso Hugo Reider». Qual è il suo piano nelle gestione futura del Locatelli? «Questo rifugio, che si sviluppa su cinque piani, ha la capienza di 120 posti letto, circa 9 mila pernottamenti per stagione e quasi 500 coperti. Non ho paura di affrontare questa gestione, pur consapevole di quanto sia grande questa struttura. Assieme alla mia famiglia abbiamo intenzione di mantenere nel menù i piatti della tradizione del Sudtirolo, alla quale affiancheremo pietanze venete. Ugualmente ci serviremo di fornitori altoatesini perché, come ho promesso al mio predecessore Hugo Reider, ho intenzione per il primo anno di seguire la sua linea in tutto e per tutto». È stato additato di non essere altoatesino dai militanti di Süd-Tiroler Freiheit. Come risponde? «Mi fanno ridere. Non ho voglia di sollevare alcuna polemica e non capisco l’accanimento nei miei confronti, ipotizzando e sbagliando che io sia veneto quando le mie origini sono trentine e ho un vissuto nelle Dolomiti. Il problema, se c’è, è che per qualcuno io non sono altoatesino. Io sono sereno per aver partecipato, assieme alla mia famiglia e in modo limpido, al bando del Cai di Padova. Mi permetta di specificare che una delle mie figlie ha studiato in un istituto alberghiero di Cortina e l’altra ha frequentato la scuola professionale alberghiera Cesare Ritz di Merano, dove ha studiato italiano e tedesco. Tutto questo e quanto detto prima per rimarcare quanto io e la mia famiglia ci teniamo a stringere rapporti e non a creare divisioni o malcontento».

GLI EFFETTI DELLA CRISI CLIMATICA SULLE DOLOMITI Corriere dell’Alto Adige | 1 settembre 2023 p. 5 Temperature medie aumentate di 1 grado Enzo Coco BOLZANO Un’estate più calda della media con in mezzo alluvioni, frane, smottamenti, scioglimento di ghiacci ad alte quote, zero termico a 5.000 metri. L’estate 2023 appena trascorsa sarà ricordata per queste sue bizze, ma secondo i meteorologi dovremo abituarci a questi scontri fra titani nelle alte sfere: correnti freddissime che scivolano su quelle caldissime e scontrandosi danno luogo a fenomeni di intensità sempre maggiore. Ieri intanto si è verificato un nuovo crollo sul Sassolungo, sulla parete del Pollice 5 dita, proprio sopra il rifugio Toni Demetz. I numeri aiutano a capire questa pazza estate che ora sembra davvero volgere al tramonto. Secondo il servizio meteo provinciale, quest’estate ci sono stati tre picchi di calore tutti conclusi con eventi meteo di grave entità proprio a causa degli scontri delle masse calde con quelle fredde nell’atmosfera. A metà luglio, un violentissimo temporale su Sarentino e val d’Isarco con la più grande grandinata mai documentata in Alto Adige, con chicchi di grandine grandi fino a 9 centimetri. Il 18 luglio, acquazzoni in tutta la provincia e vento fortissimo che ha portato via anche alcuni tetti delle case. L’ultima e più grande ondata di caldo di agosto si è conclusa pochi giorni fa con un evento alluvionale, con precipitazioni di oltre 100 millilitri per metro quadro registrate nell’Ovest e nel Nord dell’Alto Adige. Evento che ha fatto dichiarare all’assessore Schuler che bisogna allargare gli alvei dei fiumi e le

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loro zone di rispetto. Durante i mesi estivi sono stati registrati quasi 30 mila fulmini. La temperatura più alta è stata misurata a Bolzano il 23 agosto con 37,3 gradi; la più fresca, invece, è stata registrata a Sesto l’8 agosto con 1,3 gradi: le temperature sono state di un grado superiori alla media di lungo periodo. Le precipitazioni sono state leggermente superiori alla media nella maggior parte dell’Alto Adige. Quelle più scarse a Merano, rimaste nella media stagionale, mentre in Val Venosta e in Val d’Isarco è piovuto il 30% in più del solito. Alto Adige | 4 settembre 2023 p. 13 “I cambiamenti climatici rendono la roccia friabile”

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Corriere delle Alpi | 4 settembre 2023 p. 14 Tofana, un progetto salva permafrost BELLUNo "Rescue Permafrost". È un grido allarmato, e allo stesso tempo un impegno, quello che caratterizza l'appuntamento di sabato al Bus di Tofana, 2910 metri di altezza, stazione di monte della funivia che sale da Pian Ra Valles, sopra Cortina. Stazione che si trova, appunto, su uno strato di permafrost. Un grup po di appassionati ingegneri e geologi, guidati dal Presidente di Tofana Srl, ha sviluppato un progetto innovativo e sostenibile per prevenire e rallentare lo scioglimento del permafrost. L'appuntamento è per le 10 a Capanna Ra Valles (salita con cabinovia da Cortina - via Stadio 12 - Funivia Freccia nel Cielo (parcheggio disponibile alla partenza della cabinovia), dove il progetto verrà presentato. A seguire trasferimento in seggiovia o a piedi alla stazione di monte dell'impianto Pian Ra Valles – Bus Tofana per vedere in funzione Rescue Permafrost. — © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere delle Alpi | 7 settembre 2023 p. 17 La neve "sciabile" scala le montagne: in trent'anni il limite è salito di 230 metri lo studio Il permafrost sulle Alpi Orientali è sceso da quota -5 a quota -11 metri. A causare ciò le temperature troppo calde dal 12 al 26 agosto, le più torride degli ultimi 30 anni. Si potrebbero spiegare in questo modo anche i recenti crolli sulle Dolomiti, i più significativi sul Sassolungo e nel Gruppo del Brenta. Il caldo è stato superiore di 7-8 gradi alla media del periodo. È quanto andrà a spiegare Mauro Valt, per conto dell'Arpav Veneto, al convegno (non aperto al pubblico) che si terrà sabato alla stazione di Ra Valles, dove la stessa agenzia gestisce un centro di rilevazione dati sulla neve, le valanghe e le temperature ormai da 40 anni, a ben 2600 metri di altezza. Con lo zero termico che si mantiene sempre in quota, il permafrost continuerà a calare anche nei prossimi giorni, dai 2700 metri in su. Ma accade di peggio con il cambiamento climatico. La neve cosiddetta "affidabile" sale di quota, si alza da 1500 metri a 1750. È considerata affidabile quella coltre bianca che, alta almeno 30 centimetri, resiste per almeno cento giorni tra il 10 dicembre e il 30 aprile. Ovvero la neve più sciabile. L'Arpav del Veneto ha condotto con lo stesso Mauro Valt uno studio approfondito che è stato recepito dal Piano neve della Regione. Lo studio che Valt presenterà a Ra Valles certifica che la quantità di neve al suolo è diminuita nel trentennio recente specie alle basse quote (sotto i 1500 metri), più sensibili all'aumento globale della temperatura. Alle quote superiori nevica di meno e gli spessori di neve al suolo sono in diminuzione in tutti i parametri anche se sussistono singole stazioni con livelli in crescita. La mancanza di neve a bassa quota, iniziata a fine degli anni '80 e proseguita per il decennio successivo, ha portato alla scomparsa di tanti piccoli comprensori. «Questa considerazione va al di là della quantità di neve in pista per un'ottima sciata che lo sciatore di quei tempi richiedeva rispetto alle esigenze dello sci moderno. Alcuni siti riportano oltre 300 piccole stazioni dismesse, forse non tutte per la mancanza di neve ma», precisa Valt, « per gran parte di loro la non sostenibilità economia è iniziata con una quota neve più elevata». La quota di affidabilità della neve naturale, come spiegheraà l'esperto di Arpav, è in innalzamento, indicando una maggior possibilità di sciabilità per i comprensori ad alta quota. E quel che è più importante, le elaborazioni sul periodo di 60 anni evidenziano un incremento della quota della neve di 213 metri per ogni aumento di 1°C della temperatura. Il periodo con il maggior innevamento sulle Alpi italiane è stato il 1971-1980 mentre il decennio con meno neve il 2011-2020. La quota dell'affidabilità della neve naturale per lo sci si è innalzata a quota 1750 metri per il periodo 1991-2020, oltre 230 metri in più rispetto al precedente periodo. L'analisi ha confermato per le Alpi meridionali un incremento di quota legato a un clima più mite rispetto al clima continentale dell'Austria e parzialmente della Svizzera. Secondo alcuni autori, anche in futuro (2021-2050), la neve naturale mostrerà un'ampia variabilità di anno in anno. Tuttavia le simulazioni dei modelli climatici regionali evidenziano una drastica diminuzione sia della durata della copertura nevosa sia della risorsa idrica in Europa entro la fine del XXI secolo. Per le Alpi, a un'altitudine di 1500 metri le simulazioni recenti prevedono una riduzione del dell'80-90% dell'equivalente idrico nivale (l'indice che misura la quantità di acqua che è stoccata nella neve) entro la fine del secolo. Per l'Europa continentale – fa sapere Valt – i modelli climatici non mostrano una chiara variazione delle precipitazioni fino al 2050. «Il clima futuro», scrive il tecnico Arpav, «probabilmente non consentirà l'esistenza di una copertura nevosa permanente durante l'estate, anche alle quote più elevate delle Alpi ove si pratica lo sci estivo, con ovvie implicazioni per i ghiacciai rimanenti». È strategica quest'ulteriore sottolineatura di Valt: «A causa del progressivo riscaldamento, i vincoli per la produzione di neve programmata aumenteranno fortemente nelle Alpi europee, soprattutto a basse e medie altitudini fino a circa 1500 metri, poiché le fasce orarie per la produzione di neve si ridurranno fortemente a tutte le quote (le tecnologie odierne hanno limiti tecnici legati alla temperatura)». —

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Corriere delle Alpi | 10 settembre 2023 p. 26 Un circuito frigo per salvare il permafrost: Tofana blinda le fondamenta della seggiovia cortina Raffreddare lo strato sotterraneo di permafrost con un circuito frigorifero alimentato solo da energia rinnovabile, per fermarne lo scioglimento e garantire che resti solido. "Rescue permafrost" è il progetto che la società Tofana ha presentato ieri a Ra Valles, nel rifugio alla stazione intermedia della funivia Freccia nel cielo, volto a prevenire e rallentare lo scioglimento del permafrost. «Un progetto innovativo e futuristico per mantenere il territorio in salute e in sicurezza per i nostri turisti», ha detto Mario Vascellari, presidente della Tofana, che ha coordinato il progetto con la collaborazione di 11 professionisti provenienti da vari settori e diverse aziende. «Tutto è nato quando abbiamo progettato il nuovo impianto della seggiovia Pian Ra Valles – Ra Valles – Bus de Tofana. Qui, a quota 2.770 metri, sorge la stazione di monte. I rilevi geologici avevano evidenziato a 3 metri di profondità circa 18 metri di spessore di permafrost. Un punto critico per la stabilità della stazione, per cui era opportuno prendere delle contromisure. Mi sono detto: se questo si scioglie, perché non proviamo a raffreddiamo? Da lì è nato il progetto. Non avrei mai creduto di concretizzare questa idea, e invece si può fare». Ma che cos'è il permafrost? Lo ha spiegato il geologo Claudio Valle, di Geologia Applicata, società trentina di Mezzocorona: «Il permafrost rappresenta un terreno ghiacciato che si caratterizza per temperature negative nell'arco dell'intero anno. Lo strato di sottosuolo situato tra la superficie del terreno e il tetto del permafrost è la zona di disgelo o strato attivo, che disgela in estate e si congela in inverno. Al di sotto del corpo del permafrost il terreno resta non gelato e senza variazioni di temperatura. Gli effetti del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici hanno portato allo scioglimento del permafrost, causando problemi di instabilità dei versanti, con rischi di frane e smottamenti». Ecco che, in fase di progettazione del nuovo impianto a fune, si è cercata una soluzione tecnica per risolvere questo problema. Il processo di raffreddamento avviene attraverso il ciclo frigorifero, alimentato da pannelli fotovoltaici sul tetto della stazione di Ra Valles, per produrre l'energia elettrica occorrente al funzionamento. «Per contrastare il fenomeno dello scioglimento abbiamo trovato la soluzione con il raffreddamento del permafrost ripristinando lo stato solido della parte di ghiaccio», ha spiegato Norbet Klammsteiner di Energytech, Bolzano. «Il raffreddamento è realizzato da dieci sonde geotermiche lunghe venti metri che asportano calore dal terreno. La sonda geotermica è costituita da due tubazioni, una di andata e una di ritorno, dove scorre un fluido composto da acqua e antigelo ad una temperatura di –8° C. Per produrre il fluido si utilizza un gruppo frigorifero elettrico installato al piano terra dell'edificio a servizio della seggiovia; l'impianto asporta calore dal terreno e lo trasferisce all'aria tramite le sonde geotermiche e il gruppo frigorifero. Così come avviene all' interno del frigorifero delle nostre case, dove c'è l'evaporatore che rende il vano freddo, e il condensatore che scalda l'aria e permette all'energia di essere ceduta all'ambiente». «L'energia elettrica consumata dal gruppo frigorifero e dalle pompe di circolazione viene prodotta attraverso un impianto fotovoltaico installato sulla copertura della stazione a monte della seggiovia», ha sottolineato. Un impianto dunque ambientalmente equilibrato, senza emissioni di CO2. E l'energia elettrica prodotta in più può essere inoltre accumulata e utilizzata nei casi di mancanza di elettricità per la stazione della seggiovia. I lavori per realizzare l'impianto di "Rescue permafrost" sono iniziati l'8 giugno di quest'anno e sono stati ultimati con la messa in esercizio dell'impianto il 26 luglio. Al progetto è collegata la valutazione dell'efficacia della soluzione proposta per la preservazione del permafrost e della stabilità dell'area in un contesto di cambiamento climatico accelerato. La valutazione dei risultati è coordinata da Andrea Gasparella e da Giovanni Pernigotto della facoltà di Ingegneria della Libera università di Bolzano. «In conclusione, il progetto rappresenta una soluzione promettente per preservare il permafrost nelle zone montane, applicabile ad altre località», hanno spiegato. «Stiamo ribaltando il paradigma: il sole è la causa dello scioglimento del ghiaccio; ebbene, noi utilizziamo il sole per risolvere il problema, alimentando con l'energia solare il "frigorifero" che tiene bassa la temperatura», ha concluso soddisfatto Vascellari. — Marina Menardi Corriere delle Alpi | 10 settembre 2023 p. 26 Caldo anomalo per la stagione: in quota una minima di 8° cortina Ancora 8 gradi di temperatura minima prevista per oggi sulle cime dolomitiche, dai 3 mila metri in su. Le massime potranno arrivare agli 11 gradi. Anche domani la colonnina di mercurio rimarrà agli stessi livelli. Giornate "stupende" ovviamente, come attestano i

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previsori dell'Arpav di Arabba. I quali ammettono che le temperature non sono assolutamente quelle di stagione. Dal primo settembre, infatti, dovremmo essere nell'autunno climatico. Lo zero termico, infatti, non scende i 4600 metri. Quindi è superiore di 1600 metri alle vette del Civetta, delle Tofane, delle Tre Cime, del Pelmo. E di 1300 metri a Punta Penia e a Punta Rocca sulla Marmolada. Nella settimana appena trascorsa aveva superato i 5 mila metri di quota. Nella notte tra venerdi è sabato è rimasto a quota 4682 metri, mentre a mezzogiorno di ieri è salito a 4820 metri. Così sulla base del radiosondaggio di Udine Rivolto, la fonte più accreditata. E le temperature incidono sul permafrost che, nelle Alpi Orientali, è sceso da quota -5 a quota -11 metri. Un fenomeno legato alle temperature troppo calde dal 12 al 26 agosto, le più torride degli ultimi 30 anni. Il caldo è stato superiore di 7-8 gradi alla media del periodo. Uno studio al riguardo è stato messo a punto da Mauro Valt, per conto dell'Arpav Veneto, per l'incontro di ieri a Ra Valles sul progetto Rescue permafrost. Con lo zero termico che si mantiene sempre in quota, il permafrost continuerà a calare anche nei prossimi giorni, dai 2700 metri in su. Il cambiamento climatico pesa sulla neve cosiddetta "affidabile", che sale di quota: si alza da 1500 metri a 1750. È considerata affidabile quella coltre bianca che, alta almeno 30 centimetri, resiste per almeno cento giorni tra il 10 dicembre e il 30 aprile. Ovvero la neve più sciabile. L'Arpav ha condotto con lo stesso Mauro Valt uno studio approfondito che è stato recepito dal Piano neve della Regione. La ricerca messa a punto da Valt per l'incontro di ieri a Ra Valles certifica che la quantità di neve al suolo è diminuita nel trentennio recente specie alle basse quote (sotto i 1500 metri), più sensibili all'aumento globale della temperatura. Alle quote più alte nevica di meno e gli spessori di neve al suolo sono in diminuzione in tutti i parametri anche se sussistono singole stazioni con livelli in crescita. La mancanza di neve a bassa quota, iniziata a fine degli anni Ottanta e proseguita per il decennio successivo, sul pianto dell'offerta turistica ha portato alla a scomparsa di tanti piccoli comprensori. — fdm L’Adige | 12 settembre 2023 p. 18, segue dalla prima L'Arco alpino sempre più caldo DOMENICO SARTORI L'Arco alpino è una delle aree che soffrono di più gli effetti del riscaldamento globale: per questo i ghiacciai sono in grande sofferenza. Secondo una ricerca, alla quale ha partecipato in maniera attiva Mauro Gobbi, ricercatore del Muse, dal 2016 l'incremento delle temperature del suolo è stato molto più intenso in prossimità dei ghiacciai (fino a 100 metri) che in aree distanti tre chilometri: «È una trappola per molte specie, destinate a scomparire».A PAGINA 18 ira una brutta aria in quota. Aria troppo "calda". Lo si intuiva. Ma adesso è certificato: le aree di alta montagna si scaldano più rapidamente del resto del globo. I ghiacciai sono freddi, per definizione. Ma, per quanto paradossale, è proprio nei loro pressi che il cambiamento climatico accelera e le temperature sono più alte. E non è una bella notizia.A certificarlo è uno studio internazionale che ha visto protagonista anche il Muse, il Museo delle scienze di Trento. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, ha mappato le temperature in alta montagna in diversi angoli del mondo. Emergono due elementi. Il primo: le diverse aree del pianeta si stanno surriscaldando, ma non tutte alla stessa velocità. Il secondo: si riduce la durata della stagione con neve al suolo. Gli effetti negativi non sono solo quelli economici: si pensi alla progressiva riduzione delle risorse idriche e al calo di acqua che fa girare le turbine delle centrali idroelettriche. L'impatto è misurabile anche in termini di perdita di biodiversità.Il gruppo di ricerca è stato coordinato dall'Università degli studi di Milano e dall'Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Igg), in collaborazione con il Muse e la University of Texas (Austin). Per il Muse il protagonista è Mauro Gobbi, ecologo ed entomologo dell'Ufficio ricerca e collezioni, che ha cominciato a studiare i ghiacciai (quello del Forni nel Gruppo Ortles-Cevedale) con il dottorato di ricerca. «L'Arco alpino» dice Gobbi «è una delle aree che subiscono in modo marcato il riscaldamento del globo».Per rilevare le temperature al suolo, i ricercatori hanno piazzato centinaia di sensori in prossimità dei ghiacciai, dalle Alpi alla Ande del Perù, fino alle isole Svalbard (nei pressi del Polo Nord). Ne è uscita una carta (mappa), che è la più dettagliata fin qui mai realizzata, costruita in vent'anni di rilevazioni: Gobbi, con il Muse, ci lavora da una decina di anni. In Trentino, ha misurato le temperature della vedretta d'Amola (Presanella) e della vedretta d'Agola (Brenta). Alcune aree, come detto, si stanno riscaldando ancora più di quanto atteso dai modelli globali. La situazione più grave è sulle montagne delle aree tropicali e sub-tropicali. Il ritiro dei ghiacciai e la riduzione del manto nevoso, probabilmente, stanno amplificando il tasso di riscaldamento. E questo preoccupa, perché la presenza di neve e ghiaccio può sì tamponare l'aumento della temperatura, ma la loro scomparsa dalle aree di alta montagna di tutto il mondo sta cambiando gli escosistemi ad una velocità senza precedenti, fin qui non prevista. Considerando la media annua, l'incremento delle temperature del suolo nel periodo 2016-2020 è stato rilevante: +0,75 gradi nella zona intertropicale; +1,02 nell'emisfero australe. In tutte le fasce latitudinali, il riscaldamento è stato molto più intenso in prossimità dei ghiacciai (fino a 100 metri) che in aree distanti 3 km: +0,63° rispetto ad un +0,34 nell'emisfero settentrionale (+1,13° rispetto a +0,57° in quello meridionale. Nell'ultimo ventennio, le aree prossime ai ghiacciai si sono scaldate circa il doppio di quelle situate a soli 3 km di distanza. E, poi, meno neve al suolo. Le aree prossime ai ghiacciai hanno sperimentato un fortissimo incremento medio della lunghezza della stazione senza neve al suolo: da due settimane a un mese per anno, mentre a 3 km dal ghiacciaio il decremento è stato ridotto o nullo. Do. S.

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L’Adige | 15 settembre 2023 p. 32 Ghiacciai e clima: l’importanza della ‘rete’ Si è svolto nei giorni scorsi un incontro promosso dalla Cabina di regia delle aree protette e dei ghiacciai e organizzato con la collaborazione dei parchi della Provincia e di Appa, per sottolineare l'importanza di lavorare in rete sul grande tema dei ghiacciai ed assicurare una efficace divulgazione delle conoscenze accumulate e affrontare i cambiamenti in corso.Nei loro interventi il presidente del Parco naturale Paneveggio Pale di San Martino Valerio Zanotti, il direttore del Parco Cristiano Trotter, la direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco Mara Nemela e la dirigente del Servizio aree protette della Provincia Angiola Turella hanno sottolineato l'importanza che le istituzioni, gli enti di ricerca e le aree protette lavorino in rete sul grande tema dei ghiacciai e degli ambienti alpini di alta quota, al fine di assicurare una efficace divulgazione per accrescere consapevolezza e responsabilità rispetto a questi temi. Alto Adige | 15 settembre 2023 p. 33 Unibz nel progetto che preserva il permafrost sulle Dolomiti Dolomiti Raffreddare il terreno su cui poggia la stazione di monte della seggiovia delle Tofane, reso fragile dall'aumento delle temperature e garantirne la tenuta. A Cortina d'Ampezzo è stato presentato "Rescue Permafrost", il progetto, concepito in collaborazione con esperti della progettazione sostenibile, tra i quali il team di ricerca in Fisica tecnica ambientale di unibz. "La fusione del permafrost, uno strato di terreno permanentemente congelato, può portare a diverse conseguenze negative - spiegano gli esperti di Unibz - tra cui l'instabilità del suolo e danni alle infrastrutture costruite nel territorio montano. Rescue Permafrost è un intervento ambizioso sul fronte della sostenibilità e vede un contributo importante anche della Libera Università di Bolzano, con il know-how del team di ricercatori in Fisica Tecnica Ambientale della neonata Facoltà di Ingegneria unibz, guidato da Andrea Gasparella".La stazione di monte della seggiovia Pian Ra Valles - Ra Valles - Bus Tofana è stata scelta come luogo di sperimentazione. L'innovazione principale di questo progetto è la capacità di prevenire o rallentare il processo di scioglimento del permafrost, causato dalla diffusione del calore proveniente dalle masse circostanti. L'obiettivo è raggiunto attraverso l'implementazione di un ciclo frigorifero avanzato, in grado di trasferire il calore dalle zone più fredde a quelle più calde. La macchina frigorifera usa l'energia meccanica per facilitare lo scambio di calore tra il permafrost, la sorgente fredda, da cui viene estratto il calore raffreddandolo, e l'ambiente esterno, la sorgente calda, a cui viene ceduto il calore. Il sistema è alimentato da un impianto geotermico combinato con una pompa di calore, che è alimentata elettricamente da un gruppo di pannelli fotovoltaici installati sulla copertura della stazione di Ra Valles. L'intero processo è alimentato principalmente da fonti di energia rinnovabile, riducendo le emissioni di anidride carbonica. Il team di ricerca di cui fanno parte Andrea Gasparella (responsabile) e Giovanni Pernigotto, si è occupato della valutazione dell'efficacia della soluzione tecnologica proposta - un sistema geotermico - e dello studio del relativo contributo per la preservazione del permafrost e della stabilità dell'area in un contesto di cambiamento climatico accelerato. Mario Vascellari, presidente di Tofana srl, ha coordinato il progetto con una squadra composta, oltre che da Gasparella e Pernigotto della Facoltà di Ingegneria, da Claudio Valle di Geologia Applicata, Norbert Klammsteiner di Energytech srl, Stefano Valle di Geoland srl, Martin Atzwanger di Atzwanger spa, Claudio Zilio del Dipartimento di Tecnica e Gestione Sistemi Industriali di Unipd, Mauro Valt di Arpa Veneto - Arabba, Roberto Mendicino di Eurac Research, Piero Paccagnella di Tofana srl e Guido Barzazi dello Studio Legale Barza

LO STATO DI SALUTE DEI GHIACCIAI L’Adige | 3 settembre 2023 p. 13, segue dalla prima Adamello, persi 50 ettari di ghiacciaio NICOLA MASCHIO Non si ferma l'arretramento dei ghiacciai: l'Adamello (il più esteso in Italia) dal 2015 ad oggi ha perso qualcosa come cinquanta ettari. E il futuro non è incoraggiante, considerato il calo dei fenomeni nevosi. Ieri mattina 400 metri cubi di roccia sono crollati dalle Punte di Campiglio, nel Gruppo delle Dolomiti di Brenta occidentale. Non ci sono feriti.ALLE PAGINE 12-13 La quarta edizione della Carovana dei Ghiacciai ha toccato anche il Trentino. L'incontro si è svolto ieri mattina nella sede della Sat, dopo che tra il 31 agosto ed il 2 settembre un team di esperti, capitanato da Vanda Bonardo (responsabile nazionale Alpi di

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Legambiente e presidente di Cipra Italia), ha osservato, analizzato e monitorato i ghiacciai del Lares e del Mandrone.Purtroppo i dati non sono incoraggianti e la squadra, che nei prossimi giorni farà tappa anche in Austria e Svizzera - rispettivamente sull'Ochsentaler e sul ghiacciaio del Morteratsch - ha constatato un ritiro ed una perdita delle superfici ghiacciate davvero sorprendente.«Dopo appena quattro anni dalla prima edizione della Carovana, abbiamo osservato situazioni stravolte - ha spiegato Bonardo - Il tema dei ghiacciai è stato scelto per toccare con mano i cambiamenti climatici, dinamica che ormai è sotto gli occhi di tutti, anche dei più negazionisti, con una velocità inimmaginabile. Quest'anno abbiamo inoltre deciso di ampliare la Carovana e renderla internazionale, visitando non solo le regioni del nord Italia ma anche due Paesi confinanti con il nostro: questo perché il tema dello scioglimento dei ghiacciai non interessa solo alcune zone o cittadini, ma è di portata generale».Per fare qualche esempio, hanno spiegato gli esperti, il ghiacciaio dell'Adamello (il più esteso in Italia) dal 2015 ad oggi ha perso la stessa superficie di settanta campi da calcio, ovvero circa 50 ettari. E non è tutto, perché anche i fenomeni nevosi - fondamentali in alta quota per garantire la copertura dei ghiacciai e il "ricambio" di questi ultimi - sono in diminuzione, addirittura dimezzati nel tempo. Per non parlare dei fenomeni climatici sempre più disastrosi e intensi, non più "spalmati" su più periodi ma spesso improvvisi e violenti, tanto da causare danni irreparabili come quelli della tempesta Vaia.«Il nostro è un ambientalismo scientifico, al fine di raccogliere dati fondamentali - ha evidenziato ancora Bonardo - Inoltre, ci affidiamo alle realtà dei territori che visitiamo. Oltre al Comitato glaciologico italiano, determinante in questa iniziativa, in Trentino abbiamo conosciuto i membri della Sat, che stanno facendo un lavoro egregio. Proseguiremo quindi nella costruzione della consapevolezza: oggi tutti sanno cosa sono i cambiamenti climatici, ma non sempre è facile capirli nel dettaglio. Rimuovere il problema non è la soluzione, perciò andremo avanti sostenendo tre percorsi da seguire: mitigazione, lavoro insieme alle istituzioni e adattamento».Ed anche per Walter Maggi, presidente del sopra citato Comitato glaciologico, i tempi sono difficili: «Dagli anni '80 i ghiacciai hanno iniziato a ritirarsi, penso di essere l'unico presidente nella storia di questa realtà a non aver mai visto un loro avanzamentoi». L’Adige | 3 settembre 2023 p. 13 Cristian Ferrari spiega i numeri degli ultimi rilievi Un arretramento complessivo preoccupante e un futuro ricco di incognite. Non è una situazione semplice e tutt'altro che rosea quella dei ghiacciai trentini (e non solo), come descritto da Cristian Ferrari, presidente della commissione glaciologica della Sat. Dati alla mano non c'è nulla di rassicurante.Ferrari, lo scenario è drammatico: cosa dicono i dati più recenti?Negli ultimi due anni molti enti di ricerca hanno osservato che la nevosità media sulle Alpi è circa la metà rispetto alla media degli ultimi dieci anni. Significa che un ghiacciaio ha la «coperta» molto meno spessa e quindi, con le estati calde, esso finisce la copertura nevosa già all'inizio dell'estate. L'ondata di calore degli ultimi giorni e gli zeri termici sopra i cinquemila metri hanno portato alla fusione del ghiaccio sia di giorno che di notte. Manca stabilizzazione ed ecco perché si verificano i crolli.Nel caso specifico, cioè quello del ghiacciaio del Mandrone, cosa dicono i numeri?Negli ultimi cinque anni la media di arretramento si è assestata a quindici metri l'anno, ma dodici mesi fa abbiamo registrato 139 metri in meno in una sola volta, quasi dieci volte di più. Certo, bisogna considerare la media generale, ma l'ordine di grandezza è importante. Sull'estensione invece, abbiamo misurato tutto il ghiacciaio lombardo e la parte trentina, con una perdita di circa 50 ettari in tutto. E c'è di più, perché ad ottobre 2022 abbiamo fatto un sopralluogo aggiuntivo e abbiamo constatato un arretramento di altri tre metri, in una stagione dove solitamente questo non succede.Rispetto invece agli altri ghiacciai, qual è la situazione?Su alcuni abbiamo avuto perdite importanti dovute alle frammentazioni delle fronti. Con lo scioglimento emergono rocce che portano a queste rotture. Se pensiamo al ghiacciaio De La Mare ad esempio, nel parco dello Stelvio, solo lo scorso anno l'arretramento è stato di circa un chilometro, dovuto proprio al distaccamento della parte frontale. Quello del Lares, di contro, ha perso 600 metri. Il Mandrone invece sta «semplicemente» arretrando, ma vediamo emergere le prime rocce quindi, più avanti, pensiamo si verificheranno distaccamenti.Di quanta neve avremmo bisogno in inverno per tutelare queste aree?Tantissima. La neve che arriva sul ghiacciaio dovrebbe restare lì almeno tre o quattro anni per trasformarsi in ghiaccio, ma ciò non sta succedendo. E se consideriamo che negli ultimi due anni abbiamo visto questi arretramenti importanti, significa che anche la neve degli scorsi anni, che prima si era accumulata, oggi non c'è più. Quindi praticamente questo inverno ripartiremo da zero: diciamo che, purtroppo, abbiamo sprecato gli ultimi sei anni e stiamo vedendo accadere oggi cose che avevamo previsto per il 2024 o 2025.N.Mas

MARMOLADA Corriere delle Alpi | 4 settembre 2023 p. 14 Patto per la Marmolada Gli impiantisti chiamano imprenditori e cittadini lIVINALLONGO

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"A un passo dal futuro". Non ci sono soltanto gli ambientalisti a proporre un "Patto per la Marmolada". Allargando lo sguardo, ecco gli albergatori, gli impiantisti, gli stessi Consorzi turistici, i commercianti, gli artigiani, i semplici cittadini sognare con i piedi per terra: immaginando il comprensorio Marmolada Arabba al 2030, "ad un passo dal futuro". Un progetto strategico, dunque, fondato sulla sostenibilità ambientale, sociale, economica. A chiusura dell'estate, il 22 settembre, tutti gli interessati sono invitati a salire con la funivia al rifugio Luigi Gorza-Porta Vescovo. Gratis, ovviamente, dalle 17. Un'ora dopo, Diego De Battista, presidente della Società impiantistica e gli altri coordinatori, presenteranno al pubblico i risultati del progetto. Alle 20, aperitivo in quota con buffet e intrattenimento musicale. Per capire l'evento, bisogna risalire al 2020, quando i sindaci dei Comuni di Livinallongo del Col di Lana e di Rocca Pietore, i rappresentanti delle associazioni turistiche e degli albergatori dei due territori e gli impianti di risalita del comprensorio Arabba Marmolada incaricavano l'agenzia di consulenza turistica Kohl & Partner Südtirol dell'elaborazione di una "Strategia di sviluppo turistico Arabba Marmolada 2030". L'idea era quella di definire un progetto strategico per lo sviluppo turistico a lungo termine nei due comuni bellunesi che gravitano attorno alla montagna, con il coinvolgimento degli operatori dei vari settori: rappresentanti del Comune, rappresentanti di esercizi alberghieri ed extra-alberghieri, giovani albergatori, rappresentati delle associazioni turistiche, ristoratori, rappresentanti degli impianti, delle infrastrutture del tempo libero, commercianti, artigiani, agricoltori e cittadini con idee costruttive da proporre. «Vogliamo realizzare un Piano progettuale di lavoro con strategie e misure da adottare redatto da e in collaborazione con le persone coinvolte», sintetizza De Battista. Partendo dal punto sullo stato attuale: come sta il turismo a Livinallongo e Rocca Pietore? Come evitare errori di investimento in infrastrutture? Come migliorare l'organizzazione e la cooperazione turistica? Sono questi alcuni dei punti interrogativi da cui partire. «Si tratta di creare una visione per il futuro di Livinallongo, per il futuro di Rocca Pietore, per il futuro della Marmolada», afferma ancora De Battista. Con lui collaborano Manuel Roncat, operatore turistico a Livinallongo, Lucia Farenzena, presidente del Consorzio turistico Marmolada, Francesco Martini del Comune di Livinallongo, Romina Darman degli impianti a fune Marmolada, il maestro di sci Giancarlo Darman, il direttore dell'Istituto Culturale Ladino Denni Dorigo, l'operatore turistico Luca De Cassan, Cristina Barbana, anche lei operatrice culturale, così pure Nesello pellegrino. E poi Michela Lezuo, presidente di Arabba Fodom Turismo, Alois Bredariol, del Comune di Livinallongo, l'artigiano Carlo De Biasio di Rocca Pietore, Guido Waillant, operatore turistico di Livinallongo, Leandro Santin, impiantista in pensione, Alessia dell'Andrea, del Consorzio turistico Marmolada, Luca Chizzali, maestro di sci e guida Mtb, Carlo Bernardi, amministratore comunale di Rocca Pietore, Jessica De Vallier, di Arabba Fodom Turismo, l'allevatore Cristian Grones, Matteo Nesello, operatore turistico di Rocca, la maestra Erica Roilo, Giuliana Boscheri, impianti a fune Marmolada, e Manuela Chizzali, operatrice turistica di Rocca. — Corriere delle Alpi | 12 settembre 2023 p. 17 Marmolada, il ghiacciaio resta al Trentino Salta l'ultimo appiglio per spostare i confini Francesco Dal Mas ROCCA PIETORE "Addio, Marmolada, addio". È trentina e tale resterà. Ma si rassegnerà Rocca Pietore? «È una grande delusione», ammette il sindaco Andrea De Bernardin, commentando la bocciatura del ricorso presentato alla Corte d'Appello di Roma. La Corte, infatti, ha detto stop alla rivendicazione degli usi civici sul ghiacciaio. Un ultimo tentativo, da parte del Comune di Rocca Pietore, di riportare a casa almeno una quota del massiccio. Non solo quei due fazzoletti di pochi metri quadrati, seppur strategici, delle stazioni funiviarie di Serauta e Punta Rocca. Con questa sentenza si chiude, in sostanza, la battaglia del Veneto e della valle per ritornare allo storico confine tra Belluno e Trento che divideva la montagna fino al 1982, quando l'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini decise che la "frontiera" era ed è quella sulle creste. La "regina delle Dolomiti" è in sostanza tutta trentina. In comune di Rocca Pietore si trovano, appunto, solo i sedimi degli arrivi funiviari. De Bernardin, che sulla Marmolada si sente a casa, ha dunque tentato con l'avvocato Enrico Gaz e altri consulenti la carta degli usi civici che la Val Pettorina avrebbe storicamente sempre esercitato sul ghiacciaio, a cominciare dalla caccia. De Bernardin e collaboratori hanno recuperato da più parti, anche attraverso gli avvocati, una mole consistente di documenti da diversi archivi storici risalenti a secoli scorsi. Ne hanno composto un dossier e l'hanno inviato alla Corte d'appello di Roma competente per gli usi civici, chiedendo di disporre un'istruttoria per verificare il contenuto di questi usi. Tutto inutile: la Corte ha infatti risposto che non ci sono indizi sufficienti per eventuali approfondimenti istruttori. Secondo Rocca Pietore, invece, questi presupposti ci sarebbero e una prima verifica, ad esempio, andrebbe fatta negli archivi di Innsbruck, dove probabilmente sarebbe possibile certificare l'esistenza degli usi civici. Secondo la Corte, però, sarebbe altamente improbabile che ci sia stato un esercizio pacifico degli usi civici in terra di confine. Inoltre, per la Corte, l'uso civico sul ghiacciaio è una cosa altamente improbabile; è più probabile, invece, su un bosco, su un pascolo, su un terreno. «Questa causa è stata voluta e portata avanti nell'ottica del "non lasciamo nulla di intentato"», spiega l'avvocato Gaz -, «in risposta all'azione di alcuni ex amministratori di Canazei che in tutti i modi hanno cercato di mettere alla porta il Veneto e il comune di Rocca Pietore in particolare».

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Il contenzioso direttamente sul confine si è concluso con la recente sentenza del Tar del Lazio che dà ragione al presidente Pertini, salvo ritagliare sulle creste di confine le due isole bellunesi delle stazioni funiviarie di Serauta e Punta Rocca. A quel dispositivo non è stato opposto ricorso. Rimane aperto un contenzioso della Società Funivie Marmolada che riguarda il rinnovo di alcuni impianti. La provincia di Trento ha fatto opposizione. Il fatto è che la Società di Vascellari ha un tema sempre aperto, quello del godimento delle proprietà s ul massiccio della Marmolada. Godimento che ha dei limiti, perché un centimetro al di là dei muri delle stazioni si è in territorio trentino. Ne deriva che anche la gestione della pista più lunga d'Europa (12 chilometri) può diventare complessa. Ma la Società di Vascellari avrà mai interesse ad aprire un nuovo contenzioso con Trento sul confine? L'accordo Galan-Dellai di vent'anni fa prevedeva un corridoio di 30 metri, tutto veneto. Questa opportunità è stata recentemente cancellata. Il sindaco di Rocca Pietore, De Bernardin, non nasconde la sua "profonda delusione", sia per le motivazioni date dalla Corte d'Appello, ma soprattutto per quello che lui stesso ritiene il «mancato approfondimento dei documenti prodotti col ricorso«. Il sindaco non ha dubbi: la Marmolada appartiene in parte anche al Veneto, perché il confine che vale storicamente è quello che attraversa il ghiacciaio e che, come tale, è rimasto in vigore fino al 1982. «Basta osservare la cartografia militare che veniva usata nella Prima guerra mondiale dai due eserciti, italiano e austriaco, che si fronteggiavano sul massiccio. Purtroppo, un decreto presidenziale», aggiunge De Bernardin, «è stato in grado di fare ciò che non era riuscito ai soldati in guerra: cambiare il confine. Questi soldati sono rimasti lassù sul ghiacciaio due anni e mezzo a fronteggiarsi duramente, senza riuscire a modificare di un metro la "frontiera". Qualcosa significherà! Io resto profondamente convinto che gli usi civici ci riconoscano determinati diritti sul ghiacciaio della Marmolada, come dimostrano gli archivi; mi chiedo ancora perché il Tribunale non l'abbia approfondito». — Corriere delle Alpi | 12 settembre 2023 p. 17 Stralciato l'accordo Galan-Dellai: il Tar del Lazio dà ragione a Trento La storia Il Comune di Canazei aveva dato battaglia contro il confine di mediazione – quello deciso nel 2002 dall'accordo Galan-Dellai – nel tentativo di creare i presupposti per collegare passo Fedaia con Punta Rocca attraverso una funivia. Il progetto prevedeva un grande pilone in mezzo al ghiacciaio. Il 2 luglio 2022 la tragedia con gli 11 morti. «Penso che la natura abbia sepolto anche quel progetto», afferma il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin che, lavorando ai piedi del ghiacciaio, quelle vittime proprio non riesce a dimenticarle. Galan e Dellai, nel 2002, si erano accordati per riconoscere al Veneto un corridoio fra i 30 e i 70 metri, a lato delle stazioni di Serauta e Punta Rocca, tale da evitare altri insediamenti. Il ricorso di Canazei, ai tempi del sindaco Silvano Parmesani, aveva portato, 16 anni dopo (luglio 2018), alla sentenza dell'Agenzia del territorio di Roma, che annullava l'accordo; a far fede era il decreto Pertini del 1982, che affermava che il confine della Marmolada deve essere fissato sulla linea delle creste coincidente con la linea di displuvio del monte, e cioè il punto più alto, misurabile col satellite. Sentenza confermata lo scorso mese di marzo dal Tar regionale del Lazio, che aveva a respinto il controricorso presentato dalla Regione Veneto. E la vicenda si è chiusa lì. Adesso la conclusione (negativa) dell'azione rivendicatrice degli usi civici. Resta in piedi il contenzioso della Società Funivie Marmolada per poter concretizzare il rinnovo di un tratto degli impianti. Ma solo indirettamente fa riferimento alla questione del confine. — fdm Gazzettino | 13 settembre 2023 p. 8, edizione Belluno

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Gazzettino | 15 settembre 2023 p. 10, edizione Belluno

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APPELLO CONTRO LA COSTRUZIONE DELLA NUOVA CABINOVIA SUL SASSOLUNGO Alto Adige | 7 settembre 2023 p. 34 «I monti si sgretolano: stop a altre infrastrutture» Dolomiti. Frane e cadute di sassi sulle pareti delle Dolomiti si sono ripresentate di recente rialzando l'allarme per la sicurezza in alta quota e sul futuro delle montagne. È successo sul Sass Rigais sulle Odle e sulla Punta delle Cinque Dita, nel gruppo del Sassolungo e con il suo presidente Georg Simeoni, l'Alpenverein Südtirol - Avs avverte che in montagna "non si dovrebbero costruire nuove infrastrutture" e chiede in particolare "di rinunciare alla costruzione della nuova cabinovia per la Forcella del Sassolungo, evitando così ulteriori smantellamenti di roccia"."I crolli e le cadute di massi sono in crescita - scrive Simeoni - Questo aumenta i pericoli oggettivi in montagna. Un mese fa, i club alpini e le associazioni ambientaliste si erano riuniti ai piedi del Sassolungo per protestare, tra l'altro, contro la sostituzione della cabinovia del Sassolungo, che interessa un'area estremamente sensibile. Ora la montagna dà loro indirettamente ragione: la scorsa settimana si è verificata una notevole caduta di massi sul "pollice" delle Cinque Dita. Un chiaro segnale d'allarme: dimostra la fragilità delle montagne"."Le frane si verificano con maggiore frequenza a causa dei cambiamenti climatici. Anche il disgelo del permafrost e il cambiamento del ciclo gelo-disgelo hanno aumentato il pericolo di caduta massi. Per questo motivo, l'Alpenverein vuole assicurarsi che il mondo della montagna non venga ulteriormente influenzato da interventi artificiali. Il progetto di un impianto di risalita sulla Forcella del Sassolungo, per la cui stazione a monte dovrebbero essere rimosse delle rocce a causa dello spazio limitato, non può essere giustificato. In un'area geologicamente sensibile - continua la nota dell'Avs - interventi così massicci non dovrebbero essere consentiti e realizzati. La natura ha bisogno della nostra protezione: non tutto ciò che è tecnicamente fattibile va realizzato"."Con la caduta di massi sulle Cinque Dita - conclude Simeoni - la montagna ha dimostrato ancora una volta che non ci sono certezze. Eventi del genere dovrebbero renderci più attenti e invito i gestori degli impianti di risalita e i leader politici a riconsiderare a fondo l'estensione della funivia alla Forcella del Sassolungo. Gli effetti del cambiamento climatico sulla sicurezza delle infrastrutture in ambiente alpino sono sempre più visibili. Questo vale per sentieri e percorsi, rifugi, impianti di risalita e piste. Pertanto, qualsiasi intervento strutturale deve essere attentamente considerato". Alto Adige | 11 settembre 2023 p. 13 «Il Sassolungo va messo sotto tutela» Bolzano A un anno dalla sua presentazione, la mozione di Riccardo Dello Sbarba (Verdi) per mettere sotto tutela il gruppo del Sassolungo e i Piani di Cunfin sta per tornare sui banchi del Consiglio provinciale, che con la seduta di questa settimana concluderà il proprio mandato prima delle elezioni provinciali del prossimo 22 ottobre.Nei giorni scorsi è collassata la Grotta della Neve in Alta Badia. È l'ennesimo crollo, dopo quelli recenti su Cinque Dita del Sassolungo e Tre Scarperi nelle Dolomiti di Sesto. Torna di attualità la richiesta del mondo ambientalista delle Dolomiti e dei Verdi, che già nel 2015 e nel 2020 presentarono mozioni con questa richiesta.Un anno fa si espressero in questo senso anche il presidente della giunta Arno Kompatscher, per la tutela del Sassolungo in un parco naturale, e l'assessora Maria Hochgruber Kuenzer, in un incontro con le associazioni ambientaliste al Plan de Cunfin. Dello Sbarba fa riferimento anche agli ultimi sviluppi, il Piano clima 2040, dove si sottolinea quanto sia importante la tutela di ambienti incontaminati.Il consigliere verde ricorda l'appello rivolto dalle associazioni ambientaliste all'assessora Hochgruber Kuenzer, firmato da Heidi Stuffer, presidente del gruppo Nosc Cunfin, Tullio Mussner, presidente della Lia da Mont e Engelbert Mauroner, presidente della Lia per Natura y Usanzes, con il sostegno dell'Alpenverein Südtirol, del Cai Alto Adige, dell'Heimatpflegeverband, dell'Associazione biologhe e biologi dell'Alto Adige, del Gruppo di lavoro per l'ornitologia e la tutela degli uccelli, di Mountain Wilderness e della Lega Climate Action Sudtirolo. «Del resto, anche i Comuni interessati già da tempo hanno chiesto (con mozioni approvate a Ortisei il 3 dicembre 2010, a Santa Cristina il 21 dicembre 2010 e a Selva di Val Gardena il 17 giugno2013) di porre il gruppo del Sassolungo con i Piani di Cunfin sotto tutela», sottolinea ancora Dello Sbarba.Alla richiesta di tutela attraverso l'istituzione di un parco naturale, i Verdi affiancano quella di «sostenere i Comuni interessati nel loro intento di avviare un vero processo partecipativo sovracomunale, consentendo alla popolazione di essere coinvolta nelle decisioni in merito ai futuri sviluppi del Plan de Cunfin, del gruppo del Sassolungo e quindi della val Gardena».I motivi vanno dalla salvaguardia dell'ecosistema in senso stretto - i Piani di Cunfin sono il sito della cova di numerose specie di uccelli, anche pesantemente a rischio, e il luogo del riposo per gli uccelli migratori, mentre i prati umidi ai piedi di Sassolungo e Sassopiatto costituiscono un'oasi di biodiversità unica - ai bisogni della popolazione, dato che Cunfin è area di tutela dell'acqua potabile da cui sgorgano le sorgenti che approvvigionano Ortisei, Oltretorrente e Roncadizza.Nel loro appello, le associazioni ambientaliste chiedono di abbandonare tutti i progetti di costruzione: «Il progettato collegamento delle zone sciistiche dell'Alpe di Siusi e del Monte Pana con

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un trenino o con una funivia, l'ampliamento e il potenziamento della funivia sulla Forcella del Sassolungo, i diversi progetti tesi alla dotazione di infrastrutture sul Sassolungo con funivie». In conclusione scrivono: «Tutto ciò rappresenta un anacronismo legato al concetto di massimizzazione dei profitti degli scorsi decenni, ed è inconciliabile con una politica moderna, orientata verso il futuro e sostenibile».©RIPRODUZIONE RISERVATA Alto Adige | 12 settembre 2023 p. 23 Sassolungo e Piani di Cunfin, il TeamK spinge sulla tutela Bolzano Sono due le mozioni pendenti in Consiglio per la messa sotto tutela del Sassolungo e dei Piani di Cunfin. Quella dei Verdi, che chiede di istituire un parco naturale e di sostenere i Comuni interessati ad avviare un processo partecipativo sovracomunale che permetta alla popolazione di essere coinvolta nelle decisioni. Quindi, la mozione firmata da Franz Ploner e dagli altri tre consiglieri del TeamK. I due gruppi hanno deciso di unire le forze. Perciò il TeamK chiederà la trattazione congiunta delle due mozioni, come gli stessi Verdi avevano fatto lo scorso luglio, quando la trattazione del testo di Ploner era stata sospesa.Le richieste del TeamK sono ancora due. Innanzitutto, la messa sotto tutela del Gruppo del Sassolungo e dell'area di tutela delle acque Piani di Cunfin attraverso l'ampliamento dell'area di tutela delle acque (cioè tramite la classificazione come «sito paesaggistico protetto» ai sensi della legge urbanistica provinciale), in attesa di eventuali proposte, votazioni o pareri da parte dei Comuni interessati e di soggetti come Cai, Avs, associazioni ambientaliste e altri ancora, con l'obiettivo di inserire l'area nel Parco naturale Sciliar-Catinaccio.La seconda richiesta del TeamK è di «respingere in linea di principio la realizzazione di qualsiasi tipo di collegamento ferroviario tra Saltria sull'Alpe di Siusi e l'altipiano del Monte Pana» e di approvare solo i mezzi di trasporto passeggeri che rispettino i vincoli ambientali volti a preservare l'area di tutela delle acque e la biodiversità dei Piani di Cunfin e del Sassolungo.Anche il TeamK cita l'iniziativa Nosc Cunfin e il suo appello alla giunta e al Consiglio provinciale. «Dato che questa giunta parla molto di sostenibilità, non può che accogliere con favore la proposta di integrare il Gruppo del Sassolungo e i Piani di Cunfin nel Parco naturale Sciliar-Catinaccio», scrive Ploner, «Soprattutto se consideriamo lo straordinario valore paesaggistico e il delicato equilibrio ecologico nell'area di tutela della acque dei Piani di Cunfin, già molto compromessi dall'eccessiva urbanizzazione e dalla costruzione di vari impianti di risalita nelle sue immediate vicinanze, diventa evidente che questo monumento naturale con la sua unicità geologica, la sua incomparabile bellezza, il suo grande valore per la memoria collettiva e la sua preziosa funzione come habitat per il patrimonio floristico e faunistico debba essere preservato e debba essere dichiarato Parco naturale». Alto Adige | 15 settembre 2023 p. 34 Una tutela per Sassolungo e Plan de Cunfin Dolomiti Il consiglio provinciale ha approvato ieri all'unanimità la mozione dei Verdi "Mettere sotto tutela il gruppo del Sassolungo e il Plan de Cunfin". Lo annuncia il Gruppo Verde ricordando che "da molti anni le organizzazioni ambientaliste e le associazioni alpine dell'Alto Adige, nonché i cittadini impegnati delle associazioni Nosc Cunfin, Lia da Mont o Lia per Natura y Usanzes chiedono la tutela di questo paesaggio unico. La loro preoccupazione era rivolta alle zone di quiete e alle aree di tutela delle acque esistenti. Il progetto di una funivia tra il Monte Pana (S. Cristina) e Saltria (Alpe di Siusi) ha messo insieme tutte le forze che per il futuro chiedono zone di quiete e tutelate"."Ci sono state - continuano i Verdi - trattative con l'assessora Maria Hochgruber Kuenzer, la portavoce del gruppo Svp Magdalena Amhof e il TeamK che aveva presentato una mozione simile. Il risultato è positivo: nell'ambito dei programmi di sviluppo comunale, attraverso un processo partecipativo la popolazione delle comunità interessate potrà indicare la categoria di tutela per il gruppo Sassolungo e del Plan de Cunfin". "Noi vigileremo affinché il risultato di un tale processo partecipativo venga attuato dalla futura giunta provinciale, senza se e senza ma", dichiara Hanspeter Staffler. Se diventerà un parco naturale, un sito Natura 2000 o un'altra categoria di tutela dipenderà dall'esito del processo partecipativo e democratico nelle comunità interessate di Ortisei, S. Cristina, Selva e Castelrotto. "Dopo anni di discussioni contraddittorie, finalmente arriva un segnale - commentano Staffler, Dello Sbarba e Foppa - i terreni del Confin in Val Gardena sono le ultime zone tranquille di un'area sviluppata e vanno protetti". Dolomiten | 15 settembre 2023 p. 21 Langkofel und Cunfinböden schützen

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Bozen/Gröden . Bei der gestrigen Landtagssitzung wurden die von den Grünen und von Team K eingebrachten Beschlussanträge zur Unterschutzstellung der Langkofelgruppe und der Cunfinböden in Gröden einstimmig mit 28 Ja-Stimmen angenommen. Das Team K hatte ein Naturschutzgebiet unter Eingliederung in den Naturpark Schlern-Rosengarten vorgeschlagen. Die Beschlussanträge wurde in einer einheitliche Textversion eingebracht; die Anträgen haben neben den Grünen und des Teams K auch Landesrätin Maria Hochgruber-Kuenzer und SVP-Fraktionsvorsitzende Magdalena Amhof mitunterzeichnet. Die Landesregierung soll demnach die Gemeinden St. Ulrich, St. Christina, Wolkenstein und Kastelruth bei der Durchführung eines gemeindeübergreifenden Partizipationsprozesses zur Ausarbeitung des Gemeindeentwicklungsprogramms unterstützen. Die Bevölkerung solle die künftige Entwicklung des Wasserschutzgebiets Cunfinböden und der Langkofelgruppe mitbestimmen können. Die aus diesem Partizipationsprozess hervorgehenden Planungsinstrumente und Maßnahmen sollen zur Unterschutzstellung wie Naturpark, Natura 2000 oder eine andere Schutzkategorie gemäß dem Landesgesetz für Raum und Landschaft umgesetzt werden. In der Diskussion ergriffen Abgeordnete der SVP, des Teams K und der Grünen das Wort. Die Landesregierung betonte, man habe die Spielräume in den Gemeinden mit dem vorliegenden Antrag genutzt: Man werde auf einen partizipativen Prozess setzen, damit ein gemeinsamer Weg gefunden werden könne, diese Gebiete auch für zukünftige Generationen zu erhalten. Corriere dell’Alto Adige | 15 settembre 2023 p. 4 Città dei sassi, verso l’ordinanza di ripristino Zanella: area da tutelare, è monumento naturale Matteo Macuglia BOLZANO Il comune di Selva ha «avviato il procedimento per il rilascio dell’ordinanza di demolizione e il ripristino delle opere realizzate senza il prescritto titolo abilitativo a costruire». Queste poche righe segnano l’avvio del procedimento amministrativo del Comune nei confronti della società Piz de Sella spa dopo quelli che sarebbero dovuti essere dei piccoli lavori di miglioria e allargamento su una pista da sci che transita in parte sulla Città dei Sassi per consentire un più agevole passaggio dei mezzi battipista si sono tramutati in una battaglia legale tra le associazioni ambientaliste e la società costruttrice. L’intervento, inizialmente previsto su un tratto di appena 48 metri di lunghezza, ha finito per interessare — sostengono il Cai Alto Adige insieme ad altre cinque associazioni ambientaliste — oltre 250 metri, andando anche a toccare dei terreni di proprietà del Cai stesso, che ha poi presentato un esposto. Da lì, la vicenda è proseguita lo scorso 8 agosto con un sopralluogo dei tecnici del Comune insieme alla polizia locale dal quale è emerso che, effettivamente, i lavori non sono stati eseguiti in conformità con quelli che erano i permessi accordati. «Le difformità — scrivono in una nota congiunta Cai altoatesino, Alpenverein Südtirol, Federazioni Protezionisti Sudtirolesi, Heimatpflegeverband Südtirol, Mountain wilderness e Nosc Cunfin — riguardano sbancamenti, movimenti terra, asportazione di massi e danneggiamento di alberi; inoltre la Piz de Sella spa, autrice dell’intervento, ha eseguito parte dei lavori su un terreno del Cai di Bolzano, il quale non ha mai autorizzato questo intervento e si riserva ogni opportuna azione legale anche in sede civile. Nel frattempo, dal Comune di Selva, che si sta adoperando per il ripristino della situazione precedente i lavori, il sindaco Rolando Demetz prova a smorzare i toni su una vicenda che si trascina da luglio: «Dopo il nostro sopralluogo — afferma — è evidente che qualcuno ha esagerato e che sono stati fatti dei lavori non previsti e non autorizzati. Certo, la situazione non è quella catastrofica descritta dai media. C’è stato lo spostamento di alcuni massi. In misura maggiore di quanto preventivato inizialmente, questo sì. Ma non c’è stato uno stravolgimento del paesaggio o altro. È stata soltanto messa in sicurezza una pista pre-esistente per sciatori e gatti delle nevi». Il procedimento, si legge nel provvedimento del Comune, dovrà trovare una soluzione entro il 10 ottobre; e se non verrà «ripristinato lo stato approvato o presentato un relativo progetto in sanatoria, questa amministrazione rilascerà l’ordinanza di immediato ripristino della situazione originaria». Una soluzione fortemente voluta dai gruppi ambientalisti «dato l’elevato pregio del contesto paesaggistico in cui l’intervento si trova». Le associazioni ricordano infatti che la Città dei Sassi «è classificata come Monumento naturale e, come tale, da tutelare». «Questa volta — chiosa Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai di Bolzano — al posto della solita moratoria o del solito indennizzo, chiediamo un ripristino della situazione preesistente: le aziende non possono fare quello che vogliono. Mentre il sindaco di Selva assicura: «Sulle cause di questa vicenda non mi sento di esprimermi, ma la società ha capito di aver sbagliato». Intanto dal Consiglio provinciale arriva un passo in avanti per la conservazione del gruppo del Sassolongo e dei Plans de Cunfin: è stata approvata una mozione per istituire una procedura democratica che, tramite referendum popolare, potrà decidere se questa vasta e delicata area montana debba diventare un parco naturale.

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STAGIONE INVERNALE: LE PROSPETTIVE PER IL COMPARTO SCIISTICO Corriere delle Alpi | 13 settembre 2023 p. 18 Superski, investimenti per 110 milioni In pole l'innevamento programmato Francesco Dal Mas / BELLUNO L'estate non si è ancora conclusa per funivie, telecabine, seggiovie. Andrà avanti fino a fine mese. Addirittura si concluderà il 1° novembre sul Pordoi. Ma Dolomiti Superski ha programmato già l'inverno. «Tradizionalmente, i primi comprensori sciistici delle Dolomiti apriranno l'ultimo sabato di novembre, ovvero il 25», annuncia Andy Varallo, il presidente del più grande hub al mondo, «mentre gli altri seguiranno man mano fino all'apertura ufficiale della Sellaronda il 5 dicembre». E, fa sintesi, saranno quasi cinque mesi di stagione sulle piste dei 12 comprensori di Dolomiti Superski, che termineranno verso metà aprile, mentre singole zone terranno aperto fino al 1° maggio, condizioni meteo e di innevamento permettendo. Il Faloria, anzitutto. Ma quali novità troveranno quest'interno gli appassionati dello sci? Ben 110 milioni tra nuovi impianti e, soprattutto, il potenziamento dei sistemi per la neve programmata. In altre parole, osserva Varallo, è stata confermata la propensione agli investimenti delle società affiliate a Dolomiti Superski, così da tenere alto il livello di qualità del servizio al cliente, impiegando le più avanzate tecnologie presenti sul mercato. «Anche quest'anno, insomma, gli impiantisti di Dolomiti Superski», ammette il presidente, «hanno fatto i compiti a casa, come è nella tradizione ormai da sempre, per essere pronti al confronto con i competitors internazionali. I nostri clienti sono al centro dell'attenzione e ogni anno ci impegniamo per poter loro proporre qualcosa di nuovo» Dopo gli investimenti strutturali del post Covid, sono quattro gli impianti di risalita che andranno a sostituire quelli esistenti e oramai obsoleti. Il fiore all'occhiello della prossima stagione sarà la nuova cabinovia a 10 posti con stazione intermedia "Plose 1+2" che collega la località di Sant'Andrea sopra Bressanone con l'area sciistica Plose nel comprensorio di Rio Pusteria – Bressanone in Alto Adige. In area bellunese, ecco la nuova seggiovia quadriposto fissa "Casera dei Zorzi – Cornia", nel comprensorio del Civetta e Val di Zoldo, che sostituirà l'omonima seggiovia biposto, andando a snellire notevolmente il collegamento tra le aree sciistiche di Zoldo e Palafavera. Ma, attenzione, in questo comprensorio sarà anche potenziato l'impianto di innevamento della pista Grava 1, attraverso una nuova tubazione. La società di gestione provvederà inoltre, alla revisione ventennale della seggiovia Valgranda-Col de la Grava. E acquisterà un nuovo mezzo battipista. In termini di "hardware", infatti, il Consorzio Dolomiti Superski ha rivolto il proprio focus soprattutto ai sistemi di innevamento programmato, sempre più importanti per garantire la puntualità delle stagioni e la qualità costante delle piste durante l'arco della giornata e della stagione stessa. Ecco, infatti, che cosa accadrà negli altri comprensori. Andiamo anzitutto a Cortina. Sulla Tofana sarà implementato l'annunciato progetto per il refrigeramento e consolidamento del permafrost: siamo a Ra Valles. La società impiantistica provvederà a un nuovo impianto fotovoltaico destinato all'approvvigionamento energetico. Nel resto del comprensorio, in queste settimane si sta provvedendo ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria su diverse strutture. Per quanto riguarda invece il comprensorio di Arabba e Marmolada è in programma un miglioramento "pesante" dell'impianto di innevamento in zona Portavescovo. Sul Padon-Marmolada si farà altrettanto per la struttura di innevamento in zona Capanna Bill. La società Funivie Arabba prevede l'inserimento di nuovi generatori di neve, "ancora più performanti", con l'installazione di una seconda rete di raffreddamento. Gli sciatori che si avventureranno tra Falcade e passo San Pellegrino troveranno interessanti migliorie sulla pista "Laresei-Le Buse1", conosciuta come "Plateau", proprio sopra Falcade. La funivia di Col Margherita, al passo, vedrà la sostituzione dell'azionamento elettrico dell'impianto, con un notevole passo avanti nel suo ammodernamento. E veniamo alla magica pista "La Volata" da Col Margherita: sarà attrezzata di cavi in fibra ottica per il servizio di ripresa televisiva in occasione della gara di coppa del mondo del 2024 (ma non solo, evidentemente). Sempre al Passo San Pellegrino sarà ulteriormente potenziato l'innevamento della pista "Le Caviette". E ancora: verranno installati 20 generatori di neve a ventola e 8 generatori di tipo "lancia". Non basta. Sul versante Costabella, sarà rinnovato l'impianto di innevamento e verranno ristrutturate le piste "Capanna Margherita" e "Martinet", serv ite dalla sciovia "Capanna Margherita". — Corriere delle Alpi | 13 settembre 2023 p. 18 «Nuovi cannoni meno energivori e più risparmiosi per l'acqua» il punto «Nuovi impianti per l'innevamento, ma meno energivori e anche più risparmiosi per l'acqua». Lo assicura Marco Grigoletto, presidente dell'Associazione dei gestori di impianti funiviari del Veneto, Anef. «Tutto il Veneto è al lavoro soprattutto per migliorare il consumo di energia e acqua con innevatori di nuova generazione e ammodernamenti degli impianti esistenti», spiega. «In questo ci aiuta la

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Regione del Veneto che ha appena fatto uscire un bando proprio per questo è per l'acquisto di battipista». Sono stati stanziati oltre 3 milioni di euro. Grigoletto tiene a far sapere che ogni area della regione sta investendo molto per consentire la pratica dello sci in tutte le zone, rispondendo a quella che viene definita la "responsabilità sociale" delle imprese. «Strutture come le nostre», sottolinea il presidente Anef, «sono il motore dell'attività turistica di tanti comprensori, costituiscono il presupposto per la loro sopravvivenza economica e sociale. Per il prossimo anno inoltre sono in previsione dei nuovi impianti in sostituzione di alcuni ormai vetusti e il settore si sta impegnando "al massimo" per cercare di avere il minor impatto possibile sul territorio e preservandolo con il mantenimento delle piste e delle aree adibite agli sport invernali in genere. Siamo i primi a voler preservare il territorio e ancora una volta senza di noi non ci sarebbe turismo montano invernale economicamente sostenibile per tutti gli operatori. Questo non vuol dire fare solo economia ma anche tutela delle nostre terre alte» precisa Grigoletto. Il quale, al riguardo, ricorda che «la neve che produciamo con dei costi che ci carichiamo noi e in assenza totale di additivi rimane sulle piste fino a primavera e quando si scioglie rientra nello stesso bacino imbrifero di partenza». L'uso di acqua di tutta la montagna veneta per l'innevamento è di "soli" 3 milioni di metri cubi, che ritornano appunto nello stesso bacino a primavera, «ma per avere un metro di misura reale bisogna considerare che l'industria veneta consuma almeno 150 milioni di metri cubi e questi invece "spariscono" nei prodotti che utilizziamo ogni giorno. Ogni nostro innevatore lavora per meno di 7 giorni sui 120 di apertura e solo in ore notturne». Grigoletto riconosce che il climate changing creerà problemi anche agli impianti ma insieme alla Regione del Veneto e in collaborazione con il Governo «stiamo attuando tutte quelle misure necessarie per poter proseguire l'attività sia estiva che invernale. Ad esempio stiamo costruendo laghi a spese nostre che servono non solo per l'innevamento ma anche per l'antincendio o per accumulo di acqua in quota, stiamo modernizzando i nostri sistemi di innevamento e stiamo cercando delle soluzioni per il risparmio energetico». — fdm

OLIMPIADI: LA PISTA DA BOB DI CORTINA D’AMPEZZO Corriere delle Alpi | 5 settembre 2023 p. 26 I vertici della pista di Igls in sopralluogo a Cortina «Volevamo vedere i lavori ma qui è tutto fermo» la delegazione Matthias Schipflinger, direttore dell'Olympia World, l'ente che gestisce la pista di bob di Igls (Innsbruck), e Michael Ausserhofer, project manager dei lavori di adeguamento della pista austriaca, si sono recati ieri a Cortina per un sopralluogo al cantiere del nuovo Sliding center che dovrebbe essere costruito per i Giochi del 2026. «Una visita a titolo personale», hanno spiegato i due funzionari dell'impianto austriaco, «per verificare a che punto fossero effettivamente i lavori di costruzione della nuova pista di Cortina. Avevamo sentito che erano già iniziati, ma a vedere qui oggi come stanno le cose non vediamo nessuno al lavoro», hanno detto. Al momento infatti è stata completata (o quasi) la demolizione della vecchia pista dedicata ad Eugenio Monti, ma ancora non sono iniziati i lavori per la nuova, in quanto la prima parte del bando di gara che si è chiusa a fine luglio è andata deserta. Ora la Società infrastrutture Milano Cortina, guidata dall'amministratore delegato Luigi Valerio Sant'Andrea, sta portando avanti la procedura negoziata che si concluderà a fine settembre. L'8 agosto scorso il sindaco di Innsbruck Georg Willi, in una conferenza stampa a Bolzano congiunta con Felix von Wohlgemuth, coportavoce dei Verdi Grüne Vërc, con la senatrice Aurora Floridia e la consigliera regionale del Veneto Cristina Guarda (entrambe di Europa Verde), aveva annunciato di aver inviato una proposta ufficiale a Fondazione Milano Cortina 2026 per la pista di bob come alternativa a un nuovo impianto a Cortina per le Olimpiadi del 2026. I contatti con Andrea Varnier, l'amministratore delegato di Fondazione Milano-Cortina 2026, e Schipflinger erano avvenuti alcuni mesi fa. «Ci siamo sentiti con Varnier in maniera colloquiale e lo abbiamo informato sui lavori che andremo a fare il prossimo anno sulla pista di Igls», ha spiegato ieri Schipflinger durante il sopralluogo a Cortina d'Ampezzo. «Gli abbiamo detto che lo avremmo tenuto aggiornato, nel caso la società che organizza i Giochi in Italia decida per il piano B, ovvero l'esecuzione della gare ad Innsbruck. Varnier ci ha detto che loro devono avere una alternativa nel caso l'opera non venga fatta o completata. Noi ci siamo messi a disposizione, abbiamo inviato la nostra offerta, vederemo cosa decideranno di fare». La proposta austriaca prevede un contributo di 12,5 milioni di euro per le gare del 2026 e comprende una collaborazione anche post Olimpiadi per rilanciare e sostenere la pratica sportiva di bob, slittino e skeleton in territorio italiano. «Noi ci siamo messi a disposizione, vediamo ora cosa succede», ha continuato Schipflinger ieri durante la visita a Cortina assieme al project manager della struttura austriaca. «Per noi non cambia niente. I lavori li facciamo comunque, e riguardano solamente un 25% della pista attuale, sulla quale continueremo a fare l'attività sportiva. Per i Giochi saremo sicuramente pronti, la pista non ha bisogno di omologazione. Se dovessimo ospitarli sarebbe per noi molto bello, ma non è indispensabile».

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Alla domanda relativa al fatto che Innsbruck ha tutto l'interesse ad ottenere le gare olimpiche, così togliendo alla fine visibilità a Cortina, il direttore dell'Olimpia World ha risposto: «Non è vero: rimangono comunque le Olimpiadi di Cortina. Noi abbiamo fatto la nostra offerta se ci fosse bisogno per le gare nel 2026. Tutti gli anni ospitiamo le gare di Coppa del Mondo: per noi sarebbe come una Coppa del Mondo più in grande, con più atleti, più giornalisti e più gente. Gli alloggi e le strutture per questo ci sono». Per capire come andranno le cose bisognerà aspettare fine mese, quando arriveranno i commissari del Comitato olimpico internazionale in visita a Cortina e a Milano per vedere lo stato di avanzamento dei lavori, e quando il commissario straordinario Sant'Andrea dovrà dare l'incarico per i lavori alla pista. Altrimenti si andrà altrove. — Marina Menardi Corriere delle Alpi | 8 settembre 2023 p. 23 Olimpiadi, la pista da bob costerà 1,5 milioni all'anno Giorgio Barbieri / CORTINA È probabilmente l'opera simbolo delle Olimpiadi Milano-Cortina del 2026. Sicuramente quella più contestata e al centro delle polemiche. Si tratta della ristrutturazione della pista da bob "Eugenio Monti" di Cortina, un'opera del valore base di 81 milioni con asta a "chiamata diretta" (avviata dopo un primo bando andato deserto) che si chiuderà il 20 settembre. Sono state 14 le imprese invitate a partecipare dalla Società infrastrutture Milano-Cortina e due di queste, Webuild e Pizzarotti, hanno già effettuato un sopralluogo a Cortina nei giorni scorsi. Nelle scorse settimane, dopo che l'asta era andata deserta, era anche partita una proposta ufficiale indirizzata al CIO e alla Fondazione Milano Cortina 2026 da parte della municipalità di Innsbruck per la pista di bob e slittino a Igls come alternativa all'impianto cortinese. Un'offerta agli organizzatori italiani delle Olimpiadi del 2026 che prevedeva un contributo di 12,5-15 milioni di euro per le gare del 2026 e di pianificare una collaborazione anche post Olimpiadi e per rilanciare e sostenere gli sport bob, slittino e skeleton italiano. Una possibilità impraticabile per i vertici della Societa infrastrutture Milano-Cortina, presieduta da Luigi Valerio Sant'Andrea, anche alla luce dei risultati di un documento di progetto che «chiarisce e conferma in modo inequivocabile le scelte assunte in fase di candidatura in ordine alla riqualificazione della storica pista "Eugenio Monti" di Cortina d'Ampezzo». All'interno del lungo documento è dettagliata anche un'ipotesi di conto economico dello Sliding Center per il quinquennio 2027-2032, anno in cui l'Ebitda dovrebbe diventare positivo. Qui sono dettagliate le voci di costi e ricavi: si va dalla spesa annua per la refrigerazione (694.000 euro) a quella per la spesa pubblicitaria (60.000 euro); dai costi per il personale amministrativo (230.000 euro circa) a quelli per il personale tecnico (292.000 euro a salire fino a 362.000). La manutenzione costerà invece 94.000 euro all'anno. I costi totali arriveranno a 1.595.000 euro all'anno nel 2032 quando per la prima volta saranno superati dagli incassi che ammonteranno a 1.600.000 euro. Questi saranno composti dai ricavi per gli allenamenti agonistici (375.000 euro) e le gare agonistiche (90.000 euro), gli incassi per l'utilizzo ludico della pista (1.075.000 euro), gli eventi (30.000 euro) e la produzione di energia da fotovoltaico (30.000 euro). All'interno dei costi per il personale amministrativo sono compresi gli stipendi per un manager (112.000 euro), l'assistente (63.000 euro), l'addetto marketing/vendite (32.000 euro) e il segretario (25.000 euro). Insieme alla Soprintendenza è stata decisa la realizzazione di un Memoriale diffuso che con avanzate tecnologie multimediali narrerà i riti ed i miti di Cortina ripercorrendo 100 anni di memoria sportiva, culturale e sociale, con l'obiettivo di unire simbolicamente l'Olimpiade del 1956 con quelle del 2026. E in questi giorni è attesa la firma del Dpcm che dovrebbe rifinanziare tutte le opere olimpiche. Il valore complessivo dovrebbe essere di oltre 3 miliardi (verranno quindi aggiunti ulteriori 400 milioni circa). Il documento è pronto negli uffici di Palazzo Chigi. Mentre potrebbe esserci tra qualche mese un altro decreto per sostenere gli extracosti al momento a carico dei privati per realizzare altre opere a Milano, il villaggio olimpico e l'Arena del quartiere Santa Giulia (dove si terrà l'hockey maschile). I costi potrebbero essere cresciuti in entrambi i casi fino al 50%. Corriere delle Alpi | 13 settembre 2023 p. 14 Bob, tempi stretti e sicurezza «Cortina senza alternative» Giorgio Barbieri / belluno «Tutte le piste necessitano di significativi interventi di ristrutturazione e adeguamento, circostanza che porta ad escludere la possibilità di poter considerare tali soluzioni come alternative alla ristrutturazione della pista "Eugenio Monti" per ospitare le competizioni olimpiche». Sembra non lasciare spazio a dubbi il documento elaborato dalla Società Infrastrutture Milano-Cortina che ha messo a confronto la pista da bob di Cortina con gli scenari alternativi tra cui la pista di Innsbruck e quella di Cesana Torinese realizzata per le Olimpiadi di Torino del 2006.

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Da una parte, in Piemonte, c'è una struttura in completo stato di abbandono, dall'altra, in Austria, è il cronoprogramma per adeguare la pista «ai requisiti funzionali richiesti per una venue olimpica» a non permettere di arrivare in tempo per l'inaugurazione dei Giochi. Mentre «il nuovo tracciato di Cortina sarà ovviamente conforme alle vigenti indicazioni delle Federazioni e potrà garantire adeguati standard di sicurezza anche per gli anni a venire, in relazione alle innovazioni tecnologiche degli sport di scivolamento che determineranno, in futuro, velocità sempre maggiori». Le conclusioni del documento sono dunque nette. «La pista di Innsbruck», si legge, «attualmente opera in deroga alle regole delle federazioni in quanto non conforme agli standard di sicurezza e sarà oggetto di un esteso intervento di ristrutturazione dell'ultima parte del tracciato di gara, dell'ultima curva del tracciato, del rettilineo di arrivo e dell'edificio di arrivo». Costo stimato per l'intervento 50 milioni di euro. Per SIMICO è poi ancora più da escludere la ristrutturazione della pista di Cesana Torinese «che presenta elementi di indeterminatezza procedimentale e di criticità tecniche tali da non consentire di includerla tra le alternative a Cortina». E questo perché non sono previsti stanziamenti di risorse finanziarie pubbliche per la realizzazione dell'intervento, non risulta avviato alcun percorso autorizzativo «e non sono disponibili progetti di rifunzionalizzazione né scenari di futuro utilizzo ordinario dell'impianto». Tutto questo porta quindi a un'unica conclusione: «Il confronto comparato con le alternative individuate esteso all'intero ciclo di vita dell'infrastruttura (ossia non limitato al solo svolgimento dell'evento olimpico, ma comprensivo della fase di realizzazione e di successiva gestione ordinaria) conferma la riqualificazione della pista "Eugenio Monti" come l'opzione più appropriata e l'unica alternativa percorribile». E questo anche alla luce della possibile ricaduta economica sul territorio: «Permetterebbe lo svolgimento delle competizioni in Italia e il mantenimento degli impegni presi in fase di candidatura e di sottoscrizione dell'Host City Contract, generando ricadute stimate tra i 104 e i 178 milioni di euro in termini di Pil, considerazioni alla base della Regione Veneto di promuovere e sostenere la candidatura di Cortina d'Ampezzo per le Olimpiadi invernali del 2026». Ora non resta che attendere il 20 settembre quando si chiuderà l'asta a chiamata diretta (avviata dopo un primo bando andato deserto) per il secondo lotto di lavori dello Sliding Centre, che comprende proprio la realizzazione della nuova pista da bob Eugenio Monti, un'opera del valore base di 81 milioni. Sono state 14 le imprese invitate a partecipare dalla Società infrastrutture Milano-Cortina e due di queste, Webuild e Pizzarotti, hanno già effettuato un sopralluogo a Cortina nei giorni scorsi. Nelle scorse settimane, dopo che l'asta era andata deserta, era infatti partita una proposta ufficiale indirizzata al CIO e alla Fondazione Milano Cortina 2026 da parte della municipalità di Innsbruck per la pista di bob e slittino a Igls come alternativa all'impianto cortinese. Un'alternativa che il dossier di SIMICO definisce non p iù percorribile per il rischio di riuscire a non arrivare in tempo per l'apertura dei Giochi. — Corriere delle Alpi | 14 settembre 2023 p. 27 «La pista di Cortina si regge su dati vecchi» L'accusa dei Verdi cortina «Per la pista da bob delle Olimpiadi 2026 non esisterebbe alternativa a Cortina? Dichiarazioni che si sciolgono come neve al sole». Cristina Guarda, consigliera regionale di Europa Verde, invita Simico, la Società infrastrutture Milano Cortina 2026, a prendere atto concretamente delle proposte fatte da Innsbruck e ad aggiornare i conti che, per Simico, giustificano il "no" all'utilizzo della pista da bob austriaca di Igls, abbandonando il progetto di ricostruzione della pista Eugenio Monti di Cortina. Per la consigliera regionale di Europa Verde sono «numeri in totale libertà» del documento con cui Simico boccia le alternative alla pista da bob a Cortina. «Eppure, su costi e tempistiche per l'adeguamento della pista da bob a Innsbruck basterebbero le dichiarazioni pubbliche rilasciate dal sindaco di Innsbruck e dal direttore di Olympia World, ente che gestisce la pista di bob di Igls in Austria, a smentire la narrazione a senso unico di Simico», sottolinea infatti Guarda. «Il costo di realizzazione della pista di Cortina, concesso l'enorme ritardo a cui è sottoposta, equivale a 124 milioni di euro. Gli austriaci metterebbero a disposizione la loro pista olimpionica attiva e funzionante, accollandosi 30 dei 45 milioni previsti per l'adeguamento dell'infrastruttura. La proposta austriaca prevede un contributo italiano di circa 12,5 milioni di euro per le gare del 2026, comprensiva di una collaborazione anche post Olimpiadi, atta a rilanciare e sostenere gli sport bob, slittino e skeleton italiano». Simico ha già escluso sia il ricorso alla pista austriaca di Igls sia l'ipotesi di mettere mano a quella piemontese di Cesana. Ma i conti, dice Guarda, sono a favore della scelta di Igls: «Un bel risparmio per le casse del nostro Paese, oltre che un minore consumo di suolo visto che l'edizione italiana dei Giochi olimpici invernali è stata spacciata come quella più sostenibile dal punto di vista ambientale della storia dei Giochi». «Anche per quanto riguarda i tempi di realizzazione», dice, «la versione di Simico cozza con la realtà. Infatti, l'adeguamento per le gare olimpiche della pista da bob di Igls sarà compiuto in un anno, tempistica che comprende anche l'interruzione per la gara internazionale prevista sulla pista a inizio 2025 e tenuto conto che per questa pista non sarà necessaria l'omologazione, necessaria invece per quella di Cortina. Insomma, per ora, gli unici salti mortali a cui stiamo assistendo sono quelli improvvisati da chi si ostina a sostenere la pista Monti di Cortina come unica via percorribile». —

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Corriere delle Alpi | 15 settembre 2023 p. 29 La Provincia guarda a Innsbruck, anzi no La pista da bob fa rinviare il consiglio il caso Alessia Forzin Il vertice con il commissario Luigi Valerio Sant'Andrea mette in luce elementi "nuovi" sulla pista da bob. Per lo meno per i consiglieri di Palazzo Piloni di centrosinistra. E Paolo Perenzin ritira il documento con il quale il gruppo di maggioranza in Provincia avrebbe aperto le porte al trasferimento delle gare di bob, slittino e skeleton a Innsbruck. Non senza ripercussioni, perché ieri a Palazzo Piloni non sono mancati toni accesi in una questione che, di fatto, si è risolta tutta all'interno della maggioranza di centrosinistra. Al consiglio provinciale (convocato d'urgenza con unico punto all'ordine del giorno, e alla fine rinviato) non erano presenti i consiglieri di Forza Italia Dario Scopel, di Fratelli d'Italia Serenella Bogana e della Lega (Danilo De Toni e Mattia Gosetti). Bogana ha detto in videoconferenza di avere un impegno con un'inaugurazione, gli agordini alle 17.30 avevano consiglio dell'Unione montana (infatti ha dovuto scollegarsi anche Fabio Lucchetta). Ma era altresì chiaro che un documento come quello portato da Perenzin in aula non poteva essere votato dai leghisti. E avrebbe messo in profondo imbarazzo gli alleati di centrodestra. IL TESTO Il documento ricostruisce la storia della pista da bob, di costi che sono lievitati, di un impatto ambientale che non era previsto al momento della candidatura di Cortina alle Olimpiadi. E considerando le recenti uscite del sindaco di Innsbruck – che ha dichiarato che la pista di Igls sarebbe disponibile per il 2026 – nel deliberato chiede a Regione, Comune di Cortina, Fondazione Milano Cortina e Simico di verificare con urgenza la percorribilità della soluzione Innsbruck, prima che si proceda all'affidamento dei lavori per il Cortina sliding centre. Qualora questa verifica dica che la pista di Igls può ospitare i Giochi, allora si abbandoni subito Cortina. Nel documento, che era stato sottoscritto da tutti i consiglieri del gruppo Provincia Comune - Belluno 2030 (quello che ha supportato la candidatura di Padrin a presidente della Provincia), si chiedeva anche di trasferire i fondi previsti per la realizzazione della pista da bob su sanità, edilizia scolastica e infrastrutture necessarie in tutto il territorio provinciale, e di promuovere accordi con l'Austria per avere ricadute promozionali per il Bellunese, oltre che di ricordare il glorioso passato di Cortina con un'intitolazione a Eugenio Monti. equilibri ed equilibrismi «Il consiglio provinciale ritiene necessario acquisire ulteriori dati tecnici al fine di approfondire la tematica in oggetto, a seguito dell'incontro in videoconferenza con il commissario Luigi Valerio Sant'Andrea», ha fatto sapere Palazzo Piloni ieri sera. «Il deliberato va emendato», spiega Perenzin. «Riporteremo il testo in consiglio martedì». Lì si farà la conta dei voti. «Bisogna capire se Innsbruck è veramente pronta. Se lo è, io sono dell'idea che le gare debbano essere spostate, non è possibile che ci siano due piste da bob a distanza di 160 km, con i costi di realizzazione e gestione che ci saranno». Dunque la porta rimane socchiusa. — Corriere delle Alpi | 15 settembre 2023 p. 29 Malagò: «Ci sono criticità ma sono note da tempo» CORTINA Sulla pista da bob di Cortina in vista delle Olimpiadi invernali del 2026 «sono emerse criticità» ma «sono argomenti all'ordine del giorno da tempo. L'altro ieri abbiamo fatto un incontro dedicato su questo tema. Da qui a fine settembre, in un senso o nell'altro, ci sarà la conclusione definitiva». Lo ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Il 20 settembre si concluderà il bando per la costruzione della pista. Fino ad oggi si sono palesate due imprese, il Gruppo Webuild e la Pizzarotti. «La mia posizione la conoscete», ha sottolineato Malagò. «Noi abbiamo presentato una candidatura a giugno 2019, ci hanno votato per quella, se si fosse data la fiducia sulla base di un dossier e poi a distanza di quattro anni lo si cambiasse non credo sarebbe una cosa bella per tutti». «Sento soggetti senza molta competenza o autorevolezza esternare tesi su soluzioni alternative un po' curiose per non dire bizzarre», ha poi commentato Malagò. Intanto le associazioni di protezione ambientale Cai, Federazione Pro Natura, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Tci e Wwf hanno partecipato a un confronto con la Fondazione Milano Cortina 2026 e con la Società infrastrutture Milano Cortina, Simico, sullo stato di avanzamento degli interventi olimpici ed hanno concluso con preoccupazione: «Non abbiamo ad oggi elementi, a poco più di tre anni dai Giochi olimpici 2026 e dopo un confronto avviato e voluto da Fondazione Milano Cortina 2026 sin dal 2021, per potere attestare la sostenibilità ambientale delle opere e dei giochi olimpici invernali, dichiarata nel dossier di candidatura». Al momento, osservano le associazioni, mentre è in corso una procedura di Valutazione ambientale strategica preliminare, voluta dalla Fondazione e focalizzata solo ed esclusivamente sul programma delle tre settimane dei Giochi, «Simico sinora non ha fornito il quadro

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dettagliato – completo dei vari stadi di progettazione/valutazione/autorizzazione – degli interventi (infrastrutture lineari), connessi e di contesto, inseriti nel piano, che pure è stato trasmesso al ministero dell'Ambiente sin dall'aprile 2022», affermano. In particolare, per quanto riguarda la pista da bob di Cortina, «né la Fondazione, né Simico si dichiarano disponibili a considerare l'alternativa ambientalmente ed economicamente più sostenibile». — Francesco Dal Mas Corriere delle Alpi | 15 settembre 2023 p. 29 De Zanna convoca i cittadini: «In piazza il 24 settembre» CORTINA "Pista di bob: ultima chiamata" è il volantino che gira da ieri sui social di Cortina Bene Comune, il gruppo consigliare rappresentato da Roberta de Zanna, da sempre contrario all'opera, nel quale si invitano i cittadini a riunirsi domenica 24 settembre alle 10, 30 in piazza Dibona. «Questa è davvero l'ultima chiamata per evitare un enorme e rischioso investimento di denaro pubblico, destinato a danneggiare in modo permanente un'importante area nel cuore delle Dolomiti patrimonio Unesco, con un'opera che per altro rischia di rimanere incompiuta», spiega de Zanna. «Dai banchi del consiglio stiamo sempre cercando di contrastare la costruzione della pista, che non dimentichiamo è stata chiusa dal Comune 13 anni fa perché non sostenibile economicamente. Con la manifestazione di domenica 24 vogliamo coinvolgere più persone possibile». «Nel 2019 i costi per la pista di Cortina erano 47 milioni di euro», elenca de Zanna, «ad oggi sono 124 milioni, ma fonti autorevoli ci dicono che potranno essere anche di più. I costi di gestione sono pari a 1,5 milioni di euro all'anno, tutti a carico del Comune; un importo pari all'introito annuale che il Comune incassa con la tassa di soggiorno. Soldi che si potrebbero destinare ad altre esigenze più favorevoli all'intera comunità. Tutto ciò per 35 praticanti italiani tra bob, slittino e skeleton, maschile e femminile: significa che investiamo circa 3,5 milioni di euro ad atleta, senza calcolare le spese di gestione». «Secondo il dossier di candidatura del 2019», sottolinea de Zanna, «ci volevano 40 mesi; oggi, a causa di continui ritardi, appena 26 per l'opera completa; un tempo brevissimo per ultimare l'impianto, considerate anche le necessarie pause invernali. Solo sei mesi fa Luigi Valerio Sant'Andrea aveva assicurato che i lavori di costruzione sarebbero iniziati entro luglio: ad oggi non sono ancora partiti». Non manca un accenno a ciò che è già successo in passato con la pista di Cesana per i Giochi di Torino 2006. «L'impianto è costato 110 milioni di euro, ed è stato abbandonato nel giro di pochi anni per i costi di gestione troppo alti. Un precedente che dovrebbe fare da monito per non ricadere negli stessi errori». — Marina Menardi Gazzettino | 15 settembre 2023 p. 13, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 17 settembre 2023 p. 29

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Nuova "Eugenio Monti" Il Cai Veneto aderisce alla protesta in piazza cortina Il Cai Veneto aderisce alla manifestazione a Cortina "Pista da bob – ultima chiamata". A tre giorni dalla decisione delle associazioni ambientaliste di lasciare il tavolo con Fondazione e Simico sulla sostenibilità dei Giochi olimpici, il presidente regionale Cai, Renato Frigo, ha annunciato l'adesione del Club alpino italiano alla manifestazione che si terrà a Cortina domenica 24 settembre, in piazza Dibona, alle 10,30. L'invito a manifestare il proprio dissenso alla costruzione della nuova pista di bob dopo la demolizione della Eugenio Monti è rivolto «alla comunità ampezzana e a tutti coloro che hanno a cuore il futuro delle nostre montagne», come spiegato da Roberta de Zanna, del gruppo di minoranza Cortina Bene Comune, da cui è partita l'iniziativa. Frigo spiega che mercoledì, «dopo un ennesimo non positivo incontro tra le associazioni di protezione ambientale, tra cui il Club alpino italiano, con la Fondazione Milano Cortina 2026 e con la Società Infrastrutture Milano Cortina, è stato abbandonato il tavolo concertativo, ritenendo che la sostenibilità delle opere non è in alcun modo rispettata, sia per gli interventi programmati sia per una serie di opere accessorie. La Vas è in fase di elaborazione ed è focalizzata solo ed esclusivamente sugli eventi dei Giochi, senza avere una visione globale dei vari siti; che i costi preventivati sono progressivamente aumentati, senza considerare i costi di gestione delle opere post Olimpiadi. Soluzioni alternative alla costruzione ex novo neppure prese in considerazione. Opere pensate per un evento e non per dare valore aggiunto al territorio e alla popolazione locale. Ulteriore aspetto disatteso: la partecipazione ai tavoli di confronto dei portatori di interesse, che sono stati esclusi». Frigo, per questi motivi, ha annunciato così l'adesione del Cai, attraverso il gruppo regionale Veneto e la commissione interregionale tutela ambiente montano Veneto Friuli Venezia Giulia, alla manifestazione del 24 settembre. «Ritengo questo un momento di forte sensibilizzazione», dice il presidente Frigo, «innanzitutto dei cittadini di Cortina che subiranno un "devastante" cambiamento dell'ambiente e del paesaggio, che della qualità di vita, che provocherà un aumento della fuga da questo territorio. Basti pensare che dal 2017 al 2022 la popolazione di Cortina è diminuita di 223 abitanti passando da 5850 a 5627. Una sensibilizzazione di tutte quelle persone, amanti della montagna affinché prendano coscienza che un giusto sviluppo dell'economia montana non debba passare per la distruzione del nostro patrimonio naturale». — Marina Menardi Corriere del Veneto | 20 settembre 2023 p. 15, edizione Treviso e Belluno Pista da bob, anche Legambiente in piazza:«Sarà un salasso per i conti della Regione» CORTINA Domenica prossima il fronte dei contrari alla realizzazione della pista da bob si ritroverà in piazza. Quanti parteciperanno all’appuntamento organizzato dai comitati civici di Cortina d’Ampezzo? Si allunga l’elenco e ieri è stata la volta di Legambiente. Nell’aderire l’associazione chiede «un atto di buonsenso al governo e alla Regione Veneto rinunciando alla realizzazione dell’opera, per la quale si vogliono investire oltre 120 milioni di euro e a cui si aggiungeranno i futuri enormi costi di gestione dell’impianto. Costi che costringeranno Regione Veneto ad accantonare 400 mila euro all’anno per i 20anni successivi alle Olimpiadi, per coprire le perdite già certe. Anche il Trentino e l’Alto Adige, attraverso il Fondo Comuni di confine, si sono già impegnate a coprire parte dei futuri costi di gestione e i deficit previsti per almeno 15 anni». «A meno di tre anni dall’inizio dei giochi, sorprende l’ostinazione delle istituzioni nel voler dotare a tutti i costi la città di Cortina di una infrastruttura come questa - ha dichiarato Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto - poggiata su di un salasso economico che danneggerà il bilancio regionale per anni». Intanto, a livello cittadino, Roberta De Zanna di Cortina Bene Comune presenta una nuova interrogazione in Consiglio comunale nella quale, oltre a segnalare «la totale assenza dell’amministrazione comunale», contesta i dati presentati dalla Società Infrastrutture Milano Cortina secondo i quali «la pista di bob, dopo i primi 5 anni di gestione, produrrà un utile di 5 mila euro l’anno». Nell’interrogazione si afferma che «i dati appaiono infondati e ampiamente fuori misura». Si chiede quindi un dato «attendibile» dei costi e dei ricavi, oltre a rinnovare perplessità sull’effettiva possibilità di chiudere il cantiere entro i termini previsti. In virtù di questo, e della mancata considerazione da parte dell’amministrazione comunale dell’ipotesi Innsbruck, viene rinnovata la richieste di sospendere le autorizzazioni all’avvio del cantiere. Alto Adige | 21 settembre 2023 p. 20 Il Cai Alto Adige a Cortina: «No alla pista da bob»

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Anche il Cai Alto Adige aderisce, rappresentato da una delegazione della Commissione Provinciale di Tutela Ambiente Montano, alla manifestazione "Pista da bob - Ultima chiamata" di domenica, 24 settembre, a Cortina, organizzata dal gruppo consiliare comunale "Cortina Bene Comune". Si intende ribadire non solo un deciso no alla pista da bob, ma anche a questo modo di concepire un evento così impattante per l'ambiente montano come queste olimpiadi invernali, alle quali a suo tempo anche il Cai Alto Adige aveva guardato con favore, nelle sue premesse di avvenimento eco-sostenibile che avrebbe dovuto e potuto costituire un esempio virtuoso ed un modello per ogni futura manifestazione coinvolgente la montagna. La mancanza di trasparenza e di dialogo ha portato il Cai, insieme ad altre sette associazioni di protezione ambientale, a ritirarsi la scorsa settimana dal tavolo di confronto voluto dalla Fondazione Milano-Cortina 2026. Corriere delle Alpi | 21 settembre 2023 p. 27 Webuild o Pizzarotti? O tutte insieme? Il nodo su chi farà la pista sciolto a metà CORTINA Chi costruirà la pista di bob, skeleton e slittino di Cortina? La Webuild, ex Salini, che l'anno prossimo dovrebbe cantierizzare anche il ponte di Messina? Oppure la Pizzarotti? O, ancora, tutte e due insieme? Sono gli interrogativi che si pone in queste ore Cortina, condivisi peraltro con Venezia (la Regione). Si tratta delle due imprese, le più grandi in Italia, che hanno aderito al bando di gara della società Infrastrutture Milano Cortina (Simico). Termini scaduti Ieri sono scaduti i termini per la presentazione delle offerte e si doveva procedere all'apertura delle buste. Per tutta la giornata si è atteso che gli uffici dell'ad Luigi Valerio Sant'Andrea comunicassero l'esito del bando, ossia di sapere quante e quali aziende avevano aderito. Ma l'attesa è stata lunga e soprattutto vana. Si sa, comunque, che erano state queste due realtà imprenditoriali a mettersi in gioco. Fino a palesarsi a Cortina, per le necessarie ricognizioni sul sito del cantiere (base d'asta 81 milioni, anche se il costo complessivo del complesso sarà di 124 per tutta una serie di altre voci di spesa). Si sa anche che almeno una delle due aziende ha chiesto la collaborazione delle imprese locali, anzitutto per il rifornimento dei materiali. Ma per capire quale delle due ha vinto la gara, o se ci sarà un concorso all'opera da parte di entrambe, bisognerà attendere ancora quale giorno, forse sino alla fine del mese o ai primi giorni di ottobre. Sarà infatti una commissione incaricata da Simico ad esaminare le offerte e ad assegnare l'incarico. Potrebbe esserci, fra l'altro, anche la proposizione di un importo inferiore per i lavori, come ovviamente si auspica in casa Simico. Come potrebbe avere un peso specifico l'eventuale contenimento dei tempi. Il bando mette in conto 807 giorni, ma siccome alcuni lavori potrebbero realizzarsi al coperto, anche le notti fanno gioco. Il sindaco al buio «Non so ancora nulla sull'esito del bando», ha detto ieri sul far della notte il sindaco Gianluca Lorenzi, «ma ho ricevuto la conferma che stavolta comunque ci siamo. E che quindi la pista si farà. Come dice il presidente Zaia, è il simbolo di Cortina 2026, non potevamo rinunciare». Tira un sospiro di sollievo anche Paolo De Cian, presidente di Ance, l'Associazione provinciale dei Costruttori. Al precedente bando, conclusosi a fine luglio senza un nulla di fatto, era intenzionata a partecipare una cordata di imprese bellunesi. «Il gruppo rinunciò a scendere in campo per i tempi troppo stretti, in particolare relativamente alla costruzione dell'impiantistica della pista vera e propria, del sistema di refrigerazione. Ci auguriamo che la presenza delle imprese più grandi del Paese sia una garanzia per fare presto e bene. Ovviamente le nostre ditte sono a disposizione, dovesse servire una mano. Come del resto sono state coinvolte nella costruzione delle varianti Anas del Cadore». tempi e contrattempi Con l'incarico assegnato ai primi di ottobre, è senz'altro possibile che il cantiere possa scattare entro la fine del prossimo mese. Ritardi ulteriori comprometterebbero irrimediabilmente il cronoprogramma. L'ad Sant'Andrea ha poteri commissariali, può agire in deroga. Ma basterebbe un niente – indagini, ad esempio, di qualche agenzia mobilitata da comitati e ambientalisti, oltre che da iniziative parlamentare – per frenare la corsa. Intanto la Corte dei Conti ha bollinato il Dpcm che dà copertura a gran parte delle opere olimpiche, portandola 3,2 miliardi circa. La prossima legge di bilancio completerà le sicurezze finanziarie. C'è dentro anche il primo lotto della variante di Cortina, 50 milioni. «È l'opera non sportiva che ci sta più a cuore», conferma il sindaco Lorenzi, «perché dirotta il traffico dal centro città ai campi Apollonio. Tratto essenziale in prospettiva olimpica». Neppure un chilometro di asfalto, qualche centinaio di metri in galleria artificiali. I tempi stringono. Ma due anni, assicura il sindaco, sono sufficienti. Da questo primo tronco partirà poi la circonvallazione vera e propria, per buona parte in galleria. Ma il cantiere si materializzerà all'indomani dei Giochi. — Francesco Dal Mas Corriere delle Alpi | 21 settembre 2023 p. 27 "Ultima chiamata": sale il numero delle adesioni

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CORTINA Molte le adesioni alla manifestazione "Pista di bob: ultima chiamata" di domenica, organizzata dalla minoranza di "Cortina bene comune", da associazioni, da personaggi dello sport e della cultura. Tra questi, lo scrittore Paolo Cognetti: «No alla pista di bob perché è pura speculazione edilizia. Un'infrastruttura costosa, impattante sulla montagna, che ancora una volta ruba ed erode territorio e che sarà usata due tre giorni per poi venire abbandonata». A lui si aggiunge il noto esploratore e divulgatore Alex Bellini: «La costruzione della pista da bob non è coerente con il principio di sostenibilità indicato nell'agenda olimpica 2020, e risulta anche contraria a quanto indicato nel dossier di candidatura. In secondo luogo sull'area dove verrà costruita ci sono una serie di vincoli, eppure l'opera non sarà sottoposta a valutazione di impatto ambientale poiché i tempi sono stretti e bisogna fare subito». Prende posizione contro anche Martina Valmassoi, atleta di Pieve di Cadore: «124 milioni per 35 persone che fanno bob e slittino sono troppi. E le olimpiadi durano solo una settimana. A 168 chilometri da Cortina c'è utilizzabile la pista di Innsbruck, perché non andare lì?». Il giornalista Marco Albino Ferrari parteciperà «perché Zaia spera di sostenere le spese di gestione con 7000 discese turistiche all'anno, quando a Innsbruck ci si ferma a 1000. E poi 40 secondi di discesa per 170 euro di biglietto: ma è davvero questo il turismo che fa bene alla montagna?». Corriere delle Alpi | 21 settembre 2023 p. 27 Procedura senza gara: c'è un esposto ad Anac CORTINA «Invieremo un esposto all'Autorità nazionale anticorruzione per chiedere verifiche sulla regolarità delle procedure di affidamento dei lavori di costruzione della pista di bob a Cortina, un'opera inutile e devastante. Vogliamo sapere, in particolare, se sussistano le condizioni per l'applicazione dell'articolo 32 della Direttiva appalti, quello che prevede la procedura negoziata senza bando. Proprio la procedura degli inviti mirati è stata seguita dal Commissario straordinario, nonchè amministratore delegato della Simico, Luigi Valerio Sant'Andrea, dopo che la prima gara d'appalto è andata deserta». Ad affermarlo è Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, annunciando appunto un esposto. — Gazzettino | 21 settembre 2023 p. 27, edizione Belluno Pista da bob, tutto tace: un "giallo" sull'impresa IL CASO CORTINA I ritardi si sommano ai ritardi, nella vicenda sempre più intricata del nuovo Sliding centre di Cortina, l'impianto sportivo per le gare di bob, skeleton e slittino dei Giochi olimpici invernali 2026. Ieri scadeva il secondo bando per l'affidamento dei lavori, ci si attendeva che fosse resa nota l'impresa assegnataria, ma non c'è stata alcuna comunicazione e questo lascia trasparire che ci siano nuove e diverse difficoltà, oltre a quelle che si sono manifestate sinora. IL PRECEDENTE Già lo scorso 31 luglio era andato deserto il primo bando, non era pervenuta alcuna offerta, malgrado i sopralluoghi dei tecnici di alcune aziende, nelle settimane precedenti, nell'area di Ronco, dove dovrebbe sorgere la nuova pista. O forse proprio per quello: verificare nel concreto le difficoltà di esecuzione dell'opera può aver indotto diversi impresari a desistere. Anche alcuni imprenditori bellunesi, intenzionati a cimentarsi con questo impegno, alla fine optarono per una prudente ritirata. Così per la nuova pista olimpica di Cortina si è deciso di passare alla procedura negoziata. In agosto Luigivalerio Sant'Andrea, commissario di governo per le opere olimpiche e amministratore di Società infrastrutture Milano Cortina 2026, ha tessuto contatti con diverse aziende. Le indiscrezioni hanno portato a indicare due imprese, fra le possibili assegnatarie dell'incarico: Webuild e Pizzarotti. Webuild è il gruppo multinazionale italiano, già Salini Impregilo, specializzata in grandi imprese. Ha ricostruito il ponte Morandi di Genova, in tempi da record, grazie alla gestione commissariale; l'impresa è indicata anche per la costruzione del nuovo ponte sullo Stretto di Messina. L'ITER Su questa procedura, attuata da Sant'Andrea, interviene la deputata Luana Zanella capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, che preannunciando: «Invieremo un esposto all'Autorità nazionale anticorruzione, per chiedere verifiche sulla regolarità delle procedure di affidamento dei lavori di costruzione della pista di bob a Cortina, opera inutile e devastante. Vogliamo sapere se sussistano le condizioni per l'applicazione della Direttiva appalti, che prevede la procedura negoziata senza bando. Proprio la procedura degli inviti mirati è stata seguita Sant'Andrea, dopo che la prima gara d'appalto è andata deserta. Ieri sono scaduti i termini per le trattative private e si dovrebbe sapere ufficialmente se la pista di Cortina per i Giochi invernali 2026 sarà costruita da Webuild o da Pizzarotti. A nostro avviso, invece, era necessario un nuovo avviso esplorativo nel rispetto della trasparenza e a garanzia della concorrenza e perciò chiediamo ad Anac di intervenire». I giorni scorsi Simico ha precisato: «Il bando è ancora aperto ed è tuttora in corso una procedura negoziata, che si completerà entro la fine di settembre». Ogni giorno che passa è un giorno di meno, nel pressante conto alla rovescia, per realizzare l'opera. Fra 14 mesi dovrà essere funzionale la pista, con la refrigerazione e gli impianti tecnici, per

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consentire almeno le discese di test, per tutte e tre le discipline. Ci sarà poi un altro anno, sino alla scadenza del 15 novembre 2025, per realizzare numerose opere, attorno alla pista. Oltre al tracciato vero e proprio, nel bando sono indicati: impianto di refrigerazione, edifici a servizio dell'utenza e del funzionamento dell'infrastruttura sportiva; tracciati stradali; parcheggi e opere connesse; percorsi pedonali; aree di sosta; sistemazioni paesaggistiche e ambientali. Ci sono inoltre gestione informativa digitale dell'esecuzione delle opere; risoluzione delle interferenze con reti e infrastrutture esistenti; monitoraggio ambientale; mitigazione dell'impatto paesaggistico del cantiere; contenimento degli impatti ambientali in corso d'opera. Marco Dibona Gazzettino | 21 settembre 2023 p. 27, edizione Belluno Intanto cresce il fronte del dissenso: domenica il corteo LA PROTESTA CORTINA Un'interrogazione parlamentare del Movimento 5 Stelle incrementa la documentazione degli oppositori alla nuova pista da bob di Cortina, a pochi giorni dalla manifestazione di protesta di domenica 24. Il deputato Enrico Cappelletti e la senatrice Barbara Guidolin lamentano l'impatto economico dell'opera, oltre all'impatto ambientale. Riprendono il consiglio del Comitato olimpico internazionale, di utilizzare l'impianto già esistente di Innsbruck, per risparmiare. LA RICHIESTA Chiedono dunque di sapere se i ministri di competenza siano a conoscenza della situazione; quale sia il costo complessivo finale del nuovo Sliding centre di Cortina; se sia stata valutata l'offerta di Innsbruck; se sia stato valutato l'impatto ambientale dell'opera; infine se sia stata effettuata una specifica verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale. Intanto Roberta de Zanna, consigliera comunale di Cortina bene comune, comunica alcuni dettagli della protesta di domenica. IL PROGRAMMA La manifestazione inizierà alle 10.30 in piazza Angelo Dibona, con interventi che inquadreranno il tema e le proposte avanzate. Proseguirà con un corteo verso la pista da bob, che si concluderà nell'anfiteatro del parco giochi con le dichiarazioni delle associazioni che sostengono la protesta. «L'iniziativa è aperta a tutte le cittadine e cittadini che hanno a cuore il futuro delle nostre montagne: non si spendano 120 milioni per una pista, ma per sostenere la montagna e chi ci abita con politiche sociali, sanitarie, abitative e servizi dignitosi», esorta de Zanna. Fra i sostenitori della protesta c'è lo scrittore Paolo Cognetti: «No alla pista di bob perché è pura speculazione edilizia. Un'infrastruttura costosa, impattante sulla montagna, che ancora una volta ruba ed erode territorio e che sarà usata due tre giorni per poi venire abbandonata. È talmente ovvio da essere imbarazzante». Il giornalista Marco Albino Ferrari afferma che parteciperà: «Perché il presidente veneto Luca Zaia spera di sostenere le spese di gestione con settemila discese turistiche all'anno. Questo è impossibile. Innsbruck si fermava a mille. E poi 40 secondi di discesa per 170 euro di biglietto: ma è davvero questo il turismo che fa bene alla montagna?» Alcuni interventi contrari al nuovo impianto sportivo sono stati raccolti in un video, che i promotori della protesta stanno diffondendo sui social in questi giorni. Intanto si allunga l'elenco di associazioni ambientaliste, contrarie anche a questa opera, che ritengono eccessivamente costosa e connotata da un forte impatto ambientale. Corriere del Veneto | 21 settembre 2023 p. 2, edizione Treviso e Belluno Pista da bob, il dossier non si chiude. Trattative infinite con le imprese Venezia Giochi olimpici invernali 2026, ieri, segnata in rosso sul calendario, c’era la scadenza dell’«asta a chiamata diretta» per individuare un’impresa interessata a realizzare il nuovo Sliding Centre di Cortina (la pista che dovrà ospitare bob, skeleton e slittino) tanto osteggiata da parte del territorio e protagonista di un cammino fin qui accidentato. L’attesa di una comunicazione sull’esito è stata delusa, a sera non una parola, non un’agenzia, nonostante le sollicitazioni. Filtra poco, pochissimo, se non che qualche novità arriverà a inizio della prossima settimana. E questo corrobora la tesi secondo cui ieri non sarebbe stata formalizzata alcuna proposta, un’eventualità che spiana la strada all’affidamento diretto, l’ultima spiaggia possibile a tempo ormai quasi scaduto. Il commissario e ad di Simico, Società Infrastrutture Milano Cortina, Luigi Valerio Sant’Andrea, non conferma né smentisce, si limita a un sibillino «ci stiamo lavorando». Dopo la gara andata deserta la scorsa estate, Simico ha scelto il percorso della procedura negoziata, quindi senza bisogno di un nuovo bando e con inviti diretti ai principali player delle costruzioni in Italia. Si è parlato di una rosa di dieci nomi ma nella lista ristretta ne sono finiti solo due: Webuild e Pizzarotti, due colossi già impegnati nella costruzione dell’Alta Velocità in Veneto. Entrambe le imprese hanno effettuato un sopralluogo sul sito della storica pista Eugenio Monti. L’orario limite per formalizzare un interesse a realizzare quella che è ormai l’opera simbolo, sul versante veneto, delle Olimpiadi invernali 2026, era fissato alle 12 di ieri ma fino a tarda sera non è arrivata alcuna conferma, seppur ufficiosa, che

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almeno una busta fosse stata depositata. Ciò che invece affiora è che l’aumento dei costi delle materie prime stimato intorno al 50% abbia reso poco appetibile l’appalto. Di certo ci sono state interlocuzioni serrate nelle ultime settimane con il commissario Sant’Andrea. Ma il fatto che qualcosa si saprà, pare, solo fra qualche giorno, sembra confermare il passaggio al terzo e ultimo stadio possibile per trovare un’impresa e far partire i cantieri: l’affidamento diretto. Perché attendere ancora, sebbene si sia ormai ai tempi supplementari? Perché, se la base d’asta (81 milioni di euro cui vanno aggiunte le somme a disposizione e l’Iva arrivando a 124 milioni) viene considerata insufficiente, un aiuto potrebbe arrivare dall’annunciato Dpcm previsto entro il mese che dovrà fornire le risorse aggiuntive necessarie non solo a Cortina ma anche a Milano, l’altra «capitale olimpica». Così com’è stato per l’Alta velocità che ha strappato fondi ulteriori per compensare l’aumento dei materiali, anche per la pista da bob si punterebbe a un ritocco all’insù necessario a trovare un’impresa disposta a lavorare, è il caso di dirlo, notte e giorno. Il cronoprogramma, infatti, prevede 807 giorni di cantiere. Prendendo a riferimento il 31 ottobre di quest’anno come avvio dei lavori, si arriverebbe al 15 gennaio 2026 salvo intoppi e senza badare a festività dato che la cerimonia di apertura dei Giochi invernali sarà il 6 febbraio. Una sfida difficile, da affrontare forse proprio col modello Tav: turni doppi in cantiere in una corsa contro il tempo in piena regola. Magari con un raggruppamento di imprese di cui si era già vociferato. Anche perché, seppur al netto degli extra costi, si parla di un progetto di non semplice realizzazione. A tagliare la testa al toro, però, sarà verosimilmente il Dpcm che rifinanzierà tutte le opere olimpiche. Si parla di una cifra che supererà i 3 miliardi quindi con un’aggiunta di 400 milioni circa. Una partita delicata quella del bob soprattutto dopo aver vagliato e dismesso numerose alternative di impianti già esistenti, ultima, solo in ordine di tempo, l’autocandidatura di Innsbruck. Insomma, è vietato sbagliare. Nel frattempo, il fronte del «no» parlamentare annuncia un esposto all’Anac: «Invieremo un esposto all’Autorità nazionale anticorruzione per chiedere verifiche sulla regolarità delle procedure di affidamento dei lavori di costruzione della pista di bob a Cortina, un’opera inutile e devastante. - annuncia la capogruppo di Ambiente, Verdi Società alla Camera, la veneziana Luana Zanella Vogliamo sapere, in particolare, se sussistano le condizioni per l’applicazione dell’articolo 32 della Direttiva appalti, quello che prevede la procedura negoziata senza bando». Intanto, sempre ieri, il Movimento Cinque Stelle ha presentato una interrogazione parlamentare ai ministeri competenti sul rifacimento della pista da bob «per avere un quadro dei costi aggiornati» e per rilanciare l’ipotesi di utilizzo dell’impianto di Innsbruck. Corriere delle Alpi | 22 settembre 2023 p. 29 Cantieri olimpici La spesa sale a 3,604 miliardi I conti del governo Francesco Dal Mas CORTINA Le Olimpiadi e le Paralimpiadi di Milano Cortina 2026 costeranno 3 miliardi e 604 milioni di euro. Sono i finanziamenti previsti dal decreto licenziato dal Consiglio dei ministri ancora l'8 settembre e finalmente reso pubblico, anche se ancora in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Si tratta di 151 milioni di euro in più rispetto alla cifra prevista nell'aprile scorso che era di 3 miliardi e 453 milioni di euro. Il bilancio d'esercizio 2023 dello Stato consentiva, come si ricorderà, una maggiore spesa di 400 milioni di euro: 120 milioni nel 2024, 140 milioni nel 2025 e 140 milioni nel 2026. Un supplemento di costi, dovuti al rincaro delle materie prime, ma anche all'inserimento di nuovi interventi nei progetti che erano già previsti. Per la pista di bob , tema molto caldo in questi giorni, sono previsti tre lotti, complessivamente da 124,7 milioni di euro. La vecchia pista è stata già demolita, nelle prossime ore ci sarà l'affidamento diretto per il nuovo impianto. Il terzo lotto riguarda la ricostruzione storica. Il Dpcm aggiunge i 51 milioni e 769 mila euro che mancavano per dare copertura al budget. Da ricordare che il Comune di Cortina ha investito mezzo milione ed analogo importo l'ha concretizzato la Provincia. L'altra opera indispensabile per lo svolgimento dei Giochi a Cortina è ovviamente il villaggio olimpico , removibile, a Fiames. È confermato il finanziamento di 39 milioni di euro. Dieci mesi per costruire il complesso, quasi altrettanti per demolirlo, dopo i due mesi circa di gare. Verrà riqualificato lo stadio del ghiaccio del 1956 , vicino al quale il Comune costruirà il centro per il curling. Ebbene, il Dpcm mette in conto per il Palaghiaccio 20 milioni e mezzo; 14 da parte di Roma, 6 per iniziativa della Regione Veneto. A Venezia spetterà anche la spesa di 10 milioni per il restauro del trampolino di Zuel , icona dei Giochi del 1956, che fungerà da metal plaza. E ancora: un milione e 380 mila per la riqualificazione tecnologica della pista Olimpia. All' Arena di Verona si terrà la cerimonia conclusiva delle Olimpiadi e quella inaugurale delle Paralimpidi. Il Comune stanzia un milione e 624 mila euro per l'accessibilità, il Governo aggiunge 19 milioni. Per quanto riguarda le opere non strettamente sportive, ma infrastrutturali, la mobilità intermodale nel centro di Cortina costerà ben 127 milioni e mezzo di euro, in forte aumento rispetto alle previsioni originarie. Ma si tratta, va precisato, di un intervento di partenariato pubblico-privato per mobilità intermodale.

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Per la Variante di Longarone lo stanziamento statale è di 395,9 milioni di euro. C'è la volontà di Simico e dell'Anas, che ha in carico il progetto, di poter arrivare a Longarone (zona fiera) da Pian di Vedoia con i primi stralci già prima dei Giochi, lasciando il traforo ed il collegamento fino alla galleria di termine al post Olimpiadi. La sistemazione Lungo Boite ed il raddoppio del Ponte Corona , a Cortina, opere che saranno anch'esse realizzate prima del febbraio 2026 – almeno questo è l'impegno del Comune – costeranno 30 milioni di euro. La bretella di penetrazione a sud di Cortina comporterà un investimento di poco meno di 52 milioni. Il secondo lotto della variante ampezzana, quindi il traforo sotto la città, sino a Fiames , risulta tra le opere non completamente finanziate, per una somma di 483 milioni di euro. L'impegno di spesa potrebbe essere previsto con la prossima legge di bilancio. Per la riqualificazione di immobili residenziali publici a Cortina , Simico interviene con 500 mila euro, ma ci mette 7 milioni per recuperare l' ex Panificio sempre nella città ampezzana, più altri 7 milioni e mezzo per riqualificare la piazza dell'ex Mercato . Quanto agli investimenti ferroviari, più di 13 milioni sono previsti per la stazione di Longarone , altri 17 abbondanti per Ponte nelle Alpi, 23 per Belluno ( parcheggi di scambio ). Tante le opere, sia in Veneto che in Trentino Alto Adige e la Lombardia che mostrano un significativo aumento dei costi, come appunto è accaduto con la pista di bob e le varianti di Longarone e di Cortina (maggiorazioni anche del 30%). Il Villaggio Olimpico di Predazzo , che sorgerà nella Scuola alpina della guardia di Finanza, richiede 41 milioni di spesa, una decina in più del previsto. Altro esempio: in provincia di Bolzano, ad Anterselva , per il biathlon non si spenderanno 6,5 milioni di euro, bensì il doppio, quasi a 13 milioni di euro, mentre l'adeguamento dello stadio richiede una spesa di 31,8 milioni di euro. — Gazzettino | 22 settembre 2023 p. 25, edizione Belluno Pista da bob, Zaia pronto «a tutte le soluzioni» Secondo giorno di silenzio: nessuna comunicazione in merito all'impresa che dovrebbe realizzare la pista da bob a Ronco. Non tace invece Luca Zaia, presidente della giunta regionale del Veneto, sinora strenuo sostenitore della costruzione della nuova pista, che commenta: «Noi non finanziamo e non governiamo quest'opera. Per capire i ritardi: se le imprese non presentano offerte, vuol dire che non ritengono competitivo partecipare, oggi. Inoltre di lavoro, nell'edilizia, oggi ce n'è tanto. E' anche per questo che si stenta a trovare un'impresa. Tanto più se si parla di aziende a quei livelli, in grado di fare un'opera come quella: il numero è davvero minimo». Sul ruolo della Regione, il presidente Zaia non azzarda ipotesi, ma si affida al commissario di governo: «Cercheremo di capire quale sarà la decisione che verrà presa. Siamo aperti a tutte le soluzioni. Nella legalità, il commissario Sant'Andrea deciderà cosa fare. Ovviamente mi preoccupano i tempi».Dibona a pagina II IL CASO CORTINA C'è un silenzio inquietante attorno al bosco di Ronco, a Cortina d'Ampezzo, dove dovrebbe sorgere lo Sliding centre, l'impianto sportivo per il bob, lo skeleton e lo slittino, da usare nelle Olimpiadi invernali 2026. Tacciono le imprese, che non partecipano ai bandi per l'assegnazione dei lavori. Tace la Società infrastrutture Milano Cortina 2026, che deve realizzare anche quell'opera, in vista dei Giochi, fra poco più di due anni. Tace pure Luigivalerio Sant'Andrea, commissario di governo per le opere olimpiche e amministratore della Società infrastrutture Milano Cortina 2026, che quelle opere le deve costruire. IL CORO Quel silenzio lo romperanno domenica prossima i manifestanti, le associazioni ambientaliste, i partiti politici di opposizione, che organizzano e sostengono la protesta "Pista da bob: ultima chiamata". Quando è stato annunciato questo corteo, i promotori si aspettavano di contestare un cantiere già pronto ad avviarsi, con l'impresa già individuata, nella scadenza del 20 settembre. Invece anche questa gara non ha un vincitore, così come era accaduto con il primo bando, lo scorso 31 luglio, e il corteo verso Ronco non troverà ruspe pronte a scavare. Non tace invece Luca Zaia, presidente della giunta regionale del Veneto, sinora strenuo sostenitore della costruzione della nuova pista, che commenta: «Noi non finanziamo e non governiamo quest'opera. Per capire i ritardi: se le imprese non presentano offerte, vuol dire che non ritengono competitivo partecipare, oggi. Inoltre di lavoro, nell'edilizia, oggi ce n'è tanto. È anche per questo che si stenta a trovare un'impresa. Tanto più se si parla di aziende a quei livelli, in grado di fare un'opera come quella: il numero è davvero minimo». Sul ruolo della Regione, il presidente Zaia non azzarda ipotesi, ma si affida al commissario di governo: «Cercheremo di capire quale sarà la decisione che verrà presa. Siamo aperti a tutte le soluzioni. Nella legalità, il commissario Sant'Andrea deciderà cosa fare. Ovviamente mi preoccupano i tempi: siamo già a ottobre 2023 e la pista deve già essere utilizzabile, per i test di prova, a fine 2024, inizio 2025». IL BANDO Chiuso senza vincitori, anzi senza concorrenti, il bando di luglio, la società Simico ha contattato diverse aziende specializzate in costruzioni importanti, almeno una decina di ditte. L'appalto di 81 milioni di euro poteva anche prevedere di smembrare l'impegno, affidando subappalti a imprese locali sino a metà dell'importo. Nulla da fare: neanche così si è presentato qualcuno. Neppure due colossi come Webuild, ex Salini Impregilo, e Pizzarotti. Pesano i forti aumenti dei costi, rispetto agli anni passati, sia nell'acquisto dei materiali, sia nell'approvvigionamento delle risorse energetiche. Resta in evidenza la complessità tecnica dell'opera, che non consiste tanto nella costruzione in cemento, quanto nella refrigerazione artificiale, con una sala macchine e una rete ampia e capillare di tubature. In pratica si tratta di costruire un frigorifero lungo un chilometro e mezzo, all'aperto, che deve abbassare la temperatura, tanto da gelare l'acqua e creare la superficie ghiacciata, sulla quale far scorrere i pattini dei bob e delle slitte. Tutto questo deve

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prevedere anche situazioni climatiche avverse, con pioggia e temperature ben superiori a zero gradi. Gli scenari futuri, a questo punto, paiono due. Simico potrebbe trattare direttamente con le aziende ancora interessate, concedendo un incremento dell'importo. L'alternativa è rinunciare all'idea di costruire questo impianto, per noleggiare una pista già esistente. La più vicina è a Igls, sulle montagne sopra Innsbruck, capoluogo del Tirolo, in Austria. La strada da Cortina, oltre il valico del Brennero, non è lunga, ma sinora non la si è voluta imboccare. Marco Dibona Corriere delle Alpi | 24 settembre 2023 p. 34 Scende in piazza il fronte del no: la nuova pista da bob conta i suoi detrattori CORTINA Grande attesa per la manifestazione "Bob Cortina: ultima chiamata" organizzata oggi dal gruppo consigliare "Cortina bene comune" per dire di no alla realizzazione della pista progettata per le Olimpiadi invernali 2026. L'appuntamento è in piazza Dibona, dalle ore 10,30. Il programma prevede una prima parte che si svolgerà in Conchiglia, dove ci saranno gli interventi iniziali che inquadreranno il tema e le proposte avanzate. Ad aprire l'evento sarà Roberta de Zanna, consigliere comunale di "Cortina bene comune", da sempre contraria alla costruzione della pista da bob; a seguire, la parola a Cristina Guarda, consigliera regionale di Verdi Europa, che per prima ha scoperto la corrispondenza tra Regione e Cio nella quale il Comitato olimpico internazionale chiedeva di prendere in considerazione l'uso di piste già esistenti per le gare olimpiche. Seguiranno un intervento del giornalista Giuseppe Pietrobelli sui tempi di realizzazione, mentre a sviscerare i costi di gestione futuri a carico del Comune di Cortina e i piani di gestione di Simico sarà invece la presidente del Comitato civico Cortina, Marina Menardi. Modererà gli interventi Pietro Lacasella, scrittore, antropologo e curatore del blog "Alto rilievo – Voci di Montagna". Al termine di questa prima parte si proseguirà con un corteo in direzione della pista da bob e si concluderà al limitrofo anfiteatro del parco giochi comunale con le dichiarazioni delle associazioni sostenitrici. Le adesioni pervenute nei giorni scorsi all'organizzazione della manifestazione sono molte. Don Luigi Ciotti si è detto contrario alla costruzione della pista già alcuni giorni fa, e ieri è giunto il comunicato ufficiale della presidenza di Libera: «Libera aderisce e partecipa alla manifestazione di domenica 24 settembre per esprimere la netta contrarietà alla realizzazione della pista di bob. Siamo davanti ad un'idea scellerata, un'opera inutile e impattante in termini ambientali, sociali ed economici. Ancora una volta rischiamo di costruire una cattedrale nel deserto. Con tutte le fragilità di cui soffre il nostro Paese, non possiamo sprecare neppure un euro. Immaginarsi 124 milioni. La realizzazione della pista da bob non è quel segnale che tutti si aspettano per un'Olimpiade rispettosa dell'ambiente, delle comunità, e scevra da speculazioni economiche e dal rischio di infiltrazioni mafiose». Dal CAI a Legambiente, dal PD provinciale a Europa Verde, ai gruppi ecologisti e del mondo bio, la lista degli aderenti alla manifestazione raccoglie una ventina di associazioni. Hanno aderito negli ultimi giorni l'Associazione accompagnatori di media montagna del Veneto; il Gism – gruppo italiano scrittori di montagna; il CAI centrale, nonché le sezioni di Veneto, Friuli Venezia Giulia, Alto Adige; Legambiente Veneto; Italia Nostra; CIPRA Italia; Rete territoriale ecologista di Treviso e Belluno; Friday for Future Trento e Padova. A sostegno della manifestazione anche le dichiarazioni di personaggi dello sport e della cultura che sono state raccolte in un video gira in maniera virale sui so cial. Tra questi lo scrittore Paolo Cognetti, l'esploratore e divulgatore Alex Bellini, Benedetta Gori (etnobotanica), l'atleta di Trail runnig di Pieve Martina Valmassoi, il giornalista Marco Albino Ferrari. — Corriere delle Alpi | 25 settembre 2023 p. 12 «Non sprecate milioni» In piazza a Cortina per dire no al nuovo bob CORTINA "Ultima chiamata" per dire no alla pista da bob. La manifestazione lanciata da Cortina Bene Comune, gruppo rappresentato in consiglio comunale da Roberta de Zanna, da sempre contraria alla costruzione del nuovo impianto, ha portato ieri in piazza un migliaio di persone. Venticinque le associazioni venete, ma anche di Friuli, Alto Adige, Lombardia e Piemonte, che hanno unito la propria voce nella richiesta di dirottare quei milioni in servizi a favore di tutti i cittadini, anziché spenderle per un beneficio economico di poche persone. L'evento ha indotto il sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi a rompere il silenzio: in una nota, dopo aver sottolineato che il pensiero della De Zanna è minoritario nella comunità, ha ammesso la mancanza di una chiara prospettiva finanziaria e di garanzie, scaricando la responsabilità sulla precedente amministrazione. «In merito alla situazione attuale di responsabilità e garanzie che coinvolge il nostro Comune – ha detto – desidero ricordare che tale contesto è il risultato di scelte effettuate da chi ci ha preceduto.

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Queste decisioni, mosse forse dall'entusiasmo o da altri motivi che non conosciamo, hanno comportato la firma di garanzie senza una chiara comprensione delle implicazioni per l'economia locale. Oggi, la nostra Amministrazione sta lavorando diligentemente per quantificare l'impatto di queste decisioni e sta collaborando strettamente con le autorità Regionali e tutti i soggetti coinvolti al fine di ottenere il supporto necessario da parte del Governo». La manifestazione è iniziata con una ventina di minuti in ritardo per permettere a chi veniva da lontano di esserci fin dall'inizio. Già di prima mattina sono arrivati agli organizzatori messaggi di persone che si trovavano «in code chilometriche prima di Longarone e che sarebbe stato difficile raggiungerci per tempo». Particolari disagi sono stati avvertiti da chi ha tentato di raggiungere Cortina con i mezzi pubblici: il treno da Venezia si ferma a Ponte, in quanto il collegamento con Calalzo è sospeso; qui c'è la corriera sostitutiva, ma una volta arrivati a Calalzo per qualcuno c'è stata la sorpresa di non trovare la coincidenza per Cortina, nonostante fosse indicata nell'orario di Dolomitibus. Anche il servizo Flixbus ieri era sospeso. «Mia mamma sarebbe dovuta arrivare da Milano, ma il Flixbus non è mai partito: è andata in stazione centrale, treno fino a Mestre, treno fino a Ponte e lì sono andata a prenderla in macchina» spiega Valentina. La piazza si è tuttavia riempita e tutti hanno ascoltato con grande attenzione gli interventi dei relatori. A rompere il ghiaccio è stata Roberta de Zanna: «È bellissimo vedere quanti oggi avete risposto alla chiamata. Siamo in tanti e chi decide sopra le nostre teste dovrà prenderne atto e farsene una ragione. Vedere che siete venuti anche da lontano fa capire che la posta in gioco è di tutti: l'ambiente di cui noi siamo custodi, e i soldi pubblici che vengono sottratti ad altre spese più urgenti». Sulla pista ha detto: «Siamo alle battute finali: non si è ancora trovata una ditta co struttrice e i tempi sono davvero stretti. Il rischio d'iniziare e non finire è altissimo. Siamo ancora in tempo per fermare questo spreco». Pietro Lacasella, scrittore e curatore del blog "Alto rilievo – Voci di montagna" ha moderato l'incontro, e ha passato la parola al giornalista Giuseppe Pietrobelli, il quale ha illustrato il crono programma per i lavori, oramai strettissimo. «Una missione quasi impossibile. L'appalto non è ancora stato assegnato e mancano 865 giorni al 6 febbraio 2026, giorno di apertura dei Giochi Olimpici. Siamo partiti con 40 mesi di tempo per la nuova pista nel 2019, o ora siamo arrivati a 13 mesi. A Pechino, dove costruiscono palazzi in pochi giorni, l'hanno costruita in 18 mesi spendendo 240 milioni di dollari». Marina Menardi, del Comitato Civico Cortina, ha parlato dei costi con particolare riferimento alla gestione post olimpica: «Il Comune avrà sul groppone la gestione dell'impianto, che costa un milione e mezzo all'anno secondo il business plan di Simco – ha dichiarato – I ricavi si basano soprattutto sulle entrate derivanti dal taxi bob: Simco ipotizza 7.000 corse all'anno di bob race puntando ad incassare quasi un milione di euro in cinque anni. Dati che non sono credibili, infatti risultano essere quasi sei volte quelli di Innsbruck, dove si fanno 1.205 corse all'anno». A concludere questa prima parte è stata Cristina Guarda, consigliera regionale per Verdi Europa: «Vi abbiamo chiamato qui a Cortina per sostenere gli Ampezzani che non vogliono lasciare ai futuri cittadini di Cortina i conti in rosso della pista da pagare, ma servizi e nuove opportunità . L'alternativa c'è: usiamo la pista di Innsbruck, la più vicina a Cortina, tracciando una collaborazione politica alpina che includa anche il Veneto». — Corriere delle Alpi | 25 settembre 2023 p. 12 "Tempesta Zaia", "Basta cemento": la protesta affidata ai cartelli cartoline "No alla pista da bob: basta cemento", "I soldi del recovery spettano ai giovani e al futuro, non a progetti del passato", "Tempesta Zaia: 500 larici abbattuti per far posto alla nuova pista", "Medaglia d'oro alla devastazione. Contro le Olimpiadi dello spreco difendendo i territori", "Politici: è scaduto il tempo dell'ipocrisia ambientalista": sono solo alcuni degli striscioni che ieri da piazza Dibona hanno sfilato lungo le vie del centro in un corteo pacifico per portarsi in direzione della pista di bob, nell'anfiteatro del parco giochi comunale che potrebbe essere spazzato via dopo due anni dall'inaugurazione, dieci anni di lavori e oltre un milione di euro di spesa per far posto alla nuovo impianto oggi contestato. Qui c'è stato lo spazio per gli interventi delle numerose associazioni che hanno aderito all'iniziativa, circa 25. Il primo intervento è stato riservato alla senatrice del Movimento 5 stelle Elena Sironi, che è la prima firmataria di un'interrogazione parlamentare sull'impatto ambientale della pista di bob. «Sono referente in Parlamento sul tema ambientale, ma qui si lavora a prescindere dal colore politico. Sono molto orgogliosa di essere presente a questa manifestazione e di contribuire alla causa e farò la mia parte in Parlamento. Un ambiente sano è sinonimo di salute per tutti». È intervenuto anche Andrea Zanoni, consigliere regionale del Pd: «In Veneto abbiamo sempre più problemi legati al cambiamento del clima. I segnali ci dicono che dobbiamo cambiare registro. Eppure manca in regione un piano strategico per i cambiamenti climatici». Anna Ghedina, reduce dal Venice Climate Camp di due settimane fa, ha esclamato: «È finito il tempo in cui accettiamo inermi le vostre decisioni. Ci manca l'aria, ora dovrete passare sui nostri corpi e fare progetti per chi vive il territorio. Queste Olimpiadi e questa pista non servono». Renato Frigo, presidente del Cai Veneto, ha detto: «Assistiamo ad una continua fuga dalla montagna: dobbiamo cambiare il modello, e non distruggere il patrimonio ambientatale. Oggi siamo qui per la pista di bob, ma ci sono anche le strade, la tangenziale in galleria. Bisogna mettere il bene comune al di sopra di tutto». Per l'associazione Libera c'era Gianni Monico, di Pieve: «Siamo qui per vincere, non per partecipare, per agire nella sobrietà e nella legalità. La sobrietà oggi c'è tutta, la legalità anche finora, ma la nomina di un commissario per le opere olimpiche che può raggirare

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alcune norme rappresenta una scorciatoia per uno dei motivi per cui è nata la nostra associazione, ovvero le infiltrazioni mafiose». Molto sentito l'intervento di Michele Filippucci di POW Italia, che ha portato l'esempio dell'eredità che le Olimpiadi di Torino2006 hanno lasciato alla montagna: la pista di bob di Cesana e i trampolini di Pragelato, costruiti in due ambienti vergini e chiusi dopo pochi anni. — Corriere delle Alpi | 25 settembre 2023 p. 13 Non solo Innsbruck Come piano B si valuta Sankt Moritz Il nodo degli hotel il punto Non solo Innsbruck come alternativa a Cortina. Fondazione olimpica e Simico continuano a giudicare troppo onerosa la trasferta austriaca: 17 milioni per l'affitto della pista per 50 giorni, 13 per l'alloggiamento atleti, accompagnatori, nonché sicurezza. Con l'aggiunta di un interrogativo: sarà l'Austria a farsi carico dei 20 milioni della ristrutturazione della pista o dovrà contribuire anche l'Italia? Piuttosto, allora, l'Olympia Bobrun di Sankt Moritz, che ha ospitato ben 23 edizioni iridate di bob e skeleton. Ma costerebbe anche questa 13 milioni per l'ospitalità, non si sa quanto per l'affitto. E, in ogni caso, attenzione: l'impianto, inaugurato nel lontano 1904, è l'unico al mondo sprovvisto di un sistema di refrigerazione artificiale del ghiaccio. La pista viene approntata ogni anno in sole tre settimane, utilizzando circa 5000 metri cubi di neve e 4000 metri cubi d'acqua. E se nell'autunno 2025 non dovesse nevicare? La Società Simico ha messo a confronto, a suo tempo, le Piste de La Plagne, a La Plagne (Francia), Cesana Pariol, a Cesana Torinese, Olympia, a Igls Innsbruck (Austria), Lotto Bayern Eisarena, a Schönau am Königssee (Germania). Quali sono state le conclusioni? «Nessuna delle soluzioni alternative presenta, a differenza del Cortina Sliding Centre, un percorso autorizzativo e un livello approfondito di interlocuzione tecnica con gli stakeholder internazionali (Cio, Fondazione Milano Cortina 2026, Federazioni Internazionali) e gli enti competenti per l'adeguamento delle rispettive infrastrutture agli standard necessari per lo svolgimento dell'evento olimpico». Inoltre – mette le mani avanti Simico – le risorse finanziarie di natura pubblica legate al "programma olimpico" delle opere pubbliche così come i poteri e le facoltà speciali attribuite al Commissario Straordinario di Governo possono essere destinate esclusivamente a investimenti pubblici di natura permanente da realizzarsi sul territorio italiano. Alla manifestazione di ieri a Cortina si è insistito su Igls. Da parte della Fondazione Milano Cortina si è precisato in questi giorni che il presunto costo di utilizzo dell'impianto non è solo di 12 milioni, bensì intorno ai 17, come ha chiesto Innsbruck per prove e gare. I 13 milioni dell'ospitalità si riferiscono al trasferimento in Austria di almeno 400 tra atleti ed accompagnatori di bob, skeleton e slittino, nonché di giornalisti. Siamo ad un terzo del villaggio olimpico di Fiames; certo, risparmieremmo a Cortina. Per la creazione di una nuova sede di gara olimpica, esemplifica la stessa Fondazione, occorre provvedere ai trasporti, alla sicurezza, alle comunicazioni e al broadcasting, all'ospitalità degli atleti, ai servizi medici, alle tecnologie, fino a quelli per l'accoglienza del pubblico. «Molti di questi servizi sono inoltre forniti da partner nazionali che non potrebbero fornirli all'estero. Altri di questi – quali quelli medici e di sicurezza – vengono abitualmente forniti dalle istituzioni nazionali e locali che ovviamente non potrebbero operare in territorio straniero», specifica sempre la Fondazione. «Pertanto il risultato di un trasferimento all'estero – conclude la Fondazione – sarebbe assai negativo sul piano della sostenibilità economica per la Fondazione». E le altre piste? Cesana: troppe le criticità che «rendono impraticabile il recupero della pista esistente se non a fronte di una sostanziale intervento anche sulla parte di pista esistente oltre alle modifiche da apportare all'impianto di refrigerazione per esigenze gestionali e di sicurezza», così Simico. Cesana, va ricordato, nel 2006 è costato 110 milioni. Königssee, in Germania? Quasi tutto da rifare, a seguito dei gravi danneggiamenti subiti dalla frana verificatasi del 2021. La Plagne, in Francia? «La struttura non risulta rispondente ai requisiti funzionali richiesti per la venue dei prossimi giochi». — Francesco Dal Mas Corriere delle Alpi | 26 settembre 2023 p. 27 Cortina s'interroga sulle garanzie al Cio Ma su esborsi e modalità è buio pesto CORTINA A quanto ammonta la garanzia richiesta dal Cio a Cortina per le Olimpiadi ? In altre parole, la città quanto dovrà sborsare se altri non lo faranno? E, in particolare, quanto dovrà scucire per la gestione della pista di bob, skeleton e slittino? «È proprio quello che vogliamo sapere», risponde il sindaco Gianluca Lorenzi. Il quale, considerate le "provocazioni" che salivano dalla protesta, domenica pomeriggio si è messo di buzzo buono ed ha redatto un comunicato che apre molti interrogativi. «La principale preoccupazione della nostra Amministrazione», ha ammesso, «si è sempre concentrata sui costi di gestione della pista. In questo contesto, da oltre 16 mesi stiamo collaborando con la Regione e il Commissario per sviluppare una strategia di legacy che, considerando gli investimenti significativi effettuati dal Governo e dalla Regione sul nostro territorio, possa generare un ritorno economico sufficiente per coprire i costi operativi della pista da bob».

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Ma ancora più interrogativi si originano da quest'altro passaggio della nota. «Al momento, non disponiamo ancora di dati definitivi che ci permettano di garantire al Comitato olimpico internazionale la copertura finanziaria necessaria. Fino a quando non avremo una chiara prospettiva finanziaria e garanzie in merito, il Comune di Cortina non potrà fornire una certificazione formale. Questa decisione è motivata dalla nostra responsabilità verso i cittadini di Cortina e dalla necessità di tutelarne gli interessi». Che cosa significa? Che ai piani alti di corso Italia si rinuncia alla pista? «Assolutamente no», ha risposto ieri il sindaco, «ma solo che vogliamo chiarezza». Da chi? Anzitutto, fa capire il primo cittadino, «da chi ci ha preceduto. Queste decisioni, mosse forse dall'entusiasmo o da altri motivi che non conosciamo, hanno comportato la firma di garanzie senza una chiara comprensione delle implicazioni per l'economia locale», spiega lo stesso Lorenzi. A questo punto logico interpellare l'ex sindaco Gianpietro Ghedina. «Risponderò nel prossimo consiglio comunale, se ci sarà data la possibilità. Non ci sono misteri. Io ho firmato esclusivamente le garanzie richieste dal Cio». Quella preventiva, anzitutto, in fase addirittura di candidatura. La Carta olimpica prevede all'articolo 37 che «una città candidata deve fornire le garanzie finanziarie giudicate soddisfacenti dalla Commissione esecutiva del Cio. Tali garanzie potranno essere offerte dalla città stessa, dalle collettività pubbliche locali, regionali o nazionali, dallo Stato o da terzi». Ancora il 29 marzo 2019, inoltre, veniva sottoscritta dal Veneto e dalle Province autonome di Trento e Bolzano una "lettera di impegno" per contribuire alla copertura della somma necessaria alla gestione della pista. «La gestione nei venti anni postumi, considerati di vita utile della nuova pista, non risulterebbe in attivo», si legge in una brochure della Regione del dicembre 2021, «con una previsione massima di disavanzo di 400 mila euro all'anno. Tale fattore è stato considerato tra gli aspetti negativi nella valutazione complessiva». Il sindaco Lorenzi ammette di non avere notizia del coinvolgimento a tutt'oggi di Trento e di Bolzano. Invece conferma che sta relazionandosi con la Regione. «Oggi la nostra Amministrazione sta lavorando», ha scritto nel comunicato di domenica, «per quantificare l'impatto di queste decisioni e sta collaborando strettamente con le autorità regionali e tutti i soggetti coinvolti al fine di ottenere il supporto necessario dal Governo. È fondamentale che tutti comprendano che queste Olimpiadi rappresentano un evento di rilevanza nazionale ed è nostro dovere assicurare che siano gestite con responsabilità». Abbiamo chiesto al sindaco se ha ottenuto già qualche risposta, si è dichiarato «ovviamente fiducioso», ma scusandosi per il «doveroso riserbo». Senza dire della gestione dell'impianto come Centro federale, ipotizzata a suo tempo. Anche questa, al momento, un'incognita. Un clima di incertezza – anche in relazione alla snervante attesa dell'affidamento dei lavori da parte di Simico – che è stato rilanciato ieri anche dall'ad di Webuild, Pietro Salini, il cui colosso ha manifestato interesse, ma ancora nulla di più, per Cortina, peraltro insieme alla Pizzarotti. «Come grande gruppo siamo tenuti a fare il massimo per dare al Paese quello che ci è stato affidato. Abbiamo 31 cantieri per 18mila persone, contiamo di assumerne nei prossimi 3 anni altri 10mila», ha detto, «evidente che partire in ritardo con le opere non aiuta e con le notizie di questi giorni l'avvio di quelle di Milano Cortina si sposta ancora in avanti», ha precisato. In corso Italia si afferma che per la verità Webuild sarebbe interessata più ad altri interventi, come la variante di Longarone, 396 milioni, che al bob (81,6). Con la Pizzarotti invece più disponibile, ma a determinate condizioni: di maggiore sicurezza. — Francesco Dal Mas Corriere delle Alpi | 26 settembre 2023 p. 27 E da Innsbruck e dal Land Tirolo un altro sollecito «a collaborare» i "concorrenti" "Con la presente lettera desideriamo informarvi che il Land Tirolo e la città di Innsbruck possono garantire l'omologazione della pista di ghiaccio sia dal punto di vista finanziario e sia da quello della realizzazione delle opere necessarie, e che l'omologazione della pista è garantita entro il 2025». Così inizia la lettera che il sindaco di Innsbruck, Georg Willi, e il vice governatore del Land del Tirolo, Georg Dornauer, hanno inviato in data 22 settembre ai responsabili delle olimpiadi Milano Cortina 2026: al commissario per le opere olimpiche Luigi Valerio Sant'Andrea, all'ad della Fondazione Milano Cortina 2026 Andrea Varnier, a Roberto Padrin, presidente della provincia di Belluno, al sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi, al ministro dello Sport Andrea Abodi, al presidente del Coni Giovanni Malagò. La lettera è partita due giorni dopo la chiusura della seconda asta di assegnazioni dei lavori per la costruzione della pista di bob a Cortina, andata nuovamente deserta. Il sindaco di Innsbruck aveva avanzato una proposta ufficiale a Fondazione Milano Cortina 2026 per la pista di bob e slittino a Igls nella conferenza stampa del 25 agosto a Bolzano. Un'offerta che prevede un contributo di 12, 5 milioni di euro per le gare del 2026 così suddiviso: noleggio della pista 1, 7 milioni; costi di gestione dell'evento, di sicurezza, di assistenza tecnica, costi operativi 6, 8 milioni; costi per i test event 3, 9 milioni; totale: 12, 4 milioni di costi per il noleggio e l'organizzazione dell'evento. «Siete a conoscenza della nostra offerta di organizzare le gare di bob, slittino e skeleton nell'ambito dei Giochi Olimpici di Milano Cortina 2026 a Innsbruck-Igls, dando così un segno di cooperazione transfrontaliera in tempi di budget ridotti», scrivono. Seguono poi i dati tecnici riguardo ai lavori e all'omologazione della pista, con in allegato il crono programma stilato dalla ditta tedesca Ingenieurbüro Uwe Deyle che ha fatto il progetto esecutivo. I lavori inizieranno il 1º marzo del prossimo anno e avverranno nelle seguenti fasi: «La costruzione del nuovo tracciato di pista», si legge nella lettera, «si svolgerà a fianco della struttura esistente da marzo a novembre 2024, così come la costruzione dell'edificio presso il traguardo finale. La demolizione del tracciato di pista esistente nell'area del traguardo finale avverrà nei mesi di febbraio e marzo 2025. La costruzione dei "gap closures" tra la curva 12 esistente e la nuova

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curva 14, nonché nell'area della nuova curva di traguardo finale, avverrà tra marzo e luglio 2025. I lavori rimanenti, come rivestimenti e tetti, impiantistica, adeguamenti livelli terreni e stradali necessari, si svolgeranno da giugno a settembre 2025. A partire dall'agosto 2025, si svolgeranno i collaudi da parte dalle autorità e delle associazioni. Dall'inizio di ottobre 2025, la pista sarà pronta». — Marina Menardi Corriere delle Alpi | 27 settembre 2023 p. 27 Opzione austriaca per la pista da bob: le tempistiche non convincono CORTINA Ai piani alti di corso Italia, a Cortina, si comincia a tremare. Ma anche a Venezia, come a Milano. Se nei prossimi giorni non arriverà l'assegnazione dei lavori della pista da bob, le gare bisognerà farle chissà dove. Paradossalmente, toccherebbe andare a Pechino, al National sliding centre nella Contea di Yanqing: in Europa, ad oggi, non ci sono impianti attrezzati secondo le norme Cio. E a Cortina si scuote la testa davanti alla nuova lettera arrivata dall'Austria: sotto le Tofane si punta ancora a costruire la nuova pista Monti entro la fine del 2024, mentre la proposta di Igls ha tempistiche ben diverse. La pista di Igls, vicino a Innsbruck, perderà l'omologazione entro la fine del 2024. Il sindaco Georg Willi ed il vicegovernatore del Tirolo Georg Domauer hanno scritto a tutti i responsabili delle Olimpiadi 2026 in Italia che il rinnovo è garantito entro il 2025 a seguito della rigenerazione dell'impianto. Il quale, però, non sarà pronto per le prove pre-olimpiche del febbraio 2025, ma solo in autunno. Ed è impensabile che le pre gare si possano immaginare, ad esempio, a Sankt Moritz, come qualcuno ha suggerito, semmai questa pista venisse accettata per i Giochi olimpici e paralimpici. Quindi? Di necessità virtù, si dice appunto in corso Italia, dove si ironizza: chiederemo ospitalità a Pechino, dove si sono svolti i Giochi 2022. Ma, sempre ai piani alti di corso Italia, si solleva un altro interrogativo: siamo sicuri che gli ambientalisti tirolesi, quelli di Innsbruck in particolare, lascino entrare dalla finestra ciò che hanno cacciato dalla porta? A metà ottobre del 2017 il Tirolo ha detto no al referendum per la candidatura di Innsbruck alle Olimpiadi del 2026. La consultazione era stata indetta in concomitanza con le elezioni politiche; si sono recati alle urne il 58,43% degli aventi diritto al voto con il no che ha raggiunto il 53,35%. Innbruck ha bocciato il sogno olimpico con il 67,41% di contrari, mentre nelle cittadine più piccole che avrebbero dovuto ospitato le varie competizioni ha vinto il sì a Sant'Anton (sci alpino) con l'85%, Hochfilzen (biathlon) con l'81% e Seefeld (sci nordico) con il 65%; voto sfavorevole a Kühtai (snowboard e freestyle) con il 56% dei no. Il costo della manifestazione sarebbe ammontato a 1,175 miliardi di euro, un terzo di quello italiano. Qualche giorno dopo quell'esito, l'onorevole Roger De Menech, lanciava l'idea dei Giochi sulle Dolomiti, fra Cortina, Bolzano e Trento. Idea che veniva rilanciata da lì a poco, come progetto ancora più concreto, dal presidente veneto Luca Zaia, poi abbinando Milano a Cortina. A questo punto non resta che attendere l'esito del pressing del commissario Sant'Andrea, ad di Simico, sulla Pizzarotti piuttosto che su Webuild perché una o l'altra si faccia carico della sfida del cantiere. Intanto, però, continua la polemica politica. «Nonostante sia un'opera dannosa per l'ambiente, molto costosa in termini di consumo di suolo oltre che di spreco di risorse pubbliche, visto che il costo di quell'impianto, ad oggi, è raddoppiato da 61 milioni a d almeno 124,il governatore Zaia parla di un miliardo e mezzo di Pil e di opere di viabilita. Le sue parole sono imbarazzanti e trasudano scarsa conoscenza nonche sottovalutazione dei temi ambientali, di tutela della salute e della sicurezza dei cittadini», dichiara Elena Sironi, senatrice dei Cinque stelle, «occorrerebbe un corso accelerato, ma non sono sicura che la sua miopia possa essere recuperata in tempi brevi». — Francesco Dal Mas Corriere delle Alpi | 27 settembre 2023 p. 27 La Provincia: «Verificare bene l'ipotesi Innsbruck» BELLUNO Innsbruck può essere realmente pronta per ospitare le gare di bob, skeleton e slittino delle Olimpiadi 2026? Il consiglio provinciale di Belluno chiede di fare una verifica urgente in materia, e nel caso questa dia esito positivo, di abbandonare l'ipotesi Cortina. Prima che vengano affidati i lavori. L'ordine del giorno proposto al consiglio da Paolo Perenzin, e firmato anche da Mario De Bon, Letizia Monastier, Simone Deola e Lucia Da Rold, è passato ieri proprio con i voti di questi consiglieri. Fabio Luchetta (che appartiene allo stesso gruppo di centrosinistra di cui sopra) e il presidente Roberto Padrin, si sono astenuti. I consiglieri della Lega (De Toni e Gosetti) e di Forza Italia (Scopel) sono invece usciti dall'aula, per evitare di dover votare contro al provvedimento. Assente Serenella Bogana (Fratelli d'Italia). L'odg è tornato in aula dopo essere stato ritirato nella seduta del 14 settembre per approfondimenti. Lievi le modifiche apportate al testo: in particolare sono stati cambiati gli interlocutori cui richiedere una verifica urgente e ufficiale delle condizioni della pista di

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Innsbruck. Sono il governo, la Regione e la Fondazione Milano Cortina. «Il sindaco di Innsbruck ha fornito un cronoprogramma chiaro, l'adeguamento della loro pista da bob sarà pronto al massimo per la primavera 2025», ha detto Perenzin. «Se questo quadro è confermato - ed è per questo che chiediamo con urgenza una verifica - allora bisogna virare su Innsbruck». Le condizioni di partenza, per Perenzin, sono cambiate: non solo per i costi lievitati a 124 milioni di euro, dai 60 iniziali, ma anche per l'impatto ambientale («avrebbero dovuto essere i Giochi della sostenibilità») e per «la corrispondenza emersa fra Cio, Zaia e le federazioni internazionali di riferimento in cui si evince che il Cio ha sempre sconsigliato di fare il bob a Cortina», ha aggiunto. «Ci avevano sempre detto, invece, che era proprio il Cio a volerla». Con l'odg si chiede di riversare comunque sul territorio i 120 milioni stanziati per lo sliding centre, per intervenire su strade, scuole, sanità; di svincolare i 500mila euro messi a bilancio dalla Provincia per contribuire alla realizzazione della pista; di fare accordi con Innsbruck affinché gli atleti italiani abbiano condizioni agevolate per gli allenamenti. Mario De Bon si è detto assai preoccupato per la gestione successiva della pista («sarebbe un'ipoteca autolesionista utilizzare i Fondi di confine»), Simone Deola si è appellato al coraggio di «sapersi fermare in tempo». Luchetta invece si è astenuto: «Non è mai facile decidere di fare opere come questa», ha detto, «ma la pista da bob faceva parte del dossier olimpico con cui è stato possibile inserire Cortina nei Giochi 2026. Nel 2022 questo stesso consiglio si è espresso a favore della pista da bob. Siamo proprio d'accordo nel voler cancellare la possibilità di riqualificare il vecchio impianto Eugenio Monti, e quindi perdere una delle poche discipline olimpiche che si disputeranno nel nostro territorio?». «La pista da bob a Cortina è argomento che non è competenza della Provincia, ma del Governo, della Fondazione Milano Cortina 2026, del commissario Sant'Andrea, della Regione del Veneto», ha premesso Padrin. «Oggi ci troviamo davanti a un progetto di una pista che non è priva di dubbi e punti critici. Su tutti l'aumento dei costi di realizzazione e l'ammontare dei costi di gestione. Dubbi che non sono e non possono essere privi di conseguenze. Ma va detto chiaramente che non è mai stata messa in dubbio la presenza della pista da bob nel dossier olimpico. Anzi, era l'unica realizzazione di opere sportive prevista a Cortina a servizio dei Giochi. Non un'opera nuova, ma una riqualificazione di un'opera già presente, che è sempre stata voluta dalle Federazioni internazionali. Per coerenza con l'atto del consiglio provinciale del 2022, il mio sarà un voto di astensione». — alessia forzin Corriere delle Alpi | 28 settembre 2023 p. 29 Pista da bob, Zaia mette le mani avanti «Possibile rivedere alcune location» CORTINA Di paradosso in paradosso, se Cortina perde il bob, slittino e skeleton, rischia di perdere anche il villaggio olimpico. Ieri a Verona il presidente della Regione, Luca Zaia, ha detto che in caso di spostamento delle gare di bob, «a Cortina restano comunque molte gare, e ciò non toglie che si possano rivedere alcune location, visto si è già fatto in altre Olimpiadi. Attendiamo Roma e vediamo cosa accadrà», Senza le tre discipline ospitate al Sliding centre previsto sulle ceneri della pista Monti, il villaggio di Fiames da 1200 posti ne perderebbe 400 e, pertanto, diventerebbe di 800 piazze. Quante ne può mettere a disposizione oggi l'ex Villaggio Eni di Borca di Cadore? Circa 800. Salterebbe, quindi, la necessità che tanto ha fatto discutere di installare villette prefabbricate in un'area a rischio frana, certificata P3 (il massimo è P4) per pericolosità idrogeologica. Il villaggio removibile di Fiames costa 39 milioni: togliendo i 400 posti per gli atleti di bob, slittino e skeleton la cifra si ridurrebbe di una dozzina di milioni e probabilmente il trasloco a Borca consentirebbe un ulteriore risparmio. Ovviamente giochiamo con le ipotesi, ma ieri nella città scaligera Zaia ha fatto un bagno di realismo, considerando che passano i giorni e che il cantiere del bob non viene ancora assegnato. Il presidente alza, dunque, bandiera bianca? A Cortina (e non solo) così è stato interpretato. Zaia, per la verità ha tenuto a ripetere che la pista «è un elemento fondante del dossier di candidatura». Ciò che ha sempre detto, tenendo a specificare, almeno nel passato, che era un'icona, un simbolo irrinunciabile. Adesso, dunque, sta cambiando parere? Probabilmente no, ma sempre ieri ha ammesso: «Cercheremo di capire comunque quali saranno le decisioni finali del Commissario e del Governo rispetto a tutto questo». Zaia, dunque, si rivolge direttamente a Luigivalerio Sant'Andrea, che è commissario ma anche amministratore delegato di quella Società infrastrutture Milano Cortina, la Simico, che ha il compito di realizzare le opere. Società che è abbondantemente partecipata (al 35%) dal ministero delle Infrastrutture. E chi è il titolare del ministero? Matteo Salvini, cioè il segretario della Lega. È a Salvini, dunque, che Zaia chiede conto. Politicamente, ben s'intende. «Dovremo capire bene dai tecnici», ha poi precisato il presidente della Regione, «rispetto all'offerta di Innsbruck quali siano le spese reali che dovremmo sostenere per andarci, dopodiché immagino che qualcuno dovrà prendere una decisione». In casa di Simico e Fondazione si è fatto il conto di almeno 30 milioni. Ma stando alla lettera del vicegovernatore del Tirolo e del sindaco di Innsbruck, su una spesa di 27 milioni e 433 mila euro, ben 18,3 non sarebbero stati ancora deliberati dal Land del Tirolo e dal Governo federale.

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A Milano, piuttosto che a Roma o a Venezia, si teme che anche una parte di questi possano essere richiesti all'Italia. La matassa, anziché dipanarsi, sembra trasformarsi in un giallo. Ieri pomeriggio si è saputo che il ministro dell'Econ omia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha ricevuto al ministero (Mef) l'ambasciatrice svizzera Monika Schmutz Kirgoz per un «proficuo e costruttivo colloquio per rinsaldare amicizia e collaborazione tra i due Paesi anche in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026». C'è solo da immaginarsi i volti interrogativi di tanti a Cortina e a Venezia. Giorgetti si è forse informato su Sanckt Moritz, cioè sulla possibilità di poter usare quella pista svizzera in febbraio, il mese dei Giochi? È l'unica al mondo ad essere realizzata in ghiaccio naturale. Quali garanzie di tenuta potrebbe dare? Fra tanta incertezza, un punto fermo almeno esiste. Ed è a questo che si aggrappa il presidente Zaia. «Già un effetto delle Olimpiadi sul bob c'è, cioè che è stato tolto il "cadavere eccellente" che c'era lì, e quindi la ricomposizione ambientale è stata fatta». Ma, a questo punto, ieri ha ancora aggiunto: «Io penso che tutto vada messo in relazione ai costi e ai benefici». Chi deve fare questa relazione se non anzitutto il Governo, quindi per primo il ministro più direttamente coinvolto, Salvini? Anche perché – conclude Zaia – «resta il fatto che comunque le Olimpiadi si fanno, non vorrei che qualcuno pensasse il contrario». Intanto però il presidente del Coni altoatesino, Alex Tabarelli è stato chiaro, ieri: «Se il bob dovesse essere spostato a Igls, Bolzano chiederà di poter ospitare alcune partite di hockey». Una proposta fatta avendo il palaghiaccio già esistente. Sempre il numero uno del Coni della provincia più settentrionale d'Italia, parlando dei lavori ad Anterselva, località che ospiterà le gare olimpiche di biathlon, ha detto, che «i lavori dell'impianto, dopo la battuta d'arresto a causa dei ricorsi, procedono bene, sono già stati recuperati alcuni dei 100 giorni persi e la Coppa del mondo 2024 si disputerà come previsto». — Francesco Dal Mas Corriere del Veneto | 28 settembre 2023 p. 11, edizione Treviso-Belluno Pista da bob, la Camera vota: «Ora alternative a Cortina» Ordine del giorno: sì da Lega, FdI, Pd e M5S. Per l’opera solo gli albergatori Ugo Cennamo cortina d’ampezzo Non è la bocciatura definitiva della nuova pista da bob a Cortina, ma l’ordine del giorno approvato all’unanimità alla Camera impegna il governo a valutare possibili alternative. Non una ritirata, ma qualcosa di simile. Anche perché, all’indomani della clamorosa retromarcia di Zaia, anche la Lega ha approvato il testo a firma di Angelo Bonelli e Luana Zanelli, deputati di Alleanza Verdi e Sinistra. Chiedevano venisse direttamente accolta la proposta di Innsbruck, ma il testo è stato emendato con un più generico «valutare siti diversi». Il tutto alla vigilia del giorno in cui «Simico», la «Società infrastrutture Milano-Cortina», dovrebbe ufficializzare, condizionale d’obbligo, il nome dell’impresa che ha accettato di costruire lo «Sliding Center» per le Olimpiadi 2026. Ora al governo esprimersi e, in un momento in cui l’approvazione della Legge di Bilancio incombe, perseverare nella realizzazione del costoso impianto potrebbe risultare una stonatura. «Vittoria del buon senso — definisce Bonelli il voto bipartisan alla Camera — La pista di Cortina è un errore dall’inizio, con costi proibitivi da 125 milioni di euro per una struttura che avrà un impatto ambientale devastante». Esulta Cristina Guarda, consigliera regionale in Veneto di Europa Verde: «Ora è nero su bianco l’impegno a fermare il progetto Cortina, un risultato importantissimo!». E sottolinea come il voto favorevole sia arrivato da «tutti, compresi Lega (prima sostenitrice), Fratelli d’Italia, Pd, M5S, Avanti e Azione che, in passato, avevano votato lo stanziamento dei fondi per la pista, a ogni aumento dei costi prospettato da Regione o Fondazione Milano Cortina». Un voto in un giorno nel quale, dopo le dichiarazioni di Zaia che di fatto si sfilava dalla scelta, ha segnato prese di posizione nette dei contrari allo Sliding Centre e attacchi frontali al presidente del Veneto. «Finalmente — ha commentato il consigliere regionale Arturo Lorenzoni — la ragionevolezza sembra prevalere sulla cieca ostinazione: posto che la decisione finale sulla pista da bob a Cortina non spetta, e non è mai spettata neanche in passato, alla Regione Veneto, va dichiarato apertamente che un’altra delle opere, da lui stesso definite identitarie delle legislature di Zaia, sta svanendo». Continua Lorenzoni: «Oggi viene data la colpa della mancata costruzione al Cio, al governo romano o alla sorte avversa, ma non si può non stigmatizzare una gestione approssimativa delle opere olimpiche, oggi evidente anche agli osservatori più distratti». Sottolineano poi i consiglieri regionali del Pd: «Con la pista da bob, Zaia ha giocato d’azzardo, ma non gli possiamo consentire lo scaricabarile che sta compiendo: Zaia dica che se l’operazione non andrà in porto, il flop è tutto suo». Ieri una voce fuori dal coro è quella degli albergatori di Cortina: «Vogliamo la nuova pista da bob, è il fiore all’occhiello». Le Olimpiadi 2026? «Un’opportunità». Dichiara Stefano Pirro, presidente dell’Associazione albergatori di Cortina: «Ogni infrastruttura nuova o riqualificata costituirà un lascito a lungo termine per la nostra comunità e per i tanti amanti degli sport invernali». Il leader degli albergatori ampezzani si dice stupito, rammaricato, ma pronto a battersi per la nuova opera. E conclude: «I ripensamenti non portano mai nulla di buono».

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Corriere delle Alpi | 30 settembre 2023 p. 36 «Rinunciare? Uno schiaffo a tutto il Bellunese» Cortina «Le Olimpiadi invernali 2026 sono un'opportunità per tutto il territorio bellunese: avere una pista da bob, skeleton e slittino all'avanguardia è imprescindibile non solo per il buon esito dell'appuntamento olimpico ma anche per costruire una legacy internazionale di lungo periodo dopo il 2026, coinvolgendo tutto il tessuto economico regionale». Ad affermarlo è Stefano Longo, presidente di Fondazione Cortina, che per la prima volta prende ufficialmente posizione con una nota sulla questione pista da bob. «Non c'è località migliore di Cortina dove costruire una struttura per ospitare le gare e gli allenamenti delle squadre di bob, skeleton e slittino come quella progettata e approvata. Qui ci sono la cultura, una lunghissima tradizione sportiva, l'esperienza, la capacità di accoglienza necessarie per consentire di costruire attorno a quest'opera sinergie internazionali a beneficio di tutti gli attori in gioco. Lo dobbiamo alla storia delle 12 medaglie olimpiche nel bob e alle 18 medaglie nello slittino vinte dal nostro Paese», si legge ancora nella nota, «lo dobbiamo a tutti gli atleti mondiali che hanno dimostrato in più occasioni il loro apprezzamento e che non vedono l'ora di venire a Cortina per allenarsi e correre sulla nostra pista, lo dobbiamo alle nuove generazioni di atleti che potranno avvicinarsi a queste discipline e diventare i campioni di domani. È chiaro che tutti noi ci rimetteremo alle decisioni che il Governo vorrà prendere ma anche noi di Fondazione Cortina ci vogliamo unire al coro di coloro che sostengono con forza la realizzazione di quest'opera. Con tutte le tutele e le verifiche necessarie quanto a dimensioni e costi, ma anche avendo ben chiaro in mente che Cortina e l'Italia hanno un'occasione unica da non perdere: realizzare una pista che metta in valore la grande tradizione sportiva, la rilanci e diventi polo di attrazione internazionale, soprattutto dopo il 2026. Cortina è assegnataria dei Giochi assieme a Milano, è l'unica località italiana capace di ospitare un evento iridato per ben due volte: pensare di rinunciare a questa pista significherebbe dare uno schiaffo all'Italia, al Veneto, a tutta la storia degli sport invernali, ai nostri atleti e all'intera popolazione del territorio bellunese», conclude il presidente di Fondazione Cortina. — Corriere delle Alpi | 30 settembre 2023 p. 36 Pista da bob al bivio O il governo investe altri 20 milioni o si andrà altrove CORTINA L'impresa Pizzarotti, per costruire la pista di bob, skeleton e slittino, chiede (anzi chiedeva) 20 milioni in più degli 81, 6 del bando della società Simico. Dopo l'ordine del giorno approvato l'altro pomeriggio alla Camera, in cui a grande maggioranza si impegna il Governo a trovare un'alternativa, la questione è arrivata ad un bivio. le due strade Dunque ora si prospettano due strade: un maggiore stanziamento da parte del Governo per l'impianto, dando la possibilità al commissario Luigi Valerio Sant'Andrea di rifare una nuova gara; perché, con oltre 100 milioni di base d'asta, potrebbero riaffacciarsi sia la Webuild e sia le altre tre imprese che avevano dimostrato interesse (per un totale di cinque, compresa la Pizzarotti); l'altra strada sarebbe invece quella di cercare effettivamente un'alternativa. E questa difficilmente potrebbe essere Igls, vicino ad Innsbruck, dal momento che i cantieri della ristrutturazione si concluderebbero a fine 2025. Più percorribile la strada Sankt Moritz, idea a suo tempo lanciata (si fa per dire) dallo stesso Giovanni Malagò, presidente del Coni, e indirettamente rilanciata nei giorni scorsi da Giancarlo Giorgetti, ministro dell'economia, che ha incontrato l'ambasciatrice svizzera con la quale – ha fatto scrivere – ha parlato della collaborazione per Milano-Cortina. la terza via Per la verità non manca neppure una terza ipotesi. Che il Governo, onde evitare all'Italia di perdere la faccia con il Cio e l'orbe sportivo, faccia un appello ad una delle due imprese che per prime s'erano poste in gioco per salvare l'orgoglio nazionale facendosi carico di questo cantiere. Certo è che ieri è scesa in campo un'esponente (trentina) di Fdi, Alessia Ambrosi, deputata, tagliando corto su ogni indugio e andando avanti con l'alternativa, anche perché «verrebbero comunque mantenute e garantite numerose gare. Una rinuncia, come in questo caso, non rappresenterebbe di certo un fallimento; al contrario, sarebbe la dimostrazione di responsabilità, lungimiranza e tutela nei confronti dei contribuenti e dell'ambiente in cui vivono». rinunciare, difficile Lo andasse a dire ai cortinesi. Avverte, infatti, il sindaco Gianluca Lorenzi. «Se salta un'opera importante non ci si può illudere che tutto rimanga com'è, perché ci saranno considerazioni che il Governo farà su tutte le opere: rischiamo di non trovarci la bretella e opere che sono fondamentali per il futuro di Cortina. Chi manifesta contro deve sapere che ha delle responsabilità di cui gli verrà chiesto conto». In ballo non c'è solo il bob con i suoi elevati costi, ma anche la bretella, l'impianto di risalita, la sistemazione di strade ed edifici, «tante cose che daranno una Cortina migliore dopo le Olimpiadi», senza dimenticare l'effetto degli investimenti di alberghi e imprenditori collegati ai Giochi. «Se tagliamo un ramo, non rimane solo il problema sul ramo ma ne risente tutta la pianta. Occhio quindi a cestinare il bob, progetto voluto dalla precedente Amministrazione e che portiamo avanti con serietà e volontà», dice il sindaco,

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«occhio a metterlo in discussione per delle idee che non condivido tanto ma che ascolto, perché porta delle conseguenze». Di sicuro, senza il bob, a Cortina il villaggio olimpico dovrebbe diminuire di un terzo almeno la capienza, da 1200 a 800 atleti, con le relative conseguenze economiche. il fronte del no insiste La capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera Luana Zanella insiste. «Ora tutti a cercare l'alternativa alla inutile pista da bob. Sono lieta che la nostra iniziativa alla Camera abbia riportato ragionevolezza e buon senso». Zanella ricorda che «il sindaco di Innsbruck ha offerto una via di uscita al pasticcio pista di bob, rinnovando la propria disponibilità a coprire un terzo delle risorse necessarie per l'omologazione della struttura; un altro terzo verrebbe coperto dal Land Tirolo e il restante dall'Italia. Non ci sono imprese disponibili a realizzare l'opera», conclude Zanella, «dopo il fallimento della gara e del successivo tentativo di trattativa privata. La proposta del sindaco Georg Willi è una soluzione praticabile e realistica». — Francesco Dal Mas

DIGA DEL VANOI: GLI AGGIORNAMENTI Corriere delle Alpi | 21 settembre 2023 p. 23 Vanoi, Provincia contro la diga: «Preoccupazioni condivisibili» lamon Crisi idrica e transizione energetica non possono essere affrontate con i maxi bacini artificiali calati sulla testa delle comunità locali. È riassumibile così la presa di posizione della Provincia di Belluno, fatta per bocca del consigliere provinciale delegato all'ambiente, Simone Deola, sul progetto del lago artificiale sul Vanoi, tra Lamonese e Tesino, portata avanti dal Consorzio di bonifica Brenta. La Provincia di Belluno ha preso la parola ieri per sottolineare che «condivide le preoccupazioni del territorio, in particolare dei cittadini di Lamon e Sovramonte, i più vicini geograficamente alla questione». Un anno fa il consiglio provinciale, con un atto ufficiale, si era espresso sul tema della crisi energetica – deflagrata a seguito della guerra in Ucraina – e sul tema della crisi idrica conseguenza invece della siccità e del cambiamento climatico. Il consiglio provinciale, in un passaggio, domandava attenzione al sistema dei prelievi dei consorzi irrigui di pianura e, comunque, di tutti i prelievi idrici dissipativi, chiedendo agli enti di attivarsi affinché, anche attraverso le risorse del Pnrr, «sia presentato un complessivo piano di interventi atto a ridurre gli sprechi idrici dovuti alla vetustà dei sistemi di trasporto della risorsa e di irrigazione e utilizzo nelle aree agricole di pianura e, comunque, a disporre un corretto uso della risorsa in tutti gli ambiti al fine di limitarne i fabbisogni». Nella delibera era stato indicato come inderogabile «affiancare ai bacini montani la costruzione di bacini di accumulo in alta pianura, da poter utilizzare a scopo irriguo ma anche per il ravvenamento delle falde ovvero per intervenire a contrastare la risalita del cuneo salino aumentando le portate di deflusso nei tratti di foce». «La posizione della Provincia non è affatto cambiata» sottolinea il consigliere Deola. «La soluzione alla siccità non è il grande invaso, posto che il territorio bellunese ha dato e sta continuando a dare fin troppo in termini di bacini artificiali. Piuttosto bisogna considerare l'ipotesi di una serie di piccoli invasi, in zone che presentano minori profili di rischio». «La questione è prettamente politica e programmatoria», dice Deola, «in quanto non dovremmo nemmeno pensare di spendere risorse pubbliche, anche solo per lo studio e la progettazione, di opere come quella del Vanoi». Anche l'amministrazione comunale di Feltre, intanto, ha formalizzato il proprio impegno sulla questione, con una presa di posizione della commissione consiliare. — Gazzettino | 21 settembre 2023 p. 33, edizione Belluno «Vanoi, l'invaso non sia imposto E il territorio va considerato» La Provincia interviene sul progetto irriguo ipotizzato dalla Regione nel comune di Lamon FELTRE La contrarietà al previsto bacino sul Vanoi continua a fare "proseliti". Dopo il no a chiare lettere del Comune di Lamon, dei vicini municipi trentini interessati all'invaso, di Feltre e di numerose associazioni ambientaliste, ora arrivano le "perplessità della Provincia di Belluno. Una realtà quella di Palazzo Piloni, sempre attenta alla tutela dell'ambiente e che ora alza la voce contestando il disinteresse di Regione e del Consorzio irriguo, con sede a Cittadella (Padova) delle esigenze locali. L'AMBIENTE L'attenzione dell'ente presieduto da Roberto Padrin alle esigenze irrigue, è un argomento che Palazzo Piloni tiene in primo piano già da tempo chiedendo sempre che chi vive e opera sul territorio non venga ignorato

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DALLA GIUNTA «Le soluzioni alla crisi idrica e alla transizione energetica non possono essere tagliate con l'accetta. Necessitano di misure che devono contemperare i macro obiettivi di sistema e le esigenze delle comunità locali». È quanto afferma il consigliere provinciale delegato all'ambiente, Simone Deola, in merito all'ipotesi di realizzazione di un bacino artificiale sul Vanoi, avanzata dal Consorzio di bonifica Brenta». IL CONSIGLIO La Provincia di Belluno fin dalla riproposizione del progetto, nei mesi scorsi, ha analizzato il tema. E condivide le preoccupazioni del territorio, in particolare dei cittadini di Lamon e Sovramonte, i più vicini geograficamente alla questione. Giusto un anno fa il Consiglio provinciale, con un atto ufficiale, si era espresso sul tema della crisi energetica - deflagrata a seguito della guerra in Ucraina e sfociata in un aumento spropositato dei costi delle bollette di luce e gas - e sul tema della crisi idrica conseguenza invece della siccità e del cambiamento climatico. E aveva avuto modo di sottolineare un passaggio sulla gestione dell'acqua pubblica. In particolare, il Consiglio domandava attenzione al sistema dei prelievi dei consorzi irrigui di pianura e, comunque, di tutti i prelievi idrici dissipativi, chiedendo agli enti preposti di attivarsi affinché, anche attraverso le risorse del Pnrr. LA DELIBERA «Sia presentato un complessivo piano di interventi atto a ridurre gli sprechi idrici dovuti alla vetustà dei sistemi di trasporto della risorsa e di irrigazione e utilizzo nelle aree agricole di pianura e, comunque, a disporre un corretto uso della risorsa in tutti gli ambiti al fine di limitarne i fabbisogni» così il testo della delibera, che ritiene «inderogabile, ormai, affiancare ai bacini montani la costruzione di bacini di accumulo in alta pianura, da poter utilizzare a scopo irriguo ma anche per il ravvenamento delle falde ovvero per intervenire a contrastare la risalita del cuneo salino aumentando le portate di deflusso nei tratti di foce». L'ATTUALE POSIZIONE «La posizione della Provincia non è affatto cambiata» sottolinea il consigliere Deola. «La soluzione alla siccità non è il grande invaso, posto che il territorio bellunese ha dato e sta continuando a dare fin troppo in termini di bacini artificiali. Piuttosto bisogna considerare l'ipotesi di una serie di piccoli invasi, in zone che presentano minori profili di rischio. La questione è prettamente politica e programmatoria in quanto non dovremmo nemmeno pensare di spendere risorse pubbliche, anche solo per lo studio e la progettazione, di opere come quella del Vanoi». Alessandro Tibolla Gazzettino | 22 settembre 2023 p. 33, edizione Belluno Diga del Vanoi, la Regione spinge e Fusaro rischia un caso politico FELTRE/FELTRINO Un altro caso politico come a Belluno? Sulla diga del Vanoi la giunta Fusaro, un sindaco civico con a lato forze politiche "ingombranti", è su un terreno minato. La vicenda ricorda quanto avvenuto a Belluno dove una mozione della minoranza contro le politiche della Regione in tema sanità, è stata poi condivisa e votata dalla maggioranza con sindaco civico, senza però il consenso di Lega e Fratelli d'Italia. A Feltre la prova del nove sarà su un altro tema, ma con insidie identiche: arriva in consiglio lunedì un ordine del giorno presentato dalle minoranze contro il progetto della diga del Vanoi. Un'opera decisa dalla Regione Veneto e caldeggiata dalla Lega. L'obiettivo della giunta, è stato detto dopo la commissione, è di arrivare a un ordine del giorno condiviso: ieri sera si sono ritrovati i componenti della maggioranza e si punta a un documento unitario. Ma cosa farà la Lega? Sconfesserà le politiche della Regione? LA SINISTRA In ogni caso, comunque vada, sarebbe una vittoria della minoranza: l'ordine del giorno è presentato dai Gruppi consiliari "Partito Democratico", "Idea per Feltre", "Cittadinanza e Partecipazione" e "Sinistra Feltrina" contro la proposta di realizzazione del progetto "Serbatoio del Vanoi. Realizzazione di un invaso sul torrente Vanoi e tutela dell'irrigazione nel comprensorio del Consorzio di bonifica del Brenta". E oggi verrà presentato in pompa magna nella sede del Partito Democratico a Belluno: alla conferenza stampa ci saranno il segretario provinciale del partito democratico di Belluno Alessandro Del Bianco e il segretario provinciale del Pd di Trento, Alessandro Dal Ri, oltre al sindaco di Lamon Loris Maccagnan. GLI ATTI Nel caso passasse l'atto proposto dal Pd, il documento approvato dal consiglio comunale di Feltre sarebbe il primo ufficiale contro la diga. L'argomento infatti è ritornato tema caldo a fine 2022, dopo che c'è stata l'accelerata della Regione, con l'arrivo dei fondi antisiccità. All'unanimità venne approvato dal consiglio regionale un documento che dava priorità alla realizzazione della diga del Vanoi, di cui si parla da decenni. L'argomento era poi approdato in consiglio comunale a Lamon e anche a Sovramonte: solo comunicazioni, ma non ci sono stati atti. Ricordiamo che la diga verrebbe costruita in comune di Lamon e imbriglia il Vanoi, tra Trentino e Bellunese. Il Consorzio del Brenta è già al lavoro con i primi studi e rilevamenti: è stato promesso ai primi cittadini che saranno condivisi entro fine mese. Non nasconde la sua preoccupazione il sindaco di Sovramonte, Federico Dalla Torre: «La Pianura la deve finire di decidere sulla montagna: dobbiamo sederci attorno a un tavolo e si decide, con tutti gli studi del caso. Perché Vajont ne abbiamo già avuto uno, come ci ricorsa il sessantennale di quest'anno». Olivia Bonetti

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Corriere delle Alpi | 23 settembre 2023 p. 30 «Tutti i Comuni dicano no alla diga» Francesco Dal Mas BELLUNO «Se si farà la diga di Vanoi rischiamo un altro Vajont». È il grido d'allarme del segretario del Pd Alessandro Del Bianco. Il motivo? Lo spiega Loris Maccagnan, sindaco di Lamon. «La valle del Vanoi ha un rischio di insicurezza idrogeologica P4, il massimo. Se ci è stato detto che il villaggio olimpico di Cortina non può essere trasferito all'ex Eni di Borca perchè quella è una zona P3, perché una diga alta 126 metri può invece essere costruita in un territorio P4?». Domande senza risposta. Ed ecco che il Pd bellunese ha predisposto un robusto ordine del giorno da sottoporre a tutte le assemblee municipali e in particolare al Consiglio provinciale. Il Consiglio comunale di Feltre lo discuterà il 25 settembre. Claudia Bettiol assicura che in ottobre lo farà anche il Consiglio comunale di Belluno. Ovviamente quanto prima ne discuterà in quello di Lamon. Il 4 ottobre, a Longarone, terrà seduta il Consiglio regionale, per commemorare le vittime del Vajont. «Vorremmo portare l'argomento alla riflessione del consesso regionale proprio perché», ha spiegato Del Bianco, «al Vanoi rischia di ripetersi una situazione analoga. In ogni caso, i nostri consiglieri regionali riapriranno la discussione sulla diga a Palazzo ferro Fini entro l'anno». E dal gruppo consigliare del Pd è arrivata ieri l'informazione che la diga è ben presente all'interno del Piano delle opere pubbliche con tanto di primo finanziamento: di 33 milioni. Un quinto dei 150 milioni, cifra che è a carico dello Stato. Si sa, peraltro, che a Palazzo Balbi si nutrono delle perplessità, anche se il via libera è stato dato, a suo tempo, dalla maggioranza del Consiglio regionale – in funzione antisiccità - il che ha significato l'autorizzazione al Consorzio di bonifica Brenta di procedere con la progettazione. La Provincia di Trento, però, è contraria e in una risposta alle rimostranze del vicepresidente Mario Tonina gli assessori regionali del Veneto Giampaolo Bottacin e Federico Caner riconoscono le problematicità idrogeologiche che la valle rappresenta. Tant'è che lo stesso presidente Zaia negli ultimi mesi si è astenuto dal pronunciarsi a sostegno dell'opera. La diga, da 33 milioni di metri cubi, insiste in una valle collocata per gran parte in territorio trentino. I Comuni sia trentini che bellunesi dell'area sono tutti contrari. Il Pd sta facendo pressing perché si pronuncino allo stesso modo anche gli altri enti locali della provincia. «Non è possibile», ha detto ieri Del Bianco, incontrando i giornalisti, «che i pareri favorevoli, in Regione come in tanti Comuni padovani e vicentini, si fondino su una relazione idrogeologica ancora del 1989, con valutazioni allora non puntuali». Alessio Dal Ri, segretario provinciale di Trento, che ieri si è collegato on line, ha confermato l'opposizione anche della maggioranza a traino leghista della sua provincia, «ma solo perché il 22 ottobre ci sono le elezioni; dopo, se vincono, ma non accadrà, si sottometteranno alla volontà di Zaia». — Gazzettino | 27 settembre 2023 p. 8, edizione Belluno

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PASSI DOLOMITICI: IL DIBATTITO SULLA GESTIONE DEI FLUSSI Corriere delle Alpi | 4 settembre 2023 p. 14 Passi chiusi? Albergatori divisi Chi è a valle chiede il blocco Francesco Dal Mas / ortisei « Chiudere i passi di montagna. Il traffico è eccessivo». È il perentorio monito salito dalle strade e dalle piazze di Ortisei, venerdì mattina, durante la manifestazione di protesta organizzata dagli "Oldies for Future", l'associazione nata i mesi scorsi per supportare le battaglie climatiche. La risposta arrivata dai passi è stata immediata. «No, chiudete prima le strade delle valli, senza dubbio più intasate di quelle dei valichi», ha infatti obiettato Osvaldo Finazzer, titolare di due alberghi sul Pordoi, e coordinatore di una settantina di operatori turistici. Si ripropone, dunque, la storica diatriba sulla viabilità sui Passi dolomitici Che stavolta aggiunge però un nuovo capitolo: perché alla manifestazione di venerdì c'erano anche molti albergatori a chiedere la chiusura dei passi. Quelli che hanno strutture nelle valli, ovviamente. LE RICHIESTE I manifestanti – in testa gli albergatori – provenienti anche dal Bellunese hanno chiesto con cartelli e slogan il blocco della circolazione dalle 10 alle 16. Con possibilità di transito solo per i mezzi pubblici, i lavoratori, i fornitori. Klauspeter Dissinger, il coordinatore della protesta ha detto che solamente la chiusura del traffico può consentire di tornare ad avere un turismo sostenibile sulle Dolomiti. «Il nuovo codice della strada consente la chiusura delle strade per motivi ambientali. L'assessore Daniel Alfreider non ha mai voluto», accusa Dissinger. «Promette studi, monitoraggi ma questo è il solito trucco che i politici usano per tranquillizzare la popolazione, senza trovare soluzioni concrete. Sono ormai 7 anni che chiediamo risposte». Il riferimento è ai monitoraggi del traffico che si fanno pure in territorio bellunese, a Livinallongo, Arabba e sulle strade del Pordoi e del passo Campolongo. CONTRO PROTESTE DAI PASSI O svaldo Finazzer, l'uomo-simbolo della protesta opposta, contro la chiusura dei valichi, si dice indignato. «Nella sfilata si è sentito urlare "chiudiamo i passi". Per quale motivo se il traffico intenso si trova nelle valli? Dovrebbero urlare chiudiamo le valli e direi più controlli costanti sui passi. Se venissero installati dei "tutor" sulle strade dei valichi il problema del rumore si risolverebbe». Finazzer ricorda che fino al 2005 il traffico era di gran lunga superiore ad oggi. «Tra l'altro quest'anno si è manifestato solo nel periodo di ferragosto e nei fine settimana, in particolare il sabato». Finazzer respinge misure di contenimento in un periodo «assolutamente di magra», come quest'estate. «I costi per mantenere aperte le nostre strutture sono molto elevati e le presenze si riducono ogni anno di più: a due, tre fino a quattro giorni ed i prezzi per il soggiorno lievitano». EQUILIBRI DELICATI Intanto è trascorsa un'altra stagione senza particolari provvedimenti per il traffico verso i passi; a Bolzano e a Trento ci saranno le elezioni, quindi evidentemente si è preferito non introdurre temi di possibile disappunto. La prossima primavera sono in programma altri giri di urne, per le Europee e le Amministrative. Quindi probabilmente i primi provvedimenti saranno presi nell'estate 2025, alla vigilia delle Olimpiadi. Anche per dimostrare che sono effettivamente sostenibili. —

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GESTIONE DEI FLUSSI: IL CASO BRAIES Alto Adige | 19 settembre 2023 p. 31 «Positiva l'estate con traffico limitato al lago di Braies» Valle di braies Tutti d'accordo: è riuscito l'esperimento al lago di Braies per la limitazione estiva del traffico motorizzato. Sono d'accordo il sindaco Friedrich Mittermair e l'assessore provinciale Daniel Alfreider. Non manca qualche voce critica nei confronti del provvedimento, ma si tratta soprattutto di critiche per il miglioramento del provvedimento in vista di una (scontata) riproposizione dello stesso l'anno prossimo. Il 10 settembre scorso si è conclusa l'iniziativa partita il 10 luglio con la prenotazione digitale obbligatoria per l'accesso in auto alla Valle di Braies e al Lago. Nel prezzo della prenotazione erano comprese le spese per il parcheggio riservato e un voucher per la sosta al ristorante. Non sono ancora stati raccolti tutti i dati, ma il sindaco Friedrich Mittermair si è detto soddisfatto di come sono andate le cose: "Volevamo limitare il numero giornaliero di visitatori del lago a 5 mila, massimo 6 mila. Direi che l'obiettivo è stato raggiunto". L'obbligo di prenotazione si applicava tutti i giorni dalle 9.30 alle 16. Organizzare tutto questo ha richiesto parecchio tempo. "Ci sono voluti molto impegno e molta applicazione, ma ne è valsa la pena", continua il sindaco che sottolinea che "in totale 16 persone, tra cui 6 agenti ausiliari della polizia, hanno assicurato il funzionamento di questa regolamentazione del traffico, il cosiddetto "Piano Braies". Gradito anche il parcheggio per sosta breve, istituito durante questa estate all'ingresso della valle e dotato di due punti informativi, dove venivano date le indicazioni su come raggiungere il lago in modo ecologico e senza macchina. Il Comune ha affittato da un'azienda privata per due mesi lo spazio per il parcheggio per la sosta breve. A differenza degli anni precedenti, sulla statale non si sono verificati particolari rallentamenti e il traffico è stato scorrevole senza intoppi. Naturalmente c'è ancora qualche cosa da sistemare, sottolineano gli interessati, ma nel complesso si può dire che "quest'anno le cose hanno funzionato bene. Molti ospiti hanno avuto riscontri molto positivi e anche i rappresentanti dell'economia della valle sono rimasti soddisfatti di come è andata. Sono diversi i rappresentanti di altre località dell'Alto Adige e di altri paesi che sono arrivati a Braies per avere dei consigli sulla gestione efficace dei visitatori nei punti di accesso alle località più gettonate. “Il sistema di prenotazione ha funzionato", ha dichiarato il presidente locale dell'Hgv Eduard Jesacher, che ha aggiunto come "il fatto che nel prezzo della prenotazione fosse compreso anche l'importo per la visita presso una struttura ricettiva ha avuto un effetto positivo su tutti coloro che hanno aderito a questo sistema di prenotazione". Si può migliorare qualcosa nel provvedimento per limitare il traffico? Come anticipa Jesacher, "ne discuteremo in autunno. Un ulteriore miglioramento potrebbe essere l'utilizzo nel primo pomeriggio di un autobus aggiuntivo dal Lago di Braies al paese". Dal 10 settembre non c'è più l'obbligo di prenotazione per l'accesso in auto alla Valle di Braies e al Lago. Considerato il bel tempo soleggiato di inizio autunno, nei prossimi giorni si prevede ancora una grande presenza sulle rive del lago. Ma non è possibile prolungare ulteriormente la chiusura del traffico. E.D.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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TURISMO GLAM: IL CASO DI CORTINA D’AMPEZZO Corriere delle Alpi | 4 settembre 2023 p. 22

LA FREQUENTAZIONE DELLA MONTAGNA E IL RUOLO DEI SOCIAL L’Adige | 17 settembre 2023 p. 9

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Gli operatori Rifugisti e guide impegnati in un ruolo nuovo. Silva: «In troppi si fermano alle immagini social» «Il boom è arrivato subito dopo la pandemia, prima non era così. Gli escursionisti impreparati ci sono sempre stati, ma erano una piccola minoranza. Ora sono in tanti e noi ci ritroviamo a dover svolgere un ruolo nuovo: quello di spiegare loro che tipo di ambiente è la montagna, che dietro a immagini mozzafiato nei post e nei reel c'è tutto un mondo a cui ci si deve avvicinare con prudenza, preparazione e l'umiltà di sapersi far consigliare».Le parole sono quelle di Roberta Silva, presidentessa dell'Associazione rifugi del Trentino che dal suo Roda di Vael - al pari di tanti suoi colleghi - ha il polso della situazione.«Nel 2021 c'era stato il boom, venivano tutti: la montagna era stata letteralmente presa d'assalto, non solo da appassionati. Ora la situazione si sta stabilizzando ma la fetta di frequentatori rappresentata dall'escursionista occasionale e inevitabilmente impreparato è cresciuta. Se fino a una decina d'anni fa dovevamo accogliere chi già conosceva i luoghi o comunque si era documentato e preparato perché una cultura della montagna già l'aveva - vuoi perché coltivata per passione propria, vuoi perché tramandata in famiglia - ora spesso siamo noi a doverci fare promotori di quella cultura. Spiegando, consigliando, spiegando».Silva non è tuttavia pessimista: «La situazione è questa e ne va preso atto non con atteggiamento critico, ma costruttivo. Ad esempio affrontandola intensificando gli sforzi nella comunicazione, nella formazione, nella sensibilizzazione. Noi come associazione, assieme proprio al Soccorso alpino, alle guide, alla Sat, non da oggi abbiamo promosso campagne finalizzate proprio a favorire una frequentazione consapevole delle terre alte. Personalmente, attraverso il rifugio, cerchiamo di puntare molto anche sui social, postando consigli e indicazioni utili».«Purtroppo non è facile riuscire ad avvicinare chi non ha già cultura della montagna», spiegano Gianni Canale e Simone Banal, presidente e vicepresidente del collegio delle guide alpine del Trentino: «Giugno e luglio non sono andati benissimo per le nostre scuole, mentre agosto è stato un buon mese. Certo, la sensazione è che chi si rivolge a noi per la gran parte sia un'utenza già formata, che sa quali sono i rischi ai quali si va incontro affrontando itinerari impegnativi senza una guida. Chi invece è poco preparato difficilmente si rivolge a noi e sono questi i casi in cui poi si creano le situazioni di maggior pericolo o si costringono i soccorritori a interventi evitabili. Come cambiare le situazione? Crediamo si debba lavorare ancor più di quanto si stia facendo con Apt e albergatori, potrebbero essere loro i primi "filtri" per indirizzare i turisti verso itinerari adeguati o consigliare loro di affidarsi ad esperti nel caso si vogliano affrontare uscite impegnative». Alto Adige | 24 settembre 2023 p. 17 Brad Pitt: «Ötzi? No, ho fatto solo un giro in moto» jimmy milanese Bolzano È arrivato all'aeroporto di Bolzano in sella alla sua moto Brad Pitt, il divo di Hollywood che all'inizio di questa settimana era atterrato in Alto Adige per una breve vacanza terminata appunto ieri pomeriggio poco dopo le 14. Prima però l'attore ha pranzato al ristorante Tomanegger di San Genesio, accolto a braccia aperte dal titolare Marco Guaglio. All'aeroporto ad attenderlo una trentina di fan ai quali Pitt non ha fatto mancare un sorriso o un selfie con grande (e non scontata) disponibilità. Il due volte premio Oscar ha alloggiato all'Hotel Forestis di Bressanone, stanza 260, per la precisione. «Sono venuto in Alto Adige solo per fare un giro in moto sulle Dolomiti», il suo commento che in un certo senso chiarisce tutti gli interrogativi sull'arrivo in provincia del 59enne di Shawnee, una piccola città di 30.000 abitanti in Oklahoma. Chissà, forse a suggerirgli l'itinerario è stato il suo amico George Clooney, protagonista qualche anno fa di un tour in Harley da queste parti con sosta in un bar di san Giacomo. Sulla possibilità paventata in questi giorni che Pitt avesse scelto l'Alto Adige per i sopralluoghi per girare un film, con un sorriso l'attore di Hollywood ha spiegato: «No, no, non voglio fare un film su Ötzi». Sarà vero? Commento entusiasta, invece, quando gli chiediamo come abbia trovato la nostra regione. «Fantastica, semplicemente fantastica». Un soggiorno discreto, quello di Pitt che nel suo peregrinare sulle Alpi ha avuto modo di incontrare anche lo scrittore Mauro Corona nei pressi del Lago di Misurina. «Una persona estremamente cortese con tutti, disponibile e di poche pretese, quando non voleva essere disturbato lo diceva, e se chiedeva un servizio, era sempre con modi rispettosi», confida un collaboratore della struttura brissinese che ha ospitato Pitt. Amante delle Alpi tanto da avere dedicato uno Jodel ai monti altoatesini e fan dell'"Uomo venuto dai ghiacci" del quale ha impresso un tatuaggio sul suo braccio destro, Pitt ha lasciato Bolzano a bordo del suo aereo privato promettendo che: «Sì, forse ritornerò, troppo bello andare in moto sulle Dolomiti». Un vero spot planetario per l'Alto Adige.

SFREGIO IN VETTA AL CATINACCIO D’ANTERMOIA: I CIAMORECES RIMUOVONO LA SCRITTA L’Adige | 5 settembre 2023 p. 31

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I Ciamorces hanno rimosso la scritta PIETRO GOTTARDI VAL DI FASSA Dopo essere state imbrattate con la vernice spray alla stregua di un muraccio di degradata periferia industriale, le rocce sotto la croce sulla cima del Catinaccio d'Antermoia, sono tornate al loro originario color beige chiaro dolomia. Riportarle allo stato di natura non è stato semplice come passare una mano di vernice bianca su una parete. Venerdì pomeriggio i Ciamorces de Fasha, gruppo storico degli alpinisti e appassionati di montagna della valle ladina, sono saliti sulla cima, e armati di mola a disco alimentata da batterie, hanno abraso con grande pazienza la stupida scritta a sfondo politico lasciata da un genuino imbecille con una bomboletta spray di colore nero.A trovarla il 24 agosto era stata la guida alpina Fabio Giongo nel raggiungere la sommità a 3.002 m. con un cliente. Fatta una foto, Giongo l'aveva pubblicata sui social, richiamando alla gravità del fatto e alla necessità di rispettare la cima delle montagna come ambiente prima di tutto. L'Associazione Rifugi del Trentino aveva divulgato questo messaggio come stimolo per una necessaria presa di coscienza a tutela dell'integrità delle rocce. I Ciamorces de Fasha non appena ne sono venuti a conoscenza e hanno deciso di dare un segnale forte e necessario di rispetto alle montagne della valle organizzandosi per salire in gruppo a ripulire la scritta nera. . «La nostra salita ed intervento di pulizia vogliono rimanere lontani da qualsiasi orientamento politico e qualunque fosse stato il messaggio scritto avremmo agito. Il nostro intervento, condiviso con grande coscienza, slancio e unità dai Ciamorces presenti, è stato incentrato sulla necessità doverosa di adoperarsi per garantire il rispetto e la pulizia della montagna al pari di un monumento o un' opera d'arte, che devono rimanere pulite, libere da qualsiasi imbrattamento soprattutto rocce e cime così frequentate ed ammirate». Questa la dichiarazione a caldo del presidente dei Ciamorces, Ivan Vian. «Siamo saliti nel pomeriggio di venerdì in sette, con l'attrezzatura necessaria per ripulire in maniera rispettosa dell'ambiente la dolomia. Siamo saliti veloci ed in altrettanto poco tempo siamo riusciti nel nostro obiettivo -continua Vian - poi siamo scesi e abbiamo sentito subito l'affetto dei rifugisti che abbiamo incontrato per quello che abbiamo fatto come gruppo e sentito come un dovere. Quando ho pubblicato le prime immagini sui miei social, ho percepito tutto l'appoggio, la condivisione dei tanti appassionati di montagna ma anche della comunità della valle che mi seguono. Grazie all'ApT della Val di Fassa, che ci ha appoggiati e che porta con sé il progetto di manutenzione dei sentieri "Sa Mont". Speriamo davvero che non sia più necessario intervenire su questo tipo di azioni in Dolomiti»Sulla vicenda dell'imbrattamento, l'Adige ha sentito il parere di Marco Albino Ferrari, giornalista, scrittore e divulgatore fra i più noti e apprezzati in materia di montagna. «In alta montagna (e non parlo della montagna vissuta quotidianamente dall'uomo ) meno tracce si lasciano meglio è - afferma Ferrari rifacendosi un po' alla corrente di pensiero nata in America verso la metà dell'800 che proponeva l'approccio etico alla montagna e ripresa dal movimento "clear climbing" degli '60e 70' - . Un conto è agire su muri o marciapiedi cittadini, manufatti soggetti comunque a mutare, un altro è farlo sulle rocce in alta quota: qui ogni intervento umano è elemento di disturbo». Quanto alla volontà di lanciare messaggi lasciando segni di quel genere, Ferrari non fa sconti: «Sono sfregi che tradiscono la vacuità e la frustrazione di chi li compie. Mi sembrano dire: siccome non ho la forza di incidere in alcun modo su certe cose, faccio il gesto eclatante. In questo caso ai danni dell'ambiente. Che poi a farlo sia stato qualcuno che è passato dal filtro della fatica per raggiungere la cima, questo mi sconcerta ulteriormente». Visto che è in tema, Ferrari estende per analogia il discorso al tema del rumore in montagna: «L'urlo straziante di una moto smarmittata sui tornanti di un passo alpino, seppur in modo effimero, mi restituisce lo stesso identikit di chi ha fatto quella scritta. È una forma di appropriazione indebita dell'ambiente per sentirsi per un attimo quello che si vorrebbe essere o - e il discorso vale come aggravante per le persone di mezza età - non si è più».

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La Usc de Ladins | 8 settembre 2023 p. 5

DOLOMITI ACCESSIBILI: LE BUONE PRATICHE DAI TERRITORI Corriere delle Alpi | 2 settembre 2023 p. 27 Non vedenti, la montagna non ha frontiere: sul Marmarole Runde come in passeggiata L'INIZIATIVA Escursionisti non vedenti alle prese con l'anello del Marmarole Runde. Un nuovo fronte esperienziale è stato inaugurato nei giorni scorsi, per merito di Paola Favero, colonnello dei Carabinieri forestali in congedo ed ex comandante delle riserve forestali del Cadore, che da oltre vent'anni si occupa (d'inverno e d'estate) di iniziative a metà tra il sociale, lo sportivo e l'ambientale al fianco delle persone non vedenti. In questa occasione a percorrere l'anello delle Marmarole erano in quattro: due bresciani (entrambi ex sportivi olimpionici nello sci ed uno dei due, Luigi Bertanza, anche campione del mondo di barca a vela), un professore universitario catanese ed un canoista marchigiano. Ad accompagnarli, oltre a Paola Favero, sette soci del Cai provenienti da Piemonte e Veneto, regione all'interno della quale proprio quest'anno il presidente Renato Frigo ha avviato un corso di montagnaterapia. Tra loro quattro guide già esperte ed altre tre persone che hanno partecipato per diventarlo. «È stata un'esperienza molto bella ma al tempo stesso impegnativa perché il meteo ha complicato le cose amplificando le difficoltà dell'escursione», ha spiegato Paola Favero, «nonostante questo siamo riusciti, seppur modificando parte del programma, a raggiungere il rifugio San Marco partendo dalla Val da Rin, incontrando lungo il percorso una grande solidarietà del popolo cadorino». È stata una piccola spedizione per escursionisti non vedenti già avvezzi alle camminate in montagna, ma che in questo caso hanno potuto toccare con mano anche i dissesti e gli imprevisti legati al cambiamento climatico ed ai suoi effetti sulle montagne.

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«È stata una traversata avventurosa, che i nostri amici non vedenti hanno affrontato con grande determinazione», ha aggiunto Paola Favero, «la prima regola in certi casi è sentirsi tutti parte di un gruppo di amici che camminano insieme supportandosi l'un l'altro, condividendo difficoltà e entusiasmo». La domanda è spontanea: come si porta a termine una iniziativa di questo tipo? «Quasi tutte le persone non vedenti che partecipano a queste uscite un tempo erano vedenti, bisogna sottolineare questo aspetto», risponde Paola Favero, «sono persone come noi che per un incidente o una malattia hanno perso la vista ma desiderano continuare a camminare o a fare altre attività sportive. Per questo sono abituate alla fatica e capaci di mettersi in gioco, anche mentalmente, dimostrando una grande fiducia negli accompagnatori ma anche in loro stessi. Ed una grande gioia per ogni tappa raggiunta. I nostri quattro ospiti che hanno affrontato il Marmarole Runde sono stati straordinari. Hanno camminato per ore sotto la pioggia ed in mezzo al fango, senza mostrare alcun tentennamento». E, in tal senso è stata preziosa la solidarietà dimostrata dalla gente cadorina. — gianluca de rosa

DOLOMITI IN MOUNTAIN BIKE: PROBLEMI DI CONVIVENZA LUNGO I SENTIERI Gazzettino | 3 settembre 2023 p. 2, edizione Belluno Sentieri presi d'assalto dai cicloescursionisti nel labirinto dei divieti Andare ovunque con le biciclette? Neanche per idea. La diffusione dei mezzi a due ruote a pedalata assistita ha letteralmente fatto esplodere la moda del ciclo escursionismo. E se il buonsenso resta la base per scegliere il percorso più adatto, esistono comunque delle regole precise, anche se pochi forse ne sono a conoscenza. Se ad esempio volete andare su un sentiero di montagna, con la bicicletta non ci potete andare, mentre su una strada silvo pastorale sì, seppure con delle specifiche. E intanto crescono, anche in questa stagione gli incidenti di ciclo-escursionisti, con conseguente superlavoro per il soccorso alpino: in particolare montain bike nei percorsi di downhill, cadute che hanno esiti anche mortali. Una settantina di soccorsi nel 2022, ma in questa stagione tutto lascia pensare che quel numero verrà superato. IL QUADRO Ma andiamo con ordine e con l'aiuto dei carabinieri forestali proviamo a districarci nel dedalo di regole e tracciati. La legge regionale 14/92 sulla viabilità agro silvo pastorale e forestale, più volte modificate e aggiornata negli anni con delibere di Giunta, in via ordinaria stabilisce che la viabilità agro silvo pastorale è consentita, e individuarla peraltro è piuttosto facile. All'inizio di una tale strada è infatti apposto un cartello che indica il divieto a mezzi motorizzati, e (almeno per ora) le biciclette a pedalata assistita non rientrano in tale categoria. Quindi si può andare anche con e-bike. Per quanto riguarda invece i sentieri alpini, quelli tabellati dal Cai, qui invece non si può andare in bici. Possono essere inseriti in percorsi ciclabili, che sono indicati una cartellonistica della regione, ma in linea generale la percorribilità alle biciclette. Quindi, chi venisse pizzicato a bordo del mezzi a due ruote in uno di questi tracciati, potrebbe incorrere, oltre a una sanzione amministrativa di 200 euro, anche a possibili controversie assicurative in caso di incidente o infortunio. L'ECCEZIONE Ma ci sono i percorsi ciclo escursionistici, sempre più numerosi nelle Dolomiti Bellunesi, e appositamente segnalati con dei cartelli identificativi con il nome del percorso, e il simbolo della Regione Veneto. Ebbene i sentieri alpini tabellati Cai, possono essere inseriti in tali tracciati, laddove individuati dall'Unione Montana di riferimento e Provincia, con un percorso amministrativo che coinvolte il club alpino italiano competente su quel sentiero. In questo caso anche i sentieri possono essere percorribili in mountain bike o ebike, ma gli stessi, indica la normativa che devono avere una larghezza almeno di un metro e mezzo. Laddove invece i tratti di strade agro silvo pastorali coincidono con i sentieri Cai lì si può andare in bicicletta in quanto possiedono evidentemente una certa larghezza e sono spesso dotati di un fondo migliorato. L'ATTENZIONE Già, ma se è vero che la legge non ammette (giustamente) ignoranza, pare che pochi conoscano, compresi gli addetti ai lavori (pesonale Cai, guide di mountain bike e operatori turistici) queste norme, che invece saranno di qui a venire con tutta probabilità sempre più attenzionate dalle forze dell'ordine competenti, ovvero i carabinieri forestali. È infatti strategico aumentare il livello di attenzione in quanto il numero dei praticanti aumenta, dato che i percorsi ciclo escursionistici disciplinati a norma di legge stanno crescendo a vista d'occhio. Non si parla soltanto di ciclabili adatti anche alle famiglie ma anche di percorsi impegnativi e ben strutturati. I CONTROLLI E anche se al momento dunque non esistono specifici controlli mirati nell'escursionismo ciclistico in montagna, l'attenzione resta alta e le verifiche dei carabinieri forestali non sono mancate anche in questa stagione. Le forze dell'ordine d'altro canto sono impegnate a massimizzare la loro presenza sul territorio nel periodo clou dell'estate in montagna, nei punti maggiormente sensibili e vulnerabili dell'escursionismo in genere, e quindi anche in quello del trekking e delle camminate in montagna. Le verifiche dei carabinieri forestali

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non hanno prodotto però, per ora, alcuna contravvenzione a ciclisti indisciplinati su sentieri vietati. Lo scorso anno invece erano fioccate multe sulla strada sotto le Tre Cime di Lavaredo dal Rifugio Auronzo, che è espressamente interdetta alle bici. GLI ESPERTI In ogni caso, anche per le biciclette, vale sempre il principio, come ricordano gli esperti, di informarsi sulle caratteristiche del percorso, e di decidere lo stesso in base alle proprie capacità, calibrandolo anche in funzione del meteo e delle ore di luce. Inoltre, dotarsi di abbigliamento adeguato e dove possibile, scegliere di andare in compagnia e munirsi di telefono cellulare per le chiamate d'emergenza. E poi, i mezzi a pedalata assistita aiutano in salita ma in discesa è tutta un altra storia. E qualche volta forse bisognerebbe non avere vergogna di appoggiare il piede a terra oppure scendere dal mezzo. Claudio Fontanive Gazzettino | 3 settembre 2023 p. 2, edizione Belluno In zona Parco ulteriori restrizioni: ma non sempre i segnali sono visibili In bicicletta sulle strade silvo pastorali sì, almeno in Veneto, ma anche qui ci sono con alcune limitazioni da tenere presente. In provincia infatti, il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi fissa delle precise regole, in quanto la gestione delle aree protette è maggiormente restrittiva rispetto a quella ordinaria, anche in relazione al problema della fruizione sicura dei territori montani. Pertanto, se volete fare un escursione su una strada bianca nel territorio del Parco, prima della partenza, oltre alle condizioni meteo e alla verifica del percorso da individuare in base alle vostre proprie capacità, è bene dare prima uno sguardo attento alla cartografia presente nel sito internet del Parco, in quanto l'ente fissa delle limitazioni. Magari può essere ancora maggiormente consigliabile fare una stampa delle piantine, visto che il Parco presenta delle zone dove il segnale telefonico è assente. LE REGOLE Se infatti si legge che è consentito andare in bicicletta sulle strade statali, provinciali e comunali, è invece vietato il transito con gli stessi mezzi a due ruote sui sentieri, mentre la rete di strade silvo pastorali è percorribile solo parzialmente dalle biciclette. Ad esempio è possibile salire in bicicletta al rifugio Dal Piaz da Passo Croce d'Aune lungo la strada sterrata ma le bicicletta non possono poi proseguire oltre il passo Vette Grandi. Se invece si opta per un escursione con le due ruote in Val Canzoi, si può arrivare alla casa Al Frassen ma non è possibile salire in bicicletta fino all'altopiano di Erera. Sullo stesso sito internet dell'ente Parco vengono altresì indicati i principali percorsi aperti al transito delle biciclette, indicando che strade silvo pastorali ricadenti in zona "C" del Parco sono tutte percorribili con i mezzi a due ruote, siano essi muscolari o a pedalata assistita, mentre quelle in zona di riserva sono precluse al transito in bicicletta, a eccezione di alcuni percorsi individuati dal piano del Parco. Per sapere quali sono le zone C di libero accesso, gli amanti delle due ruote possono consultare la mappa con la suddivisione in zone del territorio del Parco presente sul sito internet dell'ente. ASSENZA DI CARTELLONISTICA Ma se la Regione Veneto indica con appositi e comprensibili cartelli i percorsi ciclo escursionistici progettati e autorizzati con finalità di valorizzazione e conoscenza paesaggistica e ambientale del territorio, pare che non sempre all'interno del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi si possano trovare all'imbocco delle strade silvo pastorali le indicazioni sulle percorribilità o meno delle stesse con mezzi a due ruote. Giova comunque sottolineare che specie nelle strade sterrate percorribili in bicicletta bisogna sempre procedere con prudenza, soprattutto in discesa, dando la precedenza agli escursionisti a piedi. LA MAPPA Un territorio particolarmente esteso quello del parco, che comprende una superficie di 15.030,22 ettari, interamente compresa nella provincia di Belluno, un vero paradiso anche per gli amanti delle due ruote, seppure con le limitazioni delle due ruote. Potrebbe capitare però di essere in sella alle due ruote e non sapere di essere entrati in tale area protetta, e quindi ricordiamo che il sito delle Dolomiti interessa 15 comuni della provincia: Belluno, Cesiomaggiore, Feltre, Gosaldo, La Valle Agordina, Longarone, Pedavena, Ponte nelle Alpi, Rivamonte, San Gregorio nelle Alpi, Santa Giustina, Sedico, Sospirolo, Sovramonte, Val di Zoldo, che annoverano le Alpi Feltrine, i Monti del Sole, la Schiara, la Talvéna, il Prampèr e lo Spiz di Mezzodì. C.F.

TORNA A BELLUNO LA RASSEGNA CULTURALE OLTRE LE VETTE Corriere delle Alpi | 28 settembre 2023 p. 30 La montagna dei sensi "Oltre le vette" fa luce su prospettive e futuro del vivere le Terre alte Ivan Ferigo / BELLUNO

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"La montagna dei sensi". Il senso della montagna. Un invito a riflettere su quale sia il senso che diamo al nostro andare o vivere in montagna e, insieme, a come i nostri sensi siano in montagna stimolati, potenziati, risvegliati. Il 60° anniversario del disastro del Vajont, ma anche i 30 anni del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. E tanti eventi di varia natura in sinergia con i tanti collaboratori storici, ai quali si aggiunge quest'anno la Camera di Commercio di Treviso – Belluno Dolomiti. Questi i temi e i principali spunti della 27ª edizione di "Oltre le vette", organizzata da Comune di Belluno e Fondazione Teatri delle Dolomiti, frutto del lavoro del comitato tecnico diretto da Valeria Benni. Un festival che si svilupperà dal 6 al 15 ottobre (ma con appuntamenti anche prima e dopo), in un ricco programma di 40 eventi (tutti ad ingresso libero, prenotazione consigliata) che spaziano dall'alpinismo all'arte, dalla letteratura alla geologia, dallo sport all'ambiente, dallo spettacolo alla scienza. Il programma completo di tutti i dettagli è su www.oltrelevette.it: di seguito, un sunto delle iniziative centrali. La rassegna avrà la sua inaugurazione ufficiale il 6 ottobre alle 17.30 a Palazzo Bembo, con la vernice della mostra "Luoghi riflessi" dell'artista Giorgio Vazza, autore delle opere che compongono l'immagine ufficiale del festival. Che proporrà molte novità, a partire dai prestigiosi partner coinvolti. Mentre si consolida il sostegno di Fondazione Dolomiti Unesco, Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e Cai di Belluno, per la prima volta si affianca l'importante collaborazione della Camera di Commercio di Treviso – Belluno Dolomiti. Dalla sinergia con Fondazione Dolomiti Unesco e l'ente Parco derivano nuove progettualità, come "La scrittura delle rocce". Una serie di appuntamenti a tema geologico che approfondiscono questa disciplina affascinante, che ricerca nella Terra la storia del passato. Nell'ambito del progetto, un'importante mostra allestita a Palazzo Fulcis, "Torquato Taramelli geologo nelle Dolomiti (18451922)", oltre ad incontri divulgativi, una giornata di studio con l'Ordine dei Geologi del Veneto, un approfondimento sui cambiamenti climatici organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco, ed altri eventi ancora. Sarà anche l'occasione per celebrare i primi 30 anni del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Nella prima serata si parlerà della gestione proattiva del lupo attraverso tecniche innovative e pionieristiche per il contesto alpino, e la prima proiezione bellunese di "Lupo Uno" dei registi feltrini Bruno Boz e Ivan Mazzon, opera vincitrice del premio della sede Rai di Trento come miglior documentario all'ultimo Trento Film Festival. Altra novità è il format "Un'ora per acclimatarsi": tre incontri in piazza dei Martiri in cui si parlerà di montagne, clima, ambiente e società. Dialoghi a più voci in cui si leggerà il presente e si cercherà di immaginare il futuro, sia alla luce della crisi climatica, sia attraverso le trasformazioni culturali che possano modellare una prospettiva migliore p er le terre alte. Continua poi il coinvolgimento di altri comuni bellunesi: la rassegna vuol essere un riferimento culturale per l'intero territorio e non solo per il capoluogo. Tra i patrocini vi sono infatti quelli dei Comuni di Longarone (con diverse iniziative condivise, nei giorni in cui si ricorda il 60° del Vajont), Sedico e Cesiomaggiore (con eventi rispettivamente alla Biblioteca Civica e al Museo Etnografico di Seravella). Oltre a "Luoghi riflessi", Palazzo Bembo accoglierà un'altra mostra: l'esposizione fotografica "Osservare per rigenerare – Sguardi, parole, visioni sul territorio". Ma anche gli scrittori ospiti di "Parole di carta e di montagna": Paolo Costa, Antonio G. Bortoluzzi, Alex Cittadella, Paola Favero, Loris Giuriatti, Manuela Ruaben e Riccardo Drigo. Oltre allo "scrittore in residenza" Enrico Camanni, che incontrerà il pubblico nel primo weekend, conducendo due passeggiate letterarie, presentando il suo ultimo libro e dialogando con Paolo Costa. Mentre si parlerà di fotografia, sport e avventura con Giovanni Mattiello. E, alla fine di ogni giornata, una serata-evento al Teatro Comunale. —

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Gazzettino | 28 settembre 2023 p. 5, edizione Belluno

Corriere del Veneto | 28 settembre 2023 p. 11, edizione Treviso-Belluno «Oltre le Vette» si aprirà anche alla geologia Dal 6 al 15 ottobre il festival della montagna. Quest’anno sensi protagonisti Belluno Ritorna «Oltre le Vette–Metafore, uomini, luoghi della montagna», uno dei festival del settore più longevi del panorama italiano. La storica rassegna culturale del Comune, alla 27esima edizione, è entrata ormai a buon diritto tra gli eventi autunnali più attesi. Da venerdì prossimo a domenica 15 ottobre, «Oltre le Vette» intratterrà il pubblico con un ricco calendario di 40 eventi (a ingresso libero, prenotazione consigliata) pensati per offrire molteplici spunti di riflessione sul rapporto tra l’uomo e le Terre Alte, spaziando dall’alpinismo all’arte, dalla letteratura alla geologia, dallo sport all’ambiente. Il tema di quest’anno è «La montagna dei sensi»: un invito a riflettere su quale sia il senso che noi diamo al nostro andare o vivere in montagna e, insieme, a come i nostri sensi siano in montagna stimolati, arricchiti, potenziati. Molte le novità, a partire dai prestigiosi partner coinvolti. Mentre si consolida il sostegno di Fondazione «Dolomiti Unesco», Parco nazionale Dolomiti Bellunesi e Cai (Club alpino italian), sezione di Belluno, quest’anno per la prima volta la rassegna del Comune di Belluno, organizzata con la Fondazione «Teatri delle Dolomiti», gode dell’importante collaborazione e il contributo della Camera di Commercio di Treviso-Belluno Dolomiti. Dalla sinergia con la Fondazione Dolomiti Unesco e l’ente Parco derivano nuove progettualità, come «La scrittura delle Rocce», una serie di appuntamenti a tema geologico che approfondiscono questa disciplina affascinante, che ricerca nella Terra la storia del passato fornendo elementi utili per capire il caotico presente dei cambiamenti climatici.

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«Oltre le Vette» offrirà anche l’occasione per celebrare i primi 30 anni del Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

NOTIZIE DAI RIFUGI Alto Adige | 2 settembre 2023 p. 10, sezione lettere Acqua a pagamento in certi vostri rifugi Buongiorno volevo fare una segnalazione: abbiamo passato una settimana in val Gardena e una in val di Fassa. Ogni giorno facevamo escursioni fino ai rifugi. Eravamo due famiglie. Consumavamo almeno i caffè e prendevamo spille e piccoli gadget. La mia protesta è riferita al fatto che abbiamo chiesto di riempire le borracce d' acqua (avendo prima consumato) e la maggior parte delle volte ci è stato risposto che l'acqua non è potabile o non è controllata e abbiamo dovuto acquistare bottiglie di plastica a caro prezzo: 1 litro EUR 3,80. Mi sembra assurdo che in alta montagna l'acqua in un rifugio non venga fornita su necessità. Ma si cerchi di lucrare anche su un elemento che deve essere un diritto, senza considerare la quantità di bottiglie e plastica che poi si devono portare a valle e anche a valle non si trova dove buttarle. Il nome stesso "rifugio "deve essere un punto di appoggio per gli escursionisti. Spero che questa lettera possa cambiare la situazione e far capire che non tutti i turisti sono maleducati ed irrispettosi, ma a volte veniamo usati e spremuti fino alla fine. Vorrei vedere se l acqua usata per cucinare o per la preparazione dei caffè era diversa Fabio Valentini Il Direttore Alberto Faustini risponde… Capisco bene tanto la vostra garbata rabbia quanto il vostro disagio, ma a volte mancano i depuratori, in quota. E in quei rifugi di solito si specifica che l'acqua - che in questi casi viene comunque bollita prima di essere eventualmente usata - non è potabile. E in tal caso le bottigliette di plastica sono una conseguenza brutta ma inevitabile. La tariffa - alta - mi sembra comunque in linea con quella che si paga al bar. Ci sono comunque molti rifugi nei quali si trova l'acqua potabile. Detto questo, mi spiace che non vi abbiano spiegato tutto, motivando al meglio anche l'origine del trattamento.

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Corriere delle Alpi | 5 settembre 2023 p. 27

Avamposto rimesso a nuovo per sciare dentro la storia turismo Non più solo Starlight Room. Cima Gallina diventa meta di un nuovo progetto a metà tra la storia ed il turismo firmato dal gestore del rifugio Col Gallina, Raniero Campigotto, con la collaborazione delle guide alpine e delle guide storiche ampezzane. Un'escursione che ha come elemento centrale ed al tempo stesso caratterizzante un vecchio ricovero, utilizzato nel corso della prima guerra mondiale come avamposto italiano perché situato in posizione strategica rispetto al Lagazuoi ma anche al Sass de Stria. Spazi ridotti, rimessi a nuovo attraverso un progetto che affonda le radici nel 2007 ma che l'avvento del Covid ha frenato fino a riporlo inevitabilmente nel cassetto in attesa di tempi migliori. Tempi che, ora, sembrano finalmente essere arrivati. «Il ricovero è stato sistemato, accoglie al suo interno, in spazi ridotti, una sala da pranzo ed un soppalco dove dormire», spiega Raniero Campigotto, «si trattava di una postazione bellica, non meno nota di altre già presenti sul nostro territorio. L'abbiamo rimessa a nuovo con l'obiettivo di trasformarla in elemento centrale di un'escursione che vede partenza ed arrivo al rifugio Col Gallina. Volevamo lanciarla nel 2019 poi il Covid ci ha indotto a fermarci. L'iniziativa offre anche la possibilità di dormire, utilizzando tende per l'esterno oppure sacchi a pelo. Ci abbiamo messo un po' di tempo per poterla finalmente rilanciare ma l'idea non è mai venuta meno. Nell'inverno l'inaugureremo, offrendo ai turisti la possibilità di effettuare un'escursione guidata nei luoghi della guerra anche in un contesto caratterizzato dalla presenza di neve. Finora le escursioni in questi specifici siti sono state effettuate solo in estate, questa sarà una novità in tal senso». Il ricovero è stato acquisito dallo stesso Campigotto già diversi anni fa dal Demanio statale, proprio con l'obiettivo di diventare un punto strategico di un'offerta turistica che chiama in causa la storia. «Qualcuno ha già fatto visita al ricovero», aggiunge Campigotto, «tra loro anche alcuni militari. L'intento è quello di offrire escursioni non solo ai turisti ma anche alle scolaresche. Abbiamo inoltre già approntato un programma in grado di accogliere sul posto anche persone affette da disabilità». Dal rifugio Col Gallina si salirà fino ai 2400 metri di Cima Gallina con le ciaspe oppure con gli sci d'alpinismo. All'interno del ricovero verrà offerto ai presenti un piccolo pasto fatto di bevande calde e torte ma anche speck e formaggio, prima di intraprendere la discesa per il rientro al Col Gallina. «Sono escursioni che dureranno alcune ore», conclude Campigotto, promotore di una iniziativa che vedrà fisicamente sul campo le guide alpine di Cortina in veste di garanti della sicurezza e le guide storiche del Lagazuoi a cui invece verrà affidato il compito «di raccontare la storia di questi luoghi».

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I meno avvezzi all'escursionismo potranno utilizzare gli impianti di risalita per raggiungere il ricovero di Cima Gallina incastonato nella roccia, ma solo nell'orario di apertura di questi ultimi, dalle 9 alle 16 .30. — Gianluca De Rosa Corriere dell’Alto Adige | 5 settembre 2023 p. 6 Cima libera, primo rifugio green a 3.000 metri Il progetto della Provincia nato durante la ristrutturazione. Bessone: la sfida è stata l’altitudine Matteo Macuglia BOLZANO Il rifugio Cima libera diventerà «il primo rifugio sopra ai 3.000 metri al 100% con energia verde e senza emissioni di anidride carbonica»: parola dell’assessore provinciale all’Edilizia pubblica e patrimonio, Massimo Bessone. L’idea nasce durante la ristrutturazione dello stabile, che si trova a 3.145 metri di altezza sopra il livello del mare, all’interno del comune di Racines (alta valle Isarco). Proprio durante i lavori di ammodernamento e grazie a un contributo da parte della Provincia, si è deciso di dare l’ok a questo progetto pilota per alimentare il rifugio al 100% utilizzando energia rinnovabile. «Come giunta — spiega l’assessore Bessone — ci siamo dati l’obiettivo della tutela dell’ambiente e della sostenibilità. La grande sfida di questo progetto è l’altitudine, il rifugio alpino è difficilmente raggiungibile e sottoposto a condizioni climatiche estreme». Un progetto win-win secondo il responsabile dell’edilizia pubblica: «Sia per le imprese che hanno costruito l’impianto, che avranno la possibilità di testarlo a queste altitudini, sia per la Provincia che usufruirà di energia gratuita per tre anni». L’impianto è stato progettato e installato dalle imprese altoatesine Prowatech / Mader Srl e Gkn hydrogen Srl con un contributo economico da parte della Ripartizione innovazione della Provincia. Questo sistema all’avanguardia utilizza l’idrogeno come fonte di energia pulita per alimentare le attività del rifugio, riducendo al minimo le emissioni di biossido di carbonio. La produzione di elettricità avviene attraverso un processo di elettrolisi dell’acqua, utilizzando l’energia solare e idroelettrica disponibile nella zona circostante. L’impianto «verde» sarà off-grid, ovvero scollegato dal resto della rete elettrica e per questo, oltre a produrre energia pulita, dovrà anche accumularla e riconvertirla per poter alimentare il rifugio. I lavori di ristrutturazione del Cima libera (costruito nel 1909, la cui proprietà è passata dallo Stato alla Provincia insieme a quella di altri 25 rifugi) prevedono una lunga serie di interventi, tra i quali: il risanamento completo delle facciate, il rinnovo parziale della copertura, un nuovo sistema di raccolta e approvvigionamento dell’acqua dal ghiacciaio, l’adeguamento dell’impianto elettrico, idraulico ed antincendio, l’installazione di un nuovo impianto per lo smaltimento delle acque reflue e l’ottimizzazione dell’approvvigionamento energetico.

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Gazzettino | 11 settembre 2023 p. 2, edizione Belluno In 400 al Falier: “Siete la storia della Marmolada”

Corriere delle Alpi | 18 settembre 2023 p. 11 Dolomiti, i rifugi allungano l'estate «Molti apriranno anche a ottobre» Francesco Dal Mas / BELLUNO "Ultimo weekend" annunciava l'altro ieri il Rifugio Pramperet, in Comune di Val di Zoldo, tappa importante dell'Alta Via 1. È la prima struttura a chiudere la stagione, intorno alla data classica – per il Cai – del 20 settembre. Ma gli appassionati di alta montagna potranno contare su tutti i rifugi aperti almeno fino a domenica prossima, tanti fino a fine mese. «Scendo solo a fine mese», anticipa Venturino De Bona, dai 3mila metri del monte Civetta. Lui è stato l'ultimo ad aprire, durante le piogge di luglio. Di solito era il primo a chiudere, perché salire al Torrani è tutt'altro che una passeggiata; ci vogliono più di tre ore e bisogna anche arrampicare. «Continuo l'attività perché ci sono numerosi stranieri che ci stanno raggiungendo. E nei fine settimana anche gli italiani», racconta Venturino. Un bilancio dell'estate? «Sufficiente, ma poteva andar peggio, considerato l'avvio», ammette. Meno degli altri anni anche gli scalatori, quelli della parete Nord, come testimoniano da Rifugio Tissi (ancora una settimana di attività). I crolli hanno tenuto lontani soprattutto gli italiani; un grande ghiaione ha coperto il sentiero di accesso. Ma trovare qualcuno che si lamenti lungo le Alte Vie, soprattutto le prime due (da Braies a Belluno, da Bressanone a Feltre), è davvero difficile. «La Braies-Belluno, soprattutto nella prima parte, fino a Civetta, ha fatto il pieno», sorride Mario Fiorentini dal "Città di Fiume", ai piedi del Pelmo, «nel vero senso della parola. La maggior parte dei rifugi avevano il pieno già dalla primavera scorsa, con prenotazioni perfino dal mese di maggio, quando, di conseguenza, sono avvenute le prime aperture». Il "Città di Fiume" chiude soltanto la prima domenica di ottobre, mentre l'Aquileia, che si trova in valle, continuerà a operare nei fine settimana, almeno quelli di bel tempo. Sulle Vette Feltrine il Dal Piaz festeggerà, il prossimo fine settimana, i primi 60 anni, per poi sospendere il servizio. Ma se il bel tempo non tradirà, di sabato e di domenica la struttura continuerà a garantire l'accoglienza. Dall'altra parte della provincia, la strada delle Tre Cime continuerà a essere accessibile ancora per un mese. L'afflusso è sempre massiccio, specie dalla Val Pusteria. Il rifugio Auronzo non si riposerà fino a che saliranno auto e pullman. Lo conferma il Cai di Auronzo. Il Locatelli e il Lavaredo, invece, incroceranno le braccia per il meritato riposo da lunedì 25 settembre. Non lo farà Giuseppe Monti, al Carducci, sopra Auronzo, che andrà avanti quanto meno fino al primo weekend di ottobre. Non vorrebbe smettere neanche Bruno Martini, storico rifugio del Calvi, ai piedi del Popera; è in età di pensione, i tanti amici lo incoraggiano a restare. Quest'estate, però, ha attraversato giorni difficili per le colate di ghiaia e fango; lui, però, sempre avanti. È lo spirito che anima anche la gestione del Padova, ai piedi degli Spalti di Toro, che conferma la tradizionale destagionalizzazione, fino all'autunno inoltrato. Come del resto faranno i rifugi Chiggiato e Antelao. Tra i rifugi alpini, la sfida delle aperture sarà però ancora una volta appannaggio di Giorgio Scola, gestore del "Dolomites", ai 2180 metri del monte Rite. Anche se a fine settembre chiuderà i battenti il "museo fra le nuvole" di Reinhold Messner, lui li terrà aperti –

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quelli del rifugio – anche se arriveranno due metri di neve. «Ho acquistato il "gattino delle nevi" proprio per battere la strada, perché», conferma, «io abito proprio quassù». Tirando un primo, sommario bilancio della stagione, il presidente regionale del Cai, Renato Frigo, si dice soddisfatto. Anzi, tira un sospirone di sollievo davvero profondo, perchè è stata evitata quella pericolosa emergenza siccità che l'anno scorso aveva costretto numerosi rifugi a chiudere anzitempo o a spendere l'iradidio per approvvigionarsi d'acqua, perfino con l'elicottero. «Temevamo il peggio, quando abbiamo quantificato quest'inverno le precipitazioni nevose. Invece ci hanno salvato le piogge di luglio». — Corriere delle Alpi | 20 settembre 2023 p. 23 Dal Piaz, per i 60 anni sarà rifatta la strada SOVRAMONTE Per i feltrini non è un semplice rifugio. Il Rifugio Dal Piaz, simbolo delle escursioni sulle Vette feltrine, fiore all'occhiello del Cai, compie 60 anni. Era il 22 settembre 1963 quando venne inaugurato e nel fine settimana festeggerà l'ambito compleanno. Venerdì alle 20.15, nella sala di rappresentanza di Confindustria Belluno Dolomiti a palazzo Bianco, si terrà la "Serata di racconti, memorie emozioni, ricordi" a cura dal gruppo Tam (Tutela ambiente montano), con testimonianze di alcuni protagonisti di allora, letture e filmati. Domenica poi, tempo permettendo, è in programma un'escursione culturale animata lungo il sentiero 801 (difficoltà E), sempre organizzata dal Tam: partenza alle 7 da Croce d'Aune con alcune soste lungo il sentiero per arrivare fino al rifugio, per pranzo e musica. Per aderire, rivolgersi all'Ottica Frescura entro venerdì (telefono 0439 2070), mentre per il pranzo è consigliabile prendere contatto con il rifugio chiamando il 349 2809282. Come annunciato dai gestori del Dal Piaz tramite i social, quella di domenica sarà la giornata di chiusura della stagione 2023 della struttura che sorge a quota 1993 metri, all'interno del Parco delle Dolomiti sulle Vette Feltrine, lungo l'Alta Via numero 2. Per chi la percorre partendo da Feltre, rappresenta la prima possibilità di dormire in quota e assaggiare il profumo della montagna, mentre in senso inverso costituisce il punto di partenza dell'ultima tappa, quella che porta a Pedavena-Feltre. «Il rifugio è da sessant'anni un punto di riferimento per gli escursionisti, l'ultimo rifugio sul percorso dell'Alta Via 2 da Bressanone a Feltre e un fiore all'occhiello della sezione», dice il presidente del Cai di Feltre Renzo Zollet. Una struttura ammodernata dopo gli investimenti fatti negli ultimi anni e più efficiente. È stato potenziato lo stoccaggio dell'acqua con la posa di vasche di accumulo per 120 ettolitri ed è stato rifatto l'impianto di smaltimento delle acque reflue con l'installazione di una nuova vasca Imhoff e tubi di sub-irrigazione. Altro lavoro è stata la stabilizzazione della vasca di accumulo della sorgente del Fontanel e dei collegamenti con le condotte del rifugio. All'interno sono stati migliorati anche gli spazi della cucina. Adesso però, il Cai spera di realizzare un intervento di sistemazione della strada. «È malmessa», commenta Zollet. «Con il Parco nazionale Dolomiti bellunesi stiamo cercando il modo di fare una fresatura nei punti più delicati, dove ci sono troppi detriti. Per mettere in ordine la strada, il preventivo è sui 20mila euro. Sono 11 chilometri e bisogna che la fresa parta dall'alto e venga giù. Dopo bisogna fare le canalette di scolo delle acque». Un altro intervento verrà realizzato dal consorzio rocciatori su due tornanti nella parte alta verso il rifugio, per rimettere a posto il vecchio sentiero. — Raffaele Scottini Corriere delle Alpi | 20 settembre 2023 p. 28 Rifugio Auronzo: da ieri l'acqua non è potabile Amara sorpresa di fine stagione al rifugio Auronzo dove da ieri pomeriggio l'acqua non è potabile. L'ordinanza, firmata dal sindaco di Auronzo Dario Vecellio Galeno, si è resa inevitabile dopo una serie di controlli effettuati l'11 settembre scorso alla sorgente dell'acquedotto, denominato Croda Rifugio, posto a servizio del rifugio Auronzo. Nelle prossime ore verranno effettuati nuovi esami sulla potabilità dell'acqua; nel frattempo è stata comunicata al Bim ed alla sezione Cai di Auronzo, proprietaria della struttura, l'impossibilità temporanea di utilizzare l'acqua per scopi alimentari, se non previa bollitura.

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NOTIZIE DAI PARCHI Corriere delle Alpi | 7 settembre 2023 p. 17 Vademecum del Parco per le escursioni in bicicletta «Il problema della fruizione sicura dei territori montani con le biciclette è salito agli onori delle cronache, a causa dell'aumento di incidenti che hanno visto il coinvolgimento di ciclisti lungo tracciati in quota». Parole evidenziate sul sito internet del Parco nazionale Dolomiti Bellunesi, che pubblica anche un vademecum per la corretta fruizione dei sentieri da parte degli amanti delle due ruote. A tal proposito, l'ente evidenzia le regole in vigore all'interno dell'area protetta: è possibile andare in bicicletta sulle strade statali, provinciali e comunali; è vietato il transito con le biciclette sui sentieri e la rete di strade silvo pastorali (sono le strade forestali sulle quali è vietata la circolazione dei mezzi motorizzati) è percorribile solo parzialmente dalle biciclette. Ad esempio è possibile salire in bicicletta al rifugio Dal Piaz da passo Croce d'Aune lungo la strada sterrata, ma le bici non possono poi proseguire oltre il passo Vette Grandi. In Val Canzoi si può arrivare alla casa Al Frassen, ma non è possibile salire in bicicletta fino all'altopiano di Erera. È stato inserito anche un link con la descrizione dei principali percorsi nel Parco aperti al transito delle biciclette, un altro che rimanda alla mappa con la suddivisione in zone del territorio per sapere quali sono le zone C di accesso libero e quelle di Riserva e un altro ancora con l'indicazione delle strade forestali nelle zone di Riserva con gli itinerari percorribili in mountain bike. Va ricordato infatti che le strade silvo pastorali che ricadono in zona C del Parco sono tutte percorribili in bicicletta, mentre quelle in zona di Riserva sono precluse al transito delle due ruote, ad eccezione di alcuni percorsi individuati dal Piano per il Parco. «Sono le regole che ci sono da sempre, a cui non si presta molta attenzione e per cui abbiamo ritenuto di fare un promemoria», dice il presidente Ennio Vigne. «Viene segnalata la necessità di fare tanta informazione, ma non possiamo riempire ogni angolo di cartelli, allora abbiamo cercato di metterli nei luoghi di più difficile rispetto. Ci sono delle situazioni in cui, soprattutto le bici elettriche, diventano difficilmente compatibili. C'è un problema di pesi e di velocità», spiega. «È un problema di sicurezza per gli utenti che sono sui sentieri e anche di danneggiamento e manutenzione poi dei sentieri», aggiunge Vigne. «È un tema su cui insiste anche il Cai, sul quale c'è molta attenzione». Dal Parco arrivano infine due suggerimenti da seguire per pedalare rispettando la natura e gli altri visitatori: «Sulle strade sterrate percorribili in bicicletta bisogna sempre procedere con prudenza, soprattutto in discesa, dando la precedenza agli escursionisti a piedi». E poi «è sempre consigliato, prima di partire, informarsi sulle condizioni meteorologiche e sulla percorribilità dell'itinerario prescelto. Corriere delle Alpi | 24 settembre 2023 p. 35 I Parchi, l'ancora di salvezza per le zone di montagna «Ma serve subito una svolta» IL CONVEGNO Il cambiamento climatico è «il problema dei problemi» per le zone montane, i Parchi possono essere una soluzione molto importante per preservare le biodivesità, ma ci vuole una sterzata molto più consistente anche da parte delle istituzioni. Questo è il messaggio finale che è uscito venerdì sera dal convegno organizzato dal negozio Patagonia di Cortina dal titolo: "Il futuro delle zone montane nei Parchi. Le opportunità offerte da scelte capaci di futuro", che si è tenuto all'Alexander Girardi Hall di Cortina alla presenza di sei relatori che operano nel settore delle aree protette: Cesare Lasen, geobotanico e componente del Comitato scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco; Mauro Gilmozzi della Magnifica Comunità di Fiemme; Luigi Casanova, vicepresidente Italia Nostra Trentino; Tommaso Anfodillo, ordinario di Ecologia presso il dipartimento Territorio e Sistemi agro-forestali dell'università di Padova; Michele Da Pozzo, dottore forestale e direttore del Parco delle Dolomiti d'Ampezzo; Mirta Da Prà Pocchiesa, giornalista, coordinatrice di Casacomune e referente gruppo promotore del Parco del Cadore. Moderatore dell'evento Igor Staglianò, giornalista della redazione Speciali del Tg1, Ambiente Italia e "Leonardo". «Non esiste un altro pianeta Terra. Dobbiamo garantire alle generazioni future le risorse naturali: queste sono un'esigenza per tutti, non solo per gli addetti ai lavori. La montagna rappresenta l'ultima spiaggia per le biodiversità. I Parchi sono una delle possibili soluzioni: uno strumento che può contribuire a rivitalizzare l'economia locale, ma che prima di tutto deve tutelare la biodiversità», ha spiegato Cesare Lasen. Mario Gilmozzi ha presentato una situazione che si è realizzata in Val di Fiemme grazie alla rete delle riserve, ovvero «una struttura che unisce tutte le aree di interesse da tutelare. A questa rete partecipano enti, associazioni, aziende, cittadini che ci credono. La Magnifica Comunità di Fiemme, una comunità che gestisce aree di demanio collettivo, un po' simile alle Regole, fa da coordinatore. La Provincia finanzia metà della gestione, il resto lo mettono gli aderenti. E la cosa funziona». Luigi Casanova ha parlato del quadro europeo in cui si pongono le aree protette. «Già nel 1995 è nata la Convenzione delle Alpi per tutelare quest'area montuosa che è la più densamente popolata. I cambiamenti climatici si possono affrontare potenziando le aree

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protette e creando interconnessioni tra queste, attraverso un dialogo tra i governi, una cooperazione transfrontaliera, stilando una carta dei pericoli dei territori». Michele Da Pozzo, direttore del Parco Dolomiti Ampezzane, ha invece parlato di «privacy della bellezza. I flussi turistici ci stanno sopraffacendo, il turismo rischia di travolgerci: bisogna pensare ad orientare i flussi in maniera diversa. Alcune aree non vengano troppo conosciute o pubblicizzate per non violarne la bellezza e l'integrità». Tommaso Anfodillo ha spiegato che la ricerca scientifica ha il ruolo di «curare i danni provocati all'ambiente. I Parchi tutelano i ben i meglio conservati, e per questo diventano un luogo dove si possono imparare tantissime cose dal punto di vista scientifico». Anche Anfodillo punta il dito sull'importanza del mantenimento delle biodiversità: «La monocultura ha fallito; dove invece ci sono sistemi biodiversi c'è più resistenza ai fenomeni avversi, quali ad esempio il bostrico». Mirta Da Prà Pocchiesa, infine, ha illustrato il progetto del Parco del Cadore, iniziato una decina di anni fa: «Noi lavoriamo come se il Parco ci fosse già; abbiamo già ottenuto una serie di vincoli e di tutele, ma ci manca una persona che ci creda e si lanci all'interno delle istituzioni per ottenerlo, come è stato Ugo Pompanin a Cortina per il Parco oggi gestito dalle Regole». — Marina Menardi Gazzettino | 24 settembre 2023 p. 3, edizione Belluno Parco del Cadore, ultimi passaggi, poi il progetto diventerà realtà

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Gazzettino | 24 settembre 2023 p. 3, edizione Belluno

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NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO L’Adige | 17 settembre 2023 p. 8 Dieci interventi in quota al giorno LEONARDO PONTALTI «La lunga estate caldissima», cantavano gli 883 tanti (troppi, era il 2001) anni fa.E come ogni anno, anche quella delle donne e degli uomini del Soccorso alpino trentino è stata una lunga e "caldissima" estate.La citazione musicale non è casuale, dato che poco meno di 883 (850 per la precisione) sono stati gli interventi effettuati nel solo nel periodo compreso tra l'inizio di giugno e la fine di agosto. Praticamente dieci interventi ogni giorno, a ogni ora, senza sosta in quella che da sempre è il periodo dell'anno che maggiormente impegna i quasi 750 operatori che compongono l'organico del Soccorso alpino e speleologico del Trentino.Una estate resa ancora più calda, tuttavia, dal numero di interventi che avrebbero potuto essere evitabili: sono stati circa 250 quelli portati a termine a favore di persone ritrovatesi in difficoltà in quota a causa di errori nella pianificazione degli itinerari, di escursioni intraprese nonostante avvisi e divieti, di persone portatesi in quota senza la dotazione o la preparazione necessaria per concludere felicemente una camminata.Facendo due conti, i soccorsi a favore di persone che hanno chiesto aiuto pur trovandosi illese (ovviamente al netto di coloro che sono rimasti coinvolti in incidenti senza riportare conseguenze, come ad esempio i compagni di cordata di scalatori feriti) in media sono stati quasi tre al giorno. Tantissimi, considerando le risorse - umane e di mobilitazione di mezzi - messe a disposizione per recuperarle.Poco meno di un terzo del migliaio di persone soccorse nel corso degli interventi effettuati nel cuore della bella stagione. Di queste, circa il 60% erano concretamente infortunate, mentre 350 erano in buone condizioni. Un centinaio le persone illese ma comunque coinvolte in effettive situazioni di emergenza e da assistere ad esempio a causa di uno stato di shock, mentre come detto circa in circa 250 casi le persone illese hanno attivato i soccorsi senza motivi emergenziali o sanitari. A completare, tristemente, il bilancio, 16 situazioni nelle quali l'intervento dei soccorritori non ha impedito il decesso delle vittime. Le ricerche di persone attivate sono state in questi tre mesi 28: in due casi i dispersi non sono stati ancora trovati. Entrando nel dettaglio dell'attività estiva, gli interventi hanno riguardato nella maggior parte dei casi escursionisti. Sono tuttavia in costante crescita gli interventi a favore di biker vittime di infortuni lungo tratti impervi di sentieri (non sempre tutti aperti al transito di biciclette, ma questa è una questione ancora aperta) o caduti all'interno dei numerosi bike park attivi in provincia. L'attività con le due ruote in quota ha impegnato il Soccorso alpino in interventi a favore di oltre 150 persone infortunate, pari a una quota del 18% degli oltre 850 interventi totali tra giugno e agosto.Ma le statistiche raccolte negli uffici di via Unterveger, dove ha sede il Soccorso alpino, permettono di definire un quadro dettagliato di quelli che sono stati i mesi appena trascorsi: l'escursionismo resta com'è naturale l'ambito nel quale sono stati portati a termine più interventi, con il 56% del numero totale e oltre 500 persone assistite dal Soccorso alpino. Segue poi, dopo l'attività a favore dei biker, l'alpinismo, con una cinquantina di interventi per altrettante persone (6% dell'attività) e l'attività di soccorso lungo le vie ferrate (una trentina gli interventi pari al 4% del totale degli interventi estivi). Resta poi un 16% di attività legata a interventi (a favore di un centinaio di persone) in altri contesti: l'attività del Soccorso alpino si svolge infatti non solo in quota, ma anche - ad esempio - in ambito urbano e nei boschi vicini a zone popolate, ad esempio nel caso di ricerche di persone allontanatesi dai centri abitati. Da segnalare poi l'attività in forra, che seppur quantitativamente limitata richiede (come del resto il lavoro in tutti gli altri ambiti) un elevatissimo grado di preparazione e specializzazione, fondamentale per salvare vite. Quattro gli interventi negli ultimi questi tre mesi, due nella forra del torrente Grigno a favore in un caso di un gruppo si scout e nell'altro per un forrista infortunato), uno nel torrente Palvico e uno a fine agosto nel torrente Sorna, sul Baldo, circostanza nella quale purtroppo l'intervento dei soccorritori non è bastato per salvare la vita al compianto architetto Fabio Andreatta.I numeri del Soccorso alpino sono poi preziosi anche nell'ottica della prevenzione: grazie all'analisi dell'attività è infatti possibile riuscire a comprendere - a grandi linee - anche le cause di infortuni e incidenti. I fattori che maggiormente portano a dover chiedere l'intervento del Soccorso alpino sono tre: nella maggior parte dei casi donne e uomini in divisa giallorossa sono chiamati a prestare la loro opera a seguito di cadute e scivolate (il 51% degli interventi totali tra giugno e agosto, con 500 soccorsi effettuati), mentre problematiche di tipo sanitario sono la seconda causa che rende necessario mobilitare la macchina dell'emergenza: malori veri e propri o condizioni di malessere che impediscono a escursionisti e alpinisti di proseguire la loro attività in sicurezza hanno rappresentato nell'estate 2023 la causa dell'11% delle richieste di soccorso, che hanno coinvolto un centinaio di persone.E il resto? Al di là degli interventi per ricerca persone o per condizioni particolari, come detto una bella fetta di soccorsi sono stati quelli, come detto, evitabili: un trend purtroppo in crescita, sul quale è bene riflettere e soffermarsi come sottolinea anche il presidente del Soccorso alpino trentino Walter Cainelli (vedi pezzo a parte). L’Adige | 17 settembre 2023 p. 9 «Tante chiamate evitabili. Serve più preparazione»

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Una media di quasi tre interventi al giorno, sui dieci totali, evitabili. Per imprudenza, impreparazione, scarsa pianificazione. Azzardi, che in montagna possono costare carissimi. L'ambiente montano è magico, ma anche inevitabilmente spietato. Avvicinarsi a qualsiasi attività in quota è impagabile e regala le stesse emozioni che un funambolo prova camminando sulla corda. Ma non ci sono reti protezione. Lo sanno bene anche coloro che vivono di montagna, ce lo ha ricordato in questa estate anche la tragedia di Ermanno Salvaterra, soltanto l'ultimo dei tanti grandi alpinisti andati incontro alla fine anche tra quegli ambienti che conoscevano meglio delle loro tasche. Non esiste il rischio zero, in montagna. Neppure a fronte di perizia, conoscenza, esperienza.Figuriamoci di fronte all'assenza di tutti questi fattori. Il lavoro del Soccorso alpino è spesso silenzioso: sulle pagine dei giornali, in tv o sui siti, finiscono solo gli interventi principali, ma sono sempre di più le situazioni in cui vengono portate al sicuro non solo persone ferite o sorprese da avversità durante il loro cammino o la loro ascensione, ma persone in perfette condizioni fisiche, ritrovatesi impossibilitate a proseguire per l'eccessiva stanchezza, per la tarda ora sopraggiunta, per l'impossibilità del portare a termine un'escursione per l'assenza di dotazioni o preparazione adeguate.Nelle scorse settimane, soprattutto in agosto, gli episodi si sono susseguiti: senza dove scomodare i social che ormai ogni estate riportano impietosi immagini di escursionisti in quota addirittura in ciabatte, le cronache hanno riportato in serie i resoconti di interventi a favore di persone attardatesi lungo i sentieri fino a tardi e poi incapaci di mettersi al sicuro per la notte (ben altra cosa rispetto alle traversate pianificate con criterio, con gli escursionisti che trascorrono nottate in quota al sicuro, in tenda o comunque con tutto il necessario per rimanere all'aperto in sicurezza) o di escursionisti rimasti bloccati lungo sentieri chiusi senza aver badato ad avvisi e divieti.«Evidentemente il lavoro di prevenzione e comunicazione che facciamo non basta - commenta il presidente del Soccorso alpino trentino Walter Cainelli - perché la tendenza è in aumento. Un trend preoccupante, non tanto per il lavoro che poi siamo chiamati a svolgere ma per la sicurezza di chi con leggerezza mette a repentaglio la propria incolumità. Che alla montagna ci si debba avvicinare con prudenza, attenzione, preparazione, dovrebbe essere risaputo. Eppure ogni anno ci impegniamo in una intensa attività di sensibilizzazione, assieme ai rifugisti, alla Sat, alle guide alpine, a tutte le realtà coinvolte in quella che può essere definita la filiera dell'attività in quota. Un lavoro che, evidentemente, ribadisco, non è sufficiente se in tanti, sempre di più, si ritrovano in difficoltà pur in assenza di problemi concreti come possono essere un malore o un infortunio. Anche l'attività di comunicazione è finalizzata a far comprendere l'importanza di un atteggiamento responsabile: quando riferiamo di interventi di soccorso di persone illese, sottolineiamo l'importanza di preparare adeguatamente ogni uscita. Ma i numeri dicono che non è sufficiente. Il cruccio è rappresentato dai rischi che queste situazioni comportano: spesso fortunatamente riusciamo a recuperare e portare al sicuro gli escursionisti inesperti o sprovveduti ma il rischio di poter essere allertati troppo tardi, di fronte a incidenti causati dall'imperizia è sempre altissimo e per chi dedica il proprio tempo alla cura di chi si trova in montagna è un pensiero non da poco». Le.Po.

NOTIZIE DAGLI ALTRI PATRIMONI MONDIALI: IL CASO DI VENEZIA Corriere delle Alpi | 6 settembre 2023 p. 30 Ticket d'ingresso per Venezia 5 euro a persona test in primavera

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Corriere delle Alpi | 15 settembre 2023 p. 11 Unesco all'unanimità, niente black list Venezia salvata dal ticket d'ingresso Unesco, niente black list per Venezia. La prima volta, nel 2021, era stata salvata dalla legge contro le grandi navi a San Marco, ieri dall'approvazione del provvedimento sul contributo d'accesso. La 45° sessione del World Heritage, a Riad in Arabia Saudita, si è espressa all'unanimità a favore della città, evidenziando quelli che secondo i 20 Paesi dell'apposita commissione, sono stati ritenuti sforzi per la tutela della città. Due gli appuntamenti ora all'orizzonte: il primo è un report sulla città da inviare entro il primo dicembre 2024 e il secondo è la discussione alla 47° sessione del World Heritage per fare un punto. Dopo giorni di attesa, ieri alle 16,40 si è iniziato a parlare di Venezia. Come nelle altre sessioni è stata data inizialmente la parola a chi aveva proposto di inserire la città nella black list, ovvero Icomos (ong nominata di consigliare il Comitato Unesco nelle sue deliberazioni) e il Segretariato Unesco. «La misura sul contributo di accesso arriva tardi» hanno spiegato in sintesi. «L'impatto dei cambiamenti climatici e quello umano stanno causando un continuo deterioramento alla laguna e alla vita dei suoi abitanti. Le risposte date in passato hanno fallito e mettere Venezia nella black list significherebbe mobilitare tutta la comunità a una chiamata collettiva per trovare soluzioni per salvare Venezia». La preoccupazione dei due organi che hanno descritto la laguna come sito a forte rischio è stata però respinta. La tesi del Giappone, il primo che si è espresso elencando la buona volontà del Comune e dell'Italia, è stata ripresa infatti negli interventi degli altri Stati. In totale sono stati 20 i Paesi, la maggior parte africani, che hanno appoggiato l'Italia. La norma sulle grandi navi, il Mose, la cintura di cristallo che protegge la Basilica, le case per il social housing e il contributo di accesso sono stati considerati grandi sforzi dal Giappone che ha detto che Venezia potrebbe diventare una città modello per molte altre. Sulle preoccupazioni iniziali il Giappone ha detto che bisogna dare più tempo alla città. Sebbene il Messico abbia fatto un accenno alla situazione dei residenti e la Russia abbia chiesto un resoconto dei finanziamenti e delle misure prese, anche loro alla fine hanno votato a favore della tesi del Giappone. L'Italia è stata rappresentata dall'ambasciatore Liborio Stellino, nominato da poco all'Unesco a Parigi, che ha lodato la Smart Control Room come mezzo all'avanguardia che permetterà sempre di più di monitorare i flussi turistici e in generare di incrementare i controlli. Essendo tutti i Paesi favorevoli, non c'è stato voto e la giornata si è chiusa con la soddisfazione del Comune e dei rappresentanti dell'Italia. — Corriere delle Alpi | 15 settembre 2023 p. 11 A Venezia non basterà la retorica del ticket Di Fulvio Ervas Un ticket, un biglietto d'entrata a Venezia. Una delle materializzazioni del verbo pagare. Che rimane sempre un verbo attraente, per chi incassa. Sarà un momento storico. Il biglietto implicitamente significa "sta a casa tua". Frase che non può essere dichiarata pubblicamente, per il rischio di urtare la sensibilità di quei turisti che albergatori, ristoratori, caffetterie e persino venditori di carabattole amano alla follia. Potrà essere uno strumento efficace per le torme di turisti orientali il costo aggiuntivo di un ticket? Per i turisti francesi e olandesi? I tedeschi stesi sui lidi di Jesolo e Cavallino si faranno intimorire dal ticket? Sarà un deterrente tale da mettere in discussione i progetti di ampliamento dell'aeroporto, i sogni di una futuristica funivia tra questa e Venezia, in attesa di piste da bob acquatici? Temo di no. Sulla continua persistenza del fenomeno turistico scommettono grandi segmenti imprenditoriali capaci, come sono sempre stati, di seguire il lungo declino della città, iniziato quando l'industrializzazione è sorta in terraferma e a Venezia è rimasto come urticante destino quello di lasciarsi vedere. È stato un progetto collettivo di lungo periodo, con un ticket finale. Probabilmente si faranno intimorire solo i lumprenproletariat, quelli che, azzannati dall'inflazione, fanno la spesa nei discount perché 5 euro non sono bazzecole. O sarà solo una misura per attenuare i picchi dei flussi, le follie del carnevale o del Redentore? Insomma un atto di propaganda per tranquillizzare quella che viene considerata l'ipersensibilità dell'Unesco. Lo vedremo. Certo rimane un esperimento unico al mondo, come il Mose, come la città sull'acqua. Venezia è, tra le 25 città europee più frequentate dal turismo, al 19° posto, svetta Parigi con 44 milioni di presenze all'anno. Ma fatta la proporzione tra residenti e turisti, Venezia è la più soffocata. Lo è perché la curva di crescita del turismo è accompagnata dalla curva di decrescita dei veneziani. Questo è il dramma.

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Perché la cittadinanza era l'equivalente civile dei pali che, piantati sotto la città, ne sostengono l'enorme bellezza. E alla cronica mancanza (o alla loro futilità) di progetti e investimenti per il vivere da cittadini a Venezia, fa da contrappunto un percorso che condurrà alla "pompeizzazione" della città: tra i palazzi residui pochi organismi autoctoni. La "vita aliena" si impadronirà di Venezia, come il granchio blu nei nostri litorali. Storie parallele, come è naturale che sia. Perché, forse, siamo di fronte allo sviluppo di processi inevitabili, contro i quali non basta la roboante retorica della salvaguardia, sono fenomeni troppo complessi per un ticket provvisorio, per la sperimentazione di un mese. Perché ci sono luoghi in cui il flusso umano, per meriti o per necessità, è inarrestabile. Come Venezia, come Lampedusa, dove non basterà un ticket… — Corriere della Sera | 20 settembre 2023 p. 23 Gessi e grotte dell’Appennino nel Patrimonio dell’Unesco I Gessi e le grotte dell’Appennino emiliano-romagnolo entrano nella lista dei beni naturali del Patrimonio mondiale dell’Umanità. Un «premio» che tocca quattro province, quelle di Reggio Emilia, Bologna, Ravenna e Rimini, e che porta a 16 i siti Unesco riconosciuti a vario titolo in Emilia-Romagna. Un riconoscimento — assegnato dal Comitato internazionale dell’Unesco — che strappa il plauso delle istituzioni soddisfatte per la scelta. «Con il “Carsismo nelle Evaporiti e Grotte dell’Appennino Settentrionale”, un meraviglioso sito naturale, da oggi l’Italia — puntualizza orgoglioso il sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi — ha in totale 59 siti iscritti nella Lista del patrimonio mondiale Unesco, confermandosi il Paese più bello del mondo». Parole cui fanno eco quelle dell’altra sottosegretaria alla Cultura, la bolognese Lucia Borgonzoni. «La nostra bella Italia porta a casa un altro favoloso successo». Di uno «straordinario obiettivo» parla anche la Regione Emilia-Romagna. «Questo importante riconoscimento — osserva l’assessora regionale alla Programmazione territoriale e parchi Barbara Lori — ci offre l’opportunità di proteggere questo patrimonio ambientale unico al mondo, valorizzando il turismo». Sono sette le aree coinvolte, tra la Bassa Collina Reggiana e la Vena del gesso romagnola

EDITORIALI E INTERVISTE Corriere del Veneto | 3 settembre 2023 p. 6, edizione Belluno Pensiamo ora a cosa resterà dopo i Giochi di Luca Romano Alle Olimpiadi di Cortina, che si inaugurano il 6 Febbraio 2026, mancano solo due anni e mezzo. Non dimentichiamo che a seguire ci saranno le Paralimpiadi. Sappiamo tutti che si sta facendo una corsa, non ancora disperata ma quasi, per ultimare nei tempi previsti le opere fondamentali. Alcune opere essenziali, come le varianti viabilistiche per raggiungere Cortina dall’uscita dell’A27, rischiano di non essere pronte per quella data. Le priorità indiscutibili, come nel caso dell’Expo di Milano nel 2015, vengono perseguite con criteri emergenziali e gestioni commissariali, essendo impraticabili le procedure ordinarie. Nulla di nuovo. In questa frenetica lotta contro il tempo del Grande Evento, ciò che rischia di venire dimenticato è il patrimonio di principi consegnato al Dossier di candidatura vittorioso. Questo documento acquisisce atti ufficiali del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) nei quali la scelta strategica della sostenibilità è totale: l’imperativo è «liberare valore durevole per i territori ospitanti». E ciò significa riutilizzare l’esistente, assegnare post giochi una nuova destinazione a ciò che viene costruito, adottare sistemi di energia rinnovabile, promuovere la bioedilizia. Ma non solo. Valore durevole è soprattutto basato sull’economia green della montagna con eccellenti obiettivi sociali: il ripopolamento, i servizi alle persone anziane. SEGUE DALLA PRIMA Nel Dossier (quanti lo conoscono?) c’è un obiettivo che andrebbe presentato in tutte le scuole di ogni ordine e grado insieme alla storia dello spirito olimpico: «tutti i bambini nati dopo il 2010 devono fare sport». Utopia se pensiamo che è in atto un silenzioso divorzio tra bambini o adolescenti e lo sport, complice la pandemia e l’attrazione fatale degli strumenti digitali. In merito all’ambiente è la prima volta nella storia delle Olimpiadi che viene istituito un organismo come il Forum per l’eredità olimpica e paralimpica, il cui compito è quello di «promuovere iniziative utili a valutare l’utilizzo a lungo termine delle infrastrutture realizzate per i Giochi, nonché il perdurare dei benefici sociali, economici e ambientali sui territori». In epoca di cambiamento climatico le Olimpiadi invernali sono impostate, nel Dossier, come una sorta di formidabile sperimentazione per abitare la montagna, per ripopolarla di attività economiche «lente», appellandosi ai «ritornanti» (la Provincia di Belluno è quella che ha la comunità di emigranti più numerosa dell’intero Nord) ma anche a nuove generazioni affascinate da un contesto di bellezza impareggiabile.

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Ebbene, quanto per obiettivi così nobili e lungimiranti, si sta davvero allestendo tra le meravigliose quinte dolomitiche? Durante un incontro su questi temi promosso dall’Ance Veneto a «Una montagna di libri» il 21 luglio, la situazione è apparsa critica. La consapevolezza della posta in gioco è generalizzata, dagli sportivi agli amministratori pubblici, dagli operatori turistici ai soggetti economici. Un programma per Cortina che guarda già al «dopo» preparandolo da adesso implica forte partecipazione dal basso, autentica concertazione sociale, ascolto capillare della rete di comitati e di associazioni che costituisca possibilmente un fronte di Amici delle Olimpiadi e non di nemici. Ciò che separa il dire e il fare da questa prospettiva entusiasmante è una tecnostruttura pubblica speciale con ingegneri civili e idraulici, architetti, geologi, scienziati forestali, geometri che possa istruire pratiche complesse in tempi molto stretti. Come ha evidenziato Massimiliano Schiavon, Presidente di FederAlberghi, sono urgentissime le concessioni edilizie per le ristrutturazioni alberghiere per le quali, al netto delle stagioni, rimane un solo anno e mezzo di tempo di realizzazione. L’agenda della sostenibilità è molto fitta e il tempo è molto poco: gestione forestale post Vaia, filiera corta del legno per la rigenerazione abitativa e turistica; energie da fonti rinnovabili; fibra ottica; riqualificazione del patrimonio immobiliare sparso da recuperare anche per un mercato di locazioni calmierate, per esempio per i lavoratori che supporteranno l’evento sportivo; la necessità di individuare degli spazi da riconvertire (le caserme dismesse?) per localizzarvi campus per le start up nei settori dell’economia montana green. Se tutto questo non verrà fatto, o almeno tentato, con risultati, errori e qualche inevitabile sconfitta, rimarranno solo le Olimpiadi da società dello spettacolo, effimere e mercificate, che, certo, mostreranno Cortina e le Dolomiti a una miliardata di telespettatori incantati di ogni continente, pregiudicando l’immenso repertorio di buone intenzioni. L’Adige | 12 settembre 2023 p. 39, segue dalla prima Viabilità, la barriera dei valichi alpini di Annibale Salsa La grave situazione viabilistica che, recentemente, ha messo in grave difficoltà i collegamenti transalpini i cui effetti stanno creando situazioni di quasi totale isolamento dell'Italia rispetto all'Europa d'oltralpe, mi induce a fare alcune riflessioni e una rivisitazione storica sul ruolo delle Alpi quali cerniere o barriere orografiche. Le situazioni più serie interessano, in questo momento, l'area di confine delle Alpi occidentali dove - se escludiamo i quattro valichi di Ventimiglia (uno autostradale, uno ferroviario, i due stradali di San Luigi e San Lodovico) lungo la fascia rivierasca delle Alpi Marittime e Liguri - i collegamenti sono quasi impossibili. Sulla base di un'analisi più attenta dobbiamo registrare ancora l'interruzione stradale del Colle di Tenda, causata dal crollo della rampa sud in seguito alla tempesta Alex che, a distanza di quattro anni (2022) dalla tempesta Vaia (2018), ha colpito le Alpi Marittime. Gli altri valichi, sui versanti piemontese e valdostano, sono chiusi o in procinto di venire chiusi in tempi ravvicinati. I collegamenti più veloci tra Francia e Piemonte superano la barriera delle Alpi Cozie attraverso due tunnel: quello ferroviario del Fréjus tra Bardonecchia e Modane (Savoia) - voluto da Cavour e aperto al traffico nell'anno 1871 - e quello autostradale inaugurato nel 1980. Lo scorso 27 agosto una frana di grandi proporzioni ha interrotto l'autostrada e la vicina ferrovia in Valle Moriana (Maurienne), culla originaria di Casa Savoia. Proprio nella stessa zona il 24 novembre 1248 - epoca di cambiamenti climatici in senso termofilo («Optimum climaticum») - si verificò una catastrofe di enormi proporzioni che sommerse ben tre villaggi. Alcuni documenti storici ci informano che, dall'alto Medioevo, si sono registrate grandi frane catastrofiche sulle Alpi. Da quella dei Dents du Midi nel Vallese ai Lavini di Marco di Rovereto, da quella di Villach (Carinzia) a quella di Biasca (Ticino), da quella di Yvorne (Cantone di Vaud) con centinaia di abitanti sommersi a quella di Piuro. Quest'ultima, che ha interessato il paesino della Val Chiavenna (Sondrio) nell'anno 1618, è precipitata in pieno periodo di mutamenti climatici durante la «Piccola età glaciale». Ritornando ai problemi attuali dei valichi transalpini, se ci spostiamo nelle Alpi Graie dobbiamo osservare che, fin dall'inizio del mese di settembre, era programmata la chiusura del traforo del Monte Bianco tra Courmayeur e Chamonix. Il dato inquietante per questo valico autostradale è rappresentato dal fatto che, per la sua messa in sicurezza, è prevista un'interruzione di tre mesi all'anno spalmata su ben diciotto anni!!! A fine anno verrà sospeso il traffico, per tre anni consecutivi, sulla ferrovia della Valle d'Aosta per lavori di elettrificazione e rettifica con il rischio di isolamento di quella Regione autonoma di confine. La decisione di blocco del traffico al valico del Monte Bianco è stata temporaneamente rinviata ai primi mesi del 2024 a seguito dell'incidente del Fréjus. Questa è l'ennesima prova provata dell'utilità del traforo di base del Moncenisio, tanto contestato da chi non conosce - o non vuol conoscere per ragioni ideologiche insite in una pregiudiziale «cultura del no» - la geografia delle nostre Alpi, soprattutto, riguardo agli aspetti tecnici legati all'elevata acclività della vecchia linea ottocentesca (30 per mille di pendenza fra Exilles e Salbertrand). Una pendenza che impone ai pesanti treni merci la tripla trazione (doppia locomotiva di testa più locomotiva di spinta) a differenza del Brennero dove non ci sono treni merci a tripla trazione nonostante le pendenze rilevanti fra Colle Isarco (Gossensass) e Innsbruck. Nelle Alpi centrali, l'incidente ferroviario verificatosi sotto il tunnel di base svizzero del San Gottardo lo scorso 10 agosto sta creando enormi problemi ai collegamenti tra il sud e il nord delle Alpi. Il traffico ferroviario è ancora possibile grazie alla lungimiranza della politica dei trasporti della Confederazione che, per motivi turistici, ha deciso di mantenere in esercizio la vecchia ferrovia - come anche per il Loetschberg fra Briga e Berna o la Furka tra Briga e Coira - con i suoi percorsi elicoidali a elevata panoramicità. Probabilmente, in Italia, la vecchia ferrovia sarebbe stata chiusa al traffico in seguito all'apertura della nuova linea! Quanto al Trentino-Alto Adige, i collegamenti attraverso il Brennero risentono da tempo di una elevata criticità in quanto il nostro valico registra il più elevato traffico - sia autostradale che ferroviario - di tutto l'arco alpino. La situazione viabilistica è al limite della sopportabilità ed è aggravata da restrizioni di esercizio

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soprattutto sul versante austriaco, caratterizzato anch'esso da difficoltà di esercizio lungo il percorso elicoidale di Sankt Jodok e lungo altre tratte che richiedono periodiche chiusure per lavori improrogabili di manutenzione. Inoltre il governo del Land Tirol, sensibile alle rimostranze delle popolazioni dei paesi situati lungo la valle del fiume Sill, ha deliberato da tempo misure restrittive ai transiti su gomma. Non resta, quindi, che attendere l'apertura del tunnel di base fra Fortezza (Franzensfeste) e Innsbruck e auspicare il conseguente trasferimento del traffico dalla gomma alla rotaia. La vicina Pusteria, con il valico stradale e ferroviario di San Candido (Innichen), non può rappresentare un'alternativa di alleggerimento del Brennero a causa della sua valenza prettamente locale, non idonea a transiti di una certa portata. Nel nord-est non restano disponibili, quindi, che il valico di Tarvisio e quello di Villa Opicina (Trieste), quest'ultimo di tipo rivierasco e simmetrico a quello nord-occidentale di Ventimiglia. Quale futuro viabilistico attende allora la cerniera alpina sugli opposti versanti dalle Alpi Marittime-Liguri alle Giulie? Verrebbe proprio da pensare, parafrasando una nota filastrocca imparata a scuola: «Ma Con Gran(de) Pena Le Re Ca Giù»

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