Criteri per l’inserimento degli elementi percettivi nella definizione delle unità di paesaggio

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retedelpatrimoniopaesaggistico e delle aree protette

CRITERI PER L’INSERIMENTO DEGLI ELEMENTI PERCETTIVI

NELLA DEFINIZIONE DELLE UNITÀ DI PAESAGGIO

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Arch. Irma Visalli Belluno irmavisa@me.com

Novembre 2018 revisione 2019

4.1.5

1 INTRODUZIONE

Lo studio oggetto del presente Documento si inserisce nel quadro delle diverse elaborazioni che si sono occupate dell’analisi della struttura paesaggistica delle Dolomiti con l’obiettivo di definire le “unità di paesaggio” nei nove sistemi del Patrimonio Mondiale1, a partire dal Nomination Document, ovvero il dossier di candidatura per l’iscrizione delle Dolomiti a Patrimonio Mondiale, e successivamente attraverso gli studi che nel tempo sono stati elaborati sul tema.

Nello specifico, come si descriverà in seguito, il lavoro mira ad integrare quanto fin qui elaborato sulla definizione delle unità di paesaggio, affinchè vengano considerati elementi legati alla percezione del paesaggio da chi lo abita e fruisce.

Il Nomination Document rappresenta il primo documento di riferimento in termini di inquadramento, descrizione, caratterizzazione e valutazione del sistema Dolomiti UNESCO. Nello specifico, il capitolo descrittivo (cap. 2 Description of the property) è suddiviso in 4 paragrafi principali in cui vengono tratti:

- la Geodiversità delle Dolomiti (par. 2.a.1)

- la Geologia (par. 2.a.2)

- la Geomorfologia (par. 2.a.3)

- l’importanza della Bellezza Naturale e dell’Estetica (par. 2.a.4)

Nella sezione 2.a.4 la geomorfologia e la vegetazione vengono assunti quali elementi fondanti delle strutture di base del paesaggio dolomitico. Le Unità di Paesaggio che ne deriviano, determinano il paesaggio quale risultato di una relazione caratteristica e ripetitiva tra tipi vegetazionali ed elementi morfologici di base. In particolare vengono identificate 4 componenti morfologiche che dalla valle alla cima sono rappresentate da:

A.basamenti ampi e dolcemente ondulati;

B.Imponenti falde detritiche alla base dei rilievi;

C.Elementi orizzontali che interrompono le pareti rocciose creando balconate e forti contrasti cromatici;

D.Imponenti pareti rocciose perfettamente verticali, grandi masse rocciose.

Su queste vanno ad innestarsi specifiche fasce vegetazionali corrispondenti alle diverse condizioni climatico-altitudinali e di substrato presenti. Nell’identificazione del paesaggio, geomorfologia e vegetazione sono quindi strettamente legate ad altri valori paesaggistici

 Le unità di paesaggio nel Nomination Report

 Gli Habitat naturali

1 Si fa riferimento nello specifico a due studi specifici: a) lo studio coordinato dall’Università di Udine “Linee guida per il paesaggio” adottate dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione il 28 agosto 2014. Lo studio individua tre principali strategie di intervento: l’individuazione delle Unità di paesaggio (elementi ricorrenti in tutti i sistemi dolomitici), la creazione di strumenti per la catalogazione delle strutture obsolete nonché l’armonizzazione degli strumenti di pianificazione e controllo; b) il progetto di ricerca concluso nel 2017 e coordinato dalla dott.ssa M. Sigura “Definizione delle Unità di Paesaggio fisiografiche nei siti costituenti il bene seriale Dolomiti Unesco e realizzazione della relativa cartografia tematica relativa agli habitat presenti nel Patrimonio ”.

quali la biodiversità, la varietà degli Habitat naturali e la ricchezza di associazioni vegetali, la dinamica dei colori e dell’intensità espressa nelle diverse stagioni.

Alla luce di queste descrizioni e analisi le Unità di Paesaggio sono strettamente legate alle 7 categorie di habitat presenti nel patrimonio mondiale: Foreste, Lande e brughiere, Prati e pascoli, Zone umide, Ghiaioni, Nuda roccia, Nevai. Nell’ottica di individuare “unità di paesaggio” definite attraverso gli Habitat naturali, è stata redatta nel 2017, la specifica ricerca della Dott.ssa M. Segura (cfr. nota 1).

Ai fini dello studio è utile ricordare che già nel Nomination Report vi è un chiaro riferimento alla importanza assunta dalla lettura semiotica del paesaggio dolomitico, intesa come l’organizzazione segnica delle componenti ricorrenti che ne caratterizzano la struttura e il valore “narrativo estetico”.

Nel Nomination Report, infatti, la struttura paesaggistica è espressa come intima relazione tra elementi caratterizzanti: “Il paesaggio dolomitico viene scomposto nelle sue principali unità di paesaggio per mettere in evidenza le strutture elementari più ricorrenti e riconoscibili di tutta la regione. Queste unità di paesaggio sono il frutto di relazioni genetiche ed estetiche, ossia dello strettissimo rapporto fra l’origine geologica, la struttura morfologica e la natura dei soprassuoli”.

Le componenti morfologiche caratteristiche di questo paesaggio sono individuabili secondo una successione verticale (dal basso verso l’alto), come esemplificato nella figura successiva, inserita nel Nomination Report (a cura di Cesare Micheletti e Loredana Ponticelli) per rappresentare la struttura del paesaggio:

 ampi basamenti dolcemente ondulati, di origine poligenetica;

 imponenti mantelli detritici che avvolgono la base degli edifici carbonatici;

 elementi strutturali orizzontali che interrompono le pareti rocciose, creando vaste balconate e forti contasti di colore;

 grandi masse rocciose perfettamente verticali, bianche e di forma molto varia, che si elevano improvvisamente dal suolo (energia del rilievo).

 La struttura del paesaggio nel Nomination Report

del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Rete
Figura 1 - Struttura del Paesaggio nel Nomination Report (a cura di Cesare Micheletti e Loredana Ponticelli)

A questi caratteri di tipo morfologico vanno associate le caratteristiche dei soprassuoli, che alla morfologia di base aggiungono altri valori paesaggistici come la biodiversità, la varietà di habitat naturali e la ricchezza di associazioni vegetali, le variazioni di densità e di colore dovute alla stagionalità. In questo territorio di alta montagna, i soprassuoli sono ricompresi nelle due fasce altitudinali corrispondenti alle zone climatiche poste a ridosso e oltre il limite della vegetazione arborea. Alla prima corrispondono le foreste di conifere e gli arbusteti subalpini; alla seconda le praterie alpine e le varie associazioni vegetali che interessano rupi e detriti, molte delle quali esclusive delle Dolomiti. L’assetto complessivo del paesaggio è comunque “dinamico e dipende da fattori di tipo naturale e umano” (Cesare Micheletti 2009).

Va inoltre sottolineata la coerenza dell’approccio indicato con la natura “seriale” del Bene Unesco che, nel distinguere le qualità delle singole parti, ne restituisce una lettura sistemica e integrata.

Alla logica della semiotica già espressa nella Nomination, fa riferimento anche l’utile contributo dato dalla Fondazione Angelini che ha curato un sintetico ma denso testo in cui si descrive, con approccio multidisciplinare, ogni sistema del Patrimonio Mondiale. Nel caso del Sistema 1, assunto come campione dal presente studio, la descrizione di Cesare Micheletti delle “unità di paesaggio” è ulteriormente rimarcata con particolare riferimento alle caratteristiche geomorfologiche.

1.1.1

Obiettivo dello studio

Contrariamente a processi di costruzione di piani e strumenti di governo del territorio, il metodo proposto non è finalizzato alla produzione di apparati normativi e regolativi. E’ invece funzionale a restituire quel quadro dei significati paesaggistici quali elementi di supporto ad argomentare pareri che la Fondazione Dolomiti UNESCO è tenuta a dare a tavoli di concertazione e conferenze di servizio in occasione di grandi eventi trasformativi o interventi che, seppur esterni ai perimetri del bene Unesco (in quanto insistente in ambiti già ampiamente protetti), possono interferire con i valori universali relativi al criterio estetico paesaggistico.

In sostanza, oltre che a dare poche ed esemplificative linee guida, il fine distintivo del presente studio, è dare alle unità paesaggistiche già definite, una caratterizzazione che potremmo definire “olistica”. Attraverso il percorso di lettura e valutazione del paesaggio inteso come insieme strutturato di elementi “significanti”, si possono individuare gli elementi che concorrono alla percezione del paesaggio e che siano pertanto da tenere in considerazione nella valutazione dell’azione di trasformazione e progettazione.

In quest’ottica, il significato del “valore percettivo” è ampliato rispetto a quello abitualmente associato ai soli caratteri “visibili” del paesaggio, integrandosi con valutazioni legate al “significato“ che la diversa organizzazione spaziale assume per chi fruisce il paesaggio da spettatore o da abitante. Seguendo metodologie afferenti alla semiologia, il paesaggio è letto come un sistema segnico dotato di regole implicite ma riconducibili ad una serie di relazioni formali.

Si è ipotizzato quindi che la fruizione del paesaggio possa leggersi attraverso alcuni principi che sono alla base del metodo adottato:

 l’insieme di ciò che viene percepito è scomponibile in elementi formali che hanno tra loro relazioni semplici;

 le configurazioni relazionali tipiche possono ricorrere ed essere ricordate in quanto organizzate nella memoria dell’osservatore che, in funzione delle sue specificità (abitante, turista, adulto, bambino…), attribuisce loro un significato in modo simile a quello per cui ad una parola si attribuisce un significato.

Gli elementi del paesaggio, e le relazioni tra questi elementi, sono parte di una struttura più complessa costituita da regole e modalità sintattiche di composizione che costruiscono immagini significanti che permettono di riconoscere i luoghi, di orientarsi, di ricordare, di apprezzare e interpretare le differenze. Esattamente come accade nel processo di lettura e comprensione di un testo in cui parole, frasi, discorsi non potrebbero che essere nell’ordine in cui sono, pena perderne il senso.

 La semiologia del paesaggio come approccio analitico e valutativo

L’obiettivo ultimo è in sostanza quello di fare emergere come il paesaggio dolomitico sia un “testo narrativo” estetico in cui “descrivere i caratteri strutturali e quelli caratterizzanti dei luoghi aiuta ad individuare le relazioni da rispettare, valorizzare e migliorare nelle trasformazioni e i criteri valutativi per controllare l’evoluzione del paesaggio locale alla scala delle unità di paesaggio e alla scala di insieme (Castelnovi)”.

In quanto “testo narrativo”, qualsiasi nuova parola o frase che si inserisce deve trovare una coerenza sintattica con il resto. Questo implica la valorizzazione del concetto di conservazione attiva, quella che non congela con vincoli il territorio dolomitico e il suo ambiente per sua natura evolutivo e adattivo alle esigenze dell’abitare e del produrre.

Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette

2 RICOGNIZIONE DEGLI STUDI DI RIFERIMENTO SUL PAESAGGIO PERCEPITO

2.1 Analisi casi studio: principali approcci applicati in letteratura in materia di percezione del paesaggio

La Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette ha promosso uno studio sull’Analisi percettiva del paesaggio, con l’obiettivo di identificare una chiave di lettura del territorio delle Dolomiti Unesco e fornire uno strumento utile a definire delle Linee guida per la tutela del paesaggio

La Convenzione Europea del Paesaggio introduce “il concetto di percezione del territorio da parte della popolazione quale elemento cruciale per la definizione del paesaggio, sottolineando come esso costituisca una componente essenziale dell’identità locale (…).

Non solo è necessario cogliere l’esito della interazione tra le componenti naturali e quelle antropiche, ma devono anche essere individuate le relazioni che si instaurano tra il paesaggio e la popolazione, sia locale che esterna.” (Zanon 2009)

A fronte di una definizione “tradizionale” del concetto di Paesaggio, definito come “porzione di territorio considerata dal punto di vista prospettico e descrittivo, per lo più con un senso affettivo cui più o meno può associarsi anche una valutazione di ordine artistico o estetico” (Diz. Devoto, Oli, 1971), è bene precisare che tale concetto, pur assumendo connotazioni diverse a secondo delle discipline, rimane essenzialmente distinguibile in una rappresentazione scenica dei luoghi, un tratto di territorio che possiede sue distinte caratteristiche che costituiscono il prodotto di modificazioni, l’esito di processi e di fattori interagenti.

Occorre sottolineare l’ambiguità “utile” del termine: esso allude insieme ad una parte di territorio reale e alla rappresentazione che se ne fa, alle cose “vere” e alla loro immagine. Ciò mantiene aperto e metaforico il significato di paesaggio, favorendo la ricerca di rapporti sempre nuovi tra la rappresentazione e il mondo reale; inoltre permette l’emergere della varietà delle interpretazioni e delle esperienze percettive dipendenti dal distacco tra l’autonomia dei segni delle cose e il senso che diamo loro; in ultima istanza ciò permette e spinge a rinnovare il senso dei contesti paesistici, innovando nel rispetto della conservazione.

La lettura del paesaggio è quindi un’elaborazione che dipende dai paradigmi di riferimento di ogni disciplina, e porta ad attribuire valori “scenici” in funzione dei punti di vista e dei caratteri dell’osservatore, esulando dall’oggettività totale della descrizione.

Figura 2 - Rapporto tra oggettivo soggettivo

L’analisi e la rappresentazione della percezione diventa quindi uno strumento utile per far emergere la struttura del luogo accrescendone identità e riconoscibilità, per ipotizzare “ancoraggi spaziali” per qualsiasi forma di intervento nella rilettura delle preesistenze che disvelano il senso dell’ambiente, per rendere chiaro quel qualcosa che “regola” il paesaggio in termini morfologici.

Tra i modi di guardare al paesaggio applicati nelle principali esperienze operative, può prevalere di volta in volta l’approccio visuale-percettivo, oppure l’attenzione ai caratteri naturali-ambientali, oppure ancora la considerazione dei valori storico-culturali. Nel caso della montagna e, in particolare, delle Dolomiti la percezione visiva del paesaggio assume una rilevanza notevole proprio in virtù della caratterizzazione del paesaggio legata ad elementi di grande impatto.

Questa peculiarità è ben evidenziata negli studi svolti nel corso del tempo sull’area: ad esempio il report di ricerca incentrato sulla definizione delle LINEE GUIDA PER L’INDIVIDUAZIONE DELLE UNITÁ DI PAESAGGIO, redatto dall’Università di Udine nel 2014, sostiene, a proposito delle analisi e delle metodologie, la necessità di “Identificare, sulla base della identificazione dei “balconi”, dei punti di vista privilegiati, dei punti di mira delle eccezionalità paesaggistiche, le aree di intervisibilità sulle quali emanare normative di controllo dell’integrità delle visioni (v. par. 3.4).”

Le domande che si pongono oggi riguardano allora il modo in cui i differenti elementi si compongono nella percezione del paesaggio, le modalità da adottare per poterne tener conto nell’analisi, e, soprattutto, per tradurre l’Analisi percettiva del paesaggio in elementi normativi. A partire dalla cornice concettuale così definita, un primo step dello studio fin qui condotto è consistito nella ricerca di riferimenti pratico-teorici legati a strumenti che hanno trovato applicazione dentro la pianificazione di aree paesaggistiche di pregio, da cui deriva la seguente selezione:

#1. Landscape Character Assessment (LCA): interessante soprattutto per la definizione delle fasi metodologiche della caratterizzazione;

#2. il caso del Parco di Paneveggio Pale di San Martino: di cui è rilevante la categorizzazione di differenti tipi di paesaggio visivo;

#3. il caso delle Langhe Roero-Monferrato: interessante per le modalità con cui è condotta l’Analisi della sensibilità visiva/ Analisi di visibilità e caratteri scenici del paesaggio

#4. il caso della Regione Toscana: di cui è rilevante l’applicazione delle Analisi della intervisibilità al Piano Paesaggistico Territoriale e ai Piani di Coordinamento Provinciale (Siena).

2.1.1 #1. Landscape Character Assessment (LCA): le fasi metodologiche

La Landscape Character Assessment (LCA) è un modello operativo di riferimento per la raccolta di informazioni relative al paesaggio a supporto della pianificazione e gestione del territorio. Si tratta di una metodologia oramai consolidata e ben documentata che, attraverso l’individuazione sistematica di caratteristiche del paesaggio, consente la formulazione di giudizi relativi anche alla qualità visiva.

Il metodo ruota attorno al concetto chiave di carattere del paesaggio, inteso come ciò che rende distinguibile uno specifico paesaggio rispetto ad altri. Tale carattere è espressione di singoli elementi del paesaggio organizzati secondo patterns diversi e riconoscibili. Le qualità estetiche e percettive del paesaggio nel suo insieme rappresentano un set di tali elementi (Countryside Agency and Scottish Heritage 2002) .

Si tratta di uno strumento utile come supporto ai processi decisionali, poiché permette di far emergere le caratteristiche peculiari del paesaggio e le tendenze in atto, e si articola in due momenti distinti e consequenziali, tramite i quali si integrano aspetti di oggettività e di soggettività:

1. il primo (characterization), di tipo analitico e descrittivo (che appare il più rilevante ai fini del presente studiio), è finalizzato all’identificazione, alla descrizione e alla rappresentazione cartografica delle aree oggetto di studio (Fase 1 : definizione dello scopo; Fase 2: studio a tavolino; Fase 3: Indagine sul campo; Fase 4: Classificazione e descrizione);

2. il secondo (making judgements), di tipo valutativo, si pone come obiettivo la valutazione dei caratteri identificati nella fase precedente (Fase 5: Scelta dell’approccio di valutazione; Fase 6: Formulazione dei giudizi).

Al., 2007)

2.1.2 #2. Il caso del Parco di Paneveggio Pale di San Martino

Il riferimento è dato dallo Studio per definizione delle “Linee guida per gli interventi nel Parco Naturale Paneveggio - Pale di San Martino” (approvato nel 2016) in Trentino, dove sono state sviluppate specifiche analisi della percezione visiva che hanno sostenuto la identificazione delle Unità di Paesaggio e la messa a punto delle tipologie percettive.

Per costruire una Carta del paesaggio che contempli il paesaggio sia dal punto di vista della percezione storico-identitaria sia da quello della percezione visivo-formale, sono stati usati diversi livelli descrittivi.

Per quanto riguarda gli aspetti strutturali e identitari, sono stati identificati:

Figura 3 - Schema della procedura LCA (Socco et

• i tipi di paesaggio, rappresentati dalle condizioni areali definite principalmente dai diversi habitat, anche modificati dagli usi antropici;

• le strutture del paesaggio, ovvero gli elementi fisico-morfologici dominanti;

• gli elementi del paesaggio storico- identitario, ovvero i luoghi a forte carica simbolica

Per quanto riguarda la percezione visiva sono stati identificati:

a. Le strutture del paesaggio visivo, ovvero le componenti atte a gerarchizzare visivamente il parco:

• le vette, ovvero le emergenze visive isolate;

• i versanti e le pareti rocciose, che creano una scenografia naturale del teatro del parco;

• i crinali, che definiscono la chiusura o l’apertura visiva;

• i laghi, forti attrattori visivi;

• le aree di interesse stratigrafico, conformazioni di interesse geologico e, insieme, punti attrattivi visivi.

b. Gli elementi del paesaggio visivo, che costituiscono delle particolarità da tutelare in sé:

• emergenze visive naturali (cime, vette e conformazioni geologiche particolari);

• punti di belvedere;

• ambito visivo omogeneo (contesto entro il quale lo sguardo può abbracciare un orizzonte delimitato da crinali, vette o barriere visive, anche artificiali);

• cono visivo interambito (passaggio che consente la parziale intervisibilità tra un ambito ed un altro, come un passo montano: ospita spesso sentieri e strade, molto esposte alle visuali);

• limite di ambito visivo (una catena montuosa, un crinale, una dorsale o una piega del terreno: chiude la vista ma contemporaneamente è molto esposto alla vista).

c. I tipi di paesaggio visivo, ovvero:

• paesaggio coperto (tipologia di paesaggio che caratterizza le aree a bosco ed è quella più vista da chi percorre la viabilità principale);

• paesaggio di transizione chiuso-aperto: è costituito dal bordo tra diversi tipi di paesaggio definito dal cambio di coltura e/o dal variare della quota. Si

caratterizza per la estrema varietà di vedute e per una visione filtrata dalle fronde, che porta spesso la focale visiva dal primo piano all’infinito;

• paesaggio costruito: rappresentato dagli edifici e dalle infrastrutture;

• punti di belvedere: siti che presentano una particolare condizione di dominio visivo dell’intorno;

• paesaggio delle vette: si caratterizza per il suo unicum visivo, che richiama il concetto di “sublime”. È caratterizzato da una varietà di vedute, dalla forza della natura, dalla drammaticità degli scenari,che producono forti emozioni.

2.1.3 #3. Il caso delle Langhe Roero-Monferrato

Le Analisi di Visibilità sono uno strumento messo a punto in uno studio commissionato al Politecnico di Torino nell’ambito della redazione del Piano Paesaggistico Regionale (PPR) e che poi ha trovato un’applicazione specifica nell’ambito del sito Unesco Langhe Roero –Monferrato, dal momento che le Linee Guida per l’adeguamento di PRG e Regolamenti Edilizi ne riprendono operativamente le modalità di analisi.

Occorre rimarcare quindi che l’approfondimento del caso inerente il sito Unesco, ha potuto avvalersi di una serie di dati di partenza abbastanza avanzati, ovvero l’individuazione di punti di osservazione e coni visuali già identificati dal PPR (Piano Paesaggistico Regionale). Tali dati sono stati trattati perseguendo una integrazione ad una scala di maggiore dettaglio da parte di province e comuni, ottenuta attraverso un’elaborazione all’interno del modello GIS messo a punto a tal fine.

L’analisi di visibilità (Viewshed Analysis) permette di valutare le aree visibili da uno o più punti di osservazione, o anche, viceversa, di determinare le aree da cui è possibile osservare un punto dato.

Figura 4 - Schema concettuale dell’analisi di visibilità

La carta della sensibilità visiva identifica le aree a maggiore o minore visibilità nel territorio in base a fattori quali: la quota altimetrica, la copertura vegetazionale, la relazione con i punti di osservazione identificati dal PPR.

Figura 5 - Carta della sensibilità visiva (a partire dai belvedere censiti nel Piano Paesaggistico Regionale e nuovi belvedere individuati e validati dai Comuni e per una profondità visiva di 5 km)

Tra gli elaborati prodotti in relazione ai casi applicativi abbiamo:

• Schedatura (aspetti descrittivi e normativi) di beni e componenti già identificati dal PPR in ragione del loro valore scenico e di beni e componenti identificati per altri valori (culturale, naturalistico) di cui accertare l’eventuale valore scenico;

• Carta dei caratteri scenici: costituisce la rappresentazione grafica di quanto emerso dalla redazione della Schedatura e dall’individuazione sia dei Luoghi privilegiati di osservazione del paesaggio che delle Relazioni visive che intercorrono tra questi e le Bellezze panoramiche d’insieme e di dettaglio Vengono inoltre cartografati i Fattori critici e di detrazione visiva. La carta è l’elaborato fondamentale per rappresentare la compresenza delle componenti, ma soprattutto le relazioni tra di loro: relazione tra punti di osservazione e mete dell’attenzione, valenze plurime dello stesso oggetto (ad esempio, belvedere e fulcro), interferenze tra elementi di pregio e detrattori;

• L’Abaco dei caratteri scenici, una selezione di fotografie significative, adatte a mettere in evidenza i caratteri scenici e percettivi riconosciuti;

• Abaco fotografico;

• Carte dei bacini visivi: Mediante l’utilizzo delle tecniche dell’analisi di visibilità, a ciascuno dei Punti di osservazione del paesaggio e dei Percorsi di interesse paesistico ambientale riconosciuti si associa il relativo bacino visivo, una rappresentazione cartografica bidimensionale dell’area visibile;

• Carta delle zone di influenza visiva, da elaborare qualora nella fase di riconoscimento emergano fulcri visivi particolarmente rilevanti, per definire la

porzione di territorio dalla quale il fulcro può essere teoricamente visto. Tale carta permette di controllare l’eventuale interferenza o ostruzione portata da nuovi interventi trasformativi rispetto all’apprezzamento del fulcro.

• Carta della sensibilità visiva, deriva dalla sovrapposizione delle carte dei bacini visivi relativi a tutti i luoghi di osservazione, e distingue il territorio in celle classificate a seconda della percentuale di punti dai quali esse sono visibili. Questo prodotto è utile per valutare il grado di visibilità di un’area e quindi quello di percettibilità di eventuali trasformazioni, risultando per tale ragione funzionale alla redazione degli indirizzi normativi in campo urbanistico, soprattutto nei ragionamenti localizzativi.

Figura 6 - Carta dei caratteri scenici del territorio
Figura 7 - Carta dei caratteri scenici del territorio (legenda)

2.1.4 #4. Il caso Toscana: l’intervisibilità per valutare gli impatti

Il Piano di indirizzo territoriale (PIT) della Toscana, ha assunto le funzioni di un piano paesaggistico a seguito dell’approvazione di atto di integrazione del piano con valenza di piano paesaggistico (Del C.R. n.37 del 27 marzo 2015): nella parte conoscitiva del piano, è stato sviluppato un approccio significativo alla valutazione di intervisibilità. Infatti, pur nella consapevolezza della complessità della percezione del paesaggio che a partire dagli stimoli visuali avvia un vero e proprio processo culturale di significazione, il piano analizza le “condizioni ottiche” da cui l’atto visivo rimane pur sempre e inevitabilmente regolato: la misura quantitativa delle condizioni di intervisibilità è quindi assunta come uno strumento atto a misurare ex ante l’impatto delle trasformazioni spaziali, soprattutto alla scala territoriale (come nel caso della realizzazione di infrastrutture, impianti tecnologici,

Figura 8 - Abaco dei caratteri scenici

impianti per la produzione di energia). (Lucchesi, Moretti 2014, La misura delle condizioni di intervisibilità. Una valutazione a supporto del progetto delle trasformazioni del paesaggio toscano, in Ri-vista 1-2, FUP, Firenze).

Il Piano Paesaggistico della Toscana sviluppa in realtà due valutazioni di intervisibilità: 1. la valutazione di intervisibilità teorica assoluta fa riferimento ad una griglia regolare di punti distribuiti sul territorio regionale e mette in luce i “grandi orizzonti visivi persistenti” nei quadri paesaggistici; 2. la valutazione di intervisibilità ponderata delle reti di fruizione esplora invece il territorio regionale dal punto di vista del ruolo svolto dalle sue varie parti nei quadri visivi di un osservatore che percorra il territorio lungo i luoghi e gli itinerari privilegiati dalla fruizione paesaggistica.

Nel caso della valutazione di intervisibilità teorica assoluta, la relativa carta può essere considerata come la visualizzazione del diverso ruolo dei rilievi orografici nella definizione delle vedute panoramiche del territorio toscano; ma anche, poiché le “linee di vista” costituiscono una condizione di “intervisibilità” (da ciascuno dei due punti sul suolo agli estremi della linea di vista è visibile l’altro) tale misura può essere assunta come un indicatore di vulnerabilità visiva 2 Dalla lettura emergono, in particolare, due gruppi di elementi: 1. gli elementi isolati di facile riconoscibilità, veri e propri landmarks paesaggistici, che vengono letti come “fuochi” della visione panoramica nella relazione con il circostante contesto territoriale dal quale emergono (si pensi al rapporto tra il cono vulcanico dell’Amiata e la Valdorcia); 2. quelle forme fisiografiche che, data le particolari conformazioni fisiche e la disposizione, definiscono dei limiti allo sguardo che limitano la visione e caratterizzano la scena paesaggistica, costituendone una sorta di “quinte”.

Per quel che riguarda invece la valutazione della intervisibilità ponderata delle reti di fruizione, il modello utilizzato individua preliminarmente le reti di fruizione delle qualità visive del paesaggio caratteristiche del territorio toscano e le distingue a seconda di specifici “modi d’uso”. Ciascuna rete è costituita da una pluralità di luoghi privilegiati, attraverso la frequentazione dei quali si costruisce lo “sguardo” sul paesaggio del fruitore; in particolare sono state individuate tre distinte “reti di fruizione”: la prima rete è legata a una fruizione fatta di spostamenti automobilistici tra i luoghi più celebrati dell’identità toscana, la seconda rete è fatta di percorsi lenti che attraversano luoghi di interesse sia storico sia ambientale, la terza rete identifica infine come luoghi privilegiati per la contemplazione del paesaggio toscano le aree tutelate per legge sia per un interesse culturale, sia per valori o singolarità naturalistiche. La metodologia di valutazione è basata

2 Tale valutazione parte dal dato fornito da un modello digitale del terreno (DTM), vale a dire una rappresentazione matematica della altimetria del suolo, analizzato alla luce della griglia regolare lungo la quale si immaginano distribuiti i punti di osservazione. Al risultato sono state poi applicate varie correzioni che tengono conto, tra l’altro, della conformazione dei bacini visivi del territorio toscano. La relazione tra intervisibilità assoluta e modello digitale del terreno ha generato la copertura dei “grandi orizzonti visivi persistenti”, in cui risulta esaltato il ruolo dei rilievi e viceversa abbassato il ruolo dei “lontani” negli orizzonti lunghi di pianura.

Patrimonio

sulla considerazione che il fruitore di ciascuna rete costruisce una sequenza di “quadri visivi”, condizionati dalla propria posizione e dalle forme del suolo che lo circondano; essa è basata in primo luogo sul calcolo del bacino visivo (viewshed) di ogni punto di osservazione considerato, a cui vengono poi applicati dei correttivi per non trascurare il ruolo dei grandi orizzonti visivi persistenti nei quadri visivi. La carta di sintesi finale è ottenuta attraverso l’integrazione delle mappe di intervisibilità ponderata relative a ciascuna rete di fruizione.

9 - Esemplificazioni delle elaborazioni intermedie dei singoli criteri che compongono la matrice della fruibilità dinamica (estratto da Elaborato PIT "Visibilità e caratteri percettivi”)

Figura

Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Figura 10 - - Carta della Intervisibilità Teorica Assoluta (sopra) e Carta della Intervisibilità Ponderata delle Reti di Fruizione Paesaggistica (sotto) (estratto da Elaborato PIT "Visibilità e caratteri percettivi”)

Figura 11 - Restituzione finale della Mappa di valutazione della intervisibilità teorica ponderata delle reti di fruizione paesaggistica (estratto da Elaborato PIT "Visibilità e caratteri percettivi”)

2.2 Riferimenti teorici

L’indirizzo dato dal tavolo funzionale del paesaggio ha spostato l’attenzione da un primo approccio inizialmente afferente alla percezione visiva e, quindi, agli strumenti utili per intervenire con indagini di intervisibilità finalizzate ai suddetti pareri da esprimere come sopra richiamati, ad uno più intimamente legato alla “riconoscibilità” in termini identitari e di appartenenza del paesaggio dolomitico da parte degli abitanti e dei fruitori del Patrimonio.

Una lettura che aiuti a capire come le singole unità paesaggistiche si compongono tra loro e restituiscono un insieme dotato di senso “narrativo”. Si sottolinea che questo lavoro va inteso come “propedeutico” ad una applicazione concreta; per comprendere quali potrebbero essere le ricadute di questa relazione, dovrebbe essere fatta una oculata azione di coinvolgimento di attori delle comunità, del mondo alpinistico, dei rifugisti, di rappresentanti del variegato mondo dei turisti o altri.

Inoltre si deve ribadire che, a tutto ciò che viene enumerato come “mondo oggettuale”, dovrebbero aggiungersi fattori invisibili all’occhio che guarda alla materialità degli oggetti (pensiamo all’effetto del colore, del tempo, ma anche del vissuto specifico di chi guarda e si muove nel patrimonio). Si farà cenno soprattutto al riferimento “simbolico” assunto da alcuni elementi che analizzeremo, come desunti da scritti e documenti storici e iconografici.

Va considerato che i metodi legati alla lettura del paesaggio con approccio semiologico ed empirico, seppur oggi comprendenti buoni e diversi casi di studio, sono sempre legati a processi complessi e non privi di possibili ambiguità. Questo perché si basano essenzialmente su approcci che mirano a semplificare la complessità multidisciplinare della realtà paesaggistica visibile smontando e rimontando un testo fatto di moltissime informazioni, dandogli un senso ed un significato spesso ritenuto ambiguo in quanto fortemente “soggettivo”. Ma è proprio il confronto tra oggettivo e soggettivo che, come dice Roberto Gambino, ha in sè una ambiguità “utile” in quanto “non va confusa con le incertezze semantiche del termine, e che appare utile e feconda proprio perché mantiene aperto e metaforico il significato del paesaggio, respingendo le seduzioni oggettivanti delle scienze della terra e di un certo storicismo, senza pretendere la regressione al puro visibilismo estetizzante o all’impressionismo ascientifico. Essa richiama l’attenzione sui rapporti tra processi reali e processi di percezione e di rappresentazione” (Gambino, Conservare Innovare 1994).

La funzionalità di questo approccio potrà in qualche forma dare risposte legate più ad un approccio volontaristico di responsabilità (verso l’Umanità intera, essendo custodi di un patrimonio del Mondo) che ad un approccio amministrativo regolativo. Come detto, lo

scopo di questo contributo non è certo quello di fornire indirizzi normativi o vincolistici, ma solo tentare di segnare una strada per indagare, come vuole la semiologia, un testo narrativo estetico, quali sono le Dolomiti.

Questo approccio non può che farci osservare la perfetta coerenza con la stessa definizione data dalla Convenzione Europea del Paesaggio che all’articolo 1, comma 1 recita: "il Paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”.

Ma anche dallo stesso UNESCO che, identificando nel 2011 le quattro categorie della sostenibilità, definisce pianificare il paesaggio come «processo di produzione di un territorio basato sull’anticipazione del suo divenire sociale e spaziale»

Per approcciare il metodo, si possono richiamare alcuni riferimenti teorici “storici” ma sempre utili ad ancorare il lavoro che segue e che sono stati sperimentati in altre esperienze lavorative.

Norbert-Schulz 3 e Kevin Lynch4

A Norbert Schulz facciamo riferimento per leggere il senso dell’abitare in funzione degli elementi che restituiscono riconoscibilità, identità e senso profondo dei luoghi, quel fenomeno che nel complesso si chiama Genius Loci, che l’uomo esperisce nello spazio grazie a due funzioni psicologiche fondamentali: l’orientamento e l’identificazione.

Con il primo termine Norbert-Schulz, rifacendosi alle prime esperienze di Kevin Lynch, individua la possibilità di esperire uno spazio (quello in cui si vive ma anche quello che si visita) avente il requisito di possedere «quella forma, colore o ordinamento che rende più facile la costruzione di immagini mentali dell’ambiente, tali da essere bene identificate, fortemente strutturate e quindi molto utili alla consapevolezza del come “stiamo tra terra e cielo”». La costruzione, in sostanza, della mappa mentale che in ognuno aiuta ad orientarsi nello spazio e che dà una profonda, quanto inconscia, sicurezza.

Il termine “identificazione” significa invece «il diventare amici di un ambiente dato», intendendo quel particolare rapporto dialettico luogo - fruitore, in cui il carattere del primo, riconosciuto come entità distinta ed unica, fa sì che il secondo vi si identifichi e se ne senta partecipe e strettamente legato anche in termini emotivi; in questo senso «l’identità dell’uomo presuppone l’identità del luogo» (Norbert-Schulz, 1979) ed implica l’empatia con cui ogni abitante vive “da amico” il proprio luogo di vita.

3Christian Norbert Schulz Genius Loci. Paesaggio, ambiente, architettura, Mondadori Electa 1979.

4 Ai fini delle argomentazioni riportate due i testi fondamentali di Kevin Lynch cui facciamo riferimento sono L’immagine della città, Marsilio,Padova, 1969 e Progettare la Città, la qualità della forma urbana , Etas Libri, 1990 (testo originale del 1984 )  Norbert - Schulz

Se l’orientamento fa riferimento alle caratteristiche “concrete” del contesto evidenti in elementi fisici che, messi in relazione, definiscono una speciale mappa mentale dotata di forte riconoscibilità strutturale, l’identificazione attiene a caratteri “immateriali” sia dello spazio (la sua speciale atmosfera, i colori, i rumori…) sia della comunità (i suoi valori, la sua cultura, la sua storia) (fig. 12).

Figura 12 - orientamento ed identificazione, elementi essenziali per abitare

A Kevin Lynch, infine, si fa riferimento per due filoni di ricerca fondamentali per chi vuole indagare i rapporti tra contesto e qualità dell’abitare. Il primo, da cui discendono le argomentazioni sul Genius Loci di Schulz, ha individuato nella leggibilità, vividezza e figurabilità della struttura della città e dell’ambiente quelle caratteristiche formali che, in un rapporto reciproco tra osservatore e luogo osservato, restituisce un’immagine che dà all’abitante quella speciale mappa mentale suddetta e all’osservatore di passaggio un ricordo indelebile, nitido e vivo del luogo visitato.

Vividezza e coerenza dell’immagine ambientale vengono individuate come condizioni indispensabili per il godimento e l’utilizzazione della città e del territorio; tali caratteristiche sono esito della composizione di cinque elementi: i percorsi, i limiti, gli spazi e le aree identificabili per proprie caratteristiche, i riferimenti che segnano in modo puntuale i luoghi e aiutano l’orientamento (pensiamo ai nostri campanili) e i nodi, ossia i luoghi e i punti in cui si concentrano più direzioni o accade un improvviso cambiamento di direzione o di spazio.

Il secondo filone di ricerca lynciana subordina il giudizio della qualità dell’abitare alle caratteristiche “prestazionali” che ogni luogo possiede e grazie alle quali risponde alle esigenze dell’uomo. Chiarissimo e particolare quindi il significato che si dà alla qualità come rapporto tra “spazio concreto e “spazio vissuto” (fig. 13).

 Kevin Lynch

La forma dell’ambiente in cui si vive non ha quindi importanza di per sé, ma solo per l’influenza che ha sulla qualità della vita degli abitanti e sulla soddisfazione di esigenze quali l’accessibilità, la sostenibilità e la vitalità, la coerenza tra forma e funzioni, il controllo (cioè la modalità con cui si esplicitano i diritti dell’uomo sullo spazio), e naturalmente l’identificazione e l’orientamento, fenomeni che in questo contributo vengono trattati nello specifico perché si ritiene siano fondamentalmente interagenti con gli altri fattori.

Questi riferimenti ci aiutano a collegare il significato che qui si vuol dare all’abitare con lo specifico rapporto che l’uomo intreccia con i luoghi e l’ambiente, intendendo quest’ultimo come fornitore sia di una “struttura spaziale” (quella cioè composta da margini, punti, percorsi, spazi e riferimenti formali), sia di una struttura costituita da elementi immateriali. Questo ci darà modo di argomentare i caratteri dell’abitare nelle Dolomiti includendo sia fattori legati al contesto fisicoche a quello culturale e geo-politico e a quello socioeconomico.

Questo perché si ritiene sia fondamentale considerare l’abitare come esito di relazioni complesse tra uomo e ambiente, relazioni spesso sfuggevoli alle valutazioni quantitative o qualitative che tendono ad una eccessiva oggettivazione.

Questa sottolineatura è particolarmente importante se si pensa al “carattere” di un luogo, quel senso più profondo costituito dallo specifico ed unico connubio dato da elementi immateriali dello spazio e dai valori di una comunità. Elementi che garantiscono quello che abbiamo sinora definito come “identificazione” e che ci avvicina alla definizione che la stessa Convenzione Europea del paesaggio dà al paesaggio stesso: “Il paesaggio designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle persone, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni» (Convenzione europea del paesaggio, Articolo 1). Qualcosa quindi che, attenendo alla percezione, si basa

 Forma dell’ambiente e qualità della vita

Figura 13: Rapporto tra spazio concreto e spazio vissuto

su aspetti soggettivi che implicano la diversità dello spettatore e la diversa modalità con cui questo, attraverso la propria storia e capacità emotiva, si rapporta con il luogo tanto da percepirne o meno il senso più profondo.

E’ facile intuire come, all’interno di questo quadro, la “percezione” dello spazio da parte dell’abitante rispetto a quella di un visitatore di passaggio sia arricchita da elementi che garantiscono un profondo legame e interdipendenza tra la propria identità e quella del luogo. Sono queglli elementi che, insieme ai caratteri spaziali, si riferiscono alla cultura dei luoghi e delle comunità, alla loro storia, e anche all’evolversi nel tempo dello spazio fisico in funzione del mutare delle esigenze della popolazione. Una qualità, quella dell’identificazione con il luogo che si abita, che garantisce quel sentimento di appartenenza per cui il proprio destino è “segnato” da quello del luogo e ci fa sentire parte di una comunità legata da una storia comune.

Riassumendo, orientamento ed identificazione, insieme alla risposta prestazionale dei luoghi rispetto ad esigenze umane quali l’accessibilità, la salubrità ambientale, la coerenza tra spazi, forme e funzioni sociali, le opportunità lavorative, costituiscono (soprattutto per quanto attiene al nostro campo d’attenzione della progettazione e valorizzazione del territorio e del paesaggio), due elementi fondamentali affinché si possa abitare. Sono coinvolti in quest’ottica tutti gli elementi dell’ambiente, artificiale e naturale, che ci circonda. A qualsiasi scala li si voglia analizzare, come esemplificato dalla figura che segue.

Figura 14 - Sintesi concettuale. Relazione tra struttura del luogo e qualità dell’abitare

In altri termini, abitare significa relazionarsi con quanto ci circonda costruendo le condizioni per vivere pienamente il proprio essere, in questo senso «il compimento essenziale del costruire è l’erigere luoghi» (Heidegger) che costituiscono la dimensione concreta della esistenza umana.

Il Costruire luoghi diviene, quindi, atto rituale, «espressione di una esperienza territoriale che - da sempre - ha regolato i rapporti della comunità con l’esterno» (Bookchin, 1988), con il quale ogni singola comunità insediata socializza il mondo naturale; in questo senso le comunità umane creano «luoghi che esistono, anzitutto e più significativamente, nei riti e nelle celebrazioni collettive con cui il passato è continuamente richiamato alla mente» (Friedmann, 1990).

Si stabilisce quindi un rapporto unico tra la comunità e l’ambiente in cui essa vive: la comunità entra in diretta relazione con il suo “Genius loci” sviluppando i caratteri di singolarità, di concretezza, , di endogenia del luogo in cui e di cui vive quotidianamente, poiché lo sviluppo locale nasce dalle risorse che il luogo stesso mette a disposizione (Berque).

Il riferimento al Genius loci induce ad un duplice chiarimento del suo significato: in primo luogo, la stessa formulazione del concetto di Genius loci manifesta come originariaattitudine umana quella ad esperire l’ambiente come costituito da caratteri definiti ed a riconoscere che è «di importanza vitale il venire a patti con il genius della località in cui ha luogo l’esistenza» (Norbert-Schulz, 1979); inoltre, il genius loci, in quanto tale, esprime il rapporto con la catena storica, la stratificazione degli eventi e dei significati che determinano lo specifico carattere del luogo.

Sulla scorta di tutti i ragionamenti fatti fin qui è possibile, ipotizzando di dover evidenziare “cosa analizzare” per indagare la capacità di orientamento e di identificazione e, di conseguenza, la modalità con cui si abita un luogo, un primo elenco di elementi/ indicatori:

 le strutture spaziali di base riconoscibili (le aree, i luoghi “di passaggio” tra un’area e l’altra, i limiti, i nodi, i percorsi, i traguardi visivi, i riferimenti…);

 i caratteri morfo-tipologici;

 i caratteri formali (i linguaggi architettonici, le tecnologie locali, i colori, i segni della natura);

 i caratteri percettivi/sensoriali (le visuali, le luci, i suoni, gli odori, i tempi… );

 la complessità e l’integrazione delle funzioni e delle attività (il rapporto e la mixitè tra le funzioni abitative, produttive e ricreative);

 i caratteri dello spazio pubblico (la forma, la articolazione, la percezione, i luoghi ufficiali, i luoghi rappresentativi della comunità e dei suoi gruppi, i luoghi esterni alla comunità);

 le relazioni esistenti tra caratteri naturali (artificialità, la percezione dei caratteri del contesto naturale, la attribuzione di scale gerarchiche di valore);

 gli eventi simbolici, le culture, gli stili di vita e dell’abitare, i gruppi sociali);

 la autodeterminazione della comunità;

 Prima ricognizione degli elementi da analizzare

 le istanze della comunità (le esigenze e le priorità, i problemi condivisi, le aspirazioni);

 il senso di appartenenza della comunità (le memorie i riti collettivi ed individuali).

I due testi che sono stati utili riferimenti per il lavoro e che sono un po’ ormai “icone” per ogni paesaggista che si occupa in qualche modo di rapporto tra mondo reale e mondo identitario percepito, sono “Il paesaggio come teatro” e “Semiologia del paesaggio”, entrambi di Eugenio Turri.

Soprattutto nel primo testo troviamo i riferimenti più utili e centrati sul lavoro da svolgersi: il paesaggio è il teatro in cui noi siamo spettatori ed attori ad un tempo, da un lato quindi abitiamo la scena che ospita la nostra esistenza, dall’altro siamo i primi a modificarla, interpretarla per poterlo fare (si auspica) adeguatamente al valore della scena stessa.

I riferimenti di Turri ci forniscono diverse conferme argomentate della motivazione teoriche che muovono l’approccio di metodo indagato:

 rapporto oggettivo-soggettivo: il rapporto tra territorio e paesaggio, proiezione dei rapporti tra cultura e natura;

 rapporto tra scale: la necessità di leggere la struttura del paesaggio come ambito che contiene l’azione umana e che viene da questa continuamente trasformato guardandone la composizione nell’ “insieme” come dal finestrino di un aereo o leggendone gli elementi camminando, individuando i segni e il loro significato (semiotica) funzionalmente all’abitare;

 elementi unitari della percezione: l’utilità di indagare sugli “iconemi”;

 l’utilità di applicare la lettura per indagare il “mutamento”, fisico e culturale.

 Eugenio Turri: Il paesaggio come teatro

3 CRITERI METODOLOGICI

3.1

Abitare il paesaggio delle Dolomiti

Senza alcuna presunzione di esprimere i caratteri unici ed inequivocabili che definiscono cosa significhi vivere e abitare nelle Dolomiti, l’obiettivo è applicare i ragionamenti fatti fin qui per argomentare la specificità dell’abitare nel nostro contesto.

Non si può che partire dalla specificità dell’abitare in montagna rispetto ad altri luoghi considerati nella loro diversità geografica e geomorfologica.

Abitare in montagna, rispetto all’abitare in un contesto di tipo metropolitano o di pianura, fornisce informazioni tutte particolari rispetto alle fenomenologie dell’orientamento e dell’identificazione. Innanzitutto perché l’ambiente montano è un luogo “naturale” dotato di elementi fisici che di per sé aiutano la costruzione di quella mappa mentale utile a sapere in quale specifico rapporto “la terra sta con il cielo”.

L’ambiente montano è per sua natura caratterizzato da spazi delimitati e orientanti: i fiumi e le valli, le pareti montuose che formano una “catena” o le vette che spiccano singolarmente; la verticalità o declivi o ancora l’orizzontalità delle vie d’acqua costituiscono le parti di quella struttura spaziale di cui si è fatto cenno precedentemente.

Un insieme di punti, linee e aree che non lasciano vagare il nostro sguardo in uno spazio indifferenziato ed omologo.

Abitare in montagna, che sia “in valle” piuttosto che nelle terre più alte, offre quindi una qualità di partenza a chi vi si trova: più facilmente che in altri luoghi si ha la percezione del dove ci si trovi rispetto al contesto più ampio , se in basso o in alto, se all’inizio o alla fine di un percorso fluviale, se a sud o nord dei principali nodi insediativi.

L’abitante della montagna, sin da bambino, è abituato a confrontarsi con il limite che non è solo quello fisico dell’invalicabilità o dell’inclinazione del terreno ma anche quello, ad esempio, del clima che contraddistingue (anche se i cambiamenti climatici hanno affievolito questo aspetto) la modalità con cui l’uomo ha edificato le proprie dimore e i luoghi del lavoro, della mobilità, della socialità.

In altre parole, per abitare, l’uomo di montagna ha costruito nel tempo non solo “involucri” ma “luoghi” in cui esiste una profonda relazione tra le cose, tra il cielo e la terra, e tra queste e le persone. La montagna, in tal senso, è stata nel tempo addomesticata alla vita dell’uomo e, più che in altri contesti geografici, l’abitare è esito di un tanto sapiente quanto necessario rapporto con le condizioni date dalla natura, con le

 Abitare la montagna

sue forze ma anche con tutti i suoi limiti. Gli insediamenti montani sono per questo dotati tutt’oggi di elementi di riconoscibilità e orientamento che riportano all’ancestrale rapporto tra uomo e ambiente, tanto da diventare archetipi architettonici e urbanistici diffusamente riconosciuti.

Non a caso nel dover fare un esempio sul legame imprescindibile tra l’abitare ed il costruire, Martin Heidegger dice: “L’essenza del costruire è il «far abitare». Il tratto essenziale del costruire è l’edificare luoghi mediante il disporre i loro spazi. Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire. Pensiamo per un momento a una casa contadina della Foresta Nera, che due secoli fa un abitare rustico ancora costruiva. Qui, ciò che ha edificato la casa è stata la persistente capacità di far entrare nelle cose terra e cielo, i divini e i mortali nella loro semplicità. Essa ha posto la casa sul versante riparato dal vento, volto a mezzogiorno, tra i prati e nella vicinanza della sorgente. Essa gli ha dato il suo tetto di legno che sporge a grondaia per un largo tratto, inclinato in modo conveniente per reggere il peso della neve, e che scendendo molto in basso protegge le stanze contro le tempeste delle lunghe notti invernali”

Questo imprescindibile rapporto ha plasmato e costruito storicamente il paesaggio che conosciamo e si è naturalmente evoluto non solo in funzione delle esigenze umane primarie ma anche in base a fattori economici, politici e sociali che hanno profondamente modificato il senso dell’abitare e distinto nel corso del tempo i destini delle “diverse” montagne. Questo in virtù degli specifici rapporti che queste hanno instaurato con il contesto più ampio, con l’avanzare della modernità, con la conseguente industrializzazione e lo sfruttamento di quelle risorse che garantivano un tempo un buon livello di auto sostenibilità e indipendenza e che sono diventate oggetto di colonizzazione da parte delle città e del mondo “esterno” senza un adeguato “scambio” prestazionale. Appare evidente come si sia modificato il rapporto uomo/ambiente in funzione di questi fattori, basta pensare al progressivo spopolamento delle parti più alte del territorio

Figura 15 - Insediamenti e natura (fonte Google Immagini)

montano a causa dell’abbandono dell’agricoltura e la concentrazione dell’urbanizzazione nei fondovalle e nei poli urbani, elementi che hanno profondamente cambiato il paesaggio e il senso dell’abitare.

3.2 Dall’unità “ambientale” all’unità di “paesaggio percepito”

Lungi dal voler arrivare a definire “nuove unità di paesaggio” come comunemente intese, qui si richiama, al fine del metodo di lettura proposto, la definizione che si ritiene più coerente con l’approccio dato: l’unità di paesaggio è “ambito caratterizzato da specifici sistemi di relazioni ecologiche, percettive, storiche, culturali e funzionali tra componenti eterogenee, che gli conferiscono un’immagine ed un’identità distinte e riconoscibili”

L’indagine e lo studio sono quindi stati calibrati su questa definizione che contiene i caratteri che si vuole attribuire al termine “percettivo” in rapporto ad un approccio di lettura che faccia comprendere le relazioni strutturali esistenti tra le unità del paesaggio dolomitico così come individuate da numerosi studi consultati.

In sostanza le unità di paesaggio diventano come moduli in cui si condensano spazi e segni dotati di un significato riconoscibile alla percezione.

Inoltre l’unità così intesa diventa una sintesi e un prodotto che lega il mondo delle scienze geografiche, geologiche, naturali (che comunque forniscono il supporto fondamentale per dare ragione genetica dei segni e delle relazioni fisiche che intercorrono tra i diversi elementi e che influiscono sulla loro evoluzione) con il mondo delle scienze umane che vanno dall’antropologia all’arte alla letteratura. Queste ultime manifestano non solo i legami profondi che legano i luoghi alle persone incidendo sull’identità reciproca, ma anche i legami che supportano quel “riconoscimento” espresso dalla Convenzione del Paesaggio.

Da quanto detto in precedenza, la lettura del paesaggio in tal senso perde la ricerca dell’oggettività sia della sola percezione visiva intesa come “ciò che avviene sulla retina come una pellicola”, sia della scientificità delle discipline comunemente usate per analizzare il territorio (comunque importanti perché costituiscono la base e la ragione per cui gli oggetti, soprattutto quelli naturali, sono come li vediamo anche a seguito di processi evolutivi dimostrabili). La lettura del paesaggio, quindi, si basa sull’assunto che la percezione sia «la dinamica che ci dà la possibilità di “nominare” ciò che vediamo, assegnando significati alle cose per come le vediamo e come le “sentiamo” intimamente legate tra loro e con il contesto. In sostanza la percezione si fonde con la “semiosi”» (Socco 2000).

 La lettura semiologica del paesaggio

 La lettura semiologica come metodo di lettura

La semiotica del paesaggio identifica il territorio come “testo”. Un insieme che si compone di singoli segni, le parole, che solo entrando in relazione tra loro restituiscono un “significato che si fa via via più complesso”. Esse possono formare frasi dotate di senso, brani composti da più frasi e infine narrazione completa quando il singolo brano diventa racconto.

Con un parallelismo metaforico, le parole corrispondono agli oggetti e ai singoli elementi di cui si compone lo spazio, le frasi sono parti dello stesso “esito di particolari relazioni che assumono gli elementi singoli”, i brani sono spazi ulteriormente complessi nel loro significato tanto da dare senso ad un significato più ampio e narrativo. Il testo nel suo insieme è il racconto in cui i diversi brani si relazionano dando il significato complessivo all’intero processo di significazione.

Ricordando, naturalmente, che mentre un testo o un dipinto è una costruzione intenzionale formata da elementi posti dall’autore in un ordine preciso per dare il significato voluto, gli elementi dello spazio non hanno sempre una intenzionalità comunicativa voluta. In tal senso Carlo Socco, puntando l’attenzione sull’importanza del “formato base del testo paesaggistico”, richiama all’utilità della metafora utilizzata da Eugenio Turri del paesaggio come teatro. In tal senso, egli ritiene indispensabile la lettura del “teatro” in cui tutto ciò che avviene dando in sostanza al paesaggio «spazio scenico che costituisce il contesto ineliminabile di ogni oggetto e di ogni azione in quanto “segni”».

In questo contesto è anche utile ricordare come Roberto Gambino richiami l’attenzione sul giusto formato dell’unità di paesaggio e della sua complessità se vogliamo dare una definizione univoca quando “usciamo” dal nostro contesto specifico. In tal senso la semiotica aiuta a capire come uno stesso segno assuma diversi significati in funzione delle relazioni che instaura con contesti diversi e, soprattutto, della diversità del soggetto che li osserva.

Nonostante queste essenziali puntualizzazioni, per leggere il paesaggio come “testo” è comunque indispensabile capirne la sintassi, le regole compositive. L’analisi mira quindi ad indagare di cosa si compone questo testo, quali significati assumono le parole, come queste compongano frasi, come a loro volta le frasi producano brani compiuti e come l’insieme dei brani si uniscano a formare un racconto. Si tratta, in termini pratici, di “scomporre” il paesaggio nei suoi elementi, di individuare quelli più caratterizzanti, di descriverne la forma, la tipologia e la distribuzione, di leggere le relazioni tra i diversi elementi e restituirne la struttura per come essa si esprime nel contenitore spaziale scelto.

3.3 Fasi e contenuti del metodo

3.3.1 Fuori dai perimetri: definire i margini dello studio

Per una analisi semiologica si deve inevitabilmente uscire dal perimetro dei singoli sistemi del Patrimonio Dolomiti UNESCO per capire le relazioni tra questi e il ruolo che essi assumono nella struttura più vasta ma anche per capire le relazioni che assumono i segni nel quadro dei tre fattori evolutivi più importanti: la natura, l’agricoltura e l’insediamento umano–urbano. Nel caso analizzato si è quindi usciti dal perimetro del Patrimonio per poter avere uno spazio di confronto e di costruzione che non avesse come limite “la natura protetta”.

Peraltro, visto l’obiettivo del metodo proposto (supportato dalla considerazione più volte esternata che la natura in montagna senza l’uomo non “si regge”), sarebbe fuorviante leggere solo gli elementi dentro il comparto “natura”. A tal fine sono state considerate le tre componenti che agiscono sulla formazione dei “segni” di cui si compone la struttura territoriale percepibile: natura – agricoltura - insediativo/infrastrutturale.

In tal senso ci si deve spingere ad identificare un nuovo spazio d’indagine: alle unità paesaggistiche definite fin qui, si aggiungono gli elementi che caratterizzano le tre componenti di cui sopra. Nel nostro caso lo spazio “dotato di senso” che costituisce il perimetro dell’indagine è quello definito dai margini segnati dalle strutture fisiche che compongono lo spazio visibile delimitato dalle valli e dalle cime.

Figura 16 - Spazi ai margini (paese- agricoltura)

3.3.2 Il rimando tra scale e dimensioni rappresentative

La struttura paesaggistica si può, anzi si deve, leggere a scale diverse e usando plurime forme di rappresentazione. E’ necessario leggere e descrivere come gli elementi strutturali possano contemplare tutte le forme utili a comprendere le relazioni tra gli elementi nelle diverse posizioni con cui è possibile spiegarne la regola e la logica compositiva per restituirne il significato.

Ciò è ancora più importante per l’analisi percettiva in quanto, essendo riferita all’uomo che si muove, ci deve essere comunque l’attenzione alla sua posizione nel percorrere o osservare.

Questo impone anche una puntualizzazione. Nel momento in cui lo spazio degli oggetti percepiti si traduce in forme geometriche (volumi, linee, punti e superfici), i significati e le attribuzioni possono cambiare: se ai punti diamo un significato di riferimento puntuale (proprio perché ne analizziamo il significato e non la sola forma), questi potrebbero avere dimensione e anche funzione variabile in funzione della scala con cui si indaga il paesaggio. Allo stesso tempo si indirizza all’uso di più forme di rappresentazione, bi e tridimensionale, ma anche a sezioni, schemi e a quanto altro possa essere utile.

3.3.3 Rapporto tra analisi “oggettuali” e analisi “percettive”: importanza della raccolta di indagini pregresse

Nel riconoscere la distinzione tra indagini “oggettive” e scientifiche e indagini legate alla questione “percettiva”, si ritiene che una parte sostanziale del metodo sia la raccolta e la lettura del patrimonio conoscitivo esito di analisi specifiche.

In particolare il materiale in essere è fondamentale per “argomentare” come “i segni” e i “significati” siano motivati, oltre che dall’esperienza diretta dei luoghi e dei loro legami con il vissuto, da indagini scientifiche. Si può dire che il Pelmo è indubbiamente un’icona visiva ma è giusto chiederci “perché ha quella forma?”. Questo aspetto ha sostanziato e sostanzia la stessa esistenza e coesistenza dei due valori universali per cui le Dolomiti sono Patrimonio dell’Umanità: geologia, geomorfologia ed estetica paesaggistica, come magistralmente raccontato e giustificato nei documenti di candidatura e negli studi seguiti al riconoscimento:

Figura 17 - Dossier di Candidatura: geologia, geomorfologia ed estetica del paesaggio (immagini tratte dalla giustificazione dei Valori Universali, a cura di Cesare Micheletti, Loredana Ponticelli, Piero Gianolla)

Includere quindi il materiale scenico e anche pianificatorio, oltre che iconografico, è fondamentale per arrivare a definire spazi identificabili unitariamente e poterne motivare eventuali altri e quindi limitare la totale arbitrarietà e soggettività nella scelta di selezione degli elementi da indagare, ricordando quindi che i registri della lettura percettiva devono integrarsi con altre forme di indagine.

In sostanza, l’indagine semiologica deve avvalersi di molti “saperi”ponendosi in certo qual modo a confine interattivo tra mondo delle scienze della terra e mondo delle scienze umane ed essendo esito, prodotto (e non somma) di più dinamiche.

dinamiche geologiche dinamiche ecologiche

dinamiche abitative

dinamiche climatiche dinamiche culturali

segni del paesaggio

dinamiche produttive

dinamiche gestionali

Figura 18 - Schema rappresentativo dei diversi saperi che portano alla lettura segnica del paesaggio

A questo rapporto si aggiungono anche raccolte di materiale interpretativo e pianificatorio utili a fondare il tutto su una piattaforma di “esistente” con il fine di evitare la ridondanza di informazioni e di promuovere, semmai, l’aggiunta di informazioni integrative.

L’armonizzazione di metodi e strumenti nel territorio dolomitico è, infatti, un sistema ormai consolidato (si vedano a tal proposito i documenti di sintesi della pianificazione paesaggistica, a cura dell’Università di Udine, e quellidelle aree protette a cura delle scriventi).

apparato conoscitivo esistente analisi semiologica e percettiva

Anche se per motivi di pura utilità, la raccolta dei materiali viene collocata in un’unica fase del metodo, la prima, ma è importante ricordare che nell’indagine questo rapporto tra “oggettività” e “interpretazione percettiva” dovrebbe essere “circolare” e di continuo rimando e quindi riguardare tutte le fasi .

3.3.4 Il riscontro con l’immagine “collettiva”

Per indagare compitamente sulle unità di paesaggio fatte “proprie” dalle comunità abitanti e dai fruitori esterni e anche per fare di questa immagine portata a simbolo collettivo l’argomentazione che sostanzi pareri di merito in presenza di trasformazioni nel Patrimonio mondiale, sarebbe auspicabile, se non obbligatorio, fare una adeguata analisi finalizzata a due essenziali obiettivi:

 distinguere e approfondire il valore degli “iconemi”, aggiungendo a quelli pleonastici dati per scontati dalla letteratura o esito delle immagini stereotipate delle Dolomiti come “mondo di Heidi” (il paesaggio delle baite, il folclore degli usi e costumi e così via), altri elementi di riconoscibilità.

 Gli iconemi

 valutare il valore della cosiddetta “figurabilità” cioè quella “qualità che conferisce ad un oggetto fisico una elevata probabilità di evocare in ogni osservatore una immagine vigorosa” (Lynch 1966). Distinguere, cioè, quegli elementi cardine che nella mente delle persone vanno a costituire una speciale “mappa mentale” che se per gli abitanti è utile a sentirsi non solo orientati ma anche identificati nell’ambiente, per i turisti costituisce il principale sistema orientativo. Il metodo, in questa fattispecie di studio, consiste in un’indagine che coinvolge soggetti appartenenti a svariati mondi sociali, con diversi retroterra culturali e conoscitivi, di diversa età (ma anche solo di una età specifica, ad esempio i giovani), residenti o meno.

Attraverso interviste mirate, ad ognuno si fanno descrivere o disegnare percorsi dati, ambienti su cui verte l’indagine e poi si leggono le varie “narrazioni” che portano a sintetizzare il valore “significante” e la forza strutturale di un contesto, proprio come “teatro” della scena umana. Le immagini possono essere chieste in pianta ma anche in sezione, per sapere come si percepiscono le relazioni tra gli oggetti: a titolo esemplificativo si presentano due immagini di un progetto fatto nelle scuole del bellunese sulla lettura dello spazio segnico.

19 - struttura dello spazio abitato disegnato dai bambini di una scuola elementare di Belluno (progetto Conoscere per abitare a cura di Irma Visalli)

i punti della mia mappa
Figura

4 IL METODO PROPOSTO

4.1 Fasi e attività del metodo

4.1.1

FASE PROPEDUTICA | RACCOLTA MATERIALE ESISTENTE E SPECIFICO

La fase mira a costruire la base conoscitiva in base alla quale dare supporto interdisciplinare all’indagine . Nello specifico si dovrebbero raccogliere :

 strumenti di pianificazione

 morfologia

 carta dell’uso del suolo

 geomorfologia

 analisi geologiche

 altri studi utili (carte unità ambientali, studi già fatti o definizioni utili e da integrare)

 carte storiche di uso del suolo per confronto

 documenti per fare verifiche di confronto evolutivo

 iconografie e descrizioni

4.1.2 FASE 1 | INDIVIDUAZIONE DEGLI ELEMENTI TRADUCIBILI IN ELEMENTI GEOMETRICI CHE COMPONGONO LE STRUTTURE SEGNICHE

Seguendo la logica semiologica, si individuano in questa fase gli elementi che possiamo associare metaforicamente alle parole del testo paesaggistico. Sono quindi le parti elementari che possono considerarsi i minimi comuni denominatori attraverso i quali si può scomporre lo spazio in elementi riconducili alle forme geometriche di base: punti, linee, superfici e volumi.

Come si può immaginare, sono categorie il cui significato deve essere specificato e declinato alle specifiche realtà contestuali. Nel nostro caso, ossia in una realtà di montagna, la dimensione spaziale e volumetrica è sicuramente predominante: può infatti capitare che un elemento assuma più significati. Ad esempio, un punto può essere inteso come elemento singolo identificato come emergenza visiva (una vetta o un campanile) ma lo è altrettanto anche uno “spazio” in cui si addensano più direzioni o in cui si percepisce un “passaggio nodale” tra spazi diversi. È il caso delle forcelle o dei valichi.

È bene quindi chiarire prima di catalogare lo spazio analizzato cosa si deve intendere per ognuna delle categorie geometriche. Nel nostro caso, l’analisi segnica riguarda sia

elementi formali che funzionali (ma sempre percettibili fisicamente) anche perché, come detto, si fa riferimento ad elementi legati alle componenti naturali ed antropiche.

 LINEE | Le linee sono elementi percettivi che si sviluppano linearmente in termini geomorfologici (un vallone, una linea di crinale), funzionali come i percorsi che segnano la struttura territoriale, come linee di margine percepibili tra spazi o tra superfici (la linea che segna uno skyline delle pareti in susseguirsi tanto da formare una linea di demarcazione tra spazi o quella che nettamente distingue parti diverse di copertura di suolo, ad esempio tra bosco e prato, tra prato e bosco).

Alcuni esempi:

o crinali,

o cenge,

o percorsi,

o linee di fondovalle,

o linee di terrazzi,

o margini edificati o comunque di demarcazione lineare tra spazi, o corridoi di vegetazione a bosco,

o linee di demarcazione tra spazi di diversa natura.

 PUNTI | Devono intendersi come elementi singoli che segnano e fermano l’attenzione percettiva sia per la loro conformazione sia per la loro funzione. Possono essere emergenze architettoniche o naturali, vette singole dalla dimensione predominante, ambiti lacustri, piccole chiese e campanili o luoghi utili per l’orientamento come luoghi nodali in cui vi è un passaggio riconoscibile “puntuale” tra ambiti (forcelle e passi). Si tratta quindi spesso di elementi significativi e rappresentativi dal punto di vista testimoniale, vedi ad esempio, il masso di Mondeval. Nell’ambito più segnatamente naturale, si identificano come punti di riferimento anche i pochi singoli luoghi dell’accoglienza e della sosta, rifugi, malghe e bivacchi. Alcuni esempi: o vette, o campanili, o luoghi nodali di confluenze o di passaggio: depressioni puntuali come le forcelle, o punti di congiunzione sommitali: passi, o punti di riferimento storici e polarizzanti (chiese e campanili, edifici di particolare rilievo, rifugi),

o malghe e rifugi, segni della presenza umana in ambiente solo naturale.

 SUPERFICI | Si identificano e diversificano in funzione della materia del soprassuolo e nella sostanza fanno riferimento alla copertura del suolo, sia in termini di contenuto sia in termini di “disegno”. Se nel primo caso, ad esempio, si possono ricondurre le superfici alle unità di paesaggio definite dalla ricerca di Udine, nel secondo sono più importanti, percettivamente, le forme delle diverse texiture: la trama di uno spazio coltivato ma anche il disegno che la geomorfologia compone sulle pareti rocciose. Queste possono distinguersi in funzione della loro omogeneità o discontinuità e mixitè.

Alcuni esempi:

o boschi, o prati e pascoli, o detriti e ghiaioni, o roccia (distinta tra quella scura di origine vulcanica e chiara della Dolomia dello Sciliar),

o Praterie, o zone umide –acqua, o trame agricole, o tessuto insediativo.

 SPAZI/VOLUMI | Come accennato, sono gli elementi che maggiormente caratterizzano lo spazio montano e che, in una struttura visibile dall’alto (a volo d’uccello o da un aereo) si “appiattiscono” assumendo un portato “orientativo” riconducibile a elementi semplici come linee, superfici e punti. Nella percezione dell’uomo che si muove nello spazio, questi sono evidentemente più riconoscibili non come “segni” autonomi ma come ambiti geometrici contenenti gli altri (un volume ha in sè linee punti e superfici composte tra loro). In tal senso, pur inseriti in questo insieme di forme geometriche, molti degli elementi elencati vanno considerati come piccoli “contenitori spaziali” in quanto appunto includono gli altri elementi semplici. Questo perché alcuni elementi già richiamati come punti o linee qui si ripresentano come spazi. Alcuni esempi: o conche o massicci, zone di vetta e di ghiacciaio con volumi emergenti piuttosto che spazi, o testate di valle, o incisioni vallive: gole o valli aperte; o piani alpini, o conoidi.

Esito atteso: abaco degli elementi che compongono il sistema di riferimento e posizionamento degli stessi su supporto cartografico georeferenziato.

4.1.3 FASE 2 | ANALISI DELLE RELAZIONI: INDIVIDUAZIONI DELLE STRUTTURE E DELLE PARTI

Dopo aver ubicato gli elementi tradotti in forme semplici e avviata contestualmente l’analisi percettiva (situata qui solo per opportunità a seguire) si passa alla fase di lettura delle relazioni tra elementi.

Si identificano i “contenitori spaziali” in cui si riconosce una organizzazione “delimitata” da confini definiti o in base all’organizzazione morfologica delle parti o in funzione della percezione. Sono in ogni caso dipendenti tra loro sotto i diversi punti di vista.

Le parti definite sono quindi una propedeutica azione verso l’individuazione di ambiti di percezione unitari. In questa fase si definiscono ambiti spaziali più o meno complessi non solo in funzione della densità degli elementi, ma anche in funzione della compresenza di elementi naturali e antropici. Nel nostro caso, cioè dentro i perimetri del Bene UNESCO, ovviamente si tratterà per lo più di elementi naturali e in sequenza magari ravvicinata come nel caso di roccia – ghiaione – bosco – prato, ma se consideriamo il sistema paesaggistico fino a comprendere gli ambiti più insediati ai margini, le parti di cui si compone l’analisi si arricchiscono degli elementi caratterizzanti spazi agricoli o ambiti con segni legati all’azione umana e al sistema edificato.

Esito atteso: carta della struttura d’area vasta ed identificazione di parti con strutture identificabili con regole proprie e spazialmente circoscrivibili.

4.1.4 FASE 2.1 | L’ANALISI PERCETTIVA

Parallelamente alla costruzione delle strutture segniche del paesaggio e delle loro relazioni, e proprio per dare loro quel valore “significante” che lo distingue dal sistema territoriale descritto solo “oggettivamente”, deve entrare necessariamente in gioco la relazione tra il sistema segnico con il soggetto che lo percepisce ed entra in stretta relazione con lo spazio per fruirne.

La forza degli elementi segnici che connota la montagna e specificatamente le Dolomiti costituisce un elemento di forte differenziazione con altri ambienti. Innanzitutto perché sono più rilevanti gli aspetti spaziali e volumetrici della composizione geometrica piuttosto che quelli lineari e superficiali che contraddistinguono alti paesaggi di pianura, ma anche perché, ritornando alla semiotica del paesaggio, come dice Paolo Castelnovi, in montagna vi è una fortissima “reciprocità” tra soggetto e testo: “quasi sempre il fruitore è consapevole di essere “dentro” il paesaggio, di essere egli stesso parte di un paesaggio percepibile da altri punti di vista ….ciò comporta una rilevante importanza dell’esperienza diretta, del vissuto. L’utilizzo intenso della soggettività di molteplici punti di vista per

godere di sensi immediati, emozionali e, soprattutto per costruire la base della memoria che traccia un imprinting personale alle future attribuzioni di significato”.

L’analisi quindi si muove per avanzare un’ipotesi di “racconto” dell’esperienza di chi fruisce le Dolomiti potendo attraversare lo spazio come un susseguirsi di contenitori visivi che sottolineano, confermano e valutano le strutture segniche da più punti di vista.

Ovviamente la lettura semiologica in tal senso si caratterizza in funzione della posizione e del movimento del soggetto che guarda. Potremmo anche dire che la percezione, se studiata al fine di connotare il senso di appartenenza e di comprensione dei luoghi, cambia in funzione di moltissimi altri caratteri legati all’osservatore che, nel nostro caso, può essere abitante o turista e quindi può muoversi con retroterra culturali molto diversi e anche con strumenti cognitivi specifici.

Inoltre è ben diversa la capacità di interpretare i messaggi percettivi tra chi percorre in automobile le valli di maggiore scorrimento e chi percorre sentieri escursionistici o percorsi di mezza costa ad una velocità minore.

Come già detto, sarebbe molto interessante indagare quali elementi scenici sono sistematicamente riconosciuti da una diversa gamma di fruitori e quanto siano consolidati quegli elementi simbolici che conosciamo grazie alla letteratura esistente a cui si fa cenno in parti che seguono. In ogni caso, in assenza di un coinvolgimento della popolazione o di un target di attori selezionati, al momento ci si limita a individuare le possibili tipologie di visuali in funzione dei principali caratteri delle fruizioni.

In tal senso, come per quanto riguarda la lettura delle strutture segniche, dobbiamo distinguere il sistema delle esperienze percettive vissute alle diverse scale d’attenzione anche perché per loro natura i caratteri preminenti delle vette dolomitiche sono visibili ad una distanza enorme. E i caratteri delle visuali cambiano profondamente man mano che l’osservatore si avvicina e che il sistema delle quinte visive si fa prossimo.

Metodologicamente parlando, le esperienze percettive si identificano in funzione della lettura semiologica del paesaggio e delle modalità con cui si attraversa lo spazio indagato o con cui si percepiscono, da punti lontani, la struttura nell’insieme o parti rilevanti di questa che assumono il ruolo di catalizzatori. L’analisi dei caratteri scenici è quindi funzionale sia a descrivere le unità di paesaggio percepite dopo averle identificate, sia ad implementare la fase dell’analisi delle relazioni e quindi delle parti come definito dalla Fase 2. In termini metodologici i passi da compiere sono:

1. Definire i caratteri delle visuali in funzione del punto di vista e della scala. In tal senso devono essere “mappate”:

o le visuali significative da spazi “lontani”, ovvero il sistema percettivo di chi si muove intorno e dentro lo spazio analizzato. Nello specifico vanno indagate le percezioni:

 a margine del sistema individuato (il sistema delle visuali dell’ambito acqusite dagli spazi di fondovalle attraversati o dei percorsi a mezzacosta),

 internamente al sistema: la narrazione di chi percepisce lo spazio da vicino (percorsi escursionistici).

In entrambi i casi si procede con l’analisi delle serie visuali: una volta definito un percorso si segnano i punti di vista e poi, in sequenza, si descrivono e definiscono le diverse esperienze visive man mano che si procede sul percorso dato. Questa analisi porta a definire da un lato il modo in cui gli elementi caratterizzanti il sistema studiato vengono utilizzati come sistema di orientamento ed identificazione, dall’altro la forza strutturante del paesaggio per come la si percepisce “vivendolo” con esperienza diretta. Il racconto si sostanzierà di alcune caratteristiche percettive:

o le visuali continue,

o le visuali discontinue e con panorami sistematicamente o ritmicamente interclusi,

o spazi interclusi da cui si aprono spiragli improvvisi,

o visuali puntuali su ambiti ampi,

o visuali marginate da quinte,

o visuali in cui si percepisce nettamente la caratteristica dei rapporti tra spazi insediativi, spazi agricoli e spazi naturali,

o visuali che danno il senso dell’ignoto (la linea d’orizzonte che segna il confine tra terra e cielo, ad esempio la fine di una salita che limita la vista e lascia l’incognita su cosa si aprirà “dopo”),

o visuali di luoghi “meta”.

2. Mappare luoghi e tipologie di visuali in uno spazio che le caratterizza in modo identificabile e distintivo. Tra queste:

o gli attrattori visivi (nel nostro caso le vette sono i più importanti) e i detrattori qualora vi fossero elementi incoerenti che si frappongono tra l’osservatore e il paesaggio,

o i punti da cui si evince il panorama vasto e ci si orienta “tra le vette” (più a contatto col cielo che con la terra),

o le enclave.

In tutti i i casi (delle serie visuali e delle tipologie puntuali) l’obiettivo è quello di riportare la narrazione del testo paesaggistico estetico nella sua variegata articolazione di forme perché, in base a questa, si delinea la memoria percettiva (il segno vigoroso della figurabilità). Va sottolineato che questo racconto non può essere esente da una

possibile descrizione di quella che Schulz definisce “l’atmosfera che caratterizza lo spirito del luogo”. E in tal senso non si può non fare cenno ad elementi imprescindibili da tenere in considerazione nella descrizione del paesaggio come testo narrativo ed estetico, quali, ad esempio, i colori e i loro mutamenti stagionali e giornalieri oltre che la combinazione delle diverse nature delle coperture dei suoli e delle specie botaniche presenti, i particolari odori o le sensazioni legate alle forme e alle visioni maestose da punti significativi.

Esito atteso: a) Individuazione di un percorso esterno al Bene (strada carrabile) e interno al Bene (sentiero) su cui costruire una serie visuale di riferimento; b) Abaco delle percezioni puntuali ed identificabili in uno specifico spazio.

4.1.5 FASE 2.2 | ANALISI DEL SISTEMA SIMBOLICO E DELL’EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO TRAMITE MATERIALE ICONOGRAFICO, FOTOGRAFICO e LETTERARIO

Al fine di procedere sia alla definizione delle unità d’ambito paesaggistico che alla definizione di possibili criteri d’indirizzo per dare pareri motivati in processi di trasformazione, si analizzano in questa fase (sempre in termini dialogici e non sequenziali con le sub fasi 2 e 2.1) i processi evolutivi, sempre in forma semplificata, speditiva e se vogliamo empirica, dell’insieme emerso dall’analisi semiologica percettiva sull’esistente.

L’azione mira a:

 evidenziare i mutamenti “fisici” che hanno più o meno prodotto un mutamento del “teatro scenico percettivo”;

 evidenziare la potenza di elementi simbolici e degli iconemi che, nel tempo, si sono mantenuti;

 argomentare le diverse rappresentazioni e descrizioni che supportano e suffragano il valore percettivo ed identitario legato alle comunità e agli uomini che da sempre hanno raccontato le Dolomiti.

L’azione si sostanzia attraverso il confronto dell’esistente con il materiale storico testimoniale più o meno recente (in funzione dell’oggetto da indagare).

Esito atteso: a) Descrizione delle trasformazioni percepibili; b) Individuazione degli elementi resilienti.

ATTIVITÀ FACOLTATIVA: IL COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITA’

Le attività di partecipazione e coinvolgimento potranno essere molto utili per i fini di un lavoro come quello che questo metodo delinea. Le stesse sono state descritte nella premessa di questo documento anche perché il coinvolgimento delle comunità è un’azione trasversale alle altre: è infatti utile sia alla fase di indagine, che a quella della valutazione e scrittura dei criteri della scheda di indirizzo.

4.1.6 FASE 3 | VALUTAZIONE

Dalle fasi precedenti si desume il quadro dell’esistente in termini di caratterizzazione identitaria e narrativo-estetica del paesaggio, si definisce il quadro valutativo delle qualità percepibili nel sistema nel suo complesso ed estendibili al patrimonio nella sua interezza.

La valutazione riguarda i seguenti parametri:

 la nettezza e la forza della struttura segnica – il grado di leggibilità e la possibilità del sistema di generare immagini poderose e memorizzabili (figurabilità),

 l’identità espressa in termini di rappresentatività (rapporto tra l’immagine e il significato desunto da eventuali indagini partecipative),

 la varietà morfogenetica delle diverse unità.

Esito atteso: schede valutative delle qualità percettive.

4.1.7 FASE 4 | INDIVIDUAZIONE AMBITI UNITARI DI PAESAGGIO PERCEPITO

L’individuazione degli ambiti unitari di paesaggio percepito è l’esito delle fasi precedenti, ma, come detto per alcune altre parti di questa descrizione metodologica non è strettamente consequenziale alle altre fasi, bensì con esse interattiva ed interagente.

L’unità, richiamando la definizione data in premessa, è lo spazio in cui si condensano le immagini delle strutture segniche che, con il portato culturale identitario, si stabilizzano nella memoria come parti sostanziali del racconto insito nel testo paesaggistico.

Essa è il risultato del confronto dei segni spaziali e di superficie che ospitano il luogo fatto proprio dalle comunità abitanti e dai fruitori tramite un processo di selezione ed elezione di quei valori simbolici che lo caratterizzano differenziandolo dagli altri.

L’unità in tal senso non è somma di tantissimi segni, ma ambito di selezione di pochi elementi che, grazie alle loro relazioni con il contesto fisico e culturale, ne garantiscono la riconoscibilità.

Esito atteso: Carta delle Unità di Paesaggio percepito e identificabile come specifico e riconoscibile (grazie alle immagini fissate nella memoria individuale e collettiva).

4.1.8 FASE 4 .1 | INDIVIDUAZIONE GRIGLIA PER CRITERI DI INDIRIZZO

La griglia dei criteri su cui basarsi per poter dare pareri motivati che tengano conto del valore percettivo così come lo abbiamo inteso, deve essere costruita a maglia larga e flessibile, proprio per consentire di poter dare un parere non scientifico e forse anche non necessariamente supportato da competenze tecniche specifiche.

Questo perché non stiamo parlando di una specifica procedura codificata (come sono la VIA o la VINCA), ma piuttosto di un contributo utile alla Fondazione che, senza avere alcuna competenza di natura vincolistica o amministrativa, è comunque tenuta a “difendere” i valori universali delle Dolomiti quale Bene Patrimonio dell’umanità e a dare un parere motivato in quelle trasformazioni che potrebbero minarne la trasmissione alle generazioni future.

Il porre dei limiti all’ambito di intervento nasce dalla convinzione che i criteri proposti nel presente studio dovrebbero essere utilizzati per meglio comprendere “cosa valutare” nel momento in cui venisse richiesto un parere per un’eventuale opera che potrebbe produrre qualche trasformazione nel paesaggio dolomitico. I criteri, quindi, dovrebbero servire ad implementare i cosiddetti “temi d’attenzione”, piuttosto che le variabili che vengono considerate nelle valutazioni tecniche di tipo vincolistico.

La griglia si offre quindi come insieme di “temi d’attenzione” che comprendono quegli aspetti spesso non considerati nei processi di valutazione ambientale.

Parliamo della narrazione di un paesaggio in cui compaiono elementi visibili ed invisibili ad occhio nudo che segnano il grado di appartenenza delle comunità a quel teatro paesaggistico in cui compiono la propria recita, come direbbe Turri.

Esito atteso: a) Costruzione di una scheda che contenga: 1. la descrizione degli elementi caratterizzanti il sistema paesaggistico come percepito sia nella sua interezza che nelle unità di paesaggio; 2. i valori qualificanti in termini di rappresentatività (fase 3); 3. gli elementi di criticità e vulnerabilità; 4. soglia di attenzione dovuta.

Fase propedeutica

materiali

 Morfologia

 Uso delsuolo

 Geomorfologia

 Unità di paesaggio (habitat)

 Unità di paesaggio geomorfologiche

 Strumenti di piano

 Rappresentazioni iconografiche

 Descrizionidi diversanatura

sistema oggettuale

Elementi geometrici

 Elementi lineari

 Elementi puntuali

 Elementi areali

 Elementi spaziali e volumetrici

sistemasensibile, percettivoediconemi

Analisipercettive,iconografiche estorico-evolutive

 Strutture d’area vasta (più sistemi)

 Letturadella struttura del sistema

20 - Rappresentazione grafica del metodo proposto

 Individuazione visualie percorsi

 Sopralluoghi

 Struttura percettiva d’insieme

valutazioni

individuazione

 Resilienzatramite carte storiche

 Forzastrutturale

 Rappresentatività Schedatura

 Struttura

 Linee diindirizzo

Raccolta
Strutturesegniche
Ambitidipaesaggio
Eventualeindaginepartecipata
Figura

5 UNA PRIMA APPLICAZIONE: IL CASO DEL SISTEMA 1 PELMO CRODA DA LAGO

Per l’applicazione del metodo ad un caso studio, è stato selezionato il Sistema 1 Pelmo Croda da Lago, sulla base di alcuni elementi caratterizzanti il sistema stesso:

- dal punto di vista amministrativo, è interamente ricompreso in una unica Provincia; - dal punto di vista dell’individuazione dell’ambito di studio, i margini sono ben identificabili con i sistemi vallivi che lo circondano: verso Ovest-Nord-Ovest la Val Fiorentina, verso Sud-Sud-Ovest la Val Zoldana, verso Est-Nord-Est la Val Boite; - dal punti di vista della riconoscibilità del Sistema, è caratterizzato da iconemi noti quali il Pelmo da un lato ed il sistema Mondeval-Croda da Lago dall’altro;

Figura 21 – Mappa d’insieme dei 9 Sistemi Dolomitici (fonte: www.dolomitiunesco.info)

Dal punto di vista delle relazioni con altri Sistemi dolomitici, in termini percettivi il Sistema

1 si relaziona fortemente con il Monte Antelao e le Tofane (Sistema 5), con il Monte Civetta (Sistema 3), con la Marmolada (Sistema 2).

Le relazioni del sistema con l’intorno assumono particolare importanza per la riconoscibilità degli elementi della struttura assunti di valore in quanto emergenti come riferimento per aumentare orientamento e identificazione da parte dell’ osservatore.

Questo valore cambia inevitabilmente a seconda della scala (e della distanza) con cui si leggono le relazioni tra i diversi componenti.

Se alla scala più vasta (e ad una distanza maggiore) è il Pelmo, con la sua caratteristica forma, ad essere l’elemento di maggiore riconoscibilità e le relazioni sono essenzialmente quelle con le altre vette più significanti, avvicinandosi assumono importanza e funzione orientativa le strutture vallive e le modalità con cui, percorrendo lo spazio, si compongono tra loro gli elementi paesaggistici strutturali.

5.1 Fase Propedeutica di raccolta materiali – Il bagaglio esistente

La scelta dei materiali da raccogliere è stata indirizzata dalla necessità di supportare l’analisi degli aspetti percettivi delle unità di paesaggio per come già definiti, con elementi già riconosciuti e avvalorati sia dalla comunità sia dai mondi scientifici e istituzionali.

Questi compongono la base per l’interpretazione proposta che non esula da altre letture che avvalorano e argomentano tale interpretazione del paesaggio, dialogandovi costantemente.

5.1.1 Le attività e gli studi sul Sistema 1

In riferimento all’analisi di carattere bibliografico sugli studi già realizzati riferiti al Sistema 1, i principali contributi per definire le unità di paesaggio “percepite” sono afferenti all’attività della Fondazione Dolomiti UNESCO e delle Reti Funzionali (http://www.dolomitiunesco.info/categoria-pubblicazioni/ricerche/). Di particolare rilievo sono:

- Il Nomination Form, nel quale sono presenti schemi rappresentativi della struttura paesaggistica e geomorfologica (cfr. par. 3.3.3);

- La ricerca svolta dall’Università di Udine sulla definizione delle Unità di Paesaggio a partire dagli Habitat della Rete Natura 2000;

- Pubblicazioni tematiche da parte della Fondazione Angelini, in particolare “Per la conoscenza del gruppo Pelmo – Croda da Lago” a cura di Ester Cason con una approfondita descrizione del Sistema 1;

- Lo Studio sui balconi panoramici a cura di Dolomiti Project che fornisce input dal punto di vista metodologico e di presupposti concettuali;

-

Studio sulla carryng capacity a cura di L. Ponticelli e C. Micheletti (http://www.dolomitiunesco.info/?pubblicazioni=dalla-carrying-capacity-allacarrying-capability)

Altri studi, riconducibili ad Atlanti e Cataloghi, sono utili per supportare l’analisi da elementi “oggettuali” riconosciuti negli ambiti scientifico /disciplinari che sostanziano i valori universali. Ne sono un esempio Le forme del terreno viste dal cielo: Il Veneto, Atlante geomorfologico – Regione Veneto e ARPA e Atlante floristico delle Dolomiti d’Ampezzo – Regione Veneto e Parco Dolomiti d’Ampezzo.

5.1.2 Elaborazioni Cartografiche

Vedi Allegato 1

5.1.3 Ricognizione degli strumenti di pianificazione vigenti

Nel caso del Sistema 1, lo strumento di pianificazione vigente maggiormente significativo in riferimento al Paesaggio è il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ed in particolare la Tav. C.5 “Sistema del paesaggio” che individua gli iconemi e i monumenti naturali/land markers (skyline, limite del bosco, geositi, alberi monumentali).

Il PTCP definisce con il termine iconema “gli elementi costitutivi di un territorio che, per il rilevante carico simbolico intrinseco o per la frequenza con cui si presentano, nel loro insieme costituiscono la sua identità”. Tali beni costitutivi del territorio “impressionano per la loro evidenza, bellezza, grandiosità, singolarità, di particolare interesse visuale, panoramico e paesaggistico, desunti dall'iconografia tradizionale dei luoghi e dalla storia”.

Il Comune, in sede di adeguamento dello strumento urbanistico alle indicazioni del PTCP: a) assume gli elementi individuati dal PTCP come di alta valenza paesaggistica e tutela le direttrici visive di maggiore sensibilità, nonché i punti panoramici, che offrono visuali dei luoghi; b) integra le norme del proprio strumento urbanistico per consentire l’attuazione degli obbiettivi di tutela e valorizzazione; c) cura che le nuove previsioni insediative non compromettano le condizioni di visibilità al fine di garantire la libera fruizione visiva dei paesaggi e degli orizzonti; d) prevede il controllo tipologico e dimensionale di tutti gli insediamenti del contesto di riferimento che possano in ogni caso interferire con i segni identificativi, quali campanili, cupole, edifici noti, assi urbanistici, prospettive di elementi naturali, ecc..

Per quanto riguarda i monumenti naturali, il PTCP individua “sia le emergenze puntualiossia emergenze geologiche, morfosculture, nonché alberi monumentali censiti - sia i segni con riscontro e valenza paesaggistica che rappresentano sinteticamente le peculiarità del territorio, quali i profili dei principali rilievi percepibili visivamente”

I Comuni, sulla base delle individuazioni fatti dal PTCP, sono chiamati ad integrare il repertorio del patrimonio che riguarda tali elementi. In particolare il Comune: a) verifica ed eventualmente integra i dati conoscitivi presenti nell’elenco, inserendo negli elaborati della componente paesistica gli elementi individuati; b) elabora misure per la tutela degli esemplari arborei individuati, finalizzate ad evitare il danneggiamento e l’abbattimento degli stessi (…); c) disciplina gli interventi edilizi e di modifica del suolo in rapporto alla necessità di garantire lo spazio minimo vitale degli alberi, il mantenimento degli spazi di percezione, la protezione degli apparati radicali dalle operazioni di scavo; d) regola le proprie previsioni, anche in rapporto alla necessità di garantire il mantenimento degli spazi di percezione da valle, dai luoghi pubblici, dalla viabilità principale e secondaria e/o dalla sentieristica delle emergenze.

Nel caso del Sistema 1, gli Iconemi significativi individuati dal PTCP sono:

 Conca di Cortina (esterno ma limitrofo al sistema),

 Monte Cristallo (esterno ma limitrofo al sistema),

 Le Tofane (esterno ma limitrofo al sistema),

 Col di Lana (esterno ma limitrofo al sistema),

 Val Fiorentina,

 Monte Pelmo,

 Monte Civetta (esterno ma limitrofo al sistema),

 Passo Giau (esterno ma limitrofo al sistema),

 Mondeval,

 Fornesighe - Abitato tipico.

Figura 22 - Estratto Tav. C.5 del PTCP

5.2 Fase 1 | Individuazione degli elementi che compongono le strutture segniche

Per la lettura del paesaggio, i segni fisici che lo compongono vengono tradotto in forme geometriche elementari sulla base della seguente articolazione:

Elementi geometrici

Descrizione elementi segnici

Punti Si identificano come elementi puntuali, specifici e distinguibili.

In alcuni casi i punti si identificano come “nodali” in quanto luoghi che identificano il “passaggio” tra uno spazio e l’altro e che, anche se di ampiezza spaziale di tipo areale, rappresentano elementi puntuali che segnano una transizione tra elementi diversi.

Linee Sono elementi che si sviluppano in senso lineare o che separano le diverse superfici e/o ambiti

Esempi

Possono essere identificati come punti di riferimento del sistema “naturale”, ad esempio le cime di vetta che segnano “mete” e capisaldi di orientamento visivo nel sistema o elementi specifici e puntuali di valore storico testimoniale (sasso di Mondeval) o del sistema “artificiale e antropico ” di carattere funzionale come, ad esempio, un rifugio o una malga. Nel nostro caso i “punti nodali” sono ben rappresentati da forcelle e passi

Nel primo caso le valli, i crinali, i fiumi e affluenti, il sistema viario e i sentieri. Nel secondo, margini che separano in parti uno spazio dal punto di vista percettivo (ad esempio la roccia dal bosco)

Superfici Si riferisce alla destinazione superficiale del suolo cioè la texiture che distingue le “unità di paesaggio” roccia – foresta –prato – pascolo - trama insediativa (si tratta del carattere del soprassuolo) Sono, in sostanza, le unità di paesaggio già definite come elementi base della struttura paesaggistica: roccia, bosco, mugheta, prato e pascolo. Questo elemento va letto in funzione dei suoi caratteri figurativi e di densità: omogenea, fitta, a maglie più o meno ordinate ….

Volumi e spazi Ambiti che possono leggersi come delimitati e riconoscibili con caratteristiche spaziali proprie (in quanto spazi, possono contenere anche più di un elemento)

Le vette, nella loro dimensione tridimensionale, i monumenti rocciosi, i grandi valloni, le grandi piane in quota, gli spazi insediativi di piccole dimensioni.

Di seguito vengono individuati, per ogni forma geometrica elementari, gli elementi significativi del Sistema 1.

5.2.1 Abaco degli elementi che compongono il sistema

A titolo esemplificativo, si riporta l’abaco in cui vengono elencati gli elementi visibili del paesaggio che possono essere identificati ed associati alle forme geometriche che compongono la struttura dei “segni” da posizionare in una carta di sintesi. L’elenco quindi non deve essere considerato esaustivo ma esemplificativo del metodo e della sua applicazione al sistema analizzato

Volumi | LE CIME

Pelmo

Piz del corvo
Cernera

Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Lastoi di Formin
Croda da lago
Cima Ambrizzola
Becco di mezzodì

Patrimonio

Monte penna

Volumi | GLI SPAZI

Testata della Valle Fiorentina

Testata della Valle di Zoldo

Punti e Nodi | PASSI E FORCELLE

Col piombin

Forcella Ambrizzola

Forcella Giau

Forcella Lastoi de Formin

Forcella Col Duro

Forcella rossa

Forcella di Zonia

Forcella Roan

Forcella Puina

Forcella Val d’Arcia

Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Luoghi puntuali di carattere areale | GLI SPAZI

Mondeval Piani

Prati Val Cernera
Ripiano di Federa
Col della Pausa

Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Punti | RIFERIMENTI ANTROPICI e STORICO-SIMBOLICI

Malga Fiorentina

Malga Prendera

Rifugio Città di Fiume

Lago delle Baste

Sepoltura Mesolitica

Ponte Lago di Federa

LE SUPERFICI

Prati sotto rocchette

Ghiaione del Pelmo e Forcella Val d’Arcia

Percorsi di attraversamento

LE LINEE
Val Boite

5.2.2 La relazione tra elementi dell’abaco

La distinzione di alcuni elementi, ad esempio quelli lineari come le valli, sono da analizzare in relazione con altri caratteri formali, come ad es. la forma della loro sezione e quella dei “margini” che li “segnano”. Il Sistema 1 è caratterizzato da percorsi che lo costeggiano con diverse tipologie di visuale, rappresentate nelle figure che seguono:

5.3 Fase 2 | Analisi delle relazioni: individuazione delle strutture e delle parti

Dopo l’individuazione dei singoli segni che caratterizzano l’ambito d’indagine e la loro collocazione sulla catografia di base , questa fase si concentra sulla lettura delle relazioni strutturali tra gli stessi.

La forza strutturale paesaggistica, infatti, è esito non tanto dell’ evidenza delle singole “emergenze” visive quanto dalla modalità in cui esse si inseriscono in un’insieme percepibile che si “fissa” nella mente dell’osservatore grazie alla riconoscibilità delle relazioni tra i diversi elementi e alla forza con cui l’insieme diviene sistema di orientamento.

Questa fase, in coerenza con i presupposti teorici dello studio riguardanti la necessità di analizzare il paesaggio integrando le diverse scale e i diversi punti di vista, si compone di due diverse attività:

 una di analisi delle relazione tra elementi della struttura. Riguarda la composizione nel suo insieme ad una distanza tale da poter cogliere i grandi riferimenti (le vette che possono vedersi anche da molto lontano) o il sistema nel suo complesso, anche verificando come le unità di paesaggio fisiografiche (esito dello studio dell’Università di Udine) sono leggibili e integrabili nella struttura “segnica”.

 una che coglie le esperienze visuo –percettive dell’uomo che si muove nello spazio e che “narrare” come gli elementi segnici e le loro relazioni si presentano man mano che si percorre il sistema oggetto di studio.

5.3.1 Schizzi interpretativi. Strutture segniche: linee, aree, punti e volumi

Figura 23 - Visione d’insieme della struttura morfologica e dei volumi (dal Pelmo verso nord)

Figura 24 - Visione d’insieme della struttura morfologica e dei volumi (da nord verso sud vista dalla Val Fiorentina)
Figura 25 - Struttura d’area vasta: Relazione con gli altri Sistemi Dolomiti UNESCO per individuare il perimetro significante (foto: www.fabiomarchini.it)

5.3.2 Sovrapposizione tra struttura segnica e unità fisiografiche (Università di Udine)

26 - Sovrapposizione tra UdP e struttura segnica

5.3.3 ANALISI VISUO-PERCETTIVA | 1: L’analisi tipologica delle visuali

Per affrontare la parte delle attività analitiche che riguardano la percezione dell’osservatore che si muove dentro o fuori il sistema analizzato e per costruire quindi la narrazione della percezione in funzione non solo di punti di vista statici, è necessaria una attività che potremmo definire “propedeutica”, cioè quella di definire le tipologie di visuali che caratterizzano l’esperienza percettiva.

In termini assimilabili all’approccio segnico che caratterizza il metodo proposto, le tipologie di visuali sono utili per indagare con che modalità i riferimenti e gli elementi della struttura segnica si presentano al visitatore oppure all’abitante nella consapevolezza che il valore paesaggistico percepito è mutevole in funzione non solo della posizione fisica dell’osservatore ma anche del suo legame con il luogo, della sua cultura e della consuetudine con cui si relaziona ad esso.

Le tipologie di seguito elencate, sono da intendersi come generali e applicabili ad ogni contesto, seppur si sia voluto anche nella loro elencazione esemplificarle con fotografie del sistema analizzato.

Figura

VISUALI CONTINUE

VISUALI SU PANORAMI AMPI

VISUALI SCHERMATE

VISUALI DISCONTINUE

Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

VISUALI CHE LASCIANO IGNOTA LA SCENA OLTRE L’ORIZZONTE

VISUALI CHE SI APRONO GRADATAMENTE SU PAESAGGI APERTI

VISUALI E LUOGHI IN CUI VI È UN CAMBIO DI SCALA CHE MUTA I RAPPORTI UOMO-CONTESTO (passaggi improvvisi di scala)

5.3.4 ANALISI VISUO-PERCETTIVA | 2: Le visioni seriali

Le visioni seriali sono quelle che esprimono una sequenza di esperienze percettive che, distinte in funzione delle tipologie di visuali delineate, costituiscono un vero racconto / narrazione di come i vari spazi, linee, punti, si compongono a formare quella “mappa mentale” che nell’osservatore forgia la memoria percettiva legata al paesaggio attraversato.

In questa attività, appare molto significativa l’indagine relativa alle descrizioni esistenti nei siti web dedicati all’escursionismo alpino e, nel caso, a quelle relative ai percorsi consolidati e diffusamente descritti dai visitatori delle Dolomiti.

Nelle descrizioni dei percorsi, in cui si integrano testi, mappe e foto, emergono con chiarezza gli elementi della struttura paesaggistica che rappresentano riferimenti di orientamento o di caratterizzazione che ci aiutano a definire le unità di paesaggio in quanto parti distinguibili dall’osservatore come ambiti dotati di propria riconoscibilità. In tal senso gli elementi che in moltissimi “racconti” si ripetono sistematicamente avvalorano l’analisi oggettiva della composizione della struttura paesaggistica.

Il paesaggio percepito può essere quello del racconto degli escursionisti che lo percorrono

Figura 27 - Esemplificazione di visuale seriale lungo il sentiero CAI n. 436

In altri casi lo stesso percorso è narrato sulla base di informazioni relative ad elementi immateriali che contribuiscono alla riconoscibilità del paesaggio quali la storia, i colori e le atmosfere

Figura 28 - Immagini che raccontano l’esperienza di fruizione sullo stesso sentiero CAI da parte di escursionisti
Figura 29 - Immagini che raccontano la storia, l’atmosfera, i colori del sentiero CAI n. 436

5.3.5 ANALISI VISUO-PERCETTIVA | 3: Le visuali interne ed esterne al Sistema 1

Il Sistema 1 è chiaramente individuabile per la presenza del Pelmo, che rimane visibile e riconoscibile sia dal fondo valle che da distanze di decine di chilometri (ad esempio dal Monte Pizzoc e dal Nevagal – circa 50 Km in linea d’area).

Allo stesso tempo dall’interno del sistema sono presenti numerosi punti panoramici con ampie visuali sia verso gli ambiti vallivi che verso gli altri sistemi dolomitici.

Di seguito alcune immagini esemplificative:

 dall’esterno verso il Sistema 1:

o dal Nevegal

o dal Monte Pizzoc

o dal Passo Giau

 dall’interno del Sistema 1 verso l’esterno:

o la conca di Cortina

o le 5 Torri e le Tofane

o il Monte Civetta

o il Monte Antelao e

o Il Monte Cristallo e le Tre Cime di Lavaredo

 le visuali interne al Sistema 1:

o la conca del Mondeval

o il Croda da Lago

o il Rifugio Palmieri Croda da Lago

o il Rifugio Venezia

Figura 30 - Visuali dall’esterno del Sistema. Inquadramento dei coni visuali esemplificativi

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Figura 31 - Il Pelmo visto dal Nevegal (cono visuale 1)

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Figura 32 - Il Pelmo visto dal Pizzoc (cono visuale 2)

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Figura 33 - Il Pelmo e il Sistema 1 visto dal sentiero verso il Nuvolau (cono visuale 3)
Figura 34 - il Sistema 1 visto dal sentiero verso il Nuvolau (cono visuale 4)

Figura 35 - Visuali dall’interno del Sistema verso l’esterno. Inquadramento dei coni visuali esemplificativi

Figura 36 - La conca di Cortina (cono 1)
Figura 37 - Le Tofane (cono 2)
Figura 38 - Le 5 Torre, il Monte Averau e il Nuvolau (cono 3)
Figura 39 - Monte Cristallo e sullo sfondo le Tre Cime di Lavaredo (cono visuale 4)
Figura 40 - Monte Antelao (cono visuale 5)
Figura 41 - Monte Civetta (cono visuale 6)
Figura 42 - Visuali all’interno del Sistema 1. Inquadramento dei coni visuali esemplificativi

Regione Friuli Venezia Giulia | 2018

Figura 43 - Rifugio Palmieri Croda da Lago (cono visuale 6)
Figura 44 - Mondeval e sullo sfondo il Pelmo (cono visuale 7)

Venezia Giulia | 2018

Figura 45 - Rifugio Venezia dal sentiero verso Forcella Val d’Arcia (cono visuale 3)
Figura 46 - Rifugio Venezia (cono visuale 4)

del Patrimonio

5.4 Fase 3 – Evoluzione e resilienza delle strutture e dei segni “simbolici” e “iconemi”

L’analisi mira ad indagare, attraverso il confronto tra immagini storiche e recenti, la ricognizione di testi e rappresentazioni iconografiche, l’evoluzione del paesaggio nei tempi medio lunghi e, contemporaneamente, la resilienza dei segni che caratterizzano la struttura paesaggistica

5.4.1 Paesi e territori: ieri e oggi

Di seguito vengono messe a confronto le immagini di tre luoghi caratterizzanti il paesaggio del Sistema 1 in cui si evincono differenze e persistenze che lo compongono:

 Selva di Cadore,

 Colle Santa Lucia,

 La Val Fiorentina.

VAL FIORENTINA – IERI E OGGI
Figura 47 - Dino Buzzati: Lettera a Bepi Mazzotti con Schizzo del Pelmo (1971)
Figura 48 - Giovanni Bettolo: Il Pelmo olio su tela
Figura 49 - Disegno del Monte Pelmo tratto da “ Der Venetianer Alpen “ di W. Fuchs- 1844 – (Archivio Fondazione
Cacciatori, scienziati, alpinisti alla scoperta delle

5.5 Fase 4 | Individuazione degli Ambiti Unitari di Paesaggio Percepito

La fase 4 è quella della definizione delle unità paesaggistiche intese come “ambito caratterizzato da specifici sistemi di relazioni ecologiche, percettive, storiche, culturali e funzionali tra componenti eterogenee, che gli conferiscono un’immagine ed un’identità distinte e riconoscibili”.

Dall’analisi segnica, scenica e testimoniale si passa quindi alla definizione di unità percepibili che contengono più unità fisiografiche e ambientali e sono connotate sia da elementi fisici che la delimitano, sia da riconoscimenti immateriali legati al vissuto delle comunità e alla percezione dei visitatori.

Figura 51 – Sovrapposizione ambiti unitari di paesaggi percepito e unità di paesaggio fisiografiche

5.5.1 I risultati: schede di indirizzo

Sulla base delle indagini effettuate, si ritiene utile proporre una scheda guida da utilizzare come traccia per l’applicazione del metodo:

DENOMINAZIONE UNITÀ PERCEPIBILE

DESCRIZIONE FISIOGRAFICA

DESCRIZIONE SEGNICA

ELEMENTI EMERGENTI

CRITERI DI ATTENZIONE

Nome che possa identificare l’unità, anche grazie all’analisi dei toponimi per luoghi meno noti

Elenco delle unità di paesaggio fisiografico - ambientale (ghiacciai, detriti, ecc) che compongono l’unità percepibile

Descrizione di massima della struttura segnica complessiva

Caratteri emergenti in termini di figurabilità, resilienza alle evoluzioni, iconemi

Aspetti sui quali prestare particolare attenzione nell’ambito della valutazione del paesaggio percepito e delle sue eventuali mutazioni

6

CONCLUSIONI

Il lavoro proposto, inizialmente finalizzato ad integrare ed implementare con aspetti della percezione visiva le unità di paesaggio come definite dagli studi pregressi, si è rivelato, in virtù dello spostamento del focus sull’approccio di lettura semantica del paesaggio, un vero e proprio percorso di ricerca metodologica e di studio teorico oltre che di applicazione operativa.

Il metodo individuato nel percorso di ricerca condotto e nella sua prima applicazione pilota, risulta funzionale ad una analisi percettiva se applicato a singoli contesti e sulla base di uno specifico obiettivo, come può ad esempio essere la valutazione dell’impatto di un intervento puntuale (alla scala micro) o di un’opera (alla scala macro). Una applicazione per tutto il Patrimonio mondiale risulterebbe invece poco funzionale e comporterebbe una mole di indagini e verifiche che, all’atto pratico, risulterebbero avere scarsa fattibilità a livello attuativo.

Infatti, se da un lato il tema della lettura del paesaggio dolomitico inteso come testo narrativo estetico non può esimersi dal toccare aspetti che esulano dalla semplice analisi vedutista adottando campi delle scienze “umane” che indagano i significati più profondi del valore dell’appartenenza e del rapporto tra cultura e territorio, dall’altro bisogna poter tradurre in operatività il metodo proposto. E’ necessario quindi calibrare le azioni da compiere in base all’esigenza di avere strumenti argomentativi rispetto ad interventi di trasformazione che potrebbero compromettere o toccare il valore che il paesaggio assume come condensato di memoria e di simbologia per ogni comunità.

Quindi, mentre in questa fase possiamo dire di essere scesi in “campo aperto” per capire soprattutto quale strada percorrere, risulta opportuno, nelle applicazioni concrete, circoscrivere l’ambito di indagine e utilizzare una necessaria flessibilità in relazione agli specifici casi studio.

Non possiamo peraltro non sottolineare che quanto accaduto nel territorio del patrimonio

Dolomiti Unesco a seguito degli ultimi devastanti eventi climatici ha probabilmente cambiato in maniera importate il paesaggio a cui noi, in questo lavoro, abbiamo fatto riferimento. Anche sotto questo aspetto riteniamo importante focalizzare l’attenzione sul fatto che il metodo proposto è volutamente sia “generale” che dettagliato perché sia utilmente utilizzato come spazio adeguabile a scelte selettive di orientamento e sintesi. Questo detta la linea verso una più attenta e dettagliata definizione del “campo d’azione” finalizzata agli obiettivi proposti e all’improvviso quanto drammatico cambio di scenario.

Figura 52 – Immagini esemplificative dei danni della Tempesta Vaia di Ottobre 2018.

In sintesi, perché il metodo possa essere applicabile e funzionale è necessario definire di volta in volta:

 Lo scopo specifico dell’indagine che orienti la ricerca e i risultati che essa deve portare. A titolo esemplificativo gli scopi potrebbero essere:

 dare pareri motivati nelle sedi istituzionali

 implementare le azioni di comunicazione relative alla narrazione estetica del paesaggio dolomitico

 sensibilizzare la popolazione e coinvolgerla accrescendo il senso di appartenenza e la consapevolezza del valore universale

 La definizione dell’ambito geografico di studio. Sicuramente il lavoro ha dimostrato l’imprescindibilità di una maggior definizione del campo di riferimento dell’indagine.

7 ALLEGATO 1 - LETTURA CARTOGRAFICA

Per la lettura cartografica del Sistema 1 sono state isolati i seguenti tematismi:

 Morfologia

- Cartografia di base

- Curve di livello

- Curve di livello e Idrografia

- Curve di livello ed edificato

- Curve di livello, idrografica ed edificato

- Curve di livello, idrografica, edificato e viabilità

 DTM

 Unità di Paesaggio (UD)

 Evoluzione da cartografia storica e ortofoto

- Catasto Storico (Impero Asburgico 1869-1887)

- Catasto Storico (De Zach - Europa XIX sec)

- IGM 1980

- Ortofoto 2000

- Ortofoto 2018

 Accessibilità

- Viabilità principale

- Viabilità principale e senti eristica

- Carta Topografica per escursionisti Tabacco

Cartografia di Base – scala 1: 75.0000

Criteri per l’inserimento degli elementi percettivi nelle Unità di Paesaggio
Curve di Livello – scala 1: 75.0000

Curve di Livello e Idrografia – scala 1: 75.0000

Patrimonio
Criteri per l’inserimento degli elementi percettivi nelle Unità di Paesaggio
Modello del terreno DTM – scala 1: 75.0000
Patrimonio
Criteri
Criteri
Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree
Ortofoto
Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette
Criteri per l’inserimento degli elementi percettivi nelle Unità di Paesaggio
Ortofoto 2018 – scala 1: 50.0000

Viabilità principale d’accesso – scala 1: 50.0000

Criteri per l’inserimento degli elementi percettivi nelle Unità di Paesaggio

Viabilità principale d’accesso e sentieristica – scala 1: 50.0000

Criteri

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