2 RICOGNIZIONE DELLA DEFINIZIONE DI INVARIANTE NEGLI STRUMENTI
2.1 Regione Veneto
In Regione Veneto il concetto di invariante viene introdotto con la Legge Urbanistica Regionale n. 11 del 2004 “Norme per il Governo del Territorio” che affida alla componente strutturale del Piano Regolatore Comunale (Piano di Assetto del Territorio) l’individuazione e la disciplina delle “invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello superiore ed alle esigenze dalla comunità locale”.
Il Piano Territoriale della Provincia di Belluno (approvato con D.G.R.V. n. 1136 del 23/03/2010) introduce una disciplina di carattere sovraordinato per le invarianti e i beni paesaggistici. L’art. 25 delle Norme Tecniche del Piano, pur demandando ai Comuni la specificazione delle invarianti meritevoli di tutela e di valorizzazione, individua già alla scala del Piano Provinciale alcune componenti identificative, percettive e valorizzative del paesaggio. In particolare, i sistemi dolomitici che qualificano in maniera determinante il paesaggio provinciale, conferendovi aspetti di integra naturalità e contribuendo, per altro, alla ricchezza generata dal turismo e dalle attività ad esso associate. La disciplina dei sistemi dolomitici (UNESCO) è oggetto dell'accordo di programma interprovinciale, al fine di garantirne l'uniformità di gestione e la complessiva conservazione e valorizzazione.
Tra le invarianti di carattere ambientale e paesaggistico, oltre ai sistemi dolomitici, il piano provinciale include: gli ambiti dichiarati di elevata naturalità e già sottoposti a tutela naturalistica; le componenti della rete delle acque superficiali; le foreste dichiarate di rilevante interesse; le aree agricole di pregio e quelle di valenza rurale, dichiarate di interesse paesaggistico e/o sociale-produttivo, e quelle che contribuiscono in maniera essenziale alla continuità della rete ecologica provinciale; gli ambiti di pregio paesaggistico; le aree ad elevata integrità, cioè quelle caratterizzate da ghiacciai, da rocce e da rupi boscate che risultano poco o nulla antropizzate e che contribuiscono in maniera significativa all’identità del paesaggio e del territorio provinciale; i geositi, landmarkers ed alberi monumentali. Il Piano Provinciale include, inoltre, quali elementi di invariante, anche le emergenze di carattere storico-architettonico quali ville venete, beni archeologici ed architettonici e centri storici.
Gli strumenti urbanistici comunali che discendono dalla LR 11/04, in particolare i Piani di Assetto del Territorio (PAT), individuano e disciplinano le invarianti strutturali che caratterizzano il proprio territorio,
declinandole in invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, come richiesto dalla LUR. Dal punto di vista cartografico, gli elementi di invariante vengono individuati e mappati nella Tavola delle Invarianti che costituisce una delle quattro cartografie di progetto del PAT (insieme alla Tavola dei Vincoli e della Pianificazione Sovraordinata, alla Tavola delle Fragilità e alla Tavola della Trasformabilità); nella prassi urbanistica veneta, la disciplina associata alle invarianti limita gli interventi di trasformazione nelle porzioni di territorio individuate come invariante, ad esclusione di quegli interventi funzionali ad una loro migliore tutela e valorizzazione.
A titolo esemplificativo, si riporta il caso del Comune di Falcade che individua, quali invarianti di natura geologica (caratterizzate da particolari aspetti di riconoscibilità ed integrità legati alle caratteristiche geologiche, morfologiche e ambientali): le pareti dolomitiche, gli sprofondamenti carsici e i campi di doline, le sorgenti, il giardino delle pietre. Quali invarianti di natura paesaggistica (caratterizzate da particolari aspetti di riconoscibilità ed integrità legati alle caratteristiche morfologiche e ambientali) sono individuati: sentieri, ambiti degli insediamenti di antica origine, icone di paesaggio, coni visuali, Ambito delle Dolomiti UNESCO. Le invarianti di natura ambientale includono: prati stabili, zone umide, praterie e formazioni rocciose d’alta quota, circo glaciale, biotopo, torrenti e laghi, cascate. Le invarianti di natura agricoloproduttiva (caratterizzate da particolari aspetti di riconoscibilità legati all’attività agricola e silvopastorale) includono: prati-pascolo, malghe, viabilità agro-silvo-pastorale, casere-rifugi.
Nel prospetto che segue vengono riportati in sintesi i contenuti della disciplina di piano per le invarianti:
Invariante Direttive Prescrizioni
Geologica Non vanno previsti interventi di trasformazione nei territori individuati come invarianti di natura geologica, se non per la loro conservazione valorizzazione e tutela. In tali siti non vanno fatte modifiche morfologiche ed idrologiche se non per motivi di stabilizzazione dei pendii e bonifica dei terreni.
Paesaggistica L'eventuale recepimento del piano di Gestione degli ambiti “Dolomiti Unesco” elaborato da parte della Fondazione Dolomiti UNESCO, non costituirà procedura di variante al PAT e potrà essere recepito insedediPianodegliInterventi(PI).
Ambientale Fino alle definizioni degli interventi ammissibili operata dal PI, in tali ambiti vanno salvaguardati i valori ambientali indispensabili per lo sviluppo sostenibile.
Agricoloproduttiva
Non vanno previsti interventi di trasformazione se non perla loroconservazione, valorizzazione e tutela. Sono comunque consentiti gli interventi finalizzati allo sviluppo delle aziende agricole esistenti, da determinarsi con specifica normati comunale in sede diPI.
Sono comunque vietati tutti gli interventi che possano portare alla distruzione o all’alterazione negativadelbeneprotetto.
Maggiori e diverse prescrizioni potranno essere definite in sede di Piano degli Interventi, elaborato ad una scala di maggior dettaglio
Sono vietati: la costruzione di recinzioni nei fondi agricoli se non a semplice staccato o a siepe, salvo quelle strettamente attinenti gli insediamenti agricoli e residenziali; l’apposizione di cartelli pubblicitari (esclusa segnaletica stradale ed escursionistica); la realizzazione di discariche e depositi di materiali non agricoli; i movimenti di terra che possono alterare la morfologiadeiluoghi
Sono vietati: la costruzione di recinzioni nei fondi agricoli se non a semplice staccato o a siepe, salvo quelle strettamente attinenti gli insediamenti agricoli e residenziali; la realizzazione di discariche e depositi di materiali non agricoli; la tombinatura dei fossati, salvo che essa sia imposta da inderogabili esigenza tecnicheofunzionali.
Nessuna prescrizione
2.2
Regione Friuli Venezia Giulia
In Regione Friuli Venezia Giulia, non è presente una disciplina o una strumentazione urbanistica di carattere regionale che definisca ed identifichi l’invariante.
La tutela dell’integrità del Bene UNESCO è comunque garantita in quanto il perimetro del Sistema 4 Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave coincide con il Parco Naturale Dolomiti Friulane che ricade a sua volta all’interno della Rete Natura 2000.
La Regione è inoltre dotata di Piano Paesaggistico Regionale, approvato con D.P.R. n. 0111/Pres del 24/04/2018 al quale sia il Piano di Conservazione e Sviluppo del Parco Naturale, sia la pianificazione comunale dovranno adeguare i propri contenuti. L’art. 18 delle Norme di Attuazione del PPR tutela i siti
UNESCO Regionali che, attraverso le Schede dei Siti inclusi nella lista del Patrimonio dell’umanità dell’Unesco, detta indirizzi per la pianificazione alla scala comunale. In particolare, l’art. 18 prevede:
1.Il PPR recepisce quali “ulteriori contesti” ai sensi dell’articolo 143, comma 1, lettera e) del Codice, i seguenti siti inseriti nella lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO o per i quali è stata avanzata richiesta di inserimento: a) Aquileia – L’Area Archeologica e la Basilica Patriarcale (1998) b) Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave (2009) c) Palù di Livenza – Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino (2011) d) Cividale – I Longobardi in Italia. I luoghi del Potere (568-774 D.C.) (2011) e) Palmanova – Opere di difesa veneziane fra il XV ed il XVII Secolo.
2.I siti inseriti nella lista di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d) sono descritti nell’Allegato alle presenti norme “Schede dei Siti inclusi nella lista del Patrimonio dell’umanità dell’Unesco” che ne individua le linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti, ai sensi dell’articolo 135, comma 4, lettera d) del Codice.
3.Ogni scheda comprende la descrizione e sintesi interpretativa (SWOT), che riguarda le aree core e tampone e ogni elemento territoriale connesso alle medesime, nonché la relativa normativa d’uso, tenuto conto dei piani di gestione e di azione del sito UNESCO.
2.3 Provincia Autonoma di Trento
In Provincia di Trento, il concetto di invariante è disciplinato e declinato all’interno del Piano Urbanistico Provinciale che, all’art. 8 delle Norme Tecniche del Piano, fornisce una definizione generale. Le invarianti sono gli elementi territoriali che costituiscono le caratteristiche distintive dell'ambiente e dell'identità territoriale, in quanto di stabile configurazione o di lenta modificazione, e che sono meritevoli di tutela e di
valorizzazione al fine di garantire lo sviluppo equilibrato e sostenibile nei processi evolutivi previsti e promossi dagli strumenti di pianificazione territoriale
Nello specifico costituiscono invariante i seguenti elementi:
a)i principali elementi geologici e geomorfologici, quali morfosculture, morfologie carsiche, morfologie glaciali, aree d'interesse paleontologico, mineralogico e stratigrafico, da tutelare e valorizzare secondo le specifiche disposizioni di legge e nel rispetto delle indicazioni contenute nella relazione illustrativa;
b) i beni del Patrimonio dolomitico;
c)la rete idrografica, costituita da tutto il sistema delle acque superficiali e sotterranee, cioè laghi, fiumi e torrenti, pozzi e sorgenti selezionati, nonché dai ghiacciai;
d)le foreste demaniali, come definite e individuate ai sensi delle disposizioni provinciali in materia di foreste, e i boschi di pregio per la particolare funzione di protezione e valenza paesaggisticoambientale, specificamente individuati mediante i piani forestali e montani, le aree a elevata naturalità, cioè parchi naturali, siti e zone della rete "Natura 2000", riserve naturali provinciali, da tutelare e valorizzare secondo specifiche disposizioni di legge;
e)le aree agricole di pregio di cui all'articolo 38, da riconoscere e tutelare ai fini della valorizzazione produttiva e paesaggistica nonché dell'attrattività complessiva del territorio;
f)i paesaggi rappresentativi, cioè beni ambientali, beni archeologici, architettonici, storico-artistici rappresentativi, in quanto elementi identificativi dei luoghi, da riconoscere e approfondire al fine della conservazione dell'identità territoriale.
La disciplina dei beni del Patrimonio dolomitico è oggetto dell'accordo di programma interprovinciale che è alla base della candidatura delle Dolomiti al Patrimonio Mondiale naturale dell'UNESCO, al fine di garantirne l'uniformità di gestione e la complessiva conservazione e valorizzazione.
In Provincia di Trento il concetto di invariante così declinato è ormai consolidato. I Piani Regolatori Comunali recepiscono – ed eventualmente integrano e dettagliano alla scala locale – quanto definito e prescritto alla scala del PUP, anche in riferimento alla Carta del Paesaggio allegata al PUP in cui sono puntualmente rappresentate le invarianti cui i Piani di Comunità devono riferirsi.
La Carta del Paesaggio è disciplinata dall’art. 9 delle Norme Tecniche del PUP che indicano quanto segue: 1) La carta del paesaggio del PUP fornisce l'analisi e l'interpretazione del sistema del paesaggio, inteso come sintesi dell'identità territoriale e delle invarianti; 2) le unità di paesaggio percettivo, intese come elementi del paesaggio percepiti in quanto ambienti unitari nel loro complesso e classificati con il nome del carattere paesaggistico prevalente, quali insiemi urbanizzati, rurali, forestali, lacustri e alpini; 3) La carta del paesaggio fornisce elementi per l'individuazione da parte dei piani territoriali della comunità di indicazioni strategiche
2.4 Provincia Autonoma di Bolzano
Nella Provincia Autonoma di Bolzano, non è presente una disciplina o una strumentazione urbanistica di carattere regionale che definisca e identifichi l’invariante. La tutela dell’integrità del Bene UNESCO è comunque garantita in quanto il perimetro dei sistemi dolomitici ricadenti in Provincia di Bolzano è compreso all’interno di Parchi Naturali o aree Natura 2000 per le quali sono vigenti forti norme di tutela. La Provincia sta inoltre redigendo la nuova legge urbanistica regionale che entrerà in vigore nel luglio del 2020 e che conterrà il concetto di invariante che verrà poi puntualmente declinato nella pianificazione di livello provinciale e comunale.
2.5
Esiti dell’analisi
Allo stato attuale solo la Regione Veneto (LUR 11/2004) con la Provincia di Belluno (PTCP) e la Provincia Autonoma di Trento (PUP) hanno una definizione di invariante da un tempo sufficiente da analizzare gli effetti prodotti anche a livello di pianificazione comunale. Nel caso della Provincia di Trento, le declinazioni più interessanti sono quelle dei Piani di Comunità in cui l’invariante non è stata declinata come mera lista di elementi identitari da salvaguardare ma si sono avviate valutazioni inerenti alle relazioni esistenti tra gli elementi che compongono il paesaggio. Nel caso del Veneto, sia la Legge Regionale sia il Piano Territoriale Provinciale, demandano ai singoli comuni – nell’ambito della redazione del Piano di Assetto del Territorio –l’individuazione e la specifica disciplina delle invarianti che, nella prassi urbanistica consolidata negli ultimi 15 anni, si è tradotta in singoli elementi da proteggere. Le invarianti sono considerate come persistenze naturali e culturali da tutelare cui spesso viene attribuito valore di fragilità, ossia elementi da cui non si può prescindere, pur nella loro dinamicità.
Nella matrice che segue viene riportato un quadro di sintesi del concetto di invariante nei diversi ambiti:
Riferimento legislativo regionale o provinciale
Regione Veneto
Legge Urbanistica Regionale 11/2004 e relativi Atti di Indirizzo di cui alla DGRV 3811/2009
Le invarianti vengono definite come caratteri specifici e identificativi (di tipo areale, lineare o puntuale) che caratterizzano e distinguono un luogo o un territorio e la cui tutela e salvaguardia risulta indispensabile al mantenimento dei suoi caratteri fondamentali (o alla attuazione di
Strumenti di Pianificazione Regionale o Provinciale
Piano Territoriale Regionale di Coordinamento adottato con DGR
n.427 del 10/04/2013
Contiene le Schede degli Ambiti di Paesaggio in cui sono identificati i Siti UNESCO
Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP Belluno)
L’art. 25 disciplina le invarianti.
Strumenti di Pianificazione Comunale
Piano di Assetto del Territorio (PAT)
L’individuazione delle invarianti è demandata alla pianificazione di livello comunale. I Comuni, nell’ambito della redazione dei PAT, specificano le invarianti da tutelare e valorizzare. I PAT riportano l’elenco delle invarianti suddivise per tipologia (paesaggistica, geologica,
Regione Friuli Venezia Giulia | 2020
uno sviluppo sostenibile). architettonica, …).
Provincia Autonoma di Trento
Legge Provinciale n. 5/2008 di approvazione del Piano Urbanistico Provinciale (PUP)
Ai sensi dell’art. 12 i beni ambientali sono identificati negli elenchi di cui all’Allegato D e schematicamente indicati nella carta delle tutele paesistiche del PUP e ricomprendono i manufatti e siti di particolare pregio paesaggistico e ambientale.
Piano Urbanistico Provinciale (2008)
L’art. 8 definisce le invarianti come elementi territoriali che costituiscono le caratteristiche distintive dell'ambiente e dell'identità territoriale, in quanto di stabile configurazione o di lenta modificazione, e che sono meritevoli di tutela e di valorizzazione al fine di garantire lo sviluppo equilibrato e sostenibile nei processi evolutivi previsti e promossi dagli strumenti di pianificazione territoriale.
L’Allegato D e la Carta del Paesaggio individuano le invarianti.
Piani Regolatori Comunali e Piani di Comunità di Valle
Sulla base di quanto già individuato dal PUP, viene demandata alla pianificazione comunale e ai Piani di Comunità di Valle l’ulteriore declinazione alla scala locale delle invarianti.
Regione Friuli Venezia Giulia
Non è presente una Legge Regionale che definisca e preveda le invarianti.
Piano Paesaggistico Regionale approvato con DPR 111/2018
Le invarianti non sono nominate ma l’art. 18 delle Norme di Attuazione del PPR tutela i siti UNESCO regionali (Aquileia, Cividale, Palmanova, Dolomiti, Siti palafitticoli) con indirizzi e prescrizioni che devono essere recepite nei Piani Urbanistici Comunali.
Ogni sito UNESCO è inoltre individuato da una specifica scheda descrittiva.
Il PCS del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane ha valore paesaggistico perché fa parte della rete ecologica regionale.
Piano Urbanistico Comunale
L’approvazione del PPR è ancora troppo recente, pertanto non esiste ancora una prassi consolidata di adeguamento della pianificazione comunale alla disciplina del PPR.
Provincia Autonoma di Bolzano
Allo stato attuale non esiste una Legge Provinciale che definisca e preveda le invarianti. E’ in corso di redazione la nuova Legge Urbanistica Provinciale che potrà contenere il concetto di invariante.
Linee guida natura e paesaggio in Alto Adige (2002) fissano obiettivi, misure e strategie per salvaguardare a lungo termine l’identità del paesaggio altoatesino come ambiente naturale, di vita ed economico.
Alla luce di quanto sopra riportato, l’aspetto cruciale da sottolineare è la presenza nelle diverse province e regioni di articolati normativi e strumenti di pianificazione che, seppur in modi diversi, trattano il tema dell’invariante (nonostante non venga sempre usato il termine invariante.
La declinazione pianificatoria è molto variegata; anche dove vi è un'unica norma regionale, vi sono poi possibilità di declinare – alla scala provinciale o locale – le invarianti in forma diversa e non sempre equiparabile pur avendo la stessa matrice normativa (è il caso del Veneto e della Provincia di Trento).
La domanda che si pone è, quindi, quella di capire come trovare un minimo comune denominatore per declinare la tematica dell’invariante nei diversi territori del Bene UNESCO. L’intendimento non è certo quello di introdurre una nuova definizione, bensì fornire uno strumento che, a partire da ciò che esiste negli strumenti pianificatori o urbanistici, possa garantire l’integrità del Bene nella sua complessità.
3
GLI APPROFONDIMENTI DEL TAVOLO TECNICO DELLA RETE PPAP
Al fine di approfondire con il Tavolo Tecnico della Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette, come da decisione assunta nel corso dell’incontro di rete del 12.12.2019 a Feltre, si sono svolti due incontri tecnici a tavolo ristretto con l’obiettivo di condividere possibili criteri sulla base dei quali definire gli elementi dell’invariante dolomitica. L’idea emersa nel corso del tavolo tecnico è quella di passare da un approccio legato alla pianificazione urbanistica a quello, molto più complesso, della pianificazione paesaggistica. Più complesso non solo per l’articolazione delle componenti che costituiscono il paesaggio, ma anche perché il paesaggio spazia e va oltre i confini amministrativi. Gli incontri si sono svolti il 29.01.2020 a San Vito di Cadore e il 12.02.2020 a Feltre e le domande poste al tavolo sono state le seguenti:
E’ possibile arrivare a definire l’̏ ̏”invariante” in forma omogenea?
Dobbiamo basarci solo sui valori paesaggistici o anche su quelli geomorfologici?
A cosa serve definirla nella gestione dei valori universali (del paesaggio specificatamente)?
Possiamo unire l’approccio “relazionale” dato per l’individuazione delle unità di paesaggio percepito (ambiti riconosciuti unitariamente per le tipologie di relazioni tra gli elementi che costituiscono il paesaggio stesso) ad una definizione di invariante?
L’invariante dovrebbe rappresentare un insieme di elementi essenziali del paesaggio (e quindi del Bene UNESCO) che le Amministrazioni si impegnano a mantenere integri. A partire dalla definizione data da Magnaghi per il PIT della Regione Toscana al concetto di invariante1, l’obiettivo di definire l’invariante dolomitica è quello di avere uno strumento che consenta alla Fondazione Dolomiti UNESCO di essere coinvolta nel processo pianificatorio delle grandi opere in relazione ai possibili impatti delle stesse sul Patrimonio. Entrare nel merito dei progetti, ragionare sulle cause della trasformazione permette di porsi a fianco dei territori. L’approccio all’invariante dovrà essere basato pertanto su un sistema di lavoro bottomup.
I tavoli ristretti hanno portato alla definizione di una proposta operativa che include i seguenti step: -i nodi critici per l’individuazione delle invarianti; -gli obiettivi da perseguire con l’individuazione dell’invariante dolomitica; -i caratteri del percorso partecipato; -l’individuazione dell’ambito a cui riferirsi; -una proposta di percorso operativo;
1 Le invarianti strutturali descrivono l’organizzazione e il funzionamento delle relazioni fra gli elementi che compongono un sistema territoriale, ovvero individuano le regole genetiche e le regole di trasformazione che consentono la riproduzione e lo sviluppo del sistema territoriale stesso in continua trasformazione
Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO
Regione Friuli Venezia Giulia | 2020
- il ruolo della Fondazione Dolomiti UNESCO.
Di seguito vengono quindi riportati in forma sintetica ed organizzati in successione logica i risultati del ricco dibattito cui hanno partecipato rappresentanti di Regioni, Province, Parchi e rappresentanti della Fondazione Dolomiti UNESCO (l’elenco completo dei partecipanti è presente nel verbale predisposto dalla Regione Friuli Venezia Giulia a valle degli incontri).
3.1 Il contributo del workshop sulle invarianti tenutosi nell’ambito dei Dolomiti DAYS
Il tema invariante, come già detto in introduzione, è sempre stato oggetto dei momenti partecipativi promossi dalla Fondazione e dalla Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette coordinata dalla Regione Friuli Venezia Giulia. Nello specifico è risultato particolarmente significativo il workshop di approfondimento organizzato da quest’ultima durate l’evento annuale “Dolomiti Days” del 2017 presso la sede del Parco Naturale Dolomiti Friulane a Cimolais.
Obiettivo generale del workshop era quello di approfondire il tema della costruzione di regole comuni per il progetto di paesaggio in tutto il territorio compreso nel Patrimonio Mondiale, armonizzando metodi e prassi progettuali che mettano al centro l’equilibrio tra innovazione e tutela dei valori universali.
A fronte delle ricerche e degli studi sull’armonizzazione degli strumenti e sulle unità di paesaggio (Università di Udine) nel Patrimonio effettuati nel 2016, si è ritenuto di affrontare più nel dettaglio alcuni aspetti specifici definiti anche nella strategia complessiva. In particole individuare possibili quadri concettuali in base ai quali definire l’invariante paesaggistica per armonizzare gli strumenti di pianificazione.
L’esito del workshop si è sostanziato nei seguenti indirizzi:
considerare il territorio dolomitico un “unicum” ed avere criteri per una nuova definizione o esplicitazione comune del concetto;
utilizzare la comunanza del Patrimonio Unesco per capire se sia utile mantenere il termine “invariante” o se, invece, sia possibile inventarne uno nuovo, come se si iniziasse a costruire un linguaggio nuovo e comune specificatamente per il Patrimonio (un nuovo vocabolario del paesaggio);
l’invariante è un’equazione tra più cose e non è una questione legata al tempo, il paesaggio cambia ma la connotazione è quella dolomitica;
indirizzare all’approccio integrato e di conservazione attiva e produttiva;
seguire buone pratiche di applicazione del concetto di “invariante” (si cita ad esempio il caso del Friuli Venezia Giulia che ha fatto della dinamica paesaggistica una strategia legata non solo alla prescrizione, ma anche alla gestione, evitando l’approccio meramente vincolistico e del bene “immutabile”);
armonizzare il concetto ai fini della pianificazione: capire il minimo comune denominatore e come questo può avere una ricaduta su piani così diversi;
adeguare il termine alla mutevolezza: bisogna porsi la domanda del come cambia il paesaggio pur mantenendo immutato il suo valore identitario. In altri termini cosa veramente dobbiamo proteggere e considerare invariante di valore?
inserire la capacità della sistemicità di alcuni elementi che possono comporsi diversamente tra loro in base alla mutevolezza mantenendo inalterato il valore. Si potrebbe pensare a una sorta di tassonomia degli elementi paesaggistici in quanto alcuni sono effettivamente invarianti, altri lo diventano perché mantengono una relazione tra loro riconoscibile in termini di significato valoriale pur mutando (approccio creativo –positivo della mutevolezza);
è il valore deve “invariare”, quindi rimanere sempre uguale. Il valore è rappresentato dalla capacità di un sistema di essere costituito da tante cose diverse. L’archetipo delle Dolomiti è fatto da tanti elementi, ossia rocce, boschi, prati, pascoli, ecc. Non importa dove e come sono le cose, ma l’equilibrio armonico tra esse deve continuare ad esserci.
3.2.1 Nodi critici per la definizione di invariante
1) Invariante come relazione tra elementi che compongono il paesaggio. Ciò che caratterizza la complessità dell’invariante dolomitica riguarda in primis il sistema di relazioni tra elementi del paesaggio. In quest’ottica, l’invariante Dolomiti UNESCO non rappresenta tanto un insieme di elementi essenziali che conferiscono identità al territorio, ma ciò che determina l’unicità del paesaggio dolomitico sono le relazioni tra gli elementi che lo compongono. Il paesaggio è cioè costituito da più elementi che hanno tra loro rapporti complessi che variano nei diversi sistemi dolomitici.
2) Invariante come elemento di integrità del paesaggio. In termini generali, il Bene UNESCO costituisce nel suo insieme una invariante in cui ciò che dà significato al sistema stesso sono le relazioni tra gli elementi. È pertanto necessario superare l’approccio strettamente settoriale: non si parla tanto di invariante paesaggistica quanto piuttosto di un insieme di componenti (geologici, biologici, morfologici, strutturali, …) che compongono l’integrità del paesaggio dolomitico. In questa
3.2
Il contributo del Tavolo Tecnico
ottica è pertanto necessario passare da una valutazione statica di singoli elementi ad una prospettiva dinamica di relazioni che contribuiscono all’integrità del Sistema Dolomiti.
Sulla base di queste relazioni si può stabilire una griglia di valutazioni, ossia dei criteri che costituiscano la struttura per un’analisi delle trasformazioni proposte.
3) Invariante in un paesaggio in continua evoluzione. Il paesaggio, considerato nel suo sistema di relazioni tra gli elementi che lo compongono, ha carattere di mutevolezza, essendo in continua evoluzione. La definizione del concetto di invariante deve fare quindi i conti con la difficoltà di applicare concretamente il concetto di dinamicità, dando peso alla relazione che esiste tra gli elementi piuttosto che agli elementi stessi.
4) Invariante come integrità del sistema Dolomiti. Sottolinea come il concetto di invariante debba essere di ampio respiro e considerare tanti aspetti del territorio, non solo il Bene UNESCO. In sostanza, per quanto attiene il Patrimonio, oltre ai perimetri della Core e della Buffer, vanno comunque considerati per la definizione delle invarianti anche altri elementi quali i boschi, le foreste di pregio, le aree agricole di pregio, i prati, ecc. che si trovano nelle aree di transizione esterne ai perimetri del Patrimonio.
5) Invariante ambientale e sociale. Il processo di definizione del concetto di invariante dolomitica può costituire una importante occasione per accrescere il livello di consapevolezza sui valori determinanti il riconoscimento UNESCO. Valori che non attengono solo alla sfera ambientale, ma anche alla sfera sociale perché il paesaggio è stato modellato dalle comunità locali che lo abitano.
6) Invariante dolomitica non è una definizione. Non è possibile racchiudere l’invariante dolomitica all’interno di una definizione univoca. Da una parte sarebbe sempre interpretabile e mai sufficientemente chiara, dall’altra il termine potrebbe portare a fraintendimenti soprattutto per quei territorio che hanno già normato e disciplinato l’invariante per cui ulteriori declinazioni risulterebbero difficilmente applicabili e/o accettabili.
3.2.2 Obiettivi da perseguire
1.Perseguire l’unitarietà di intenti tra territori dolomitici in continuità con la strategia complessiva di gestione del Patrimonio Mondiale, supportando la faticosa azione che la Fondazione Dolomiti UNESCO sta portando avanti per una gestione unitaria del Bene. Ciò che risulta di maggiore utilità è avere in mano strumenti che consentano di argomentare pareri oggettivamente motivati e non solo basati su criteri di estetica del paesaggio.
2.Dotare la Fondazione Dolomiti UNESCO di uno strumento per poter valutare gli impatti di opere –anche esterne al Bene – ed esprimere un parere in merito qualora venga coinvolta in procedimenti autorizzativi che interessano tali opere. La Fondazione non deve essere vista come un ente terzo che appone nuovi vincoli, ma come un interlocutore che aiuta a gestire meglio il territorio. Quindi questo lavoro dovrebbe implementare l’azione della Fondazione come interlocutore che può fornire un parere autorevole in situazioni in cui emerga un conflitto/contrapposizione tra tutela paesaggistica e sviluppo.
3.A partire dagli approfondimenti sul concetto e sulla definizione di invariante, definire dei criteri e/o indirizzi che supportino tecnici ed amministratori nelle scelte di sviluppo del territorio. Il concetto di invariante deve portare a dare indirizzi che siano facilmente applicabili da tecnici ed amministratori in sede di valutazione dei progetti (ad esempio istruttorie tecniche, valutazioni ambientali strategiche, valutazioni di incidenza ambientale).
4.Definire degli indirizzi che possono valere anche nelle aree esterne dai perimetri del Beni UNESCO. All’interno della Core Area e della Buffer Zone, difficilmente potranno essere realizzate opere tali da mettere a rischio i 9 Sistemi Dolomitici che per la quasi interezza ricadendo all’interno di aree già protette da strumenti di tutela. Quello che realmente potrebbe mettere in pericolo l’integrità dei valori di eccezionalità delle Dolomiti UNESCO potrebbe accadere all’esterno dei perimetri riconosciuti.
3.2.3 L’importanza della partecipazione e della concertazione
In considerazione del peso delle comunità locali nella modellazione del paesaggio dolomitico, la definizione di invariante deve comportare l’attivazione di un processo partecipativo nel quale coinvolgere amministratori locali, tecnici, esperti, ma anche le popolazioni che vivono nei territori e che ne riconoscono gli elementi fortemente identitari.
Il processo partecipativo può inoltre costituire un importante contributo per un cambiamento culturale, quindi lento ma indispensabile, verso il riconoscimento del valore – anche economico – derivante dalla tutela del paesaggio.
Da un punto di vista politico, il processo di condivisione e partecipazione per l’identificazione dei criteri di definizione delle invarianti deve prevedere un confronto diretto tra le amministrazioni locali e le comunità locali mentre, dal punto di vista tecnico, vanno coinvolti i settori della pianificazione, delle foreste e della protezione ambientale degli Enti competenti.
3.2.4
Ambito di riferimento
In considerazione degli obiettivi definiti dal Tavolo Tecnico ristretto in relazione alla definizione di invariante dolomitica, è emerso che l’individuazione dell’ambito a cui riferirsi e su cui incidere rappresenta un elemento di fondamentale importanza. L’eccezionalità paesaggistica che costituisce un valore del riconoscimento del Patrimonio universale, è determinata non solo da ciò che accade all’interno dei perimetri “ufficiali” ma anche – o forse soprattutto – da ciò che accade fuori e che può avere un impatto significativo sul Bene UNESCO. Mentre all’interno dei perimetri dell’area core o dell’area buffer è già presente una articolata e stringente disciplina di tutela che, se pur differenziata tra i vari sistemi dolomitici, è in grado di salvaguardare l’integrità del bene, nelle aree esterne a detti perimetri non sono garantite analoghe forme di tutela. Questo vale soprattutto per quegli ambiti che – non ricompresi in aree di riconosciuta valenza ambientale – non sono soggette a pareri preventivi di competenza degli uffici regionali e provinciali preposti. L’approccio che si propone è pertanto quello di entrare nei meriti dell’incidenza di ciò che viene realizzato al di fuori dei confini del Patrimonio, valutando la pressione antropica e turistica (in termini di carring capacity) determinata da scelte strategiche nelle aree circostanti il Bene al fine di garantire l’integrità del Bene stesso.
L’impianto del Comelico è un caso esemplare perché all’avvio del progetto non si è tenuto conto della presenza del Bene UNESCO e, soprattutto, non si è tenuto conto del fatto che l’impatto prescinde dal rispetto pedissequo di un perimetro in quanto il valore paesaggistico del Patrimonio Mondiale è percepito ben oltre il suo perimetro geografico (non identificabile da chi osserva). Il Caso Comelico assume in questo senso valore emblematico anche sotto il profilo metodologico ed evidenzia come sia poco riconosciuto ed evidente da parte degli attori locali il senso della responsabilità collettiva nei confronti di un bene che non è “vincolato” dall’UNESCO ma che merita di essere trasformato con l’oculatezza di chi deve coniugare la tutela dei valori universali con le prospettive di sviluppo. Si potrebbe definire un’occasione persa, nel senso che la Fondazione poteva dare, come poi ha fatto, un utile supporto. Anche in questo senso va rivalutata la possibilità di comunicare con maggiore pregnanza che la stessa non è un ente “controllore” che si aggiunge agli altri che ne hanno competenza.
In questo sguardo che si rivolge all’esterno, è necessario individuare dei criteri per l’identificazione di aree sensibili in funzione della qualità delle relazioni con il Patrimonio mondiale e che possono costituire delle fasce di transizione per passare dall’interno all’esterno del Patrimonio stesso. Non sono aree cuscinetto in senso naturalistico, ma aree prive di vincoli e nelle quali si può incidere in termini di programmazione e partecipazione per gestire e mitigare le pressioni antropiche (ad esempio le zone di accesso, strade, parcheggi, impianti, ecc).
L’importanza del processo partecipativo, in quest’ottica, è ancora più rilevante. Un processo che dovrà essere finalizzato anche ad una sensibilizzazione di carattere culturale. Non si tratta di aggiungere nuovi perimetri, ma di avviare un lavoro di adesione volontaria nell’individuare ed accettare criteri che siano utili a mantenere l’integrità del Bene. L’attenzione che si sposta all’esterno del Bene formalmente riconosciuto, su un territorio più ampio, porta a coinvolgere attori diversi da quelli già attivati nel corso del primo decennio del riconoscimento UNESCO. In particolare, saranno amministrazioni locali dei territori non inclusi nei perimetri del Bene ma chiamate comunque ad attivarsi per la tutela dell’integrità del Patrimonio mondiale.
3.2.5 Un possibile percorso operativo
Alla luce delle riflessioni avviate dal Tavolo Tecnico ristretto, si configura una proposta operativa per rispondere alle questioni sopra riportate. In sintesi, per garantire l’integrità del Bene UNESCO, è necessario uscire dai suoi confini, individuando aree di particolare sensibilità che rappresentano punti critici perché determinati tipi di progetti eseguiti in quei punti potrebbero determinare un impatto negativo sul Bene. La risposta al tema dell’invariante, quindi, non è porre nuove regole, visto che già ne esistono, bensì capire quando e come agire nel caso di progetti esterni che interessino zone poste al confine del Patrimonio. Non si tratta solo di affrontare un problema paesaggistico, ma anche un problema di carattere urbanistico e gestionale legato alla presenza di attività umane sul territorio.
L’obiettivo operativo che si propone è quello di individuare un metodo per delimitare aree ad elevata sensibilità – che comprendono anche aree esterne ai perimetri del Patrimonio Mondiale – ed in cui la relazione tra gli elementi che le costituiscono è considerata invariante. Non si tratta quindi di enunciare una definizione di invariante, che resterebbe comunque sempre vaga e suscettibile di diverse interpretazioni, quanto di delimitare delle aree di attenzione ed individuare dei criteri di salvaguardia che guidino tecnici ed amministratori nell’assumere decisioni di fronte a possibili progetti di sviluppo. Il modo in cui salvaguardare il valore dell’area sensibile sarà scelta e responsabilità della singola Amministrazione. In termini operativi, si propone di sviluppare un caso studio specifico in cui superare il concetto di invariante definita come mero elenco di luoghi da salvaguardare ed in cui ragionare su quali siano i rapporti tra gli elementi del paesaggio che costituiscono l’invariante percepita nei territori, anche attraverso un processo partecipativo che coinvolga, oltre a tecnici ed amministratori, la popolazione che ci vive. Le fasi di sviluppo del caso studio potrebbero essere costituite da:
1.codificare i criteri per la definizione delle aree ad elevata sensibilità. Queste potrebbero comprendere aree in cui si “sovrappongono” diversi elementi di valore quali emergenze geologiche, fattori percettivo-visuali, elementi naturalistici (soprassuoli forestali, aree della Rete Natura 2000,
...). Agli elementi di valore naturalistico andranno affiancati elementi di pressione antropica (quali impianti di risalita, infrastrutture a rete, strade, opere puntuali, ...) come anche risorse ambientali di origine antropica quali i servizi ecosistemici;
2. parallelamente al processo di selezione dei criteri, informare le altre Reti Funzionali della Fondazione sulle attività in corso in merito al tema dell’invariante in quanto le eventuali decisioni assunte potranno incidere, oltre che sugli aspetti paesaggistici e delle aree protette, anche su temi afferenti le altre reti come il turismo e la mobilità;
3. sulla scorta dei criteri identificati, avviare un processo di confronto con le comunità locali finalizzato ad identificare le “aree ad alta sensibilità”. Il caso studio potrebbe utilmente essere applicato ad un ambito che comprenda province diverse in modo da attivare un confronto tra comunità “a scavalco”. Un esempio potrebbe essere l’ambito ricompreso tra il Comelico Superiore (BL) e Sesto Pusteria (BZ), anche alla luce del lavoro già avviato in relazione alla realizzazione di impianti di risalita all’interno di un territorio soggetto a vincolo paesaggistico.
Un ulteriore approfondimento da sviluppare riguarda la valutazione delle ricadute che l’applicazione del metodo definito potrebbe avere sui vari territori, anche in termini normativi. A tal proposito si propone di avviare una collaborazione con Enti Locali che si trovino in fase di redazione di nuovi strumenti di pianificazione al fine di applicare questo concetto di invariante. In questo caso il processo potrebbe prevedere le seguenti fasi:
1. individuare, attraverso la collaborazione con gli uffici tecnici provinciali, i Comuni che sono in fase di redazione di nuovi strumenti di pianificazione o di varianti generali al proprio strumento urbanistico;
2. organizzare un incontro con i Comuni potenzialmente interessati durante il quale illustrare il percorso metodologico individuato, i criteri definiti e avviare una attività di concertazione sull’applicazione, alla scala locale, del concetto di invariante in chiave di relazione tra elementi del paesaggio e di aree ad elevata sensibilità. A partire dagli strumenti vigenti, si tratta di capire come viene attualmente declinato il termine invariante e come potrebbe invece essere applicato. Il ruolo della Fondazione può essere quello di offrire una lettura diversa del contesto, facendo una valutazione di area vasta anche in una prospettiva di valorizzazione territoriale e mettendo in luce proprio le relazioni tra gli elementi che costituiscono un territorio.
3. il Comitato scientifico e le sue Reti possono offrire una visione più ampia sui problemi facendo una valutazione su area vasta del cosa si può fare per valorizzare un territorio, guardando a diversi aspetti e mettendo in luce proprio le relazioni tra gli elementi che costituiscono un territorio (quindi, ad esempio, non solo comprensorio sciistico con turismo invernale ma anche problema dei
parcheggi, della mobilità sostenibile, dei punti panoramici, della valorizzazione estiva dell’area, ecc);
4.il punto di arrivo non è tanto quello di scrivere un articolato normativo di riferimento, quanto piuttosto di costruire una procedura finalizzata ad implementare la collaborazione tra Fondazione ed Amministrazioni locali anche attraverso la costituzione di un tavolo di coordinamento da attivare con gli Enti dei territori interessati e coinvolti in progetti che vadano ad incidere sulle aree ad elevata sensibilità. Il confronto tra amministrazioni dovrebbe riguardare in particolare certe tipologie di progetti che, per dimensione o localizzazione (ad esempio aree di accesso importanti o che toccano i corridoi ecologici), risultino particolarmente impattanti.
3.2.6 Il ruolo della Fondazione Dolomiti UNESCO
La Fondazione Dolomiti UNESCO può diventare una piattaforma di confronto tra le Amministrazioni che ne fanno parte, soprattutto per quanto concerne proprio i progetti esterni al buffer e che spesso vanno a scavalco tra Province diverse (si veda ad esempio il tema dei passi). Le opere realizzate in un’area possono generare impatti – anche importanti – su aree diverse, soprattutto quando realizzate a scavalco tra province/comuni diversi. La comunicazione e l’interazione tra Enti e tra le diverse Province risulta quindi imprescindibile in termini di salvaguardia dell’integrità complessiva del Bene.
In questa prospettiva, singole province o regioni potrebbero chiedere un aiuto alla Fondazione per avere un parere che – pur se non vincolante – possa dare delle linee di indirizzo chiare e motivate basate su criteri riconosciuti ed accettati da tutti gli attori coinvolti. Non si tratta di un parere tecnico su un’opera. La proposta è quella di ragionare in termini di governance: il ruolo del tavolo di coordinamento della Fondazione potrebbe servire per indirizzare il processo di sviluppo del progetto in modo che più variabili possano essere prese in considerazione in un’ottica di mantenimento di tutti gli interessi in gioco, uscendo quindi da una logica di mera approvazione dei progetti. La Fondazione – nell’ambito di progetti che intervengono sulle aree definite ad alta sensibilità – dovrebbe essere coinvolta in tutto il processo di progettazione.
Il percorso di definizione del concetto di invariante dolomitica applicata ad aree ad alta sensibilità fornirà specifici criteri riferiti ai Valori Universali del riconoscimento UNESCO per fornire pareri motivati in fase di progettazione e approvazione di opere sottoposte a procedure VIA, VAS e VINCA.
Il fatto stesso che la Fondazione entri nel merito di determinate opere, può offrire un aiuto determinante alle amministrazioni locali. In base allo Statuto della Fondazione Dolomiti UNESCO (art. 2 lettera k) è già prevista la possibilità – da parte dei territori – di interpellare la Fondazione affinché si esprima nell’ambito di determinati progetti: “La Fondazione può esprimere parere in materia di pianificazione e
Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette delle Dolomiti UNESCO Regione Friuli Venezia Giulia | 2020 Linee
programmazione territoriale, con riguardo al Bene Dolomiti UNESCO, secondo quanto previsto dalle normative regionali e provinciali in vigore”.
4 CONCLUSIONI
A seguito degli approfondimenti del Tavolo Tecnico delle Rete del Patrimonio Paesaggistico e delle Aree Protette e dei diversi workshop tematici svolti nel corso delle iniziative dei Dolomiti Days, si è giunti alla conclusione di come non sia possibile (e neanche opportuno) individuare una unica definizione di invariante dolomitica, quanto piuttosto sia importante declinare il significato del termine nell’operatività della gestione del Patrimonio. In quest’ottica, l’invariante paesaggistica riferita al Patrimonio Mondiale non è identificabile in singoli elementi che danno valore ed identità al paesaggio (come accade nell’attuale prassi di pianificazione), ma con un insieme di relazioni tra gli elementi che lo compongono. Si tratta di rapporti complessi che variano nei diversi sistemi dolomitici e rendono pertanto inefficace una definizione statica di invariante calata sui singoli sistemi.
L’attenzione si sposta pertanto da un’identificazione statica di elementi di valore a una valutazione dinamica di relazioni che contribuiscono all’integrità del Sistema Dolomiti. Nella lettura delle relazioni significative, lo sguardo dovrà necessariamente orientarsi non solo all’interno dei perimetri dolomitici, ma anche verso l’esterno, dove non sono sempre garantite analoghe forme di tutela cui sono soggette le aree all’interno dei perimetri UNESCO.
Sarà cioè necessario individuare dei criteri per l’identificazione di aree definibili ad alta sensibilità in funzione delle relazioni con il Patrimonio mondiale in ragione delle quali costituiscono una sorta di fascia di transizione tra il Patrimonio stesso e il contesto in cui esso si inserisce. Non si tratta di aree cuscinetto in senso naturalistico ma di aree, anche prive di tutela, che fanno parte della struttura paesaggistica delle dolomiti e nelle quali si può incidere in termini di programmazione al fine di gestire e mitigare le pressioni antropiche (ad esempio le zone di accesso, strade, parcheggi, impianti, ecc), anche attraverso processi di condivisione.
La valutazione non potrà esaurirsi alla sola sfera ambientale, ma dovrà estendersi alla sfera sociale per la stretta relazione tra il paesaggio dolomitico e le comunità locali che lo abitano e che nel tempo lo hanno modellato e conservato. In quest’ottica, sarà necessaria l’attivazione di un processo partecipativo nel quale coinvolgere amministratori locali, tecnici, esperti e popolazioni che vivono nei territori e che ne riconoscono gli elementi fortemente identitari.
In termini operativi, la proposta emersa nel corso dei confronti tematici è quella di sviluppare uno o più casi studio in aree individuate di particolare sensibilità in cui alcuni tipi di progetti potrebbero determinare un impatto negativo sul Bene o comunque generare conflitto tra la tutela e lo sviluppo. L’identificazione di tali aree potrebbe essere fatta a partire dalla codifica dei criteri per la definizione di aree ad elevata sensibilità seguita da un processo partecipativo allargato che, sulla scorta dei criteri identificati, riconosca nello specifico le aree ad alta sensibilità.
Non si tratta di enunciare una definizione di invariante, quanto di delimitare delle aree di attenzione ed individuare dei criteri di salvaguardia che guidino tecnici ed amministratori nell’assumere decisioni di fronte a possibili progetti di sviluppo.
Un ulteriore approfondimento, da sviluppare sempre attraverso casi studio, riguarda la valutazione delle ricadute di tale proposta operativa sui vari territori, avviando una collaborazione con Enti Locali che si trovino in fase di redazione di nuovi strumenti di pianificazione al fine di applicare il metodo proposto.
La risposta al tema dell’invariante, quindi, non è porre nuove regole, visto che già ne esistono, bensì capire quando e come agire nel caso di progetti esterni che interessino zone poste al confine del Patrimonio. Non si tratta solo di affrontare un problema paesaggistico, ma anche un problema di carattere urbanistico e gestionale legato alla presenza di attività umane sul territorio.
L’obiettivo che ci si pone è quello di dotare la Fondazione Dolomiti UNESCO, ma anche le singole amministrazioni locali, di uno strumento per poter valutare gli impatti di opere – anche esterne al Bene – e perseguire una unitarietà di intenti tra territori dolomitici in continuità con la strategia complessiva di gestione del Patrimonio Mondiale. La Fondazione Dolomiti UNESCO può diventare un riferimento per il confronto tra le Amministrazioni che ne fanno parte, soprattutto per quanto concerne progetti esterni al Patrimonio o che scavalchino i confini amministrativi tra le diverse Province dolomitiche.