Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Maggio 2023

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Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

R A S S E G N A S T A M P A

MAGGIO 2023

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2 PRINCIPALI
MAGGIO: DOLOMITES WORLD HERITAGE GEOTRAIL: IL NUOVO PORTALE DIGITALE 3 PRUDENZA IN MONTAGNA................................................................................................................................. 4 PREMIO SPECIALE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE AL TRENTO FILM FESTIVAL ....................................... 4 CRISI CLIMATICA 5 CRISI IDRICA ...................................................................................................................................................... 7 GESTIONE DEI FLUSSI TURISTICI: IL CONFRONTO ........................................................................................... 9 MARMOLADA: GLI AGGIORNAMENTI 14 SASSONLUNGO: GLI AGGIORNAMENTI 16 DOLOMITI MOUNTAIN SCHOOL: LA SETTIMA EDIZIONE.................................................................................. 18 IO VIVO QUI: L’EDIZIONE 2023 A LONGARONE 19 GLI ATTI DEL VAJONT ISCRITTI NELLA LISTA DEL ‘ MEMORY OF THE WORLD’ 20 BIVACCHI GUARDIA DI FINANZA: I VINCITORI ................................................................................................. 22 NOTIZIE DAI RIFUGI 23 NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE 24 DOLOMITI IN TV................................................................................................................................................ 24
ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI

DOLOMITES WORLD HERITAGE GEOTRAIL: IL NUOVO PORTALE DIGITALE

L’Adige | 4 maggio 2023

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Il Patrimonio Mondiale e la geologia della meraviglia.

Dolomites World Heritage Geotrail: un viaggio nel tempo per comprendere il mondo. E' questo il tema del convegno di oggi pomeriggio al Museo con Piero Gianolla (professore di Geologia presso l'Università di Ferrara), Michele Lanzinger (direttore Muse - Museo delle Scienze di Trento), Vajolet Masé (geologa presso il Parco Naturale Adamello Brenta Global Geopark). Modera il giornalista Giambattista Zampieri. . Le forme e i colori delle Dolomiti parlano del passato, del presente e del futuro del nostro Pianeta. Per svelare questo racconto, la Fondazione Dolomiti Unesco ha creato il Dolomites World Heritage Geotrail, un nuovo strumento digitale.

Corriere delle Alpi | 7 maggio 2023

p. 16

Dalla geologia la chiave per capire e indagare come evolve il clima

Belluno

Se le Dolomiti sono state iscritte nella lista del Patrimonio Mondiale non lo si deve solo alla bellezza paesaggistica, ma anche all'unicità geologica, capace di spalancare la storia della Terra, i suoi cambiamenti nel corso delle ere geologiche, l'attualità di una crisi climatica che, quanto ad accelerazione, non ha precedenti. Sono concordi i geologi intervenuti giovedì al Muse di Trento, in occasione dell'evento organizzato dalla Fondazione Dolomiti Unesco nell'ambito del Trento Film Festival.A offrire spunti per il dialogo, le immagini del primo portale geologico delle Dolomiti (dolomitesgeotrail.com), che consente un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso le 47 tappe del Dolomites World Heritage Geotrail, e che da qualche giorno è navigabile online. «Le Dolomiti sono un incredibile archivio geologico, raccontano una storia lunghissima, che comprende diverse crisi biotiche, legate solitamente ai cambiamenti climatici e all'aumento dell'anidride carbonica. La crisi attuale è sotto gli occhi di tutti, specie sulle Dolomiti, ma la differenza rispetto a quelle del passato è un'accelerazione fuori scala», ha evidenziato Piero Gianolla, ordinario di geologia dell'Università di Ferrara e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Dolomiti Unesco.«Le tappe del Dolomites World Heritage Geotrail contribuiscono a diffondere maggiore conoscenza e comprensione di quello che ci può raccontare il paesaggio geologico», la conclusione della geologa del Parco Naturale Adamello Brenta, Vajolet Masé. Un racconto che non riguarda solo il passato «ma anche ciò che sta accadendo ora al nostro pianeta». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 31 maggio 2023

p. 16

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PRUDENZA IN MONTAGNA

Il Nuovo Trentino | 4 maggio 2023

p. 30

La sicurezza in montagna sta nella preparazione

l Filmfestival, occasione di educazione ambientale ma anche di consapevolezza sui pericoli della montagna. È con questo spirito che Palazzo Roccabruna ha ospitato Accademia d'impresa ed il seminario sull'educazione alla prudenza dei turisti come prevenzione degli incidenti in montagna.«Alla base del progetto "Prudenza in montagna" vi è un approccio differente al principale problema del turismo sulle nostre vette, ovvero la consapevolezza del rischio. Si parte infatti dal concetto di prudenza e non da quello di sicurezza, perché parlare in montagna di rischio zero è oggettivamente impossibile, anche per gli stessi professionisti. Parlare di prudenza, invece, significa creare una cultura dell'attenzione, incentrata proprio sulla conoscenza dell'ambiente e sulle modalità con le quali affrontarlo in maniera consapevole» ha spiegato in apertura Chiara De Pol, vice responsabile della comunicazione di Trentino Marketing, riassumendo efficacemente il senso dell'incontro che Accademia d'Impresa, azienda speciale della camera di Commercio di Trento ha organizzato nell'ambito delle iniziative del Trento Film Festival. Il seminario, dal titolo «La prudenza in montagna: i rifugi sentinelle dell'attività in montagna», ha presentato anche una esclusiva Rai: alcuni frammenti di un inedito video reportage sulla dinamica del crollo del seracco della Marmolada.La discussione ha fatto perno sul progetto "Prudenza in Montagna", un'iniziativa di Trentino Marketing nata per promuovere un approccio più responsabile alla fruizione della montagna e che vede la collaborazione di SAT (Società Alpinisti Tridentini), Associazione Rifugi del Trentino, Collegio delle Guide Alpine Trentino, Soccorso Alpino Trentino, Fondazione Dolomiti Unesco, Collegio Provinciale Maestri di Sci del Trentino, Guardia di Finanza, Carabinieri e Polizia di Stato.«Oggi c'è una maggiore richiesta della montagna come meta per una vacanza, sostenuta dalla ricerca di spazi aperti in cui muoversi a contatto con la natura - ha dichiarato Roberta Silva, presidente dell'Associazione gestori dei rifugi trentini - La conseguenza è un proliferare di attività, per lo più soft, spesso praticate senza una reale percezione del contesto. Tra le più ricorrenti, le camminate verso i rifugi, diventati di fatto una meta. Proprio per questo l'Associazione ha sentito l'esigenza di attrezzarsi anche sul tema del soccorso. E' nato così un accordo che iscrive i rifugi trentini nell'organico del Soccorso alpino e speleologico trentino che tramite un'adeguata formazione trasforma i rifugi in un supporto per i soccorritori non solo attraverso un'azione di monitoraggio della montagna, ma anche agevolando gli interventi, ad esempio, ospitando certe tipologie di attrezzature».Mario Fiorentini, presidente dell'associazione rifugi del Veneto e Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco hanno insistito sulla necessità di adottare linguaggi comuni per educare i turisti, «perché in montagna si perde la percezione dei confini amministrativi e non è concepibile che la comunicazione possa essere contraddittoria tra territori contigui». Walter Cainelli, presidente del Soccorso alpino e speleologico trentino ha richiamato l'attenzione sul numero consistente di interventi, circa 1.400 l'anno, sottolineando come stiano aumentando significativamente gli incidenti che coinvolgono il mountain bikers, oltre il 15% del totale. «Il turista pretende sicurezza, ma l'assenza di pericolo non c'è, neppure quando ci sono le guide alpine. Pagare una guida alpina - ha ammonito Gianni Canale, rappresentante del Collegio delle guide alpine-maestri di alpinismo della Provincia di Trento - non significa sottoscrivere una polizza assicurativa. Ecco perché il rapporto con il cliente oggi è sempre più orientato verso la formazione, l'informazione e l'educazione. Il turista deve diventare un soggetto responsabile dell'attività in montagna». Non basta dire: ci pensala guida, ma dalla guida occorre imparare. E con la guida, collaborare.L'incontro è stato introdotto dal saluto di Bruno Degasperi, direttore di Accademia, impegnata nella formazione dei rifugisti trentini come ambasciatori del territorio.Il progetto, fra l'altro, ha visto un importante momento di formazione pochi giorni fa, con la distribuzione ai rifugisti di una radio ricetrasmittente e un giubbotto ad alta visibilità per l'assistenza agli interventi di soccorso.

PREMIO SPECIALE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE AL TRENTO FILM FESTIVAL

Messaggero Veneto | 9 maggio 2023

p. 26, edizione Udine

Al friulano Rossitti il premio Dolomiti

Il premio "Dolomiti Patrimonio Mondiale" - istituito dalla Fondazione Dolomiti Unesco e dalla Società Alpinisti Tridentini (Sat) nell'ambito della 71ª edizione del Trento Film Festival - al miglior film sulla consapevolezza delle comunità rispetto agli eccezionali valori universali riconosciuti da Unesco e la capacità di una conservazione attiva del territorio, è stato attribuito a "Custodi" di Marco Rossitti, docente di cinema all'Università di Udine, autore di saggi sul film etnografico e il cinema italiano e unico autore friulano presente a questa edizione del prestigioso festival.«Il film - spiega la giuria - presenta una carrellata di esperienze in località diverse e dai caratteri

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fortemente identitari. Si tratta di brevi ritratti che sottolineano l'importanza del prendersi cura del territorio, del valore di tradizioni rivitalizzate nel rispetto della memoria (patrimonio), degli equilibri fra uomo e natura». «Questo premio - ha commentato il rettore Roberto Pinton - rinsalda il nostro forte impegno di collaborazione con la Fondazione Dolomiti Unesco per la promozione e la salvaguardia del patrimonio naturale e culturale».

CRISI CLIMATICA

Corriere delle Alpi | 7 maggio 2023

p. 18

Il ritiro dei ghiacciai minaccia la biodiversità nei torrenti alpini

il caso

Con il ritiro della Marmolada (nell'ultimo secolo ha perso più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume), si modifica radicalmente l'ecosistema dei corsi d'acqua che ne derivano. Nonostante ai più i ghiacciai possano sembrare degli ambienti privi di vita, le ricerche svolte - soprattutto negli ultimi vent'anni - hanno mostrato come questi siano a tutti gli effetti habitat in grado di sostenere una biodiversità unica. La così detta "biodiversità glaciale" è costituita da batteri, alghe, muschi, piante, invertebrati e vertebrati che vivono in questi ambienti che consideriamo "estremi".Ebbene, un team internazionale di esperti, tra cui ricercatori del Muse di Trento, ha scoperto che diverse specie di invertebrati che attualmente vivono nel reticolo di corsi d'acqua alle pendici dei ghiacciai saranno costrette a spostarsi sempre più in alto fino ad estinguersi. Combinando i dati raccolti in 25 anni di studi sui torrenti alpini, i ricercatori hanno elaborato delle proiezioni sul destino di quindici specie di invertebrati, tra cui un verme piatto e quattordici insetti, diffusi in tutti i sottobacini glaciali delle Alpi al di sopra dei 2000 metri di quota.È stata pure constatata una progressiva diminuzione dell'influenza glaciale sui fiumi, con reticoli fluviali che crescono dell'uno per cento ogni dieci anni. «Secondo i nostri studi, nelle Alpi europee entro il 2100 la maggior parte delle specie subirà una riduzione dell'area di habitat per loro idoneo», spiega Valeria Lencioni, idrobiologa e coordinatrice Ambito Clima ed Ecologia del Muse, «con perdite consistenti in tutti i bacini fluviali per alcune specie (come i moscerini chironomidi Diamesa latitarsis, D. steinboecki e Diamesa bertrami, il plecottero Rhabdiopteryx alpina e l'efemerottero Rhithrogena nivata)».«Al contrario, le popolazioni delle specie che non prediligono le acque di fusione glaciale risponderanno positivamente», aggiunge, «ad esempio, il verme piatto Crenobia alpina e l'efemerottero Rhithrogena loyolaea. Le nostre stime», conclude la studiosa, «quindi, individuano "vincitori" e "perdenti" in risposta al ritiro dei ghiacciai».In sostanza, nel 2100 molte delle aree più idonee per gli invertebrati che vivono in acque fredde saranno al di fuori delle reti di aree protette esistenti e le preoccupazioni principali dei ricercatori per la loro conservazione derivano dal fatto che i luoghi in cui i ghiacciai persisteranno fino al 2100 potrebbero anche essere prioritari per le attività umane, come l'energia idroelettrica e lo sci. È quindi urgente un monitoraggio più intensivo della biodiversità fluviale alpina, è la conclusione dello studio. fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 9 maggio 2023

p. 8

allarme clima

Sempre meno neve: l'Adamello ha perso 140 metri in un anno

cristian ferrari

Il rapido mutamento delle condizioni meteorologiche, che ha interessato in particolare gli ultimi due anni, ha messo in evidenza come l'agricoltura, l'industria e la stessa società trentina non possano più considerare la risorsa acqua come una risorsa illimitata e garantita. Nel Trentino - terra di montagne, di ghiacciai, di neve e di bacini idroelettrici - si è scoperto quasi improvvisamente come la mancanza di importanti precipitazioni nevose per un paio di inverni consecutivi non vada a ledere solo l'industria del turismo, ma riesca a mettere in crisi lo stesso approvvigionamento idrico a fini potabili.Così in una calda estate 2022 dove i segnali di siccità, di forte fusione nivale e glaciale si sono sommati al clamore mediatico del crollo di una porzione del ghiacciaio della Marmolada, l'interesse dei media è ritornato sui ghiacciai alpini che, nonostante la stagione asciutta, hanno contribuito in modo fondamentale al rilascio di grandi quantità di acqua di fusione.L'attenzione della Sat verso questi importanti ecosistemi d'alta quota risale ancora al 1872, anno della fondazione del sodalizio quando, tra le relazioni ai soci fondatori, ne spiccava una relativa ai ghiacciai come elemento di interesse alpinistico e scientifico. L'attività di studio è stata poi portata avanti da diversi soci fino al 1990, anno in cui l'Associazione si è strutturata attraverso la creazione del Comitato Glaciologico Trentino, ora Commissione Glaciologica.Il monitoraggio svolto negli anni dalla Sat ha permesso di stimare anche sul territorio trentino gli effetti dei cambiamenti climatici in atto sui ghiacciai, dai più piccoli localizzati spesso in zone dolomitiche, che sono andati via via riducendosi fino quasi a sparire, ai più grandi nei territori dei Parchi Adamello Brenta e Stelvio, che sono andati incontro a vistosi fenomeni di ritiro e frammentazione.In questi anni le dinamiche di fusione si sono accelerate e molti

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ghiacciai si sono adattati con nuove morfologie a seguito di crolli e arretramenti.L'inverno appena trascorso (2022-2023) ha mostrato un andamento delle precipitazioni nevose particolarmente scarso, con un deficit a livello nazionale pari a - 64 % rispetto agli ultimi 12 anni; analoga scarsità di precipitazioni nevose era stata misurata anche nell'inverno 2021-2022, cui era seguita un'estate decisamente calda.Nell'estate 2022 infatti, la Sat ed altri gruppi di ricerca sulle Alpi, hanno registrato uno dei peggiori anni di arretramento dei ghiacciai da quando vengono effettuate le misure. Basti pensare al ghiacciaio dell'Adamello che ha perso circa 140 metri in un anno, o al ghiacciaio de la Mare nel Parco dello Stelvio la cui fronte è arretrata, per la particolare situazione morfologica, di quasi 1 Km, o al ghiacciaio di Lares arretrato di quasi 600 metri.Un recente fenomeno morfologico molto interessante legato al rapido arretramento dei ghiacciai, è sicuramente legato alla creazione dei grandi crepacci circolari che evolvono in breve tempo in calderoni glaciali (nella foto grande); la percolazione dell'acqua di fusione all'interno di inghiottitoi e crepacci, la ridotta copertura nevosa, l'emersione di isole rocciose, l'ingresso di aria calda dai canali di scorrimento dell'acqua di fusione, riescono a provocare importanti fenomeni di fusione del corpo glaciale "dal basso verso l'alto". Così nelle zone frontali di ghiacciai come l'Adamello-Mandrone, il Lares, la Presanella i crolli dovuti a questi fenomeni morfologici (non nuovi sugli stessi ghiacciai) hanno provocato i rapidi arretramenti delle fronti èprima citati.Se il percorrere, catalogare e fotografare questi fenomeni permette di documentare nel contempo dei fenomeni grandiosi, ma deleteri per la sopravvivenza della fronte del ghiacciaio, il rischio legato alla loro esplorazione va sicuramente annoverato tra le pratiche alpinistiche che non vanno affrontate senza precauzioni o accorgimenti e solo in determinati momenti dell'anno.Ecco quindi che la ripetuta osservazione dell'evoluzione di questi fenomeni che modificano i ghiacciai, o anche le semplici e storiche misure di arretramento delle fronti glaciali ripetute negli anni, riescono a restituire in modo abbastanza significativo una delle complesse facce della perdita della risorsa "acqua" sul territorio. La Sat auspica che queste evidenze scientifiche e le azioni di sensibilizzazione e comunicazione, costringano la società civile a prendere sempre più in considerazione la necessità di azioni volte al risparmio, al riciclo ed al riutilizzo dove possibile di questa importante risorsa.(presidente della CommissioneGlaciologica della Sat)

Il Nuovo Trentino | 13 maggio 2023

p. 3

Cambio climatico, crisi e troppi turisti? Failoni: «Non vedete che nevica?»

Ilaria Puccini TRENTO

Troppi visitatori in Trentino? Per l'assessore provinciale al turismo Roberto Failoni si tratta di distribuirli meglio lungo il corso dell'anno puntando sui mesi a margine dell'alta stagione. Sui cambiamenti climatici e sulle prospettive degli sport invernali, a suo vedere, non c'è troppo da preoccuparsi: «Ne siamo tutti consapevoli. Veniamo da un inverno povero di precipitazioni, con prezzi rincarati e con meno persone, ma con fatturati che sono i migliori di sempre. I dati non lasciano dubbi, l'inverno trentino è ancora in larghissima parte legato allo sci». Failoni, lei condivide le preoccupazioni degli albergatori della Val di Fassa per cui un numero eccessivo di turisti può incidere in negativo sul territorio e sui rapporti con la popolazione residente?Non credo ci siano troppi turisti, semmai dobbiamo migliorare la loro distribuzione nel corso dei dodici mesi. Ormai è da più di un anno che stiamo cercando di estendere la stagione, così da far sì che a seconda del territorio - montagna, laghi o città - si riesca a diluire i turisti in maniera più omogenea. Non è un compito facile.Perché, che difficoltà ci sono? In Italia ferie e vacanze sono ancora in gran parte concentrate in periodi fissi per tutti, mentre secondo me potremmo diversificarle come già avviene all'estero. Al momento ciò che ci permette di allungare le stagioni turistiche sono soprattutto le presenze straniere. Eppure in Val di Fassa si sono dati numeri e obiettivi ben precisi. Un conto è dire le cose, un conto è metterle a terra. In tante zone ci sono numerose seconde case in affitto e di proprietà, va fatto un ragionamento globale coinvolgendo tutti gli operatori per capire come fare, a partire dalla diversificazione della ricettività.Quali sono alcuni esempi di destagionalizzazione?Abbiamo eventi tutto l'anno, ad esempio ad aprile e maggio sui laghi e a giugno e a settembre in montagna, quindi non solo in alta stagione. Dopodiché investiamo tanto nella comunicazione a tre settori, digitale televisivo e cartaceo, per promuovere le belle stagioni, quindi periodi come metà marzo o novembre. Abbiamo iniziato già l'anno scorso e quest'anno lo stiamo facendo in maniera ancora più decisa, in collaborazione con tutte e 12 le nostre Apt.Secondo lei le esigenze delle persone stanno cambiando?Da una parte ci sono i nostri sforzi per provare ad allontanare i turisti dai periodi più critici, dall'altra per fortuna si inizia a percepire la volontà di venire in Trentino in altri periodi. Quanto tempo ci vorrà perché queste politiche sortiscano effetto? Ci siamo dati tre, quattro anni per vedere i primi risultati importanti, ma auspichiamo risultati buoni già nel 2024 o 2025. Sappiamo che i periodi canonici della vacanza italiana non sono facili da gestire, ma cercheremo lo stesso di farlo. Come vede lo sviluppo del turismo in relazione ai cambiamenti climatici?Tutti siamo consapevoli dei cambiamenti climatici, veniamo da un inverno avaro di neve e di persone ma che è il migliore di sempre.Il migliore di sempre?Sì, il migliore di sempre a livello di fatturati. Tutti gli operatori mi dicono di aver accresciuto il fatturato, pur avendo aumentato i prezzi. Le preoccupazioni iniziali sono state smentite. Dall'altra parte però sappiamo che ci sono i cambiamenti climatici. E come intendete affrontarli? Creando bacini e strutture meno energivore, agendo sulle situazioni dove si può creare meno neve o monitorarne i livelli. Ci sono diverse misure per cercare di incidere meno e a fronte di poche finestre di freddo, tutte le zone, che abbiano tanti o pochi impianti, si stanno attrezzando per creare velocemente un demanio sciabile. Con le tecnologie di oggi in 72 ore è possibile approntare una pista da sci.In Appennino però ha visto che crisi c'è stata.Noi non siamo mica l'Appennino.Sì, ma non è preoccupato per gli impianti in bassa quota? La sfida per gli operatori non è di poco conto. Non possiamo aspettare soluzioni con la sfera di cristallo. Se tutti ragionassero così, gli impiantisti non investirebbero più nulla. Insomma,

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non c'è da preoccuparsi?Come vede in questi giorni ha di nuovo fatto un metro di neve. Non possiamo più essere solo negativi e disfattisti. Io penso che uno spazio per altre forme di turismo sia possibile, ma l'inverno è ancora in larghissima parte legato allo sci. I dati sono chiarissimi. Come valuta l'afflusso di turisti sulla Panarotta di quest'inverno, con gli impianti chiusi?Su questo non ho notizie, appena mi daranno dei dati sulle presenze reali potrò esprimere un giudizio. Siamo in contatto con tutti gli operatori dell'Alta Valsugana per capire cosa si potrà fare in futuro della Panarotta, ma finché non ho dati sulle presenze non posso commentare.

CRISI IDRICA

Gazzettino | 3 maggio 2023

p. 3, edizione Belluno

Mancano 2 metri di neve aprile il mese più "ricco"

Il mese di aprile è stato il più nevoso rispetto a quelli invernali decisamente più avari a tutte le latitudini. Con una prima decade molto fredda, ha dato un contributo alla riserve nevose in quota, ma all'appello, rispetto alla media, mancano ben due metri di accumulo. Se si scende invece a 1600 metri di quota la carenza si contrae a 130 centimetri e infine di un metro a fondovalle, come ad esempio a Cortina. Questo inciderà profondamente nel periodo estivo. Una carenza che viene definita importante dagli esperti.

TRE LUSTRI IN ESAME

Scorrendo il resoconto dell'Arpav-Dolomiti del periodo dal primo ottobre 2022 a fine marzo 2023 a confronto con gli stessi degli ultimi 15 anni, si scopre che c'è stato anche di peggio, come l'anno 2017, peggiore in assoluto in tutte le dieci località prese in considerazione: casera Coltrondo (1960 m), monti Alti di Ornella (2250), Col dei Bladi (1900), Malga Losch (1735), Arabba (1630), Falcade (1200), Palantina (1505), monte Lisser (1426), Capomolon (1735), monte Tombo (1620).

Non sono stati molto migliori gli anni 2012 e ovviamente il 2022 che ha fatto sentire tutti i suoi effetti durante l'estate quando il problema acqua è stato molto pesante in diverse località della provincia costringendo alcune amministrazioni a razionare e altre a rifornire le vasche con le autobotti.

FORTI SBALZI

Altro dato che si rileva dal confronto tra i 15 anni presi in considerazione sono gli enormi sbalzi tra un anno e l'altro: si passa da stagioni molto nevose come quelle del 2014 e del 2013 seguite da quella del 2009. La linea di media, tracciata per le varie località analizzate, non trova quasi mai allineamenti, ma solo scalini tra anni molto nevosi e anni quasi a secco.

Un fenomeno che si riscontrerebbe a partire dagli anni 2000, preceduti però dall'estrema siccità di neve degli anni Novanta quando l'industria turistica fu costretta a ricorrere sempre più massicciamente all'innevamento artificiale che apriva così una prospettiva per salvare gli inverni.

IL CAMBIAMENTO

Non è ovviamente ancora chiaro da cosa dipenda questa irregolarità nell'andamento delle stagioni. Si parla del cambiamento climatico, ma per ora sono ipotesi. In generale si è di fronte ad una variabilità che rende sempre più difficile anche centrare con precisione le previsioni meteo.

COL DEI BALDI IN TESTA

La località dove è nevicato di più è stata quella zoldana del Col dei Bladi con un accumulo complessivo di 405 centimetri, seguono, in ordine decrescente, monti Alti di Ornella (396), Campomolon (394), Malga Losch (383), casera Coltrondo (333), monte Tombo (254), Arabba (250), Palantina (244), monti Lisser (230), Falcade (150).

LE DIFERENZE

Fermandoci ad Arabba (1630 metri di quota), ad esempio, vediamo che la stagione più nevosa del 2014 aveva portato ad un accumulo di 870 centimetri, oggi siamo solo a 250 ma nel 2017 erano ancora meno ovvero 135.

Scarto meno pesante sul Col dei Baldi (1900 m): erano 1011 centimetri oggi sono 405 e 318 nel 2017.

Scendendo a quota 1200, ovvero Falcade: sono stati rilevati rispettivamente 635 dell'anno più nevosi, per arrivare a 150 di quest'anno e scendere a soli 71 centimetri nel 2017.

Lauredana Marsiglia

Corriere delle Alpi | 5 maggio 2023

p. 9

Dell'Acqua, tecnico della Regione Veneto commissario nazionale per la siccità

Enrico Ferro

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Dal Veneto alla cabina di regia nazionale per risolvere i problemi di siccità dell'Italia intera. Il veronese Nicola Dell'Acqua è il nuovo commissario straordinario per l'emergenza idrica. Tecnico di fiducia del presidente Luca Zaia, è stato assegnato al Ministero di Matteo Salvini per combattere la grave crisi. «Ringrazio il presidente del Consiglio e il Consiglio dei ministri per avere giudicato il mio profilo tecnico adatto a un compito così delicato», dice lui, già in viaggio e pronto per un numero imprecisato di riunioni fissate nei prossimi giorni. Esulta Zaia, che ormai da anni lavora fianco a fianco con lui. «Quella di Nicola Dell'Acqua è una nomina che assicurerà visione e interventi mirati per affrontare, in maniera strutturata, una crisi senza precedenti, che ha travolto indistintamente l'intero Paese, dal Nord al Sud», ha detto il presidente del Veneto «È il nome giusto al posto giusto, sia per le doti di problem solving, sia per l'esperienza e la conoscenza dei temi ambientali». Dell'Acqua attualmente è direttore di Veneto Agricoltura oltre che commissario per la siccità in Veneto, ma per comprendere il rango di questo professionista basta dare una rapida scorsa al curriculum. Nel 2009 è capo missione per l'emergenza rifiuti in Campania, nel 2010 è soggetto attuatore per il completamento delle opere necessarie allo svolgimento del G8 nell'isola della Maddalena, in quello stesso periodo è sempre soggetto attuatore per la realizzazione delle opere e degli interventi funzionali relativi allo svolgimento della "Luis Vuitton World Series" (circuito di regate internazionali), nel 2011 è direttore dell'Ufficio previsione e mitigazione dei rischi naturali e antropici del Dipartimento di Protezione Civile, oltre che soggetto attuatore per le problematiche ambientali nell'isola di Lampedusa. Veronese doc, compirà 58 anni il 17 maggio prossimo. Diploma di perito agrario all'istituto tecnico Bentegodi di Verona, laurea in Scienze della produzione animale a Bologna (la stessa che ha conseguito Zaia a Udine), nel 1994 ottiene l'abilitazione alla professione di agronomo. «Lavorando fianco a fianco in occasione di altre emergenze, che hanno colpito in passato il Veneto» prosegue Zaia «ho potuto apprezzare le sue capacità di coordinamento e di gestione delle attività commissariali. Dell'Acqua è stato al mio fianco durante l'emergenza Vaia, mi ha affiancato con successo nell'attività commissariale. L'ho voluto anche alla guida del soggetto attuatore nell'ambito delle attività commissariali per la siccità in Veneto. In precedenza ha diretto l'Agenzia regionale per l'ambiente e ricoperto altri importanti incarichi, affermandosi per la conoscenza dell'ambiente naturale nei suoi aspetti più critici. Sono certo che saprà affrontare anche questa sfida, che richiede tempestività e capacità di intervenire in modo mirato per fronteggiare gli effetti delle scarse piogge». Adesso Dell'Acqua dovrà staccarsi dalla visione prettamente regionale attraverso cui ha affrontato il problema della siccità in questi mesi, per acquisire un profilo più nazionale e quindi complessivo. Dovrà anche dare delle priorità alle opere strategiche per affrontare l'emergenza, mettendone in stand by altre. Dovrà dare risposte al centro e al sud, ma senza tradire il nord. Un compito per niente facile. In serata sono arrivati anche i complimenti del ministro dell'Agricoltura

Francesco Lollobrigida: «La sua esperienza e la sua professionalità saranno garanzia per affrontare con serietà un fenomeno che non può più essere definito emergenza e che rischia, oltre alle altre problematiche, di mettere in ginocchio il comparto dell'agricoltura».

L’Adige | 12 maggio 2023

p. 11

«Ma questa pioggia non basta»

L'assessore Tonina: scontiamo un anno e mezzo di siccità e la poca neve in quota

leonardo pontalti

Tanta, benedetta e, soprattutto, diluita su più giorni. La pioggia di questi giorni è una benedizione per i campi, alimenta gli invasi degli impianti idroelettrici, grazia falde e sorgenti, è un dono per i comuni in affanno con la rete idropotabile, che già erano ricorsi alla protezione civile, per portare acqua nei serbatoi con le autobotti. Ma non facciamoci illusioni.L'assessore all'ambiente e all'energia, Mario Tonina, monitora la situazione. I dati degli uffici, circa le portate in alveo e l'accumulo nei bacini in quota, sono aggiornati di continuo. La domanda è precisa: è sufficiente l'acqua di questi giorni a tirarci fuori dai guai? «Per il momento, sì» risponde Tonina «ma non risolve e non può risolvere i problemi di un anno e mezzo di mancanza di acqua che ci portiamo dietro. Nel 2022, c'è stata una siccità importante, che si è protratta in autunno, quindi nell'inverno, fino a primavera inoltrata. Le previsioni, per fortuna, annunciano pioggia anche per la prossima settimana».Ma, appunto, di un sospiro di sollievo si tratta. «Il problema» considera l'assessore all'ambiente «è la pochissima neve in quota dell'autunno-inverno. È quella che ghiaccia, poi si scioglie lentamente e riempie gli invasi e, soprattutto, le falde. La neve di questi giorni, anche fino a mezzo metro, basta un po' di caldo a farla sparire. Dobbiamo essere chiari, realistici: possiamo fare fronte al 2023 solo se ci sarà una piovosità regolare dalla primavera in avanti. Certo, qualcosa è migliorato nei bacini e negli invasi. Ma non basta a riempirli».La pioggia che cade ha pure un altro valore, per così dire "politico". «È importate» dice Tonina «perché dopo la nomina, da parte del governo, del commissario straordinario che pensa di fare ciò che vuole per l'emergenza idrica, anche ledendo le prerogative dell'Autonomia, queste precipitazioni attenuano le esigenze della pianura, che intanto è accontentata».Se di sollievo si tratta, dato l'"accumulo" di siccità dal 2022, è il futuro che impone vigilanza e preoccupazione. «Le maggiori necessità, per la pianura, devono ancora arrivare: lì, con i prati stabili» dice Tonina «fanno 6-7 sfalci, e fanno due raccolti di mais. Anche per questo è stato alzato il livello del Lago di Idro: per fare scorta di acqua da rilasciare per fine maggio e giugno. Ed il problema principale sarà da luglio metà agosto, con il caldo, se non ci sarà pioggia regolare». La cautela è quella che all'assessore fa ripetere: «Anche di fronte a questa piovosità, lo slogan va ribadito: "Io acqua ho un futuro da difendere". Quindi, vale sempre il risparmio dell'acqua: per il servizio potabile, per l'agricoltura, per l'idroelettrico, per tutti gli usi». Anche per le turbine che producono kWh e dividendi per i soci pubblici e privati, Tonina invita a stare con i piedi per terra: «I primi sei mesi di quest'anno sono in gran parte compromessi. Le centraline ad acqua fluente possono essere soddisfatte per questa pioggia. Ma quanto dura? Per le grandi centrali,

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i bacini di Boazzo-Bissina, Molveno, Santa Giustina (nella foto), è diverso. È tutto da capire quanta produzione in più può garantire questa pioggia. Di certo, fino a metà maggio c'è scarsità. Ad esempio, a Santa Giustina hanno smesso di turbinare per permettere al bacino di alzarsi e, quindi, agli agricoltori della Val di Non di pompare acqua per i frutteti». Del tutto aperto resta il problema dell'efficientamento degli acquedotti, per il quale la giunta provinciale, con la variazione di bilancio ha previsto zero euro (i 3,4 milioni indicati sono per l'agricoltura). E tutto questo con un rete che fa acqua: il 31% va perduta. «È stata una scelta» spiega Tonina «perché è in corso una interlocuzione con il governo, per sbloccare 140 milioni di fondi del Pnrr per efficintare gli acquedotti. I progetti dei Comuni trentini sono stati ammessi, giudicati validi, ma non finanziati per mancanza di soldi. La speranza è che queste risorse arrivino. Sono progetti esecutivi, siamo pronti a realizzarli entro il 2026. Poi, però, c'è da dire che in questa legislatura tutti i progetti dei Comuni sono stati finanziati. Ma le domande, per 6-7 milioni all'anno, sono state poche. Finché c'era acqua, i sindaci erano restii a intervenire, per non creare disagi ai cittadini, nonostante le perdite degli acquedotti». Do. S.

Corriere delle Alpi | 18 maggio 2023

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La neve è tornata su valori normali Le portate dei laghi sono in crescita

BELLUNO

Segno più per la neve e la pioggia, nella prima metà di maggio, sulle Dolomiti. L'Arpav fa sapere che gli spessori del manto nevoso nelle Dolomiti sono ritornati nei valori normali. Le precipitazioni del 1-3 maggio in alta quota, del 10-11 maggio e del 15 maggio hanno determinato apporti di oltre 120 centimetri di neve a quote superiori i 2400 metri e 70-80 a 2000. In Alpago 40-60 centimetri a 1600 di quota e di 20-30 negli altri settori. Attenzione, però. «La sommatoria di neve fresca da ottobre a metà maggio evidenzia ancora un deficit di 160 centimetri di neve fresca in quota, di 130 a 1600 metri e di 70-100 nei fondovalle delle Dolomiti», avverte l'assessore regionale all'Ambiente, Gianpaolo Bottacin, interpretando i dati Arpav, «In alcune giornate, come il 6 e 7 maggio, la pioggia è arrivata fino in alta quota, accelerando i processi di riscaldamento e fusione del manto nevoso residuo. L'indice di spessore del manto nevoso è ritornato nella media del periodo con 43 centimetri». Quindi il tema della riserva nivale resta ancora in piedi, in tutta la sua evidenza. «Sulla Marmolada, con gli apporti di maggio, la primavera ha portato due metri di neve», informa Carlo Budel, che d'estate gestisce Capanna Punta Penia, «che hanno ricoperto le recenti ferite. Oggi appare nella sua forma più smagliante». Anche in questo caso, però, dall'inizio dell'anno idrologico, quindi dal primo ottobre, di metri sulla media storica ne mancano parecchi, circa la metà. E per quanto riguarda la pioggia, il bilancio della prima quindicina di maggio è anch'esso positivo. In Veneto sono caduti mediamente 130 millimetri di precipitazione, contro una media mensile di 115: «Pertanto a metà mese è presente una situazione di surplus (+13%)», afferma l'Arpav, «Sulle pendici bellunesi del Grappa la precipitazione è stata di oltre 200 millimetri».Ma in altre zone è piovuto molto meno, ad esempio a Perarolo con 56 millimetri e a Pieve d'Alpago con 67. Il bacino del Piave segna, in ogni caso, un rassicurante +46% di precipitazioni rispetto alla media. Come è rassicurante vedere i laghi quasi pieni, a partire da Santa Croce. Il volume totale al 15 maggio del Centro Cadore, del Santa Croce, del Mis e del Corlo è di 140,9 milioni di metri cubi, con un aumento di 1,7 millimetri cubi dalla fine di aprile. Siamoall'84% di riempimento, un +2% rispetto alla media del periodo. Non è tanto, ma si tratta di 2,6 milioni di metri cubi in più. Arpav informa che il volume invasato a Pieve di Cadore ha continuato ad incrementare decisamente fino al giorno 12, al 15 maggio era all'86% di riempimento. Santa Croce risultava all'81%, un +8% sulla media. Il Mis? All'88% dell'invasamento. Sul Corlo (Brenta) volume in decisa crescita, con un valore a metà mese di 33.4 millimetri cubi, pari ad un riempimento dell'87%. In questi primi giorni di maggio gli eventi meteo hanno quindi determinato un significativo incremento dei deflussi, con contributi più del doppio rispetto a fine aprile, riducendo il deficit. È evidente che le sorgenti, a seguito dello scioglimento dell'ultima neve, riceveranno un provvidenziale contributo. E ne beneficeranno le falde di pianura. Ci si chiede se potrebbero verificarsi situazioni analoghe all'Emilia Romagna: «I cantieri post Vaia», commenta Bottacin, «hanno dimostrato tutta la loro validità. E strategicità». Francesco Dal Mas©

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GESTIONE DEI FLUSSI TURISTICI: IL CONFRONTO

Il Nuovo Trentino | 11 maggio 2023

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«Meno turisti», val di Fassa apripista di tutto il Trentino

RIVA DEL GARDA

«Gestire i flussi turistici? Si può fare regolando le strutture ricettive dei privati e lavorando sulla stagionalità. Ma non pensiamo a un numero chiuso». Lo afferma Silvio Rigatti, presidente di Garda Dolomiti Spa, in merito al problema dell'overtourism, dopo che gli albergatori della Val di Fassa hanno deciso di darsi scadenze e numeri precisi: 15mila residenti e un tetto di massimo 45mila presenze

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entro il 2040, il minimo per garantire l'equilibrio e la convivenza tra visitatori e comunità. Una preoccupazione dettata anche dai mutamenti indotti dallo spopolamento e dal clima sempre più caldo che metteranno la montagna sempre più sotto pressione. Nel frattempo, lo scorso anno sull'alto Garda si sono registrati un milione di arrivi per 3,9 milioni di presenze. E si tratta solo delle cifre ufficiali certificate. ILARIA PUCCINI A PAGINA 3

«Gestire i flussi turistici? Lo si può fare con un'adeguata regolamentazione delle strutture ricettive private, che hanno causato uno squilibrio tra visitatori e residenti, e lavorando sulla stagionalità, evitando di concentrare eventi di grande richiamo nell'alta stagione. Ma non pensiamo a un numero chiuso».È quanto afferma Silvio Rigatti, presidente di Garda Dolomiti Spa, in merito al problema dell'overtourism.Dei suoi effetti se ne parla (e si è già agito) in Olanda, in Belgio e anche in Alto Adige, e martedì lo spunto è arrivato dagli albergatori della Val di Fassa, che si sono dati scadenze e numeri precisi: 15mila residenti e un tetto di massimo 45mila presenze entro il 2040. Un segnale che arriva dagli stessi portatori di interesse di una delle località più popolari del Trentino, poiché la sola crescita non corrisponde più all'idea di sviluppo.D'altra parte, tendenze come l'invecchiamento della popolazione e il riscaldamento globale - che secondo gli studiosi metterà sempre più sotto pressione la montagna - fuoriescono dai confini della valle e toccano tutto il territorio, compresa "la Busa" dove a fronte di circa 50mila abitanti tra Riva del Garda, Nago-Torbole e Ledro, lo scorso anno si sono registrati un milione di arrivi per 3,9 milioni di presenze. E si tratta solo delle cifre ufficiali certificate. «Partirei dal distinguere turismo e turismo - afferma Rigatti - un conto è la ricezione alberghiera, che con sè porta una gamma completa di servizi e crea comunità. E poi c'è il turismo degli alloggi privati affittati tramite piattaforme online, una buona invenzione ma che ha portato a un aumento incontrollato degli arrivi creando anche irregolarità e problemi sociali». Il numero di abitazioni messe a disposizione dai privati, afferma il presidente dell'ente turistico, ormai si attesta a oltre il 50% del totale degli alloggi turistici disponibili, e in futuro andrebbe ridotto almeno del 2030% per garantire una migliore convivenza con la popolazione. «Se stiamo bene noi cittadini, sta bene anche il nostro ospite, se stiamo male si rovina anche il prodotto turismo» sostiene. Ridurre, o comunque cercare di limitare la formula dell'«alloggio breve» anche per liberare spazio per gli stessi lavoratori che dovrebbero garantire l'offerta del servizio, dunque, ma anche per creare residenze a lungo termine, se non si vuole rendere il robo-cameriere del manifesto sulla locandina di Fassa 2040 una triste realtà. Ma sui posti letto, Rigatti difende gli albergatori: «Negli ultimi dieci anni avremmo aumentato non più di una settantina di letti, gli hotel si sono concentrati su lavori di rinnovo e di ampliamento degli spazi già esistenti. E comunque - chiarisce - non sono contrario a nuovi posti letto negli alberghi. Prenda lo stesso Alto Adige, dove ci sono 4000 strutture ma si "respira turismo". Qui in Trentino ne abbiamo 1500 ma l'aria non è la stessa. Il turismo è programmazione, ma è anche il ricevimento, la cucina, la sala, il centro benessere e le camere».Un altro aiuto può venire dalla distribuzione delle presenze sulla media e bassa stagione: «Ci sono diverse misure allo studio. Inoltre - afferma Rigatti - abbiamo già collocato eventi di grande richiamo, come il bike festival e le gare di windsurf, in questo periodo, fuori dai mesi di massima affluenza».Nelle prossime settimane, ricorda, sarà presentata la misura che prevederà l'affissione della targa "Cipat" (Codice Identificativo Turistico Provinciale), rilasciata dalle Apt, che dovrà essere esposta al di fuori delle case ad uso turistico da parte dei proprietari. «Un modo per distinguere e mettere in rete gli appartamenti "ufficiali" sia per i condomini che per gli ospiti». Il problema sarà farla rispettare, con controlli e sanzioni per chi continuerà a operare in nero.

Il Nuovo Trentino | 11 maggio 2023

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“Buone le idee di ASAT, ma la politica è miope”

Luigi Casanova, ambientalista ed osservatore dei fenomeni del vivere in montagna, saluta con favore l'iniziativa di Vigo di Fassa: «E' importante il segnale lanciato dall'ASAT di Fassa. L'avvio di una riflessione sul futuro di una comunità che vive disagio. Peccato aver perso tanto tempo».Perché, spiega Casanova, «Un decennio fa il Comun General de Fascia guidato dalla Procuradora Cristina Donei aveva già intrapreso il confronto, molto ampio. Erano emerse indicazioni importanti: si è esagerato, 60.000 posti letto sono troppi, si investa nei servizi, nell'innovazione, è necessaria una specifica attenzione ai giovani. Il coraggioso lavoro aveva raccolto estesi consensi (unica defezione, gli albergatori). Si doveva passare ai fatti, ma il cambio amministrativo che aveva visto la vittoria politica di una destra miope incapace di visione aveva fermato tutto».Così - dice l'ambientalista - «si è proceduto nel nulla, ancora oggi. Ognuno ha agito come ha voluto tanto che ancora oggi si stanno proponendo in valle nuove aree sciabili e l'aumento delle seconde case ha ripreso un trend forsennato. Mentre i giovani non riescono a costruire famiglia perché l'edilizia pubblica agevolata è ferma, perché gli affitti sono insostenibili (anche qui sono necessarie le tende), perché il costo della vita è alto e gli stipendi sono miseri, perché la valle, ad di fuori delle attività legate al turismo, non offre sbocchi».Il segnale che proviene da Asat va raccolto: «come si diceva un decennio fa si deve uscire dalla sola visione del villaggio turistico bistagionale. Non solo per trattenere in valle i giovani che hanno sudato titoli di studio di alto profilo, ma per rispondere, più subito che domani, a quanto ci impone il riscaldamento globale in atto. Ma cosa offre la valle? Ben pochi servizi, sempre più miseri, una accoglienza fredda, anche questa debole nell'ospitalità».Per Casanova «Recentemente un gruppo di esponenti di diverse associazioni ha riproposto, fin da subito, la chiusura due ore al giorno dei passi dolomitici. La risposta della politica ha un solo ritornello: faremo, intanto studiamo (ampi magazzini sono zeppi di studi che definiscono i transiti sui passi dolomitici una emergenza insostenibile). Sul tema, Fassa ha tenuto il silenzio più assoluto».Per Luigi Casanova «Dal mio punto di vista ritengo che si debba subito accelerare per rendere lo studio di ASAT esigibile socialmente e politicamente. I tempi sono più che maturi, hanno bisogno di trovare coraggio nei decisori politici oggi chiaramente inadeguati allo scopo».

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Il Nuovo Trentino | 13 maggio 2023

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Il Nuovo Trentino | 18 maggio 2023

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Limitazioni dei turisti

L’Alto Adige ci crede: si parte quest’estate

Numero chiuso ai turisti? In Trentino, l'assessore al Turismo Failoni non la considera una priorità. Ma in Alto Adige, il suo omologo Arnold Schuler è riuscito a far approvare una misura che a partire da quest'estate porrà limiti precisi alle presenze permesse. Nello specifico la Provincia di Bolzano ha individuato un numero massimo di posti letto, poco meno di 240 mila, e li ha ripartiti tra i Comuni, che a loro volta li potranno assegnare alle strutture turistiche sulla base delle disponibilità comunicate dagli esercenti. Raggiunto il tetto, per il Comune scatterà il divieto di concedere nuove autorizzazioni all'apertura o all'ampliamento di b&b, hotel o campeggi. «Ci siamo accorti che il nostro territorio, la nostra comunità e le nostre risorse, come acqua ed energia, erano arrivate a un livello di sfruttamento che non doveva e poteva più essere superato» ha dichiarato Schuler. La misura "esonera" dunque i visitatori giornalieri, ma ha fatto comunque discutere: secondo Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige, si tratta di una misura che favorirà residence e grosse strutture a discapito delle piccole aziende a conduzione familiare e di chi non sarà nelle condizioni di potersi organizzare con largo anticipo. «Così rischiamo di riservare il turismo a chi sarà in condizioni di potersi organizzare prima, a chi potrà pernottare in strutture più grandi e organizzate, magari in possesso di convenzioni: mentre molti problemi si potrebbero risolvere con una maggior educazione a vivere la montagna e a non trattarla come un parco divertimenti» è il suo pensiero Non più di 34 milioni di pernottamenti turistici in Alto Adige per il 2023. Tanti quanto il 2019, l'anno record prima della pandemia. Ma non oltre. È il limite che si è data la Provincia di Bolzano che, come il Trentino, è alle prese con gli squilibri e gli eccessi portati dall'overtourism, quando l'ammontare di visitatori e la loro concentrazione in determinate località raggiunge cifre tali da causare disservizi, disagi e tensioni sul territorio ospitante. Dagli albergatori della Val di Fassa, dieci giorni fa, è arrivato un progetto al 2040 per cercare di riequilibrare il numero tra residenti e turisti nella valle ladina. Ma in Alto Adige, il tetto massimo è già realtà e quest'estate sarà il banco di prova. Il regolamento per porre un limite ai posti letto, promosso dall'assessore provinciale al Turismo Arnold Schuler, risale allo scorso settembre. Nello specifico la Provincia di Bolzano ha individuato un numero massimo di posti letto, circa 240 mila, e li ha ripartiti tra i Comuni, che a loro volta li potranno assegnare alle strutture turistiche sulla base delle disponibilità comunicate dagli esercenti. Raggiunto il tetto, per il Comune scatta il divieto di concedere nuove autorizzazioni all'apertura o all'ampliamento di b&b, hotel o campeggi. Salvi invece i visitatori giornalieri. «Ci siamo accorti che il nostro territorio, la nostra comunità e le nostre risorse, come acqua ed energia, erano arrivate a un livello di sfruttamento che non doveva e poteva più essere superato» ha dichiarato Schuler. Lo strumento tecnico che ha guidato la decisione è il rapporto di ricerca «Ambizioni di sviluppo territoriale in Alto Adige: Verso una nuova Cultura del Turismo» parte del più ampio Programma provinciale per lo sviluppo del turismo 2030+. Si tratta di un'analisi, commissionata al centro di ricerca Eurac, che studia il presente, gli obbiettivi al 2030, le prospettive di sviluppo e le misure di intervento per il turismo altoatesino. Nello studio si definiscono il territorio come uno «spazio condiviso» tra le persone del posto e i visitatori e il turismo come un'industria dal «ruolo centrale» per la comunità: senza turismo non c'è sviluppo per il territorio, ma senza lo sviluppo

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del territorio, inteso anche come qualità della vita per i suoi abitanti e qualità dell'ambiente fisico, anche il turismo non può funzionare. Non mancano poi analisi sull'indice di «tourism exposure», sul fenomeno degli affitti brevi e sulla crisi climatica. Ma non tutti sono d'accordo con il "numero chiuso" quale modalità di contenimento dei flussi turistici. Per Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige, si tratta di una misura che favorirà residence e grosse strutture a discapito delle piccole aziende a conduzione familiare e di chi non sarà nelle condizioni di potersi organizzare con largo anticipo. «Così rischiamo di riservare il turismo a chi sarà in condizioni di potersi organizzare prima, a chi potrà pernottare in strutture più grandi e organizzate, magari in possesso di convenzioni, o a chi avrà le competenze per poter prenotare in via digitale i posti auto» afferma.Ma sono solo i turisti più danarosi e agiati che vogliamo, si chiede, o quelli più educati al rispetto della montagna? «Molti problemi si potrebbero risolvere con una maggior educazione e sensibilizzazione a vivere la montagna e a non trattarla come un parco divertimenti». Racconta di chi ha cercato di raggiungere rifugi in alta quota in e-bike percorrendo sentieri pedonali o chi pretende di mangiare in queste strutture come se si trovasse in un gourmet.«Un buon compromesso per ridurre il traffico potrebbe essere limitare la circolazione oraria su alcuni passi nelle ore centrali della giornata: in questo modo si limita l'affollamento senza precludere la libertà di moviemnto agli escursionisti, che si muovono nelle prime ore del matttino, mentre per pendolari e lavoratori potrebbero essere previsti dei permessi ad hoc. «In Alto Adige è inoltre attivo un servizio di bus navetta per le località più affollate. La richiesta è tale che si creano code e tensioni per prendere una corsa. Perché non lavoriamo a intensificare queste corse, dando lavoro anche a qualche guidatore in più?» propone Zanella. Da parte di Federalberghi-Hgv Alto Adige, c'è invece supporto alla decisione della Provincia. Secondo il capo degli albergatori, Manfred Pinzger, è una priorità combattere il "turismo mordi e fuggi", oltre che redistribuire i flussi dalle zone di punta a territori meno affollati, come affermato lo scorso 5 maggio in assemblea a Merano. Per ora, gli operatori hanno tempo fino al 30 giugno per comunicare le loro disponibilità di posti letto.

Il Nuovo Trentino | 18 maggio 2023

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E a Halstatt, in Austria, arrivano le barriere anti-selfie

Il turismo può essere una benedizione e una maledizione allo stesso tempo. Hallstatt nel Salzkammergut in Austria, villaggio pittoresco da cartolina sulle rive dell' Hallstätter See, 725 abitanti, ora reagisce all'assalto dei turisti in maniera particolare. Il piccolo paese, case in legno e campanile della chiesa appuntito, visitato ogni anno da circa un milione di persone Il paesino ha parzialmente bloccato la vista del suo più famoso punto panoramico con delle barriere in legno. Insomma: si vede ma non si vede. La drastica misura è stata pensata come soluzione alle lamentele dei residenti che non ne possono più di turisti rumorosi che si recano lì solo per scattarsi dei selfie, "rendono la nostra vita un inferno", dicono in molti in paese. I punti ora parzialmente "nascosti" sono il motivo che costringe Hallstatt a subire l'ingiuria dell'overtourism: ricordano infatti inequivocabilmente l'ambientazione del regno immaginario di "Arendelle" nel film d'animazione Frozen del 2013, uno dei maggiori successi della Disney. Un po' quello che è successo in Baviera con il castello di Neuschwanstein che è diventato il castello disneyano per antonomasia e la prima attrazione turistica del Land. A Hallstatt, che è patrimonio mondiale dell'Unesco, e che è tanto famosa da essersi meritata una replica perfetta in Cina, da mesi la situazione è tornata a essere quella pre-pandemia: le sue deliziose stradine sono congestionate da turisti con lo smartphone in mano per conquistare angoli adatti ai selfie da postare poi sui social. E ora, appunto, in paese dicono basta. O almeno ci tentano. Le barriere anti-selfie appena montate hanno lo scopo di impedire a troppe persone di accalcarsi in determinati punti a caccia di un autoritratto fotografico, davanti alle possenti montagne e alle acque scintillanti del lago alpino. E, soprattutto, davanti allo scenario magnificato da Frozen. La vista panoramica resta garantita, ma scattare dei selfie è più complicato. Addirittura impossibile per quello scatto particolare che tutti cercano. Per ora è un test, a Hallstatt non sono tutti d'accordo sulla soluzione, non si sa per quanto tempo le barriere in legno resteranno lì. Una decisione sulla loro permanenza o meno sarà presa in base al feedback dell'intervento. «L'unica cosa che funzionerebbe sicuramente è se il punto per scattare fotografie non venisse più considerato tale» ha detto il sindaco Alexander Scheutz a un giornale locale. In altre parole: evitate di venire a Hallstatt se l'unica cosa che vi interessa è un selfie.

L’Adige | 19 Maggio 2023

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Troppo traffico, lago a rischio

MOLVENO

La sostenibilità è un tema sempre sulla bocca di tutti, una questione per la quale talvolta si spendono più parole che fatti concreti. A Molveno, per dare concretezza alla voglia di ospitalità sostenibile prenderà il via un progetto che ha come finalità una nuova gestione dei flussi turistici: attori protagonisti di tale percorso sono l'Apt Dolomiti Paganella, l'amministrazione comunale molvenese, l'Agenzia territoriale d'area Dolomiti di Brenta di Trentino Marketing e Terra Institute.Se n'era già parlato alla recente assemblea dell'Apt Dolomiti Paganella, ma a dire il vero non è affatto un mistero: nei picchi di alta stagione, il lago di Molveno è preso d'assalto da migliaia di persone e soprattutto da migliaia di mezzi di trasporto, situazione che va intensificandosi anno dopo anno. Per non rischiare che

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l'attrattività dello specchio d'acqua adagiato ai piedi delle Dolomiti di Brenta, e i relativi ingenti flussi verso la località, possa rivelarsi un boomerang per la zona, si andrà quindi ad analizzare ogni dettaglio circa numeri, provenienza e permanenza di ospiti e mezzi. Non fare nulla, e lasciare che tali flussi continuino ad aumentare senza alcun controllo, potrebbe avere infatti conseguenze infauste. In primis, potrebbero essere intaccate le qualità paesaggistiche e ambientali del lago e degli spazi circostanti. Inoltre, in caso di eccessivo affollamento gli stessi turisti potrebbero non godere appieno delle eccellenze del territorio.I dettagli del progetto saranno rivelati nei prossimi giorni dalle parti in causa, ma difficilmente a Molveno si sceglieranno delle vie orientate al "numero chiuso", quantomeno per quanto riguarda il numero di fruitori del lago o di altre mete particolarmente frequentate. Molto più probabile, stando anche a certe azioni già manifestate ad esempio dall'amministrazione comunale, un intervento volto a incentivare la frequentazione della località limitando l'uso delle automobili. La giunta del sindaco Matteo Sartori, infatti, ha tra i propri cavalli di battaglia il parcheggio Genzianella: con tale area di attestamento a nord di Molveno, si punta infatti a decongestionare il traffico veicolare in centro paese e sul lungo lago, ma tale accorgimento sarà solamente parte di un progetto molto più ampio che andrà a concretizzarsi nei prossimi anni.A.Z.

Corriere delle Alpi | 31 maggio 2023

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Folla insostenibile alle Tre Cime «La sosta sarà su prenotazione»

Auronzo

Dall'estate 2024 i parcheggi alle Tre Cime di Lavaredo (oltre 700) saranno quasi esclusivamente su prenotazione. Altrettanto accadrà per i 700 che l'amministrazione del sindaco Dario Vecellio Galeno ha intenzione di istituire intorno al lago di Misurina. «Ci eravamo proposti di disciplinare la mobilità in questi due siti così sensibili fin da questa estate, ma non c'è ancora la disponibilità della fibra ottica che l'anno prossimo arriverà fino all'ingresso della Strada delle Tre Cime». Basta code, dunque, al casello a valle della trinità dolomitica? «Questo è il nostro obiettivo – risponde l'assessore Nicola Bombassei –. Ma basta code anche a Misurina».

Ieri si è riunito a Cortina il Consiglio di amministrazione della Fondazione Dolomiti Unesco, presieduto da Stefano Zanier, assessore regionale friulano all'Agricoltura. Fra i temi trattati anche quello dell'accesso automobilistico alle Tre Cime. Tra gli altri, è stato approvato all'unanimità il bilancio 2022, si è varato il programma 2023-2027, è stato dato il via libera alla convenzione col Fondo Comuni Confinanti, si è trattato delle possibili relazioni con le società olimpiche. Per quanto riguarda le Tre Cime si è dato conto dello studio sul traffico e le presenze in base alle segnalazioni da cellulari. La presidenza della Fondazione ha ritenuto, però, di non dover rendere pubblici i dati, affidando questo compito al Comune di Auronzo, cui spetterà assumere le decisioni di conseguenza.

«Non disponiamo ancora di questi dati, ma ci risulta – informa l'assessore Bombassei – che siamo arrivati a contare alle Tre Cime fino a 13.400 presenze al giorno. In alta stagione la media viaggia fra le 5 mila e le 7 mila. I numeri sono eccessivi, come ammettono anche gli stessi gestori dei rifugi, preoccupati di non poter garantire la qualità del servizio».

La Fondazione Dolomiti Unesco non ha il potere di imporre il numero chiuso, ma consiglia il contenimento delle presenze, come è già accaduto a Braies. Dopo la pandemia la strada delle Tre Cime chiude già tra le 7 e le 8 del mattino, perché a quell'ora sono già esaurite le piazzole ai piedi delle grandi torri. «Accade che i turisti e gli escursionisti restano in coda attendendo che si liberi qualche posto, ma intanto – ricorda il sindaco – le file si allungano, magari fino al lago di Misurina, rendendo invivibile la località».

Con la prenotazione, che di fatto verrà resa obbligatoria, almeno in determinate giornate, il fenomeno delle code sarà destinato ad esaurirsi. Si riempiranno, dunque, le navette? Non è escluso, anticipano gli amministratori, che vengano previste le prenotazioni anche per il trasporto pubblico. «Non è possibile vedere i nostri pullman letteralmente presi d'assalto. I numeri vanno contenuti, proprio per offrire un'accoglienza di qualità sia a Misurina che in quota – spiega l'assessore Bombassei –. Con le prenotazioni online potremo anche avvertire il viaggiatore dove parcheggiare e trovare la navetta, magari a valle, ad Auronzo, come a Cortina, o Dobbiaco. Nella app forniremo tutta una serie di altre in formazioni».

Il sindaco Vecellio Galeno conferma che l'intento è quello di organizzare l'attività turistica e le relative presenze per evitare il mordi e fuggi, il soggiorno di uno o due giorni. Già quest'estate, in quota saranno messi a disposizione nuovi servizi, dal punto informativo ai bagni. «Se la fibra ottica arriverà fino ai piedi della "trinità", potremmo ampliare ulteriormente l'offerta di servizi», conclude Vecellio Galeno. L'assessore Bombassei assicura che a chiedere maggiore ordine sono gli stessi operatori turistici di Misurina e i gestori dei rifugi in quota. «L'overturism, non dimentichiamolo, allontana i viaggiatori più fidelizzati».

Francesco Dal Mas

Corriere dell’Alto Adige | 31 maggio 2023

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«Sono in arrivo 6 milioni di turisti» Schuler: ora stop alla promozione Previsioni di Demoskopika. L’assessore: in alcuni casi, come a Braies, va limitato l’afflusso

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L’estate 2023 segnerà il record di turisti in Trentino Alto Adige, con 6 milioni di arrivi (+6,3%) e 26,5 milioni di presenze (+6,7%). A prevedere la stima del flusso di ospiti tra giugno e settembre è lo studio dell’istituto di ricerca e indagine Demoskopika che ieri ha pubblicato le previsioni a livello nazionale con focus sulle singole regioni. Le attese positive vedono il Trentino - Alto Adige superato solo dalle stime del Molise, migliore in termini percentuali ma con la metà dei numeri, e si riflettono anche sulle previsioni della spesa turistica: +5,4% rispetto al 2022.

Le stime di Demoskopika sono in linea con il «polso» del settore riferito dai due assessori al Turismo delle Province di Trento, Roberto Failoni, e Bolzano, Arnold Schuler. Se nel primo caso è il pienone di ospiti germanici dell’ultimo weekend a confermare la proiezione, nel secondo il cauto ottimismo è dettato dalle ultime stagioni. «Questo ultimo “ponte” di maggio per alcune zone, come il Garda e tutti i nostri laghi, è stato un momento di occupazione molto elevata ammette Failoni . Il traino è già partito da qualche tempo, ma l’ultimo fine settimana ha coinciso con le vacanze di Pentecoste in alcuni Land della Germania. Intanto ha iniziato a “tirare” la montagna, affossata da un maggio piovoso: fortunatamente, perché ce n’era bisogno, ma questo ha penalizzato il via alla stagione estiva». Delle stime a livello nazionale l’assessore trentino sposa la previsione «di un grandissimo ritorno degli stranieri. In Trentino siamo moderatamente ottimisti: non ho ancora i dati dell’ultima settimana, ma sono numeri piuttosto importanti e molto vicini a quelli dello scorso anno, che erano già notevoli».

Più tiepido l’entusiasmo dell’assessore altoatesino. «Al momento non abbiamo registrato un grande aumento spiega Schuler . In parte dipende anche dal tempo. Le prenotazioni non avvengono più con grande anticipo, come in passato, ma sempre più spesso sotto data: l’online ha spinto questa tendenza ed è difficile fare una stima sui prossimi mesi. Sarei comunque discretamente ottimista vedendo il trend degli anni passati: nel 2022 in Alto Adige abbiamo registrato il nuovo record di oltre 34 milioni di pernottamenti». Un boom che ha richiesto un intervento di contenimento. «Abbiamo limitato i posti letto ma anche l’affluenza di ospiti al Lago di Braies e in altri hot-spot come Siusi, dove il fenomeno era diventato eccessivo per garantire l’accoglienza con una qualità turistica che l’affollamento di sicuro impedisce ricorda l’assessore provinciale . Il progetto pilota a Braies limitare gli accessi da giugno ad agosto, garantendo a chi ha prenotato di trovare parcheggio e di passare una giornata tranquilla. Una cosa sono gli ospiti che pernottano, altro è il turista mordi-e-fuggi giornaliero che nelle zone più battute non possiamo più permetterci». Nel frattempo si lavora per «spalmare» quel +6,3% di presenze su quelle che Failoni chiama le belle stagioni: «Intendo i periodi che un tempo si chiamavano bassa o mezza stagione, quindi i mesi che vanno verso l’estate e da fine estate a inizio autunno. È quello che stiamo cercando di ottenere da ormai due anni e piano piano sono convinto che ci riusciremo. Chiaramente non è facile spostare le ferie dei turisti, soprattutto il mercato italiano che ha le vacanze tradizionali a luglio e agosto, mentre sui mercati stranieri si può fare ancora tantissimo per le “belle stagioni”: un termine molto carino che abbiamo coniato noi e che ormai in Trentino tutti i nostri stakeholder utilizzano. Vedrà quanti ce lo copieranno». Anche qui, Schuler frena: «Spalmare le presenze sulle basse stagioni è molto difficile, molto dipende dalle ferie: non è facile inserirsi e variare queste dinamiche. Ci proviamo: Idm, ad esempio, non fa più promozione turistica per i periodi di alta stagione, ma solo per primavera e autunno. L’alta stagione si traina da sola». Nessun timore, invece, per l’effetto-orso in Trentino: «Ho l’impressione che ci sia della preoccupazione e una naturale tendenza all’informazione da parte dei turisti ma, a parte qualche disdetta all’inizio, quando è esplosa la questione, non ci arrivano notizie di altre cancellazioni».

MARMOLADA: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere delle Alpi | 30 maggio 2023

p. 22, segue dalla prima

Verso la zona rossa sul ghiacciaio della Marmolada

Capanna Punta Penia, in cima alla Marmolada, riapre il 2 giugno. Ma nei mesi di luglio e di agosto il ghiacciaio tornerà in "Zona Rossa".

Lo ha anticipato il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard, mettendo le mani avanti. «È vero, in Marmolada è nevicato nelle settimane scorse, ma non a sufficienza per poter stra tranquilli. Le precipitazioni non hanno compensato la carenza di neve dell'inverno scorso».

Quindi nei mesi più caldi – che poi sono anche quelli di maggiore frequentazione di questa montagna – sarà ripristinato il divieto di accesso. A meno che le temperature smentiscano la progressione al rialzo degli ultimi anni. dal mas / PAGINA 22

Capanna Punta Penia, in cima alla Marmolada, riapre il 2 giugno. Ma nei mesi di luglio e di agosto il ghiacciaio tornerà in "Zona Rossa".

Lo ha anticipato il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard, mettendo le mani avanti. «È vero, in Marmolada è nevicato nelle settimane scorse, ma non a sufficienza per poter stra tranquilli. Le precipitazioni non hanno compensato la carenza di neve dell'inverno scorso». Quindi nei mesi più caldi – che poi sono anche quelli di maggiore frequentazione di questa montagna – sarà ripristinato il divieto di accesso. A meno che le temperature smentiscano la progressione al rialzo degli ultimi anni. E non arrivi un'altra botta di neve. Lo stop si materializzerebbe non da passo Fedaia fino ai 3300 metri ma soltanto nella parte sommitale, da Pian dei Fiacconi alla cima e in quella parte centrale che è stata il tragico teatro del distacco della parete, il 3 luglio 2022, con ben 11 vittime travolte dalla furia della precipitazione.

FIANCHI APERTI

Resteranno accessibili i fianchi della "Regina delle Dolomiti", quindi Serauta e Punta Rocca, ad est, dove sale la Funivia Marmolada. Si potrà ascendere anche dal versante occidentale, fino a Punta Penia, dove Aurelio Soraruf, il titolare, e Carlo Budel, il gestore, si

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preparano a ricevere gli ospiti. Saranno precluse le attraversate del ghiacciaio, come l'anno scorso in agosto (mentre dal 4 luglio non si saliva da nessuna parte). Riaprirà il Rifugio Cima Undici, sopra Passo Fedaia, rimasto chiuso l'estate scorsa dopo la tragedia. capanna ghiacciaio in sospeso

Luca Toldo non ha ancora la certezza di poter fare la stagione al Rifugio Capanna Ghiacciaio, che si trova un centinaio di metri a monte dell'ex Rifugio Pian dei Fiacconi; probabilmente sì, quanto meno fino all'istituzione della Zona Rossa. «Va ricordato che spesso, negli anni, l'accessibilità alla parte centrale del ghiacciaio è stata sospesa per periodi più o meno lunghi, in base alla progressiva apertura dei crepacci», fa sapere la memoria storica della Marmolada, Soraruf. «Le zone rosse non sono quindi una novità. E non solo d'estate, anche d'inverno».

La sicurezza, è ovvio, è la priorità da perseguire. Ma in che misura patirebbe il turismo dal nuovo stop?

«Ci auguriamo che nessuna attività venga stoppata. Se lo fossero solo i percorsi in alto, sarebbe poca cosa – valuta Soraruf – anche perché le cime sarebbero comunque avvicinabili. E verrebbero pure consentite le ascensioni dalla parete Sud, ancorché gli alpinisti dovessero raggiungere, una volta conclusa l'arrampicata, Punta Rocca da una parte, per scendere con la funivia, o Punta Penia dall'altra per utilizzare la ferrata al rientro».

Nel corso di un pubblico incontro sulla prossima stagione turistica, a Canazei, il capo della Protezione civile di Trento, Raffaele De Col ha precisato che la situazione del ghiacciaio non gli sembrava peggiore di quella dell'anno scorso. I monitoraggi, iniziati dopo la tragedia del 3 luglio scorso, non si sono mai interrotti.

Non c'è più il radar interferometrico, ma si è continuato con i rilievi geodetici e termometrici.

questione di prudenza

«È cauto non anticipare oggi quello che meteorologicamente e climaticamente accadrà quest'estate. Quindi – suggerisce Alex Barattin, delegato del Soccorso Alpino delle Dolomiti Bellunesi – è un po' presto anticipare che ritornerà la Zona Rossa. Ci sono molte circostanze da valutare, prima di essere costretti a limitare il diritto alla mobilità delle persone. Certo, la prudenza non è mai troppa. Pero con i cambiamenti climatici così repentini, è meglio aspettare».

Il sindaco Bernard, infatti, non ha firmato alcuna ordinanza. Ha piuttosto messo le mani avanti. Barattin ricorda, fra l'altro, che le ordinanze di divieto per determinate zone a rischio scattano quando il pericolo valanghe sale a livello 4.

Intanto Budel prepara gli zaini per la sesta stagione in vetta. «Tornare dopo otto mesi mi ha fatto capire quanto amo stare lassù. Lo scorso anno dopo il crollo volevo mollare ma sono stati i parenti delle vittime a darmi forza per tornare».

L’Adige | 31 maggio 2023

p. 32

Un'estate di divieti per la Marmolada Magnifica, bilancio e budget futuro segnati dal bostrico

CANAZEI

La lunga coda dell'inverno non basterà probabilmente a salvare la Marmolada dall'interdizione di una sua parte, cioè il tratto che da Pian dei Fiacconi prosegue lungo la cresta compresa fra Punta Rocca e Punta Penia. I circa due metri di neve caduti nelle ultime settimane non dovrebbero bastare a bilanciare la mancanza delle precipitazioni invernali e mettere in sicurezza il ghiacciaio da cui lo scorso 3 luglio si è staccato il seracco che ha ucciso 11 persone.Decisioni ufficiali non ne sono ancora state prese, ma il sindaco di Canazei Giovanni Bernard nella recente serata di incontro con la popolazione ha affermato come sia «probabile una chiusura della montagna nella sua parte superiore» che potrebbe avvenire nei mesi di luglio e agosto, quelli più caldi (e dunque più pericolosi per i possibili distacchi) e pure più frequentati dagli escursionisti. Nella "zona rossa" non sono autorizzate attività economiche e i percorsi escursionistici solitamente consigliati per l'area saranno deviati altrove.Al momento, fino a nuova ordinanza del sindaco, ognuno può andare in Marmolada a suo rischio e pericolo. Ma come spiega il capo della Protezione civile, Raffaele De Col, «se ci fosse un aggravamento della situazione, a causa delle temperature elevate, valuteremo ulteriori interventi». Lo stato della montagna e del suo ghiaccio è in fase di continuo monitoraggio da parte di tecnici provinciali e Comune, pronti ad intervenire al bisogno. «In Marmolada è nevicato nelle settimane scorse, ma non a sufficienza per poter stare tranquilli - ha detto il sindaco - Le precipitazioni non hanno compensato la carenza di neve dell'inverno scorso. Anzi, la situazione è peggiore rispetto ad un anno fa. Le temperature sono state al di sopra della media e dunque non escludo una nuova chiusura della montagna durante l'estate, proprio nel versante coinvolto dalla tragedia del luglio scorso».Non tutta la Marmolada sarà però proibita. Si potrà salire dal versante occidentale, fino a Punta Penia, dove Aurelio Soraruf e Carlo Budel (rispettivamente titolare e gestore) si preparano a ricevere gli ospiti a Capanna Punta Penia. Budel negli scorsi giorni ha documentato sui suoi canali social la situazione del rifugio situato a 3.343 metri, completamente sepolto dalla neve. Con motosega e badile ha cominciato a farsi strada, annunciando l'apertura per venerdì 2 giugno. La capanna si raggiunge anche con gli impianti di risalita, ma il problema sarà capire quali sono i percorsi escursionistici per arrivare in cima, visto il divieto del tracciato che prevede l'attraversamento del ghiacciaio.Quest'estate dovrebbe restare accessibile anche l'altro fianco della "Regina delle Dolomiti", quindi Serauta e Punta Rocca, ad est, dove sale la Funivia Marmolada. Saranno precluse le attraversate del ghiacciaio, come l'anno scorso in agosto (mentre dal 4 luglio, giorno successivo al crollo del seracco, non si saliva da nessuna parte). Riaprirà il Rifugio Cima Undici, sopra Passo Fedaia, rimasto chiuso l'estate scorsa dopo la tragedia.

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Gazzettino | 31 maggio 2023

p. 3, edizione Belluno

Canazei vuole chiudere la Marmolada «Allora vietiamo tutte le montagne»

«Chiudere la parte sommitale della Marmolada per tutta l'estate? Idea anacronistica»: boccia senza appello la proposta del suo collega di Canazei, Giovanni Bernard, il sindaco di Rocca Andrea De Bernardin che non è stato nemmeno avvertito di questa intenzione dettata da motivi di sicurezza; non che Bernard fosse obbligato a farlo, ma tra vicini che gravitano sul medesimo comprensorio, magari una telefonata non avrebbe scandalizzato nessuno.

LA CONVINZIONE

Incassa da politico scafato Andrea De Bernardin, ma la sensazione è che i rapporti con il Comune confinante siano un po' sfilacciati. Etichetta a parte, sul merito della questione avanzata dal sindaco Bernard, De Bernardin non sposta di un millimetro la sua posizione: «Rimango del mio parere già più volte espresso- spiega - ho sempre affermato che in montagna il "rischio zero" non esiste. Dopo quel crollo, sui gruppi montuosi dolomitici si sono registrate frane e smottamenti un po' ovunque. Esiste una lista infinita di crolli sulle nostre montagne: impedire l'accesso ad un'area preventivamente significa che in realtà dovremmo farlo anche su tutte le altre zone dolomitiche a rischio, Pelmo, Moiazza, Civetta, Focobon, Pale di San Martino solo per citarne alcune: è mpossibile». Eppure per la Marmolada se ne parla. «Sembra quasi che la si voglia prendere come capro espiatorio per prendere provvedimenti che sarebbero necessari ovunque si verifichino frane o crolli di roccia». Se passa la linea di Canazei, le ripercussioni sull'economia turistica della val Pettorina sarebbero devastanti visto che gli accessi alla Marmolada e al suo ghiacciaio sono in gran parte sul versante bellunese, uno dei quali attraverso la spettacolare funivia. La prospettiva della chiusura è vista come fumo negli occhi in terra bellunese, per questo una concertazione delle scelte sarebbe stata gradita. De Bernardin ha le idee chiare sulle possibili conseguenze che uno stop potrebbe provocare: «Un danno non solo per gli operatori di Rocca Pietore, ma anche per chi vive di turismo ad Alleghe e Selva, mancherebbero all'appello migliaia di presenze di alpinisti attratti dal fascino del ghiacciaio e dell'altitudine».

IL CROLLO

Era il 3 luglio 2022, la tragedia si consumò intorno a quota 3.000, dove un gruppo di alpinisti stava percorrendo la via normale tra Punta Rocca e Punta Penia. Due cordate sarebbero state più avanti, altrettante sarebbero rimaste più indietro: pochi metri hanno fatto la differenza, quando dalla vetta è precipitato verso valle un fiume di ghiaccio dal peso immane, 7 quintali al metro cubo da moltiplicare per almeno 4.000, a duna velocità stimata in 300 chilometri orari. Raffaele De Col, direttore generale del dipartimento provinciale della Protezione civile, descrisse così la dinamica: «La prima parte della montagna è la vecchia sede del ghiacciaio, ormai ridotta a ghiaione, che la gente risale con le corde, perché l'ascesa è impegnativa. All'improvviso, senza che ce ne fosse stata alcuna avvisaglia, si è staccato il pezzo di ghiacciaio che si trova qualche centinaio di metri più a monte. Il seracco si è ribaltato, ha saltato circa 500 metri di roccia ed è rotolato già per quasi 2 chilometri, accumulando velocità, inglobando detriti e investendo tutto». Le vittime furono 11. Dario Fontanive

SASSONLUNGO: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere dell’Alto Adige | 21 Maggio 2023

p. 4

Sassolungo, gli ambientalisti: «No a una nuova funivia con il 45% di fondi pubblici»

BOLZANO

«No al rinnovo della concessione, in scadenza nel 2024, per l’impianto di risalita alla Forcella del Sassolungo. No alla prevista ristrutturazione con finanziamento per il 45% con fondi pubblici. Sì (finalmente) alla tutela del gruppo del Sassolungo con i terreni incontaminati dei Piani di Cunfin e alla sua liberazione dalle speculazioni». Sono queste le pressanti e urgenti richieste rivolte all’amministrazione provinciale dai membri del gruppo di iniziativa Nosc Cunfin con la Lia per Natura y Usanzes, la Lia da Mont Gherdëina, nonché dai rappresentanti e dai presidenti delle guide alpine della val di Fassa, della val Badia e della val Gardena, che rinnovano il loro accorato appello affinché il gruppo del Sassolungo con i Piani di Cunfin venga finalmente posto sotto tutela.

Portata raddoppiata

L’incontro tra le associazioni è avvenuto lunedì, proprio nella stessa giornata in cui il progetto per un nuovo impianto alla Forcella del Sassolungo è stato presentato dai gestori degli impianti di risalita della Piz Sella spa all’Ufficio per la pianificazione del paesaggio di Bolzano. Secondo le informazioni subito raccolte dai membri di Nosc Cunfin, il nuovo impianto prevede nove piloni di 18-22 metri di altezza (quelli attuali sono di 7-8 metri), di cui uno a «V» in cemento armato con rulliere d’ingresso (l’elemento dell’impianto di risalita che serve a guidare la fune traente lungo la linea) alla stazione a monte. Una portata di 480 persone al’ora, circa 3.000 al giorno,

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raddoppiando praticamente la portata attuale, con cubature di 2.654 metri cubi complessivi a monte (oggi 768 m3) e di ca. 13.000 a valle.

Contributi pubblici

Sempre secondo Nusc Confin e le associazioni alpinistiche, l’assessore provinciale alla Mobilità, Daniel Alfreider, avrebbe sostenuto che il nuovo impianto di risalita alla Forcella del Sassolungo possa essere finanziata fino al 45% con fondi pubblici. «Questo in spregio al fatto sostengono le associazioni - che da più di 40 anni noi stiamo chiedendo la messa sotto tutela dell’area, visto che con il boom del turismo e i potenziamenti degli impianti di risalita e dei nuovi collegamenti, la pressione su è costantemente elevata. Senza contare che, oltre agli obiettivi sottoscritti nell’a,bito del Piano per il clima 2040, gli inverni poco nevosi sono sotto gli occhi di tutti, le statistiche parlano chiaro, e le esperienze di carenza d’acqua dovrebbero già essere argomenti sufficienti per astenersi dall’espandere ulteriormente le aree sciistiche».

Risorse idriche carenti

Inoltre, affermano, la protezione delle aree naturali dovrebbe essere nel chiaro interesse di un progetto climatico, al fine di raggiungere gli obiettivi richiesti a gran voce e, si afferma, perseguiti anche dalla Provincia. Per questo, l’incorporazione del gruppo del Sassolungo con i terreni dei Piani di Cunfin in un parco naturale, attesa da tempo, «rappresenterebbe un seguito logico e necessario alle precedenti affermazioni».

Sempre per le associazioni protezionistiche, anche la scarsità d’acqua rappresenta un ulteriore motivo di riflessione. Con un nuovo impianto di risalita e la ricostruzione della stazione a monte sulla Forcella del Sassolungo, non sono però previsti gli impianti igienicosanitari, che dovrebbero essere garantiti per afflussi quotidiani fino a 3.000 persone. Già in occasione di un precedente incontro con Alpenverein Südtirol, Cai Alto Adige e Cai Bolzano, il gruppo Nosc Cunfin è stato informato dal Cai Bolzano, che non ci sono quasi più risorse idriche aggiuntive disponibili sul Passo Sella. «C’è a malapena l’acqua per rifornire il Ressort hotel al passo fanno notare dal gruppo d’iniziativa Nosc Cunfin . Come potranno quindi la stazione a monte e il vicino rifugio Toni Demetz far fronte ad un afflusso di turisti in quantità eccessiva con l’attuale carenza d’acqua?» E questa non è neppure l’ultima delle domande che restano senza risposta.

Una nuova pista da sci?

Infatti, le dimensioni e l’invasività del progetto suggerisce al gruppo di Nosc Cunfin anche la domanda se questa iniziativa sia destinata solo ai mesi estivi, o se i gestori degli impianti di risalita abbiano già in mente ulteriori speculazioni per realizzare presto un’apertura invernale con una nuova pista di discesa verso gli incontaminati Piani di Cunfin. Una preoccupazione, quest’ultima, che sollecita ulteriore attenzione a Nosc Cunfin, Lia da Mont, Lia per Natura y Usanzes, nonché ai rappresentanti e presidenti delle guide alpine che, sul tema, hanno già invitato ad un prossimo incontro i rappresentanti e gestori degli impianti di risalita della Piz Sella Spa, Sandro Lazzari e Igor Marzola.

Alto Adige | 27 maggio 2023

p. 34

«Sassolungo, stop ai piani di sviluppo degli impianti»

val gardena

Heimatpflegeverband Südtirol, Federazione Ambientalisti Alto Adige, Mountain Wilderness Italia e Alpenverein Südtirol si schierano contro il potenziamento dell'impianto a forcella Sassolungo, giudicandolo in un comunicato congiunto "non sostenibile""Per l'impianto che porta alla Forcella del Sassolungo - scrivono le associazioni ambientaliste - un tempo bidonvia e successivamente riadattata a ovovia, è in corso un progetto di ampliamento che prevede una raddoppiata capacità di trasporto passeggeri, pilastri in cemento due volte più alti degli esistenti e una nuova stazione a monte quattro volte più grande dell'attuale. Questi progetti di ampliamento sono assolutamente insostenibili".Heimatpflegeverband Südtirol, Federazione Ambientalisti, Mountain Wilderness e Alpenverein ribadiscono che "gli esagerati sussidi pubblici per gli impianti di risalita privati devono cessare" e ,invece di un ampliamento dell'impianto alla forcella, sostengono la necessità di tutela naturalistica per il Gruppo del Sasso Lungo e i Plans de Cunfin.Claudia Plaikner dell'Heimatpflegeverband ritiene "perfino grottesco" che si parli di piani di espansione degli impianti "per un massiccio montuoso ancora relativamente intatto, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici in atto, della grande incertezza sulla presenza di neve e del disagio per i crescenti flussi turistici. È chiaro - sostiene - che l'espansione significherebbe un aumento di migliaia di visitatori giornalieri e quindi un ulteriore aggravio sulla natura".E cosa ne sarà della cabinovia esistente in quell'area? Nel 2024 scadrà la concessione per l'impianto di risalita alla Forcella del Sassolungo. "Ciò - secondo gli ambientalisti - offre l'opportunità storica di smantellare l'impianto di risalita, utilizzato esclusivamente per scopi ricreativi, dando priorità alla bellezza del paesaggio e al suo valore naturalistico. Questo approccio - sottolineano ancora i firmatari del comunicato - è stato recentemente accennato anche dal presidente provinciale Arno Kompatscher, che si è espresso chiaramente contro il potenziamento dell'impianto. Questo sarebbe anche un segnale tangibile di un nuovo inizio per uno sviluppo delle Dolomiti sostenibile e nel rispetto delle generazioni a venire".

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p. 34

Funicolare a monte Pana, c'è un primo via libera

santa cristina valgardena

Nel quadro di un programma di collaborazione tra la Provincia autonoma di Bolzano e il Ministero per l'ambiente e la sicurezza energetica, è in fase di valutazione il progetto relativo alla costruzione di una funicolare che dovrebbe collegare, nel territorio comunale di Santa Cristina, la zona sportiva Iman e l'area del monte Pana. Il proponente è la società Sunpana srl e l'accordo di collaborazione citato ha per oggetto "il progetto di bonifica del suolo dei siti orfani con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza - Pnrr". Ieri, il punto, inserito nell'ordine del giorno dei lavori della giunta provinciale, è stato rinviato, ma sarebbe già acquisito il parere positivo degli uffici ambientali, anche se rimarrebbero da fare verifiche di tipo tecnico giuridico.L'associazione ambientalista Nosc Cunfin è già intervenuta a più riprese per ribadire il "no" a progetti di nuovi impianti nell'area di monte Pana, dove appunto rientra anche l'area di protezione delle acque Cunfin, dove si trova la sorgente che fornisce acqua potabile all'intero territorio di Ortisei. Sara Stuflesser, rappresentante di Nosc Cunfin e consigliera a Ortisei, aveva espresso una decisa contrarietà in particolare a un "nuovo collegamento tra la zona Saltria dell'Alpe di Siusi e Monte Pana, una soluzione da inserire nel piano delle piste da sci provinciale"."Prima di tuttoaveva dichiarato Stuflesser - un tale collegamento penetrerebbe in una delle ultime zone ambientalistiche ben conservate nell'area e metterebbe in serio pericolo un ambito di tutela dell'acqua potabile. Un collegamento attraverso l'area di protezione delle acque Cunfin metterebbe in pericolo il nostro maggior bene ecologico. Inoltre - aveva aggiunto Stuflesser - un collegamento simile, indipendentemente dal fatto che venga sviluppato con un trenino oppure con un impianto di risalita, verrebbe realizzato con un investimento che solo il passaggio di una massa di persone potrebbe finanziare e rendere economicamente sostenibile". "Mi chiedoaveva continuato la consigliera comunale di Ortisei - se gli abitanti della zona desiderano effettivamente questo collegamento oppure se le amministrazioni comunali di Castelrotto e Santa Cristina stiano cedendo alle pressioni degli investitori e dei settori interessati".Al di là dei singoli progetti, Nosc Cunfin ha sempre voluto evidenziare una precisa posizione sul tema del rapporto tra ambiente da un lato e sviluppo economico dall'altro: "Io e i miei colleghi delle varie associazioni ambientalistiche - aveva affermato Stuffleser - ci appelliamo con urgenza affinché le preoccupazioni nei confronti dell'ambiente abbiano la precedenza su quelle dell'economia. Le aree ricreative collocate in un contesto naturalistico assicurano le basi per una miglior qualità di vita anche a favore dell'economia. Soprattutto di questi tempi non deve accadere che sacrifichiamo le nostre ultime e preziose riserve naturali agli interessi commercialieconomici a brevissimo termine. Intendiamoci - aveva concluso Stuflesser - sono favorevole al fatto che vengano migliorati certi attuali collegamenti, dove ad esempio viene riscontrato il margine per permettere il transito a corriere moderne, più ecologiche delle attuali".

DOLOMITI MOUNTAIN SCHOOL: LA SETTIMA EDIZIONE

Messaggero Veneto | 25 maggio 2023

p. 45, edizione Udine

Dolomiti Mountain School: archeologia sulle montagne sulle tracce degli antenati

Entrerà nel vivo domani, venerdì 26 maggio, a Tolmezzo, la settima edizione della Dolomiti Mountain School. La Sala convegni della Comunità di Montagna della Carnia ospiterà, dalle 9.30 alle 12.30, e dalle 14 alle 18, la sessione intitolata "Sulle tracce montane dei nostri antenati", sottotitolata "Un passato tutto da scoprire con l'archeologia".

Nella mattinata, dopo i saluti istituzionali di Pierpaolo Zanchetta per la Regione, di Ermes De Crignis per la Comunità di Montagna e di Mara Nemela per la Fondazione Dolomiti Unesco, Gianpaolo Carbonetto, coordinatore della scuola, illustrerà il programma della giornata che poi comincerà con un intervento di Gloria Vannacci Lunazzi, archeologa, su "La rinascita dell'archeologia in Carnia". Poi sarà il turno di Andrea Pessina, soprintendente di Archeologia, belle arti e paesaggio per il Friuli Venezia Giulia che parlerà di "Preistoria sulle vette. Ricerche sulla più antica presenza umana nelle montagne friulane". Seguirà l'archeologo Roberto Micheli che approfondirà le "Modalità di sfruttamento delle risorse nelle terre alte delle Alpi orientali tra Neolitico ed età del Ferro". La mattinata si concluderà con Stefano Magnani, dell'Università di Udine, che analizzerà "Viabilità e comunicazioni nell'area alpina orientale in epoca romana".

La sessione pomeridiana comincerà con Federico Bernardini, dell'Università Ca' Foscari di Venezia, con un intervento su "Vedere oltre la vegetazione: telerilevamento laser per lo studio del paesaggio". Seguirà Eliano Concina, del Segretariato regionale del Ministero della cultura per il Friuli Venezia Giulia che illustrerà "La carta archeologica della Carnia: due vallate a confronto". Si proseguirà con l'archeologo Fabio Sartori che parlerà di "Controllo e difesa nelle Dolomiti friulane a Forni di Sopra. Il castello di Sacuidic e il castrum di Cuol di Ciastiel".

Poi, avvicinandoci a tempi più recenti, il geologo Roberto Zucchini si soffermerà su "Le antiche miniere: luoghi, storie e manufatti". E, infine, Franco Nicolis, direttore dell'Ufficio Beni archeologici della provincia di Trento analizzerà "L'archeologia della Grande Guerra tra spazi della storia e tempi della memoria" che anche nella nostra regione ha profonde tracce.

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Alto Adige | 31 maggio 2023

La partecipazione è gratuita. iscrizioni a bit.ly/Iscrizioni_26_maggio_2023. Per informazioni 0433 487740, 0434 231425.

IO VIVO QUI: L’EDIZIONE 2023 A LONGARONE

Corriere delle Alpi | 11 maggio 2023

p. 31

Visioni del territorio: con "Io vivo qui" studenti protagonisti

Longarone

"Io vivo qui". È la frase che accompagna il progetto, rivolto alle scuole elementari e medie, voluto dalla Fondazione Dolomiti Unesco e coordinato per la provincia di Belluno dalla Fondazione Angelini. Gli esiti dell'ultima edizione si vedranno domani, dalle 9.30 alle 12.30, nel centro culturale "Ferruccio Parri" di Longarone. In questa occasione - alla presenza del presidente della Provincia e dei rappresentanti degli altri enti coinvolti (Provincia di Belluno, Ministero dell'Istruzione e del Merito e Ufficio Scolastico Provinciale)saranno presentati i lavori delle scuole sui temi che i cittadini del futuro hanno esplorato e conosciuto grazie alla sapiente guida dei loro insegnanti.Il risultato è un magnifico caleidoscopio di visioni del territorio, uno diverso dall'altro, dove cultura, dialetti, storia, natura, geologia sono stati illuminati da emozioni e conoscenze. Il ruolo delle scuole in questo progetto è stato guidare ragazzi e bambini in modo attivo e ludico alla scoperta degli angoli o degli aspetti più interessanti ai loro occhi. Per andare "oltre" e cogliere il senso e la ricchezza del vissuto, in modo personale e consapevole. In una modalità di apprendimento autentico. In parole più concrete... la storia del Cordevole, il gemellaggio con chi abita l'altro versante della stessa montagna, storie di pietre e profumo di pane, lo sfondo di un lago prealpino, le parole in quota: sono alcune delle esperienze affrontate dagli alunni delle medie di Lorenzago (1ª A e 3ª A), Ponte nelle Alpi (1ªC), Castion (1ªC e 2ªB), della Nievo di Belluno (3ªB) e della Rocca di Feltre (3ªD), oltre che della classe 5ª delle elementari di Chiesurazza. Alle 9.30 l'avvio dell'evento. Fino alle 11.30, quindi, gli studenti presenteranno le attività da loro realizzate: ogni gruppo avrà a disposizione 20 minuti. Tutti i lavori sono stati raccolti in un libretto verrà donato agli alunni partecipanti. Dopodiché, pausa merenda, prima dei saluti verso mezzogiorno.

Gazzettino | 12 maggio 2023

p. 15, edizione Belluno

"Io vivo qui", gli studenti protagonisti a Longarone

Un fascio di luce su un angolo del proprio paese o su un aspetto culturale che lo distingue: comunque un frammento a cui si è affezionati. A sceglierlo e dargli forma, mettendolo in mostra oggi a Longarone sono gli studenti delle secondarie di primo grado di Lorenzago (prima e terza sezione A), di Feltre (3 D), di Ponte nelle Alpi (1 C), di Castion-Belluno (1 C e 2 B), di Nievo-Belluno (1 B), della primaria di Chiesurazza-Belluno (classe quarta). La nuova edizione del progetto "Io vivo qui", voluto dalla Fondazione Dolomiti Unesco e coordinato per la provincia di Belluno dalla Fondazione "Giovanni Angelini" in collaborazione con il Miur, presenterà i lavori che gli studenti, seguiti dai loro insegnanti, hanno esplorato e conosciuto: «Ne escono emozioni relative a cultura, dialetti, storia, natura, geologia - spiega la presidente della Fondazione, Ester Angelini - il ruolo delle scuole in questo progetto è stato consentire e guidare i ragazzi e i bambini in modo attivo e ludico alla scoperta degli aspetti più interessanti ai loro occhi, per andare oltre e cogliere il senso e la ricchezza del vissuto, in modo personale e consapevole, in una modalità di apprendimento autentico». Ecco, come anticipazione dei temi trattati, la storia del Cordevole, il gemellaggio con chi abita l'altro versante della stessa montagna, le storie di pietre e profumo di pane, lo sfondo di un lago prealpino e le parole in quota. L'appuntamento è per stamattina dalle 9 alle 12.30 nella sala del Centro Culturale intitolato a Ferruccio Parri. Interverranno tutte le scolaresche accompagnate dai loro insegnanti, alla presenza del presidente della Provincia, Roberto Padrin, e di rappresentanti degli altri enti coinvolti. A tutti gli alunni che hanno partecipato al progetto sarà donato un libretto che raccoglie la sintesi dei lavori realizzati quest'anno dalle scuole.

Corriere delle Alpi | 13 maggio 2023

p. 20

Le Dolomiti viste con occhi nuovi studenti all'opera con "Io vivo qui"

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"Io vivo qui". E guardo il mio territorio con occhi nuovi. Potrebbe essere questa la sintesi di tutti i lavori presentati ieri mattina al centro culturale "Ferruccio Parri" di Longarone da otto classi (sette quelle presenti) di sei istituti comprensivi di tutta la provincia, per un coinvolgimento complessivo di un centinaio di studenti di elementari e medie. "Io vivo qui" è un progetto voluto dalla Fondazione Dolomiti Unesco e coordinato per la provincia di Belluno dalla Fondazione Angelini.Durante l'anno scolastico bambini e ragazzi, accompagnati dai loro insegnanti, hanno esplorato il territorio, conosciuto luoghi, dialogato con le persone. Approfondito storia, geografia, tradizioni, geologia, ambiente... ed infine sintetizzato i loro lavori interdisciplinari e collettivi in narrazioni, canzoni, presentazioni, brochure, video.La quarta della scuola primaria di Chiesurazza si è messa, "goccia dopo goccia", "In viaggio con il Cordevole". Immaginando una narrazione in cui il torrente si racconta: un'invenzione che consente di attraversarne il percorso dal Pordoi fino alla confluenza nel Piave, che poi lo porta fino al mare.Passando alle medie, ad ispirare la 1C della "Zanon" di Castion è stata un'escursione al lago di Santa Croce. Un'uscita in cui il gruppo si è interrogato sulla sua geologia e il suo clima, ne ha osservato la vegetazione, vissuto un'esperienza di navigazione. Un lavoro il cui obiettivo era creare un'esperienza fruibile anche da altre scuole. Da Castion anche la 2C, che ha esplorato "la forza dell'acqua" ne "gli opifici lungo l'antica roja alimentata dal torrente Ardo". La 3B della Nievo di Belluno è partita da un'escursione di due giorni sul monte Piana, "Parolando tra le DoloMitiche". Accompagnati da guide Cai, i ragazzi hanno camminato tra le trincee della Prima guerra mondiale. Un'esperienza le cui emozioni sono poi diventate foto e testi scritti. Un ponte tra presente e passato. Ha scelto di riscoprire la tradizione del pane artigianale la 1C di Canevoi, che si è messa in "viaggio tra gli antichi forni di Polpet", andando in visita ai panettieri, intervistandoli e lavorando insieme a loro. Così da condividere "il profumo del pane" appena sfornato e l'assaggio. Con l'impegno di far tesoro di valori come impegno, fatica, umanità. La seconda e la terza A della scuola di Lorenzago hanno presentato il loro paese attraverso "colori in punta di penna, stagioni e inchiostro". Dando uno sguardo più attento al villaggio, le sue strade e case, i suoi boschi e prati, gli angoli caratteristici e i panorami. Elementi poi raccontati via lettera ai vicini coetanei friulani di Forni di Sopra. Infine, la 3D della Rocca di Feltre ha scandagliato la propria città "di pietra in pietra". Studiando in modo scientifico le rocce che la compongono, come sono state estratte, trasportate, lavorate. Il tutto è poi confluito in una brochure promozionale in italiano, inglese e tedesco, con inserimento di video tramite qr code. Ma qual è, per i ragazzi, l'importanza di sviluppare questi temi? «Innanzitutto conoscere», sottolinea Ester Cason Angelini, motore e anima del progetto, «per permettere loro di sentirsi parte di una comunità, e di fare anche proposte di rinnovamento, da futuri cittadini». Quel che più li appassiona, aggiunge Mara De Monte, tutor del progetto e insegnante, è «quel che è vicino a loro, guardato con occhi nuovi con la guida degli insegnanti e di altri professionisti che li affiancano». ©

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GLI ATTI DEL VAJONT ISCRITTI NELLA LISTA DEL ‘ MEMORY OF THE WORLD’

Corriere delle Alpi | 19 Maggio 2023

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Gli atti sul Vajont nel registro dell'Unesco

BELLUNO

L'Unesco garante della memoria giudiziaria del Vajont. Se già quindici anni fa le Nazioni Unite definivano la tragedia del 9 ottobre 1963 «il primo di 10 eventi disastrosi causati dalla scarsa comprensione delle scienze della terra e dal fallimento di ingegneri e geologi», da ieri le carte del lungo iter processuale che ha stabilito ricostruzione e responsabilità sono iscritte nel registro internazionale del programma Memory of the World. Con il "Fondo apodissario degli antichi banchi pubblici napoletani" porta a dieci i riconoscimenti italiani in lista, tra cui l'archivio storico dell'Istituto Luce e la biblioteca malatestiana.

quaranta metri di faldoni

Un quaderno con le annotazioni tecniche di Carlo Semenza, l'ingegnere della diga, le mappe dell'epoca e i progetti; le testimonianze del medico condotto di Longarone e quelle di centinaia e centinaia di superstiti, le perizie giurate, accuse e difese, tutto stampato in un'unica copia; fotografie e schede delle vittime. Gli atti che ricostruiscono il più grande dramma del dopoguerra, sono contenuti in 244 faldoni allineati su 44 metri lineari di scaffalatura, all'archivio di Stato di Belluno. Erano all'Aquila, dove fu spostato il processo per legittima suspicione, allontanato dalle terre martoriate. Sono state portate a Belluno perché l'edificio in cui erano conservate è crollato sotto le scosse del terremoto del 2009. Inventariate e restaurate: una dozzina di faldoni erano aggrediti dalle muffe. E digitalizzate, con i documenti inquadrati in 162mila immagini la candidatura

La candidatura al "Memory of the World" era stata avanzata nel giugno del 2016 dalla Fondazione Vajont, l'associazione "Tina Merlin" e gli Archivi di Stato di Belluno e dell'Aquila. Sembrava potesse essere presto valutata e approvata, ma prima ancora che il Covid, a fermare tutto ci si erano messe le tensioni internazionali nel Sud Est asiatico che hanno spinto l'Unesco a riorganizzare il Registro, congelando per anni tutte le candidature.

Sbloccate finalmente le procedure, il dossier del fondo processuale sul Vajont ha avuto gioco facile. Anche per il grande valore interdisciplinare dei documenti e per l'opera di digitalizzazione, un investimento che va nella direzione di preservarne il patrimonio. gli atti della commissione

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Sul Vajont non indagarono solo i magistrati. «L'immane catastrofe», come fu definita agli atti, fu anche oggetto della commissione parlamentare d'inchiesta presieduta dal senatore Leopoldo Rubinacci che raccolse e produsse altre migliaia documenti. Anche quelle carte potrebbero arrivare all'Archivio di Stato bellunese. È ciò che chiede il senatore Marco Dreosto, che ha presentato anche una proposta di legge per far togliere la parola "incuria" dalla legge che istituisce la "Giornata nazionale in ricordo delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo", celebrata il 9 ottobre di ogni anno. «Ne ho parlato con il presidente del Senato» spiega Dreosto «e dobbiamo formalizzare gli aspetti tecnici per valutare la fattibilità di uno spostamento a Belluno».

Corriere delle Alpi | 20 Maggio 2023

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Riconoscimento Unesco agli atti giudiziari del Vajont «Un risultato straordinario»

BELLUNO il traguardo

Una memoria del passato, ma anche un monito perché certe tragedie non accadano più. Da giovedì l'archivio processuale del disastro della diga del Vajont è iscritto al registro Unesco "Memoria del mondo".

«Un risultato straordinario per le comunità del Vajont», ha rimarcato ieri in municipio Roberto Padrin, sindaco e soprattutto presidente di Fondazione Vajont, salutando il riconoscimento. «Grazie ad Irma Visalli, che ha avuto l'idea della candidatura, che subito ha avuto il sostegno dell'Archivio di Stato di Belluno e dell'Aquila, della Fondazione Vajont e dell'Associazione Tina Merlin. È la conclusione di un iter autorizzativo lunghissimo, iniziato nel 2014, che permetterà a tutti di accedere ad un archivio ricchissimo di documentazione, che ricostruisce tutti gli elementi della tragedia del Vajont».

Più a fondo su cosa significhi il riconoscimento e su cosa rappresenti l'archivio è andata Irma Visalli, che da presidente del comitato scientifico della Fondazione Vajont ha seguito il lungo iter. «Un riconoscimento Unesco non è un marchio, ma una sfida per sviluppare i territori. La candidatura nel registro "Memorie del mondo"», ha spiegato Visalli, «concerne documenti, archivi, patrimoni documentali che rappresentano una memoria mondiale. Per farsi riconoscere, bisogna dimostrare perché quei documenti sono così eccezionali, cosa contengono, come sono conservati. Questo fondo è un patrimonio multidisciplinare, che contiene i faldoni di un processo molto particolare, che fece scuola tra i giuristi, ma anche documenti che riguardano analisi geologiche, atti di medicina legale, plastici… Un lavoro che non è solo memoria, ma anche monito per il futuro. Siamo l'unico territorio al mondo ad avere due riconoscimenti Unesco che sono due facce di una stessa medaglia: le Dolomiti patrimonio dell'umanità per la loro bellezza e fragilità, e il Vajont riconosciuto come la più grande tragedia causata dall'uomo, che non ha saputo trattare quella bellezza e fragilità. Possiamo diventare l'emblema mondiale di ciò che è la bellezza del territorio e – pensiamo anche a cosa sta accadendo in Emilia-Romagna – di cosa non deve essere la sua gestione dissennata».

Dopo aver portato «la soddisfazione anche dell'Archivio di Stato dell'Aquila, compartecipe e titolare della conservazione del fondo», Silvia Miscellaneo dell'Archivio di Stato di Belluno ne ha approfondito il valore archivistico.

«Un complesso documentario inestimabile, una fonte non mediata che permette la ricostruzione degli eventi storici in maniera totalmente oggettiva», ha evidenziato. «È il quarto caso in Italia d'iscrizione di un archivio, dopo l'Istituto Luce, l'Archivio storico diocesano di Lucca e del Fondo apodissario degli antichi banchi pubblici Napoletani. Quello del Vajont è un fondo pluridisciplinare, che non contiene solo le carte processuali, ma anche materiali estremamente vari che spaziano dalla geologia alla storia economica e sociale alla medicina legale. Pensiamo a cosa si potrà sviluppare un domani quando, passati i 70 anni che giustamente tutelano la riserva tezza dei dati, si potrà accedere anche alla documentazione relativa ai fascicoli delle vittime. Il fondo è completamente digitalizzato in circa 160 mila immagini, e già consultabile all'Archivio di Stato di Belluno. Entro fine anno sarà online nell'ambito di un portale della Direzione generale archivi del ministero della Cultura».

Anche Adriana Lotto, presidente dell'Associazione Tina Merlin, ha sottolineato come il riconoscimento sia il risultato di un lavoro di squadra e abbia valore di monito, e non solo per il Bellunese. Mentre Mauro Carazzai, direttore di Fondazione Vajont, ha rimarcato come questa iscrizione sia un punto di forza per sviluppare nuovi progetti anche internazionali.

Gazzettino

| 20 Maggio 2023

p. 3, edizione Belluno

Belluno diventa patrimonio universale per la terza volta

LONGARONE

Gli archivi processuali del Vajont sono il terzo riconoscimento dell'Unesco al territorio della provincia di Belluno. Il primo è stato nel 2009 quando le Dolomiti sono diventate "patrimonio naturale dell'umanità", nel 2021 è arrivato il monte Grappa come "riserva della

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biosfera" e ora è arrivata anche l'iscrizione degli atti processuali della tragedia del 9 ottobre 1963 come "Memoria del mondo". Niente male per la provincia più piccola del Veneto ma, come ha spiegato Adriana Lotto, presidente dell'associazione Tina Merlin, tutto questo comporta una grande responsabilità e non può essere nascosto «nel baule della memoria». Belluno ha le Dolomiti, Belluno condivide con Treviso e Vicenza quella riserva straordinaria che è il Grappa, Belluno ha vissuto "sulla pelle viva" la tragedia del Vajont e ha saputo farla diventare un motivo di crescita della comunità. Ma questi tre patrimoni non possono essere chiusi in cassaforte: non possono esserlo le Dolomiti e il Grappa, ma non può esserlo neppure il Vajont. Come ha detto Irma Visalli, direttrice scientifica della Fondazione e anima della candidatura, l'errore più grande che Belluno potrebbe commettere è considerare quell'archivio processuale unico al mondo (anche nella sua multidisciplinarietà) come una semplice memoria chiusa in sé stessa. Deve invece diventare una radice viva, per far crescere le comunità bellunesi ma anche tutti coloro che con la tragedia universale del Vajont si confrontano perché sia un insegnamento per il futuro. Perché, come è stato detto ieri quando Antonio Carrara, sindaco di Erto e Casso, ha posto il problema, essere "Memory of the World" non obbliga a fare nulla di specifico, ma è una responsabilità verso le generazioni attuali e quelle future.

BIVACCHI GUARDIA DI FINANZA: I VINCITORI

L’Adige | 19 Maggio 2023

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Tre bivacchi, un solo vincitore

Andrea Orsolin

PREDAZZO

Il bivacco come punto di appoggio e ricovero di emergenza ed il bivacco come meta. Dall'unione di questi due aspetti è stato definito il progetto vincitore del concorso di progettazione per la ricostruzione dei bivacchi Aldo Moro, Fiamme Gialle e Reali. Tra le ben 174 proposte giunte alla sezione Cai Fiamme Gialle la commissione giudicatrice ha scelto quella dell'architetto Raffaele Cetto di Levico, coadiuvato dal collega Mattia Giuliani.La proclamazione è avvenuta ieri mattina nella Scuola alpina della Guardia di Finanza, gestore delle tre strutture sulle quali è ormai ben visibile il segno del tempo: il bivacco "Fiamme Gialle" (3005 metri di altitudine), collocato sulla spalla sud del Cimon della Pala, nel gruppo delle Pale di San Martino; il bivacco "Renato Reali" (a quota 2650 metri s.l.m.), inaugurato il 19 luglio 1970 in territorio del Comune di Taibon Agordino (Belluno) e nel 1995 spostato di alcune centinaia di metri, nell'allora Comune di Tonadico (oggi Primiero San Martino di Castrozza); il bivacco "Aldo Moro" (2600 metri s.l.m), posto nel 1980 sul Coston dei Slavaci, sulla catena del Lagorai, intitolato al politico che era solito soggiornare nella sua abitazione di Bellamonte. Vista la vetustà delle strutture e i relativi problemi tecnici si è deciso per la loro sostituzione, nel rispetto dei requisiti di sicurezza, comfort e compatibilità ambientale. I nuovi bivacchi progettati dall'architetto Cetto (le tre strutture saranno analoghe) avranno 9 posti fissi più tre suppletivi. Sono stati ideati rispondendo alla necessità che lo spazio interno possa accogliere la barella utilizzata negli interventi di soccorso alpino. La visibilità dell'edificio è garantita dal colore (giallo con inserti verdi), che oltre a riprendere la cromia storica del corpo della Guardia di Finanza garantisce un contrasto cromatico con le conformazioni rocciose. Il pennone - che andrà ad accogliere il pannello fotovoltaico e la bandiera - potrà essere dotato di una fonte luminosa in sommità, in modo da segnalare il bivacco anche in caso di scarsa visibilità. Una vetrata panoramica consentirà di godere anche dall'interno del paesaggio circostante.L'architetto Raffaele Cetto avrà ora sessanta giorni di tempo per depositare il progetto preliminare. Successivamente si procederà al recepimento delle autorizzazioni urbanistiche, dei titoli edilizi ed alla formalizzazione dei finanziamenti, con l'obiettivo di realizzare i bivacchi entro il 2024, anno in cui ricorre l'anniversario per i 250 anni di fondazione della Guardia di Finanza. A sostenere il concorso di progettazione il Comune di Primiero San Martino di Castrozza, il Comune di Predazzo, la Magnifica Comunità di Fiemme, il Bim Adige e il Bim Brenta, mentre la fase realizzativa dei nuovi bivacchi e la rimozione degli esistenti sarà finanziata dalla Provincia, dal Cai e da altri enti del territorio.Alla partecipata proclamazione - coordinata dal colonnello Sergio Giovanni Lancerin, comandante della Scuola Alpina e presidente della sezione Cai Fiamme Gialle - presenti anche il vicepresidente della Provincia Mario Tonina, lo scario della Magnifica Comunità di Fiemme Mauro Gilmozzi, il sindaco di Primiero San Martino di Castrozza Daniele Depaoli e il vicesindaco di Predazzo Giovanni Aderent

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NOTIZIE DAI RIFUGI

L’Adige | 24 maggio 2023

p. 31

Via alla "bella stagione" dei rifugi

Andrea Orsolin

VAL DI FASSA

La stagione dei rifugi è già partita. Alcuni come Castiglioni, Stella Alpina, Micheluzzi e Rifugio Maria sono già aperti, altri - come Alpe di Tires (da venerdì) e la Roda di Vael (da sabato, primo sul Catinaccio) - apriranno a partire da questo weekend. Altri ancora lo faranno nelle prossime settimane: l'attesa che l'ultima neve se ne vada è l'occasione per i gestori di fare gli ultimi ritocchi alle strutture.Sono due le linee guida che accompagneranno i rifugisti nei prossimi mesi. Uno è il concetto di "bella stagione", che punta alla loro apertura prolungata, ben oltre il canonico periodo designato dalla Sat (20 giugno - 20 settembre). A comandare saranno come sempre il meteo e la temperature, che a queste quote cominciano spesso ad essere avversi da fine settembre.L'altra colonna portante sarà quella della prudenza in montagna, promossa da Soccorso Alpino, Collegio delle Guide Alpine del Trentino e Associazione Gestori rifugi del Trentino, oltre a Trentino Marketing e Fondazione Dolomiti Unesco. Un cambio di paradigma rispetto all'ormai superato concetto di sicurezza, che in alta quota non è possibile garantire con assoluta certezza, come dimostrato dalla tragedia che ha colpito la Marmolada lo scorso luglio. Dunque si lavora su prudenza, coscienza e preparazione di chi decide di immergersi nella montagna.La notizia che fa ben sperare è che la zona alla base della Marmolada è tornata ad essere accessibile: il Rifugio Castiglioni, all'imbocco del lago del Fedaia, ha già riaperto le proprie porte e presto lo seguiranno il Rifugio Cima Undici (apertura sabato) e Rifugio Dolomia (19 giugno). Ci sarà da aspettare invece per Capanna Punta Penia, ancora irraggiungibile fino a nuova comunicazione. Il Rifugio Gardeccia, a 1.949 metri di altitudine nella conca protetta dalle cime del Catinaccio e del Larsèc, dal 1902 è gestito dalla famiglia Desilvestro. Marco, il gestore attuale, spera per quest'anno in una lunga stagione: apertura il primo giugno, chiusura il 15 ottobre. Con l'amministrazione comunale di Sèn Jan c'era stata una disputa relativa a chi dovesse costruire i bagni pubblici esterni che servirebbero per spostare le persone che intasavano la sala da pranzo. «Siamo alle solite, questo è l'ultimo anno che abbiamo l'autorizzazione per posizionare i servizi provvisori esterni, poi dal prossimo anno i clienti faranno i bisogni in natura» dice con sarcasmo Marco Desilvestro, che propone un rifugio con serramenti rinnovati.Adagiato sulla roccia, ai piedi delle Torri del Vajolet, al Rifugio Re Alberto I° (2.621 metri, una sessantina di posti letto) Valeria Pallotta aprirà le porte dal 15 giugno (e fino all'8 ottobre). «Quest'anno proviamo ad allungare la stagione, ma tutto dipenderà dal tempo. Avrei voluto fare dei lavori alla struttura, ma la burocrazia mi ha fatto diventare matta e ho dovuto rinunciare. Colpa della Provincia di Bolzano: se fossi stata in Trentino, sarebbe stato tutto più facile». La siccità non spaventa Valeria. «Il problema ce l'abbiamo da una decina di anni. Il permafrost nel laghetto da cui ci rifornivamo è calato sempre di più, quindi due anni fa abbiamo costruito un sistema di pompe che prende le acque da un torrente 400 metri più a valle, il che mi rende più tranquilla».Non ha invece avuto problemi ad avviare il proprio cantiere Sergio Rosi del Rifugio Passo Principe (2.601 metri di altitudine). «Stiamo ampliando il rifugio nel retro - spiega il Rosi - ci andremo a collegare con il bivacco, ma il profilo della struttura non cambierà. Vogliamo avere più spazio per noi che ci lavoriamo e per i magazzini, inoltre i posti letto aumenteranno dagli attuali 25 ai futuri 40». La sua apertura quest'anno sarà ridotta, probabilmente ai mesi di luglio ed agosto.

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NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE

Corriere delle Alpi | 29 maggio 2023

p. 34

Guide Alpine abusive sulle Dolomiti. Il Collegio veneto “Allarme sicurezza”

DOLOMITI IN TV

Corriere delle Alpi | 10 maggio 2023

p. 27

"Un passo dal cielo": riprese dell'ottava serie nell'estate del 2024

SAN VITO

Neanche il tempo di metabolizzare la fine della settima serie che i fans di "Un passo dal cielo" sono già in trepidante attesa per sapere quando inizieranno le riprese dell'ottava. Che sicuramente ci sarà: la conferma porta la firma del produttore ed amministratore delegato di Lux Vide, Luca Bernabei; ma sotto questo punto di vista sarebbe difficile pensare di arrestare un format che lunedì, nell'ultima puntata della settima serie, ha incollato al piccolo schermo oltre quattro milioni di telespettatori lasciando le briciole per l'ennesima volta alla concorrenza. Numeri da capogiro quelli regalati dalla fiction girata tra San Vito e Cortina con "sconfinamenti" tra Auronzo, Calalzo e Vigo (oltre che sulle colline trevigiane del Prosecco).Le prime indiscrezioni che trapelano dalla stanza dei bottoni parlano di primi sopralluoghi della produzione a San Vito già in estate. Le riprese invece non inizieranno prima della prossima estate, visto il calendario già affollato di Lux Vide che a breve avvierà i lavori sul set di Doc 3 con Luca Argentero. Confermatissime non solo le Dolomiti bellunesi con il lago di Mosigo a fare da quartier generale. Anche il cast della settima serie di "Un passo dal cielo" corre veloce verso la riconferma.Per qualcuno praticamente scontata: è il caso del commissario e novello regista Enrico Ianniello così come del suo fido scudiero Huber. Qualche ragionamento ruota invece attorno alla figura di Giusy Buscemi (Manuela Nappi nella fiction), centrale nella settima serie ma dal futuro tutto da scrivere insieme a quello di altri due protagonisti della serie, entrambi "new entry" ma molto apprezzati dal pubblico: Marco Rossetti (Nathan) e Giorgio Marchesi (Paron). gianluca de rosa© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 11 maggio 2023 p. 28

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"Improvvisamente a Natale mi sposo" versione americana

Non solo "Un passo dal cielo". San Vito e le Dolomiti cadorine saranno protagoniste della versione "made in Usa" del film "Improvvisamente a Natale mi sposo", le cui riprese per quanto riguarda il secondo atto italiano della sequel comedy si sono concluse solo poche settimane fa. Giornate di contatti frenetici che anticipano l'inizio delle riprese fissato per l'estate.La produzione a stelle e strisce è alla ricerca di un volto noto del cinema a cui affidare il ruolo di protagonista che nella versione italiana è di Diego Abatantuono. Nomi per ora top secret, ma si parla già dell'arrivo sulle rive del lago di Mosigo di un "mostro sacro" del cinema d'oltreoceano.«Il segreto di questi luoghi? La gente apprezza la veridicità dei paesaggi naturali», spiega Gildo Trevisan, presidente del consorzio turistico Cadore Dolomiti che offre il proprio supporto logistico sia al set di "Un passo dal cielo" e sia a quello di "Improvvisamente a Natale mi sposo", «qui non c'è nulla di costruito, è tutto reale. Non siamo a Cinecittà, alle spalle degli attori non ci sono sovrastrutture ma paesaggi naturali tanto belli quanto veri, in cui la gente sogna un giorno di essere. Il segreto del successo non sta nella trama, neanche nella presenza sulla scena di attori famosi, basti vedere la fiction "Un passo dal cielo" dove il ricambio sul set è continuo. Il segreto sono le montagne circostanti che ammaliano lo spettatore, invitandolo a fantasticare».Concluse le riprese di "Improvvisamente a Natale mi sposo" diretto da Francesco Patierno per Notorious Pictures, secondo capitolo della commedia natalizia "Improvvisamente Natale" che ha debuttato con ascolti da record lo scorso dicembre su Amazon Prime Video, il Consorzio turistico Cadore Dolomiti si appresta ora a fornire supporto anche alla produzione americana del sequel che, come la versione italiana, sarà veicolato attraverso le più importanti piattaforme streaming.«La televisione rappresenta uno straordinario volano di promozione turistica», aggiunge Trevisan, «siamo felici di cavalcare l'onda. Il consorzio riceve quotidiane richieste di informazioni sui luoghi in cui si concentrano le riprese. Dove sono, come si raggiungono, quanto tempo si impiega e così via: queste le domande più frequenti».Dietro la cinepresa c'è, poi, un piccolo mondo che si muove all'unisono.«Attori e produttori alloggiano nei nostri alberghi, in primis a San Vito», conclude Trevisan, «il nostro compito è garantire loro il miglior supporto logistico possibile. C'è poi una parte del territorio, soprattutto giovane, che lavora alacremente dietro le quinte. Tra questi, anche tanti artigiani che mettono a disposizione la loro straordinaria professionalità». Gianluca

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