Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Gennaio 2024

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Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

R A S S E G N A S T A M P A

GENNAIO 2024

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2 PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI GENNAIO: CRISI IDRICA E CRISI CLIMATICA: UN PRIMO BILANCIO DELL’INVERNO .......................................................... 3 GESTIONE DEI FLUSSI 7 MAXI COLLEGAMENTO CORTINA – CIVETTA – ARABBA: GLI AGGIORNAMENTI............................................. 8 PISTA DA BOB: GLI AGGIORNAMENTI ............................................................................................................. 13 OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI 25 DOLOMITI E INFLUENCER ................................................................................................................................ 26 UN APPELLO ALLA PRUDENZA IN MONTAGNA............................................................................................... 27 TRENO DELLE DOLOMITI: GLI AGGIORNAMENTI 28 DIGA DEL VANOI 31 ELISKI: DIVIETI E CONCESSIONI ...................................................................................................................... 32 NOTIZIE DAI RIFUGI 32 NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE 35 NOTIZIE DALLE AREE PROTETTE .................................................................................................................... 36 NOTIZIE DALLE ASSOCIAZIONI ALPINISTICHE ................................................................................................ 36 EDITORIALI E INTERVISTE 39

CRISI IDRICA E CRISI CLIMATICA: UN PRIMO BILANCIO DELL’INVERNO

Gazzettino | 3 gennaio 2024

p. 28, edizione Belluno

Poca neve ma l'Arpav rassicura: «Non è l'anno peggiore»

LA FOTOGRAFIA

BELLUNO

L'ultimo trimestre dell'anno appena archiviato ha registrato una quota della neve ampiamente al di sotto della media degli ultimi sedici anni. Ma non così tanto da essere tra i periodi di maggior magra della "dama bianca". La conferma arriva da Renato Zasso, nivologo previsore del Centro valanghe di Arabba. «Gli ultimi tre mesi si pongono spiega l'esperto in una fascia mediana, all'interno del trend compreso tra il 2008 e il 2023».

PARTENZA IN SALITA

Insomma l'avvio della stagione invernale non è stato tra i più copiosi dal punto di vista delle precipitazioni nevose, ma nemmeno si colloca tra i più secchi. «L'inizio della stagione 2023/2024 continua il nivologo non è stato tra i peggiori. Registriamo uno scarto minore nelle Prealpi, dove il limite della quota neve è più alto e dove le precipitazioni si trasformano da nevose in pioggia». I dati vengono rilevati dalle stazioni automatiche, alle otto del mattino. Fanno eccezione le località di Arabba e Falcade, dove la misurazione viene effettuata manualmente. La rete complessiva si compone di diciotto stazioni, collocate tra le Dolomiti e le Prealpi venete, che acquisiscono in tempo reale i dati relativi ad alcuni parametri meteorologici e del manto nevoso. Essi, con una parte descrittiva, confluiscono poi negli annali nivologici e permettono di ricostruire il fenomeno dagli anni Ottanta ad oggi.

IL CONFRONTO

Nello stesso periodo, tra il primo ottobre e il 31 dicembre, ci sono state annate in cui lo spessore della "dama bianca" è stato più che raddoppiato, in coincidenza con le storiche nevicate dell'ultimo mese dell'anno del 2008, 2010, 2013 e 2020, anticipando un fenomeno ripetutosi anche nei mesi successivi della medesima stagione. I trimestri conclusivi con il minor numero di precipitazioni restano, generalmente, il 2015 e il 2016. Sul periodo dei sedici anni, in otto occasioni i valori si sono fermati sensibilmente sotto la quota del dato medio, con una frequenza maggiore nell'ultimo decennio. Per il terzo anno consecutivo, quindi, l'asticella è rimasta al di sotto della media. E non è la prima volta che accade: era già successo nel 2014, 2015 e 2016, con valori molto al di sotto della media. L'anno successivo, nel 2017, la neve è poi ritornata abbondante, per poi scendere nuovamente di quantità nel 2018. Con una considerevole risalita nel 2019 e 2020. In quest'ultimo caso, quasi ovunque, il dato è stato quasi di tre volte tanto rispetto al 2023.

CAPODANNO

Trend confermato anche in occasione dell'ultima nevicata, quella di Capodanno, tra il 31 dicembre e il primo gennaio. La perturbazione che ha interessato le montagne venete durante la notte ha infatti portato localmente 20-25 centimetri di neve fresca nelle Dolomiti, ma ad una quota altimetrica di 1.800 metri. Ed altrettanti nelle Prealpi oltre i 2.000 metri.

IL PERICOLO

La neve fresca è caduta su una superficie dura e liscia del manto nevoso, che rappresenta il piano di scivolamento sia per valanghe spontanee di neve a debole coesione sia per possibili valanghe a lastroni che possono distaccarsi. Il pericolo di valanghe nelle Dolomiti e nelle Prealpi è moderato (grado 2).Sul fronte delle previsioni, intanto, sino a venerdì non sono attese nuove precipitazioni.

Corriere delle Alpi | 4 gennaio 2024

p. 19

Caldo e poca neve, la ricetta del governo «Depositi per conservarla a fine stagione»

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Quali sono, secondo il governo, gli adattamenti prioritari per accompagnare il clima che cambia in montagna? Essenzialmente due, secondo il ministero dell'Ambiente che ha redatto il Pnacc, il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. La prima è lo snowfarming, cioè la conservazione e la "coltivazione" della neve. La misura consiste "in una manutenzione accurata delle piste, in un eventuale ombreggiamento delle stesse, nella costruzione di barriere anti deposito, nella piantumazione di alberi per proteggere le piste e nell'innevamento naturale o artificiale, nonché nell'allestimento di depositi di neve». La seconda misura: "l'utilizzo dei soli impianti di innevamento artificiale esistenti e loro progressiva dismissione a favore di pratiche di mantenimento dell'innevamento più sostenibili".

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Le misure sono contenute nel nuovo Pnacc, varato a fine dicembre, che aggiorna la precedente versione del 2018. È stato adottato dal Mase, il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, al termine di un iter durato un anno. Con il Piano viene istituita una specifica struttura di governance nazionale per provvedere all'implementazione di 336 misure di adattamento di breve e lungo termine al cambiamento del clima.

Marco Merola, un giornalista e divulgatore scientifico che da oltre vent'anni si occupa di scienza e tecnologia, ha più di un dubbio. «Intanto si tratta di misure, quelle per la "coltivazione" della neve, che considerano soltanto la dimensione turistica del problema, come se non esistesse quella naturale», afferma Merola che, tra l'altro, insegna al Master di II livello in Climate change adaptation and mitigation solutions del Politecnico di Torino, è TEDx speaker e creatore del webdoc www.adaptation.it sui temi dell'adattamento al cambiamento climatico. «Gli esperti del ministero danno per scontato che nevica poco e che nevicherà sempre meno (negli ultimi due anni sulle Alpi le precipitazioni nevose sono state inferiori del 63%). Se nel passato la stagione sciistica arrivava a maggio, almeno sopra una certa quota, ora già a febbraio rischi di non avere più nulla».

Altra contraddizione: da una parte il Piano mette in conto che l'innevamento artificiale debba andare a finire, dall'altra pone la necessità di come garantire la continuità del turismo dello sci. «Ecco la risposta», sottolinea Merola, «conservando la neve da utilizzare nella stagione successiva. Ma può essere una risposta al cambiamento del clima? Possono essere queste, per il legislatore, le migliori misure di adattamento per l'alta montagna e i sistemi nevosi?».

Il messaggio è ben chiaro, secondo Merola: non ci interessa nulla che siano cambiati i cicli stagionali; che le temperature siano molto più elevate; che lo zero termico addirittura sia stato mappato negli ultimi tempi anche a 5.300 metri ed oltre. «È evidentissimo che siamo nel pieno di una rivoluzione climatica che si è già in parte compiuta ma in parte deve ancora compiersi, perché sappiamo che il processo di fusione dei ghiacciai è in corso; che sta nevicando sempre meno; che ad alte quote invece di nevicare piove. E questo ovviamente impedisce il ripascimento delle masse glaciali, perché la pioggia ovviamente non fa bene. Di contro il legislatore, che ci ha messo cinque anni per varare questo piano di adattamento, conclude che le migliori possibili soluzioni di adattamento per l'ambiente montano sono quelle di proteggere la neve sotto la segatura o di riparare le piste con alberi». Merola ha provato anche a fare un conteggio per ombreggiare 1200 chilometri di piste da sci del Consorzio Dolomiti Superski. Con una pianta ogni due metri, ne servirebbero un milione e 200 mila sulle montagne di casa, 6 milioni e 700 mila lungo le piste d'Italia. Senza contare la pericolosità che gli alberi rappresenterebbero a bordo pista.

E come conservare la neve in mega depositi? Proteggendola con teli di nylon o con segatura? Per innevare una pista lunga un chilometro, larga circa 50 metri e con uno spessore di 40 centimetri, sono necessari almeno 23 mila metri cubi di neve; se è artificiale sono necessari 9200 metri cubi d'acqua. Con una spesa complessiva di 80 mila euro a km. Quanti metri cubi di segatura, e quindi di alberi, servirebbero per proteggere appena un chilometro di pista?

Corriere delle Alpi | 4 gennaio 2024

p. 19

Precipitazioni sotto la media nell'ultimo trimestre del 2023

Da ottobre a dicembre 2023 la neve caduta sulle Dolomiti è ben al di sotto della media stagionale degli ultimi 15 anni. Lo certifica il Centro Valanghe Arpav di Arabba attraverso il bollettino che confronta la neve caduta negli ultimi 3 mesi dell'anno dal 2008 ad oggi. Prendiamo Arabba come primo punto di riferimento. Siamo a 1630 metri di altitudine. Solo 77 i centimetri di neve caduti sino all'ultimo giorno dell'anno. La media sarebbe di 170 cm dal 2008, quindi siamo sotto di oltre un metro. Nel 2020 Arabba aveva ricevuto la grazia di 3 metri, nel 2008 addirittura di 377 cm. Solo nel 2015 e nel 2016 c'erano state precipitazioni, rispettivamente, di 12 e 17 cm. Scendiamo a Falcade. Non più di 25 cm lo scorso trimestre, contro una media di 93. Col dei Baldi, 1900 metri, alle spalle del Civetta, è una delle località più graziate dalle precipitazioni nevose. Addirittura 4 metri e 19 cm nel 2020. Quest'anno, invece solo un metro e mezzo, contro una media di 243 cm. Non consola il fatto che nel 2015 il sito abbia toccato il fondo con soli 15 cm. A proposito, proprio ieri la società Alleghe Funivie ha aperto una nuova pista, tra le ultime rimaste inattive per carenza di neve; è riuscita a programmarla date le temperature basse nelle ultime ore.

Sui Monti Alti di Ornella, a 2250 metri, la neve si è fermata a 162 cm, distanziandosi comunque di poco dalla media di 2 metri. L'anno più nevoso, dal 2008, era stato il 2020 con 413 cm. Andiamo dall'altra parte della provincia, in Comelico. Casera Coltrondo si trova a 1960 metri. Di neve ne sono arrivati 137 cm, circa 30 in meno della media. In Agordino a Malga Losch, 1735 metri, da ottobre a dicembre è nevicato per un metro e 22 cm, circa 40 meno della media.

Le previsioni meteo per i prossimi giorni? Qualche fiocco in quota, come prevede Robert-Luciani Thierry dell'Arpav di Arabba. «Nottetempo qualche fiocco oltre i 1000-1200 m, ma senza apporti», precisa per oggi. Inversione termica nelle valli in ombra. Zero termico a 1500 metri. Tempo stabile e in prevalenza soleggiato nella giornata di oggi, la neve potrebbe ritornare domani sera a 9001200 m sulle Dolomiti, copiosa sabato oltre i 1200-1500 m. fdm

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Corriere delle Alpi | 5 gennaio 2024

p. 20

«Conservare la neve? Idee improponibili» Gli impiantisti bocciano il piano del Mase

«Ma li vedete gli impiantisti trascorrere l'estate piantando alberi lungo le piste o portare camionate di segatura in quota, ovviamente in zone all'ombra, per ‘far musina' di neve per l'inverno che verrà?». Scoppia a ridere Marco Grigoletto, presidente dell'Anef, l'associazione veneta delle società di impianti a fune, dopo aver letto le misure per il turismo invernale del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. «Mi dispiace riferirlo, ma i consulenti di cui si è avvalso il Ministero dell'ambiente poco o nulla sanno di neve, di sci, di sostenibilità ambientale, sociale ed economica in quota» afferma il dirigente. Attività che, peraltro, viene subito condiviso dai colleghi, qual è, ad esempio, Cristian Moretti, direttore di Alleghe Funivie. «Avete visto quanti infortuni in questi giorni? Ci mettiamo, a bordo pista, anche gli alberi? Idea davvero… brillante».

Gli uomini dello sci contestano radicalmente le misure suggerite. Convengono sulle precipitazioni che non sono così abbondanti come nel passato, ma se nei primi tre mesi di quest'inverno la coltre bianca, a 1600 metri, è stata di 77 cm, ovvero un metro in meno della media dal 2008, è anche vero che nel 2021 era arrivata ad un'altezza complessiva di 4 metri. «Quindi, andiamoci piano con il catastrofismo – suggerisce Grigoletto –. Certo, non possiamo far finta di niente. Dobbiamo porci interrogativi seri: darci l'opportunità di salire di quota e, al tempo stesso, innovare ulteriormente la strumentazione per artificializzare la neve anche a temperature meno gelide, cioè intorno allo zero».

Un problema, però, è conservarla, questa neve. E qui il presidente dell'Anef introduce una riflessione diversa. «Ci si accusa di sprecare la risorsa idrica. La verità è che noi, sulla montagna veneta, utilizziamo a inizio stagione 3 milioni di metri cubi d'acqua che regolarmente paghiamo, quando non raccogliamo in proprio nei bacini». In Veneto, un metro cubo di acqua costa intorno ai 2,18 euro. «Quindi la risorsa idrica che consumano ha un valore di 6 milioni e mezzo di euro – annota Grigoletto – che a fine stagione restituiamo gratis alla comunità, a primavera. E che mettiamo a disposizione magari nell'imminenza di una stagione siccitosa. Mi si vuole spiegare dove sta il nostro demerito?».

Gli impianti di innevamento programmato funzionano esclusivamente con energia idroelettrica, acqua pura e aria compressa. Grazie ai bacini di raccolta idrica, che sono esterni alla rete dell'acqua potabile, le sorgenti e i torrenti non vengono stressati e l'accumulo di acqua avviene in maniera soft perché graduale nel tempo. «Va sottolineato, che tutti i prelievi di acqua per innevamento programmato, sono regolamentati da apposite concessioni regionali o provinciali e per tanto sottostanno al controllo delle autorità pubbliche» sottolinea Grigoletto.

Gli impianti di innevamento programmato sono costantemente ammodernati, così da impiegare macchinari di ultima generazione, che sono al top in quanto a tecnologia. E questa è da sempre volta a ottimizzare l'impiego di energia e lettrica e acqua, risparmiando su entrambi i fronti. «Oggi, per esempio, la stessa quantità di neve può essere prodotta con la metà dell'acqua necessaria vent'anni fa. Inoltre, tutto il sistema è integrato nei gestionali ed è possibile monitorare con precisione la quantità di neve prodotta in certi punti della pista, da dove è prelevabile dai mezzi battipista, quando in altri punti il manto nevoso scende sotto allo spessore minimo. È così possibile tarare la quantità di neve prodotta, così da raggiungere il termine della stagione con il minimo della neve indispensabile. Così si risparmiano acqua, energia elettrica, carburante e denaro».

Quindi la coltivazione e la conservazione della neve, così come viene proposta dal Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici non è, per l'Anef, una misura praticabile, non fosse altro per il costo di milioni di metri cubi di segatura e del trasporto, e per l'approvvigionamento di aree riparate dal sole, quindi dalle alte temperature e dalla stessa umidità per i 1.200 km di piste del Dolomiti Superski quanti cumuli-deposito bisognerebbe approntare a valle e in quota? Almeno 450 per ogni impianto. L'impatto ambientale che ne deriverebbe sarebbe disastroso.

FDM

Corriere delle Alpi | 8 gennaio 2024

p. 13

La lente sul cambiamento climatico

Sei anni di monitoraggio per le Dolomiti

Irene Aliprandi / belluno

Quali sono gli effetti del cambiamento climatico sulle Dolomiti? È vero che la frequenza dei crolli e più in generale dei dissesti geologici sta aumentando? Esistono e quali azioni si possono mettere in atto per preservare le montagne più belle e più fragili? A queste domande vuole dare risposta un progetto che vedrà la collaborazione tra la Regione Veneto e l'Agenzia del Demanio, che ha messo sul tavolo dell'accordo risorse per 3,6 milioni di euro in sei anni, rinnovabili.

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Lo schema di accordo di collaborazione è stato approvato nei giorni scorsi dalla giunta del presidente Zaia su proposta dell'assessore Gianpaolo Bottacin e diventerà operativo nei prossimi mesi. Il progetto interessa un'area di circa 700 chilometri quadrati, che vedono al centro Cortina d'Ampezzo e si estendono a Livinallongo, lambendo anche Auronzo e Pieve di Cadore.

A proporre l'accordo è stata l'Agenzia del Demanio, titolare del patrimonio pubblico rappresentato dalle vette dolomitiche, ma priva di competenze specifiche e di personale tecnico qualificato allo svolgimento dei compiti istituzionali derivanti dai possibili scenari causati dall'evoluzione di eventi climatici estremi e dall'opportunità di ricorrere a strategie di adattamento, mirate a ridurre i rischi indotti dall'inazione o da interventi tardivi non sempre idonei ad una gestione organica e sistematica.

La Regione, invece, ha le competenze e gli strumenti specifici, coordinati dalla direzione Difesa del Suolo con funzioni di programmazione degli interventi per la tutela del territorio e lo sviluppo di strategie per la mitigazione dei dissesti. Il progetto che unisce le due istituzioni è finalizzato a sviluppare un programma di studi e ricerche nel territorio di alta montagna, ricadente soprattutto nei comuni di Cortina d'Ampezzo e Livinallongo del Col di Lana, volto a perfezionare l'utilizzo di tecniche di monitoraggio satellitare e da remoto per la difesa delle aree demaniali, la tutela dell'ambiente e del paesaggio per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, contribuendo al contempo alla sicurezza del territorio.

L'accordo quadro si sviluppa dunque in un servizio di sorveglianza e monitoraggio attraverso un piano elaborato dalla Difesa del suolo, piano che potrà essere aggiornato nel corso degli anni se dovessero subentrare migliorie tecnologiche e sarà finalizzato alla difesa delle aree demaniali e alla tutela dell'ambiente e del paesaggio per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici.

La Regione metterà a disposizione la propria esperienza, ma i costi saranno totalmente a carico dell'Agenzia del Demanio. Dal punto di vista pratico, la Regione Veneto fornirà tutti i dati raccolti ed elaborati attraverso gli strumenti già utilizzati: dai satelliti alle apparecchiature di terra, passando per l'osservazione diretta dei fenomeni da parte degli esperti. Sono previste, ad esempio, analisi interferometriche di dettaglio e con metodologie ibride per l'individuazione e la mappatura di aree instabili, la stima degli spostamenti, l'analisi delle serie tempo rali e la definizione dello stato di attività dei versanti instabili.

Per quanto riguarda il Comune di Cortina d'Ampezzo, lo Stato è proprietario delle cime: Tofane, Rocchetta, Cristallo, Croda del Becco, Croda de R'Ancona, Col Rosà, Lavinores, Fanes, Nuvolau, Averau Croda da Lago, Lastoni de Formin, Sorapis, Lagazuoi, Sas de Stria, Cinque Torri, Croda Rossa e Pomagagnon per una superficie complessiva di circa 6.160 ettari.

I terreni di alta quota ricadenti nel comune di Livinallongo del Col di Lana, invece, sono: terreno Valparola, Cima Corte, Sasso Padon, Col di Scofe, monte Padon, Sass de Stria, Sass de Mezzodì, Porta Vescovo, Sasso di Bovai), Montagna di Andraz, Sasso Cappello, Sass Beccè, Setsass, monte Castello. Tutti sopra i 1.600 metri e in larga parte compresi sia nel Parco regionale delle Dolomiti d'Ampezzo, sia nell'area individuata come Patrimonio Unesco

Corriere delle Alpi | 8 gennaio 2024

p. 13

Bottacin: «Noi forniremo strumenti e competenze»

la ricerca

Ad illustrare i termini del progetto con l'Agenzia del Demanio e alcune delle sue linee principali è l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin: «La Regione ha un sistema di monitoraggio satellitare di tutto il territorio, ma non ovunque possiamo raggiungere il massimo dettaglio temporale e geografico. L'Agenzia del Demanio ci ha chiesto di fare un progetto specifico per le vette in un'area ampliata attorno a Cortina. Il monitoraggio serve a verificare se ci sono movimenti, crolli o frane ed eventualmente, qualora ci fossero segnali preoccupanti, abbiamo il compito di segnalarlo al Demanio che poi farà le valutazioni del caso. Insomma, si tratta di proseguire un lavoro che già facciamo, ma l'approccio diventa interessante alla luce del contesto. Questo monitoraggio del territorio, infatti, è volto a farci capire se e come i cambiamenti climatici influenzano i crolli sulle Dolomiti, anche con serie temporali; per capire se c'è una velocizzazione o un rallentamento, se ce ne sono di più o di meno, se ci sono aree più o meno vaste coinvolte e molto altro. Insomma, il progetto ha un forte interesse anche sotto il profilo della ricerca. La Regione gestisce i dati, cioè compriamo l'attrezzatura, la montiamo, facciamo tutti i monitoraggi, forniamo loro i dati e fondamentalmente facciamo da data service». La domanda più stringente riguarda proprio lo stato di salute delle Dolomiti: «In questo momento si parla un po' "a naso" degli effetti del cambiamento climatico sulle Dolomiti, affermando che i crolli non sono mai stati così frequenti come in questi anni, ma non vi è una certezza scientifica, non esiste in realtà uno studio puntuale (che io sappia) con una base statistica precisa e costante. Quindi fare un monitoraggio specifico e puntuale sulle Dolomiti potrebbe sfociare in qualche risultato interessante». Nel progetto confluiranno molteplici dati e la Difesa del Suolo si avvarrà anche delle collaborazioni di Arpav, Cnr e Università di Padova Dipartimento di Geoscienze.

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Corriere

p. 24

Barbante: «Una sfida epocale sul clima»

Giuseppe Gris / feltre

«Stiamo andando sott'acqua e l'uomo è sicuramente il responsabile della crisi climatica. La temperatura globale è aumentata di 1.2 gradi, ma possiamo ancora fare qualcosa». Questa l'analisi del professor Carlo Barbante alla conferenza "Climate change e ambiente montano" promossa dal Rotary nella serata di ieri nell'aula magna del Colotti dove sono intervenuti anche Jacopo Gabrieli dell'Università Ca' Foscari e Stefano Mariech, presidente Ana Feltre. Un'occasione per riflettere e impegnare una volta ancora la politica e la società civile ad affrontare la crisi climatica.

«Più che di cambiamenti climatici – prosegue Barbante – dobbiamo parlare di crisi climatica, l'aumento degli eventi estremi degli ultimi anni lo testimonia. Negli anni 70 ce n'erano una settantina all'anno in Europa, ora migliaia». Ma è ancora possibile non annegare: «Dipende da quanto riusciremo a diminuire le emissioni di gas serra, dobbiamo arrivare al 2055 alla neutralità carbonica, quindi ogni 10 anni dovremo dimezzare le emissioni di gas, ed è fattibile». Come? «Gli strumenti di mitigazione ci sono, puntare sull'elettrificazione in tutti i settori, sulle rinnovabili come eolico e fotovoltaico, affrancarci dall'uso dei combustibili fossili».

Jacopo Gabrieli si concentra sull'impatto del cambiamento climatico in riferimento alle aree montane, e senza giri di parole «altro che Burian e negazionisti della crisi climatica come Trump, ci siamo dentro e anzi, qui in montagna lo siamo ancora di più: siamo in un hot spot climatico, ovvero un punto della Terra in cui i cambiamenti climatici sono amplificati per determinati motivi. Se tutta la terra si sta riscaldando, qui sta succedendo a una velocità maggiore. Quindi ci sono strade che non sono più percorribili eticamente, come abbiamo visto, ruspe che raschiano ghiacciai o l'utilizzo purchessia di neve artificiale. Ci sono strade, invece, che eticamente vanno imboccate, subito».

Mariech si concentra invece sulla necessità di rendere consapevole la cittadinanza sulla situazione di rischio: «Quanti conoscono il piano di emergenza del comune di Feltre? Quanti sanno qual è il punto di raccolta in caso di emergenza? Manca una cultura di protezione civile a livello di cittadinanza, iniziamo a lavorare da questo».

Infine, Barbante torna ad impegnare la politica: «Ci aspetta una sfida epocale che i paesi più ricchi devono condurre in maniera decisa, e soprattutto dobbiamo andare verso una transizione equa. I Paesi ricchi rispettino quanto hanno deciso a Parigi nel 2016, altrimenti i traguardi che ci siamo posti al 2030 e 2050 non saranno raggiunti e dopo potrebbe essere troppo tardi».

GESTIONE DEI FLUSSI

Corriere del Veneto | 10 gennaio 2024

p. 6, edizione Treviso – Belluno

Cortina come Venezia ticket d’accesso per i turisti

Il no secco di Santanchè

Ministro e sindaco contrari alla proposta degli albergatori

cortina d’ampezzo

Pagare un ticket d’ingresso a Cortina, come accadrà tra tre mesi a Venezia? «Noi siamo per diminuire le tasse, non per aumentarle» risponde secca la ministra del turismo Daniela Santanchè, alla proposta di Stefano Pirro, presidente dell’associazione Albergatori, di trasformare la tassa di soggiorno in una City Tax a carico di chiunque entri a Cortina (per trattenersi in hotel, per raggiungere la seconda casa o per una gita in giornata).

«Non si risolve il problema del turismo aumentando le tasse» continua la ministra che proprio nella sua seconda casa di Cortina ha festeggiato il capodanno. È calma apparente quella che regna in questi giorni intorno a Corso Italia, ancora frastornata dal boom di turisti durante le vacanze di Natale. Un pienone non tanto diverso dagli altri anni nella Regina delle Dolomiti, a cui si aggiungono i turisti ammaliati dalle prossime Olimpiadi, di cui ancora non si vede il volto, ma si respira il fermento. Decisamente troppi turisti per qualcuno, ma linfa vitale per l’associazione Albergatori che la vede come un’occasione per rimpinguare le casse dell’amministrazione comunale e migliorare i servizi. A non essere convinto, per primo, è il sindaco Gianluca Lorenzi, che la definisce un’idea di difficile applicazione. «Qui a Cortina abbiamo tanta gente che arriva per trascorrere una bella giornata – mette subito le mani avanti -, ma magari soggiorna e usufruisce dei servizi del Cadore e non saprei come intercettare questa fetta di turisti. Esiste l’imposta di soggiorno riscossa da albergatori, b&b e chi affitta le case, che poi noi rinvestiamo in toto in azioni turistiche». A differenza di Venezia, la Regina delle Dolomiti si trova su due strade di attraversamento, «è proprio la conformazione della località che non permette di realizzare una soluzione di questo tipo – chiosa l’ex sindaco e ora consigliere comunale Gianpietro Ghedina. Bisognerebbe valutare altri balzelli, ma Cortina non ne ha bisogno, perché il Comune riesce già a introitare 13 milioni di euro grazie all’Imu delle seconde case e 2 milioni di imposte di soggiorno. Il tema non sono le risorse ma la capacità di spenderle, senza che la burocrazia metta i bastoni tra le ruote». Un modo per «tracciare» i turisti potrebbe essere tramite skypass: un’ipotesi che fa storcere il

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delle Alpi | 20 gennaio 2024

naso a chi lavora nei comprensori sciistici, come Marco Zardini, presidente di Cortina Swiworld, il Consorzio Esercenti Impianti a Fune di Cortina, San Vito di Cadore, Auronzo e Misurina.

«Mettiamo un casello d’ingresso? - dice sarcasticamente Zardini –. Piuttosto concentriamoci sulle infrastrutture che servono a migliorare il traffico cittadino. Noi, insieme all’amministrazione comunale, abbiamo raddoppiato il numero di skibus per dare all’utente un modo più agevole per muoversi. Servono idee come queste, non ulteriori tasse». A vedere la potenzialità della proposta di una City Tax è Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente Upa e fondatore nel 1990 di Valsoia, anche lui di seconda casa a Cortina.

«Sono favorevole alla proposta di una City Tax, purché ci sia massima trasparenza su come si spendono quei soldi a vantaggio del territorio – sottolinea l’imprenditore bolognese –. Se questo contribuisce a migliorare l’habitat di un luogo così unico dal punto di vista estetico, devono corrispondere dei servizi all’altezza. Possibile che quest’anno a Cortina non ci sia la pista di fondo?».

A mancare, quest’anno, sono soprattutto i parcheggi. Una piaga che si aggrava, secondo Matteo Zoppas, «la mia famiglia frequenta Cortina da tre generazioni - presidente dell’Ice -. Si vede che sta cambiando faccia e che sono arrivati forti investimenti, ma auspico che questo corrisponda a un rinnovo delle infrastrutture e dei parcheggi, perché è diventato un incubo venire qui in auto». Piuttosto che pensare a nuovi modi di spremere i turisti, bisognerebbe pensare a come farli vivere meglio. «È un bene che presto venga portato a termine il progetto di nuovi garage – tira le somme Zoppas -. Subito dopo bisognerà pensare a un ammodernamento dei rifugi».

Una prospettiva che punta dritto ad allungare l’alta stagione. «Qualche anno fa, avevo pensato a uno scenario simile – confessa Walter De Cassan, alla guida di Federalberghi Belluno e vicepresidente di Federalberghi Veneto -. Bisognerebbe pagare una quota d’ingresso non solo a Cortina, bensì nell’area più vasta delle Dolomiti patrimonio Unesco. I proventi, ovviamente, dovrebbero implementare mezzi pubblici più efficienti e cadenzati, con parcheggi scambiatori a valle. In America si paga per visitare i grandi parchi naturalistici. Perché non possiamo farlo anche in Italia? Sarebbe un modo per evitare il sovraffollamento turistico e dare valore al territorio».

MAXI COLLEGAMENTO CORTINA – CIVETTA – ARABBA: GLI AGGIORNAMENTI

Il Fatto Quotidiano | 3 gennaio 2024

Edizione online

Assalto alle Dolomiti, nevicata di milioni per l’impianto che collegherà i megacomprensori dello sci. E passerà dalle vette protette dall’Unesco

Le mani sulla montagna. Sono bastate due righe, in un comunicato della Regione Veneto, per rilanciare il tentativo imprenditoriale e politico di conquistare le vette imbiancate delle Dolomiti, nel cuore del patrimonio dell’Unesco. Il governatore Luca Zaia ha incontrato il 24 novembre scorso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Verona, firmando un accordo per lo sviluppo e la coesione che porta in Veneto 607 milioni di euro dello Stato per infrastrutture. Sfogliando l’intesa, ecco il riferimento che rischia di alterare equilibri ambientali nelle ultime zone montane di incontaminata bellezza. “In previsione delle prossime Olimpiadi invernali del 2026, 33,5 milioni sono destinati al collegamento della Ski Area del Civetta con la Ski Area Cinque Torri e alla realizzazione di bacini idrici per l’innevamento”.

È stato così messo nero su bianco – dietro il paravento dei Giochi invernali – il progetto di utilizzare soldi pubblici per nuovi impianti a fune che consentano la comunicazione tra la Val Zoldana e Alleghe con Cortina, passando per Averau, Nuvolau, Passo Giau e Falzarego. Due comprensori sciistici che si uniscono e che puntano a saldarsi con il Sellaronda e il giro dei passi tra Veneto, Trentino e Alto Adige. Ma non basta. La costruzione di bacini idrici per l’innevamento artificiale dimostra come, nonostante i mutamenti climatici, l’uomo insista a riproporre il modello di una montagna da sfruttare intensivamente, anche se le condizioni meteo alzano sempre di più lo zero termico.

Cosa c’è dietro l’accordo tra la Regione e il governo? IlFattoQuotidiano.it è in grado di spiegarlo, sulla base delle proposte finite sul tavolo della Direzione infrastrutture trasporti. Per anni sono rimaste sotto traccia, nonostante qualche allarme lanciato dagli ambientalisti, riemergono ora in modo prepotente, sia perché i soldi ci sono (ma non tutti), sia perché è in discussione il nuovo Piano Neve decennale, visto che quello vigente (che aveva bloccato la speculazione) scade nel 2023.

IL PIANO NEVE – È il grimaldello che verrà usato per ridisegnare impianti e piste. Il nuovo Piano Neve in via di elaborazione dal 2022 si salda con la viabilità, nel tentativo di far passare il collegamento a fune come una alternativa alla mobilità su gomma. Si tratterebbe di “un pubblico servizio da sviluppare e qualificare per ottimizzare l’accessibilità sportiva e ricreativa, ma anche di mobilità intervalliva, seguendo principi di crescita economica sostenibile e competitività nel rispetto prioritario della tutela ambientale”. Andando in seggiovia, non si userebbe l’auto e si inquinerebbe di meno… Il piano deve comunque fare i conti con i siti “Natura 2000”, conseguenti alle due specifiche Direttive UE “Habitat” e “Uccelli”, oltre a Zone di Protezione Speciale dove insiste lo “specifico divieto di realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci”.

Il 23 luglio scorso è stata attivata la procedura di Valutazione Ambientale Strategica che ha adottato il Documento Preliminare e il Rapporto Preliminare Ambientale (redatti da un gruppo di lavoro regionale che si è avvalso delle società Dba.Pro e Terre), improntati,

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secondo le intenzioni, alla sostenibilità ambientale. Il 12 settembre, l’avvocato Cesare Lanna, presidente della Commissione regionale Vas ha licenziato un parere motivato che dà una serie di prescrizioni in vista della redazione del Piano Neve vero e proprio. È una griglia molto articolata, che richiederà una valutazione costante e progressiva per il rispetto ambientale.

IMPIANTI IN ALTA QUOTA – Eppure l’intesa tra Zaia e Meloni dà un’accelerata verso il nuovo collegamento dal Civetta a Cortina. Un sacrilegio per gli ambientalisti, anche perché transiterà in zone incontaminate e protette, non lontano da quel paradiso in terra che è il Mondeval, tra passo Giau e la Croda da Lago. Durante le audizioni preliminari sono stati coinvolti soggetti economici interessati all’ammodernamento degli impianti. Tra questi c’è “Dolomiti Rete srl”, la società presieduta da Marco Zardini, che è anche presidente di Cortina Swiworld, il Consorzio Esercenti Impianti a Fune di Cortina, San Vito di Cadore, Auronzo e Misurina. La proposta porta la firma della società. Nel 2019 aveva presentato a Zaia e all’assessore Federico Caner un primo progetto, di cui fu informato anche l’allora commissario per i campionati mondiali di sci alpino Cortina 2021, l’ingegner Luigi Valerio Sant’Andrea, attuale commissario per le infrastrutture olimpiche 2026.

In realtà il collegamento è duplice. Il primo impianto va da cima Fertazza (Civetta-Selva di Cadore) a Cinque Torri-Passo Giau, passando per Fedare. Il secondo andrebbe dal Passo Falzarego e Malga Crepaz, così da unire le aree sciistiche di AllegheZoldo e Cortina con il Sella Ronda. Dal Falzarego, in direzione Sellaronda, servirebbero una cabinovia Falzarego-Castello e una seggiovia Castello-Sella del Sief, con una nuova pista di 5 chilometri. Da Sellaronda al Falzarego servirebbero una seggiovia da Malga Crepaz a Ciamp, e una seggiovia verso Sella del Sief, oltre a tre nuove piste.

IN METROPOLITANA SULLE DOLOMITI – Gli imprenditori guardano alle aree confinanti di Bolzano e Trento, unite (con Arabba) in Dolomiti Superski, ingolositi dalla possibilità di estendere le piste da sci. Il Civetta ha 80 chilometri di piste, Cortina 60. Verrebbero unite tra di loro e al sistema di 500 chilometri di piste del Superski Dolomiti. Gli imprenditori scrivono in modo esplicito: quanto più ampia è l’offerta di piste, maggiore diventa il prezzo dello skipass, nonché l’attrattività verso un turismo disposto a spendere di più e a pernottare più a lungo. È tutta una questione economica, che segue logiche di mercato, anche se la società, rendendosi conto dei vincoli posti dal piano neve vigente, sostiene di aver voluto superare le criticità ambientali. Per ottenere il via libera afferma che esiste un rilevante interesse pubblico a realizzare gli impianti, considerando che non vi sono alternative perseguibili, se non quella del collegamento a fune. Ciliegina sulla torta (per chi ci crede): si potrebbe andare con gli sci ai piedi a vedere le gare olimpiche di Cortina 2026. In una parola, il grande circo bianco vuole diventare – nell’area Unesco Patrimonio dell’Umanità – “una rete di metropolitana su fune per l’intera area dolomitica”.

Corriere delle Alpi | 4 gennaio 2024

p. 28

Frena spinge per la telecabina «Svolta contro i vincoli di Colle»

Francesco Dal Mas

COLLE SANTA LUCIA Il collegamento tra il passo Giau ed il monte Fertazza, alle spalle del Civetta, solleva un singolare tema di sostenibilità ambientale e sociale. Singolare perché i due aspetti sono fra loro in contraddizione.

«È vero, la telecabina che la Regione ha chiesto di ospitare ai Comuni di Colle Santa Lucia e Selva di Cadore attraversa non siti Unesco ma di Natura 2000, quindi si pone un problema di compatibilità ambientale. Ma noi di Colle», afferma il sindaco Paolo Frena, che è anche presidente dell'Unione montana agordina, «abbiamo detto di sì all'impianto, specie se avrà una stazione intermedia a Colle, perché così facendo otterremmo quella sostenibilità sociale che non ci è consentita dagli eccessivi vincoli».

A Colle e in Val Fiorentina, infatti, è praticamente impossibile realizzare opere pubbliche e dotare le case di servizi particolari o piccoli ampliamenti perché si va a cozzare con l'impedimento dato dalle prescrizioni ambientali.

«Ci sono frazioni del nostro territorio in cui è impedito di fare perfino un accesso all'abitazione», esemplifica il sindaco, «per cui i residenti sono costretti ad abbandonare il paese. I vincoli sono i benvenuti per la protezione, la tutela paesaggistica, ma in taluni casi impediscono la sopravvivenza della comunità».

«Quindi», risponde ancora il sindaco, «quando la regione ci ha proposto il collegamento tra Cortina, le 5 Torri ed il Civetta, attraverso la telecabina da Fedare al Fertazza, noi di Colle abbiamo detto subito di sì, ritenendo che la sostenibilità sociale sia quanto meno pari a quella ambientale. Ma anche partecipando alla Regione un ragionamento preciso: se tu ritieni di poterti svincolare in qualche misura dagli obblighi di Natura 2000, non potrai che riconoscere agli abitanti di questo Comune analoga opportunità per consentire loro quegli interventi ai fini della residenza che, se non concessi, li obbligherebbero ad emigrare».

Il collegamento prevede un piano di investimenti complesso. Si ipotizzano almeno 80 milioni per rifare la seggiovia tra forcella Nuvolau e il passo Giau e per la telecabina da Fedare a L'Avia, con tappa intermedia a Colle Santa Lucia, e da L'Avia al monte Fertazza. Dalla quale cima si scenderebbe lungo una nuova pista, tutta a Nord, fino appunto a L'Avia.

I primi 33,5 milioni (sia per il nuovo impianto che per i relativi bacini idrici) sono compresi nel protocollo per lo sviluppo e la coesione sottoscritto dalla premier Giorgia Meloni con il presidente della Regione, Luca Zaia, il 24 novembre a Verona; un accordo da 607 milioni per tutta una serie di infrastrutture nel Veneto.

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L'obiettivo della Regione, motivato sia da Zaia che dall'assessore al turismo Federico Caner, è di immaginare l'impiantistica di risalita come un'alternativa al trasporto su gomma e, proprio per questa finalità, da poter essere giustificata anche in presenza di una rete protezionistica molto puntuale.

La Valutazione di incidenza appropriata già contenuta nella Via, la Valutazione di incidenza ambientale del Piano neve del 26 febbraio 2013, poneva, invece, precisi limiti.

Il sito Monte Pelmo-Mondeval-Formin è territorio di Natura 2000, quindi vincolato. E lo sono pure i 13 "habitat comunitari": dalle formazioni erbose alpine e subalpine, alle foreste montane e alpine di larici e pino cimbro, dalle pareti rocciose calcaree con vegetazione alle formazioni erbose con un substrato di silicio, dalle praterie montane da fieno a ghiaioni calcarei e silicei, dai faggeti ai valloni.

«Ne siamo perfettamente a conoscenza e il nostro impegno è ovviamente quello di rispettare tutte queste forme di protezione. Ma», interviene ancora il sindaco di Colle Santa Lucia, «dobbiamo pure vivere».

Come, dunque, superare questi vincoli? L'interrogativo se lo pongono, in termini problematici, i consiglieri regionali del Pd Jonatan Montanariello, Francesca Zottis e Andrea Zanoni che sull'argomento hanno chiesto, proprio ieri, chiarimenti alla Regione. «La Regione sarebbe in procinto di modificare il Piano neve decennale scaduto a fine anno con uno nuovo che renderebbe possibile la realizzazione dell'impianto a fune Civetta-Giau. Nel vecchio Piano ,infatti, l'infrastruttura era valutata come incompatibile e dagli effetti negativi a carico degli habitat costituenti la Rete Natura 2000».

«Vogliamo vederci chiaro e presenteremo un'interrogazione in merito a questa vicenda», hanno fatto sapere gli esponenti dem in Regione. «Se le valutazioni di allora indicavano il rischio di danno all'ambiente e alla fauna, non si capisce come a distanza di anni tutto questo possa essere capovolto, in barba a direttive di tutela inequivocabili».

Corriere del Veneto | 4 gennaio 2024

p. 3, edizione Treviso – Belluno

Impianto Civetta-Giau, la Regione tira dritto

S.Ma.

Venezia Il piano neve della Regione è scaduto con la fine del 2023 e quello nuovo prevede già nuove piste e, di conseguenza, nuovi impianti. Ma ce n’è uno in particolare che desta l’attenzione: in primo luogo, perché afferisce ai comprensori vicini a Cortina, e potrebbe essere pronto in tempo per le Olimpiadi invernali del 2026; in secondo luogo perché è stato finanziato, proprio con questo scopo, dal governo con 33,5 milioni di euro. È quello che collega il Civetta con il monte Giau. «Il piano neve va rifatto, andrà a regolarizzare alcune situazioni già in essere di impianti e piste, non verrà certo modificato per questo intervento – spiega l’assessore Federico Caner, che in Regione ha la delega al turismo e ai trasporti a fune - L’impianto in questione, come ogni altro, sarà sottoposto a vincoli e regole nella realizzazione. Il nostro obiettivo è la sostenibilità ambientale, anche sui passi dolomitici, e che gli impianti che possano essere utilizzati tutto l’anno, portando col tempo alla riduzione della quantità di auto che transitano in quelle zone. È anche così che tuteliamo la nostra montagna, con collegamenti alternativi alla gomma, meno inquinanti». Il progetto Civetta-Giau è in fase di studio di fattibilità ma è già finanziato e quindi si può procedere con gli step successivi: i 33,5 milioni sono destinati al collegamento della Ski Area del Civetta con la SkiArea Cinque Torri e alla realizzazione di bacini idrici per l’innevamento. In sostanza, come spiegava Caner, una «rete» sopraelevata per spostarsi fra le vette, arrivando anche alla Marmolada e in Trentino. Tutto bene quindi? No, perché l’allarme giunge dalle opposizioni: «La Regione vuole procedere sebbene interferisca con i siti protetti di Rete Natura 2000 – attaccano Jonatan Montanariello e Francesca Zottis, consiglieri del Pd - Vogliamo vederci chiaro, presenteremo un’interrogazione in merito». Anche perché, sottolineano, «nel vecchio piano l’infrastruttura era valutata come incompatibile, con effetti negativi a carico degli habitat, con rischio di danno all’ambiente e alla fauna. Ma a distanza di anni tutto viene capovolto». Caner avvisa che la situazione non ha profili di rischio e che non è questo il piano bocciato due anni fa: «Il progetto ritenuto non realizzabile, proprio per i molti vincoli ambientali, era una proposta che prevedeva il passaggio per Arabba e il monte Cherz. Quello è stato cancellato. Rispetto al progetto di Arabba, quello fra Civetta e Giau, sempre inserito nel parco delle Dolomiti, ha vincoli molto meno restrittivi». L’accusa mossa alla Regione e agli impiantisti è che, per sostenere il turismo e le aziende di settore, si penalizzi il territorio, inserendo impianti con potenzialità pericolose per l’ecosistema. «Dovremmo allora rinunciare ai collegamenti - chiede Caner - e favorire lo spopolamento della montagna? L’impianto da Selva al Giau, oltretutto, è di arroccamento, senza pista da sci: porta sulla cima e fa scendere. Sono impianti fra loro collegati e il cui impatto verrà attentamente valutato. Trovo queste polemiche inutili».

Gazzettino | 5 gennaio 2024

p. 34, edizione Belluno

Civetta-Giau: la Regione ci riprova

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SELVA DI CADORE

Collegamento sciistico tra comprensori Civetta e Cinque Torri: la Regione Veneto rilancia, le opposizioni in consiglio frenano. La giunta del governatore Luca Zaia ha già nel cassetto i 33,5 milioni di euro necessari per la realizzazione di una pista e due impianti di risalita le cui linee guida saranno definite nei prossimi mesi. Ma Partito Democratico e Sinistra Italiana non ci stanno: «Il vecchio Piano neve scaduto a fine 2023 valutava l'infrastruttura come incompatibile con i dettami di Rete Natura 2000». «Il progetto sarà rivisitato rispetto al precedente - ribatte la consigliera regionale ed ex sindaca di Selva di Cadore Silvia Cestaro - e non solo non toccherà alcun ambiente fragile, ma anzi, con la creazione di parcheggi a valle, prevede la riduzione dell'impatto del consistente traffico che ad ogni stagione turistica si riversa sul passo Giau».

LA TESI

L'idea di connettere la ski area Civetta con quella delle Cinque Torri, e quindi il comprensorio di Alleghe-Zoldo con quello di Cortina, è vecchia di parecchi anni. A più riprese l'ipotesi è stata proposta dagli operatori del settore per incrementare l'offerta di collegamenti agli appassionati di sci. Ma tra vari dubbi e difficoltà logistiche la pietra tombale sul progetto l'aveva posta l'ultimo Piano neve regionale non più in vigore dal primo gennaio. Il tecnico forestale incaricato a effettuare gli studi del caso, Graziano Martello, aveva sancito che "non è possibile realizzare gli interventi previsti dal Piano neve per il collegamento Civetta - Giau, in quanto le informazioni acquisite attestano che effetti negativi sono possibili a carico degli habitat costituenti la Rete Natura 2000 dei siti Pelmo - Mondeval - Formin, nonché a carico delle specie animali e vegetali". Da qui il carico da novanta delle opposizioni in consiglio regionale sentendo che il progetto è stato rispolverato. «Su questa vicenda - affermano i consiglieri del PD Jonatan Montanariello, Francesca Zottis e Andrea Zanoni - presenteremo un'interrogazione. Se le valutazioni di allora indicavano il rischio di danno all'ambiente e alla fauna, non si capisce come a distanza di anni tutto questo possa essere capovolto, in barba a direttive di tutela inequivocabili». Sulla stessa scia Sinistra Italiana che con il coordinatore Marco De Pasquale dice: «Quello che si profila è l'ennesimo sfregio che non tiene conto delle necessità e delle fragilità della montagna. Le Dolomiti stanno già subendo gli effetti del cambiamento climatico che questa destra, da Palazzo Chigi a Roma a Palazzo Balbi a Venezia, continua a ignorare in nome del primato, tanto vecchio quanto pericoloso, della massimizzazione dei profitti. Come se la montagna fosse sul mercato. In quest'ottica, l'intreccio che sembra ancora una volta prospettarsi tra appetiti privati e fondi pubblici appare quanto mai grave».

IL PROGETTO

«L'idea di collegamento sciistico tra Civetta e Cinque Torri - illustra Cestaro - prevede due tronconi. Il primo riguarda una pista che scende da Cima Fertazza e arriva in Val Fiorentina nel punto di incontro dei torrenti Fiorentina e Codalonga: esso è dotato di seggiovia. Il secondo, in partenza da qua, fa riferimento al solo mezzo di trasporto che sarà una ovovia-funivia elettrica che raggiungerà la località Fedare del passo Giau in cui parte una seggiovia, che a sua volta sarà ammodernata, che conduce all'Averau e quindi in Ampezzo. I territori coinvolti sono quelli dei comuni di Colle Santa Lucia, Selva di Cadore e Cortina. Proprio i rappresentanti di queste amministrazioni, assieme a quelli di Val di Zoldo e Alleghe, hanno partecipato qualche settimana fa a un incontro sul tema in Regione: il loro primo impatto è stato positivo». Certo il progetto non sarà calato dall'alto, ma concertato: «Sono in programma - spieganumerosi confronti con tecnici e progettisti, ma anche con operatori, Regole, popolazione. Di sicuro non sarà un progetto impattante, non si toccheranno ambiti fragili perché è stata stralciata la possibilità di proseguire il collegamento con Arabba. Oltre a portare giovamento al turismo invernale, questo progetto punta ad alleggerire il pesante impatto del traffico estivo al passo Giau dove spesso, con situazioni ingestibili per disordine e inquinamento, i mezzi sono parcheggiati ovunque a bordo strada, anche a chilometri dalla cima. In questo modo, invece, i turisti lascerebbero i loro mezzi nel parcheggi scambiatori a valle e potrebbero raggiungere il valico con un tour panoramico in ovovia tra Selva e Colle».

Raffaella Gabrieli

Corriere delle Alpi | 10 gennaio 2024

p. 28

Collegamento Giau-Fertazza Italia Nostra si schiera contro

Francesco Dal Mas

COLLE SANTA LUCIA

Ancora un no ambientalista al collegamento tra il passo Giau, Colle Santa Lucia ed il monte Fertazza in comune di Selva di Cadore. Arriva da Italia Nostra di Roma.

«Non c'è pace per le Dolomiti», protesta Antonella Caroli, presidente nazionale. «Adesso tocca al Passo Giau, investito da uno "tsunami" di progetti. Tra questi desta grande preoccupazione il progetto, finanziato dal Governo, di collegamento della ski area del Civetta con la ski area Cinque Torri che comporterà bacini idrici per l'innevamento e nuovi impianti a fune che consentono la connessione tra la Val Zoldana e Alleghe con Cortina, passando per Averau, Nuvolau, Passo Giau e Falzarego».

Caroli ricorda che da tempo se ne parlava come di un'ipotesi che ora trova concretezza nel nuovo Piano neve della Regione che, saldandosi con i trasporti e la viabilità, vuol far passare i collegamenti funiviari come un modello di mobilità sostenibile alternativa all'auto e più salutare perché inquinerebbe meno.

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«Così affermano gli impiantisti», sottolinea Caroli, «ma in pratica la sola costruzione di questi impianti implica una consistente emissione di CO2 e ha ripercussioni devastanti sul paesaggio perché le funivie portano con sé funi, piloni, gigantesche stazioni di arrivo e partenza, strade di servizio, sbancamenti e tagli boschivi.

«Tutto ciò a beneficio di un turismo consumatore», dice la presidente nazionale di Italia Nostra, «e dell'industria dello sci che cerca aree ad altitudini sempre più elevate, incontaminate e ricche di biodiversità, quasi tutte considerate di protezione speciale e per questo in teoria tutelate dalla direttiva europea Habitat».

Italia Nostra ricorda che il passo Giau è un'area ancora ben conservata e priva di manufatti di rilevante impatto, nella quale insiste il Sic (Sito di importanza comunitaria) Monte Pelmo, Mondeval, Formin, inserito nella Rete Natura 2000. E pertanto tutelata dalla normativa, che prevede la Valutazione di incidenza ambientale (Vinca) per opere come quella del collegamento funiviario che la Regione vuole realizzare.

«Passo Giau per la ricchezza di bellezze naturali e il suo inimitabile e scenografico paesaggio è indubitabilmente il più bel passo dolomitico, tanto che è luogo privilegiato di riprese cinematografiche che hanno come teatro le Dolomiti per spot pubblicitari e film visti in tutto il mondo», ricorda la presidente.

«Purtroppo la dichiarazione di notevole interesse pubblico emanata con decreto ministeriale del 3 febbraio 1977, priva di disciplinare d'uso con prescrizioni di tutela, risulta carente per salvaguardarlo dai rischi di devastanti trasformazioni che incombono su di esso, riconducibili al collegamento funiviario e alla connessa realizzazione di uno ski terminal che, inserito nel Piano di assetto territoriale Intercomunale dell'Alto Agordino, prevede funivie, parcheggi e volumi edilizi fino a 24.500 metri cubi in superficie».

«Se questi interventi venissero realizzati», sostiene Caroli, «sarebbe un disastro per il paesaggio e per l'inestimabile ricchezza di biodiversità del passo Giau».

Italia No stra ricorda di aver più volte segnalato agli enti preposti i pericoli di trasformazione del passo Giau e la necessità di tutelarlo più efficacemente. «In questo momento storico in cui l'attenzione al cambiamento climatico è sempre più forte, la salvaguardia della natura e del paesaggio montano è un obbligo e un dovere per tutti gli enti che amministrano la cosa pubblica a livello nazionale, regionale e locale», conclude Caroli.

Corriere del Veneto | 10 gennaio 2024

p. 10, edizione Treviso – Belluno

Carosello Civetta-Cinque Torri

Italia Nostra: «Rovinerà il Giau»

L’associazione ambientalista stronca il progetto di collegamento fra le due ski area

Il Comune di Colle Santa Lucia: «Sviluppo, non solo tutela». La Provincia: equilibrio

Dimitri Canello

BELLUNO

Il nuovo Piano neve della Regione Veneto scatena la polemica. Fari puntati, in particolare, sul progetto finanziato dal governo di collegamento della ski area del Civetta con quella del Cinque Torri, che comporterà la creazione di bacini idrici per rifornire l’innevamento artificiale e nuovi impianti di risalita a fune che consentono la connessione tra la Val di Zoldo e Alleghe con Cortina, passando per Averau, Nuvolau, Passo Giau e Falzarego.

Grande la preoccupazione di «Italia Nostra», che si è esposta con un durissimo comunicato in cui attacca senza mezzi termini il Piano e quello che ritiene uno futuro sfruttamento di un territorio incontaminato a fini turistici.

«Vuol far passare spiega in una nota la presidente nazionale dell’associazione ambientalista, Antonella Caroli i collegamenti funiviari come un modello di mobilità sostenibile alternativa all’auto e più salutare perché inquinerebbe meno. Così affermano gli impiantisti, ma in pratica la sola costruzione di questi impianti implica una consistente emissione di CO2 e ha ripercussioni devastanti sul paesaggio: le funivie portano con sé funi, piloni, gigantesche stazioni di arrivo e partenza, strade di servizio, sbancamenti e tagli boschivi».

Continua la leader ambientalista: «Tutto ciò a beneficio di un turismo consumatore e dell’industria dello sci che cerca aree ad altitudini sempre più elevate, incontaminate e ricche di biodiversità, quasi tutte considerate di protezione speciale».

Sul Giau, in particolare, «Italia Nostra» attacca. «Passo Giau, per la ricchezza di bellezze naturali e il suo inimitabile e scenografico paesaggio, è indubitabilmente il più bel Passo dolomitico si legge ancora tanto che è luogo privilegiato di riprese per spot pubblicitari e film visti in tutto il mondo. Il collegamento funiviario e la connessa realizzazione di uno ski terminal che prevede funivie, parcheggi e volumi edilizi fino a 24.500 metri cubi in superficie sarebbe un disastro per il paesaggio e per l’inestimabile ricchezza di biodiversità del Passo Giau».

Decisa la replica del Comune di Colle Santa Lucia, coinvolto nell’operazione (per competenza territoriale) con il confinante Selva di Cadore.

«Se l’area del Passo Giau può vantare di essere una delle più belle delle dolomiti spiega l’assessore comunale al Turismo, Maurizio Troi non è certo merito di Italia Nostra, ma di una amministrazione, quella di Colle Santa Lucia, che negli anni ha vigilato e mantenuto integra la zona con orgoglio. Non si tiene conto della nostra sopravvivenza in un territorio montano, marginale e privo di servizi, che visto da fuori assume spesso l’aspetto mitologico di un ambiente selvaggio, puro e incontaminato».

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Per poi concludere: «Qui la gente di montagna, da sempre ha trovato un dialogo con l’ambiente e la capacità di fare delle scelte senza che queste venissero imposte da chi la montagna la vive solo nel weekend».

Interviene anche Dario Scopel, consigliere della Provincia con delega agli Impianti a fune. «La montagna bellunese, tutta e non solo il Giau precisa così come la vediamo oggi è frutto di una coesistenza tra natura e attività antropiche, in cui diventa importante contemperare la tutela e uno sviluppo sostenibile e attento, in grado di dare servizi e reddito a chi vive le Terre Alte, tali da consentire loro di continuare a vivere in montagna. Voglio analizzare il progetto fino in fondo per poter esprimere un giudizio più completo e non dettato da ideologie di parte» .

PISTA DA BOB: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere delle Alpi | 4 gennaio 2024

p. 29

Zaia: «Varianti e pista da bob eredità che ci arrivano gratis»

Francesco Dal Mas / CORTINA

Pesantissima critica di Cgil, Cisl e Uil: «Con il bob si rischia l'ennesima opera faraonica da 81,6 milioni senza certezze di eredità, sviluppo e prospettive per il territorio. Ad oggi un vero capolavoro all'italiana sul quale auspichiamo di essere smentiti». Firmato Denise Casanova, Massimiliano Paglini e Sonia Bridda, segretari generali rispettivamente di Cgil Belluno, Cisl Belluno Treviso e Uil Veneto Belluno.

A stretto giro ha risposto Luca Zaia, presidente del Veneto, intervenendo ieri sera ad "Una montagna di libri". Davanti ai 400 ospiti dell'Alexander Girardi Hall, tra i quali l'assessore Stefano Ghezze ed il commissario Luigivalerio Sant'Andrea, Zaia ha detto che la pista da bob è stata una delle priorità postegli da Cortina, insieme al trampolino di Zuel, come icone olimpiche. E, quanto alle altre opere, ha chiesto ai presenti: «Adesso non ho ben capito se a voi interessa o no, la circonvallazione. A me risulta che qualcuno mi dicesse: "ma quando farete questa variante?". Bene, la facciamo pagare tutta da Roma, come la variante di Longarone, come altre opere e come il bob». Opere, si badi, per un miliardo di euro.

Mentre è in corso la nuova gara, che si concluderà il 18 gennaio, i sindacati risollevano il problema della legacy, il lascito dei Giochi, che tra l'altro tanto preoccupa il sindaco Gianluca Lorenzi. «Se non vi è nessuno ad oggi in grado di dare garanzie per la legacy del villaggio olimpico, poiché l'unica scelta che potrebbe dare garanzie in tal senso è il recupero del villaggio ex Eni di Borca di Cadore», riflettono i segretari di Cgil, Cisl e Uil, «ci domandiamo chi possa dare garanzie per la legacy riguardo alla pista da bob bis».

E sull'argomento è ritornato anche Zaia, dando per scontato che la gara avrà esito positivo. «Vi ricordo», ha detto sempre rivolto ai 400 dell'Alexander Girardi, «che il bob è una legacy nella legacy, cioè ci viene consegnato gratis perché sennò gli 81 milioni se li vanno a spendere da un'altra parte. Il 29 dicembre è stata bandita una nuova gara, se ci saranno offerenti il bob si fa a Cortina. Come verrà gestito dopo i Giochi? Intanto si faranno le gare, che saranno appunto una legacy. L'impianto sarà utilizzabile d'estate e d'inverno, non perché faremo il ghiaccio d'estate, ma perché comunque c'è una modalità per cui i cittadini possano provare l'ebbrezza della pista di bob con l'accompagnatore».

Zaia ha ricordato, a questo punto, che le università, Bocconi, Sapienza e Ca' Foscari hanno previsto che i Giochi porteranno un miliardo e mezzo di Pil. «Il bob costa 81 milioni di euro, quindi…».

Quindi? «A casa mia, se venissero con un miliardo e mezzo di euro e mi dicessero "dammi 81 milioni", farei subito l'operazione», è stata la conclusione del presidente.

E quella dei sindacati? «Ad oggi restano solo la certezza che per fare in fretta e contenere i costi della pista da bob bis si ripropone il criterio del massimo ribasso, che non dà alcuna garanzia di rispetto della sicurezza e della corretta applicazione dei contratti collettivi di riferimento e quindi della tutela e della sicurezza dei lavoratori che opereranno nei cantieri».

Gazzettino | 4 gennaio 2024

p. 35, edizione Belluno

Bob, Luca Zaia scommette su Ronco

CORTINA

L'occasione era ghiotta perchè Luca Zaia era salito a Cortina per presentare "Fa' presto, vai piano", libro in cui rievoca il viaggio di quando era 18enne. Ma sul palco della "Montagna di libri", la rassegna di incontri letterari curata da Francesco Chiamulera, fin dalle prime battute c'era una presenza incombente ma invisibile, il convitato di pietra svelato a fine incontro: il bob olimpico. A precisa

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domanda Zaia non si è negato: «Le Olimpiadi qui? Le ho inventate io, me ne assumo le responsabilità perchè davanti alle lamentele di una montagna che non ha i riflettori, che non ha più l'appeal del passato, ho pensato che era l'unico sistema, e ne sono ancora convinto, di portare qui i riflettori sulle Olimpiadi che tre miliardi e mezzo di cittadini nel mondo vedranno. Se qualcuno ha metodi migliori per far vedere le Dolomiti me lo dica», e l'applauso della sala gremita in ogni posto disponibile ha confermato.

IL PROGETTO

Ma il bob? «Quando ho chiesto quale era la più grande magagna di Cortina tutti mi rispondevano: trampolino e bob. Ecco il dossier sul bob e la sua storia, la pista di Cortina è iconica, tutti gli atleti al mondo sperano di farci almeno una discesa». E ricorda i primissimi passaggi della candidatura e precisa: «La pista di bob è una legacy nella legacy (eredità) e se lo fanno a Cesana non è che non spendano soldi». La prima gara per l'assegnazione dei lavori va deserta e le cifre esplodono, «il governo dice "no", giustamenteassicura Zaia- perchè costa troppo, il Cio propone di spostare il bob all'estero, ma il governo non ci sta e torna in pista Cortina dopo la bocciatura di Cesana, il 29 dicembre è stata bandita la gara per un progetto da 81 milioni di euro e se ci saranno offerenti il bob si farà a Cortina». Quanto al futuro dell'impianto, Zaia è ottimista, la pista si potrà usare in tutte le stagioni per la gioia degli appassionati, ma anche dei turisti che vogliano provare il brivido della velocità. E poi: «Secondo le università Bocconi, Ca Foscari e Sapienza le olimpiadi portano un miliardo e mezzo di Pil, il bob costa 81 milioni, se venissero a casa mia con un miliardo e mezzo e mi chiedessero 81 milioni io farei subito l'operazione».

LA SCELTA

Comunque sia, la questione è in capo al governo che ha preso la decisione di restare in Italia con le gare di bob, «stiamo a vedere perchè l'opera non la realizza nè la paga la Regione. Quanto al villaggio olimpico le decisioni sono di Luigi Valerio Sant'Andrea», che è il commissario dei lavori di Milano Cortina 2026.

QUI SANITÀ

Intervistato da Giovanni Viafora e Francesco Chiamulera, Zaia ha spaziato anche in altri campi a cominciare dalla sanità con 3500 medici che mancano in Veneto per la scellerata scelta fatta con i numeri chiusi all'università, ci aspettano tempi difficili perchè «i medici non saranno più quelli di una volta, ma anche i pazienti sono cambiati, tutti laureati sui social e con un continuo aumento di richieste di prestazioni, il 16% in più nell'ultimo anno, abbiamo erogato 80milioni di prestazioni, oggi una tac non si nega a nessuno», anche perchè i medici sono sempre più ostaggi di denunce, «meglio un'impegnativa in più che una causa». Di positivo ci sono le moderne tecnologie, come la telemedicina e la robotica, ma anche l'intelligenza artificiale sarà utile. Quanto alle fughe dei giovani non è tutto bello nemmeno all'estero e sul tavolo di Zaia ci sono tante richieste di poter tornare in Italia, fra queste anche numerosi medici che vorrebbero tornare a casa. Cosa farà finito il mandato, visto che non si potrà ricandidare? «Andrò in Spagna a comprarmi un cavallo, quello che avevo è morto nel novembre 2019 a 32 anni, era uno di famiglia».

Giuditta

Corriere della Sera | 4 gennaio 2024

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Pista di bob, ultima volata di Cortina

di Marco Bonarrigo

U no sprint di due settimane per trovare un’impresa costruttrice che risponda al bando del ministero delle Infrastrutture, una volata di 685 giorni per costruire e consegnare l’impianto chiavi in mano: la sfida per ospitare nel sito originale di Cortina, in Italia, le gare di bob, slittino e skeleton dei Giochi invernali 2026 parte dalla gara d’appalto per il rifacimento del vecchio Eugenio Monti appena pubblicata dalla Società Infrastrutture Milano-Cortina con conclusione dei lavori (se tutto fila liscissimo) prevista per il 3 dicembre 2025, appena due mesi prima della cerimonia di apertura.

Un percorso pieno di ostacoli (per il quale il ministero ha concesso la procedura accelerata urgente prevista dal decreto legge 36/2023) che potrebbe però concludersi presto, già alle 12 del prossimo 18 gennaio se, come accaduto lo scorso luglio, il bando dovesse andare deserto. Qualora invece si trovasse un costruttore interessato, entro il 31 gennaio bisognerà poi convincere il Cio (che ha potere di vita e di morte sugli impianti olimpici) a rimangiarsi il diktat ribadito più volte di svolgere le gare in un circuito «già esistente e funzionante e fuori dall’Italia».

Fortemente voluto da Matteo Salvini e dal governatore del Veneto Luca Zaia, il capitolato di «Cortina 2 Light» (che il Corriere ha consultato integralmente), oltre ad eliminare le strutture commerciali e museali si propone «di ridurre il costo delle opere individuando nuove soluzioni progettuali che garantiscano un risparmio dell’investimento complessivo» (da 140 a 81 milioni, la cifra stanziata in origine dal governo) semplificando il layout funzionale dell’intero impianto, rivedendo tutti i rivestimenti, tagliando la zona conferenze, lasciando al grezzo le strade di accesso, installando parapetti provvisori, eliminando alcuni parcheggi, risparmiando 5 mila metri quadrati di bosco (ma sacrificandone 20 mila) e «non realizzando né le tribune né i volumi accessori previsti nel piazzale dell’edificio: servizi per gli spettatori, infermeria e cabine giudici».

Precisando che per alcune opere (il cronometraggio, ad esempio) non ci sono ancora indicazioni precise da parte del Cio e che i tempi brevissimi restano comunque un problema, i progettisti spiegano che collaudi e «test event» del budello olimpico dovranno essere effettuati (tra aprile e luglio 2025) a lavori non ancora completati e non un anno prima, durante la stagione agonistica, come da prassi.

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Se Cortina lancia la rincorsa, Cesana Torinese non si arrende e continua ad avere il supporto di Forza Italia e di parte del governo. Il rifacimento della pista dei Giochi 2006 richiederebbe soltanto 365 giorni e appena 33 milioni di euro per un intervento che rinvierebbe a dopo i Giochi la riconversione ecologica dell’impianto di raffreddamento ad acqua glicolata e l’alimentazione a pannelli solari. Decisione del Cio a parte, la sfida tra le due sedi italiane è squisitamente politica: il Veneto sarebbe anche disposto obtorto collo a cedere le gare all’estero (presumibilmente a Saint Moritz, in Svizzera) in cambio di una compensazione con spazi tv o con lo spostamento dello sci alpinismo nel Bellunese ma faticherebbe a digerire una sede piemontese, avvantaggiata dai costi ridotti, non prevista dai piani della Fondazione Milano-Cortina. Comunque vada, sulla storia infinita e tormentata dello «sliding center» olimpico tra un mese ci sarà finalmente la svolta definitiva.

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Corriere delle Alpi | 8 gennaio 2024

p. 8

Italia Nostra: «Pista del bob no al progetto light a Cortina» belluno

Duro attacco di Italia Nostra al ritorno in auge della pista del bob per Cortina. "La decisione di mettere a bando di appalto il progetto light, il 29 dicembre scorso, cioè prima della pronuncia del Cio sulla scelta della sede dove effettivamente far disputare le competizioni olimpiche di scivolamento - scrive il consiglio regionale del Veneto di Italia Nostra -, si configura come un atto di forza e di prepotenza da parte della Società Infrastrutture Milano Cortina (Simico)".

«È indubbio - prosegue la nota - che tale decisione è motivata dalla volontà espressa dal presidente del Veneto Luca Zaia di costruire la pista a tutti i costi, per salvare la faccia e soprattutto non perdere i finanziamenti per il villaggio olimpico e le altre opere di contesto alle Olimpiadi (strade, parcheggi, collegamenti funiviari ecc.)".

"Per lo stesso motivo Simico spera che questo terzo bando non vada deserto e che ci sia un'impresa disponibile a costruire la nuova pista "Eugenio Monti". In questo caso, si dovranno fare i conti con il Cio che anche recentemente ha confermato la volontà di far disputare le gare di scivolamento in un impianto esistente e già funzionante anche a causa dei tempi stretti che ci separano dai Giochi Olimpici Invernali 2026".

"Inoltre ci sono regole e principi della Carta Olimpica e del Dossier di candidatura a cui il Cio non può derogare e che riguardano la sicurezza e la sostenibilità ambientale degli impianti sportivi per nulla garantiti dal progetto light della nuova pista Eugenio Monti. Questa, infatti, risulta mancante di ogni valutazione ambientale, elimina un bosco di larici centenari, devasta irrimediabilmente un sito di grande bellezza paesaggistica e ricca biodiversità. Per quanto riguarda la sicurezza di atleti e spettatori, il cronoprogramma non rispetta le tempistiche fissate dal Dossier Olimpico per l'omologazione posticipando di molti mesi, al novembre 2025, gli eventi di collaudo che il Dossier ha invece fissato per dicembre 2024 e gennaio e marzo 2025".

Gazzettino | 8 gennaio 2024

p. 8

Corriere delle Alpi | 9 gennaio 2024

p. 11

Bob a Cortina, Malagò ci crede ma il governo deve andare dal Cio

la trattativa

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«La pista di bob? Non penso di essere matto, ma sono molto sereno». Così Giovanni Malagò. Ma per farla passare al Cio – insiste il presidente del Coni e della Fondazione Milano Cortina – è necessario presentare un business plan che rassicuri il Comitato olimpico internazionale. «La sua definizione è il nostro impegno di questi giorni», garantisce il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi, al lavoro per trovare chi darà copertura a costi di gestione intorno al milione e 200 mila euro l'anno.

Il 18 gennaio si conoscerà la sorte del bob, skeleton e slittino a Cortina; si saprà, cioè, se almeno un'azienda avrà partecipato al bando. Da quanto lasciano trapelare le indiscrezioni, ci sono imprese che si sono fatte avanti. Per 81,6 milioni di lavori, ma con 685 giorni lavorativi, di cui 625 prima dei Giochi, anziché 807, quindi con un risparmio di circa 20 milioni di costi.

«Per il Cio l'argomento è chiuso», ha detto ieri Malagò. «Ammesso che ci sia l'azienda e la Fondazione approvi, io sono pronto ad accompagnare più rappresentanti del governo a Losanna per dire che l'Italia ha avuto questa nuova possibilità. Quello che preme ricordare, è che oggi il mondo va in questa direzione. Saremo l'ultimo degli avamposti che, in termini di cronaca del masterplan delle Olimpiadi, hanno cercato di realizzare un qualcosa tutto in house». Il presidente del Coni ha anche risposto, indirettamente, a chi gli obiettava di rincorrere il Cio per soluzioni all'estero, cominciando da St. Moritz. «La politica italiana ha avuto un sussulto di orgoglio e nazionalismo. Io non ho boicottato, ho preso atto della ferma volontà della politica e adesso tra una decina di giorni si scoprirà se ci saranno una o più aziende che risponderanno presente al nuovo bando di gara, con le garanzie necessarie. Finora non si era trovata». Ma ancora ieri il consigliere regionale Arturo Lorenzoni, portavoce dell'opposizione in consiglio regionale, ha obiettato che: «La nuova pista da bob di Cortina in versione light promossa dal ministro Salvini e dal presidente della Regione Zaia, rappresenta un pericoloso fumo negli occhi». Ed ha aggiunto: «Forse il ministro lo intende come un modo per convincere il presidente Zaia a candidarsi alle Europee?». Dopo aver ricordato che mancano dieci giorni alla scadenza del bando predisposto da Simico, Lorenzi rileva che i tempi sono strettissimi, «tuttavia, si può ancora tornare su soluzioni più ragionevoli». Quindi? «Si proceda invece con gli impianti esistenti, anche all'estero», propone Lorenzoni, «e si diano risposte vere ai tanti bisogni della montagna bellunese, non a quelli del proprio ego». Ritorna sull'argomento anche la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella. «Prendiamo atto che il presidente Malagò è sereno riguardo alla assurda questione delle gare di bob per i giochi olimpici. Noi lo siamo meno».

Fdm

Corriere delle Alpi | 19 gennaio 2024

p. 13

Pista da bob, c'è l'offerta di Pizzarotti Corsa contro il tempo e l'ostacolo Cio

Francesco Dal Mas /Cortina

La gara per trovare l'impresa che realizzi la nuova pista Monti ha raccolto un partecipante: la possibilità che Cortina tenga le dodici gare olimpiche di bob, skeleton e slittino è affidata all'offerta della Pizzarotti di Parma, il secondo Gruppo italiano delle costruzioni. E alla spada di Damocle del Cio che anche ieri non ha nascosto le sue riserve, anche se sembra difficile possa mettersi contro il governo del Paese che organizzerà i prossimi Giochi invernali. Questo almeno sperano a Cortina e a Venezia.

Lunedì ci sarà una prima seduta (esplorativa) della Fondazione Milano Cortina, con Simico, che ha organizzato la gara, e tutti i soggetti coinvolti. In settimana la Commissione aggiudicatrice dovrà vagliare adesso che l'offerta rispetti i requisiti economici e tecnici del bando. E il commissario Sant'Andrea assegnerà formalmente l'appalto. Il 30 gennaio si riunirà formalmente il cda della stessa Fondazione. Quindi l'ultima parola del Cio. E poi, a metà febbraio, il possibile via ai lavori.

L'impresa Grigolin, con cantiere a Vodo, sta già scaldando i motori di ruspe e betoniere.

Il Comitato olimpico internazionale chiede tutta una serie di garanzie sia sul rispetto dei tempi che sulla gestione. Pizzarotti ha assicurato che ce la farà a consegnare la pista vera e propria per marzo 2025, quando ci saranno la pre-omologazione e i test di gara. Quando, cioè, si verificherà da parte delle federazioni internazionali e del Cio se la struttura sarà davvero a regola d'arte. In particolare per quanto riguarda la refrigerazione. Il Comitato pretende anche delle garanzie sulla legacy, sulla gestione, perché sia sostenibile. Non vuole cattedrali ne deserto destinate all'abbandono.

Il sindaco Gianluca Lorenzi, che riceverà in carico la pista dopo le Olimpiadi – come Comune, s'intende –, ha perfezionato con il commissario sant'Andrea il dossier da presentare alla Fondazione Milano Cortina, con una serie di assicurazioni finanziarie che verranno formalizzate nei prossimi giorni. E qui scatta il giallo, o mezzo giallo. Trattandosi di un appalto per un'opera pubblica coperto da fondi statali, la pista dovrebbe essere costruita in ogni caso, anche se il Cio non dovesse dare parere favorevole. Ieri, invece, il presidente Luca Zaia, ha precisato: «Va realizzato solo nella condizione in cui sarà ad ospitare le Olimpiadi».

La scommessa del tempo è quella che fa più paura. «Lavorerò per tenere aperti i cantieri h 24» ha assicura il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. «Tenere i cantieri aperti anche di notte – ha aggiunto il vice premier, parlando a Benevento – non è un problema solo al Sud, è di tutto il Paese. Pensiamo, ad esempio, alle Olimpiadi invernali che saranno fra Lombardia e Veneto. Anche lì ci sarà bisogno di lavorare su tre turni altrimenti i cantieri non vanno avanti. Occorre un confronto con le aziende e coi sindacati, e non sempre è facile. Ma io conto di risolverlo». Si vedrà.

Parte del cantiere sarà al coperto, il che permetterà di affrontare i rigori invernali. Finora il Comitato olimpico internazionale è rimasto fermo nell'idea di ricorrere a impianti esistenti – che in Italia non ci sono – e di evitare di lasciare cattedrali nel deserto, com'è stato per Cesana dopo i Giochi di Torino.

«La nostra posizione è inequivocabile», ha ripetuto, ancora ieri il direttore del settore Olimpiadi del Cio, Christophe Dubi, in Corea del Sud per l'avvio dei Giochi giovanili, fissando l'obiettivo del 31 gennaio per una decisione. «Fin dall'inizio abbiamo ritenuto che questa

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sede fosse estremamente complessa in termini di costi, in termini di eredità, in termini di tempistiche», ha detto Dubi sulle opzioni in Italia. «Abbiamo promosso l'utilizzo di una pista già esistente».

Gazzettino | 9 gennaio 2024

p. 2, edizione Belluno

Corriere delle Alpi | 23 gennaio 2024

p. 27

Tempi stretti per il bob, Milano non si fida Opzione Cortina con il piano B svizzero

Francesco Dal Mas / CORTINA

Non c'è solo un Piano A per la pista di bob pure skeleton e slittino. Ma anche un Piano B e persino un Piano C. Nell'ordine: Cortina, St. Moritz e ancora Cesana. Situazione ad oggi, ben s'intende, perché il 30 gennaio, quando si riunirà il cda della Fondazione Milano Cortina, sul tavolo ci saranno due abbinate tra cui scegliere: Cortina o Cesana, con la Svizzera opzione di riserva per entrambe le località. Il pacchetto su cui si poggerà il maggior numero di fiches sarà inoltrato al Cio.

IL BANDO

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Ci si chiederà: ma il bando di Simico e l'unica offerta dell'impresa Pizzarotti non ipotecano la "regina delle Dolomiti"? Ovviamente sì, il percorso è tracciato. Tanto che la Commissione incaricata da Simico nei prossimi giorni approfondirà le scadenze e le garanzie messe in campo da quella che è la seconda ditta di costruzioni più importante d'Italia. Ma ieri, in sede di Fondazione olimpica, con tutti i soggetti coinvolti, tranne Simico, in molti – compresi i veneti Luca Zaia, presidente della Regione, e il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi – hanno acceso più di qualche punto interrogativo sulla ristrettezza dei tempi e sul possibile rispetto degli stessi da parte di Pizzarotti.

I dubbi di Beppe Sala

Beppe Sala, sindaco di Milano, li ha così crudamente esplicitati quei dubbi che sono condivisi da più d'uno tra i partner olimpici: «Sono state presentate le due soluzioni rimaste – ha detto - : Cortina, ma con rischi di tempi e quindi la necessità di un backup e probabilmente si pensa a St. Moritz, oppure Cesana». E ha aggiunto: «Finalmente sembra che nel prossimo Cda una decisione venga presa e sarebbe anche ora».

REAZIONI AMPEZZANE

La prima reazione colta da alcuni operatori sportivi e turistici, a Cortina, è stata: ma perché il sindaco di Milano non si fa i fatti suoi, contando i ritardi olimpici accumulati in questi mesi? Raggiunto a Cortina, il sindaco Lorenzi non si lascia catturare dalla polemica, ma conferma: «La pista noi la vogliamo, ovviamente in tempo per le gare olimpiche, come ha esplicitato anche il presidente Zaia. Siamo dunque ben rassicurati che un'impresa accreditata come la Pizzarotti abbia aderito al bando di gara. E se lo ha fatto, riteniamo che possa puntualmente garantire il rispetto dei tempi, con tutto quel che ne consegue». Come dire, in altre parole: immaginarsi se la Pizzarotti possa permettersi una figuraccia olimpica.

Lorenzi, tempi stretti

«Ma bisogna ammettere che oggettivamente i tempi disponibili sono molto stretti. Per cui abbiamo chiesto che alla riunione del 30 gennaio Simico arrivi con la certezza che il cronoprogramma possa essere rispettati», aggiunge il sindaco. Ma come si può ottenere questa certezza? «Quanto meno prevedendo grosse penali», risponde Lorenzi, «oltre che programmando verifiche cadenzate del rispetto del programma».

Il tutto messo nero su bianco, evidentemente nel contratto che, una volta conclusa la verifica, verrà sottoscritto da Simico e Pizzarotti. Le scadenze istituzionali da rispettare sono quelle di marzo 2025, quando la pista dev'essere pronta per la pre-omologazione, e del mese di novembre, sempre del prossimo anno, per i test definitivi. Ma, da quanto riferisce Lorenzi, alla riunione di ieri si sarebbe ipotizzata una prima ricognizione per l'inizio dell'estate, a quattro mesi, dunque, dal possibile avvio del cantiere.

Prima verifica

Se in questa prima verifica dovessero risultare dei problemi di ritardo – fa capire il sindaco – potrebbe maturare già l'orientamento verso il Piano B, cioè St. Moritz. Usiamo il condizionale, perché l'ipotesi è stata solo abbozzata, ma quel che è certo la Fondazione Milano Cortina non attenderebbe le pre omologazioni del marzo 2025 per constare l'eventuale flop di Cortina e la necessità di finire all'estero.

Attenzione, però: se nei prossimi dieci giorni Simico dovesse intercettare elementi di fragilità nell'offerta di Pizzarotti, il 30 gennaio potrebbe ritornare in campo Cesana che in 5-6 mesi di lavoro sarebbe nelle condizioni di riaccendere l'impianto del 2006, con un investimento di "soli" tredici milioni e un impegno della Regione Piemonte di 700 mila euro per la gestione futura (una volta, però, rigenerata completamente la struttura, con costi di altre decine di milioni).

Dopo la scelta definitiva da parte della Fondazione Milano Cortina, sarà il Cio a dire la sua.

Corriere del Veneto | 23 gennaio 2024

p. 10, edizione Treviso-Belluno

Bob, il sindaco di Milano: «Poco tempo, serve alternativa»

Olimpiadi: dubbi di Sala sulla pista a Cortina, il «piano B» St. Moritz. Il collega ampezzano Lorenzi: si deve correre

Ugo Cennamo

cortina d’ampezzo

«Due le soluzioni: Cortina, ma con il rischio di non farcela a causa del poco tempo rimasto o un “backup”, valutando le alternative, St. Moritz e Cesana in Piemonte». Sono le uniche parole pronunciate dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala, in riferimento alla videoconferenza tra i soci fondatori della Fondazione Milano-Cortina, ieri mattina, in vista della scelta finale del luogo dove si svolgeranno le gare olimpiche di bob, skeleton e slittino.

All’incontro hanno partecipato i rappresentanti delle istituzioni Luca Zaia, Attilio Fontana e Maurizio Fugatti, rispettivamente presidenti delle Regioni Veneto, Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, i sindaci di Cortina e di Milano, Gianluca Lorenzi e Giuseppe Sala, l’amministratore delegato Andrea Varnier e il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Sostanzialmente si è preso atto che «Simico» (Società Infrastrutture Milano Cortina) ha ufficializzato l’offerta dell’impresa Pizzarotti per la realizzazione della pista da bob. Una riunione interlocutoria, in attesa che Simico entro domenica comunichi la decisione della Commissione aggiudicatrice che vaglierà la proposta sulla base dei requisiti tecnico-economici del bando. Un passaggio formale: la proposta di «Pizzarotti» è stata modulata per rispondere alle esigenze resesi necessarie dopo due bandi deserti. Quindi, se Simico comunicherà entro il 28 la propria scelta, martedì 30 si riunirà il Cda (consiglio di amministrazione) della Fondazione che prenderà atto della decisione di Simico, partecipata dai ministeri delle Infrastrutture e dell’Economia. Ed è probabile che arrivi l’ok alla realizzazione della pista a Cortina. Dopo

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questo passaggio, dovrebbe seguire l’ultima parola del Cio (Comitato olimpico internazionale) che, stando alle prese di posizione degli ultimi mesi, potrebbe ribadire la propria contrarietà al progetto. E potrebbero avere un peso determinante le perplessità ricordate ieri da Giuseppe Sala rispetto alla tempistica e l’invocata necessità di un «back up», un «piano B», in definitiva optare su St. Moritz, soluzione gradita a Milano anche per ragioni geografiche: la località svizzera si trova a 80 chilometri da Sondrio, un’ora e mezza di auto. In ogni caso, quel che sembra certo, è che il cda del 30 gennaio porti a una scelta e, ha sottolineato il sindaco Sala, «sarebbe anche ora».

Ha parlato a «24 Mattino» su Radio 24 anche il sindaco di Cortina, Gianluca Lorenzi: «Sono fiducioso, Pizzarotti sappiamo quale impresa è ma devono correre, i tempi sono strettissimi la pista dev’essere pronta per le omologazioni entro febbraio 2025».

Corriere delle Alpi | 24 gennaio 2024

p. 27

Pista da bob, da Simico l'ok alla Pizzarotti E Zaia prenota le Olimpiadi giovanili 2028

Francesco Dal Mas / CORTINA

Sulla pista da bob, skeleton e slittino Simico accelera, per blindare l'esito della gara vinta dall'impresa Pizzarotti, mentre il presidente della Regione, Luca Zaia, sembra voler prenotare i Giochi giovanili olimpici 2028 per quanto riguarda le specifiche discipline. Anzi, non solo, anche i campionati mondiali.

La Commissione dà il via libera

La commissione aggiudicatrice della Società infrastrutture Milano Cortina 2026 (Simico) per la realizzazione dell'impianto di Cortina destinato a ospitare le gare di bob, slittino e skeleton dei Giochi olimpici invernali del 2026 ha concluso i propri lavori con l'individuazione dell'operatore economico. Non fa il nome, nella comunicazione, ma si sa ormai per certo che è l'impresa Pizzarotti. Simico conferma che il bando si è chiuso giovedì 18 gennaio e il commissario di governo, Luigi Valerio Sant'Andrea, ha formalmente informato le amministrazioni e gli enti di competenza che si sono conclusi i lavori della commissione aggiudicatrice. L'operatore economico individuato, si legge nella nota, «ritiene l'opera fattibile nei modi e nei tempi previsti nello stesso bando, come indicati dalle Federazioni internazionali».

I tempi

Quali sono allora le date richieste e sulle quali s'impegna la Pizzarotti? Il mese di marzo 2025 per la consegna della pista, nella sua componente essenziale, per le pre-omologazioni, e il mese di novembre 2025 per i test pre olimpici. Questo sta scritto nel capitolato che Simico e Pizzarotti andranno a sottoscrivere probabilmente già entro il 30 gennaio, data di convocazione del cda della Fondazione Milano Cortina, che sarà chiamato a dire la penultima parola su Cortina e Cesana (restano, infatti, gli interrogativi sul rispetto dei tempi); mentre l'ultima spetterà, subito dopo, al Cio. Ma, si fa sapere da Cortina, la pista è un appalto pubblico, previsto dal Governo con tanto di Dpcm, quindi di gestione autonoma anche se inserito nelle opere "indifferibili" dei Giochi. Quindi, al limite, solo Palazzo Chigi lo potrà stoppare. Non solo, sarebbe immodificabile anche il capitolato dell'appalto rispetto a quanto ha certificato la commissione tecnica di Simico. Si diceva di ulteriori momenti di verifica del rispetto dei tempi del cronoprogramma; questi, se decisi il 30 dal cda della Fondazione, faranno parte di impegni assunti a parte dai soggetti interessati.

Le condizioni di Zaia

Ancora ieri mattina il presidente della Regione, Luca Zaia, asseriva che l'ultimazione della pista nei tempi prestabiliti, quindi per le Olimpiadi, era la "conditio sine qua non" per la sua realizzazione; «altrimenti non avrebbe senso». Poi ha aperto una breccia. «È vero che nel 2028 probabilmente potremo avere le Olimpiadi giovanili invernali, è altrettanto vero che ci sono i campionati del mondo di bob, di skeleton, di slittino. Ricordo che sono tre discipline…». Sorpresa, dunque. Nell'ottobre scorso, in sede di Fondazione Mico, il presidente del Coni Giovanni Malagò aveva annunciato una sorpresa, un "coniglio dal cilindro" per cercare di prevenire l'ira del Veneto se avesse perso la pista. L'offerta, cioè, delle gare delle Olimpiadi giovanili del 2028, anziché, come chiedeva Zaia, la compensazione nel 2026 con altre discipline, per esempio lo sci alpino maschile. Quando Malagò aveva spiegato la sua proposta, la faccia di Zaia era diventata di pietra: «Più che un coniglio, a me pare un criceto», aveva irriso il presidente del Veneto. Considerato che la nuova Eugenio Monti potrebbe davvero materializzarsi, ieri Zaia è ritornato sull'idea di Malagò. Il Veneto è pronto a fare un passo avanti, riferiscono fonti di Palazzo Balbi, sempreché, però, la pista si faccia per le Olimpiadi. Fino ad oggi, Cortina non è nel giro-2028. «E sinceramente», ammette il sindaco Gianluca Lorenzi, «al momento abbiamo altre preoccupazioni a cui attendere».

In attesa del 30

Dopo l'annuncio ieri di Simico relativamente alla conclusione della gara, tutti restano in attesa del 30 gennaio. «Ho chiesto ufficialmente che ci sia l'audizione di Sinico, quindi di chi realizza il bob, perché il bob non lo realizza la Regione e non lo paga la Regione, in modo tale che ci siano dati tempi certi di tutta l'operazione. Sembra, da quello che è dato sapere, che ci sia una scaletta di interventi e di lavori molto serrata e del resto l'azienda che ha vinto, Pizzarotti, è un'azienda di chiara fama internazionale e che è in grado di gestire velocemente un cantiere come questo. Riusciremo a farcela? I tecnici dicono di sì. Vista la credibilità dei tecnici e dell'azienda, immagino proprio di sì, salvo cause di forza maggiore».

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Corriere del Veneto | 25 gennaio 2024

p. 10, edizione Treviso-Belluno

«Tempo scaduto, la pista sarà pericolosa» Il Cai e gli ambientalisti scrivono al Cio Bob, appello al Comitato olimpico internazionale dopo l’aggiudicazione alla «Pizzarotti» dei cantieri Fiducia e sostegno all’azienda costruttrice da Confindustria provinciale e regionale. «È una garanzia»

Dimitri Canello

cortina d’ampezzo

L’aggiudicazione da parte di «Simico» (Società infrastrutture per l’Olimpiade invernale del 2026 Milano Cortina) dei lavori per la pista da bob a Cortina, con l’individuazione della società «Pizzarotti» in qualità di ditta che eseguirà materialmente i lavori, ha scatenato una ridda di reazioni, di segno opposto fra loro.

Plaudono gli Industriali capitanati dalla presidente provinciale Lorraine Berton e dal suo collega regionale, Enrico Carraro. Durissime le reazioni delle associazioni ambientaliste, fra cui il Cai (Club alpino italiano).

I presidenti nazionali delle Associazioni di protezione ambientale di Cai, Federazione Pro Natura, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Touring Club Italiano e Wwf Italia, hanno così inviato, nei giorni scorsi, una lettera al presidente del Cio (Comitato olimpico internazionale), Thomas Bach, in cui ribadiscono i motivi della propria opposizione al progetto, mettendo in evidenza come sia «privo di ogni valutazione ambientale pur riguardando una delle più delicate valli alpine, di grande bellezza naturale e ricca biodiversità, nota in tutto il mondo per il suo straordinario paesaggio e pertanto viola la normativa dell’Unione Europea oltre a uno dei principi fondamentali della Carta Olimpica che riguarda il rispetto dell’ambiente».

Lo stesso progetto, scrivono sempre gli ambientalisti, «mette a forte rischio la sicurezza degli atleti e del pubblico perché posticipa la scadenza per la consegna dei lavori e la pre-omologazione della pista dal 15 novembre 2024, data stabilita nel Dossier olimpico per la candidatura , ad aprile 2025 (tra soli 15 mesi) e perché fissa nell’autunno successivo l’omologazione e i “test event” necessari per valutare la sicurezza della pista e apportarvi gli eventuali necessari correttivi, a ridosso dell’inizio dei Giochi con tempi, quindi, quasi dimezzati rispetto a quelli fissati nel Dossier di candidatura (da 40 mesi a 21) – tali da rendere oggettivamente impossibile ottenere un’effettiva sicurezza».

Di tutt’altro avviso Confidustria bellunese. «Pizzarotti si spiega in una nota della presidente Berton è un gruppo italiano solido e rinomato a livello internazionale col quale mi congratulo: ci sono tutte le garanzie e la sicurezza per lavori fatti bene e nei tempi dovuti. All’impresa Pizzarotti va fin da ora tutto il supporto della nostra associazione: siamo pronti a giocare la stessa partita. Ora non ci sono più scuse né alibi: dobbiamo accelerare su tutti i fronti e dimostrare la crucialità dell’opera per la piena riuscita dell’evento olimpico previsto nel 2026».

Interviene sulla questione anche il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro. «Il tempo dell’attesa e dell’incertezza è finito si legge in un comunicato Ora serve che politica e istituzioni coinvolte facciano la propria parte. Per la soluzione di questa annosa, e per certi versi surreale, vicenda fondamentali le voci della società civile, tra cui quella di Confindustria».

Durissima, invece, la reazione di Luana Zanella, deputata e capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra. «Volere a tutti i costi una pista da bob è irresponsabile da parte del ministro dei Trasporti Salvini, del presidente Zaia, degli Industriali tuona Ci auguriamo che il Comitato olimpico internazionale dia ascolto e seguito all’appello del Cai e non solo».

Sdegnata anche la reazione del consigliere regionale d’opposizione Arturo Lorenzoni: «Quali ragioni hanno portato a tale decisione, se non lo sconfinato orgoglio offeso del presidente Zaia, blandito dal ministro del suo stesso partito che è pronto a sacrificare la conca ampezzana? Una pagina di pessima politica».

Corriere delle Alpi | 28 gennaio 2024

p. 33

Progetto bob in mano a Titton «Lavori su due turni al giorno»

l'analisi

Francesco Dal Mas / Cortina

La pista di bob, skeleton e slittino? «Sarà pronta un mese prima dei test, quindi già nel febbraio 2025». Parola di Michele Titton. Ingegnere, ceo di Its Engineering Company, oltre che guida alpina a Cortina, sarà lui il direttore dei lavori, su incarico di Simico, la società committente; l'impresa costruttrice è la Pizzarotti di Parma.

«Non voglio entrare nel merito delle polemiche sul rispetto dei tempi. Dico, però, che il nostro programma è perfettamente in linea con i tempi della realizzazione delle nuove piste costruite recentemente. Il punto critico, si sa, è quello della costruzione della pista, ghiacciarla e provarla nel marzo 2025. Bene, assicuro che riusciremo a realizzare l'impianto di raffreddamento e l'intero involucro. Anche con margine. L'impresa ci ha dato delle precise garanzie».

Pizzarotti, tra l'altro, ha considerato di non lavorare il sabato e la domenica, ma di limitarsi a fare due turni al giorno, anziché tre, con picchi di circa 90 addetti per turno. In zona Pian da Lago si materializzerà, entro i primi giorni di marzo, il cantiere per ospitarli. Si tratta di 200 alloggi prefabbricati, removibili, composti di camera con bagno. I lavori cominceranno già a metà febbraio con i movimenti terra,

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il taglio degli alberi, la predisposizione del sedime; tutti lavori che saranno affidati in subappalto ad imprese del posto, il più vicino possibile a Cortina.

«Posso assicurare che Pizzarotti interverrà con proprie maestranze nel cuore del cantiere, ma si rivolgerà a subappaltatori bellunesi per tutti i lavori di supporto, dal movimento terra alla produzione del calcestruzzo, passando per la fornitura di pali e di altri materiali.

L'impianto sarà pronto, dunque, per i primi di febbraio 2025, poi ci vorrà un mese per ghiacciarlo. Gli altri lavori, circa due terzi, saranno portati a termine nella parte successiva del prossimo anno. Si tratta, in sostanza, delle opere di decoro e di rifinitura.

«Perché si fa il test un anno prima dei Giochi? Metti caso che ci sia una curva con accelerazioni troppo alte o troppo basse nella velocità, in un anno si riesce a demolire e rifare la specifica sezione».

Il calcolo della dinamica è stato affidato ad una società tedesca, al vertice dell'esperienza mondiale nella specificità. «Sono i primi e gli unici al mondo che hanno realizzato e dispongono di un software per simulare la velocità». Una società di Bolzano ha invece progettato la refrigerazione dell'impianto. La centrale di raffreddamento è straniera: giapponese, tedesca o statunitense. Non è ancora dato di sapere a quale fornitore si è rivolta Pizzarotti. Michele Titton, dunque, ha provveduto anche alla progettazione di parte della pista, per conto appunto di Simico. Ricorda, pure lui, che si tratta di un appalto pubblico, previsto con tanto di Dpcm e con finanziamento governativo. Come a far intendere che si tratta di un'opera blindata. E che difficilmente potrà essere accantonata da eventuali interventi esterni, magari a margine della seduta del cda della Fondazione Milano Cortina, il 30 gennaio, o nei giorni success ivi. Per partire manca solo la firma del commissario governativo Luigi Valerio Sant'Andrea e della Pizzarotti in calce al contratto. Titton e i suoi collaboratori hanno tra l'altro mezzo a punto un sistema di controllo digitale, ora per ora, di quanto avviene dentro e fuori il cantiere, in modo da prevenire qualsiasi problema ed, eventualmente, di risolverlo in tempo reale.

Corriere delle Alpi | 28 gennaio 2024

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«Se l'Italia si farà una sua pista il Cio non potrà dire nulla»

Alessandro Michielli / CORTINA

«Le tempistiche per la realizzazione delle opere olimpiche sono una pecca italiana, ma se l'Italia pensa di poter costruire la pista da bob, il Cio non può dire nulla».

È questa la sintesi del pensiero di Flavio Roda, presidente della Fisi, a margine delle prime gare di Coppa del mondo di sci femminile a Cortina. Il presidente richiama all'ordine il grande pubblico chiedendo sostegno ad una nazione, l'Italia, leader nell'organizzazione di eventi sportivi a vari livelli.

«Ora basta polemiche, bisogna andare avanti», afferma Roda, «forse le persone non sanno che in Italia oggi promuoviamo circa 7500 manifestazioni sportive, dai cuccioli fino alla Coppa del mondo, che portano un indotto diretto alle piccole e medie località, questo è molto importante. L'Italia in questo momento ha più Coppe del mondo in assoluto rispetto a tutti gli altri Paesi e anche quando bisogna recuperare qualche gara noi abbiamo degli ottimi organizzatori in grado di gestire queste situazioni. Non sempre si riesce per questioni di tempistiche e disponibilità alberghiere, ma siamo sempre pronti».

La volontà di Roda è quella di trasformare la negatività che aleggia attorno alle Olimpiadi 2026 in positività.

«Il messaggio che dobbiamo mandare è di positività: oggi, invece, le parole negative la fanno da padrone», prosegue Roda, «si discute su tutto, si critica la tempistica, si critica qualcosa che non viene fatto. Ad esempio, la pista da bob: era nel dossier olimpico, rappresentava l'unica struttura da rifare ex novo. Ora c'è stata la svolta con l'individuazione dell'operatore economico (Pizzarotti, ndr) , ma c'è ancora chi tira in mezzo il Cio: se l'Italia è pronta e realizza la pista, il Cio non può dire nulla. Io penso che queste manifestazioni siano un'opportunità, ma dobbiamo costruire positività lungo tutto il percorso olimpico».

Ma se il presidente FISI crede nella realizzazione della pista, come spiega i grandi ritardi accumulati negli anni?

«Bisogna dirlo, in Italia abbiamo un problema sulle tempistiche. È successo anche a Torino, le strade le hanno finite due anni dopo, oppure con l'Expo Milano nel 2015. Ma abbiamo dimostrato che, magari all'ultimo momento, ma l'Italia sa fare».

E quando le cose funzionano, queste opportunità diventano vitali per le località turistiche come Cortina. «Basti pensare a queste gare», conclude Roda, «ci sono milioni di persone che le stanno seguendo in tv, una promozione straordinaria per Cortina e per tutti i comprensori per quando arriveranno le Olimpiadi».

Corriere delle Alpi | 28 gennaio 2024

p. 33

«C'è il rischio di una figuraccia planetaria»

«Anche se la commissione aggiudicatrice ha dato semaforo verde alla proposta Pizzarotti, in attesa dell'assegnazione ufficiale dei lavori che dovrebbe avvenire il 30 gennaio, siamo ancora fiduciosi che ciò non avvenga per evitare il paradosso della costruzione di una nuova pista, deleterio sia per l'ambiente e sia per le casse dello Stato e del Comune di Cortina». Lo ribadiscono le associazioni Mountain Wilderness, Comitato Peraltrestrade Carnia-Cadore, Italia Nostra-Sezione di Belluno, Libera, Wwf Terre del Piave,

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Ecoistituto Veneto "Alex Langer", Gruppo Promotore Parco del Cadore. «La non assegnazione dell'appalto non comporta nessun tipo di penale, e sarebbe ancora possibile evitare questa figuraccia planetaria», insistono le organizzazioni ambientaliste, « ci rivolgiamo al presidente Zaia e al ministro Salvini perché in un sussulto di lucidità responsabile rinuncino a costruire questo impianto, devastante per il prezioso ecosistema e per il paesaggio inestimabile della conca ampezzana, e mettano da parte l'orgoglio veneto e italico che non si esprime buttando via più di 81 milioni dei contribuenti per costruire a tutti i costi un'opera giudicata da fonte autorevole inutile, senza lascito futuro e con costi di gestione insostenibili: circa un milione e mezzo ogni anno a carico del Comune di Cortina». Le associazioni ricordano pure che il Cio ha ribadito «in modo inequivocabile» la volontà di far disputare le gare olimpiche di bob, slittino e skeleton in una pista esistente e fin da ora funzionante.

Corriere delle Alpi | 29 gennaio 2024

p. 13

Bob, Cortina al test Fondazione

Serve l'unanimità del consiglio

Giorni decisivi per la risoluzione del rebus bob olimpico. In rapida sequenza, infatti, sono in programma il consiglio di amministrazione della Fondazione Milano Cortina, atteso domani, e la scelta finale del Cio sul dossier Milano Cortina il giorno successivo. A oggi, e salvo sorprese, il tema potenzialmente divisivo pare quello legato al possibile piano B (rispetto a Cortina), ovvero Cesana o la svizzera St Moritz. Il ministro dello Sport, Andrea Abodi, dall'arrivo della pista Olympia a Cortina, ha fatto capire che la seconda opzione (se necessaria) è Cesana. «La posizione del Governo è quella di avere la certezza assoluta di mantenere in Italia le competizioni di bob, slittino e skeleton. È chiaro che la scelta prioritaria è Cortina, ma noi abbiamo una seconda opzione che è Cesana. Questo è un elemento che ci tranquillizza. Abbiamo soltanto un grande nemico, il tempo; lo abbiamo sprecato, o comunque lo abbiamo impiegato in modo non adeguato. E adesso lo dobbiamo rincorrere, non dobbiamo sbagliare. In 12 mesi pensare di costruire una pista non è semplice, anche se abbiamo rassicurazioni di carattere tecnico, però l'esperienza internazionale non è confortante. La seconda opzione è Cesana che ha tempi più limitati perché si tratterebbe solo di funzionalizzare la pista che già c'è».

La Fondazione si troverà di fronte al fatto compiuto che Simico, la società Infrastrutture Milano Cortina, ha concluso la gara per la costruzione della pista (81,6 milioni di investimento) e l'appalto è stato aggiudicato alla Pizzarotti. Il contratto non è stato ancora sottoscritto, quindi, al limite, è possibile uno stop, ma con quali conseguenze è facilmente immaginabile: sia da parte dell'azienda di Parma, che si è messa in gioco in un appalto pubblico, sia sul piano politico.

L'ipotesi Cortina è stata rilanciata dal vicepremier Matteo Salvini, d'accordo con il presidente veneto Luca Zaia, con lo scopo non tanto (o non solo) di fare lo sgambetto al collega Antonio Tajani, leader di Fi, che sponsorizza Cesana, quanto per evitare la ridistribuzione delle gare, a danno della Lombardia, così come minacciato dal Veneto. Ridistribuzione che ritornerà in gioco se domani la Fondazione dovesse dire no alla gara di Simico.

Ma in questo caso i due componenti veneti del cda voterebbero contro e, per statuto, salterebbe il tavolo essendo richiesto un voto condiviso. Si tratta del vicentino Andrea Giovanardi per il Comune di Cortina e di Antonella Lillo per la Regione. Gli altri membri sono: il presidente Giovanni Malagò, a capo del Coni; l'ad Andrea Varnier; Ivo Ferriani del Cio; Federica Pellegrini, sempre del Cio; Carlo Mornati, segretario del Coni; Luca Pancalli, vicepresidente della Fondazione; l'atleta olimpica Anna de la Forest de Divonne; l'atleta paralimpica Francesca Porcellato; Sergio Schena, Regione Lombardia; Tito Giovannini di Trento; Erwin Hinteregger di Bolzano. All'eventuale voto, Lillo e Giovanardi, tra l'altro, non si troverebbero soli; le venete Pellegrini e Porcellato tradirebbero la terra d'origine? È quindi improbabile che in questa sede si tenti l'avventura. Il ministro Abodi cita le assicurazioni tecniche che blinderebbero la scelta di Cortina. Le ha anticipate Michele Titton, ingegnere, ceo di Its Engineering Company, che sarà il direttore dei lavori della pista. I giorni lavorativi previsti sono 625, ma la Pizzarotti, mettendo in campo due turni di lavoro, con picchi da 90 lavoratori a turno, «riuscirà – ha assicurato – a realizzare l'involucro della pista per i primi di febbraio 2025, in modo da avere la disponibilità di un mese per ghiacciarla». Quindi non ci sarà bisogno del terzo turno, quello notturno, né di tenere aperto il cantiere di sabato e domenica. A meno che non intervengano fatti nuovi. Il resto della pista sarà pronto per il mese di novembre 2025. L'impianto di Cesana, invece? Sarebbero sufficienti 5 mesi per la riaccensione, per un costo di 13 milioni.

Resta, a questo punto, l'incognita del Cio, che ha sempre avuto un occhio di riguardo per St. Moritz (l'investimento qui sarebbe di 30 milioni) nonostante l'impianto abbia bisogno di una deroga, come peraltro servirebbe a Cesana. Kristin Kloster, presidente della Commissione di coordinamento del Cio, ha scritto recentemente al Comitato Civico Cortina che «la potenziale realizzazione di una pista da bob, con tutti i lavori infrastrutturali, è legata a un investimento pubblico, per cui resta al di fuori delle competenze del Comitato Organizzatore».

Il no del Cio non avrebbe quindi nessun peso sul cantiere. In ogni caso, è indispensabile «un piano di legacy chiaro e attuabile». Ecco il punto critico. Per Cortina il Comune ha abbozzato un piano che necessita di impegni finanziari precisi da parte di Regione e Federazioni dei tre sport; il costo di gestione è intorno al milione e 200 mila euro l'anno. Cesana, dopo i Giochi, avrebbe invece bisogno di un nuovo impianto per una legacy compiuta.

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Corriere delle Alpi | 30 gennaio 2024

p. 11

«Il Cio prenda atto della pista di Cortina»

Francesco Dal Mas / CORTINA

Il giorno della verità. Oggi si sceglie tra il piano A (Cortina), il piano B (Cesana) o il piano C (St.Moritz). Stamani a Milano tra le 10.30 e le 11 si riunirà il cda della Fondazione Milano Cortina che dovrà prendere atto dell'appalto della pista da bob, skeleton e slittino vinto dall'impresa Pizzarotti per 81,6 milioni di euro. Ma anche delle tante perplessità sulla tempistica: entro marzo 2025 la nuova Eugenio Monti dev'essere pronta per la pre omologazione. L'impianto di Cesana, invece, potrebbe essere riacceso in 5-6 mesi, e con una prima spesa di soli 14 milioni.

Poi c'è la Svizzera, ma anche a Cortina il ministro dello sport, Andrea Abodi, ha ribadito che la pista va fatta in Italia. St. Moritz resterebbe come ipotesi estrema in caso di fallimento dei cantieri italiani.

In Fondazione si dovrebbe dunque votare. Ed è certo che, se si va al conteggio, i due componenti veneti sceglieranno Cortina. Ed è pure certo che senza unanimità di voto salta il tavolo. Potrebbe, quindi, profilarsi un rinvio? Sarebbe l'immagine meno rassicurante da dare al Cio, che dovrà pronunciarsi il giorno successivo, quindi dopodomani.

Si obiettava in questi giorni di Coppa del mondo ai piedi della pista Olympia: non c'è già un appalto pubblico che assegna la costruzione della pista di bob alla Pizzarotti? È vero, ma il contratto non è stato ancora firmato dal commissario di governo Luigi Valerio Sant'Andrea e i vertici di Parma. In attesa, appunto, dell'okay di oggi. Sempre che non si materializzi il temuto ribaltone.

Il monito di Zaia: «Non ho motivo di pensare che ci sia qualcuno che possa dubitare del fatto che si deve restare a Cortina. Peraltro a Cortina, tramite la società Infrastrutture, il Governo è riuscito a chiudere una gara a budget previsto e quindi non ai 180 della negoziazione privata ma a 81 milioni di euro. Anche questa è una pietra fondamentale per le Olimpiadi».

Quale sarà oggi il nodo più dibattuto al tavolo? La tempistica per costruire Cortina. E forse anche la legacy. Verranno anticipate le perplessità che il Cio ha già fatto intuire e che potrebbero essere reiterate il 30 settembre. E cioè che non serve altra pista di bob, oltre a quelle già operative sulle Alpi; che il Governo è libero di farselo, quest'impianto, ma che non va intestato al Cio; che in ogni caso è indispensabile una legacy.

«Nel momento in cui il Governo garantirà al Cio di avere una pista da bob, il Comitato olimpico non potrà che prenderne atto», taglia corto Zaia.

E se c'è chi pensa al Piano B – lasciando procedere il cantiere di Cortina, anche se ritardasse, magari immaginandone la finalizzazione alle Olimpiadi giovanili del 2028 –, il presidente del Veneto ammonisce: l'impianto va realizzato in funzione dei Giochi 2026, questa è la sfida, altrimenti non ha senso. E poi aggiunge: «Il sogno da coronare sarebbe quello di avere gli adulti nel 2026 e le giovanili nel 2028». Insomma, nessun piano B, accontentando Cortina con la prospettiva del solo 2028.

I rappresentanti del Veneto, Zaia ed il sindaco Gianluca Lorenzi, stamani lo diranno: lo sci alpino femminile ed il curling non ci bastano, vogliamo anche il bob, slittino e skeleton. O, in alternativa, altre gare.

Se scattasse lo stop alla nuova Eugenio Monti, il Veneto rivendicherà alcune prove dello sci alpino maschile. Altrimenti, come si diceva, il veto. Questa "deriva" – tale viene considerata anche a Palazzo Balbi, a Venezia, e in corso Italia a Cortina – si verificherebbe qualora le assicurazioni sul cronoprogramma non convincessero la parte lombarda del cda della Fondazione Mico.

Nei tempi per il bob non ci stiamo, si dice; per marzo 2025 la pista non sarà tecnicamente pronta.

Il Ministero delle Infrastrutture e Simico hanno posto la necessità di 625 giorni lavorativi. Pizzarotti ha calcolato che per costruire l'involucro della pista le basta lavorare con due turni, fino a 90 addetti, dal lunedì al venerdì. E che a fine gennaio, al più tardi ai primi di febbraio del 2025 l'impianto sarà pronto, in modo da poterlo ghiacciare in un mese, prima delle pre omologazioni. «Ho chiesto espressamente al commissario Sant'Andrea: mi ha risposto assolutamente di sì, che non ci sono problemi» riferisce l'assessore regionale al Turismo, Federico Caner –. E mi ha aggiunto che, se eventualmente fosse necessario, l'impresa lavorerà di sabato e di domenica. Ed eventualmente, per alcuni lavori potrebbe essere preso in considerazione anche il terzo turno di notte».

Riassumendo, l'aggiunta dei sabati disponibili equivarrebbe ad ulteriori 50 o 100 turni. Ed altrettanto le domeniche. In primavera ed in estate, eventualmente, potrebbe essere disponibile anche qualche notte. E lo stesso ingegnere Michele Titton, direttore dei lavori per la costruzione della pista, ieri ci confermava che il terzo turno al momento è escluso.

Quindi? «C'è una gara che ha avuto un esito positivo, c'è un'impresa solida, titolata per realizzarla e rispettare i cronoprogrammi. Quindi immagino» dice di nuovo Zaia «dovrà interloquire col Governo ma non potrà prescindere dal fatto che se avrà una pista da bob, skeleton e slittino per le Olimpiadi dovrà prenderne atto, visto e considerato che è la base del nostro dossier» .

Corriere della Sera | 31 gennaio 2024

p. 45

Bob a Cortina, vince la confusione E il governo «commissaria» la società

di Marco Bonarrigo

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Doveva essere il giorno della risposta definitiva a una domanda in sospeso da mesi: dove si svolgeranno le gare di slittino, bob e skeleton delle Olimpiadi invernali 2026. Nell’impianto da costruire di Cortina o in quello da ristrutturare di Cesana Torinese? In Italia o all’estero, come chiede il Cio padrone dei Giochi? La giornata di ieri ha aggiunto confusione, dubbi e una spruzzata di veleno su una saga infinita.

Invece di decidere, la Fondazione Milano-Cortina ha rilasciato una nota prudente e diffidente. Il cda presieduto da Giovanni Malagò ha espresso «ottimismo sulla vicenda» perché la scelta di Simico (la spa di Stato che gestisce i lavori) «confermerebbe il masterplan originario che già individuava la Regina delle Dolomiti come sede», ma attende «la firma del contratto con l’azienda appaltatrice», la Pizzarotti spa, prima di dare l’ok «mantenendo aperte soluzioni alternative con gli impianti esistenti e funzionanti per un eventuale piano B» che richiederà consistenti fondi aggiuntivi. E ricorda che scegliere Cortina «comporta un extra budget per allestimenti non previsti ma necessari per delle gare» (come la copertura della stazione di arrivo), rammenta i «pareri negativi del Cio preoccupato dalle tempistiche strette» e ribadisce che «i test di pre-omologazione non potranno tassativamente avvenire oltre marzo 2025», se tutto fila liscio.

La situazione di stallo (prima la firma, poi il sì) fa trasparire rapporti freddi con la stessa Simico che poche ore prima era al centro del dibattito in Consiglio dei ministri, in quella che ad alcuni è sembrata un’operazione di pre commissariamento. In una nota Palazzo Chigi, che ieri ha trasferito ad Anas alcuni degli appalti originari (che saranno gestiti dall’ad Aldo Isi), ha spiegato di voler procedere in modo urgente «alla revisione della governance di Simico per assicurarne un’efficiente ed efficace gestione». Su proposta del ministro Salvini, nel cda della società entrerà a breve «un consigliere con attribuzioni in materia di monitoraggio e coordinamento» di nomina politica, che si aggiunge ai tecnici in carica, se riconfermati, mentre non è escluso che cambi anche l’ad, l’ingegner Luigivalerio Sant’Andrea.

Nei fumi del dibattito restano punti fermi. Il primo è che i lavori, che dovranno procedere in tempi record, vanno iniziati entro il 15 febbraio. Il secondo che la pista sarà consegnata al grezzo e si dovranno trovare modi (strutture temporanee) e denaro per completarla prima dei Giochi. Il terzo è che dopo le Olimpiadi serviranno molti soldi per farne un centro di allenamento permanente, offrendo quella legacy al territorio cara al Cio che, per ora, tace.

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere delle Alpi | 9 gennaio 2024

p. 11

Simico detta i tempi: cantieri aperti da febbraio a fine '25 Slittano alcune opere

Francesco Dal Mas / CORTINA

Cronoprogramma delle opere olimpiche con qualche sorpresa. La pista da bob sarà completata anche nel terzo lotto. La bretella d'ingresso a Cortina, fino ai Campi Apollonio, sarà invece ultimata solo nell'agosto 2026, ma in parte sarà utilizzabile per i giochi. Quanto al progetto più atteso a Cortina, quello del Partenariato pubblico privato, troverà conclusione solo nell'impianto a fune e in uno dei tre parcheggi interrati. È quanto si riscontra nella risposta che il commissario Luigivalerio sant'Andrea ha dato al sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi che nei giorni scorsi gli aveva chiesto conto del cronoprogramma di tutte le opere. Dunque, la ristrutturazione del Trampolino di Zuel inizierà a ottobre e finirà a settembre 2025. Lo Regione finanzia con 10 milioni di euro, realizza Simico. Il cantiere per la riqualificazione dell'Olympic Stadium (20 milioni di euro, tra governo e Regione) – si tratta dei nuovi spogliatoi e dell'abbattimento delle barriere architettoniche – sarà avviato in maggio e finirà a novembre 2025. Fra un mese si partirà – garantisce Simico – con i lavori dello Sliding Center (secondo lotto, da 118 milioni). A marzo 2025 è prevista una milestone intermedia, per la pre omologazione. L'ultimazione dell'impianto avverrà a novembre '25. Il terzo lotto dello Sliding Center (il memorial da 2,5 mln) scatterà a ottobre e sarà ultimato dopo un anno. I cantieri del Partenariato pubblico privato per il sistema integrato di mobilità intermodale saranno avviati a novembre '24, con conclusione a dicembre 2025, ma limitatamente all'impianto a fune dai Campi Apollonio fino a Socrepes, e a parte del parcheggio interrato, ossia il primo dei tre piani che insieme valgono 780 posti auto. Il progetto complessivo è da 127,4 milioni, quindi verrà concluso oltre i Giochi (restano due piani di parcheggio, il centro servizi ed il tunnel con tappeto mobile fino alla stazione di partenza del Faloria). In agosto sarà dato il via anche alla riqualificazione (per 7 milioni) dell'immobile dell'ex Panificio, che sarà pronto per novembre 2025 (diventerà probabilmente una foresteria), mentre la rigenerazione dell'ex-Mercato (costo di 7,5 mln) comincerà a luglio e terminerà sempre a novembre del prossimo anno.

Quanto alle opere infrastrutturali, la sistemazione di Lungo Boite, il lotto 0 da 29 milioni della Variante di Cortina, vedrà le ruspe movimentarsi ad aprile, quando cominceranno ad operare anche per il raddoppio del ponte Corona e la riqualificazione di via Cesare Battisti. Simico stima che la conclusione di questi interventi sarà nel giugno 2025. La sospirata bretella di penetrazione sud della Variante di Cortina, ovvero il lotto 1 (opera da 51 mln), vedrà i lavori cominciare ad ottobre 2024 ma l'ultimazione avverrà dopo i Giochi, nell'agosto 2026. Ad ogni buon conto – fa sapere Simico – la cantierizzazione dell'intervento e le fasi di lavoro saranno articolate in fase esecutiva per assicurare un'apertura al traffico esclusivamente ai mezzi autorizzati nell'ambito dell'organizzazione dei Giochi, in modo da alleggerire il c arico di traffico sulla viabilità esistente.

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Manca, nell'elenco delle opere, il villaggio olimpico, per il quale si aspetta la conclusione della vicenda bob; se non dovesse premiare Cortina, saltano infatti circa 400 dei 1200 posti. In ogni caso, per il villaggio sono previsti 10 mesi di realizzazione ed un costo di 39 milioni di euro. Si tratta di cantieri per più di 250 milioni di opere, senza contare le circonvallazioni di Cortina e Longarone, le stazioni ferroviarie, il villaggio e la parte di lavori che sarà terminata dopo le Olimpiadi e le Paralimpiadi.

Il sindaco Lorenzi ieri si è dichiarato soddisfatto di: «Questa risposta tempestiva del commissario, segno di ottima collaborazione e condivisione. Siamo consapevoli che i lavori potranno causare alcuni disagi ai nostri cittadini e visitatori e desideriamo scusarci in anticipo per gli eventuali inconvenienti. Tuttavia», conclude il sindaco, «è fondamentale comprendere che i tempi sono stretti e che queste opere sono necessarie per mantenere la nostra città al passo con i tempi e offrire servizi di alta qualità ai residenti e ai turisti».

Alto Adige | 10 gennaio 2024

p. 30

Anterselva, restano le incognite legate all'appuntamento olimpico

Ezio Danieli

Rasun Anterselva

"Un primo, importate passo è stato compiuto: sono terminati i lavori di sistemazione del poligono al centro del biathlon di Anterselva, che dal 18 al 24 gennaio prossimi potrà ospitare le gare di Coppa del Mondo. È un risultato importante che ci consentirà di ospitare ancora una volta la rassegna internazionale che ha già dato lustro alla nostra valle". Lo afferma, con soddisfazione, il sindaco di Rasun Alterselva Thomas Schuster, che ricorda comunque che non sono ancora risolti tutti i punti in sospeso lungo il percorso dei lavori programmati e necessari nel centro in vista delle Olimpiadi di Milano-Cortina del 2026. I lavori per adeguare il poligono si sono conclusi di recente e hanno avuto il benestare della Federazione internazionale di biathlon, che ha, di fatto, reso possibile le gare di Coppa del Mondo.Ma, come detto, la programmazione degli interventi non si è conclusa e restano aperti dei punti. In particolare, con la nuova valutazione ordinata dal tribunale, è cambiata l'assegnazione dell'appalto, ma il precedente titolare dell'assegnazione ha già annunciato l'intenzione di ricorrere in appello, sia contro la sentenza del Consiglio di Stato sia contro la nuova decisione della commissione di valutazione e quindi probabilmente anche contro la nuova aggiudicazione da parte del Comune. C'è da considerare inoltre che il progetto di interventi, che costa più di 20 milioni di euro, è già in una fase avanzata, il che significa che il passaggio del cantiere da un'impresa all'altra complicherebbe le cose (tra l'altro, il precedente contratto è ancora in vigore, non è stato annullato dal Consiglio di Stato nella sua sentenza di inizio novembre). Il sindaco Schuster ha ricordato che "la decisione politica è stata presa. Ma tutto il resto resta ancora in sospeso". E tutto il resto si riassume in una serie di domande: cosa potrà succedere con un contratto ancora in corso? Come può essere consegnato il cantiere? E si può rispettare la fine dei lavori attesa per l'ottobre 2024? Una scadenza importate visto che sono coinvolti i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza - Pnrr e il progetto chiaramente fa parte del programma di costruzioni per le Olimpiadi del 2026. Chiarimenti potranno arrivare da una commissione composta dal responsabile del procedimento (il segretario comunale), dal comitato tecnico consultivo e dalla direzione dei lavori. Questa commissione dovrà ora esaminare come potrà avvenire il cambio di società di costruzione e se è fattibile in termini tecnici, economici e di tempo. Si sta operando ad Anterselva per definire la cosa e per rispettare e confermare i tempi. Non sarà facile trovare la giusta soluzione, "ma ci stiamo provando", assicura il sindaco Schuster.

DOLOMITI E INFLUENCER

Corriere delle Alpi | 7 gennaio 2024

p. 27

La cucina di Ruben approda su un balcone vista Tofane

la storia

Dal balcone della sua abitazione popolare di Roma ad una terrazza di Cortina con vista esclusiva sulle Tofane. Tra chef e ristoranti stellati dal nome altisonante, durante le festività appena trascorse in una Conca sfavillante si è fatto largo un protagonista a sorpresa: lui è Ruben Bondi, lo chef a domicilio diventato famoso sui social per le sue cucine improvvisate sul balcone, tra fornelletti di fortuna ed ingredienti minimali. Un successo vertiginoso, iniziato nell'era del Covid ed arrivato, nel giro di due anni, ad attirare le attenzioni di quasi un milione e mezzo di followers.

«Sono proprio io, quello che cucina dal balcone», ha confermato il diretto interessato che, in un cliccatissimo video pubblicato sui social, si è cimentato, supportato da un gruppo di amici ed amiche, nella preparazione di un piatto di gustosi spatzle al limone.

«Gnocchi? Ma siamo a Cortina, dai ragazzi... Qui cuciniamo gli spatzle», ha esordito Ruben sulla sua pagina "Cucina con Ruben".

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Location d'elite quella ampezzana, in netta controtendenza con quelle più popolari che appaiono nei seguitissimi video di Ruben Bondi, ed ingredienti parte dei quali a chilometro zero.

Il ritornello "delicatissimi" ricorrente nel video ha tanto il sapore del richiamo al film Vacanze di Natale '83 di cui ricorre proprio in questi giorni il quarantennale; il resto lo fanno ironia e leggerezza oltre ad uno spiccato slang capitolino che da sempre ha caratterizzato le produzioni digitali, più che gastronomiche, di Ruben Bondi. L'idea di sfondare sui social per il ventiquattrenne romano, molto apprezzato dai vip tanto da apparire a più riprese nei suoi video come supporto chef, è nata per caso, come già accaduto ad altri nel periodo del lockdown.

«Ho preso il Covid e così ho trascorso la mia personalissima quarantena a casa dei miei genitori», ha raccontato di recente in un'intervista lo stesso Ruben, «è stato in quel momento che, un po' per gioco ed un po' per noia, ho iniziato a cucinare sul balcone, per i miei vicini».

Neanche a dirlo, il piatto di spatzle cucinato per la giovane ed allegra compagnia cortinese è stato graditissimo. Ai followers è piaciuto anche l'impiattamento, caratterizzato da piatti di ceramica bianchi con la scritta a caratteri cubitali "Cortina d'Ampezzo, Dolomiti, 1224 metri". Più chiari di così...

UN APPELLO ALLA PRUDENZA IN MONTAGNA

Corriere delle Alpi | 17 gennaio 2024

p. 18

Troppi escursionisti in difficoltà «Seguite solo i sentieri tracciati»

L'Intervento

Sempre più escursionisti in difficoltà per errori di valutazione e inesperienza. Una situazione che preoccupa il Cai Veneto: «La crescita di interventi che potrebbero essere evitati grazie a una corretta preparazione e valutazione prima di intraprendere escursioni in ambiente innevato fa scattare l'allarme», dice il presidente Renato Frigo. «L'ambiente alpino assume caratteristiche diverse sotto la neve, di conseguenza i segnali bianco/rossi possono essere coperti, i pali con la segnaletica danneggiati e le tracce dei sentieri non visibili. Quindi è fondamentale seguire solo le piste tracciate e, in caso di brutto tempo, evitare zone poco conosciute senza evidenti punti di riferimento. Persino gli escursionisti esperti possono smarrirsi in condizioni di nebbia o maltempo senza bussola e carta topografica».

Fidarsi esclusivamente del cellulare è rischioso – secondo Frigo – considerando la perdita di efficienza della batteria con il freddo e la mancanza di connessione dati in alcune aree. E l'abbigliamento deve essere adeguato alla stagione: «Scarponcini o scarponi sono le calzature ideali per affrontare l'ambiente innevato, mentre non sono idonee le scarpe da ginnastica, anche se robuste, o scarpe basse da trekking. È importante sottolineare che l'abbigliamento, anche il più costoso, può perdere di efficacia a temperature estreme, inoltre non sostituisce l'esperienza in montagna. Dentro lo zaino è consigliabile avere generi di conforto facilmente assimilabili, poiché camminare sulla neve richiede sforzi energetici considerevoli. Ricordarsi di bere, preferibilmente acqua o tè caldo, è fondamentale per mantenere l'energia, evitando l'alcool. Sempre nel nostro zaino non possono mancare i ramponcini».

Il Cai Veneto ricorda che, in conformità con la legge italiana, tutti gli escursionisti in ambiente innevato devono utilizzare l'Artva e essere dotati di pala e sonda: «Prima di partire va consultato sempre il bollettino valanghe emesso giornalmente da Arpav Veneto, durante l'inverno permette di effettuare scelte consapevoli riducendo il rischio da valanga. Oltre a questi consigli pratici, una regola fondamentale per garantire una giornata serena sia in estate che in inverno è adeguare sempre l'escursione alle proprie capacità».

Corriere delle Alpi | 17 gennaio 2024

p. 29

Verso il rifugio male attrezzati Salvati dal congelamento

CORTINA

Nuovo intervento lunedì a tarda sera per recuperare due persone avventuratesi nella neve in maniera improvvida. Protagonista una coppia bloccata al freddo dalla neve, sul sentiero 215 che sale al rifugio Vandelli. I due erano partiti dal passo Tre Croci verso le 14.30 con l'intenzione di salire al rifugio. Lungo il percorso la 36enne di Albignasego (PD), che procedeva con calzature inadeguate nella neve alta, con i piedi bagnati e ghiacciati non è più stata in grado di camminare. Il compagno, un 27enne di Villafranca Padovana (PD), ha cercato di riscaldarla, togliendolole gli scarponcini e avvolgendola nel sacco a pelo che portavano negli zaini, per poi chiedere aiuto. Risalita al punto in cui i due si trovavano, a quota 1.775, una squadra del Soccorso alpino di Cortina e della Guardia di finanza si è avvicinata il più possibile con il quad per poi continuare a piedi, mentre si aspettava di sapere se sarebbe potuto intervenire l'elicottero di Trento che, alla fine, liberatosi da una precedente missione, è volato a Cortina ad imbarcare un tecnico Cnsas per condurre

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l'equipaggio nel punto dove si trovavano i due escursionisti. Una volta sul posto, l'eliambulanza ha issato a bordo i due col verricello e li ha poi accompagnati in piazzola al Codivilla. La coppia è stata quindi ospitata nella sede Cnsas di Cortina per riscaldarsi.

Dopo un precedente intervento, che aveva già richiesto l'intervento dell'elicottero di Trento in volo notturno, all'inizio del sentiero per il Vandelli c'è ora un cartello di avviso sulla presenza di ghiaccio e sulla necessità di avere dotazioni alpinistiche, sottointendendo specifiche capacità di movimento in ambiente invernale. In questi giorni le temperature scendono oltre i -15 e il rischio di assideramento è alto, senza dire che che in molti luoghi non prende il telefono. Non sempre può arrivare l'elisoccorso e l'avvicinamento delle squadre a piedi richiede lunghe ore sia per arrivare e sia per eventuali trasporti a ritroso.

Alto Adige | 18 gennaio 2024

p. 29

Sicurezza sulla neve eventi per prevenire

pieve di cadore

Sensibilizzazione, informazione e prevenzione dei pericoli insiti nella frequentazione della montagna invernale – legati soprattutto alle valanghe, alle scivolate su terreno ghiacciato e all'ipotermia – sono le parole chiave dell'edizione 2024 della giornata nazionale "Sicuri con la neve", che Club alpino italiano e Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico hanno programmato per domenica. Un evento diffuso, che coinvolge decine di località alpine e appenniniche di dodici regioni, attraverso il quale il Soccorso alpino, che quest'anno celebra il 70° anniversario, e il Cai intendono diffondere la conoscenza dei comportamenti e degli accorgimenti necessari per diminuire il rischio di essere coinvolti in incidenti, anche nei confronti di chi ha maggiore esperienza.

Per la provincia di Belluno la scelta è ricaduta su Pieve di Cadore, dove domani alle 20.30 nella sede del Soccorso alpino è in programma una conferenza sul tema "Autosoccorso in valanga".

Domenica alle 10, invece, appuntamento è a Casera Razzo dove i volontari del Soccorso alpino e del Cai allestiranno stand e campi neve per sensibilizzare i frequentatori della montagna sull'importanza di valutare attentamente, i giorni precedenti l'uscita, le proprie capacità, i propri limiti e l'equipaggiamento che si intende portare con sé, senza dimenticare la consultazione dei bollettini meteo e valanghe.

La giornata prevede dimostrazioni di soccorso di travolti da valanga con l'utilizzo di Artva, sonda e pala, strumenti obbligatori per i frequentatori di ambienti innevati nei quali sussistano pericoli di valanghe. Saranno inoltre organizzati convegni in tema di prevenzione e autosoccorso. «

Proporre momenti di riflessione sulle valutazioni ambientali, sui comportamenti, sui limiti personali e sulle capacità di rinuncia è importante perché la prevenzione rimane un fatto primario di cultura», afferma il responsabile di "Sicuri con la neve", Elio Guastalli. «Non è solo il rischio valanga che ci preoccupa. Noi vogliamo alzare l'attenzione anche sulle scivolate su terreno ghiacciato e sui problemi legati all'ipotermia, più preoccupanti in quanto si verificano più spesso rispetto agli incidenti da valanga. Da non dimenticare infine l'aspetto psicologico: con la neve che spesso si fa attendere, crescono negli appassionati smania e impazienza. Probabilmente anche per questo, appena nevica, poco importa se fa caldo e il manto non è assestato, molti sentono l'obbligo di non perdere tempo, tralasciando l'attenzione per la prevenzione».

Club alpino italiano e Soccorso alpino e speleologico raccomandano l'utilizzo della app dedicata GeoResQ, da luglio totalmente gratuita, grazie ai fondi che il ministero del Turismo ha stanziato a favore del Cai.

TRENO DELLE DOLOMITI: GLI AGGIORNAMENTI

Gazzettino | 2 gennaio 2024

p. 29, edizione Belluno

«Treno delle Dolomiti: una nuova chiamata alla politica»

L'APPELLO

BELLUNO «Non c'è più tempo da perdere. Urge una cabina di regia per raccogliere elementi da portare alle istituzioni». È l'appello che era stato lanciato dal Comitato Treno delle Dolomiti relativamente all'idea di un nuovo collegamento ferroviario da Agordo a Caprile. Una voce che si era alzata dal convegno tenutosi ad Agordo, nel quale sono state descritte le testimoniante di esperti di mobilità ferroviaria alto atesini e svizzeri relativamente alla mobilità ferroviaria nei loro territori: fra i suoi scopi aveva di sollecitare la Regione Veneto sugli sviluppi dell'apposito comitato tecnico, istituito a seguito del convegno di due anni fa a Villa Pat di Sedico. La questione ha avuto l'effetto di "smuovere le acque" anche in ambienti politici nel resto della provincia, anche sulle eventuali alternative al collegamento ferroviario agordino, con l'intento di stimolare il confronto anche relativamente all'ipotesi di un prolungamento autostradale nella nostra provincia. È il Circolo del Partito Democratico dell'Oltrardo-Belluno, in particolare, con il suo segretario Mario

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Svaluto Moreolo , a far sentire la propria voce: «È un bene che si riprenda a discutere del progetto per vederne lo stato della realizzazione e le prospettive concrete di completamento».

IL PROGRAMMA

«Il Circolo - spiega Svaluto Moreolo - ha già indetto a suo tempo due convegni pubblici sul tema ed allega gli atti di uno del febbraio 2016. E ha nel programma, d'intesa con le segreterie provinciali e comunali di Belluno del Partito Democratico, di indire un convegno o convegni sul Treno e sulla autostrada su cui è tornata l'attenzione di soggetti istituzionali e produttivi della Provincia»

LO STATO DELL'ARTE

La nota del segretario del Circolo prosegue con un approfondimento sullo stato delle cose, con la politica chiamata ad esprimersi riguardo le varie progettualità in essere: «Il Progetto approvato e finanziato è in parte realizzato - continua Svaluto Moreolo -, ma rimane il collegamento Ponte nelle Alpi Calalzo-Cortina-Lienz (che è soggetto ad una richiesta di modifica) e la tratta Primolano-Feltre. Ciò avviene nel tratto Auronzo-Cortina laddove il Comune di San Vito di Cadore chiede una deviazione verso il proprio territorio per poi proseguire verso Cortina. Questo con la costruzione di una Galleria del costo di circa trecento milioni di euro». E poi la questione: «Nei convegni che ci sono stati tale ipotesi non è stata condivisa per il costo e perché il tratto San Vito-Cortina avverrebbe su sito fragile (Cancia) per cui inidoneo. Sempre in quella sede è stata sollevata la questione che l'Agordino rimane escluso da ogni collegamento ferroviario (che una volta c'era). Anche l'ipotesi di alternativa al progetto in essere non è stata condivisa. Rimane però il problema della marginalità denunciata dell'Agordino che deve essere affrontata in sede politica ed istituzionale con progetti adeguati e di possibile realizzazione».

Infine l'appello perché si cerchi, con urgenza, una risposta politica sulla mobilità provinciale: «Il Circolo Pd dell'Oltrardo, con riferimento ai tanti appelli espressi nel passato, rinnova la chiamata in causa della politica, delle istituzioni e dei corpi sociali affinché si trovino luoghi e tempi per una proposta complessiva, condivisa e solidale per la soluzione dei nodi strategici che ancor oggi bloccano o rallentano un ordinato e razionale sviluppo della nostra Comunità Provinciale». C.F.

Corriere delle Alpi | 3 gennaio 2024

p. 20

Troppi soldi: futuro segnato per il Treno delle Dolomiti

BELLUNO

Verrà mai realizzato il Treno delle Dolomiti? La Provincia di Bolzano ha già detto di no, per quanto riguarda la tratta Cortina-Dobbiaco. «Troppi soldi», ci ha spiegato recentemente l'assessore alla mobilità Daniel Alfreider. Per la parte bellunese, la società Rfi ha concluso uno studio sulla sostenibilità del collegamento tra Calalzo e Cortina, su commissione sia della Regione che della Provincia e pare che costi quanto se non di più del miliardo e mezzo di tutte le infrastrutture e le opere olimpiche per Cortina 2026. «Rfi ha consegnato lo studio che ha fatto sulla Calalzo-Cortina. Ne abbiamo parlato con il presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin e nel 2024 presenteremo i dati», ha anticipato la vicepresidente della Regione, Elisa De Berti, in occasione del recente incontro di Natale con i giornalisti, a Palazzo Balbi, di tutta la giunta Zaia.

De Berti non ha voluto dire di più. Prima vuol illustrare gli esiti progettuali ed il relativo costo ai sindaci del territorio. E non è detto che lo faccia con i sindaci in scadenza, potrebbe aspettare quelli di nuova nomina. Tanto meno accetta di dire una sola parola il presidente della Provincia, Roberto Padrin. Si limita a precisare che è un tema "istituzionale", tanto delicato da esigere la prima condivisione con gli amministratori del territorio, già coinvolti nell progetto.

Lo studio prende in considerazione le ipotesi avanzate da Helmut Moroder, di Bolzano, uno dei più accreditati studiosi, che ancora due anni fa aveva approfondito la fattibilità di una linea tra Calalzo e Cortina, con percorrenza in parte sulla destra Boite, e di una tratta più breve tra Calalzo ed Auronzo. Il primo problema è quello dello scarso carico di viaggiatori locali. I convogli arriverebbero da Venezia (in parte da Tessera in piena stagione turistica), quindi la copertura in tanti casi ci sarebbe, ma ecco il secondo tema di riflessione: l'esigenza da parte di costoro è di arrivare il più rapidamente possibile ai piedi della Tofana e la competizione con i pullman, con le navette, sarebbe perdente.

Regione Veneto e Provincia preferiscono, dunque, affrontare il dibattito con tutte le più opportune cautele, senza dar adito e confronti e spaccature come in passato, per esempio tra la val d'Ansiei e la Val Boite. «Concentriamoci sulle cose fattibili e finanziate», è la sollecitazione del presidente Padrin, «sui cantieri olimpici per la riqualificazione delle stazioni di Longarone, Ponte, Belluno e Feltre, Oltre 50 milioni che saranno cantierati in primavera, se non sono già in esecuzione».

SERRAI DI SOTTOGUDA: GLI AGGIORNAMENTI

Corriere delle Alpi | 13 gennaio 2024

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p. 27

Serrai riaperti l'anno prossimo o un'anticipazione in estate

Gianni Santomaso

/ ROCCA PIETORE

«Per avere i Serrai ultimati in tutto occorrerà attendere la fine dell'estate prossima». Lo dice il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, che sta affrontando gli ultimi mesi di legislatura. A maggio-giugno anche Rocca Pietore andrà a elezioni e De Bernardin non potrà ricandidarsi. Difficile, pertanto, sia lui a tagliare il nastro di inaugurazione dei nuovi Serrai di Sottoguda, luogo divenuto simbolo della distruzione causata da Vaia dell'ottobre 2018 e, in qualche modo, anche della ricostruzione.

«Direi», spiega De Bernardin, «che siamo all'80-85% dei lavori, ma il 15-20% che manca è molto importante. La mia Amministrazione terminerà la legislatura a fine maggio e per quella data è impossibile pensare di aprire la gola, che spesso vede ancora la presenza di neve a primavera inoltrata».

Per De Bernardin, tuttavia, non bisogna avere fretta. Ad ogni modo il sindaco rocchesano ipotizza due possibili soluzioni per la riapertura dei Serrai al pubblico.

«Le scelte a mio giudizio sono due», dice, «o li apriamo in via preventiva, ma non definitiva, per iniziare a far vedere al turista cosa si è fatto finora e cosa si sta ancora facendo, o si aspetta che tutti gli interventi previsti siano terminati e allora ci vorrà di sicuro anche tutta la prossima estate. D'altronde c'è ancora molto da fare soprattutto per quanto riguarda le finiture: il cantiere secondo me va sistemato in modo che il turista, quando entra nella gola, abbia la sensazione di un lavoro che è stato finito».

Con l'incertezza, dunque, relativa ai tempi di apertura, a Rocca Pietore si sta comunque iniziando a pensare al dopo. Quanti turisti prenderanno d'assalto un luogo che, se già prima di Vaia era noto, dopo lo è diventato ben di più?

«Devo dire», sottolinea De Bernardin, «che la cosa mi spaventa anche un po'. Nell'estate 2018, prima di Vaia, avevamo registrato numeri impressionanti: tra chi saliva sul trenino, pedoni, ciclisti e chi è entrato con il biglietto gratuito del residente o dell'ospite dell'albergo locale, avevamo sfiorato i 150 mila visitatori».

Un risultato che De Bernardin rivendica essere stato frutto di alcune scelte fatte da lui in persona. «Dal 2013 avevamo messo il pedaggio e le sbarre a monte e a valle», dice, «avevamo apportato delle migliorie e avevamo messo in sicurezza il sito. Il pedaggio lo volli io nel 2013 e all'epoca tutti mi attaccarono: i turisti, i locali, gli operatori turistici. Ma l'entrata a pagamento ha fatto lievitare le visite. Per me i Serrai devono rimanere a pagamento, controllati con sbarre all'entrata e all'uscita, puliti con annuali lavori di miglioria e di messa in sicurezza anche a costo zero. Questa è l'unica strada da percorrere. Credo che quando verranno riaperti, il numero di visitatori del 2018 sarà ampiamente superato. Di quanto?», si chiede il sindaco di Rocca, «difficile dirlo, perché bisognerà capire i nuovi Serrai cosa possono ospitare, quanta gente. Se prima c'erano i ponticelli che attraversavano il torrente di qua e di là secondo uno snodo conosciuto, adesso come diventeranno i nuovi Serrai? Quanti ospiti potranno avere? Dovremo capirlo man mano che ci si avvicinerà all'apertura».

Corriere delle Alpi | 14 gennaio 2024

p. 26

Il Consorzio Marmolada: «Manca una visione sul futuro dei nostri Serrai»

la polemica

Gianni Santomaso

«Mi aspetto che uno che è in amministrazione da 15 anni abbia conoscenza delle procedure, abbia un minimo di visione su ciò che succede alla fine dei lavori ai Serrai; mi pare che tale visione in questo momento non ci sia».

Il giorno dopo le parole del sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, sulle possibilità di apertura dei Serrai di Sottoguda, arrivano quelle della presidente del Consorzio operatori turistici Marmolada, Lucia Farenzena; e non sono tenere nei confronti del primo cittadino rocchesano. Questi aveva spiegato che i lavori di sistemazione dei Serrai sono all'80-85% e che difficilmente la sua Amministrazione potrà tagliare il nastro dell'inaugurazione giacché il mandato scade a fine maggio-inizio giugno quando le opere non saranno finite. «O li apriamo in via preventiva, ma non definitiva, per iniziare a far vedere al turista cosa si è fatto finora e cosa si sta ancora facendo», ha detto De Bernardin, «o si aspetta che tutti gli interventi siano finiti e allora ci vorrà di certo anche tutta la prossima estate».

Per Farenzena l'intervento di De Bernardin denoterebbe però una mancanza di visione da parte sua e dell'amministrazione. «Finiscono i lavori ai Serrai?», dice la presidente del Consorzio Marmolada, «Bene, siamo qua tutti impazienti. Però chi andrà poi a gestire il sito? Questo è il discorso. Presumo andrà fatta una procedura pubblica per assegnare questo sito e qualcuno dovrà fare le varie manutenzioni e sicuramente non sarà il Comune, come non credo sia il Comune che si prenda il carico di accogliere gli ospiti e di fare tutte quelle cose che venivano fatte prima quando la gola era aperta ai turisti».

Per Farenzena, inoltre, le parole del sindaco lascerebbero uno spazio di ambiguità relativamente alla possibilità di entrare nei Serrai anche senza che i lavori siano definitivamente conclusi. «Dare questa prospettiva», dice, « rispetto alla possibilità che anche se non saranno consegnati i lavori le persone potranno entrare, mi lascia perplessa. Quale direttore dei lavori si prenderà questa

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responsabilità? Fino a quando l'opera non sarà stata consegnata, non si potrà entrare; d'altronde non è che i Serrai sono super partes rispetto a quello che è il normale andamento delle cose».

Ma al Consorzio non è andata giù nemmeno la rivendicazione da parte del sindaco della paternità della felice scelta di imporre, nel 2013, il pagamento del biglietto per entrare ai Serrai.

«All'epoca ero nel consiglio», dice Matteo Nesello, vicepresidente del Consorzio, «è stato il Consorzio a spingere e a proporre i Serrai a pagamento (fatta eccezione per gli ospiti nelle strutture locali e per i residenti, ndr ), perché venivano ospiti dalle altre zone, sfruttavano i Serrai a proprio piacimento, poi tornavano a casa, non lasciando niente al territorio. Con i soldi recuperati si facevano azioni importanti tra cui il mantenimento del luogo e il Comune veniva sgravato dall'onere di fare i vari disgaggi per la sicurezza. Penso anche ad altri lavori come il mantenimento dei sentieri e altro che serviva comunque sia per il turista che per il residente anche al di fuori del sito dei Serrai. Sentire che è solo grazie al sindaco che è stata fatta questa operazione e che gli operatori erano contro non ci sta bene: è stato il Consorzio a presentare la proposta, il sindaco era comunque favorevole a ciò ed è andata bene così».

Corriere delle Alpi | 16 gennaio 2024

p. 27

«Apertura Serrai: sulla data sono in corso valutazioni»

La polemica

«L'ipotesi di aprire i Serrai in via provvisoria prima della fine dei lavori è in fase di valutazione da parte del soggetto attuatore Veneto Acque in accordo con l'amministrazione comunale». Il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, risponde a Lucia Farenzena, presidente del Consorzio degli operatori turistici Marmolada, che aveva messo in dubbio le sue dichiarazioni circa la possibilità di apertura dei Serrai prima della fine del cantiere. «Farenzena mi attacca dicendo che non conosco le procedure e non ho visioni», aggiunge De Bernardin, «ma io le visioni le ho eccome e sono quelle del mio fine mandato. Sono quindici anni che mi impegno per questo Comune. Tante cose le ho fatte, tante non sono stato capace di farle, qualcuna è in itinere e forse qualcosa riusciamo ancora a fare». De Bernardin non ha dubbi sul fatto che sarà la prossima amministrazione a dover prendere in mano la questione gestione dei Serrai. «A primavera ci saranno le elezioni», dice, «Farenzena potrebbe essere uno dei candidati: ma bisogna darsi da fare, mettere in piedi la lista e trovare le persone giuste. Mi piacerebbe fosse lei la candidata, così potremmo metterla alla prova e, una volta tanto, sarei io a guardarla da fuori per capire le sue capacità».

DIGA DEL VANOI

Corriere delle Alpi | 20 gennaio 2024

p. 25

No secco al progetto della diga lungo il Vanoi: «Il Bellunese ha già dato»

il focus

No alla diga del Vanoi. In consiglio comunale la maggioranza (l'opposizione era assente) ha espresso in maniera compatta la propria contrarietà al progetto portato avanti dal Consorzio di bonifica del Brenta per la creazione del grande bacino idrico sul torrente Vanoi. Un progetto che andrebbe a coinvolgere diversi Comuni, sia del Trentino Alto Adige che del Veneto e, nello specifico, della provincia di Belluno.

«Prendiamo posizione su una tematica importante per solidarietà», ha detto l'assessore all'ambiente Simone Deola, «nei confronti di Lamon, Sovramonte e Fonzaso e di tutte le altre comunità coinvolte, anche se il nostro Comune non è direttamente interessato. Chiediamo un maggior rispetto della montagna, che non è un semplice serbatoio di acqua per la pianura: la provincia di Belluno ha già dato tutto ciò che poteva, in maniera esorbitante. Abbiamo interi corpi idrici completamente svuotati per scopi idroelettrici. La diga del Vanoi non è la soluzione per contrastare la siccità: è anzi necessario un investimento da parte dei consorzi di bonifica sul miglioramento dei sistemi di dispersione e non di un grosso bacino in montagna. Eventualmente andrebbero costruiti piccoli bacini sulla Pedemontana, al di là delle Prealpi, che avrebbero anche un beneficio di ricarica della falda». Deola ha inoltre espresso preoccupazione sulla realizzazione della diga alta 116 metri con la creazione di un lago artificiale da 33 milioni di metri cubi d'acqua per via della fragilità del territorio sulla quale dovrebbe sorgere. «L'opera dovrebbe essere costruita sul territorio di Lamon», ha proseguito Deola, «con il grosso del bacino che interesserà la provincia di Trento e i Comuni di Canal San Bovo e Pieve Tesino. Gli studi hanno tuttavia sottolineato la piena incompatibilità geologica tra l'opera e il terreno sul quale dovrebbe sorgere. Il rischio è ai massimi livelli, come hanno evidenziato gli studi effettuati dagli esperti. La viabilità, negli scorsi anni, era stata interrotta per una grossa frana in una zona interessata dal progetto. Il fine della realizzazione della diga è portare l'acqua in pianura: noi diciamo no».

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ELISKI: DIVIETI E CONCESSIONI

Corriere del Trentino | 25 gennaio 2024

p. 12, segue dalla prima

«L’eliski in Italia non è vietato, una vergogna»

Piovono critiche sui rischi dell’eliski. In Italia manca una regolamentazione omogenea: «A Bolzano fanno come vogliono pur di non disturbare guide alpine e ditte della Val Gardena» attacca Mountain Wilderness col presidente Luigi Casanova.

«Eliski, a livello italianola pratica non è vietata Trento e Bolzanoeccezioni alla vergogna»

TRENTO Sono certo collaterali, ora, rispetto ai fatti e al dolore di chi è rimasto coinvolto nella tragedia canadese. Ma le riflessioni sui rischi, ambientali e di sicurezza, legati all’eliski non tardano a emergere. E che in Italia manchi una regolamentazione omogenea dello «heliski» se si vuole riscattare la radice inglese di «helicopter» è una questione che da tempo sollecita le organizzazioni ambientaliste. Risparmia i sottintesi Luigi Casanova, presidente onorario di Mountain Wilderness Italia: «L’eliski è vietato in tutte le Alpi del Nord, Francia, Austria, Slovenia, esclusa la Svizzera che lo regolamenta a aree precisa In Italia l’eliski non è vietato. Siamo all’anarchia più assoluta, una vergogna del nostro Stato, con le eccezioni delle Province autonome di Trento e Bolzano». Anche se, per quest’ultima, l’assoluzione non sarebbe totale: «A Bolzano prosegue Casanova fanno comunque come vogliono pur di non disturbare certe guide alpine e ditte della Val Gardena».

Per i non addetti ai lavori, l’eliski viene definito come «la combinazione tra discese fuoripista e risalita in volo in elicottero». Insomma, gli sciatori che praticano l’eliski volano fino a monte, prima di lanciarsi sulla neve fresca e scendere fino a valle, come si fa nello scialpinismo. In sostanza si scia dove non ci sono piste vere e proprie, battute attorno a impianti di risalita, e ci si risparmia la scalata fatta con le pelli ai piedi.

Uno sport che, quanto meno a livello italiano, non sarebbe disciplinato in modo uniforme. Risulterebbe quindi insufficiente la collaborazione tra Stato e istituzioni locali che, in linea di principio, dovrebbe permettere di gestire gli impatti ecologici. «La Regione Valle d’Aosta lo ha regolamentato in alcune aree, a parere nostro in modo eccessivamente ampie passa in rassegna i casi specifici Casanova In Liguria, Lombardia, Veneto, ognuno fa come vuole con il benestare di sindaci compiacenti e privi di sensibilità». Mountain Wilderness in Trentino si mobilitò con forza per impedire che l’eliski venisse praticato sulla Marmolada. Nel 2012, dopo vent’anni di esposti e proteste, l’organizzazione poté esultare per il divieto di far atterrare le eliche sul massiccio trentino. E tuttavia «è dal 1996 che Mountain Wilderness, assieme alla Cipra e a settori del Club alpino italiano, chiede una severa legge di limitazione dei voli, anche turistici, in montagna riavvolge il filo il presidente onorario Vi eravamo arrivati quasi nel 1998. Un pesante intervento delle guide alpine nazionali e dell’allora Ds impedirono il varo di una legge già pronta, preparata dai deputati trentini, tra cui Schmidt e Detomas». Una «occasione persa», questa, che a detta di Casanova da allora non si sarebbe più ripetuta. «Come del resto non si è mai aggiornato il Codice della strada sull’uso e abuso delle motoslitte in montagna», allarga il ragionamento. Nel mirino innanzitutto gli impatti ecologici da contenere, dunque, ma Mountain Wilderness nella sua campagna durante gli anni ha anche sottolineato i rischi legati alla sicurezza. Non soltanto quelli che verrebbero corsi nella fase di volo e che lunedì si sono concretizzati, pare, provocando il tragico schianto sui monti canadesi ma anche il pericolo che le onde d’aria dell’elicottero inneschino valanghe. Va precisato però che nella Columbia britannica l’esperienza è maggiormente strutturata rispetto alle Alpi europee, con elicotteri più grandi e una dozzina d’aree selezionate e già ben collaudate. Tra l’essere un’occasione unica per molti appassionati e un bersaglio delle contestazioni, l’eliski resta però indubbiamente una disciplina piuttosto elitaria. I costi variano, e anche parecchio, ma le soglie minime ci sono. Gli elicotteri decollano trasportando gruppi di almeno quattro persone, compresa la guida alpina garantisce la sicurezza degli sciatori. L’esperienza poi normalmente viene offerta all’interno di pacchetti da due o tre giorni, che possono includere anche il pernottamento in qualche struttura. Calcolatrice alla mano, quindi, il costo complessivo può oscillare tra i mille e i quattromila euro. Sui portali italiani, per esempio, le proposte partono da 2.800 euro.

NOTIZIE DAI RIFUGI

L’Adige | 7 gennaio 2024

p. 15

Sporcato il bivacco del Roda di Vaèl

Francesca Cristoforetti

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Porte esterne del bivacco lasciate aperte, cibo lasciato all'interno della struttura e cenere sul pavimento. Questo il triste ritrovamento all'interno del bivacco del rifugio Roda di Vaèl, in Val di Fassa, ai piedi del Catinaccio.A denunciare il fatto la titolare della struttura, nonché presidente dell'Associazione Rifugi del Trentino, Roberta Silva, che l'1 gennaio, durante un sopralluogo per verificare che tutto fosse «in ordine», si è trovata di fronte una spiacevole sorpresa.«Episodio che lascia l'amaro in bocca - sottolinea Silva -. Ci sono persone che confondono il bivacco per un alloggio gratis». «Come sapete - racconta sui social - il primo dell'anno siamo saliti al rifugio con l'obbiettivo principale, oltre al solito giro di controllo, di farvi gli auguri per l'inizio del nuovo anno. Per questo, anche se molto contrariati, abbiamo aspettato alcuni giorni prima di farvi notare un fatto spiacevole accaduto al nostro locale invernale, locale che trovate in molti rifugi e che vi da la possibilità di riparo, nel periodo di chiusura del rifugio, in caso di maltempo o anche solo per cambiarvi».Ecco che, durante il giro di controllo alla Casa Alta vengono notati dettagli spiacevoli. «Porte esterne di protezione dalla neve aperte, che rischiavano di rompersi; la pala utile a pulire le aperture abbandonata all'esterno nella neve; cibo iniziato lasciato aperto sul letto; tabacco e cenere di sigaretta per terra all'interno con un difficile odore di fumo da eliminare dal locale. Abbiamo quindi dovuto lasciare un po' di cartelli per ricordare le corrette ed anche banali prassi di comportamento: vi chiediamo e sollecitiamo ad usare il buon senso perché purtroppo certi atteggiamenti non sono nuovi, non solo da noi ma anche presso altri locali invernali. Se non fossimo saliti appena dopo la nevicata chissà per quanto tempo sarebbe rimasta aperta la porta magari con conseguenze dannose». La presidente lancia nuovamente un appello: «Se usate questi locali abbiatene cura, dopo di voi potrebbe esserci qualcun altro che ne necessita e comportamenti non corretti ne compromettono la loro funzione. Questi spazi sono pensati per le emergenze quindi ribadiamo usateli con consapevolezza e cortesia. Qui non sale il turismo di massa ma quello maleducato ed irrispettoso dei luoghi adibiti ad uso comune e sempre dell'ambiente».E conclude: «È fondamentale il rispetto per chi verrà dopo di te. Se amate la montagna abbiatene cura fuori e dentro».

Corriere del Trentino | 7 gennaio 2024

p. 5

Cenere e avanzi di cibo, maleducati al rifugio:«Non è la prima volta»

Silva: «Chi usa questi locali deve averne cura»

Tiziano Grottolo

TRENTO

Le porte esterne aperte, la pala abbandonata nella neve, del cibo iniziato lasciato aperto sul letto e cenere di sigaretta sparsa sul pavimento. È questo lo scenario che Roberta Silva, gestrice del rifugio Roda de Vaèl (che sorge ai piedi del Catinaccio, nel comune di Vigo di Fassa) nonché presidente dei rifugisti del Trentino, si è trovata di fronte il primo dell’anno. «Eravamo saliti al rifugio per un giro di controllo e per gli auguri di inizio anno ma ci siamo trovati di fronte a un fatto spiacevole», spiega Silva in un post su Facebook. Alcuni escursionisti maleducati infatti, hanno soggiornato nel locale invernale del Roda de Vaèl, una struttura pensata per offrire una possibilità di riparo nel periodo di chiusura del rifugio, in particolare per chi viene sorpreso dal maltempo. Forse qualcuno ha pensato di festeggiare il Capodanno in quota (una pratica che si sta diffondendo sempre di più), senza però prestare la dovuta attenzione o mostrare un minimo di educazione. Così, quando Silva è salita in quota, ha trovato le porte esterne di protezione dalla neve aperte ma anche la pala che serve per liberare gli ingressi abbandonata in mezzo alla neve.

Inoltre, in uno dei letti all’interno della Casa Alta erano stati lasciati avanzi di cibo iniziato mentre sul pavimento c’erano cenere di sigaretta e tabacco. «È stato difficile eliminare l’odore di fumo dal locale», racconta la rifugista. Come se non bastasse questi comportamenti avrebbero potuto arrecare dei danni alla struttura. Banalmente le porte esterne del locale sono sdoppiate affinché, in caso di abbondanti nevicate, si possa aprire la sola sezione superiore e accedere alla struttura dalla seconda porta. Al contrario la neve ghiacciando potrebbe impedirne l’apertura e rendere inaccessibile il locale invernale. «Purtroppo certi atteggiamenti non sono nuovi, non solo da noi ma anche in altri locali invernali», osserva Silva. Per questo la presidente dei rifugisti chiede a tutti gli escursionisti di usare il buon senso: «Quando si usano queste strutture bisogna averne cura, chi arriva dopo potrebbe averne bisogno per un’emergenza», conclude Silva. Per ricordare agli escursionisti le buone regole di comportamento la gestrice del Roda de Vaèl ha apposto dei nuovi cartelli, parafrasando quelle che, soprattutto in montagna, dovrebbero essere delle ovvietà. Nel frattempo i post su Facebook sono diventati virali, con centinaia di reazioni e condivisioni. La condanna è pressoché unanime, moltissimi anche i messaggi di sostegno per la rifugista. «Maleducazione e assenza di rispetto sono ormai arrivati anche nei bivacchi dei rifugi», il commento di un utente. «Questi sono i risultati generazionali della cultura “usa e getta”: montanari “fighetti” che mettono la prestazione atletica prima di tutto ma non hanno capito nulla della montagna», fa eco un secondo alpinista. E ancora: «Mancanza di rispetto e inciviltà, specchio della nostra società attuale che viene portata ad ogni altitudine. Ricordiamoci che il bivacco dovrebbe essere un locale di emergenza e non una struttura da utilizzare per gite da like e post social». Insomma il messaggio da parte dei rifugisti trentini è arrivato forte e chiaro, ora la speranza è che venga recepito da tutti i frequentatori della montagna.

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L’Adige | 26 gennaio 2024

p. 36

Pedrotti "faro di montagna"

Inizia la ristrutturazione

SAN LORENZO IN BANALE

Saranno contenti gli ambientalisti: la ristrutturazione del rifugio Tosa Pedrotti prevede un ampliamento di 135 metri quadrati, ossia il 5% della superficie, come impone il Piano del Parco Adamello Brenta. Quindi niente necessità di deroghe, com'è invece accaduto altrove per le lamentazioni dei protezionisti.Poi ci sono le controindicazioni, inevitabili. «Con l'inizio dei lavori di riqualificazione e ammodernamento del rifugio (autorizzazioni a partire dal 15 maggio, meteo permettendo, ndr) i pernottamenti per l'estate 2024annuncia la Sat - saranno sospesi, ma rimarrà la funzione di "presidio" per questo importante e storico rifugio del Brenta. Agli escursionisti il rifugio offrirà servizio bar e pasti veloci». I gestori della famiglia Nicolini, nell'augurare «buone escursioni nel nostro amato Brenta», aggiungono: «Saremo chiusi per i pernottamenti e le mezze pensioni».Come capita spesso, dal dire al fare... c'è di mezzo la montagna. Niente rime, ma è così. A sentire la Sat, la storia dell'intervento ha inizio più di dieci anni fa. La storia del Pedrotti (a 2.491 metri sul mare, su un balzo roccioso ai piedi delle cime Brenta Bassa e Brenta Alta) appartiene ai pionieri: inizio Novecento. Struttura imponente (14 metri di altezza, 19,20 per 10,50 di superficie) è stata più volte manomessa.Ora i satini si sono posti "un grande dilemma" giocato fra demolizione totale con ricostruzione e ristrutturazione. A sua volta intrecciato con un altro dilemma: radicale ristrutturazione di tutto l'edificio o ristrutturazione parziale per salvaguardare la storia della parte originaria della struttura? Così si è arrivati al 2022, quando è stata avviata una procedura di concorso di progettazione, voluta da Sat, che con il coinvolgimento degli Ordini degli architetti e degli ingegneri ha portato al progetto di ristrutturazione dell'ultimo piano e della necessaria scala antincendio. Ad aggiudicarsi il bando sono stati i progettisti Stefano Pasquali (capogruppo), Samantha Minozzi e Alberto Stangherlin, con il consulente Andrea Moser.Il titolo che i professionisti hanno dato al progetto è immaginifico: "Rifugio Pedrotti, un Faro di montagna". Come tutte le suggestioni, abbisogna di una spiegazione. «Quattro finestre illuminate alla sommità del rifugio - raccontano i progettisti - saranno sinonimo di sicurezza, calore e riparo per gli escursionisti e gli alpinisti». E più in particolare: «Le quattro aperture

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al piano terzo diventano all'esterno quattro punti di riferimento per chi si avventura nei sentieri e lungo le vie nelle vicinanze. A est, l'accesso primario al rifugio, da Molveno, con il sentiero 319 e il 303 in arrivo dal sentiero Spinelli; a nord con il sentiero 305 in arrivo dalla ferrata delle bocchette centrali. A ovest invece il sentiero 358, sentiero attrezzato Brentari, e a sud con il sentiero Palmieri 320. All'interno invece le aperture sono quattro cornici dove poter osservare il panorama delle Dolomiti di Brenta al riparo di un nuovo e confortevole tetto».Ecco, il tetto. È la parte innovativa del progetto. La copertura classica a due falde verrà sostituita dalla copertura a colmo sfalsato, che «genera una falda asimmetrica, dove la maggiore (posta a sud-ovest) permette la posa del nuovo impianto fotovoltaico (20 chilowatt di potenza). Lo spostamento del colmo genererà all'interno una maggiore altezza, aumentando il comfort degli spazi».I costi. Il progetto rientrerà nell'importo massimo di 990.000 euro iva esclusa, come previsto dal bando. Attenzione, questi sono solo i primi. «Oltre alle opere del progetto, sono da valutare - afferma la presidente della Sat Anna Facchini - le migliorie interne: cucine, magazzini, spazi comuni. Quindi l'importo dell'investimento è molto più elevato dei 990.000 euro delle opere del progetto».Raddoppiamo? «Molto di più», conclude la presidente.

NOTIZIE DAI COLLEGI DELLE GUIDE ALPINE

Corriere delle Alpi | 15 gennaio 2024

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«Troppe guide alpine abusive Ma la vigilanza è inesistente»

Francesco Dal Mas / BELLUNO

Troppi abusivi lungo i fuoripista, sulle cascate di ghiaccio e magari a ciaspolare sulla neve. Troppe guide che non hanno titolo per accompagnare e assistere i loro clienti. I quali clienti, probabilmente, sono interessati solo a risparmiare. «Ma, ne siano coscienti, lo fanno a loro rischio e pericolo», avverte Enrico Geremia, presidente delle Guide Alpine del Veneto. Sono 130 questi "angeli custodi", più una settantina di accompagnatori di media montagna. Se d'estate arrampicano, d'inverno svolgono attività complementari allo sci. "Angeli" e "custodi" che faticano: a far valere la loro professionalità, che magari è costata un occhio della testa. E senza alcuna sovvenzione. «I corsi di formazione durano due anni, si articolano in 96 giornate di stage formativo, di pratica più ancora che di teoria», spiega Geremia. «Un corso costa 20 mila euro, più altri 5 se non 10 mila euro di spese logistiche. Tutti soldi a carico del candidato, ammesso che venga promosso. Fino al 2016 la Regione Veneto interveniva con un contributo che dava copertura a metà della spesa. Da allora non più, alla faccia della prevenzione e della formazione alla sicurezza».

Il Veneto ha ritenuto di non dover partecipare a un investimento ritenuto personale, anziché finalizzato alla comunità. Almeno questa è l'interpretazione che ne dà Geremia, che in questi giorni si trova a Cogne, in Valle d'Aosta, per fare da docente a chi vuol imparare ad arrampicare sul ghiaccio. Lui, invece, esercita di solito sulle Dolomiti. Ecco, dunque, che il candidato-guida o trova i soldi per farsi il patentino, oppure rinuncia. Anzi no, va in fuga fuori regione e si iscrive alle attività di formazione proposte dal Friuli Venezia Giulia piuttosto che dal Trentino Alto Adige o dalla Lombardia. In queste aree, infatti, i contributi sono notevoli. «Così avvenendo, noi perdiamo numerosi amici che professionalmente emigrano», lamenta Geremia, «e tanta domanda di assistenza rimane senza risposta». Anzi, purtroppo no. Trova risposta nell'abusivismo, che esercita perché mancano i controlli, la vigilanza è pressoché inesistente. Una presunta guida alpina può costare anche solo 100 euro per una giornata di scialpinismo, mentre i colleghi di Geremia non possono farsi pagare meno di 250 euro, fino anche a 350, secondo le difficoltà. In Alto Adige le tariffe raggiungono anche i 400 euro. «Sono tanti soldi, ce ne rendiamo conto, ma l'assistenza che noi garantiamo è massima, per la preparazione che abbiamo (e che tanto ci è anche costata). Loro, gli abusivi, di lezioni ne hanno fatte ben poche. E chissà se rilasciano la ricevute; se pagano le tasse». Praticare il fuoripista, scalare una cascata di ghiaccio, o anche solo organizzare una ciaspolata in ambienti magari fascinosi può essere un'avventura complessa come può essere la più classica arrampicata su qualche spigolo dolomitico. «Bisogna, insomma, essere preparati, perché davvero si rischia grosso. E allora ci chiediamo», insiste il presidente delle guide del Veneto, «perché non si fermano gli abusivi che rischiano; perché la Regione non contribuisce alla formazione certificata, quando rileviamo che giustamente finanzia il Soccorso Alpino in tutte le sue necessità e attività». In altre parole, la prevenzione non dovrebbe essere importante quando l'assistenza monte, quindi il soccorso?

La stagione si è dunque aperta con questi interrogativi. Il lavoro, durante le festività, non è mancato. Ma non nella misura sperata. Anche, appunto, per il costo di una guida professionista. Metti 300 euro di accompagnamento, 70 euro di skipass, spese collaterali e una giornata in quota, di fuori pista, può costare un terzo dello stipendio. L'italiano medio difficilmente può permetterselo. E lo straniero? «Ecco, di stranieri ne abbiamo ricevuti parecchi. Lo sa quanto costa uno skipass negli Usa? Tra i 200 e i 250 dollari. E con impianti di qualità inferiore a quella dei nostri».

Di neve non ce n'è stata tanta. L'ultima arrivata ha dunque rilanciato lo scialpinismo. Anche le temperature per tante settimane sono rimaste al di sopra dei gradi attesi. Ma il gelo ha contribuito in questi giorni a perfezionare le cascate di ghiaccio. E da Sappada alla Val Travenanzes, sopra Cortina, è tutta una rincorsa. «Incrociamo le dita per le prossime settimane», va a concludere il coordinatore veneto delle guide alpine. «Nella speranza che qualcuno si vergogni di certificarsi guida alpina dopo aver fatto solo poche e non certificare sedute di formazione».

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NOTIZIE DALLE AREE PROTETTE

Alto Adige | 4 gennaio 2024

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Parchi naturali, cinque centri visite aperti in inverno bolzano. I Parchi naturali dell'Alto Adige promuovono la tutela della natura e la ricerca scientifica, offrono occasioni di relax a stretto contatto con l'ambiente naturale e curano l'educazione ambientale. I centri visite e i punti informativi sono i cardini attorno ai quali ruota questo impegno educativo. Dal 27 dicembre hanno aperto al pubblico Puez-Odle, Fanes-Senes-Braies, Tre Cime e Vedrette di RiesAurina. I centri visite, durante il periodo invernale, rimarranno aperti fino al 30 marzo. Il Parco naturale Sciliar-Catinaccio a Siusi rimane aperto ai visitatori tutto l'anno. Ai primi di aprile, invece, l'apertura dei Parchi naturali di Tessa e Monte Corno.Gli orari sono consultabili sulla pagina web della Provincia dedicata ai Parchi naturali.La mostra speciale "Gli anfibi dell'Alto Adige", fornisce informazioni su rane, rospi, salamandre e tritoni. È allestita al centro visite del Parco naturale Sciliar-Catinaccio. Vi sono esposte anche immagini di habitat acquatici caratteristici.Al centro visite del Parco naturale Puez-Odle a Funes, si può ammirare una mostra di presepi fino alla fine di gennaio. La mostra speciale "Il bostrico" è in corso per tutta la stagione invernale e offre una panoramica sulla biologia e l'etologia di questo insetto, divenuto particolarmente noto.Il parco naturale delle Tre Cime a Dobbiaco ospiterà la mostra speciale "Parchi Naturali Alto Adige - I boschi" per tutto il 2024. Descrive le varie formazioni forestali caratteristiche dei parchi naturali della Provincia e informa sulle piante e gli animali di questi diversi habitat. Inoltre, la mostra speciale "Signori del silenzio - i tetraonidi e la coturnice" offre una panoramica sulla vita di questi uccelli dal comportamento affascinante, che vivono segretamente, spesso inosservati nei boschi e in alta montagna.Nel centro visite del Parco naturale Vedrette di Ries-Aurina a Campo Tures, la mostra speciale "Il futuro del pascolo" presenta aspetti dell'allevamento e il pascolo. Mostra l'influenza del pascolo sulla formazione del paesaggio e è legata al progetto "LIFEstockProtect" sulla protezione delle mandrie nell'ambito del programma Life dell'Unione europea.Il Parco naturale Fanes-Senes-Braies a San Vigilio ospita la mostra speciale "Minuscole, enormi, sempre preziose! Le aree protette dell'Alto Adige". È dedicata alle varie aree protette della Provincia e alle loro rispettive peculiarità."Siamo particolarmente soddisfatti di questa nuova mostra itinerante sulle aree protette dell'Alto Adige, che per la prima volta può essere visitata nel centro visite del Parco Naturale di San Vigilio di Marebbe", afferma Margareth Pallhuber, coordinatrice provinciale Educazione alla natura e all'ambiente.

NOTIZIE DALLE ASSOCIAZIONI ALPINISTICHE

Alto Adige | 10 gennaio 2024

p. 19

L'Avs: «Finanziamenti ai rifugi si usano due pesi e due misure»

Bolzano

Il Cai Alto Adige - ma solo per ora - non si è accodato, avendo ricevuto rassicurazioni scritte quanto meno per i lavori al rifugio Plose. L'Alpenverein Südtirol invece non le manda a dire: sui finanziamenti ai rifugi c'è uno squilibrio, fra quelli privati da una parte e quelli delle associazioni alpinistiche dall'altra.L'Avs chiede alla giunta provinciale di trattare tutti i gestori di rifugi in modo uguale quando si tratta di finanziamenti. «Favorire i privati significa non rispettare il volontariato», tuona il presidente Georg Simeoni. In Alto Adige ci sono ufficialmente circa 100 rifugi, di cui circa 50 di proprietà privata, 24 della Provincia di Bolzano, 11 dell'Alpenverein Südtirol (Avs) e 14 del Club Alpino Italiano (Cai). «Giustamente - così Simeoni - i rifugi di proprietà della Provincia, in parte in cattivo stato di manutenzione, vengono gradualmente ristrutturati, anche in modo smisurato, dalla Provincia stessa».L'Alpenverein riceve insieme al Cai un contributo annuo di 700.000 euro per la manutenzione dei propri rifugi e di circa 6.500 chilometri di sentieri. Tutti questi rifugi sono avanti con gli anni e hanno urgente bisogno di essere ristrutturati, sia per soddisfare i requisiti igienico-sanitari, sia per le necessarie misure antincendio, per gli alloggi del personale o per il risanamento energetico. Dopo lunghe trattative, l'amministrazione provinciale ha promesso all'Avs e al Cai un finanziamento speciale di 10 milioni di euro distribuito su 10 anni. Si tratta di circa 417.000 euro per rifugio, ripartiti su 24 rifugi. Contrariamente a quanto spesso ritenuto, spiega oltre Simeoni, questi fondi sono legati a precise condizioni: per beneficiare dei finanziamenti, le due associazioni alpine devono coprire da sole una gran parte delle spese, ma il 90% dei fondi utilizzati a questo scopo non proviene da sovvenzioni pubbliche, bensì dalle quote associative.Riferendosi al caso del nuovo Santner, Simeoni tuona: «La notizia che i proprietari di un rifugio privato hanno ricevuto un finanziamento pubblico di 1.230.000 euro come contributo per la "ristrutturazione" - cioè la nuova costruzione del rifugio - è in realtà un'ottima notizia per tutti gli altri gestori e proprietari di rifugi in Alto Adige. Inoltre, l'amministrazione provinciale ha venduto al gestore le aree accessorie, che sono in realtà

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terreni di proprietà demaniale, a un prezzo inferiore al valore effettivo. Va anche detto che, a nostro avviso, questo rifugio non è un rifugio nel senso classico del termine, ma piuttosto un "albergo tra le nuvole", in quanto esistono già tre rifugi storici nel raggio di meno di 1 ora e mezza». Più di uno dei rifugi delle associazioni alpinistiche occupa per intero o in parte terreno del demanio, «ma purtroppo non siamo ancora riusciti a risolvere la situazione della proprietà e dobbiamo pagare i diritti di licenza, aumentati sei volte nell'ultimo anno».Inoltre, prosegue Simeoni, «non abbiamo mai ricevuto una risposta chiara alle nostre richieste su un possibile acquisto, o abbiamo ricevuto solo rifiuti nei colloqui». È evidente, secondo il presidente, «che vengono applicati e promossi due pesi e due misure. Come associazioni alpinistiche, riteniamo che questa disparità di trattamento rappresenti una mancanza di rispetto per il volontariato e chiediamo alla nuova giunta provinciale di mettere per iscritto, e quindi in modo vincolante, i finanziamenti speciali promessi e, in generale, di fornire ai gestori di rifugi alpini interessati le soluzioni già applicate nella regolamentazione della proprietà.Come detto, all'appello per ora il Cai Alto Adige non si è accodato, ma il presidente Carlo Alberto Zanella non esclude di farlo prossimamente. Forti sono infatti le perplessità per quanto accaduto al Santner e si teme possa accadere ancora con altri rifugi privati. Come chiarisce invece l'ingegner Claudio Sartori, responsabile rifugi Cai, «la giunta ha promesso i finanziamenti, che dovevano in parte essere erogati nel 2023, ma i progetti non erano pronti, Per ora, abbiamo ricevuto un impegno scritto riguardo al rifugio Plose. Ci auguriamo che anche gli altri rifugi - le singole sezioni hanno approntato i progetti e messo a disposizione i loro fondi - vengano sostenuti come promesso». DA.PA

Corriere delle Alpi | 10 gennaio 2024

p. 20

Tetto al Settimo, gestori al Bianchet sarà un 2024 impegnativo per il Cai

Fabrizio Ruffini / BELLUNO

Grandi opere e solito impegno nelle manutenzioni di ferrate e sentieri, ma anche corsi, cultura e viaggi: sarà un 2024 denso di attività per il Cai di Belluno, che dopo il riassetto associativo e la chiusura di tutti i mutui aperti si prepara alle nuove sfide in programma.

UN TETTO NUOVO PER IL SETTIMO

Cosa rappresenta un rifugio più del suo tetto, scudo contro freddo e intemperie? Bene, quello del rifugio Settimo Alpini comincia a far sentire i suoi settant'anni d'età ed è quindi cominciata la caccia del Cai di Belluno agli importanti fondi necessari per la sua sostituzione: «Stimiamo una spesa compresa tra i 100 e i 150mila euro, ma è probabile che sia più corretta la stima più alta», commenta il presidente del Cai di Belluno, Paolo Barp, «è un impegno importante per la nostra sezione, ma contiamo di racimolare qualche contributo e stiamo anche partecipando a un bando europeo per questo tipo di interventi. Dopo settant'anni è giunta l'ora di metterci mano, andrà coibentato e isolato, con l'obiettivo di renderlo utile anche al di fuori della stagione estiva». Dopo gli infissi e le migliorie interne, quindi, il Settimo si prepara a un ulteriore salto di qualità, senza contare che l'intervento, seppur impegnativo, non dovrebbe intaccare la regolare apertura estiva del rifugio: «Contiamo di cominciare i lavori già in primavera e di aprire per la nuova stagione con il tetto nuovo già in posizione», spiega Barp, «è vero che i tempi sono stretti, ma noi siamo abituati ad agire in fretta».

NOVITÀ ANCHE AL BIANCHET

Questa non è l'unica novità riguardante i rifugi di proprietà del Cai di Belluno: «A breve verrà reso noto il nome di chi gestirà il Bianchet», continua Barp, «da quando abbiamo pubblicato l'annuncio sono arrivate circa dieci candidature, compresa quella dei precedenti gestori, e sarà una commissione ad hoc a decidere chi andrà a gestire il rifugio». Inoltre, sempre intorno al Bianchet, sono previsti altri lavori importanti: l'Ente Parco si è fatto promotore di alcuni interventi per la messa in sicurezza e per migliorare l'accessibilità al rifugio. Manutenzione straordinaria, inoltre, sul sentiero per il monte Coro, che una volta sistemato, promette di essere una piacevole attrazione alla portata di tutti: «Come Cai non ci occupiamo direttamente della manutenzione straordinaria, ma sarà nostra la regia e i lavori saranno affidati a un'impresa», sottolinea il presidente. «Il tracciato è stato quasi cancellato da una valanga ed era stato ridisegnato alla meno peggio. Ora però intendiamo rifarlo completamente, rendendolo più chiaro e attrezzato, in modo da permettere anche alle famiglie di affrontarlo». Il sentiero, partendo proprio dal Bianchet, permette di raggiungere la cima del monte in circa un'ora e mezza passando in mezzo ai rododendri, che in maggio si esibiscono nello spettacolo della fioritura. La posizione isolata del colle, poi, regala dalla sua cima una vista mozzafiato a 360 gradi sui monti tutto intorno.

TANTI SOCI E ATTIVITÀ Per Barp

Il 2024 rappresenta il secondo anno del suo secondo mandato, una presidenza cominciata con le difficoltà del Covid e proseguita sempre in crescendo, con ottimi numeri e risultati. «Quest'anno, l'annuario sezionale porta in copertina il bivacco Sperti, che finalmente siamo riusciti a completare, rendendo agibili la Val di Piero e la ferrata Sperti», commenta il presidente, «peccato per il distacco caduto in autunno sulla ferrata Marmol, ma contiamo di farla tornare agibile al più presto. Nel 2023 abbiamo chiuso tutti i mutui e oggi la situazione sezionale è buona, gli iscritti hanno superato i 1700 e continuano ad aumentare anno dopo anno. Anche i volontari sono molti e con importanti competenze da mettere in gioco». Valori aggiunti importanti da poter spendere durante le tante attività previste: «Tutte le nostre commissioni stanno lavorando benissimo e abbiamo avuto molte soddisfazioni sia dalla scuola di alpinismo e sci alpinismo, che dai ragazzi delle scuole che abbiamo accompagnato nei rifugi.

Per quanto riguarda i lavori che ci attendono, abbiamo sistemato e riattrezzato il tratto di sentiero che dal Settimo Alpini va verso il Pis Pilon, dove c'erano due tratti esposti e piuttosto pericolosi che ora sono stati messi in sicurezza e ora resta il sentiero della Pala Alta, che pensavamo di riuscire a fare in ottobre, ma che mancando l'elicottero dovremo sistemare in primavera. Con la bella stagione, poi, cominceranno anche gli sfalci (hanno coperto ben 28km solo nel 2023. Nda), sperando che vengano confermati i contributi dal Comune

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come l'anno appena passato». Online, infine, il nuovo sito (caibelluno.it) dove è possibile trovare tutte le informazioni sulle future iniziative ed escursioni (compresi i viaggi) organizzati dalla sezione.

Corriere dell’Alto Adige | 10 gennaio 2024

p. 4

L’Alpenverein: «Rifugi, basta aiuti ai privati»

La richiesta alla giunta provinciale arriva dall’Alpenverein: «Trattare tutti i gestori di rifugi in modo uguale quando si tratta di misure di finanziamento». L’associazione osserva che «favorire i rifugi privati significa non rispettare il volontariato». L’Avs prende spunto dalla notizia secondo cui i proprietari di un rifugio privato hanno ricevuto un finanziamento pubblico di 1.230.000 euro come contributo per la «ristrutturazione», cioè la nuova costruzione del rifugio. Inoltre, riferisce l’Avs, «l’amministrazione provinciale ha venduto al gestore le aree accessorie, che sono in realtà terreni di proprietà demaniale, a un prezzo inferiore al valore effettivo». L’Avs ricorda che, dei circa 100 rifugi presenti in provincia di Bolzano, il club alpino di lingua tedesca ne gestisce 24 ed il Cai 14. «L’Alpenverein - si legge in una nota -riceve insieme al Cai un contributo annuo di 700.000 euro per la manutenzione dei propri rifugi e di circa 6.500 chilometri di sentieri». «Dopo lunghe trattative - prosegue l’Avs - l’amministrazione provinciale ha promesso all’Avs e al Cai un finanziamento speciale di 10 milioni di euro distribuito su 10 anni. Si tratta di circa 417.000 euro per rifugio, ripartiti su 24 rifugi. Questi fondi sono legati a precise condizioni. Riteniamo che questa disparità di trattamento rappresenti una mancanza di rispetto per il volontariato» conclude l’associazione.

Alto Adige | 14 gennaio 2024

p. 16

Rifugi alpini: «L'Avs è favorito non i privati»

Bolzano

L'Alpenverein Südtirol (Avs) e il suo presidente Georg Simeoni ritengono che i rifugi alpini in Alto Adige siano misurati e promossi con due pesi e due misure. Il gruppo "Rifugi Alpini Alto Adige" dell'Unione Albergatori e Pubblici Esercenti (Hgv) concorda con questa affermazione. «Tuttavia, la situazione è opposta a quella comunicata». A seconda della classificazione del rifugio, i rifugi privati ricevono fino al 40-60% per gli investimenti ammissibili con un importo massimo di investimento, mentre i rifugi dell'Avs ricevono fino al 70-80% di finanziamenti senza un limite massimo di investimento. Inoltre, in base ai criteri di finanziamento per i rifugi dell'Avs, è prevista una sovvenzione annua forfettaria aggiuntiva per le spese di manutenzione di modesta entità.«Il finanziamento fornito dalla Provincia - così l'Hgv - deve essere sufficiente per un totale di 50 rifugi privati e, di contro, solo per undici rifugi dell'Avs».I proprietari di rifugi privati, così come l'Avs in qualità di proprietario di rifugi alpini, hanno la possibilità, per gli investimenti progettati, di presentare le relative istanze di contributi in base ai diversi criteri di finanziamento indicati. «Tuttavia, i proprietari di rifugi privati devono assumersi un rischio economico per realizzare gli investimenti e cercare di rendere le aziende adatte alle esigenze del tempo con denaro preso in prestito e molta passione», afferma Stefan Perathoner, presidente del gruppo Rifugi Alpini Alto Adige dell'Unione Albergatori e Pubblici Esercenti (Hgv).

L’Adige | 20 gennaio 2024

p. 12, segue dalla prima

La Sat: «Rifugi sobri e in autonomia»

nicola maschio

La Sat rinnova la linea dura contro i rifugi a «cinque stelle»: si continua quindi a puntare sulla sobrietà, perché, come dice la presidente Anna Facchini, in quota «non si possono trovare le ostriche da consumare come aperitivo». Avanti quindi con il percorso che dovrà dotare i rifugi dell'autosufficienza energetica e con il risparmio dell'acqua.

Un secco "no" ai rifugi a "cinque stelle" ed anzi, nel corso del 2024 si dovrà puntare forte sulla sensibilizzazione dei frequentatori della montagna, perché abbiano le idee chiare rispetto a ciò che si può (o non si può) trovare all'interno delle strutture in quota. Ha le idee chiare la presidente di Sat Anna Facchini, che nella mattinata di ieri, ha illustrato il documento programmatico 2024 dell'associazione soffermandosi, come detto, anche su questo tema di assoluta importanza. «Dovete pensare che, come Società Alpinisti Tridentini, siamo proprietari di 35 rifugi, all'interno dei quali l'offerta di accoglienza nei confronti dei frequentatori è orientata alla "sobrietà" - ha aggiunto Facchini - So bene che si tratta di un concetto relativo e soggettivo, ma è chiaro che in un rifugio non si possono trovare le ostriche da consumare come aperitivo, tanto per fare un esempio. Perciò invitiamo tutti coloro che si recano in queste strutture a

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prestare grande attenzione al contesto, anche socio-economico, in cui si trovano e in cui il rifugio è inserito».E se questi elementi si riferiscono alle caratteristiche di accoglienza dei diversi presidi montani di proprietà della Sat, una parentesi Facchini ha voluto aprirla anche sulle caratteristiche costruttive: in particolare, per quanto riguarda risanamento, ristrutturazione e adeguamento dei rifugi. «Da questo punto di vista saremo quanto più attenti possibile ad efficientare la rete energetica, ma senza dimenticare un altro elemento di estrema importanza, ovvero il ciclo dell'acqua - ha spiegato la presidente dell'associazione - Parliamo di un bene non infinito che, soprattutto nei rifugi alle quote più alte, sta cominciando a scarseggiare. I motivi sono legati ai cambiamenti climatici, certamente, ma anche alle diverse stagionalità, alla scarsità di precipitazioni, insomma a tanti elementi diversi».Si apre dunque un altro dibattito, legato tanto al tema dell'accoglienza quanto a quello dell'efficientamento energetico: l'autonomia dei rifugi. «Faccio sempre questo esempio: un rifugio in montagna deve essere autonomo come se fosse un piccolo paese - ha sottolineato ancora Facchin - Ciò significa che non solo deve essere in grado di approvvigionarsi di acqua, ma deve anche avere l'energia per funzionare. Avere tutto questo all'interno di un unico edificio in quota significa dover ragionare sulla messa in campo di una serie di meccanismi che, in fondovalle, vengono invece fatti funzionare grazie ad una rete. Quindi se parliamo di energia elettrica pensiamo al fotovoltaico, mentre per l'acqua stiamo ragionando su sistemi che garantiscano un riciclo della stessa, oppure che permettano uno stoccaggio di quella piovana o derivante da neve, per ottimizzarne l'utilizzo. Ma servirà anche investire sulla sensibilizzazione nei confronti di chi frequenta il rifugio: sempre più utilizzatori chiedono di poter fare la doccia in una stessa giornata, capiamo l'esigenza ma va valutata la reale disponibilità dell'acqua».

L’Adige | 20 gennaio 2024

p. 12

Obiettivi della SAT 2024: dalla cultura della montagna alla cura dei sentieri

Dove andrà Sat nel 2024? Questa la domanda alla quale ha voluto rispondere il documento programmatico presentato ieri mattina nella sede di via Manci, a Trento. Un serie di linee guida ed obiettivi che, ha spiegato la presidente Anna Facchini, caratterizzano un documento che «non si cristallizza al momento della sua approvazione, ma con le opportune motivazioni, potrà adattarsi in modo flessibile ai cambiamenti». «Un momento di riflessione sul futuro e di pianificazione per azioni che possono trovare loro compimento anche oltre l'anno solare - ha aggiunto Facchini. - Ogni attività o iniziativa pianificata meriterà ogni sforzo per la concretizzazione, in rapporto alle risorse che potranno essere destinate. Il lavoro delle nostre commissioni, per arrivare al raggiungimento degli obiettivi, sarà fondamentale: tutte loro, nei rispettivi settori di competenza, sapranno mettere in campo ciò che è necessario per sensibilizzare, informare e tutelare il nostro ambiente. Un grazie anche ai nostri partner, che ci affiancheranno in altri mesi di intensa attività». Il 2023 si è concluso con l'iscrizione a Sat di 27 mila soci (record storico) di cui 2mila dei quali giovanissimi con meno di 12 anni di età. Il 2024 continuerà nello scrupoloso lavoro delle commissioni di Sat finalizzato alla promozione della conoscenza e della cultura della montagna attraverso contenuti e consulenze specialistiche per la collettività e costituite da volontari esperti nei diversi ambiti. Continuerà il lavoro delle 85 sezioni Sat distribuite capillarmente su tutto il territorio del Trentino. Proseguirà la gestione di Sat delle 56 strutture tra rifugi e bivacchi con oltre 50mila pernottamenti ogni anno. I soci volontari continueranno a curare la segnaletica e la manutenzione di 5.500 chilometri di sentieri alpini. nicola maschio

EDITORIALI E INTERVISTE

Corriere del Trentino | 24 gennaio 2024

p. 10

«La modernizzazione ha travolto la montagna»

L’antropologo Salsa: «Da zone prospere ad aree marginali, ecco l’impatto dello sviluppo sulle Alpi»

Ugo Cennamo

BORCA DI CADORE

«Credo nel progresso non nello sviluppo». Sono passati cinquant’anni da quando Pier Paolo Pasolini pronunciò queste parole che fecero scalpore, ma di fatto questa distinzione genera ancora perplessità. Com’è accaduto quando l’antropologo e storico della Alpi Annibale Salsa, nel corso di un incontro che si è svolto all’hotel Boite di Borca di Cadore sul tema della montagna e di un possibile Green New Deal, ha sottolineato che «la modernità non ha reso un buon servizio alla montagna».

Come Pasolini criticava lo sviluppo fine a se stesso inteso in termini meramente economici quando invece il progresso dovrebbe essere portatore di benessere sociale, il professor Salsa sottolinea quanto è stato perduto in nome della modernizzazione. «Noi associamo - spiega - la modernità con il progresso, ma una cosa è il progresso tecnologico altro il progresso etico culturale». E racconta quanto la storia insegna «non per fossilizzarsi in quello che è stato il passato, ma perché certe buone pratiche vengono da

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lì». Il passaggio alla modernità corrisponde con la retrocessione delle Alpi a periferia dell’impero e questo avviene all’inizio dell’Ottocento con Napoleone. «Il libero comune - spiega Salsa - arriva in pianura e nella fascia pedemontana nel dodicesimo secolo, ma non nelle valli alpine dove ancora sono le comunità a presidiare il territorio che gestiscono in maniera comunitaria, attraverso forme di autogoverno, a partire dalle Regole, che ha consentito di attraversare i secoli dal mille fino all’avvento della modernità, della rivoluzione francese». Secoli nel corso dei quali i territori alpini «non erano luoghi subalterni a una cultura egemone, erano territori dove si riusciva a vivere, si riusciva a produrre, dove non esisteva la miseria, forse un po’ di povertà. In queste realtà il modello partecipativo funzionava. Governare la comunità voleva dire mettersi a disposizione della comunità, la potremmo chiamare democrazia alpina, con livelli buoni di scolarizzazione e di cultura. Tutto questo è stato perduto con la modernizzazione».

La marginalità di Comelico e Cadore non è geografica, ma un concetto introdotto dallo pseudo progresso successivo: «Le comunità alpine perdono la capacità di autogoverno perché incompatibili con lo stato centralizzato e subalterne rispetto a una politica e a una cultura egemone». Un cambiamento è però possibile grazie anche alla legge del 2017 sui domini collettivi che va in controtendenza. «Oggi - conclude Salsa - non c’è più la convinzione dogmatica secondo la quale queste sono forme anacronistiche di governare. I giovani devono conoscere queste pagine di storia per guardare alla montagna non percependola più come marginale».

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