Rassegna Stampa Dolomiti UNESCO | Aprile 2023

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Fondazione Dolomiti Dolomites Dolomiten Dolomitis

R A S S E G N A S T A M P A

APRILE 2023

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PRINCIPALI ARGOMENTI DALLA RASSEGNA STAMPA DI APRILE:

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ALPS: LA MOSTRA ALLE GALLERIE DI PIEDICASTELLO................................................................................... 3 DOLOMITI MOUNTAIN SCHOOL: SETTIMA EDIZIONE 5 CRISI IDRICA ...................................................................................................................................................... 6 CRISI IDRICA: APPELLO A NON CALPESTARE I LAGHI ................................................................................... 10 OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI 12 MOBILITA’ SUI PASSI: LA PROPOSTA “CAR IS OVER” 18 COLLEGAMENTO SESTO – SILLIAN................................................................................................................. 23 COLLEGAMENTO COMELICO – PUSTERIA 23 MARMOLADA 25 DOLOMITI ACCESSIBILI: IL CONVEGNO........................................................................................................... 26 STRATEGIE TURISTICHE 27 TURISMO: IPOTESI NUMERO CHIUSO 28 MOUNTAIN BIKE E SENTIERI............................................................................................................................ 30 BOLZANO FILM FESTIVAL BOZEN: PREMIO SPECIALE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO 31 DELIBERA PROVINCIA AUT. DI BOLZANO – ALTO ADIGE PER LA GESTIONE DEI SITI UNESCO 31 SERRAI DI SOTTOGUDA: UN AGGIORNAMENTO ............................................................................................. 32 NOTIZIE DAI RIFUGI.......................................................................................................................................... 32 NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO 36 NOTIZIE DALLE ASSOCIAZIONI ALPINISTICHE ................................................................................................ 37 EDITORIALI E INTERVISTE ............................................................................................................................... 37 DOLOMITI IN TV 39

ALPS: LA MOSTRA ALLE GALLERIE DI PIEDICASTELLO

L’Adige | 25 Aprile 2023

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Montagna, il futuro è oggi

Abitare, lavorare, governare, raccontare, rappresentare, conquistare. È attraverso questi sei verbi, coniugati in altrettante sezioni, che la mostra "Alps: comprendere la montagna" racconta la storia dell'uomo e le trasformazioni tecnologiche sulle terre alte dal basso Medioevo in poi, ne analizza criticità e paradigmi per farci riflettere su cosa può diventare la vita in quota in un futuro che è già l'oggi: la via pressoché obbligata della sostenibilità. L'esposizione verrà inaugurata a Trento giovedì 27 aprile, alle ore 18, a Le Gallerie di Piedicastello, promossa dalla Fondazione Museo Storico del Trentino con il Trento Film Festival e curata dai ricercatori del Museo Storico Alessandro de Bertolini, Luca Caracristi e Sara Zanatta. Un percorso con sei verbi "guida", sei sezioni alle quali si affiancano tre direttrici tematiche dedicate alle Dolomiti Unesco, alla trentina SAT e al Club Alpino Italiano.«Dopo che le Alpi sono state abitate, popolate, scalate e bombardate, filmate e descritte, abbandonate e ammirate, quello che rimane è comprenderle e comunicarne le ragioni della sfida della contemporaneità», osserva Alessandro de Bertolini, fra i curatori dell'esposizione. «Dopo essere stati luoghi di emersione di problemi - aggiunge - le montagne divengono un grande laboratorio dove sperimentare modelli di sostenibiltà e convivenza. Molti degli elementi di crisi che oggi percepiamo, come la siccità, o la ristrettezza degli spazi, sono già stati affrontati da tempo. Pensiamo ad esempio ai rifugi, che da anni risparmiano l'acqua. L'idea alla base della mostra è quella di affrontare il tema della montagna come laboratorio di sperimentazione, transnazionale e multietnico, di buone pratiche e modelli di organizzazione territoriale sostenibili.».Cosa trova, nella mostra, il visitatore?«L'invito a riflettere viene portato in mostra attraverso azioni che ci aiutano a capire meglio cosa sono state, cosa sono e cosa possono diventare le Alpi. Testi, video, immagini e oggetti relativi alla cultura materiale provengono da una serie di partner che hanno costruito i contenuti insieme a noi, fin dall'inizio, un network di soggetti che hanno portato la loro visione. La sezione "Rappresentare le Alpi", ad esempio, è stata realizzata con TSM-Step e con un rapporto diretto con Antonio De Rossi, architetto e ordinario al Politecnico di Torino, autore dei volumi sulla costruzione delle Alpi. I 50 quadri in mostra riprodotti sono stati concessi dall'editore Donzelli. Creata con la Fondazione Dolomiti Unesco, la parte dedicata al patrimonio mondiale delle Dolomiti è un cubo: all'interno vi sono filmati, all'esterno immagini dei fotografi amici della Fondazione».E le altre sezioni?«La sezione "Lavorare le Alpi" è stata creata in collaborazione con il Museo Etnografico Trentino di San Michele, che ha fornito oggetti relativi all'agricoltura, alla selvicoltura e alla zootecnia di montagna. Il Servizio sviluppo sostenibile e aree protette dela Provincia ha curato in parte la sezione "Governare", con uno spazio significativo dedicato ai Parchi e alle aree protette, con i 13 parchi nazionali delle Alpi. Il concetto di sostenibilità è affrontato dal passato - dalle carte di regola in poi - al futuro e nel rapporto fra centro e periferia. "Abitare le Alpi è la sezione che apre la mostra e spiega come la montagna, a partire dal periodo caldo medievale, sia stata sistematicamente disboscata per far posto al pascolo, facendo nascere il paesaggio alpino. L'antropologo Annibale Salsa lo spiega in un video».Raccontare e conquistare attengono ad un'epoca più recente.«"Raccontare" comprende una scelta di generi letterari, il cinema e le "Alpi pop", anche nei luoghi comuni popolari, oltre ad una selezioni di manifesti del Trentino. "Conquistare" racconta la fase pioneristica dell'alpinismo e la seconda conquista, quella con gli sci: gli 82 quattromila alpini, dieci storie rappresentative di conquiste, skiatori e Grande Guerra, il turismo di massa. Su un grande tavolo sono poi riprodotte pagine dei libri di vetta della SAT, a cura della Biblioteca della Montagna-Sat, e una pedana è dedicata al CAI che si racconta interpretando i temi della mostra con testi di Marco Albino Ferrari, scrittore e giornalista, responsabile delle attività culturali del CAI. Fra i partner c'è anche anche Slow Food Editore, e in un bookshop si trova una selezione di volumi degli editori che hanno collaborato». Il direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, Giuseppe Ferrandi, sottolinea l'importanza del tema e della rete di collaborazioni nata con la mostra: «Le trasformazioni che hanno interessato la montagna del Trentino e l'arco alpino negli ultimi secoli - osserva - ci pongono dinnanzi a nuove sfide, che richiedono nuovi spazi di riflessione: un dibattito a cui sono chiamati, anche e particolarmente, i musei e le istituzioni culturali che si occupano di montagna, come la nostra Fondazione, da anni impegnata in percorsi studio, ricerca e divulgazione sulla storia dei paesaggi alpini».

L’Adige | 26 Aprile 2023

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Una mostra per capire la montagna

Sarà inaugurato domani 27 aprile alle ore 18 a Le Gallerie di Piedicastello a Trento il percorso espositivo dedicato alle Alpi e alla comprensione della montagna, promosso dalla Fondazione Museo storico del Trentino con il Trento Film Festival. Un viaggio nella storia dell'arco alpino alla scoperta del rapporto uomo/natura, delle sfide per promuovere la cultura della sostenibilità e delle grandi trasformazioni che hanno interessato negli ultimi secoli la montagna del Trentino.La mostra "ALPS: comprendere la montagna" è curata dai ricercatori della Fondazione Museo storico del Trentino Alessandro de Bertolini, Luca Caracristi e Sara Zanatta e si propone

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di comprendere la montagna - quella vissuta, quella percepita e quella governata - in un momento storico attraversato da enormi accelerazioni e mutamenti, dove le Alpi, terra di mezzo, si presentano al centro del cambiamento. La presenza delle infrastrutture, delle industrie, del turismo di massa, delle vie di comunicazione e, più in generale, degli effetti moltiplicatori della forza umana connessa all'uso massiccio delle protesi tecnologiche, hanno portato i territori di montagna al centro dell'attenzione. In questo continuo cambiamento, le Alpi sono diventate un grande laboratorio di studio transnazionale e multietnico per la messa a punto di buone pratiche e per l'elaborazione di modelli di organizzazione territoriale ecosostenibili.Il progetto è un'opera corale, frutto della collaborazione tra Fondazione Museo storico del Trentino e Trento Film Festival, Tsm|step Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio, Fondazione Dolomiti UNESCO, Club Alpino Italiano (CAI), Museo etnografico trentino di San Michele (METS), Slow Food Editore e Slow Food Trentino Alto Adige, Società degli Alpinisti Tridentini, Parco Nazionale dello Stelvio e Parco Naturale Adamello Brenta e Servizio sviluppo sostenibile e aree protette della Provincia di Trento. La mostra è stata realizzata anche grazie al contributo di Fondazione Caritro. Questi soggetti hanno ideato e costruito assieme alla Fondazione Museo storico del Trentino singole sezioni tematiche in mostra.Il percorso espositivo si concentra sugli ultimi secoli, dal basso medioevo in avanti, quando la colonizzazione rurale della montagna pone le basi per la nascita del paesaggio alpino come noi lo conosciamo. I temi scelti si articolano in una serie di azioni che identificano altrettante aree in mostra: abitare, conquistare, governare, raccontare, lavorare e rappresentare le Alpi. A queste azioni si aggiungono tre importanti focus tematici sulle Dolomiti patrimonio mondiale Unesco, sul Club Alpino Italiano e sulla Società degli Alpinisti Tridentini.Il progetto si avvale della collaborazione di alcuni grandi esperti e narratori del mondo alpino: per la sezione Governare le Alpi Antonio De Rossi, architetto e ordinario al Politecnico di Torino, autore di importanti volumi per Donzelli Editore sulla "costruzione del paesaggio alpino" e membro del comitato scientifico di Tsm|step Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio; per la sezione Abitare le Alpi Annibale Salsa, antropologo ed epistemologo, profondo conoscitore delle Alpi, già presidente generale del Club alpino italiano; per la sezione dedicata al Club Alpino Italiano Marco Albino Ferrari, scrittore e autore, giornalista e sceneggiatore, già direttore della rivista Meridiani Montagne e attualmente responsabile delle attività culturali del Cai.

Messaggero Veneto | 27 Aprile 2023

p. 34, edizione Pordenone

Fotografia, da passione a lavoro per merito di un nonno speciale

la storia

Giulia sacchi

Una passione, quella per la fotografia, trasmessa dal nonno materno Giuseppe, che è mancato nei giorni scorsi, e diventata una professione, per il 31enne Thomas Cantoni. Il tutto, nel piccolo paese in cui è cresciuto, Frisanco, che ospita il suo studio di foto e web marketing.Una passione che lo sta portando a tagliare notevoli traguardi: uno dei suoi scatti è stato selezionato dall'Unesco per l'esposizione che sarà inaugurata alle 18 di oggi a Gallerie di Piedicastello, a Trento. «La foto selezionata s'intitola "Stati d'animo" - ha detto Thomas -: il temporale è in arrivo, nel tepore di un tardo pomeriggio estivo. Il monte Paterno e le Crode dei Piani si specchiano, vanitosi, nelle fresche e limpide acque dei Laghi dei Piani. L'esposizione nella quale rientra è Pensare le Alpi, ideata e curata dalla Fondazione museo storico del Trentino. Nello spazio riservato alle Dolomiti Patrimonio mondiale sarà possibile comprendere, in modo essenziale, le ragioni del riconoscimento Unesco e contemplare l'unicità paesaggistica dei nove sistemi. Numerose sono le istituzioni coinvolte nella realizzazione della mostra e che hanno contribuito alla creazione del percorso espositivo, esplorando le Alpi da diversi punti di vista. È stata selezionata una quarantina di foto, tra cui la mia». Nel 2020, Thomas è diventato socio sostenitore Dolomiti Unesco, una qualifica cui si accede tramite selezione. «Tuttora collaboro con Dolomiti Unesco, fornendo annualmente materiale fotografico», ha fatto sapere.La passione e l'attività di Thomas sono legate anche alla solidarietà. «In questi ultimi mesi, ho realizzato stampe 100 per 70 centimetri di scatti realizzati tra le Dolomiti - ha raccontato -. Al termine di alcuni eventi di divulgazione sul territorio, ho deciso di donare due stampe al Cro di Aviano. Saranno esposte nella struttura: la volontà non è soltanto quella di far conoscere le bellezze del territorio a chi non ha avuto o non ha la fortuna di poterle vedere, ma anche di cercare, per quanto possibile, di alleggerire l'animo dei pazienti oncologici». La donazione è in programma il 2 maggio.Tante esperienze, molteplici traguardi, con il pensiero rivolto a una persona speciale, il nonno Giuseppe Ferroli. «Una persona speciale per me, alla quale sono molto legato e che è mancato da poco - ha riferito Thomas -. Mi ha trasmesso l'amore per le foto: è partito tutto con lui, quando mi ha dato in mano la prima macchina fotografica. Mi ha anche educato ai valori della vita e mi ha aiutato a diventare la persona che sono oggi». Thomas collabora con magazine di settore, come Simbiosi, e ha partecipato al Bio photo festival 2020, evento internazionale dedicato alla fotografia naturalistica. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Trentino | 28 Aprile 2023

p. 9

Alpi, storia dei cambiamenti

Montagna e turismo nei secoli nella mostra alle Gallerie di Piedicastello

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Da una parte l’abbandono delle terre alte per la ricerca di lavoro nelle industrie e nelle imprese della pianura, dall’altra l’assalto del turismo di massa e la presenza sempre più invasiva delle infrastrutture. In mezzo, le Alpi. Anzi, Alps. Comprendere la montagna , la mostra curata dai ricercatori della Fondazione Museo storico del Trentino Alessandro de Bertolini, Luca Caracristi e Sara Zanatta, inaugurata ieri alle Gallerie di Piedicastello a Trento.

Un percorso espositivo dedicato alla storia dell’arco alpino e all’identità delle Alpi, sempre in equilibrio tra passato e futuro, natura e cultura, autogoverno e sostenibilità. Come nella migliore tradizione di montagna, il progetto è figlio di un lavoro in cordata.

«Le trasformazioni che hanno interessato la montagna del Trentino e l’arco alpino negli ultimi secoli ci pongono dinnanzi a nuove sfide - ricorda il direttore della Fondazione Museo storico del Trentino Giuseppe Ferrandi -. Sfide che richiedono nuovi spazi di riflessione: un dibattito a cui sono chiamati, anche e particolarmente, i musei e le istituzioni culturali che si occupano di montagna, come la nostra Fondazione, da anni è impegnata in percorsi studio, ricerca e divulgazione sulla storia dei paesaggi alpini».

In questi anni di profondi mutamenti, le Alpi rappresentano un laboratorio di studio transnazionale: qui, dove la natura è più fragile e al tempo stesso più potente, si possono studiare buone pratiche e modelli di organizzazione territoriale ecosostenibili che fanno da scuola in tutto il mondo.

Il progetto espositivo prende il via dalla narrazione storica delle Alpi, concentrandosi sul periodo dal basso Medioevo in avanti, quando la colonizzazione rurale della montagna pone le basi per la nascita del paesaggio alpino come noi lo conosciamo.

Dal percorso storico si articolano le sezioni, che prendono il nome da una serie di azioni quotidiane applicate alle montagne: Abitare, Conquistare, Governare, Raccontare, Lavorare e Rappresentare.

A queste azioni si aggiungono tre importanti focus tematici sulle Dolomiti patrimonio mondiale Unesco, sul Club Alpino Italiano e sulla Società degli Alpinisti Tridentini.

Il progetto si avvale della collaborazione di alcuni grandi esperti e narratori del mondo alpino: per la sezione Governare le Alpi Antonio De Rossi, architetto e ordinario al Politecnico di Torino, autore di volumi per Donzelli Editore sulla costruzione del paesaggio alpino, nel comitato scientifico di Tsm|step Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio. Per la sezione Abitare le Alpi Annibale Salsa, antropologo ed epistemologo, profondo conoscitore delle Alpi, già presidente generale del Club alpino italiano e del Gruppo di Lavoro Popolazione e cultura della Convenzione delle Alpi, per la sezione dedicata al Club Alpino Italiano Marco Albino Ferrari, scrittore e autore, giornalista e sceneggiatore, già direttore della rivista Meridiani Montagne e attualmente responsabile delle attività culturali del Cai. Le sezioni Lavorare le Alpi e Governare le Alpi, invece, sono state curate rispettivamente con il Museo etnografico trentino di San Michele e con il Servizio sviluppo sostenibile e aree protette della Provincia autonoma di Trento.

La mostra, a ingresso libero, sarà aperta fino al 24 febbraio 2024, dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18.

La Fondazione Museo storico del Trentino è l’ente promotore dell’iniziativa, in collaborazione con il Trento Film Festival, nel cui programma si inserisce l’inaugurazione, e con molte realtà del territorio attente ai temi dell’ambiente: Tsm|step Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio, Fondazione Dolomiti Unesco, Club Alpino Italiano (Cai), Museo etnografico trentino di San Michele (Mets), Slow Food Editore e Slow Food Trentino Alto Adige, Società degli Alpinisti Tridentini (Sat), Parco Nazionale dello Stelvio e Parco Naturale Adamello Brenta e Servizio sviluppo sostenibile e aree protette della Provincia autonoma di Trento.

DOLOMITI MOUNTAIN SCHOOL: SETTIMA EDIZIONE

Messaggero Veneto | 20 Aprile 2023

p. 39, edizione Udine

Dolomiti Mountain School al via con quattro incontri

Sarà presentata domani, venerdì, alle 17, nella Sala Pasolini di Palazzo Garzolini di Toppo Wasserman a Udine, la settima edizione della Dolomiti Mountain School che vuole portare all'attenzione generale temi quali natura, cultura, storia, economia, clima, ambiente naturale e antropico, turismo, che si riassumono in quello che con una parola identifichiamo come "paesaggio". La rassegna è rivolta ad amministratori, tecnici, liberi professionisti, operatori economici, sociali e turistici che gravitano attorno ai territori dichiarati Patrimonio mondiale Unesco. L'evento inaugurale dell'edizione 2023 è intitolato "Un nuovo rapporto tra uomo e natura" e prevede, al di là della presentazione dei quattro appuntamenti previsti per quest'anno, gli interventi di Roberto Pinton, magnifico rettore dell'Università di Udine, di Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, di Gianpaolo Carbonetto, giornalista, studioso di culture della montagna e coordinatore della Scuola. Il pomeriggio sarà condotto da Pierpaolo Zanchetta del Servizio biodiversità della Regione. Infine Marco Aime, docente di antropologia culturale all'Università di Genova, terrà una lectio magistralis sul tema "Noiambiente: un'altra idea di natura". L'appuntamento, a ingresso libero, è organizzato dalla Regione in collaborazione con la Comunità di montagna della Carnia e l'Asca.

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CRISI IDRICA

L’Adige | 2 Aprile 2023

p. 24

L'allarme del Cai: la siccità minaccia i rifugi

Si è tenuta al Circolo militare unificato in viale Druso l'assemblea dei soci del Cai di Bolzano nel corso della quale è stato rinnovato un terzo del consiglio direttivo. Sono stati eletti consiglieri della sezione: Carlo Buglio, Luigi Cavallaro, Andrea Cavattoni, Giovanni Delponte e David Stefani. La prossima riunione, subito dopo Pasqua, procederà al rinnovo delle cariche sociali per l'anno in corso.La serata è servita anche per fare il punto sui temi d'attualità e informare i soci che, da parte della Provincia, c'è stata la richiesta di mettere a disposizione alcune porzioni di terreno per arrivare alla sistemazione delle piazzole per la fermata degli autobus nella zona del Passo Sella. Per favorire ciò, il consiglio direttivo ha acconsentito all'esproprio del terreno per garantire ai turisti, agli escursionisti e a quanti vogliano accedere al territorio del passo la possibilità di farlo utilizzando i mezzi pubblici. «Gli uffici provinciali preposti, dopo la disponibilità della nostra sezione, si stanno attivando per arrivare, possibilmente prima dell'estate, alla sistemazione delle fermate e alla creazione di una rotonda per consentire poi agli autobus di linea di potersi girare», riferisce una nota. L'allarme siccitàIl problema legato alla siccità, di cui tanto si sta parlando in queste settimane, è un'emergenza che da tempo è sotto osservazione del Cai. «Il clima sta creando una situazione di grande difficoltà ed una delle conseguenze la stiamo vivendo con la scarsità dell'acqua che è sempre più conseguenza del nostro comportamento», premette il presidente della sezione di Bolzano, Maurizio Veronese, «I meno felici e maggiormente preoccupati sono i proprietari ed i gestori dei rifugi, in maniera particolare quelli che si stanno preparando all'apertura estiva. A preoccupare tutti è la mancanza di acqua, soprattutto come fonte energetica. I rifugi non sono alberghi, è necessario ricordarsi delle tradizioni un po' più spartane perché i comfort che ci sono si danno volentieri, ma per il resto serve un po' di coscienza e spirito di adattabilità». Il Cai di Bolzano si prepara al confronto sempre più frequente con la mancanza d'acqua. «Dobbiamo fin da subito attivarci per cercare di rendere il contesto meno complicato. Il cambiamento climatico sta aggravando l'urgenza. Oggi, non solo in pianura, ma anche in montagna, dove un tempo il problema era pressoché sconosciuto, ci accorgiamo di questo. I ghiacciai, che possono servire come serbatoi estivi, si ritirano. Dobbiamo essere consapevoli di questa grave situazione e cercare di risparmiare questo bene prezioso ed evitare inutili sprechi», conclude Veronese.

Gazzettino | 4 Aprile 2023

p. 5, edizione Belluno

«Neve al minimo: inverno nero»

L'inverno 2022-23 va in soffitta come una stagione in cui le precipitazioni nevose sono state al di sotto della media degli ultimi quindici anni. «Lo scarto è un po' meno evidente per le stazioni prealpine rispetto a quelle dolomitiche spiega Gianni Marigo, dirigente responsabile del settore Arpav per la neve, valanghe e stabilità dei versanti presso il dipartimento regionale sicurezza del territorio . Il fenomeno si inserisce all'interno di un trend ormai di lungo periodo con dati inferiori alla media». L'anomalia più evidente è firmata dal mese di febbraio, quando nei suoi 28 giorni l'ha fatta da padrona la totale assenza di neve. Marzo è andato leggermente meglio, con precipitazioni che sono comunque state al di sotto della media stagionale. «Complessivamente aggiunge l'esperto l'ultimo inverno è stato scarso e si è caratterizzato per le frequenti zone di alta pressione, con temperature che riducono la neve al suolo per effetto della diffusione».

LA NEVE

È impietoso il confronto della sommatoria di neve fresca caduta nel periodo primo ottobre-31 marzo dal 2009 a oggi, come si evince dalla fotografia diffusa ieri sa Arpav. Il dato minimo è quello di Falcade (1200 metri) con 134 centimetri contro una media di 203 e un record i 612 nel 2014. Il dato massimo Col dei Baldi (1900 metri), comune di Alleghe dove nel 2023 si registrano 325 centimetri di sommatoria di neve fresca caduta contro la media di 570 e il record del 2014 di 975. Gli altri dati: a Casera Coltrondo (1960 metri comune di Comelico superiore) 264 centimetri contro i 426 della media periodo; Monti Alti Ornella (2250 metri a Livinallongo) 289 centimetri contro la media di 491, Malga Losch (1735 metri Voltago Agordino) 319 centimetri contro 483 di media; ad Arabba (1630 metri a Livinallongo) 197 centimetri contro i 388 di media; Val Palantina (1505 metri, comune di Tambre) 214 centimetri (la media era di 304).

LA CARENZA D'ACQUA

Precipitazioni nevose scarse che quindi non hanno aiutato le risorse idriche, che tanto soffrono in questo periodo. Il mese di febbraio è stato in generale mite e secco a tutte le quote. La temperatura media è risultata ben oltre la norma (+2,6 gradi rispetto alla media). Particolarmente calda la seconda decade (+8) che è stata in assoluto preceduta solo dalla seconda del febbraio 1998 (serie storica 1990-2022). Queste temperature hanno determinato la fusione del manto nevoso lungo i versanti al sole fino in alta quota con una marcata riduzione della sca (snow cover area). Dal primo di ottobre alla fine di febbraio, il deficit di precipitazione nevosa è stata, sulle Dolomiti, del 32%. La risorsa idrica nivale è in forte calo nel bacino del Piave e del Cordevole: rispetto al 28 febbraio dell'anno scorso,

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essa è inferiore, rispettivamente, del 10 e 20 per cento. Nel confronto con la media 2005-2022, nel bacino guida del Piave, il deficit dal valore mediano è del 46%.

LA PIOGGIA

Nello scorso febbraio, in Veneto, sono caduti mediamente 3 mm di pioggia: mai così pochi. La media del periodo 1994-2022 è di 60 mm. Apporti simili erano stati misurati nel 1997 (4 mm), 2000 (6 mm), 2003 (7 mm) e nel 2020 (7 mm). Inoltre, negli anni 1998, 1999, 2001, 2005 e 2012 erano stati misurati contributi inferiori a 20 mm. Tra le stazioni che hanno registrato le massime precipitazioni del mese figurano, in provincia, solo Sospirolo con 12 mm e Passo Falzarego con circa 9 mm. Nella seconda metà di febbraio ci sono state piogge degne di qualche nota solo l'ultimo giorno del mese con precipitazioni in alcuni settori delle Prealpi. Nell'anno idrologico 2022-23 sono caduti sul Veneto, nei cinque mesi tra ottobre e febbraio, mediamente 307 mm di precipitazioni; la media del periodo 1994-2022 è di 446 mm. Le precipitazioni massime del periodo sono state registrate dalle stazioni di Valpore-Monte Grappa (Seren del Grappa) con 598 mm e Col Indes (Tambre d'Alpago) con 499 mm; quelle minime sono state rilevate dalle stazioni di Misurina (Auronzo) con 175 mm, Casamazzagno (Comelico Superiore) con 182 mm e Caprile con 194 mm.

Yvonne Toscani

Corriere delle Alpi | 11 Aprile 2023

p. 16

Timori per l'estate senz'acqua Pressing per il bando impianti

SELVA DI CADORE

Pasqua senza alberghi e pure senza ristoranti. Ma sopperisce il rifugio. Omar Canzan continua la sua sfida - per anni sperimentata al Chiggiato, sopra la val d'Oten - di aprire quando gli altri sono chiusi. Ecco, dunque, che il Rifugio Aquileia, in faccia al Pelmo, durante le festività pasquali ha accolto numerosi turisti, mentre in valle non c'erano locali aperti.«Noi riteniamo che la stagione dell'accoglienza non possa svilupparsi a pezzi, ma avere una sua continuità, ovviamente consentendo il giusto riposo. Abbiamo dunque deciso di aprire per il momento nei fine settimana e in occasione delle feste. Poi, dal 1° giugno, tutti i giorni. E riscontro che i turisti stanno apprezzando». Secondo Canzan, vicepresidente dell'Associazione Rifugi del Veneto, «il grande problema dell'estate sarà quello della siccità». A meno che - sospira incrociando le dita - da giovedì non nevichi, come si prevede, in abbondanza, e che a seguire non continui a piovere.L'Agrav, con il presidente Mario Fiorentini ed il vice Canzan stanno facendo pressing sul Cai perché rinnovi quest'anno il bando dell'estate 2022 per l'approvvigionamento di impianti di raccolta dell'acqua piovana o di potenziamento degli acquedotti, là dove ci sono. «Tanti rifugi hanno vasche o serbatoi per raccogliere l'acqua della neve che si scioglie. Ma quest'inverno le precipitazioni sono state di un metro e 80 cm inferiori alla media. E non è che con la quantità di neve prevista a metà settimana si possa recuperare chissà quanto», afferma Canzan. Il rifugio Aquileia, però, è tra i più fortunati: ha l'acquedotto che transita a breve distanza. Il rifugio città di Fiume, che si trova in quota, ma sempre nella stessa valle, deve invece rifornirsi d'acqua con carichi quasi quotidiani da pick up. La neve in arrivo, dunque, è davvero sospirata. Ma, per altru aspetti, costituisce anche un problema. I volontari delle sezioni del Cai del bellunese e del Veneto sono pronti a salire in quota per sistemare i sentieri. Aspettavano lo scioglimento delle ultime nevi, tra l'altro pericolose con il ghiaccio formatosi in queste notti di gelo. La precipitazione in arrivo, dunque, ritarderà le uscite. Ma per i cantieri di fine primavera non dovrebbero presentarsi problemi particolari, perché non ci sono state nevicate distruttive, tanto meno tempeste o bombe d'acqua tali da provocare smottamenti o frane. I sentieri, dunque, presentano le medesime condizioni dell'estate 2022. fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Veneto | 11 Aprile 2023

p. 5, edizione Treviso - Belluno

Quei laghi in Cadore diventati crateri «Dirottiamo l’acqua da un bacino all’altro» Nel Bellunese, dove il paesaggio prelude a un’estate difficile

BELLUNO

La siccità percepita è quella del rubinetto, finché l’acqua esce non ce ne accorgiamo. Poi c’è l’altra, subliminale, che con vari indizi allude alla prossima fine del mondo e alla quale non facciamo molto caso. Piccoli scostamenti di senso sulla differenza tra il buon tempo antico e il nuovo, inquietante e minaccioso: troppi moscerini schiacciati sul parabrezza per esempio – e siamo ad aprile - troppi e strani i cartelli salendo sull’Agordino che ammoniscono sull’obbligo di pneumatici da neve e catene a bordo (fino al 15 aprile) quando per tutto l’inverno non ne abbiamo sentito il bisogno. Aprile non è solo il mese più crudele dell’anno – «mescola memoria e desiderio... e l’arida pietra non dà più suono d’acqua» –, è anche il più ingannevole. A Dario Tovo, sindaco di Brogliano nel Vicentino, per esempio, tocca il paradosso di dover spingere l’acqua in alto per soddisfare le esigenze delle famiglie che abitano le frazioni più a monte, in paese l’acqua c’è, manca in alto. È come dire che deve andare contro natura in quanto, come è noto, l’acqua va in giù. Ma non ne ha ancora la necessità: «Non in questo periodo almeno, ad aprile se ne consuma poca e le pompe non sono entrate in funzione».

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Aprile inganna, il Piave si attraversa a piedi come da consuetudine, il Brenta scorre ancora e a Vicenza il Bacchiglione passa sornione come d’uso, né alto né basso, segno che le risorgive fanno ancora il loro lavoro. Lo fanno con la poca neve che in alto si sta sciogliendo. Aprile è anche un mese sobrio, le piscine dei benestanti sono vuote, nelle campagne si semina e in casa non fa ancora tanto caldo. Il freddo poi, questo non s’è proprio visto, così come sono ugualmente illusorie le pioggerelline di questi giorni su una campagna che avrebbe bisogno di ben altro che non di umettarsi le labbra. L’acqua è poca, viene tutta dai monti e il primo che se ne abbevera lascia a secco chi sta in basso.

La linea della palma di sciasciana memoria si alza, non si vede ma in Regione Veneto c’è una saggia autocrazia chiamata a contrastarne l’avanzata - si chiama Direzione Difesa del Suolo e della Costa e ha il compito di distribuire l’acqua - devia e dosa ubbidendo a tre principi irrinunciabili: prima viene il consumo domestico, poi l’irrigazione, per ultimo quello della produzione di energia idroelettrica e delle «esigenze turistiche». Di piscine, lavaggio auto e innevamento artificiale non se ne parla nemmeno, sono lussi da evitare. Il divieto sui cannoni sparaneve in Trentino è arrivato tardi, ma già questo annuncio è il prologo del conflitto politico dell’acqua che sarà: il Trentino pensa alla sua, il Veneto alla propria, in mezzo scorre quella comune e dobbiamo dividercela.

Siamo a Calalzo, l’Antelao appare come una montagna zebrata, umiliata dalla penuria, segnata da strisce bianche lungo i valloni e il nero che avanza. Sotto c’è il lago di Centro Cadore, un grande invaso artificiale navigabile fino a qualche anno fa, ora un immenso cratere vulcanico di sassi e ghiaia. I pedalò stanno sull’erba, il ristorante lacustre è chiuso e anche la vasca dove si pescavano le trote da allevamento è un catino di melma secca. La poca acqua è lontana, nel punto più a valle. «È per via dei lavori

dice vago un umarell - dal 15 aprile ricominceranno a riempirlo». In effetti i lavori per il consolidamento del quinto pilone del ponte di Vallesella più a monte, a Domegge di Cadore, non sono finiti e per farli dovevano lavorare all’asciutto. Ma la natura si è mostrata benigna, è venuta in soccorso e lo ha messo in secca di suo il lago, a gratis.

Il bello viene adesso che devono riempirlo, sennò addio business estivo. Per farlo toglieranno un po’ di acqua al Piave. Quanta? Tutta? Una parte? Di nuovo il busillis: servirsi a monte o servire la valle? «Può apparire inquietante la vista del lago di Cadore – avverte un alto dirigente regionale della Direzione Difesa, niente nomi però che certe considerazioni le possono fare solo i politici – eppure la scarsità di un invaso compensa l’abbondanza di un altro. Siamo costretti a dirottare di volta in volta l’alimentazione di un bacino su un altro nella necessità di non far mancare l’acqua a nessuno, secondo le priorità».

Spartirsi l’acqua delle montagne è un gioco di bussolotti che richiede una qualche abilità circense in chi la pratica, in più con l’incubo che i birilli possano cadere a terra tutti quanti e in un colpo solo. Non a caso Zaia parla di desalinizzare il mare come sul deserto del Negev. A pagare la penuria – almeno finora - è l’Enel che nei primi tre mesi di quest’anno ha perso mezzo milione di euro in elettricità non prodotta: non c’è abbastanza acqua per far girare le turbine delle centrali. Negli ultimi 18 mesi è caduto il 75 per cento in meno di neve rispetto a quella che scendeva dieci anni fa, il 50 per cento in meno solo da gennaio, calcola Mariano Trentini di Hydro Dolomiti Energia.

Poi lo sguardo inganna: vai su per la valle del Mis e il panorama cambia: da Pian Falcina, il bacino del Mis appare bello gonfio, pieno al punto da dispiacere ad una coppia di escursionisti venuta lì con la voglia di imboccare la passerella panoramica che a fior d’acqua porta alla cascata delle Soffie – uno spettacolo – non lo possono fare, la passerella è tutta sott’acqua e non si passa. Roberto, pensionato di Calalzo, tiene ancora in casa le foto del dopoguerra con il padre che, assieme ad altri paesani, costruiva la diga di Sottocastello: «Qui c’erano 60 milioni di litri d’acqua negli anni ’60, ora ce ne sono 20. Quegli anni ero qui che spalavo due metri di neve» racconta. E mentre lo dice gli passa davanti il film della sua vita: «Questa era nostra madre – indica con un gesto largo –l’abbiamo rinnegata e ora non ci conosce più. C’era il ghiacciaio sull’Antelao ed è scomparso, c’era un lago e non c’è più. Persino la spolverata di neve caduta l’altro ieri è un inganno, neve spugnosa, subito svanita sciogliendo la sottostante». Restano i ricordi e le leggende, rinomata quella delle anguane che andavano a baccanare sul «laghetto delle tose», uno specchio d’acqua nel bosco dal quale è impossibile vedere il cratere più sotto che mette arsura solo a guardarlo. Qui l’acqua scorre su certe rocce rosse e ristagna limpida in una pozza, dicono che curi la psoriasi e la gotta, se ci fosse ancora. Si chiama «delle tose» perché la leggenda vuole che le ragazze andassero a bagnarsi per propiziare la fertilità in attesa di un marito. È rimasto un posto romantico, dove una coppia di ragazzi pomicia in solitudine, talmente in armonia con il paesaggio da sembrare pagati dalla proloco.

Corriere delle Alpi | 15 Aprile 2023

p. 20

La pioggia e la neve non bastano ancora

Deficit ancora elevato

il meteo

Benvenuta neve, meglio ancora che sia stata accompagnata, alle quote più basse, dalla pioggia. Ma il deficit idrologico non è rientrato; dovrebbe piovere per circa un mese. «La pioggia e la neve di giovedì non sono state assolutamente sufficienti a colmare il gap di precipitazioni accumulato nei mesi scorsi», ammette l'assessore regionale all'ambiente, Giampaolo Bottacin, sulla scorta dei dati Arpav. L'altro ieri sono state registrate precipitazioni piovose in tutto il Veneto con valori dai 5 mm (zona meridionale) ai 50 mm (picco massimo registrato in Cansiglio) e in montagna ci sono state nevicate comprese tra i 20 e i 50 cm, con qualche picco anche superiore al metro.«Ma nei primi 3 mesi dell'anno», puntualizza Bottacin, «il deficit cumulato di pioggia andava dai -30 mm nella zona meridionale a valori maggiori di -100 mm nella zona settentrionale e se si considera tutta la stagione invernale, da ottobre, il gap è ancor maggiore. Pertanto», è la conclusione dell'assessore, «le precipitazioni di ieri non sono state assolutamente sufficienti a colmare il gap. Si pensi

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che a fine marzo, la risorsa idrica nivale era pari a 82-88 milioni di metri cubi nel bacino del Piave, 57-68 Mm3 in quello del Cordevole e a 56-54 Mm3 nel bacino del Brenta. Rispetto alla media 2005-2022, nel bacino guida del Piave, appunto, il deficit dal valore mediano era del 64% pari a 155 Mm3 di acqua equivalente. La neve caduta nelle ultime ore ha oscillato tra i 10 di Falcade ed i 40 cm di Misurina (monte Piana, però). 30 cm a Casera Doana, vicino al passo Mauria, e a Ra Valles, sopra Cortina, 25 in alta Val Comelico (Casera Coltrondo), altrettanti al Passo Falzarego. Analoga la precipitazione ai 2250 metri deli Monti Alti Ornella sopra Arabba e sul Monte Cherz, dalle stese pari. È invece nevicato di più - 30 cm - a cima Pradazzo, sopra Falcade, e sul Col dei Baldi, sopra Alleghe. A Falcade circa 15 cm, ad Arabba 23; si pensi, solo 2 a Cortina e 15 cm a Pecol di Zoldo.Le Prealpi bellunesi si accontentano: 30 cm a casera Palantina, sopra il Cansiglio, una decina di centimetri, 18 a Faverghera, sul Nevegal, Neve anche sul Monte Grappa, 17 cm circa. Le previsioni? Nuvoloso, oggi, per buona parte della giornata. Se arriverà qualche spruzzo di neve sarà dai 1500 metri in su, secondo l'Arpav. Domenica, cielo sereno o poco nuvoloso, dal pomeriggio nuvolosità in aumento fino a cielo anche a tratti coperto. Ma neve eventuale dai 1700 metri. Dopo la nevicata degli ultimi due giorni che ha portato sulle Dolomiti anche 120 cm di neve ben oltre i 2000 metri, il Soccorso Alpino segnala che il pericolo di valanghe su tutto il territorio è marcato di grado 3 (la scala va da 1 a 5). Gli esperti ricordano che per le escursioni in montagna sono richieste attenzione e massima prudenza. È indispensabile portarsi appresso l'Arva, la sonda e la pala, oltre che i ramponcini ai piedi (magari anche la picozza).

Corriere del Veneto | 15 Aprile 2023

p. 5, edizione Treviso-Belluno

Siccità in Veneto, pericolo con vista sulle Olimpiadi «Servirà la neve artificiale ma qui manca anche l’acqua»

Il Pd punta il dito su Zaia. E presenta un suo decalogo

VENEZIA

La siccità di oggi (e dell’anno scorso) si può analizzare anche in prospettiva futura, dato che il trend dell’assenza d’acqua, delle estati torride e delle piogge in diminuzione sembra essere progressivo. E allora la domanda se la fa il Pd del Veneto, guardando non al 2023 ma al 2026, l’anno delle Olimpiadi. Se gli invasi sono vuoti, e le riserve montane scarse, con che neve si scierà sulle Dolomiti, quando i riflettori di tutto il mondo saranno puntati su Cortina? L’interrogativo è motivato. «Le precedenti Olimpiadi invernali hanno fatto largo uso di neve artificiale – spiega Matteo Favero, responsabile del forum ambiente del partito -. In Russia, a Sochi 2014 fu l’80%, in Cina siamo arrivati al 100%. E il Veneto, come farà? Ma soprattutto, alla luce della carenza della risorsa idrica, come pensiamo di produrre la neve che mancherà?». Non sembra una domanda retorica, è una premessa fondamentale. Il costo, per la sola Pechino, fu di 90 milioni di dollari. Per carità, la neve artificiale non è una novità da almeno vent’anni e lo sci è stato assegnato in prevalenza a Trento e Bolzano, partner di Veneto e Lombardia. Ma il femminile si terrà sulle Tofane e il quesito rimane: «La Regione e il presidente Zaia, come pensano di fare se l’acqua continua a scarseggiare? - continua Favero - Oltretutto, si parlava delle prime Olimpiadi sostenibili e green. Quindi, ci spieghino come intendono provvedere alla neve, se il trend climatico di questi anni è diventato così allarmante». Ieri il Pd ha presentato un’indagine sulla crisi idrica e il cambiamento climatico in Veneto, sottolineando una lista di azioni necessarie per, se non invertire, almeno rallentare il tracollo. Con un appunto. «Il Veneto ha un commissario per la siccità dal 2021, il presidente della Regione Luca Zaia – afferma il segretario regionale Andrea Martella, senatore -. Diciamo che per un’emergenza così grave ha fatto davvero molto poco. Siamo preoccupati che, in mancanza di contromisure, la situazione comprometterà nel medio periodo anche la ricarica delle falde. Chiediamo un maggiore impegno nella lotta ai cambiamenti climatici di cui la crisi idrica è un effetto. Nonostante tragedie come quella della Marmolada la scorsa estate, troppo spesso, ancora oggi, c’è una sottovalutazione della portata e dell’impatto che avranno sulla nostra società e sul nostro territorio».

Il Pd (con un gruppo di lavoro formato da Alessio Albertini, Andrea Zanoni, Jonatan Montanariello e Matteo Favero) ha avanzato dieci proposte da mettere in atto per affrontare l’emergenza idrica. Azioni concrete, alcune di sensibilizzazione e immediatamente attivabili, altre che possono avere effetti sul lungo periodo: oltre all’immediata pulizia degli invasi, «serve attuare con rapidità il piano di microinvasi già esistente, sensibilizzando privati, aziende, enti all’utilizzo consapevole della risorsa idrica». La campagna anti-siccità dei Dem, che segue quella in difesa della sanità pubblica, torna a puntare il dito sulla Regione: «Occorre istituire una cabina di regia veneta e realizzare un piano integrato regionale di gestione delle acque coinvolgendo pubblico e privato; adottare un efficace Bilancio Idrico, investire su azioni di risparmio e riutilizzo della risorsa; incentivare gli investimenti dei privati; rafforzare le attività di controllo e chiusura dei pozzi abusivi; creare delle Aree Forestali di Infiltrazione nelle zone di alta pianura per raccogliere e conservare l’acqua». Sono previste iniziative pubbliche in luoghi simbolo, chiude la vice segretaria regionale Monica Lotto: «Incontreremo, cittadini, istituzioni e associazioni di categoria per raccogliere dati, suggerimenti e per stimolare la diffusione di una cultura dell’uso responsabile dell’acqua».

Corriere delle Alpi | 20 Aprile 2023

p. 16

Neve e pioggia non bastano

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Il deficit si è aggravato BELLUNO

È nevicato sulle Dolomiti, è anche piovuto, ma il bollettino di metà mese dell'Arpav certifica che il deficit idrico si è aggravato a valle e in pianura. Il motivo? «In questi primi quindici giorni l'effetto combinato di scarse precipitazioni (in continuità con febbraio e marzo) e l'abbassamento delle temperature, che ha notevolmente rallentato lo scioglimento della poca risorsa nivale rimasta, ha creato una situazione di stazionarietà o di diminuzione delle portate», spiegano dall'Arpav di Arabba, «che ha ulteriormente peggiorato, specie per alcune sezioni montane, il confronto con i valori medi storici».La portata media del bacino del Piave è stata "ben inferiore" alla media storica. Qualche esempio? -71% del Fiorentina a Sottorovei, -54% del Boite a Podestagno, inferiore al minimo storico del valore medio di aprile per Cordevole a Saviner. Nel corso dei primi 15 giorni di aprile sono caduti mediamente 28 millimetri di precipitazione, circa il 30% degli apporti attesi a fine mese. Come dire che nel bacino del Piave la precipitazione oscilla tra il 24% e il 28% di quelle mediamente attese. È vero, sulle Dolomiti, in quota sono caduti 40-60 centimetri di neve fresca e 15-30 nelle Prealpi, con punte di oltre 50 a 2000 metri. Ma questa neve non si sta sciogliendo, non dà acqua. E, in ogni caso, la somma di neve fresca dal primo ottobre al 15 aprile evidenzia comunque un deficit di precipitazione del 39%, diminuito di pochissimo rispetto al 40% registrato al 15 marzo. Ecco, dunque, che gli effetti sulla falda dopo le piogge del 13 aprile sembrano marginali in alta pianura, dove non si osserva un chiaro cambiamento del trend di netto calo.Qual è, dunque, la situazione nei serbatoi lungo il Piave? Il volume invasato a Pieve di Cadore rimane stazionario e intorno al 30% di riempimento sempre a causa di interventi di manutenzione di alcuni manufatti. Il lago di Santa Croce è in crescita fino all'82% di riempimento e il Mis continua anch'esso ad incrementare il volume invasato fino all'84% di riempimento. Sul serbatoio del Corlo (Brenta) conteneva, il 15 aprile, 23 milioni di metri cubi, pari ad un riempimento del 60%. Intanto le previsioni per oggi sono confortanti per il contrasto alla siccità. «Alta probabilità di precipitazioni, a tratti anche diffuse sia al mattino che al pomeriggio», avverte l'Arpav di Arabba. «Il limite delle nevicate scenderà temporaneamente fino a 1300-1500 metri, localmente a quote più basse in caso di forte rovescio, però in caso di intermittenza dei fenomeni il limite tenderà a risalire sopra i 1600-1700 metri, specie al pomeriggio».I bellunesi incroceranno le dita anche per domani, sperando che il maltempo dato in esaurimento nella mattinata, possa prolungarsi almento fino al pomeriggio. Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

CRISI IDRICA: APPELLO A NON CALPESTARE I LAGHI

Il Nuovo Trentino | 1 Aprile 2023

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Parla l'idrobiologa Ulrike Obertegger, che da anni se ne occupa: «È un esempio molto rappresentativo dei bacini montani d'alta quota»

Ilaria Puccini

Ville d'Anaunia.

La situazione al lago di Tovel è delicata, per motivi che vanno ben oltre la siccità e il calo di livello delle acque. Perché se l'arretramento del lago salta subito all'occhio, questo fenomeno porta con sé insidie molto meno visibili e che chiamano più che mai a una sfida comunicativa e culturale.«Per vedere in modo oggettivo come il lago cambia - è la premessa di Ulrike Obertegger, ricercatrice dell'unità di idrobiologia della FEM che studia il bacino - serve una lunga ricerca, così da poter raccogliere e allineare una quantità sufficiente di dati su scadenze regolari». Un lavoro che richiede anni e investimenti economici, ma è indispensabile per studiare i processi evolutivi degli ecosistemi. In Trentino, il lago di Tovel è proprio uno di questi siti di ricerca scientifica a lungo termine. La FEM segue il lago dal 1995, e dal 2013, grazie ad appositi sensori collocati sul fondale del lago, ne monitora le fluttuazioni della massa idrica.«Il lago di Tovel è come una vasca, con una perdita media di 200 litri al secondo, che corrispondono a 3-4 centimetri al giorno. Questa perdita avviene perché il sedimento del lago non è sigillato» spiega Obertegger. L'acqua filtra lentamente nel terreno, che agisce come una spugna. Il ciclo di vita del lagoPer spiegare il ricambio delle acque del lago, Obertegger parte da uno stato di riempimento. «La perdita viene compensata con le precipitazioni - continua la ricercatrice - ma naturalmente non si tratta di concentrare la quantità di pioggia pari alle perdite sulla sola superficie dello specchio d'acqua. Il rapporto di superficie tra Tovel e il Bacino Imbrifero che raccoglie le precipitazioni è di 1:100. Questo grande bacino imbrifero alimenta il lago e garantisce così un apporto di acqua sufficiente». In estate, con l'aumento delle temperature, alle perdite sotterranee si sommano quelle superficiali tramite l'evaporazione, spiega la ricercatrice. Passato l'autunno e con l'arrivo dei mesi freddi, il lago si ghiaccia. In questa fase, chiamata ice-in, le precipitazioni - soprattutto nevose - non vanno ad alimentare il lago a causa del freddo, mentre la perdita di acqua sotterranea prosegue. «Il livello del momento in cui il lago si ghiaccia è il punto di partenza dove il livello può solo calare in dipendenza della durata invernale» spiega la ricercatrice.Con lo scioglimento della neve, il lago solitamente ricomincia a riempirsi tra metà marzo e inizio aprile. «La data dipende dalla temperatura dell'aria, più è calda prima avverrà lo scioglimento della copertura del ghiaccio del lago, detto ice-out». È per questo, aggiunge, che il ritiro delle acque in inverno è sempre stato un fenomeno costante e che di per sé non deve destare allarme: «Da quando ho cominciato a campionare nel 2003 a oggi, sono state poche le annate in cui la piccola baia del lago non si è seccata, e le acque sono calate anche di 3-4 metri. Quest'anno il livello è così basso perché il livello era già molto basso a metà agosto dell’anno di prima, cioè 2022» spiega Obertegger. Il rilevamento che conclude il ciclo di vita annuale viene effettuato a inizio maggio, quando il lago è nuovamente

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pieno e i sensori collocati sul fondale tornano ad essere accessibili. Il lago "sentinella"In virtù di queste caratteristiche il lago di Tovel, spiega Obertegger, è un punto d'osservazione privilegiato per studiare il cambiamento climatico. «Il territorio trentino ha oltre 300 laghi e sarebbe impossibile compiere una ricerca su tutti - spiega la ricercatrice - ad esempio l'Agenzia Provinciale Protezione Ambiente (Appa) monitora alcuni bacini per motivi di legge. La nostra tattica è seguirne pochi e in dettaglio, e Tovel è un esempio molto rappresentativo dei bacini montani d'alta quota, caratterizzati da tre aspetti: acque fredde, molto limpide, e poveri di nutrienti». Un ottimo rappresentante anche per molti altri laghi dove il campionamento è impossibile o limitato

Il Nuovo Trentino | 1 Aprile 2023 p. 3

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Corriere delle Alpi | 9 Aprile 2023

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Appello ai turisti: «Non calpestate i fondali dei laghi in deficit di acqua»

Francesco Dal Mas BELLUNO

«Cari turisti, siete i benvenuti. Ma, per favore, non calpestate le sponde dei laghi. Nemmeno le zone umide». L'appello è di Ennio Vigne, nella sua veste di presidente del Parco Dolomiti Bellunesi, ma anche di coordinatore regionale delle Unioni montane. Il motivo lo spiega Cesare Lasen, uno dei più accreditati studiosi italiani di biodiversità. «Sulle rive dei laghi e dei fiumi, sui letti che la siccità sta privando di acqua, cresce una vegetazione tanto importante quanto delicata che col nostro calpestio rischia di essere danneggiata se non distrutta». È quanto si è constatato nei laghi del Corlo, del Mis, di Santa Croce e in Centro Cadore. Ma il fenomeno si riscontra anche a Misurina e, appena sopra, al lago d'Antorno. Ha meno problemi Alleghe, perché le passeggiate si allungano sulle rive.«Troppi turisti camminano sul fondale in secca. Rischi per l'ecosistema», è l'allarme che nei giorni scorsi è stato lanciato dal Parco Naturale Adamello Brenta ai visitatori: «Certe azioni potrebbero, anche involontariamente, peggiorare la situazione di un ambiente delicato come quello del lago di Tovel».«Il notevole e preoccupante calo del livello idrico, unito all'assenza di copertura nevosa e di ghiaccio invernale, sta mettendo a nudo una estesa superficie del fondale tipicamente custodito dalle acque o appunto dal ghiaccio», si legge nell'appello. «In questi giorni viene però registrato, anche dagli organi di vigilanza e custodia boschiva, un rilevante transito di pedoni ed escursionisti, che, oltre a passeggiare al di fuori dei percorsi sentieristici sul lungolago, sui delicati ambienti delle sponde, si spingono nei primi metri del fondale lacustre, ora "in secca"».Il presidente Vigne afferma che sottoscrive l'appello e lo rilancia per il territorio di competenza. «Ci sono comportamenti», aggiunge, «che uniti agli effetti del clima siccitoso, potrebbero arrecare danni ai delicati equilibri del fondale dei nostri laghi e alle zone umide. Invitiamo pertanto i visitatori, gli escursioni - che, ben s'intende, sono i benvenuti - a rimanere sui tracciati che vengono percorsi normalmente, a non scendere nelle aree che il ritiro delle acque ha lasciato scoperte».Lasen, dal canto suo, ricorda che proprio in queste settimane c'è una vegetazione naturale che sta riprendendo vita Vegetazione che è già stressata sia dalla mancanza d'acqua che dalle temperature che di sicuro non la aiutano: «Già nel passato si è sconsigliato di attrezzare di panchine e tavoli le rive dei laghi, là dove cresce questa vegetazione, che dovrebbe essere protetta. E spesso lo è dalla presenza dell'acqua. Ma oggi è priva di questa tutela, fra l'altro da parecchie settimane».Lasen invita dunque a prestare la massima attenzione. Un problema, avverte, che sarà tanto più pesante quest'estate, presso i laghi alpini, d'alta quota: da quello del Sorapis al Coldai, al Croda da Lago, solo per citare i più caratteristici. Oltre ai laghi, ci sono da proteggere le zone umide. Lasen sottolinea la loro importanza per la biodiversità. Si tratta di laghetti, pozze d'acqua, torbiere che da qualche tempo si stavano già prosciugando. La siccità ripetuta degli ultimi anni rischia di rappresentare il colpo fatale. «Con i cambiamenti climatici, quindi con le precipitazioni meno frequenti ma più dirompenti, tanti di questi siti si sono esauriti. Non esistono più», è il grido d'allarme che già un anno fa aveva affidato alle nostre pagine Tommaso Anfodillo, dell'Università di Padova e dell'Istituto di ecologia alpina di San Vito, «e ha contribuito alla loro desertificazione l'inselvatichimento delle aree interessate e, in taluni casi, anche la gestione non particolarmente avveduta degli allevamenti. Bastano», secondo Anfodillo, «due settimane di mancate precipitazioni per spegnere uno specchio d'acqua in quota», là dove la quota dell'acqua - e il bisticcio di parole è solo apparente - è di poche decine di centimetri e, per contro, l'evaporazione è molto alta. Pozze e laghetti sono spesso utilizzati come abbeveratoio degli allevamenti. Oppure, al contrario, vengono interrati, magari per dare continuità al pascolo. In ogni caso mancano di manutenzione attiva. Non sono preservati, con la recinzione e lo sfalcio degli immediati dintorni, in particolare quello delle erbe infestanti. «Il problema si ripropone ora con la grande frequentazione della montagna da parte di sempre più numerosi visitatori», conclude Lasen. © RIPRODUZIONE RISERVATA

OLIMPIADI: GLI AGGIORNAMENTI

Il Nuovo Trentino | 1 Aprile 2023

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Olimpiadi, oltre 17 milioni per nuovi trampolini di sci

La Provincia ha pubblicato la gara per l'adeguamento dei trampolini di salto con gli sci per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Il bando, dal valore di quasi 17 milioni di euro, riguarda la progettazione esecutiva e i lavori di miglioramento dello stadio del salto "Giuseppe Dal Ben", in località Stalimen. «La riqualificazione dello stadio del salto è un'opera di assoluta rilevanza, che consentirà di rendere le strutture di Predazzo adeguate ai più moderni standard olimpici. Un investimento che costituirà una ricaduta positiva nel tempo, a beneficio della comunità e del rapporto tra sport e territorio», ha commentato il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti. L'importo complessivo di appalto, da assegnare tramite procedura aperta sopra soglia comunitaria con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, è di 16.771.815 euro. Il progetto, concordato con il Cio e la Federazione sportiva di riferimento, è stato curato dal Comune di Predazzo con il supporto del Servizio opere civili della Provincia, che si occuperà della fase di realizzazione

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dei lavori. Al termine dei lavori lo stadio sarà dotato di due nuovi trampolini Hs143 e Hs109 (Hs sta per 'Hill Size', a cui si aggiunge la lunghezza in metri del trampolino)

Corriere delle Alpi | 1 Aprile 2023

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Olimpiadi, l'allarme degli industriali

«Io non sono molto tranquillo e certamente non è tranquillissimo neppure il sindaco di Cortina». Lo ha ammesso al Meeting dei Giovani Imprenditori del Nordest il presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro. Tante opere infrastrutturali di supporto ai Giochi del 2026 «sarà difficile vederle per quella data”. Carraro si è spinto oltre, citando il sindaco di Firenze Nardella che - ha detto - «non ha capito bene che i soldi del Pnrr non si possono utilizzare per costruire stadi». Opere diverse sono invece - ha specificato Carraro - il villaggio olimpico e la pista di bob di Cortina.Il sindaco Gianluca Lorenzi, nel benvenuto introduttivo, aveva ricordato che «ogni giorno siamo costretti a una battaglia con qualche comitato che non ha capito che questa amministrazione non vuol distruggere proprio niente, ma, al contrario, punta alla rinascita di Cortina». Lorenzi ha ricordato che in Comune ci sono 15 pratiche di altrettanti alberghi pronti alla rigenerazione. «E noi vogliamo assicurare questo trend».Ma le grandi infrastrutture? 800 milioni solo per le circonvallazioni di Cortina e Longarone. «L'accordo con il governo è che si mettano a terra tutte le opere, che siano finanziate e poi qualcuna si terminerà prima e qualcuna dopo», ha assicurato Luca Zaia. E dall'ultima cabina di regia «la garanzia è che debbano essere finanziate tutte». fdm.

Corriere delle Alpi | 5 Aprile 2023

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Pista da bob, è giallo sulla posizione del Cio sull'ipotesi Innsbruck

CORTINA

Ennesimo giallo per la pista di bob. Al Comitato olimpico internazionale è vero o no che potrebbe star bene anche l'impianto di Igls? Se lo chiede Cipra, la confederazione delle associazioni ambientaliste per la protezione delle Alpi, sulla base della risposta appena ricevuta dal Cio ad una sua lettera. Ieri ha diffuso una nota in cui si fa sapere che «ciò che appare più importante per la Cipra è la dichiarazione inequivocabile del Cio di non aver mai richiesto la costruzione di un nuovo impianto per il bob a Cortina».Per quanto riguarda la decisione presa, il Cio sottolinea di «essere semplicemente stato messo di fronte al fatto compiuto e che, una volta costruito - indipendentemente dalla valutazione fatta - sarebbe irragionevole non utilizzarlo».Dove sta il giallo? Che a Cortina (Società Infrastrutture e Comune) e in Regione non risulta che questo sia il pensiero del Cio per come è stato manifestato fino ad oggi. Ieri, quindi, letta la comunicazione di Cipra, è scattato un intreccio di telefonate per capire. Il risultato? «Si va avanti come da programma», è stata la risposta di ambienti vicini ai vertici di Infrastrutture, «il cantiere della pista è già avviato». Cipra, peraltro, ricorda ancora una volta che la ristrutturazione dell'impianto di Innsbruck costerebbe - secondo stime di parte austriaca- 27 milioni contro il centinaio preventivato per un nuovo impianto a Cortina. Nell'interesse della popolazione locale e dell'ambiente naturale, «che è sempre gravemente colpito dai Giochi invernali», Cipra invita quindi il Comitato organizzatore dei Giochi di Milano Cortina 2026 «a chiedere ai gestori della pista di bob di Igls, nei pressi di Innsbruck, di formulare un'offerta per organizzare le gare di bob del 2026 su quella pista. Rifiutarsi di formulare una richiesta alla città di Innsbruck sarebbe prova di scarsa professionalità e dell'imminente insensato sperpero di denaro pubblico per un nuovo impianto i cui costi stimati vengono costantemente rivisti al rialzo e che ammontano già ad oltre cento milioni di euro».Intanto si va verso la conferma della Fiera di Milano, a Rho, come sede della pista per il pattinaggio veloce cui ha rinunciato Trento.«La decisione sul sito per il pattinaggio di velocità per le Olimpiadi del 2026 verrà presa entro il 18 aprile. Ne abbiamo parlato in cabina di regia, ma la decisione finale spetta al Comitato e al Cio», ha precisato ieri il ministro per lo Sport, Andrea Abodi. Il vicepremier Matteo Salvini aveva nei giorni scorsi strizzato l'occhio all'ipotesi di concedere il pattinaggio di velocità al Piemonte, dopo la rinuncia di Baselga di Pine'.«Il ghiaccio sarà concentrato tutto a Milano», ha confermato Abodi, «e la fiera è una valida soluzione, all'interno del perimetro olimpico, che comprende Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige. Comitato e Cio devono valutare bene l'economicità delle varie opzioni e poi decidere, perché non possiamo andare oltre il 18 aprile».Intanto la Fondazione Milano Cortina 2026 e Giorgio Armani hanno annunciato la firma di un accordo destinato a supportare i Giochi 2026. Francesco Dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Veneto | 5 Aprile 2023

p. 10, edizione Treviso -. Belluno

Cipra: nuova pista da bob non necessaria ai Giochi

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Gli ambientalisti: il Cio vuole il trasloco all’impianto di Innsbruck

Fondazione Milano Cortina: «Costi più alti, opera ampezzana ok»

Dimitri Canello

cortina d’ampezzo

Secco duello ieri sulla nuova pista da bob a Cortina fra la «Commissione internazionale per la protezione delle Alpi» (Cipra) e la Fondazione Milano Cortina 2026. «Cipra» è tornata alla carica facendo sapere che «il Comitato olimpico internazionale (Cio, Ndr ) ha formalmente informato la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra) che non è necessario costruire una nuova pista da bob per ospitare i Giochi olimpici invernali. Il Cio ritiene che si debba utilizzare una pista esistente».

Segue l’invito all’organizzazione dei Giochi olimpici invernali del 2026 «affinché venga formulata immediatamente una richiesta ai gestori della pista da bob di Innsbruck per l’utilizzo di quell’impianto».

Un fulmine a ciel sereno, o quasi, in una partita ritenuta chiusa. E segue un invito a cambiare rotta. «Ciò che appare più importante spiega una nota della Cipra è la dichiarazione inequivocabile del Cio di non aver mai richiesto la costruzione di un nuovo impianto per il bob a Cortina.

Al contrario, nella sua risposta del 20 marzo 2023, il Cio afferma: “Nel caso della pista da bob a Cortina, la nostra posizione è che non sia necessario costruire nuove piste di bob nell’ambito di un progetto di Giochi olimpici invernali e che dovrebbe essere utilizzata una struttura esistente nella regione o in un altro Paese».

Cipra invita la Fondazione ad attivarsi rapidamente con Innsbruck per utilizzare la pista esistente. «Ottenere un’offerta in questo momento è fondamentale conclude Cipra in quanto la città di Innsbruck si è recentemente impegnata a ristrutturare l’impianto prima dei Giochi invernali del 2026, con costi stimati di soli 27 milioni di euro».

Ferma la precisazione della Fondazione Milano Cortina. «Fondazione Milano Cortina 2026 si legge in una nota ha da tempo avviato un’interlocuzione proficua con la controparte responsabile dell’impianto austriaco. Risultano meno corrette anche le stime di budget relative alla ristrutturazione della pista di Innsbruck che ammonterebbero a ben più dei 27 milioni indicati da Cipra. La cifra riportata si riferisce alla sola prima parte degli interventi previsti. E ancora risultano invece chiaramente onerosi i lavori di allestimento di una nuova sede di gara oltre confine».

Nella nota si sottolineano le difficoltà logistiche per lo spostamento all’estero degli atleti, il mancato introito per le strutture ricettive cortinesi, gli ulteriori costi e i maggiori impatti ambientali, i tempi di realizzazione dei lavori.

E Fondazione Milano Cortina, che ieri ha annunciato l’accordo di partnership con Giorgio Armani come official outfitter della squadra italiana, conclude: «Viene confermata l’opera di Cortina, che rientra tra le opere essenziali e indifferibili correlate ai Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano Cortina 2026 e se ne ribadisce il valore storico e culturale per il movimento sportivo italiano».

Corriere delle Alpi | 6 Aprile 2023

p. 29

Polemica ancora aperta sulla pista e il villaggio

CORTINA

Ancora scintille sulla pista di bob ed il villaggio olimpico. Rispetto alle presunte riserve del Cio sull'impianto per il bob, lo skeleton e lo slittino, rilanciate dalla confederazione Cipra, la Fondazione Milano-Cortina replica che la posizione del Cio è sempre uguale: «la pista di bob prevista a Cortina rappresenta un impianto nelle disponibilità del Comitato organizzatore per la sola durata dei Giochi e non impatta in alcun modo sul suo budget». «È però altresì necessario chiarire che lo stesso invito di Cipra ad aprire un dialogo con Olympia World GmbH, società che gestisce tra gli altri anche l'impianto di Innsbruck», prosegue la Fondazione, «non è necessario perché la Fondazione ha da tempo avviato un'interlocuzione proficua con la controparte responsabile dell'impianto austriaco. Risultano altresì meno corrette anche le stime di budget relative ai lavori di ristrutturazione della pista di Innsbruck che ammonterebbero a ben più dei 27 milioni indicati da Cipra». Quanto alla collocazione del villaggio olimpico, il consigliere regionale del Pd Veneto, Andrea Zanoni, primo firmatario dell'interrogazione sottoscritta dai consiglieri Camani, Zottis, Bigon (Pd), Guarda (Europa Verde), Lorenzoni (portavoce dell'opposizione in Regione), denuncia politicamente, ancora una volta, «lo scempio ambientale sicuro» che si verificherebbe nella piana di Campo di sotto. Ricordando il dibattito in Regione, Zanoni rilancia che «lo stupore generale dei consiglieri è stato eloquente quando ho mostrato loro la foto che la stessa Regione, non il Wwf, ha inserito nel mese di settembre del calendario 2023»: immortala infatti proprio «il prato di 30 ettari che andrebbe distrutto».Zanoni riprende l'interrogazione al Governo del senatore Andrea Martella al sostegno dell'utilizzo dell'ex villaggio Eni di Borca che basterebbe riqualificare «senza danni all'ambiente e senza esborsi economici clamorosi». «Tutti dovrebbero sapere che nei pressi del villaggio ex Eni insiste un pericoloso movimento franoso, da cui mettono in guardia autorevoli studiosi», ribatte però l'assessore regionale Giampaolo Bottacin. fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Corriere delle Alpi | 7 Aprile 2023

p. 28

Lancedelli: «Regole neutrali dove fare il villaggio olimpico»

il dibattito

«Sulla questione del villaggio olimpico manteniamo una posizione neutrale: non ci esprimiamo sulla base di semplici idee o supposizioni, non avendo progetti concreti sottomano». Flavio Lancedelli, presidente delle Regole d'Ampezzo, esprime così la posizione dell'antico ente regoliero sulla questione della collocazione del villaggio olimpico, al centro mercoledì sera di un incontro con il comitato di Campo. «Non è un "no" a tutti i costi a Campo, così come non significa che siamo contrari a Fiames o a Cimabanche», precisa Lancedelli. «Semplicemente ci esprimeremo quando avremo un progetto in mano».Il comitato Pian da Cianpo di Cortina, che si oppone alla costruzione del villaggio olimpico nella Piana di Campo, dall'incontro di mercoledì sera con la giunta delle Regole ha comunque portato a casa l'impressione che l'orientamento delle Regole sia a favore di Fiames e, in seconda battuta, Cimabanche. «Abbiamo chiesto alle Regole questo incontro per verificare se da parte loro ci fosse una posizione precisa in merito al villaggio olimpico», affermano i rappresentati del comitato dopo l'incontro. «Anche per le Regole la zona ideale resta Fiames, seguita da Cimabanche, fermo restando che il villaggio sia provvisorio. Socol, invece, dove è in atto una ricomposizione ambientale, sembra più complicato. Chiaramente si aspettano di vedere dei progetti veri e propri per poter avvallare una qualsiasi ipotesi, ma è certo che anche per loro Campo non rappresenta la soluzione migliore». La contrarietà al villaggio nella Piana di Campo sembra dunque avere sempre più sostenitori tra la popolazione di Cortina. Inizialmente il villaggio olimpico nel dossier di candidatura era previsto a Fiames, ma c'è stato un cambio al fine di per poter allestire in questa zona situata a nord di Cortina, fuori dal centro abitato, il cantiere della variante Anas alla statale di Alemagna, che a detta del commissario Sant'Andrea, dovrebbe partire qualche mese prima delle Olimpiadi. Il comitato, con l'incontro, ha avuto la sensazione che per le Regole Fiames sarebbe in ogni caso il luogo ideale, in quanto ci sarebbe lo spazio sufficiente senza troppo impatto. Per quanto riguarda la zona dell'ex polveriera di Cimabanche, di proprietà del Comune ma all'interno del Parco naturale delle Dolomiti gestito dalle Regole, potrebbe essere un'occasione per continuare la bonifica già fatta in parte dalla Regole, abbattendo i vecchi edifici e liberando la zona dall'amianto, a patto che il villaggio sia provvisorio. Si riqualificherebbe così un'area oggi in costante degrado. L'area di Socol invece, che era emersa durante l'incontro del comitato di Campo con il commissario, per le Regole non è adatta perché ci sono in corso ricomposizioni ambientali che difficilmente finiranno prima delle Olimpiadi.«Il fatto che un istituto millenario come le Regole, che nel corso dei secoli ha sempre difeso la proprietà collettiva della comunità, non sia orientato rigidamente verso Campo è importante e in parte rafforza le nostre posizioni», continuano dal comitato. «Si tratta di un forte segnale che la popolazione di Cortina lancia al commissario Sant'Andrea e alla società Infrastrutture

Milano-Cortina 2026: Campo non rappresenta la soluzione, ci sono aree alternative che vanno bene a tutti. Se la volontà del Cio è quella di lasciare un'eredità al paese, è fondamentale che il budget allocato per il villaggio olimpico venga destinato alle zone che hanno bisogno di una riqualificazione». Marina Menardi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere del Veneto | 7 Aprile 2023

p. 11, edizione Treviso – Belluno

«Pista da bob per i Giochi a Innsbruck»

Dimitri Canello

cortina d’ampezzo Fa ancora discutere la nuova pista da bob che verrà costruita su quella esistente per le Olimpiadi invernali di MilanoCortina 2026. Sull’impianto a Ronco di Cortina un’interrogazione della consigliera regionale di «Europa Verde», Cristina Guarda. «C’è una precisa responsabilità politica dice Guarda di questa maggioranza e di quella maggioranza che siede a Roma. Come aver tirato un sasso per poi nascondere la mano, laddove il sasso un macigno è la ristrutturazione della pista da bob “Eugenio Monti”. Troppo comodo e facile affermare che non è più possibile pensare a un trasferimento altrove, come invece ha nuovamente ipotizzato il Comitato olimpico internazionale dopo la richiesta del Cipra».

Secondo Guarda manca la volontà di avviare una seria interlocuzione con le autorità austriache per l’utilizzo della pista esistente di Innsbruck.

«Ho interrogato la Giunta regionale aggiunge affinché chieda ai soggetti competenti, partendo dal commissario, di avviare una seria trattativa per trovare una collocazione diversa alla pista da bob. Andare avanti così rischia di essere un pesante tributo all’insostenibilità, per gli enormi costi e per l’impatto dell’opera oltre che per la futura gestione».

Corriere delle Alpi | 11 Aprile 2023

p. 30

Villaggio olimpico, c'è la virata su Fiames

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CORTINA

La svolta sul villaggio olimpico. Domani, a Palazzo Chigi, quindi a Roma, si terrà la cabina di regia (anticipata alle 14) con la presenza del vicepremier Matteo Salvini, di numerosi ministri, dei rappresentanti del Veneto e del Comune di Cortina, oltre che dei vertici della Fondazione Milano Cortina e della Società Infrastrutture per scegliere la location del villaggio olimpico di Cortina. E la scelta potrebbe tornare su Fiames, se a prevalere sarà l'opportunità politica. Anzi, pare che la decisione sia già stata presa: si attenderebbe solo il tavolo della trattativa per condividerla. E senza escludere, ovviamente, colpi di scena dell'ultimo momento.Dei quattro siti presi in considerazione dal punto di vista tecnico e dei costi economici (Campo, Fiames, Cimabanche e ex villaggio Eni di Borca), la verifica ha indicato i primi due. Cimabanche è stata esclusa perché troppo problematica. Borca perché troppo complessa: il Cio vuole che gli atleti siano accolti non in strutture differenti, ma di pari dignità e confort; all'ex Eni, invece, la ricettività sarebbe diversamente articolata, tra albergo, villette, prefabbricati aggiuntivi.Per Campo e Fiames, i pro e i contro, dal punto di vista tecnico, si equivalgono. A sfavore di Fiames c'è soprattutto l'incidenza che la costruzione del villaggio avrebbe sull'eventuale cantiere della circonvallazione. I prefabbricati removibili da collocare sono circa 600 e richiedono tra i 6 ed i 10 mesi per l'installazione, più tre mesi per lo svolgimento dei Giochi olimpici e paralimpici, e l'aggiunta di altri 6 mesi, se non addirittura 8, per lo smontaggio. Vuol dire che il cantiere della sospirata arteria dovrà limitarsi per un anno e mezzo.Il cantiere a nord di Cortina, ovviamente, non quello a sud per la costruzione della bretella che viene comunque confermato. Ma questo "prezzo" - il rallentamento del cantiere - sarà compensato politicamente dal fatto che la scelta di Campo, area in parte urbanizzata ed in parte vocata alla protezione, solleverebbe un secondo caso-pista di bob. Con ricorsi, controricorsi, polemiche politiche ancora più pesanti, considerando che il primo partito di opposizione, il Pd, si è schierato per Borca. Ecco, dunque, che per non incrinare ulteriormente la serenità-preolimpica, in cabina di regia l'orientamento politico pare ritornare su Fiames. Solo l'Amministrazione di Cortina potrebbe impuntarsi. Ma anche il sindaco Gianluca Lorenzi e l'assessore Stefano Ghezze potrebbero, con realismo politico, prendere atto che evitare ulteriori polemiche sulle Olimpiadi è proprio l'urgenza di oggi. Giampietro Ghedina, l'ex sindaco, a chi gli confidava il nuovo orientamento ha subito rassicurato: «Questo sarebbe un atto di saggezza, perché la scelta di Campo risulterebbe un grave errore d'impatto tecnico, ambientale, sociale e finanche economico. Non si perda altro tempo, dopo l'anno volato via, e magari si decida anche di lasciare una parte del villaggio a Fiames come foresteria per le attività ricettive, assecondando le categorie economiche ed i sindacati che al tempo avevano chiesto di risolvere questi problemi». Francesco Dal

Corriere delle Alpi | 12 Aprile 2023

p. 28

Villaggio olimpico, oggi la verità Zaia e Lorenzi: nessuna preclusione

CORTINA

«Nessun braccio di ferro su Campo». Gianluca Lorenzi, sindaco di Cortina, scenderà oggi a Roma non per difendere a tutti i costi la scelta di Campo, come sede del villaggio olimpico, ma - come anticipa - per accogliere con piena disponibilità il risultato del confronto tecnico (e non solo) tra le ipotesi in campo.Alle 14, a palazzo Chigi, la cabina di regia sulle opere olimpiche terrà seduta, sotto la presidenza del vicepremier Matteo Salvini, con all'ordine del giorno due scelte molto delicate: la location per gli atleti olimpici e paralimpici a Cortina e quella della pista di pattinaggio veloce, che pare destinata alla fiera di Rho a Milano.Per Cortina, le opzioni esaminate dagli esperti sono state quelle di Campo, Fiames, Cimabanche e Borca (ex villaggio Eni). Il confronto è stato condotto sugli spazi a disposizione, sulla conformità degli stessi, su eventuali vincoli e problematiche, sulla distanza dai campi di gara e dalla sede di premiazione, sui costi. Con una premessa: gli atleti debbono poter contare su analoghe opportunità alloggiative. Pare che per tutta una serie di ragioni siano stati esclusi i siti di Cimabanche e Borca. Restano in piedi Campo e Fiames. Il presidente della Regione, Luca Zaia, che oggi prenderà parte alla cabina di regia, ha anticipato ieri che si rimetterà alla scelta che verrà proposta dalla Società Infrastrutture. «La mia teoria è che un pubblico amministratore non dovrebbe innamorarsi di un progetto piuttosto che di un altro. Il metodo da seguire è di mettere a confronto i pro ed i contro e di scegliere ovviamente la soluzione che ha più pro».Lorenzi scende a Roma con la stessa convinzione. «Nessun braccio di ferro, tanto meno nessuna guerra per un sito piuttosto che per l'altro. L'Amministrazione che presiedo aveva ritenuto, a suo tempo, che corrispondesse meglio alle esigenze della comunità la soluzione di Campo piuttosto che quella di Fiames. Abbiamo raccolto, in queste settimane, una serie di osservazioni critiche su Campo. Le abbiamo consegnate a chi aveva il compito di metterle a confronto con quelle relative all'ipotesi-Fiames. Vedremo in cabina di regia cosa ci diranno. E senza problemi ci adeguederemo».Il sindaco ricorda che il tema principale, a sfavore di Fiames, era l'eventuale ritardo nella partenza dei lavori della circonvallazione, a nord di Cortina. L'installazione del villaggio olimpico e il suo smantellamento richiederà circa 18 mesi di tempo, compresa la celebrazione dei Giochi. In questo periodo l'andirivieni di camion del cantiere potrebbe interferire con il posizionamento dei moduli prefabbricati, che richiede campo libero. È evidente che nella scelta della location peserà anche l'orientamento politico. E da qualche tempo a questa parte, la volontà dei decisori è di evitare ogni contrasto. In due parole, evitare un secondo caso "pista da bob". Scegliere Campo significherebbe lo scontro diretto anzitutto con le associazioni ambientaliste ed i Comitati.«Le Olimpiadi», ribadisce Lorenzi, «hanno bisogno di recuperare in fiducia».E, guarda caso, sulla medesima lunghezza d'onda è sintonizzato l'ex sindaco Giampietro Ghedina, più che soddisfatto che si ritorni sulla sua scelta di Fiames. E che magari si

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lasci sul posto una parte del villaggio per i problemi di accoglienza di chi lavora a Cortina. ma anche fiducioso che «si vada subito a recuperare l'anno di ritardo accumulato».

L’Adige | 14 Aprile 2023

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Villaggio olimpico, progetti al via Sarà lo studio BBS srl di Trento a redigere il progetto definitivo (per quanto riguarda la parte edile-architettonica) del nuovo padiglione che sorgerà presso la caserma della Scuola Alpina di Predazzo. L'incarico (per un corrispettivo di 108.957 euro) è stato dato nei giorni scorsi allo studio dal dirigente del Servizio opere civili della Provincia, Marco Gelmini. Si tratta di un passo essenziale per arrivare alla realizzazione villaggio olimpico e paralimpico che fungerà da base per gli atleti di salto, sci nordico e combinata nordica impegnati in Valle di Fiemme per le Olimpiadi invernali del 2026. La Fondazione Milano-Cortina aveva manifestato nel 2020 al Comando Generale della Guardia di Finanza la necessità di disporre della caserma della Scuola Alpina, in quanto ritenuta funzionale e adatta ad essere temporaneamente adibita a Villaggio Olimpico. La GdF aveva comunicato a febbraio 2021 la sua disponibilità e l'11 novembre 2022 la giunta provinciale aveva approvato lo schema di accordo con cui venivano disciplinati gli interventi e i tempi di realizzazione del villaggio.L'accordo tra la Provincia, il Comando Generale della Guardia di Finanza, l'Agenzia del Demanio, la Fondazione Milano Cortina 2026 e il Coni, firmato il 16 dicembre scorso, stabilisce che un nuovo padiglione affiancherà la caserma esistente ed è proprio a questo che si riferisce l'incarico, per cui lo studio BBS avrà 90 giorni di tempo. Nell'intesa si parla di un costo totale di 13 milioni per questo edificio, ma nella determinazione la spesa massima di riferimento è di 3.360.000 euro solo per la parte architettonica. Il progetto - che come spiega l'ingegner Gelmini non ha subito modifiche - è però discusso, a Predazzo, dove i consiglieri di opposizione Eugenio Caliceti e Igor Gilmozzi hanno depositato nei giorni scorsi una mozione perché il Comune faccia pressioni a favore di una ristrutturazione del padiglione Fausto Musto (che presenta però problemi di resistenza sismica) in alternativa al consumo di nuovo suolo. Prospettiva che pare superata, alla luce dell'incarico appena assegnato e della previsione di approvare entro fine primavera o inizio estate i progetti esecutivi relativi agli interventi previsti.Va ricordato che la spesa complessiva per l'allestimento del villaggio olimpico ammonta a 27.605.000 euro, di cui 10.890.000 euro stanziati dal Dipartimento per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 4.990.000 euro dall'Agenzia del Demanio, 8.115.000 euro dal comando generale della Guardia di Finanza e 3.610.000 euro dalla Provincia di Trento. Nel villaggio, che comunque sarà temporaneo, potranno essere ospitate 850 persone tra atleti e tecnici impegnati nelle gare organizzate al Centro del salto di Predazzo e al Centro del fondo di Tesero. L'accordo prevede che il padiglione Macchi sia ristrutturato e sismicamente migliorato con una spesa di 6.480.000 euro per ricavare 135 posti letto al primo, secondo e terzo piano. Nel padiglione Nicolaucich saranno ricavati nel sottotetto altri 38 posti letto con un intervento del costo di 1.064.000 euro. Il padiglione Latemar sarà demolito e ricostruito con 7.101.000 euro, su 3 piani e con altri 138 posti letto. Il nuovo padiglione Olimpico è previsto nella zona retrostante il padiglione Musto e sarà sviluppato su quattro piani per un totale di 392 posti letto. Secondo l'accordo, tutti gli interventi prevederanno il contenimento dei consumi energetici, il riciclo delle acque bianche e grigie, l'utilizzo di materiali riciclabili. Il termine di tutti i lavori è previsto a novembre 2025, appena in tempo per il collaudo prima dell'inizio delle Olimpiadi.G.Car.

Corriere delle Alpi | 21 Aprile 2023

p. 29

I lavori per il bob superano il vaglio del Tar

Il Cio: tutto sarà a posto per le Olimpiadi

CORTINA

Dal Tar del Lazio al presidente del Cio Thomas Bach, passando per il ministro dello sport, Andrea Abodi, tutti con il pollice su ieri per Cortina, in particolare per la pista di bob. Avanti tutta, da tutti. OK DEL TAR Come a Cortina molti prevedevano, il Tribunale amministrativo del Lazio ha respinto la richiesta avanzata da Italia Nostra e dalle altre associazioni firmatarie di sospensiva dei lavori di demolizione controllata ("strip out") della storica pista da bob Eugenio Monti. Operazione propedeutica alla costruzione del nuovo impianto, lo Sliding centre, che ospiterà le discipline del bob, parabob, slittino e skeleton dei Giochi olimpici e paralimpici invernali. «Al di là dei possibili profili di improcedibilità della domanda cautelare per essere stata la pista già rimossa, la domanda cautelare non appare supportata da profili di apparente fondatezza», ha rilevato il Tar, «viceversa, l'approfondita istruttoria svolta dalle amministrazioni intimate, nell'ambito della quale sono state ponderate, in modo apparentemente congruo, tutte le posizioni coinvolte nella vicenda in rilievo».RIMBOSCHIMENTO COMPENSATIVOIl problema è stato affrontato anche durante il question time al Senato, a seguito di un'interrogazione da parte di Sinistra e Verdi. «Pista di bob? Ci sarà rimboschimento compensativo su superfice doppia», ha assicurato il ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi. L'intervento a Cortina, ha specificato, «prevede un progetto di sistemazione paesaggistico ambientale attraverso la realizzazione di opere a verde, di riforestazione dell'area e di rimboschimento compensativo per il miglioramento culturale di una superficie doppia rispetto a quella di cui è stata richiesta per la riduzione forestale».Nell'interrogazione era stato posto il tema dell'eccessivo prelievo d'acqua dal Boite. «Il prelievo», ha spiegato il ministro

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Abodi, «è una soluzione che è stata scartata per una precisa scelta di una riduzione degli impatti ambientali dell'intervento e sono state presentate soluzioni alternative che non comportano prelievi dal fiume».Di che si tratta? «Della sostituzione di un vetusto serbatoio che attualmente non garantisce un accumulo adeguato e di un adeguamento tecnico e infrastrutturale».Prevista dunque la realizzazione di un nuovo serbatoio che «potrà mettere al servizio dell'intera comunità locale una maggior capacità di stoccaggio idropotabile e garantire approvvigionamento all'impianto sportivo senza dover dedicare una specifica infrastruttura», ha concluso Abodi. «RISPOSTA INSODDISFACENTE»La risposta del ministro Abodi sul consumo di acqua necessario per il funzionamento della pista di bob «è assolutamente insoddisfacente», ha risposto la senatrice Aurora Florida dell'Alleanza Verdi e Sinistra. «La siccità che sta colpendo il nostro Paese, e in particolare il nord e l'area delle Dolomiti, non ci permette di utilizzare le risorse idriche a servizio dei cittadini nel Comune di Cortina per altri scopi, meno che meno per la formazione del ghiaccio necessario alla pista. Come si può pensare in un periodo come questo di utilizzare acqua destinata ai cittadini?».Il prelievo di oltre 3.000 metri cubi di acqua dall'acquedotto comunale per la formazione del ghiaccio necessario alla pista da bob, in un territorio già sofferente dal punto di vista idrico,«è una vera follia», secondo la senatrice. BACH SODDISFATTOPrima di incontrare a Roma il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il presidente del Comitato olimpico internazionale, Thomas Bach, ha ammesso, a Milano dove ha incontrato la Fondazione, che «siamo rimasti molto impressionati dal progetto delle Olimpiadi invernali, abbiamo visto un grande impegno, da parte di tutte le autorità italiane, a tutti i livelli, tra i membri del comitato organizzatore e anche tra di loro, non vediamo l'ora, siamo veramente fiduciosi sui Giochi Olimpici nel 2026».Dunque positività sui progetti: «Confidiamo che stiano andando avanti e che tutto sia a posto al momento dei Giochi. L'Italia e le Regioni hanno una tale esperienza nell'organizzare eventi sportivi invernali di primo livello che penso la nostra fiducia sia ben giustificata».Mentre sulla pista di pattinaggio a Milano, Bach ha chiarito come questa sia una decisione «del comitato organizzatore che noi supportiamo, nel senso che siamo sempre stati del parere che la pista per il pattinaggio di velocità di Baselga di Pinè non fosse l'ideale per ragioni di sostenibilità e di legacy, per cui non vediamo l'ora che sia realizzato questo progetto a Milano».I costiI Giochi stanno costando troppo? Non dovevano essere quasi a costo zero, quindi sostenibili?«Noi stiamo aiutando tutti i comitati organizzatori fin dall'inizio, stiamo contribuendo al budget con diverse centinaia di milioni di dollari prima di tutto», ha detto il presidente Bach. «Ora ci stiamo rivolgendo, insieme con i comitati organizzatori, verso nuove sfide, come l'inflazione, le difficoltà di approvvigionamento e così via. Questo è quello che stiamo facendo con il programma che chiamiamo di ottimizzazione dell'organizzazione, cioè che, laddove possibile, possiamo ridurre i costi o gli sforzi logistici, senza toccare il campo dell'esperienza per gli atleti. Questo è un lavoro che va avanti giorno per giorno, in stretta collaborazione con i comitati organizzatori».

Corriere del Veneto | 21 Aprile 2023

p. 11, edizione Treviso-Belluno

Pista da bob: ricorso bocciato, cantiere avanti

Dimitri Canello cortina d’ampezzo

Ricorso respinto e nessuno stop al cantiere per i lavori di demolizione controllata in «strip out» della pista da bob «Eugenio Monti» a Cortina d’Ampezzo.

L’ha deciso il Tar (Tribunale amministrativo regionale) del Lazio con un’ordinanza che ha rigettato le richieste di Italia Nostra Onlus, l’associazione ambientalista che aveva tentato di bloccare la realizzazione della contestata opera per le Olimpiadi invernali 2026. L’intervento è il primo lotto delle operazioni propedeutiche all’avvio dei successivi lavori per realizzare il nuovo «Sliding Centre» che ospiterà bob, parabob, slittino e skeleton dei Giochi olimpici e paralimpici invernali di Milano Cortina 2026. Una sentenza che, per ora, avvalora la tesi del comitato organizzatore delle Olimpiadi. Il Tar, rileva che «al di là dei possibili profili di improcedibilità della domanda cautelare per essere stata la pista de qua già rimossa, la domanda cautelare non appare supportata da profili di apparente fondatezza» e conclude che «viceversa, nell’approfondita istruttoria svolta dalle amministrazioni intimate, sono state ponderate, in modo apparentemente congruo, tutte le posizioni coinvolte nella vicenda».

MOBILITA’ SUI PASSI: LA PROPOSTA “CAR IS OVER”

Gazzettino | 19 Aprile 2023

p. 8, edizione Belluno

Basta traffico sui passi: nasce il progetto "Car is over"

Si propone e se dibatte da trent'anni, ma nasce ora un comitato scientifico per la chiusura a tempo del traffico sui passi Sella, Gardena, Campolongo e Pordoi già dal prossimo 12 giugno. Un provvedimento simile era in realtà già stato sperimentato nel 2017 con la chiusura a tempo del passo Sella, ma limitatamente a un giorno a settimana. Ma ora il progetto "Car is over" presentato ieri a Bolzano,

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pare voler spingersi più avanti. L'idea partita da Michil Costa, albergatore di Corvara, noto ambientalista, nonchè presidente della manifestazione ciclistica Maratona dles Dolomites, è stata portata avanti in questi mesi da un gruppo di studiosi, costituitisi ufficialmente proprio ieri nell'apposito comitato scientifico. In tale sodalizio spiccano anche tre presenze bellunesi: Luigi Casanova, storico esponente e presidente onorario di Mountain Wilderness, Diego Cason sociologo del turismo e della pianificazione territoriale, e Stefano Dell'Osbel architetto e promotore della ferrovia lungo la Val Cordevole. Per il versante relativo al Trentino Alto Adige invece, oltre a Michil Costa, il comitato è composto da Riccardo Dello Sbarba Filosofo, giornalista professionista e consigliere provinciale di Bolzano per il Gruppo Verdi-Grüne-Vërc, Helmuth Moroder ingegnere e consulente nel settore mobilità, Silvia Simoni ingegnere per l'ambiente ed il territorio, Luigi Spagnolli ex sindaco di Bolzano e senatore per il Trentino Alto Adige Südtirol e Carlo Zanella presidente del CAI Alto Adige Südtirol.

Il traffico sui passi, dicono, causa stress acustico e inquinamento atmosferico, impattando negativamente sulla qualità della vita presente e futura degli abitanti di queste terre, animali e piante compresi. Necessario, dicono gl esperti, mettere un limiti anche per evitare che i passi diventino piste per gare rombanti. Pedalare e camminare sulle Dolomiti d'altro canto è un sogno ambito nel mondo da milioni di persone. I dati indicano che cicloturismo e turismo lento sono trend in continua crescita ed il pesante traffico di auto e moto che nei mesi estivi affliggerebbe quindi i nostri passi inficiandone negativamente l'esperienza.

Nel dettaglio ciò che si propone "Car is over" è un progetto pilota per la regolamentazione del traffico sui passi dolomitici intorno al gruppo del Sella già dalla prossima estate. Due ore di chiusura al traffico nelle ore centrali della giornata, per non compromettere la mobilità dei residenti che si spostano per motivi di lavoro. Un'azione che vuole porsi in continuità ai vari progetti provinciali e regionali nonchè delle singole valli, il cui provvedimento finale sull'attuabilità della proposta spetta però al Governo. Un altro interrogativo che si pone però è su come potrebbero giudicare gli operatori sui passi interessati, che potrebbero interrogarsi su un possibile calo di guadagni. In questo senso la ricetta fornita dall'iniziativa "Car is over" è semplice: basta guardare quanto accade nei centri storici delle nostre città. In molti casi l'assenza di auto e moto porterebbe beneficio alle attività commerciali e ai cittadini.

La chiusura al traffico tutti i giorni a partire dal 12 giugno al 24 settembre dalle 10 alle 12 avverrebbe nei quattro passi attorno al Sella, domenica e festivi inclusi, ma con la prospettiva di estendere il progetto anche ad altri passi, tra i quali Falzarego e Giau.

Il tutto verrebbe reso possibile tramite la regolamentazione del transito da parte delle autorità competenti con l'apposita segnaletica informativa, dandone comunicazione anche a valle. In aggiunta vengono previsti nel progetto controlli sulle strade da giugno a settembre dalle ore 9 alle 20, che secondo il comitato dovrebbero comprendere velocità, emissioni sonore, parcheggio in aree con divieto e trasgressioni del codice della strada in generale.

Alto Adige | 19 Aprile 2023

p. 34

Ambientalisti in pressing: 4 Passi chiusi per due ore

ezio danieli

BOLZANO/DOLOMITI

Una proposta di riduzione del traffico sui passi dolomitici è stata presentata ieri mattina al Laurin di Bolzano .Il progetto viene lanciato da «Car is over», un gruppo di lavoro di cui fanno parte diversi esperti di mobilità e numerose associazioni delle province di Bolzano, Trento e Belluno. La proposta prevede la chiusura al traffico automobilistico e motociclistico tutti i giorni dalle 10 alle 12 domenica e festivi inclusi dal 12 giugno al 24 settembre. Dovrebbero essere coinvolti i quattro i passi dolomitici e cioè Gardena, Pordoi, Sella, Campolongo. C'è anche la prospettiva di estendere il progetto al Falzarego e a Passo Giau (ed eventualmente anche agli altri passi). Come dovrebbe avvenire la chiusura e delle strade? Con la regolamentazione del transito da parte delle autorità competenti (Polizia municipale, Carabinieri, Polizia stradale) con l'apposita segnaletica informativa, dandone comunicazione anche a valle (come avviene d'inverno quando i passi sono chiusi per neve o durante le competizioni ciclistiche estive). In aggiunta controlli sulle strade da giugno a settembre dalle 9 alle 20; i controlli dovrebbero comprendere velocità, emissioni sonore, parcheggio in aree con divieto e trasgressioni del codice della strada in generale. Questo potrebbe essere fatto unendo le risorse dei comuni (pattuglie) con il sostegno della Provincia (strumenti di rilevamento fonometri). A distanza di oltre 30 anni dalla prime discussioni sulla regolamentazione del traffico sui passi dolomitici, ieri a Bolzano c'è stata la presentazione del progetto "Car Is Over" alla presenza di Luigi Casanova, Michil Costa, Riccardo Dello Sbarba, Helmuth Moroder, Silvia Simoni e Carlo Zanella, membri del comitato scientifico, che ha elaborato una proposta di regolamentazione del traffico auto-motociclistico sui passi dolomitici o intorno al gruppo Sella per la prossima estate. «Ciò che proponiamo è un progetto pilota per la regolamentazione del traffico sui passi dolomitici intorno al gruppo del Sella nell'estate 2023. Due ore di chiusura al traffico automobilistico e motociclistico che possono sembrare poche, ma che in realtà hanno un potere simbolico molto istruttivo» hanno detto nei vari interventi sia Costa, che Moroder, come pure la Simoni, Casanova e dello Sbarba. Un'azione che vuole porsi in continuità ai vari progetti provinciali e regionali delle singole valli, supportando e rafforzando il percorso verso la riduzione dell'impatto ambientale, spronando le istituzioni ad agire celermente a vantaggio di residenti e turisti. Ed è proprio nel momento in cui la Provincia di Bolzano, come quella di Trento e di Belluno, sta per ,mettere nero su bianco le intenzioni operative ,"Car is over" lancia la sua proposta che evidenza in particolare come «ogni scalata che si rispetti inizia proprio così: da un piccolo passo che, tornante dopo tornante, diventa un'impresa». Il blocco del traffico per due ore ogni giorni è un piccolo passo. Non nuovo, per la verità. S'è parlato anche delle attività degli operatori turistici sui passi e intorno agli stessi che rischiano di vedere a rischio parte

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dei loro ricavi. Hanno risposto sia Luigi Casanova che Carlo Zanella: «Basta guardare quanto accade nei centri storici delle nostre città; l'assenza di auto e moto porta beneficio alle attività commerciali, ai cittadini, agli ospiti, rendendo più belli quei luoghi dalla rilevante importanza turistica. Le persone passeggiano per le vie, senza clacson e traffico, i commercianti gioiscono».©RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 21 Aprile 2023

p. 34

Chiusura dei Passi, Alfreider: così si intasa il fondovalle

ezio danieli BADIA/GARDENA

«I dati fatti registrare a Braies dimostrano che lo stop alle auto crea una lunga attesa prima del provvedimento di stop al traffico che è per un breve periodo. L'attesa crea pesanti conseguenze sulla circolazione con code che si allungano penalizzando la circolazione sulla strada statale della Pusteria. Cosa accadrebbe nei paesi a valle se il provvedimento di chiusura al traffico fosse introdotto sui passi dolomitici visto che sarebbe di una durata più lunga di quella di Braies?». È perplesso l'assessore provinciale alla mobilità Daniel Alfreideir sulla proposta lanciato da "Car is over" un gruppo di lavoro di cui fanno parte diversi esperti di mobilità e numerose associazioni delle province di Bolzano, Trento e Belluno. La proposta prevede la chiusura al traffico automobilistico e motociclistico tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 12 domenica e festivi inclusi dal 12 giugno al 24 settembre. Dovrebbero essere coinvolti i quattro i passi dolomitici e cioè Gardena, Pordoi, Sella, Campolongo. Con la prospettiva di estendere il progetto al Falzarego e a Passo Giau (ed eventualmente anche agli altri passi). Alfreider si dice contento della proposta "perchè serve ad avere un quadro di insieme su cosa è possibile fare". Ma poi aggiunge che " Bisogna considerare la situazione nelle vallate. Con il traffico vietato sui passi i vari paesi si troverebbero ad affrontare conseguenze pesanti , simili a quelle che abbiamo sperimentato a Braies dove prima della chiusura del traffico verso il lago si sono formato cose di attesa di diversi chilometri con ripercussioni su tutto il sistema viario della Pusteria. Cosa accadrà a Selva oppure a Corvara in conseguenza della chiusura dei passi? Mi fa piacere per il contributo offerto da "Car is over" per risolvere un problema, quello di contenere il traffico sulle strade dei passi dolomitici. E' uno sprone in più per agire di concreto coinvolgendo di più gli impianti a fune e i comuni delle vallate per mettere a disposizione adeguati parcheggi. Due soluzioni che dovranno essere prese prima che gli automobilisti decidano di compiere il giro dei passi".Il progetto degli ambientalisti prevede anche che la chiusura delle strade debba avvenire tramite la regolamentazione del transito da parte delle autorità competenti (Polizia municipale, Carabinieri, Polizia stradale) con l'apposita segnaletica informativa, dandone comunicazione anche a valle. In aggiunta controlli sulle strade da giugno a settembre dalle 9 alle 20; i controlli dovrebbero comprendere velocità, emissioni sonore, parcheggio in aree con divieto e trasgressioni del codice della strada in generale. Questo potrebbe essere fatto unendo le risorse dei comuni (pattuglie) con il sostegno della Provincia (strumenti di rilevamento fonometri). "I controlli saranno riproposti con i vari mezzi a disposizione - conclude Alfreider - delle tre Provincie interessate"

Corriere delle Alpi | 21 Aprile 2023

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«Chiusura dei passi due ore al giorno»

La proposta divide l'ambientalismo

LIVINALLONGO

L'accesso di auto e moto vietato due ore al giorno, dal 12 giugno, per i passi Pordoi, Campolongo, Gardena e Sella? La proposta è del comitato "Car is over", promosso dall'albergatore Michil Costa, che si avvale di un comitato scientifico di cui fanno parte anche Diego Cason, sociologo bellunese, e Stefano Dell'Osbel, architetto e promotore della ferrovia lungo la Val Cordevole. Il sostegno delle associazioni ambientaliste non manca, primo fra tutti il movimento Mountain Wilderness con Luigi Casanova. Ma, inaspettatamente, il Cai Veneto, fa sapere di non condividere.«Pur apprezzando la finalità di questa proposta», informa il presidente regionale, Renato Frigo, «come comitato direttivo regionale Cai Veneto non possiamo che esprimere qualche perplessità, in quanto i dati in nostro possesso non sono aggiornati ed il documento proposto non approfondisce alcuni temi, quali la mobilità delle persone residenti rispetto alle proposte avanzate».Il Cai, cioè, si chiede se vale davvero la pena insistere con le limitazioni al traffico verso i passi dolomitici quando nulla si fa per quello invasivo delle valli. Si pensi d'estate (ma anche in pieno inverno), alle code verso Cortina, o da Misurina all'assalto delle Tre Cime, con la strada che viene chiusa già alle 7 del mattino per l'esaurirsi dei parcheggi in quota. «Del tema della chiusura dei passi dolomitici o meno è da anni che se ne parla. La Regione Veneto e le Province autonome di Trento e Bolzano e quella di Belluno stanno effettuando degli studi e raccogliendo dati oggettivi sulla base di un protocollo d'intesa sulla mobilità sostenibile, firmato nell'ottobre 2022. Si auspica», afferma il presidente regionale Cai, Frigo, «che il risultato delle rilevazioni e degli studi diventi pubblico quanto prima in modo tale che le associazioni presenti nei territori, in collaborazione con gli enti locali interessati, possano dare il proprio contributo».Leandro Grones, sindaco di Livinallongo, che ha due passi nel proprio territorio, dice di condividere

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la prudenza del Cai. «Anche noi amministrazioni del territorio non diciamo di no ad una accessibilità diversa, più compatibile, ai valichi alpini, ma è evidente che a valle, prima delle chiusure, bisogna realizzare le aree di sosta, in cui far parcheggiare le auto e da cui far partire le navette».Il sindaco assicura che in questa prospettiva ci saranno delle novità già quest'estate. Il progetto va avanti per iniziativa delle Province di Bolzano e di Trento e della Regione Veneto. Contrari, anzi contrarissimi gli operatori turistici dei passi, a partire da Osvaldo Finazzer, con alberghi sul Pordoi. Il quale, però, dice di condividere l'appello del Cai nella parte in cui chiede di risolvere anzitutto i nodi dell'intasamento del traffico in valle.Il tema sarà affrontato nel convegno degli ambientalisti questa sera a Pieve di Cadore. Dal comitato scientifico, di cui fanno parte anche Helmut Moroder, che per la Regione ha elaborato lo studio di fattibilità del treno delle Dolomiti, e Luigi Casanova, si tiene anzitutto a precisare che «due ore di chiusura al traffico possono sembrare poche, ma in realtà hanno un potere simbolico molto istruttivo. Un'azione che vuole porsi in continuità ai vari progetti provinciali e regionali e delle singole valli, supportando il percorso verso la riduzione dell'impatto ambientale, spronando le istituzioni ad agire celermente a vantaggio di residenti e turisti».Nel concreto si propone una chiusura tutti i giorni dalle 10 alle 12, domenica e festivi inclusi, nel periodo dal 12 giugno al 24 settembre. I passi coinvolti sono Gardena, Pordoi, Sella, Campolongo, con la prospettiva di estendere il progetto a Falzarego e Passo Giau (ed eventualmente anche agli altri passi). Ma cosa ne sarà delle attività degli operatori turistici sui passi e nelle zone limitrofe? «La risposta è semplice», dice il comitato, «basta guardare quanto accade nei centri storici delle nostre città. L'assenza di auto e moto porta beneficio alle attività commerciali, ai cittadini, agli ospiti, rendendo più belli quei luoghi dalla rilevante importanza turistica. Le persone passeggiano per le vie, senza clacson e traffico, i commercianti gioiscono». --Francesco dal Mas© RIPRODUZIONE RISERVATA

Corriere delle Alpi | 21 Aprile 2023

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Doglioni: «Attenzione a non ledere l'economia»

livinallongo

«È senza dubbio positivo che il tema della mobilità sui passi dolomiti in un'ottica di sostenibilità ambientale sia oggetto di confronto e di discussione; non possiamo però tralasciare alcuni aspetti che, dal nostro osservatorio, sono indispensabili: programmazione a lungo termine, infrastrutture preventive e coinvolgimento degli operatori economici, turistici e commerciali ma non solo, che operano sui passi stessi, sulle dorsali montane che li circondano e nei paesi di valle». Paolo Doglioni, presidente di Confcommercio Belluno, commenta l'ipotesi di chiusura giornaliera della viabilità estiva di alcuni passi dalle 10 alle 12. «Di quanto emerso non ne sappiamo di più», continua Doglioni, «e non abbiamo ricevuto alcun tipo di coinvolgimento o documentazione per poter giudicare più approfonditamente la proposta. Parlare di sostenibilità ambientale in un contesto come il nostro è doveroso, pensare e percorrere soluzioni di salvaguardia altrettanto ma, ripeto, tutto ciò deve tradursi in un confronto ad ampio raggio, articolato e strutturato in modo tale da non ledere l'economia dei territori ed il diritto alla mobilità. Trovo personalmente riduttivo un ragionamento riferito ad una mera chiusura del traffico di due ore al giorno per tutta l'estate: anzi, per certi versi potrebbe creare più problemi di carattere viabilistico e generare pesanti criticità economiche ed organizzative alle imprese». ©

Corriere delle Alpi | 21 Aprile 2023

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De Cassan scettico: «Così il problema si sposta solo»

«Credo che prevedere una fascia oraria di chiusura non faccia altro che spostare il problema creandone anzi di ulteriori». Lo dice Walter De Cassan, presidente di Federalberghi Belluno Dolomiti. «Il lavoro e gli equilibri economici delle imprese che investono sul territorio, creano e danno lavoro e vivono di flussi turistici "stanziali" e "mordi e fuggi", rischierebbero di essere duramente colpiti senza che tutto ciò si traduca in un reale beneficio ambientale».

Corriere delle Alpi | 26 Aprile 2023

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Traffico estivo sui passi dolomitici: limite di velocità abbassato a 60 km/h

L'intervista

Francesco Dal Mas

Prime misure di contenimento del traffico sui passi dolomitici: da quest'estate si scenderà con il limite dei 60 chilometri orari. E all'arrivo, come lungo i tornanti, saranno schierate le forze dell'ordine per vigilare sul rispetto dell'ordinanza. È quanto anticipa a "Il Corriere delle

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Alpi" Daniel Alfreider, di Colfosco, in Val Badia, vicepresidente della provincia di Bolzano. È lui a coordinare il gruppo di lavoro per l'implementazione del protocollo sottoscritto l'anno scorso dalle Province di Trento e Belluno, oltre che Bolzano, e dalla Regione Veneto, nonché dal Governo Draghi, specificatamente dall'allora ministro delle infrastrutture Giovannini. Assessore, partiamo dall'ultima proposta che vi è arrivata. Il Comitato Car is Over chiede che i passi siano chiusi due ore al giorno, da metà giugno. È una misura praticabile da subito?«La nostra esperienza concreta, maturata sul contingentamento stradale a Braies, ci ha fatto vedere che con le chiusure il traffico aumenta pesantemente prima della chiusura e poco prima della riapertura. Una chiusura di due ore porterebbe, quindi, a un grande intasamento soprattutto nel fondovalle perché le macchine transiterebbero comunque. E questo sarebbe proprio quello che non vogliamo. Ci servono proposte per evitare che la gente non si ponga in auto. Fin dall'origine del viaggio».A questo punto, che cosa prevedete di poter fare l'estate prossima? Oppure il protocollo d'intesa resterà sulla carta?«Il protocollo prevede innanzitutto la collaborazione tra le due Regioni e le Province autonome, insieme al coinvolgimento dei Ministeri delle infrastrutture e della digitalizzazione. Per quest'anno sarà possibile continuare a realizzare dei lavori infrastrutturali: alcuni tratti nuovi di corsie ciclabili lungo la strade dei passi, un ulteriore incremento del trasporto pubblico locale. Non solo, provvederemo a installare nuovi gardrail sui passi contro il parcheggiare selvaggio, lungo le strade, sui prati, perfino in curva».Subito una precisazione. Di quali passi parliamo? «Il Pordoi, il Campolongo, il Gardena e il Sella, i Passi storici».Il Comitato Car is Over ha messo in conto, per l'eventuale chiusura di due ore, anche il Giau e il Falzarego.«Dipende dal Veneto. Il protocollo d'intesa è firmato per il gruppo del Sella».Per quest'estate, dunque, accoglierete le rimostranze degli operatori dei passi per maggiori controlli sulla velocità e sull'inquinamento acustico.«Sì, è un problema molto avvertito. Grazie alla collaborazione con le Prefetture sono aumentati e anche previsti controlli su tutti i passi di montagna. Abbiamo abbassato il limite della velocità a 60km/h».Per la prossima stagione, dunque, non avete messo in conto l'introduzione della ztl sui valichi? Sarà per il 2024?«No. Ci stiamo lavorando, ma penso che sarà difficile riuscirci già per l'anno prossimo. Ci sono alcune questioni ancora non risolte, sul piano tecnico-burocratico. In più il cambio di Governo ha portato con sé un naturale slittamento dei tempi. Speriamo di recuperare il piú possibile».Si riferisce al recupero dei contributi? 33 milioni, se ricordiamo bene.«Esatto. Ci sono investimenti importanti da fare. I tempi degli iter autorizzativi, fra l'altro, sono molto lunghi».Il Cai veneto ha obiettato che il problema dell'accesso ai passi non si risolve se non si mette mano contestualmente agli eccessi di traffico anche nei fondavalle. Conviene?«Certo. Partiamo da noi stessi e dalla sensibilizzazione di chi viene a visitare le nostre terre. C'è ancora tanto lavoro da fare davanti a noi. Ognuno di noi può fare la sua parte se ci crediamo tutti. Paesani, organizzazioni turistiche, Comuni, albergatori responsabili, comunicazione, istituzioni varie, turisti stessi».Concretamente?«Ideale sarebbe riuscire a intervenire e informare il turista, l'automobilista, prima di arrivare nelle valli. Il traffico è sentito soprattutto nei paesi oltre che sui passi. Qualche azione la dobbiamo senz'altro immaginare e pianificare. D'altra parte continuiamo col monitoraggio attraverso le postazioni di telerilevamento». ©

Corriere delle Alpi | 26 Aprile 2023

p. 16, segue dalla prima

Bottacin: “Chiusure orarie? Serve una visione più ampia”

BELLUNO

«Credo che la proposta di chiudere i passi in determinati orari, senza una logica o una visione ampia e complessiva sia assolutamente errata». Lo afferma l'assessore regionale all'ambiente e alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin, reagendo alla proposta del Comitato Car is Over di chiudere i passi dalle 10 alle 12, ogni giorno, dal 12 giugno. Del comitato fanno parte, tra gli altri, i bellunesi Diego Cason, Stefano dell'Osbel, Luigi Casanova.Ma cosa significa un "visione ampia"? Considerare l'accesso del fondovalle oltre che ai passi? Risulta anzitutto necessario, secondo l'assessore, consolidare idonee attività di cooperazione in modo da rafforzare politiche comuni e coordinate per migliorare l'accesso a finanziamenti nazionali ed europei, gestire efficientemente la viabilità locale, la mobilità pubblica e quella alternativa, garantendo che questo avvenga, pur senza inficiare la qualità di vita e le fonti di reddito per i residenti che vivono e lavorano nell'area e che garantiscono la cura, la conservazione e lo sviluppo delle valli.«Quando ero presidente della Provincia di Belluno», ricorda Bottacin, «avevo fatto fare un approfondimento giuridico a un noto docente di diritto costituzionale e mi era stato confermato che la chiusura dei passi, in assenza di percorsi alternativi brevi, è anche incostituzionale. Inoltre, se l'obiettivo è la riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, il disegno deve essere molto più complesso».Vanno prima favorite, secondo Bottacin, mobilità attive attraverso la creazione di centri di interscambio tra mezzi di trasporto privati e pubblici per facilitare l'uso di mezzi non inquinanti e per ridurre il numero di passaggi veicolari sui passi e nei centri abitati. Con sistemi di mobilità integrata a ridotte emissioni, si genera un miglioramento della qualità ambientale per i cittadini che vivono nelle valli delle Dolomiti e dell'esperienza complessiva dei turisti. «Ma per raggiungere questo obiettivo, è richiesto un grande sforzo di integrazione strategica ed operativa di tutti soggetti coinvolti», conclude l'assessore. «E quindi la Regione del Veneto, le Province Autonome di Bolzano e di Trento, collaborano con le associazioni imprenditoriali del proprio territorio, nonché con le società in house, per lo sviluppo di strategie e azioni congiunte volte all'attuazione del Piano Mobilità Passi dolomitici 2030». Fdm©

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COLLEGAMENTO SESTO – SILLIAN

L’Adige | 2 Aprile 2023

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Con gli sci da Sesto a Sillian: la valutazione ambientale

Tiene sempre banco l'iter per il progetto che dovrebbe vedere collegata la zona sciistica "3 Cime" nel comune di Sesto Pusteria a Sillian in Austria. Un desiderio a lungo coltivato dal mondo imprenditoriale e al contempo criticato dagli ambientalisti e non solo, quello del collegamento sciistico tra Sesto e Sillian, la cui procedura di Via è attualmente in corso. Proprio questa settimana sono stati presentati agli uffici provinciali ulteriori documenti da parte della società di progetto Hochgruben Seilbahnen. "Speriamo in un esame obiettivo ed equo, a questo punto. Assieme ai nostri esperti, abbiamo lavorato in modo molto approfondito sulle domande supplementari richieste dalle autorità, integrandole con ulteriori pareri di esperti e presentandole nei tempi previsti", sottolineano Maximilian Schultz e Mark Winkler a nome della società.Per il progetto presentato nell'autunno del 2021, una decisione definitiva è prevista non prima del 2024. Ancora Schulz e Winkler: "Per noi la qualità conta più della velocità. Vogliamo sviluppare un progetto vetrina a livello provinciale e per questo siamo aperti a proposte di miglioramento".Detto questo, il collegamento con la cresta di confine austriaca sarebbe solo un pezzo del puzzle. Spiegano ancora i due referenti: "Abbiamo elaborato una serie di misure di compensazione per lo sconfinamento nell'area naturale esistente. Dopo i danni causati da Vaia, la tempesta che colpì anche l'Alto Adige nel 2018, saranno rimboschiti 40 ettari di area forestale e piantati oltre 170.000 giovani alberi", precisa Schultz.Nello specifico, la precedente monocoltura di abete rosso sarà sostituita da una moderna foresta mista, più resistente ai coleotteri della corteccia e ai rischi geologici naturali. "Tre ecologisti - annunciano Schultz e Winkler - hanno lavorato al progetto e si sono occupati a fondo delle particolari condizioni geologiche e floreali. Anche il tracciato della pista è stato pianificato solo dopo un'indagine approfondita, quindi abbiamo scelto la variante con il minor impatto possibile".Invece, per la fase di costruzione, annuncia la società, verrà utilizzata la rete stradale esistente e non sarà necessario attingere a nuove fonti idriche o alla posa di tubature. Quindi, la nuova stazione di montagna, a 2.536 metri di quota, sarà riscaldata con energia geotermica, mentre la stazione a valle verrà collegata alla rete di teleriscaldamento locale. Soddisfatto Franz Theurl, responsabile dell'Associazione turistica tirolese: "La realizzazione di questo progetto rappresenta un salto di qualità per il turismo della zona e una grande opportunità per tutti, soprattutto nell'ottica del rafforzamento turistico della stagione estiva dell'Alto Adige. Stiamo aprendo ai nostri ospiti un'offerta attraente per tutto l'anno, dal Grossglockner alle Dolomiti di Lienz fino alle Tre Cime di Lavaredo, famose in tutto il mondo. Allo stesso tempo, uniamo l'area economica della Val Pusteria con il Tirolo orientale". Ammontano a 40 milioni di euro i costi calcolati per l'opera, con un tempo di realizzazione, salvo imprevisti, stimato in circa due anni. J.M.

COLLEGAMENTO COMELICO – PUSTERIA

Corriere dell’Alto Adige | 2 Aprile 2023

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L’Austria rilancia il supercarosello per collegarsi a Pusteria e Comelico

BOLZANO

Come quella del tunnel di base del Brennero, anche l’idea del collegamento sciistico transfrontaliero fra l’area sciistica delle Tre Cime con il Veneto ed il vicino Comelico e soprattutto con gli impianti dell’austriaca Thurntal di Sillian nel Tirolo dell’Est, ha radici antiche. Ma è stato il trattato di Schengen, al cambio del Millennio, a dare l’impulso decisivo. E come il futuro sciistico del Comelico, con gli impianti che dovrebbero raggiungere Passo Monte Croce e Sesto Pusteria, sta vivendo in questi mesi momenti incisivi e decisivi in Veneto, sul versante immediatamente adiacente anche il collegamento fra Sillian con gli impianti della Thurntal e l’area sciistica delle Tre Cime di Sesto e San Candido si sta apprestando a superare gli ultimi scogli burocratici per superare la Cresta Carnica agli oltre 2500 metri di Tovo Alto / Hochgruben ed offrire così agli sciatori, ma anche agli escursionisti in estate, un’area sciistica transfrontaliere unica in Europa. Un comprensorio che abbraccia tre province Belluno, Bolzano e il Tirolo dell’est e due Stati, Austria ed Italia.

Diversamente dalla tratta fra Padola e Passo Monte Croce, sostenuta dall’amministrazione comunale di Comelico Superiore, gli impianti transfrontalieri fra Austria e Italia attraverso la Cresta Carnica, che hanno anche l’avvallo Interreg, sono stati studiati e presentati dalla nuova società privata Funivie Hochgruben Srl, partecipata al 50% dalle società impiantistiche della Thurntal e delle Tre Cime.

I progetti sono stati presentati ieri a Sillian dai due rispettivi rappresentanti Maximilian Schultz e Mark Winkler, Ad di Tre Cime Spa. Si tratta di un progetto impiantistico che, sul versante austriaco della Val Pusteria verrà a rispecchiare, anche se in maniera leggermente diversa, la situazione dell’accesso da Versciaco a Monte Elmo con la stazione ferroviaria, in questo caso quella di Sillian, a

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rappresentare sia la principale via d’accesso alle piste, come accade ormai da anni per la ferrovia pusterese, ed al tempo stesso un “ponte funiviario” fra gli impianti della Thurnthal e quelli futuri di Tovo Alto - Hochgruben.

«Il progetto è ormai definito e studiato nei minimi dettagli spiega Winkler e sul versante di Sesto che interesse l’area delle Tre Cime dispone già di tutte le autorizzazioni necessarie. Per quanto riguarda invece gli impianti austriaci verso Tovo Alto, in questi giorni la documentazione completa è stata inviata agli uffici competenti per la Via, la valutazione di impatto ambientale. Una pratica che siamo fiduciosi verrà completata entro l’autunno per poi ottenere il via libera definitivo dal governo del Land, che peraltro si è già espresso in maniera favorevole al collegamento. Per l’estate del 2024, si potrebbe realisticamente passare alla fase costruttiva, che richiederà circa 18-20 mesi per la sua ultimazione». «Siamo fiduciosi aggiunge Schultz di ottenere riscontri positivi ad ogni esame anche perchè abbiamo operato le nostre scelte a stretto contatto anche con tre ecologi, privilegiando in ogni variante quella con il minor impatto. Inoltre, nella fase di abbattimento e riforestazione, potremo migliorare anche sensibilmente la varietà della flora arborea, oggi praticamente una monocultura di abete rosso, che ci aiuterà a combattere efficacemente anche il pericolo rappresentato dal bostrico. Inoltre la stazione a monte verrà riscaldata con energia termica prelevata dal sottosuolo, mentre le stazioni a valle saranno allacciate al teleriscaldamento esistente. Anche l’energia idroelettrica sarà di nostra produzione e l’acqua per l’innevamento verrà accumulata nelle restanti stagioni in bacini esistenti senza usarne dei nuovi».

Un nuovo e finora unico carosello transfrontaliero nelle Alpi che, oltre a superare confini oggi obsoleti punta anche, come già si è fatto in Alto Adige, a valorizzare il treno come mezzo per raggiungere le stazioni di vacanza. In questa direzione punta anche Franz Theurl, presidente dell’Apt dell’Alta Pusteria austriaca che sostiene da oltre un ventennio il progetto: «non si tratta solo di turismo invernale ma anche di promuovere l’estate e le stagioni intermedie. Puntiamo anche molto sulla collaborazione con Öbb che è sempre disponibile ad assisterci e con la quale puntiamo anche ad ottenere un collegamento diretto da Vienna che ci avvicini così anche ai bacini turistici della capitale».

L’intero investimento è stato valutato in complessivi 40 milioni di euro di capitale esclusivamente privato mentre molta attenzione è stata posta anche alla difficoltà delle discese a valle. Quella sul versante austriaco sarà classificata col blu mentre quella da Tovo Alto verso Monte Elmo avrà anche dei tratti rossi facili. Il trasferimento con gli impianti dalla Thurntal a Monte Elmo si dovrebbe poter completare in meno di mezz’ora.

Corriere delle Alpi | 28 Aprile 2023

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Collegamento sciistico, il Cai ribadisce il sì Ma la presa di posizione genera polemiche

COMELICO SUPERIORE

Un dossier di 23 pagine per ribadire il proprio "sì" al collegamento Val Comelico-Pusteria. Presa di posizione netta della sezione Cai Val Comelico, firmata dal direttivo sezionale guidato dal presidente Gianluigi Topran D'Agata dopo il parere favorevole al progetto dato dalla Soprintendenza. «Il Cai è favorevole all'utilizzo mirato e ben gestito di boschi e pascoli per scopi turistici a beneficio collettivo e non speculativo, atto ad uno sviluppo equilibrato del territorio, come in questo caso, purché attuato solo alle quote inferiori ai duemila metri già antropizzate», si legge nel documento, «qui troviamo boschi, pascoli, malghe e casere. È il territorio lavorato dai montanari in passato e mantenuto anche oggi, spesso rimediando alle sciagure provocate dagli eventi naturali. Sopra quota duemila occorre invece evitare nuove infrastrutture; lì la montagna deve restare montagna».COME FARE«Ora sappiamo che il progetto del collegamento turistico ha avuto il via libera e si può fare. È quindi finita la stagione del sì o del no, ora si tratta di ragionare sul come».Ed è qui che si apre il dibattito. Perché le prime reazioni alla posizione espressa dalla sezione non sono tardate ad arrivare. E sono di contestazione nei confronti di una presa di posizione ritenuta "poco allineata ai principi di un'associazione come il Cai che dovrebbe spingere per altre forme di turismo alternativo". «Anche a costoro chiediamo uno sforzo, quello di passare dal no al come», ribatte il Cai Val Comelico, «nella stesura del progetto comprensoriale occorre raccogliere tutti i suggerimenti, le migliori proposte possibili dovranno essere vagliate e dopo un sereno e competente discernimento messe insieme per innescare le migliori iniziative. Frenare lo spopolamento è l'elemento fondante per ogni tipo di ragionamento. È il momento di sostenere le istituzioni, il comune di Comelico Superiore e tutti quelli del Comelico per raggiungere insieme gli stessi obbiettivi».IL LIMITETuttavia, la stessa sezione Cai Val Comelico pone un limite al collegamento: «La necessità degli impianti da sci è anche il limite degli impianti stessi», conclude la nota, «oltre allo sci, il territorio può esplorare tutte le opportunità di valorizzazione a basso impatto ambientale. Con un solo impianto, molte attività sono sopravvissute per decenni. Oggi solo con un comprensorio sarà possibile sostenere investimenti turistici, privati e diffusi, inclusi in un sistema collettivo che punti sulla qualità nella semplicità. Con il mantenimento dell'accoglienza spontanea e autentica della cultura e tradizione ladina. L'economia locale è già diversificata ma debole, il coinvolgimento della filiera turistica, agricola e artigianale, nella tutela e cura del territorio, è possibile solo mantenendo gli abitanti stabili in montagna».

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MARMOLADA

Corriere delle Alpi | 15 Aprile 2023

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La tragedia della Marmolada: crollo causato dal troppo caldo

rocca pietore

«Nessuno dimentica la tragedia della Marmolada», commentano dal rifugio Castiglioni, a Passo Fedaia, Aurelio Soraruf e Carlo Budel. Budel il 3 luglio 2022, quando si sono staccate improvvisamente dal ghiacciaio circa 64. 000 tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti rocciosi, dando origine ad una valanga che ha travolto e ucciso 11 alpinisti, mentre altri 7 sono rimasti feriti, era in rifugio, a Punta Penia, e i volti di alcuni di quei morti li ha ancora presenti. Abbondante la precipitazione nevosa delle ultime ore, forse mezzo metro in quota. Un team internazionale di ricercatori coordinato dal prof. Aldino Bondesan dell'Università di Padova ha pubblicato uno studio sulla rivista Geomorphology che costituisce il primo lavoro che indaga le possibili cause e i meccanismi del collasso. La valanga di ghiaccio e detriti - spiega Unipd - si è arrestata in un canalone dopo aver percorso circa 2,3 km lungo il pendio. Il crollo è avvenuto nella parte alta del versante settentrionale della Marmolada alla quota di 3.213 metri e ha interessato un lembo sommitale del ghiacciaio, nei pressi di Punta Rocca. Questo piccolo ghiacciaio residuale era parte integrante dell'ampio fronte glaciale fino a circa un decennio fa, e oggi, a causa della frammentazione causata dall'arretramento, è rimasto isolato e racchiuso entro una nicchia sul versante esposto a settentrione appena al di sotto della cresta. L'evento è stato documentato da diversi video registrati da escursionisti che si trovavano sul posto, che hanno aiutato nell'analisi delle cause del collasso. L'energia sismica rilasciata dall'evento è stata paragonabile a un terremoto di magnitudo pari a 0,6. «Un'analisi dettagliata delle immagini satellitari e aeree stereoscopiche, scattate prima e dopo l'evento, ci ha consentito di analizzare le modalità di collasso», spiega Bondesan. «Il distacco è stato in gran parte causato da un cedimento lungo un crepaccio mediano, in parte occupato da un enorme volume di acqua di disgelo generato dalle temperature altamente anomale della tarda primavera e dell'inizio dell'estate. Al momento dell'evento erano stati raggiunti in quota i 10. 7°C. La fitta rete di crepacci insieme alla morfologia e alle proprietà della superficie rocciosa basale hanno predisposto questo settore glaciale al collasso, la cui causa scatenante è da individuarsi nella pressione sovrastante causata dall'eccesso di acqua di fusione. Sono stati individuati», prosegue Bondesan, «due meccanismi concomitanti che hanno provocato l'instabilità con conseguente crollo improvviso del ghiacciaio: l'acqua infiltrata all'interno di un crepaccio del ghiacciaio ha causato da sotto una pressione tale da sollevare lo strato di ghiaccio; quando l'acqua è penetrata all'interno dei sedimenti basali si è verificata una spinta al galleggiamento, essendo il ghiaccio meno denso dell'acqua». fdm© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’Adige | 16 Aprile 2023

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Le Funivie Marmolada impugnano il Prg

GIORGIA CARDINI CANAZEI

Torna davanti ai giudici del Tar la battaglia per il nuovo impianto Sass del Mul - Serauta. Dopo aver impugnato senza successo nel 2017 il mancato rilascio della concessione per la linea funiviaria, ora la società Marmolada srl della famiglia Vascellari ci riprova, pigliando di mira la variante 2018 al Prg di Canazei, adottata in via preliminare il 2 dicembre 2021 e in via definitiva il 9 agosto 2022 dal commissario ad acta del Comune, architetto Sergio Niccolini.E' una vicenda ormai annosa, quella relativa all'impianto funiviario: la prima domanda per realizzare «una funivia bifune va e vieni in località Marmolada, nel Comune di Canazei» risale al 2007 ma viene sospesa. Da allora, accade di tutto: innanzitutto, entra in vigore il Piano urbanistico provinciale del 2008 a favore dell'integrità strutturale del ghiacciaio.Poi arriva nel 2015 l'approvazione del «programma degli interventi di manutenzione e razionalizzazione degli impianti delle strutture esistenti per l'area della Marmolada», che subordina però la loro realizzazione alla sottoscrizione di un accordo di programma tra la Provincia di Trento e la Regione Veneto, mai entrato in vigore perché mai firmato proprio dalla Regione Veneto. Quindi, dal 2017, si apre la nuova battaglia sulla linea di confine tra Veneto e Trentino, decisa a favore della Provincia autonoma di Trento. Nello stesso anno, il Tar ordina alla Provincia di dare risposta a una istanza (rimasta senza esito) che la Marmolada srl aveva presentato il 30 dicembre 2015, per il rilascio della concessione: la Provincia raccoglie tutti i pareri (incluso quello negativo di Canazei) e dice «no», soprattutto perché la stazione di arrivo del nuovo impianto è tutta in territorio trentino e l'intervento risulta privo di conformità urbanistica rispetto al Prg vigente a Canazei. E il Tar le dà ragione. Quindi arriviamo al luglio 2018, quando l'Agenzia del territorio di Roma conferma che la linea di confine della Marmolada è quella stabilita nel 1982 dal decreto Pertini, quindi il vecchio confine di stato fra Austria e Regno d'Italia, erendendo carta straccia l'accordo Dellai-Galan del 2022. La decisione (nuovamente impugnata dalla Regione Veneto, dal Comune di Rocca Pietore ma anche da quello di Canazei) viene però ribadita il 15 marzo 2023 dal Tar del Lazio, che lascia al Veneto solo le due stazioni di monte delle funivie esistenti, a Punta Rocca e Serauta.Sentenza che viene emessa quando la Funivie Marmolada srl hanno già presentato ricorso al Tar contro (notificato infatti il 1° febbraio) la variante

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2018 al Prg di Canazei. Spiega Mario Vascellari: «Come società avevamo chiesto al commissario di estendere l'area sciabile di circa 100 metri verso monte, in modo da rendere possibile la realizzazione dell'impianto che arriverebbe a Serauta. Impianto previsto dall'intesa del 2015 tra Trentino e Veneto sul rilancio dell'area di Fedaia e della Marmolada, finanziato con 3 milioni a fondo perduto dalla Regione Veneto, ma impossibile da realizzare senza una estensione dell'area sciabile che non è arrivata». Per Vascellari, «è una questione politica: l'accordo di programma non verrà mai firmato senza il via libera all'impianto». Quindi, la società prova a riaprire la partita, affidandosi ai propri avvocati, mentre la giunta del Comune di Canazei ha deciso di resistere in giudizio incaricando lo studio legale De Pilati di Trento: la data dell'udienza al Tar non è ancora fissata.Quando alla stagione invernale appena terminata, Vascellari dice: «Nonostante un ritardo di circa 20 giorni a causa della mancanza della neve è andata bene, sono tornati i turisti dell'est e c'è stato un surplus di italiani. Ora si spera in un'estate normale: gli impianti riapriranno in giugno, a meno che vengano emesse ordinanze di chiusura totali, come lo scorso anno, che francamente sono assurde se riguardano zone senza neve, né ghiaccio».

L’Adige | 21 Aprile 2023

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«Marmolada, il sì veneto non serve più»

GIORGIA CARDINI CANAZEI

«La Provincia di Trento può decidere cosa fare in Marmolada, senza interpellare la Regione Veneto: lo faccia».Aurelio Soraruf, titolare del rifugio Castiglioni a passo Fedaia, da anni paventa il rischio di un abbandono del versante trentino della montagna su cui si è chiuso da pochissimo, forse in via definitiva, un contenzioso durato decenni e relativo alla linea di confine in cresta. E riprende ora posizione per chiedere un "atto di coraggio" alla politica trentina, proprio a proposito della sentenza del Tar del Lazio di metà marzo e del nuovo ricorso presentato dalle Funivie Marmolada srl rispetto alla mancata previsione nella variante 2018 al Prg di Canazei di una estensione dell'area sciabile, necessaria per il via libera all'impianto Sass del Mul - Punta Serauta.«Ho trovato le parole di Mario Vascellari riportate domenica sull'Adige, dando la notizia del ricorso, un tantino arroganti: "L'accordo di programma tra Veneto e Trentino non verrà mai firmato, senza il via libero all'impianto". Ma il fatto - continua l'imprenditore turistico - è che il Tar ha stabilito che il patto Dellai - Galan del 2002 non conta nulla e quindi non c'è più bisogno che la Provincia di Trento sottometta al placet del Veneto la regolamentazione urbanistica del proprio territorio». Quindi cosa dovrebbe fare, la giunta Fugatti? «Riprendere in mano la delibera del 2015 sullo sviluppo della Marmolada, cancellare il punto 3 che sottoponeva l'attuazione del piano di rilancio al parere del Veneto, e procedere».Certo, precisa Soraruf, «procedere adeguando le previsioni rispetto alla situazione attuale e a quanto accaduto negli anni scorsi, tra valanghe distruttive e crolli mortali». Vascellari teme un'altra ordinanza di chiusura totale della montagna, dopo il collasso di parte della parete nord costato la vita a 11 persone il 3 luglio scorso: «Obiettivamente - considera Soraruf - bisogna dire che se si riproporranno le condizioni climatiche dell'anno scorso, se farà molto caldo, non si potrà giocare con la sicurezza e la vita delle persone. Può darsi che le misure non siano così drastiche come quelle del 2022, lo auspichiamo. Ma ci aspettiamo che una parte del ghiacciaio venga chiusa al pubblico». Ma ora è tutto fermo: «Capisco che i funzionari provinciali siano restii a muoversi. Ma bisogna anche reagire di fronte a ciò che è successo. O la politica dice espressamente: "la montagna va abbandonata"; o si devono individuare condizioni di sicurezza per poter consentire anche ai fratelli Mahlknecht, che hanno rilevato l'impianto Graffer attraverso le Funivie Tofana Marmolada, di costruire la nuova cabinovia, in una zona considerata sicura dalla Carta di sintesi della pericolosità della Provincia. Non vedo la ragione perché non si possa dire "andiamo fino a quel punto" e se c'è pericolo ad andare sul ghiacciaio, limitare gli spostamenti dalla stazione di arrivo, come già si fa da anni a Punta Rocca».Soraruf ricorda che potrebbero essere riprese «le proposte del Comune di Canazei e del Comun General, deliberate nel 2012 e nel 2015, che indicavano la stazione di arrivo del nuovo impianto al Sasso delle Dodici»,a 2.446 metri di quota. Poi comunque servirebbe il collegamento con Porta Vescovo, per far stare economicamente in piedi l'investimento: «In inverno per far parte del carosello sciistico, in estate perché si parla sempre più di chiudere i passi dolomitici al traffico e questa sarebbe un'alternativa ottima per raggiungere la Marmolada senza auto da Arabba, visto che nella bella stagione qui è pieno di gente che arriva dalle valli Badia e Gardena». Il sasso è lanciato: produrrà cerchi, nello stagno?

DOLOMITI ACCESSIBILI: IL CONVEGNO

L’Adige | 12 Aprile 2023 p. 33

S. Lorenzo Dorsino Domani e venerdì convegno all'azienda agricola "Il ritorno"

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"Il potere dell'inclusione". Titolo impegnativo per il convegno che si terrà fra giovedì e venerdì a San Lorenzo Dorsino, presso l'Azienda agricola "Il ritorno" e che per sottotitolo ha "Valorizzazione aziendale e personale".La formula è originale: infatti il percorso si articola in due giornate che prevedono una prima parte in aula, la mattina, e una seconda, nel pomeriggio, all'aperto con la possibilità di sperimentare delle attività sportive outdoor accompagnati da atleti con disabilità (escursione, arrampicata e trekking) e dalle guide alpine e dagli accompagnatori di media montagna del Trentino.In aula. Si parte giovedì mattina alle 9, con i saluti di Michele Viola (presidente Apt Dolomiti Paganella), Alberto Benchimol (formatore tecnico per la disabilità), Gianluca Cepollaro (responsabile TsmAccademia della Montagna).Nella prima sessione, "Educazione e partecipazione", interverranno Luca D'Angelo (direttore Apt Dolomiti Paganella) su "Il turismo partecipato: la società benefit per una gestione inclusiva dei processi turistici"; Simone Elmi (presidente Dolomiti Open asd) su "Accedere al sublime: le Dolomiti per tutti dove la storia di pochi diventa la conquista di molti"; Mara Nemela (direttrice Fondazione Dolomiti Unesco) su "Dolomiti accessibili: un patrimonio di tutti"; Mattia Fabris e Jacopo Bicocchi (compagnia teatrale Slegati) con "Il potere leggero delle parole: una storia vera"; Ilaria Perusin (referente Tsm - Accademia della Montagna) su "Fare formazione per l'accessibilità in montagna"; Stefano Cainelli (psicologo e musicoterapeuta) su "Imparare e insegnare l'inclusione"; Luca Montanari (guida alpina, vice direttore tecnico della Nazionale italiana paraclimbing) su "Intelligenza emotiva e arrampicata".Venerdì mattina altre relazioni ed altri interventi. Di Alberto Benchimol, Brian Chung (Evolv USA founder e product manager), Roberto Bombarda (responsabile Comunicazione Montura), Rocco Cerone (giornalista), Michele Selva (sassofonista e alpinista), Alberto Bosetti (presidente Consorzio Borgovivo), Graziano Cosner (direttore biblioteche della Paganella), Rosario Fichera (giornalista e scrittore).Entrambi i pomeriggi saranno dedicati alle attività outdoor: escursione sulla via ferrata di Preore con Gianluigi Rosa, arrampicata alla Falesia Dimenticata con Nicolle Boroni, trekking presso la località Prada con Kevin Ferrari.Iniziativa, come spiega chi organizza (School of management - Accademia della montagna) «per la promozione di una cultura diffusa della montagna, prestando particolare attenzione alle giovani generazioni, e per l'aggiornamento delle competenze dei professionisti della montagna con particolare riguardo ai temi dell'accessibilità e della sicurezza». Percorso aperto a decision maker nell'ambito turistico e manager del settore pubblico e privato, a professionisti della montagna, insegnanti, educatori e istruttori sportivi, figure professionali interessate al tema dell'inclusione, associazioni ed enti del Terzo settore, aziende alla ricerca di nuovi scenari motivazionali.

L’Adige | 13 Aprile 2023

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Lago Nambino per tutti: sentiero accessibile

marco maestri

MADONNA DI CAMPIGLIO

Con la stagione invernale in archivio, il focus degli operatori turistici si sposta sul periodo primavera-estate che si preannuncia ricco di appuntamenti e novità. Tra i primi eventi a trovare collocazione nel fitto calendario, c'è l'inaugurazione del sentiero sbarrierato che conduce al lago Nambino, una delle mete preferite dai turisti: una località facilmente accessibile, nel cuore delle Dolomiti di Brenta. Così nell'ultimo periodo si è lavorato per arrivare ad avere "Il Lago Nambino per tutti", che è anche il titolo dell'evento inaugurale in programma domenica 26 maggio. Un lago, dunque, accessibile anche a persone con diverse abilità.«Il sentiero che permette di raggiungere il lago - affermano gli operatori che hanno lavorato all'opera - sebbene semi-pianeggiante o con scarse pendenze, aveva un fondo sconnesso e risultava difficilmente percorribile dalle persone con difficoltà motorie». Dopo i lavori approntati, il problema è stato risolto. Collocato a 1.718 metri di altitudine, poco sopra Madonna di Campiglio, questo tranquillo specchio d'acqua circondato dai boschi, con un ampio rifugio per accogliere gli escursionisti e le Dolomiti di Brenta a fare da sfondo, costituisce uno degli angoli più suggestivi del Trentino. Il lago è, inoltre, il punto di partenza per numerose escursioni, tra cui il famoso giro dei 5 Lagih (Ritorto, Lambin, Serodoli, Gelato e appunto Nambino).L'intervento al Nambino ha visto il coinvolgimento di attori diversi: oltre alle squadre di manutenzione del Parco Adamello Brenta, coinvolti Anffas onlus, realtà con cui il Parco collabora da tempo, la Provincia autonoma di Trento - con il Sovra-Servizio per il sostegno occupazionale e la valorizzazione ambientale - l'azienda per il turismo Madonna di Campiglio, l'associazione "Amici del sentieri di Campiglio" e i comuni interessati, a partire da quello di Pinzolo, proprietario dell'area dove si sviluppa il sentiero B06. Il sentiero ha origine in località Patascoss e la sua manutenzione è in capo al Parco. Patascoss, dove è possibile parcheggiare la propria auto, è raggiungibile anche con la cabinovia che parte da Campiglio-stazione Colarin, e rappresenta di per sé una meta molto apprezzata. Appuntamento quindi per il 26 maggio per l'inaugurazione di un'opera che permetterà di migliorare l'offerta turistica per il periodo estivo dell'area delle Dolomiti di Brenta. Info: Apt Madonna di Campiglio (0465447501, info@campigliodolomiti.it.).

STRATEGIE TURISTICHE

Corriere delle Alpi | 15 Aprile 2023

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L'Alto Adige sceglie il numero chiuso contro il turismo di massa e applica il "modello Braies" a tutta la provincia di Bolzano. Se sul lago preso d'assalto hanno scelto un numero massimo di ingressi (5.500), per la provincia di Bolzano si è scelto di mettere un tetto ai posti letto: al massimo 34 milioni di pernottamenti, cioè il numero di presenze turistiche registrate nel 2019. Una svolta unica in Italia e forse anche a livello europeo. Anche in Veneto ci sono città meta del turismo di massa, Venezia e Verona su tutte. Ma l'assessore regionale al Turismo Federico Caner non sembra intenzionato a seguire le orme dei colleghi confinanti. «È una scelta molto rischiosa. Potrebbe essere impugnata da chiunque in forza del principio della libera concorrenza», dice. Dunque lei non è d'accordo con questa strada presa dall'Alto Adige?«È una regione a statuto speciale, quindi probabilmente gode di una regolamentazione diversa. Ma io credo che la possibilità di imporre un tetto del genere sia tutta da verificare. Per quel che riguarda il Veneto, le locazioni turistiche sono di competenza esclusiva dello Stato. Comanda il Codice civile. La Regione, quindi, non può disciplinarne il numero. Il massimo che ci è stato concesso di fare è inserire un codice identificativo». E del "modello lago di Braies" cosa pensa?«Un conto è gestire un numero di turisti al lago di Braies, altra cosa è limitare il numero di posti letto. Anche Venezia discute sul numero chiuso in entrata».Dunque secondo lei è solo un problema di Codice civile?«Non solo. L'Alto Adige ha risorse sufficienti anche per organizzare i controlli. Noi saremmo in grande difficoltà. Chi controlla? Con quali mezzi? Non siamo nemmeno in grado di controllare le locazioni turistiche oggi mappate». Cosa significa?«Con leggi regionali siamo in grado di far emergere tutto il nero e nonostante questo c'è un alto tasso di sommerso, perché non riescono a controllarlo. Le polizie municipali dovrebbero andare a verificare le locazioni turistiche e gli alberghi. Cosa impossibile con gli organici attuali». Ma lei crede che sia un tema da affrontare quello dell'affollamento delle città?«Certo che è un tema. Io non sono contrario a un contingentamento, ma lo deve fare lo Stato. Il Governo deve fare una norma per indicare le modalità. A livello europeo si discute di queste tematiche. È difficile immaginare soluzioni. La gente aumenta, si muove di più. È anche un tema etico, che coincide con l'accessibilità al patrimonio culturale, che deve essere garantita a tutti. Da un lato si devono preservare le città, dall'altro però non è corretto limitarne l'accesso. Dunque in Veneto starei cauto». Quale pensa possa essere allora la strategia da mettere in atto?«Barcellona da anni discute dei suoi flussi turistici. Io penso che l'unica soluzione sia tentare di gestire questi flussi con le tecnologie attuali, convincendo le persone a muoversi nei momenti in cui, magari, il turismo è più fiacco». Sul piano concreto?«Per esempio con una promozione 365 giorni l'anno, chiedendo alla gente di iscriversi per accedere ai musei. Lascio entrare tutti ma con l'accredito, in modo da avere il flusso giorno per giorno. E poi bisogna lavorare con i tour operator. Lo vedo più come un lavoro promozionale che coercitivo». Conferma che Venezia e Verona sono le realtà più complesse da gestire in Veneto?«Senza ombra di dubbio. Ma ci sono località che faticano ad avere turismo, bisognerebbe quindi spingere a livello promozionale per equilibrare. Tanti turisti di Verona potrebbero visitare Valpolicella e Soave, piuttosto che altre aree. Chi viene a Padova potrebbe essere dirottato anche a Montagnana. Le Dmo (destination management organization, la gestione coordinata di tutti gli elementi che compongono una destinazione sul territorio) potrebbero risolvere i problemi facendo questo tipo di lavoro». E gli albergatori da che parte stanno?«Loro vorrebbero limitare le locazioni turistiche, ma ci sono tante persone che vivono con le locazioni. C'è tanta economia che gira intorno al turismo. Bisogna fare molta attenzione a limitarlo». © RIPRODUZIONE RISERVATA

TURISMO: IPOTESI NUMERO CHIUSO

L’Adige | 17 Aprile 2023

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Campiglio, piste a numero chiuso

Per veder cadere un po' di pioggia bisognerà attendere fino a giovedì. Lo dice l'esperto meteo Giacomo Poletti tramite la propria seguitissima pagina Facebook. «Gli scenari sono ancora incerti, ma per la prossima precipitazione bisognerà aspettare ancora qualche giorno». Oggi e domani saranno giornate asciutte, con momenti di sole nonostante dei passaggi di nuvole medio alte, e le temperature in lenta ripresa, specie nella giornata di martedì. «Escluderei gelate all'alba in val d'Adige e Valsugana, anche se nei posti più freddi qualche valore vicino allo zero lo si dovrebbe registrare. Mercoledì sarà una giornata asciutta, con quale piovasco pomeridiano in particolare in Valsugana».Giovedì, appunto, peggioramento e pioggia. «C'è ancora una forbice ampia, dai 5 ai 20 millimetri, perché dipenderà tutto dal percorso di una goccia fredda in discesa dalla Lituania sulla Francia e basta poco per cambiare molto la previsione per noi. In linea generale sembra buono il prossimo fine settimana (sabato 22 e domenica 23), mentre potrebbe esserci un peggioramento su lunedì 24 e martedì 25, ma dipende dal percorso della goccia fredda e dire di più ad oggi sarebbe solo fantasia». Quella che si è chiusa ufficialmente ieri per le Funivie Campiglio, è stata una stagione invernale da record. «Abbiamo registrato un più 5 per cento rispetto alla migliore stagione di sempre, la 2018-2019», commenta il direttore Bruno Felicetti. Che era la miglior stagione di sempre perché da ora il confronto dovrà essere fatto con la 2022-2023 che si è conclusa con due milioni di accessi nell'intera ski area che comprende Madonna di Campiglio, Pinzolo, Folgarida e Marilleva, 1,3 milioni nella sola Campiglio.Una stagione che è stata avara di neve artificiale ma che è stata salutata da una nevicata quasi fuori tempo massimo che ha regalato agli ultimi sciatori diversi centimetri di fiocchi di neve freschi. Quasi un arrivederci al prossimo inverno.Neppure il tempo di festeggiare la fine di un impegno durato mesi, che si pensa già a cosa proporre per il prossimo inverno. Con la possibilità concreta che si arrivi alle «piste a numero

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“Turismo e numero chiuso. E’ una scelta rischiosa e io non sono d’accordo”
Enrico Ferro

chiuso». «Stiamo ragionando - spiega Felicetti - sul tema. Il presupposto di partenza è che vogliamo offrire allo sciatore, al cliente, un'esperienza che sia sempre e sempre più all'insegna della qualità. Quando ci sono 12mila primi ingressi le piste le possiamo considerare di fatto vuote. Fra i 12mila e i 15mila accessi iniziano ad esserci dei problemi ma nulla che non si possa risolvere. Oltre è troppo. Ecco, noi abbiano fra i 3/4 giorni a stagione dove superiamo i 15mila primi accessi e una quindicina dopo siamo fra i 12mila e i 15mila. L'idea sulla quale stiamo ragionando è quella di bloccare la vendita dei giornalieri quando siamo sui 14mila accessi». Una scelta che permetterebbe una fruizione migliore delle piste e anche una maggior percezione di sicurezza da parte di chi scia. Una scelta, viene spiegato che va nel senso di garantire un'offerta migliore a chi sceglie la zona di Campiglio per un'offerta turistica a 360 gradi. Quindi chi ha un abbonamento stagionale o forme comunque più lunghe rispetto al giornaliero. «Noi siamo un' ingranaggio del sistema turismo di Campiglio - prosegue Felicetti - e quello che vogliamo è dare a chi sceglie la località non solo per un'esperienza "mordi e fuggi"». Sul fronte abbonamenti, gli incrementi sono quelli legati all'Istat, «un aumento che potrà essere minore per chi l'acquisto lo fa in anticipo».Se questo è quello che succederà, la fine della stagione è anche il momento per un primo bilancio per quello che è stato. «I numeri sono più che buoni. Rispetto alla scorsa stagione abbiamo registrato un più 15 per cento ma come detto abbiamo anche superato quella che era fino ad ora la miglior stagione di sempre. Ad aiutare questa performance è stato il ritorno, importante, degli stranieri. E non solo dei "vicini di casa", ma è tornato anche lo sciatore del "lungo raggio", ossia chi è arrivato da Israele, dagli Stati Uniti, dal Giappone e dall'Australia. Un ritorno importante che dimostra come lo sci sia trainante nel settore turistico di questa zona». La ragione di questo incremento? «Probabilmente è ancora l'onda lunga del Covid. Ci sono Paesi che sono rimasti chiusi per due anni e quindi è possibile che questa stagione invernale sia stata vissuta come quella della rinnovata possibilità di spostarsi senza limiti. Questo spiegherebbe la risposta che abbiamo avuto sopratutto da chi arirva dai luoghi più lontani».Come si diceva finita la stagione si pensa già alla prossima. «Superare i numeri di quest'anno sarà difficile perché sono veramente da recordconclude Felicetti - ma il nostro impegno è massimo e prenderà diverse forme e sarà rivolto anche verso mercati diversi».

Il Post | 17 aprile 2023

https://www.ilpost.it/2023/04/17/limite-posti-letto-alto-adige/

La soluzione dell’Alto Adige per il turismo di massa

Quest’anno i sindaci delle Cinque Terre, in Liguria, si aspettano molti turisti in più del 2022, quando erano stati 3 milioni, un flusso già considerato eccessivo e non gestibile. Per questo nelle ultime settimane si sono interrogati su come limitare gli arrivi, e una delle strategie ritenute più interessanti è quella scelta dalla provincia autonoma di Bolzano, che lo scorso settembre ha introdotto un limite al numero dei posti letto in ogni comune: in totale saranno autorizzati 34 milioni di pernottamenti annui. Le nuove regole sono state approvate al termine di un lungo dibattito sullo sviluppo e le opportunità economiche della provincia. «Per il futuro abbiamo scelto di puntare sulla qualità e non più sulla quantità», dice l’assessore provinciale al Turismo, Arnold Schuler.

La soglia di 34 milioni di pernottamenti corrisponde al livello raggiunto in Alto Adige nel 2019, prima delle restrizioni dovute alla pandemia. Le regole sono state studiate partendo da quella soglia e si basano su un rigido controllo dei posti letto di tutte le strutture turistiche. Entro la fine di giugno alberghi, B&B e campeggi devono comunicare ai comuni quanti posti letto hanno a disposizione in base ai posti dichiarati nel 2019 o ad ampliamenti per cui è già stata chiesta l’autorizzazione.

A quel punto ogni comune avrà una quota di posti letto fissa da cui ricavare il totale dei pernottamenti annuali, secondo le previsioni 34 milioni. Chiunque voglia aprire un albergo o un B&B deve chiedere il permesso al comune, che se non ha posti a disposizione non potrà dare nuove autorizzazioni. Se un albergo o un B&B chiude, i posti letto tornano nelle disponibilità dei comuni che potranno assegnarli agli imprenditori turistici che ne hanno fatto richiesta.

Alcuni comuni e albergatori hanno criticato le nuove regole sostenendo che siano un freno all’iniziativa imprenditoriale e allo sviluppo turistico. In particolare, le regole sono state criticate perché non consentirebbero alle nuove generazioni di ampliare e migliorare il lavoro fatto dai genitori o dai nonni. La provincia autonoma ha così previsto un accorgimento, chiamato “anticipo di posti letto”, che consente ai comuni di concedere alcuni posti in anticipo rispetto all’eventuale futura dismissione di altre strutture. Il 95 per cento dei posti letto torna nella disponibilità del comune, mentre il 5 per cento viene gestito dalla provincia che avrà la possibilità di destinarli ai comuni con meno posti. I comuni, però, nell’assegnare gli anticipi dovranno prediligere strutture piccole, con meno di 40 posti letto. In totale sono stati previsti settemila nuovi posti assegnati in anticipo, che dovranno essere comunque compensati da chiusure o diminuzione di posti nei prossimi 10 anni.

L’assessore Schuler spiega che il limite ai posti letto è stato introdotto perché gli amministratori si sono resi conto che la quantità di turisti arrivata nel 2019 non è più superabile. «Oltre all’affollamento nelle strade, l’aumento degli alloggi offerti sulle piattaforme come Airbnb è diventato un problema soprattutto nei comuni più grandi perché per gli abitanti è complicato trovare case in affitto o da comprare», dice. Secondo i dati diffusi dalla provincia autonoma, dal 2016 al 2020 il numero degli alloggi altoatesini su Airbnb è quadruplicato: erano 1.100 e sono arrivati a poco meno di 4.000. I dati relativi agli ultimi due anni non sono disponibili, ma è presumibile che il numero sia cresciuto ancora.

Nello studio intitolato “Ambizioni di sviluppo territoriale in Alto Adige. Verso una nuova cultura del turismo”, che è stato commissionato dalla provincia al centro di ricerca Eurac e che ha ispirato il nuovo regolamento, c’è scritto che il turismo genera sia effetti positivi che negativi. Secondo i ricercatori il turismo può avere effetti indesiderati sul costo della vita, sui trasporti e sulla cultura del costruire. «Anni di turismo record come il 2019 ci ricordano che il turismo in Alto Adige lavora sempre più ai limiti della sua sostenibilità sociale,

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ecologica e, in ultima analisi, anche economica. D’altro canto gli anni della pandemia hanno anche mostrato quanto rapidamente la realtà possa cambiare e quanto sia importante adattarsi rapidamente e in modo appropriato a un nuovo contesto», dice lo studio. In sostanza la provincia autonoma di Bolzano ha introdotto regole chieste da molte altre città italiane, che vorrebbero mettere un limite al numero di alloggi offerti sulle piattaforme.

A Venezia, una delle città italiane in cui la proliferazione degli affitti brevi sta creando più problemi, l’organizzazione chiamata Alta tensione abitativa (ATA) ha presentato una proposta di legge che prevede per i comuni la possibilità di limitare il numero degli immobili dati in affitto breve con la facoltà di individuare zone dove applicare questa limitazione.

Le discussioni e la sensibilizzazione su questo tema erano già iniziate prima che la pandemia bloccasse l’arrivo di turisti da tutto il mondo. Oltre a fare concorrenza agli alberghi, gli alloggi messi a disposizione su Airbnb hanno contribuito ad aumentare il costo degli affitti, con una dinamica analoga a quelle di molte altre città europee. Oggi vivere a Venezia è molto più costoso di quanto non fosse dieci anni fa, cosa che ha contribuito in parte allo spopolamento e di conseguenza a trasformare i negozi, i servizi e più in generale la città.

In altre città comitati e associazioni discutono di proposte simili e anche qualche sindaco ha chiesto al governo di poter limitare l’offerta extra alberghiera. Schuler sostiene che la loro iniziativa sia stata possibile non solo perché la provincia di Bolzano è autonoma, quindi con più potere rispetto alle altre. «Anche noi abbiamo dovuto motivare i limiti allo Stato», dice. Al momento non sono stati presentati ricorsi.

I sindaci di altre città come Firenze e Bologna, tuttavia, sostengono che sia possibile imporre regole più restrittive soltanto con un intervento legislativo del parlamento. Lo scorso anno, nell’approvazione del cosiddetto decreto Aiuti, è stato approvato un emendamento che concede più libertà proprio a Venezia. Finora il comune di Venezia non lo ha sfruttato.

Sindaci e amministratori di altre città italiane, come quelli dei comuni delle Cinque Terre, osservano con attenzione il caso altoatesino soprattutto per come saranno applicate le nuove regole. Da sempre, infatti, è complicato controllare che vengano rispettate le leggi regionali sul turismo e che vengano pagate le tasse sui proventi dell’attività extra alberghiera. In Alto Adige i controlli spetteranno ai comuni, che hanno la gestione dei posti letto.

Tra le altre cose, sarà interessante capire cosa succederà anche alla luce dei dati recenti sulle presenze turistiche registrate nel 2022: secondo la pubblicazione “Barometro dell’economia” realizzata dall’Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano, lo scorso anno sono stati registrati 34,4 milioni di pernottamenti, l’1,2 per cento in più rispetto al 2019, anno individuato per la soglia provinciale. «Dobbiamo aspettare e vedere quali effetti concreti avrà la nuova legge sul territorio e paesaggio, per capire se sono necessari degli aggiustamenti» ha detto Manfred Pinzger, presidente dell’HGV, l’Unione Albergatori e Pubblici Esercenti. «L’HGV si è dichiarato d’accordo con i principi del piano provinciale per lo sviluppo turistico».

Negli ultimi anni in alcune delle località più note dell’Alto Adige sono state introdotte regole ancora più severe per limitare il turismo chiamato “mordi e fuggi”, cioè delle persone che non si fermano a dormire. A Braies, dove si trova uno dei laghi alpini più noti e fotografati, dal 10 luglio al 10 settembre il lago è raggiungibile solo a piedi, in bici o in autobus, mentre chi arriva in macchina o in moto deve prima prenotare il parcheggio. Secondo i calcoli dell’amministrazione comunale il divieto che viene fatto rispettare con uno sbarramento alle strade di accesso consente di limitare l’accesso alla valle di Braies a non più di 5.500 persone al giorno.

MOUNTAIN BIKE E SENTIERI

Corriere delle Alpi | 17 Aprile 2023

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In mountain bike sulle Tofane: via libera dalle Regole a nuove piste

Marina Menardi

Cortina

Primi passi avanti per ricavare alcuni nuovi tracciati per percorsi di mountain bike in zona Tofana, dove già negli scorsi anni le società di impianti a fune hanno investito per aumentare il turismo estivo sugli impianti. L'Assemblea delle Regole che si è riunita ieri, domenica "in albis" - prima domenica dopo Pasqua - come da tradizione, ha approvato il cambio di destinazione per alcuni terreni in località Festis (zona Tofane). È stato però rinviato l'esame del progetto per mancanza di documentazione, che verrà dunque portato in una prossima seduta. È passato con ampio margine (597 favorevoli) anche il piano di sviluppo turistico in località Alverà presso il Piccolo Brite (caseificio e ristorante): si è votato il cambio di destinazione ad uso turistico di un'area usata dai servizi forestali per i lavori post tempesta Vaia per poter usufruire di un parcheggio, senza dover ogni due anni chiedere un contratto di affitto alla Regola di Larieto, proprietaria dell'area.Non è passato invece, per il mancato raggiungimento del quorum dei due terzi, il progetto di ampliamento della terrazza del bar discoteca Belvedere a Pocol, dove un tempo arrivava la funivia che partiva dal centro di Cortina. Su questo punto hanno votato a favore 454 persone, ma ne servivano 482.I NUMERISono 1159 i regolieri iscritti al catasto delle Regole aggiornato all'Assemblea di ieri, in leggero calo rispetto allo scorso anno quando ne vennero registrati 1170. I presenti all'Assemblea erano invece di più rispetto allo scorso anno: 733 in totale, dei quali 530 di persona e 203 per delega, contro i 652 del 2022. Tra questi ci sono tuttavia da registrare due autosospensioni: quella già annunciata di Fabrizio Zardini per la questione della recente vicenda che ha visto la demolizione del deposito attrezzi della vigna Cortina, e Vito Dadiè per la mancanza di parità di genere all'interno dell'antico istituto

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ampezzano. I CONTIIl bilancio 2022 si è chiuso quest'anno con un passivo di 163.353 euro, di cui 140.226 euro di perdita dell'amministrazione regoliera e 23.127 euro di disavanzo del Parco naturale regionale delle Dolomiti d'Ampezzo. elezioniI quattro nuovi deputati eletti su una rosa di 11 candidature sono Daniele Gaspari "Leon", Alberto Menardi "Milar", Walter Dandrea "Podar"deputati uscenti e riconfermati - e Giuseppe Alverà "Graer" - marigo uscente. Per il parziale rinnovo del collegio sindacale è stata eletta Sara Valleferro "Sfero". LA RELAZIONEIl presidente Flavio Lancedelli ha relazionato sulle attività svolte durante l'anno 2022. È emerso che a quattro anni dalla tempesta Vaia si possono dichiarare conclusi i lavori di recupero degli schianti.Proseguono invece i tagli per l'infestazione da bostrico che, seppure in temporaneo arresto invernale, sta incalzando a causa della siccità e delle alte temperature. Fino alla fine dello scorso anno si stima siano deperiti tra i 20 e i 22 mila metri cubi di massa legnosa, di cui 17 mila già recuperati. Lancedelli ha presieduto la sua ultima assemblea in quanto non è più eleggibile. Ha quindi ringraziato i presenti per aver avuto l'opportunità di essere stato nell'organo amministrativo delle Regole per nove anni. Molto discussa è stata in questo ultimo anno la sua doppia carica di presidente delle Regole e consigliere comunale con delega all'Ambiente e al Territorio: un doppio ruolo che non ha precedenti nella storia millenaria dell'antico ente di tutela del patrimonio agro-silvo-pastorale di Cortina, in quanto, nonostante non vi siano requisiti di illegittimità, come consuetudine i due ruoli - presidente Regole e consigliere comunale - fino allo scorso anno sono sempre stati separati. Inizia ora dunque una nuova presidenza che eviterà conflitti di interesse tra le due più importanti istituzioni di governo del territorio ampezzano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

BOLZANO FILM FESTIVAL BOZEN:

Corriere della Sera | 27 Aprile 2023

p. 34

Premio Dolomiti al documentario su Umberto Eco

Umberto Eco. La biblioteca del mondo, film-documentario del regista Davide Ferrario, ha vinto il premio speciale «Dolomiti Patrimonio Mondiale Unesco» assegnato durante il Bolzano Film Festival. Il film, nell’arco di ottanta minuti, racconta la figura dello scrittore Umberto Eco e l’enorme collezione di opere antiche e moderne (più di 40 mila volumi) della sua biblioteca privata. Oltre al film vincitore di Davide Ferrario, altre due produzioni hanno ricevuto la nomination al premio per l’edizione 2023 del festival: il documentario austriaco Matter out of Place di Nikolaus Geyrhalter, sulla spazzatura dai monti ai fondali oceanici, e il lungometraggio austroargentino The Klezmer Project, un viaggio musicale nei Paesi dell’Europa dell’Est, di Leandro Koch e Paloma Schachmann.

DELIBERA PROVINCIA AUT. DI BOLZANO – ALTO ADIGE PER LA GESTIONE DEI SITI UNESCO

Alto Adige | 19 Aprile 2023

p. 21

Una legge per gestire i siti Unesco in provincia

Bolzano

Come già fece il Friuli Venezia Giulia con la legge regionale del 2019, ieri la giunta ha approvato il disegno di legge che regolerà la gestione e lo sviluppo dei siti Unesco sul territorio altoatesino, portato dall'assessora Maria Hochgruber Kuenzer.L'obiettivo della proposta è di creare le condizioni giuridiche per una gestione efficiente e coordinata dei riconoscimenti Unesco in Alto Adige. Ora il disegno di legge e la relativa relazione accompagnatoria saranno trattati dal Consiglio provinciale.Nel 2009 le Dolomiti furono iscritte nella lista del patrimonio mondiale Unesco. «Da allora - così l'assessora - il progetto è cresciuto anche in termini di complessità e comprende sempre più strumenti, attività e compiti. Così si è reso necessario normare le competenze della Provincia nell'ambito dei riconoscimenti e programmi Unesco. Bisogna distinguere tra le competenze di natura strategica, in capo alla giunta, e quelle di natura amministrativa, di competenza della Ripartizione natura, paesaggio e sviluppo del territorio». Fra le altre cose, il disegno di legge prevede il sostegno della Provincia a eventuali nuovi progetti di candidatura.Nel 2018 la tecnica dei muretti a secco è stata iscritta come elemento transnazionale nella lista del patrimonio culturale immateriale. Nel 201 è stata la volta della transumanza (val Senales, val Passiria) e dell'alpinismo, entrambi inseriti come elementi transnazionali. Nel 2022, nell'ambito delle cattedre Unesco, è stata istituita la cattedra in Anticipazione interdisciplinare e trasformazione globale-locale presso l'Eurac Research.

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PREMIO SPECIALE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO

SERRAI DI SOTTOGUDA: UN AGGIORNAMENTO

Corriere delle Alpi | 6 Aprile 2023

p. 28

Serrai, sono ripartiti i lavori «Riapertura tra un anno»

ROCCA PIETORE

Sono ripartiti i lavori ai Serrai di Sottoguda: l'obiettivo è terminarli entro la primavera del 2024. Dopo la stagione invernale può dunque riprendere uno dei cantieri più famosi del post Vaia, quello per il quale sono stati investiti circa 11 milioni di euro.Le maestranze hanno potuto fare ritorno ieri nella lgola per «iniziare l'ultima fase delle operazioni che porteranno al ripristino dei Serrai. «Un ripristino che, lo ribadisco», dice il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, «non riporterà i Serrai alla situazione antecedente a Vaia. Questo non sarà possibile perché nel frattempo sono state introdotte delle normative nell'ambito della sicurezza idraulica che ci costringono ad alzare il livello del percorso rispetto a quello dell'acqua e a ridurre il numero dei ponti da 14 a 4».«Insomma», spiega De Bernardin, «il passaggio a ridosso del torrente non ci sarà più. Questa, però, era l'unica condizione per riaprire al pubblico questo patrimonio naturalistico che altrimenti sarebbe rimasto chiuso».Sui Serrai si era iniziato a lavorare già nel 2019 con la realizzazione della pista di cantiere su cui potevano passare i camion. Poi l'alluvione del 2020 che aveva pesantemente colpito la Valle Ombretta e Malga Ciapela l'avevano di fatto cancellata. «Nel 2021 la pista è stata ripristinata», dice De Bernardin, «e difesa con argini più consistenti. Inoltre è stata effettuata un'enorme opera di disgaggio nella parte alta dei Serrai: man mano che procedeva, la squadra dei rocciatori si rendeva conto che la situazione in parete era molto più delicata di quella che si vedeva da terra».De Bernardin sottolinea che alle difficoltà legate agli eventi meteo, al Covid, all'aumento dei prezzi delle materie prime, si è aggiunto anche il fatto che il tempo utile per lavorare nei Serrai è ridotto a causa del ghiaccio che in autunno si forma precocemente e dello scioglimento delle cascate di ghiaccio che si protrae fino a primavera inoltrata. «Nel 2022», continua il sindaco, «sono state arginate anche altre parti di quella che sarà la viabilità. Il problema è soprattutto dove i Serrai si stringono e le rocce si fanno più vicine. Lì occorre alzare il livello del passaggio, anche pedonale».«Abbiamo messo in sicurezza anche la zona a valle dei Serrai», continua De Bernardin, «quella che dall'infopoint costeggia l'abitato di Sottoguda. Per evitare di andare a prendere i massi ad Asiago o Brescia, si è creata una cava di prestito a Col di Rocca. Qui, da un'antica frana scesa attorno all'anno Mille dal Sasso Bianco, sono stati prelevati i massi necessari per le arginature».Ora la speranza è che tutto fili dritto. «Se non ci saranno intoppi», conclude il sindaco, «penso che i lavori possano essere conclusi entro la fine del mio mandato e cioè per maggio-giugno 2024. Spero che i soldi siano necessari anche per la realizzazione di una briglia selettiva a monte di Sottoguda». Gianni Santomaso©

NOTIZIE DAI RIFUGI

Gazzettino | 1 Aprile 2023

p. 10, segue dalla prima. Edizione Belluno

Rifugio sul Monte Rite: tre settimane per un gestore

Il rifugio Dolomites sul monte Rite cerca un nuovo gestore. Un bando di gara è stato pubblicato dal comune di Cibiana, proprietario del bene, gli interessati potranno candidarsi entro le ore 12 del 26 aprile prossimo inviando la documentazione a: Comune di Cibiana di Cadore via Masariè, n.182, 32040 Cibiana di Cadore). L'attuale gestione è giunta al termine del contratto e anche della proroga concessa, ora si apre la gara per i prossimi nove anni con base di gara e canone di concessione fissati in 86.400 euro, oneri fiscali di legge esclusi; saranno ammesse solo le offerte a rialzo. Il contratto prevede che l'importo mensile per il periodo iniziale di avviamento, che corrispondente ai primi 3 anni, è di 600 euro corrispondente ad un importo annuo 7.200 e ad uno complessivo triennale di 21.600; l'importo mensile per il periodo successivo di ulteriori 3 anni è di 800 corrispondente ad un importo annuo di 9.600 e ad uno complessivo triennale di 28.800; l'importo mensile per il periodo successivo di durata contrattuale di ulteriori 3 anni pari ad 1.000 corrispondente ad un importo annuo di 12.000 e ad uno complessivo triennale di 36.000 euro. In sede di attribuzione del punteggio la Commissione terrà in particolare considerazione l'attività promozionale dell'intera struttura e in particolare di quella riguardante la gestione in simbiosi con quella del Museo fra le nuvole che rappresenta il principale polo di attrazione e richiamo dei flussi turistico culturali nazionali ed internazionali.

IL SINDACO

Il sindaco Mattia Gosetti: «Abbiamo avviato la gara con la speranza che tanti siano interessati a partecipare, compreso il gestore uscente, e con l'auspicio anche di nuovi stimoli, nuove prospettive future per tutto il complesso. Il monte Rite è un posto favoloso con migliaia e migliaia di visitatori, ci aspettiamo che il gestore lavori in sinergia con noi per risultati ancora migliori. Reinhold Messner ha

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progetti importanti per il suo museo e vogliamo essere capaci di fare la nostra parte». Nelle parole del sindaco di Cibiana l'auspicio per una nuova e più stimolante prospettiva per il Rite e il suo grande complesso che ha ancora tante potenzialità da esprimere. Comodo da raggiungere sia a piedi, dal passo di Cibiana attraverso una strada militare con pendenza costante, sia con il servizio navette, il monte Rite, quota 2183 metri, ospita in vetta il Messner Mountain Museum Dolomites di Reinhold Messner che è stato inaugurato il 29 giugno 2002, dopo un lungo intervento di recupero di quella che era una postazione militare mai usata. Lo scorso anno si è fatta festa per il traguardo raggiunto e già si pensava al futuro. Da lassù lo sguardo spazia sui giganti dolomitici: Pelmo, Civetta, Marmolada, Tofane, Sorapis, Antelao, Sasso di Cibiana. Il rifugio Dolomites è appena sotto la cima, un angolo di pace con panorami fra i più belli.

Corriere delle Alpi | 11 Aprile 2023

p. 17

Cuochi e camerieri sono introvabili: gli appelli dei rifugi in vista dell'estate

BELLUNO

Stanno sulle dita di una mano i rifugi aperti a Pasqua, sulle dita dell'altra mano quelli che anticiperanno la stagione ad aprile o anche solo a maggio. «La difficoltà non è tanto quella dell'acqua (pare che a metà settimana arriveranno precipitazioni finalmente importanti, speriamo non invasive)», fa notare Mario Fiorentini, gestore del rifugio Città di Fiume, ai piedi del Pelmo, «quanto del personale. Siamo in affanno nella ricerca di collaboratori che non si trovano. Mancano cuochi in particolare. Non abbiamo bisogno di chef, ma di professionisti che sappiano garantire una cucina di qualità, dimensionata agli alimenti che si possono trovare a 1500, 2000 metri di quota e nella ristrettezza degli spazi di un rifugio». Da notare che non si cercano solo cuochi o camerieri, ma sempre di più collaboratori che conoscano le lingue straniere, l'inglese in particolare, considerando che i rifugi lungo le Alte Vie hanno una frequenza notevole di escursionisti e alpinisti ormai da tutto il mondo.«Siamo uno staff giovane, tutti under 35, e dinamico», è l'appello che arriva dal passo Duran. «Cerchiamo una persona che sappia essere organizzata, intraprendente e con voglia di mettersi in gioco. Il rifugio si trova sul Passo Duran nelle Dolomiti ed è una tappa fondamentale dell'Alta Via 1. Accogliamo molte persone da tutto il mondo che percorrono l'Alta Via e che vengono a scalare le belle pareti della Moiazza, ma anche ciclisti e motociclisti. Incluso nella nostra offerta di lavoro offriamo vitto e alloggio». Il rifugio Vazzoler, a Taibon Agordino, cerca un ragazzo o una ragazza anche senza esperienza ma che abbia un'ottima conoscenza della lingua inglese, altre lingue sono ben accette. Vitto e alloggio gratuito.La nuova gestione del rifugio Malga Giau a San Vito di Cadore cerca due camerieri (o cameriere) di sala, un lavapiatti e un aiuto cuoco per la stagione estiva 2023, con possibilità di lavoro anche invernale. «Siamo un piccolo rifugio situato sull'Alta via n. 1 alla base delle pareti meridionali della Moiazza», è l'appello dal Carestiato. «Cerchiamo per la stagione estiva collaboratori per la mansione di tutto fare (sistemazione delle camere, bar, ristorante), un cuoco per i servizi di pranzo e cena. I piatti che serviamo sono molto semplici e rispecchiano la tradizione bellunese».Il rifugio Col de Varda a Misurina ricerca cuoco o aiuto cuoco e cameriera (si offre vitto e alloggio). Per completare il gruppo di lavoro per la prossima stagione, il Città di Fiume è alla ricerca di «collaboratori motivati, per mansioni diverse: sala, accoglienza ospiti, pulizie e cucina. Vitto, alloggio e assunzione con regolare contratto. Richiesta la conoscenza dell'inglese».Il rifugio Auronzo alle Tre Cime di Lavaredo è pronto ad assumere cuoco, aiuto cuoco, cameriera ai piani. Il periodo è da fine maggio a metà ottobre. Al Passo Le Selle, a quota 2530 metri, sopra il Passo San Pellegrino, si cercano due persone volenterose per luglio e agosto, da inserire nello staff: un lavapiatti-tuttofare in cucina e un tuttofare in bar e rassetto stanze: paga 1400 euro circa, un giorno libero a settimana.Il rifugio Fonda Savio a Misurina cerca un cuoco da metà giugno ai primi ottobre con esperienza; assicura «vitto e alloggio. E stipendio sopra la media». Anche il Lavaredo alle Tre Cime sta cercando nuovi collaboratori: cuoco, aiuto cuoco lavapiatti e cameriera ai piani e sala. Un appello anche da Domegge: «Rifugio situato in Cadore cerca cuoco/a con comprovata esperienza presso rifugi di montagna per stagione estiva (maggio/novembre). Offresi vitto ed alloggio e stipendio adeguato alle capacità».Anche a Belluno è partita la caccia al personale estivo: il Settimo Alpini sta cercando un cuoco (giugno-settembre). In Val di Zoldo, il Sora'l sas ha lanciato questo appello. «Cerchiamo collaboratore per la stagione 2023. Chi siamo? Siamo un piccolo rifugio alpino che si trova a 1588 mt ai piedi degli Spiz di Mezzodì, nel cuore della Val di Zoldo. Chi cerchiamo? Aiutante cameriere e lavapiatti con tanta voglia di fare e che ami il posto in cui siamo. Chiediamo flessibilità e un po' di spirito di adattamento. Preferibilmente con domicilio nei pressi della Val di Zoldo. Il rifugio si raggiunge solo a piedi tramite un sentiero attrezzato. Plus: buon inglese ed esperienza nel settore. Quando? Nei weekend da metà maggio ad ottobre (in base alle condizioni meteo), con possibilità di vitto e alloggio». F. D.

Corriere delle Alpi | 20 Aprile 2023

p. 27

Nuova sfida, ma squadra che vince non si tocca

La famiglia Salton dal Rifugio Biella a Malga Giau LA

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STORIA

Cambia l'avventura, non la "squadra" . Dopo trent'anni la famiglia Salton lascia la gestione del rifugio Biella per assumere quella di malga Giau. Da un bando perso, non senza qualche punta di rammarico, ad uno vinto, quello indetto dalle Regole di San Vito per la gestione di malga Giau, situata ad un tiro di schioppo dall'omonimo passo. Inizierà a breve per la famiglia cortinese (composta da Silvia, dal marito Davide Pagani, dal fratello Andrea e dal papà Guido) un'esperienza nuova, che si preannuncia molto diversa dalla precedente ma non per questo meno entusiasmante. Anzi. Perché, come si dice molto spesso, «quando si chiude una porta, poi si apre un portone».Silvia, a quando l'apertura?«Stiamo predisponendo le ultimissime cose, indicativamente a metà giugno ma sicuramente in tempo per inaugurare la nuova stagione turistica estiva che si preannuncia da record per la nostra montagna. Ci faremo trovare pronti all'appuntamento con i turisti. Cambieremo qualcosa all'interno della malga, piccoli dettagli "come piacciono a noi" . Per il resto siamo pronti, entusiasti di intraprendere questo nuovo cammino».Un'esperienza che si preannuncia molto diversa rispetto alla precedente...«Cambierà tutto o quasi tutto, inevitabilmente. Il tipo di lavoro sarà diverso, potremo finalmente dare sfogo all'inventiva in cucina essendo malga Giau una struttura ricettiva maggiormente predisposta per un turismo gastronomico rispetto al rifugio, dove pure abbiamo sempre preso i nostri clienti per il palato ma con una tipologia d'offerta meno impegnativa. Il turista che frequenta i rifugi ha altre caratteristiche. Punteremo sulla qualità attraverso i prodotti rigorosamente locali. I formaggi ad esempio li prenderemo da un'azienda di Cortina. A malga Giau, poi, si arriva direttamente in macchina, a differenza del rifugio. Si tratta di un dettaglio non di poco conto, che cambia completamente la prospettiva».Cambia il lavoro, ma non cambia la squadra che dal rifugio Biella si trasferirà a Malga Giau.«Assolutamente. C'è una squadra affiatata che sta bene insieme e che riproporremo integralmente anche in questa nuova avventura, di cui siamo tutti molto curiosi e che non vediamo l'ora di intraprendere. Capofila sarà papà Guido che vanta una lunghissima esperienza, poi ci siamo io e mio fratello Andrea oltre a mio marito Davide Pagani, originario di Monfalcone. La montagna è la nostra casa, il rifugio è stata la nostra vita per trent'anni, ora lo diventerà la malga. Ci sarà anche la nostra collaboratrice, anch'essa figura storica, Marzia Bolis, di origini lecchesi ma con noi da quindici anni. Punteremo sull'affiatamento per convincere i nostri nuovi clienti a venirci a trovare. Siamo alla ricerca di tre o quattro collaboratori a cui offriremo anche alloggio. Malga Giau sarà aperta pure d'inverno». dierre©

Alto Adige | 23 Aprile 2023

p. 21

Al nuovo Santner contributi pubblici per 878 mila euro

Bolzano

«La funivia di Tires, l'assalto al Gartl... Il Catinaccio, inserito in un parco naturale provinciale, area Natura 2000 e Patrimonio dell'umanità Unesco, è sempre più minacciato dalla speculazione. La demoricostruzione del nuovo rifugio Passo Santner ha portato a una enorme piramide di acciaio che ospita un albergo di alta quota, uno sfregio a una delle montagne più amate delle nostre Dolomiti». Non si placano le polemiche riguardo a numerosi progetti turistico-ricreativi nell'area del Catinaccio, dalla contestata funivia di Tires al nuovo rifugio Santner. Mentre la petizione avviata dal Team K sul portale web change.org ("Aiutaci a fermare la (s)vendita delle Dolomiti!") ha sfondato quota 52 mila firme, sempre lo stesso consigliere provinciale Paul Köllensperger ha presentato una interrogazione in Provincia per sapere se, oltre ad aver concesso ai privati a un prezzo stracciato un terreno facente parte del patrimonio mondiale naturale dell'Unesco, la Provincia avesse erogato ai titolari del nuovo rifugio dei contributi. La risposta è sì e l'ha fornita l'assessore provinciale Arnold Schuler: 878.160,00 euro.Il Team K ha chiesto se sono state investite risorse pubbliche sotto forma di una qualsivoglia tipologia di contributo per la demoricostruzione del rifugio Passo Santner. «Per il rifugio Santnerpassrisponde ora Schuler - sono stati concessi i seguenti contributi (nella misura del 60% con un massimo di spesa ammissibile di euro 600.000,00), così suddivisi: contributo per il rifacimento dell'acquedotto, contributo per il rifacimento della teleferica e contributo per la ricostruzione del primo lotto del rifugio». In dettaglio, così ancora l'assessore, «i contributi finora concessi per il rifugio Santnerpass ammontano a euro 878.160,00. In particolare, il contributo per il rifacimento dell'acquedotto, già liquidato, ammonta a euro 203.160,00 (decreto n. 17430/2020), il contributo per il rifacimento della teleferica, già liquidato, ammonta a euro 315.000,00 (decreto n. 20429/2021), e il contributo per la ricostruzione del primo lotto del rifugio, in attesa di liquidazione, ammonta a euro 360.000,00 (decreto n. 23111/2022). Tali contributi sono stati erogati sulla base dell'articolo 3, comma 1, della legge provinciale 7 aprile 1997, n. 5, e precisamente sulla base della lettera b) per quanto riguarda l'acquedotto, della lettera c) per quanto riguarda la teleferica, e della lettera e) per quanto riguarda l'ampliamento del rifugio». DA.PA

Corriere delle Alpi | 23 Aprile 2023

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"Marmarole selvagge": un trekking pensato per chi ama l'alta quota

AURONZO

Si chiama "Welcome Dolomiti" il primo tour operator con base sulle Dolomiti del Cadore e concentrato sulla promozione di un pacchetto esclusivo alla scoperta della sua "anima" più selvaggia rappresentata dal gruppo montuoso delle Marmarole. La proposta, denominata

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"Marmarole selvagge" , ruota attorno ad un trekking ad alta quota lanciato, non casualmente, nella giornata mondiale dedicata alla Terra.Quattro giorni, ognuno dei quali con un tempo di percorrenza media tra le 6 e le 12 ore per un dislivello altimetrico complessivo di 3200 metri. Le notti verranno trascorse in tenda per i più temerari oppure, in alternativa, nei rifugi della zona (tutti oltre quota duemila).Fondatore del progetto turistico Welcome Dolomiti è Andrea Vascellari.«Il nostro desiderio è far scoprire il Cadore a chi è alla ricerca di una vacanza distante da caos e turismo di massa. Con la nostra gente, le nostre montagne e le innumerevoli eccellenze del territorio possiamo regalare emozioni uniche ed indimenticabili. Nel silenzio delle montagne più belle del mondo lo sguardo verrà rapito dalla vista del "Re delle Dolomiti", il monte Antelao, degli Spalti di Toro, del Pelmo, del Sorapiss, dei Cadini di Misurina e delle Tre Cime. Una sfida anche per "Welcome Dolomiti", che promuove la natura più selvaggia come reale ricchezza di questi tempi».A guidare gli escursionisti nel cuore delle Marmarole attraverso speciali pacchetti ad hoc, saranno le guide alpine Tre Cime di Lavaredo.«Il Cadore è uno di quei rari posti dove ancora la natura si presenta incontaminata», rivela Alex Pivirotto, una delle guide Tre Cime, «si possono vivere avventure uniche che diventeranno ricordi indelebili per chi ama la montagna. Avere un tour operator sul territorio come "Welcome Dolomiti" rappresenta un prezioso alleato per chi fa il nostro lavoro».Il progetto entrerà nel vivo con l'approssimarsi della bella stagione ed andrà ad implementare un'offerta già esistente, concentrata su un mercato che coinvolge in prima linea le nazioni nordeuropee. Sul sito www.welcomedolomiti.it sono già state pubblicate tutte le informazioni relative al percorso oltre a proposte di viaggio ed alla presentazione di tutte le attività collaterali firmate dal nuovo progetto. dierre© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alto Adige | 25 Aprile 2023

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Santner, si riaccende lo scontro «Sperperati quasi 900mila euro»

Il Team K contro Schuler. La Provincia smentisce: «Nessun favore ai privati»

Francesco Mariucci BOLZANO

Continuano le polemiche intorno al rinnovato rifugio di Passo Santner, sul Catinaccio. L’ultima puntata è la risposta dell’assessore provinciale all’ambiente Arnold Schuler all’interrogazione presentata dal Team K che poco più di un mese fa chiedeva di fare luce sulla concessione di fondi pubblici per i lavori.

«I contributi finora concessi per il Rifugio Santnerpass è la versione di Schuler ammontano a 878.160 euro». Nel dettaglio, 203.160 euro per il rifacimento dell’acquedotto, e 315mila per la teleferica, già liquidati. In più, 360mila euro (questi in attesa di liquidazione) come contributo per la ricostruzione del primo lotto del rifugio. Un resoconto che ha mandato su tutte le furie Paul Köllensperger e i suoi: «Non bastava lo scempio paesaggistico compiuto, non bastava aver svenduto a un amico di partito un terreno pubblico posto in una location unica al mondo, no: gli hanno pure regalato 900mila euro di soldi dei contribuenti. E sono pure recidivi, visto che è lo stesso schema utilizzato per la funivia di Tires: soldi pubblici per interessi privati, a spese dei cittadini» sottolinea il capogruppo del Team K.

Una cifra, 900mila euro, «anche maggiore a quella che Cai e Avs ricevono insieme per i loro 24 rifugi». La battaglia del partito continua, forte pure della petizione online «per fermare la (s)vendita delle Dolomiti» che ha superato le 52mila firme. Per fare luce sulle trattative per la cessione del terreno erano stati presentati due esposti alla Procura e alla Corte dei Conti.

Ancora Köllensperger: «Con una mano la Giunta provinciale annuncia una legge ad hoc per regolare la gestione e l’ulteriore sviluppo dei siti Unesco presenti sul territorio altoatesino; con l’altra finanzia generosamente con denaro pubblico progetti turistici privati molto impattanti che nulla hanno a che vedere con la tutela ambientale e paesaggistica del Catinaccio. E in questo senso le cifre emerse si commentano da sole: l’imprenditore, al tempo capo della Svp di Siusi, ha potuto comprare il terreno nel cuore del Catinaccio per ridicoli 27mila euro, ma si è visto recapitare dalla Provincia ben 878mila euro complessivi di contributi pubblici». Una situazione talmente ingarbugliata che ieri la Provincia è dovuta intervenire con una nota ufficiale nella quale vengono smentiti «contributi a beneficio di interessi privati».

«Contrariamente alle notizie che riportano che i contributi al rifugio sono andati a beneficio di interessi privati si legge , si chiarisce che sono stati concessi sulla base della legge provinciale in materia. Si tratta di interventi della Provincia autonoma di Bolzano per il sostegno di rifugi alpini». Il testo al quale si fa riferimento è la legge provinciale 5/1997, sulla cui base sono stati concessi i contributi così come spiegato da Schuler nella sua risposta.

E in merito ai fondi per la gestione dei rifugi non si è fatta attendere anche la replica del presidente del Cai altoatesino Carlo Alberto Zanella: «Noi e l’Avs le risorse le investiamo tutte nei rifugi, il privato se le mette in tasca».

Corriere delle Alpi | 30 Aprile 2023

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Rifugi Dal Piaz e Boz riaperti al pubblico Prime prenotazioni per l'Alta Via n.2

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Feltre

Riaprono i Rifugi Dal Piaz e Boz di proprietà del Cai di Feltre, riaprono le malghe sul Monte Avena: è la stagione del turismo escursionistico, delle camminate sugli impegnativi sentieri di montagna o delle passeggiate a portata di famiglia. Il ponte del primo maggio segna tempo molto incerto, ma intanto ieri all'ora di pranzo si è affacciato pure il sole. I gestori delle strutture sono pronti e già si fanno avanti gli stranieri che hanno prenotato per i mesi di giungo e luglio le camere per pernottare lungo il percorso dell'Alta Via n.2. Quasi risolti anche i problemi di trovare il personale al quale affidare le diverse mansioni, anche se in certi casi vengono in supporto i famigliari.rifugio dal piazC'è ancora parecchia neve ai 1993 metri del Rifugio, molta meno lungo il sentiero di accesso, anche se occorre essere ben attrezzati per non farsi cogliere impreparati. «Abbiamo spalato la neve che si è accumulata», spiega il gestore Giorgio Da Rin che per la seconda stagione manda avanti la struttura insieme alla compagna Stefania. Ed è proprio Stefania a raccontare queste prime aperture: «Abbiano trovato il cuoco e una cameriera per la sala. Ci manca ancora una persona per i fine settimana estivi, ma tutto sommato siamo a posto. Il primo anno non è stato facile perché la precedente gestione era andata molto bene, ma abbiamo potuto verificare che il nostro impegno è stato premiato dagli escursionisti che hanno mostrato di gradire le nostre proposte».In sottofondo alla telefonata già si sente il vociare dei primi clienti: «Qualcuno è presente. Per la cucina abbiamo fatto una scelta radicale servendoci esclusivamente di ingredienti prodotti da ditte locali. Contiamo che la scelta sia apprezzata».«Quanto alle iniziative», aggiunge Stefania, «vogliamo organizzare un Trail, ma credo che cominceremo dall'anno prossimo». Si inizia con l'apertura nei fine settimana di maggio, poi dal primo giugno il Rifugio sarà aperto tutti i giorni fino al 30 settembre.RIFUGIO BOZÈ l'altro gioiello del Cai di Feltre. Al timone c'è sempre Erika De Bortoli, che cura anche la cucina, e a supportarla c'è Andrea. Nella zona del Rifugio c'è ancora un po' di neve, poca roba. Di più ce n'è sull'Alvis e a Passo Finestra, ma se il clima continuerà a migliorare è probabile che la neve sci sciolga nel giro di dieci, quindici giorni.L'apertura in questi fine settimana di primavera serve a testare la macchina operativa in vista dell'apertura estiva fissata al 17 giugno: «Ma già per il ponte del 2 giugno riproporremo l'ex tempore di due giorni con gli scultori del legno che l'anno passato ha riscosso il favore degli escursionisti».I primi escursionisti stagionali fanno capolino, mentre cominciano le prenotazioni per i mesi di giugno e luglio: «Le persone che arrivano adesso al Rifugio sono locali o della pianura veneta, mentre le prenotazioni sono tutte di stranieri. Noi cercheremo di offrire a tutti il meglio. Faremo di sicuro qualche evento musicale». ©

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NOTIZIE DAL SOCCORSO ALPINO

Corriere delle Alpi | 8 Aprile 2023

p. 28

"Un passo dal cielo": dal Cnsas monito a chi va sui luoghi del set

CORTINA

«State attenti a dove mettete i piedi». Le festività pasquali vedranno aumentare sensibilmente il numero di turisti sul territorio di Cortina, ma la persistente presenza di neve al suolo unita a condizioni meteorologiche all'insegna della variabilità hanno indotto preventivamente la locale stazione del soccorso alpino a drizzare le antenne. Un incentivo alle presenze turistiche nel frattempo coinvolge una fetta consistente di appassionati della fiction "Un passo dal cielo" che, complice il weekend di festa, hanno annunciato una gita fuori porta nei luoghi del set, gli stessi che nelle prime due puntate trasmesse da Rai Uno hanno incollato al piccolo schermo milioni di telespettatori.«Sappiamo bene che le feste riporteranno tanti turisti a Cortina, ma in questo specifico contesto sappiamo anche che le recenti puntate di "Un passo dal cielo" potrebbero indurre qualcuno a scegliere una delle location in cui sono state effettuate le riprese per gite ed escursioni», sottolinea il capo della stazione del Cnsas di Cortina, Roberto Santuz, «la situazione attuale si presenta a due facce: il versante nord è ancora caratterizzato dalla presenza di neve, quello sud invece no. Nello scegliere un luogo piuttosto che un altro per effettuare una gita sarebbe opportuno prendere in considerazione questo dettaglio, tutt'altro che di poco conto».A proposito delle location di "Un passo dal cielo", le mete più gettonate sul territorio ampezzano sono Croda da Lago e 5 Torri. In quest'ultima però l'accesso ai pedoni si presenta fortemente limitato essendo l'area ancora innevata e dunque sciabile (tutti i rifugi del comprensorio sono regolarmente aperti). Situazione diversa nell'area della Croda da Lago, dove comunque la presenza di neve al suolo non spaventa gli escursionisti anche se il rifugio Palmieri, che nella fiction ospita la fattoria Eden, comunità per giovani donne dal passato problematico, riaprirà il 15 giugno.«L'invito rivolto agli escursionisti che sceglieranno i sentieri di Cortina per Pasqua e Pasquetta è quello di dotarsi di un'attrezzatura adeguata, anche dal punto di vista dell'abbigliamento e delle calzature», aggiunge Santuz, «un'escursione rappresenta un momento di felice svago, aiuta la mente ed il corpo purché la si svolga in condizioni sicure. Ognuno è chiamato a misurarsi con le proprie capacità. Azzardare potrebbe nascondere inutili rischi. Muoversi su sentieri conosciuti aiuta. In certe situazioni ambientali, ancor di più in presenza di neve e anche se poca, è bene riflettere sul fatto che un selfie può attendere, le priorità sono altre: divertimento e sicurezza» . Gianluca De

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NOTIZIE DALLE ASSOCIAZIONI ALPINISTICHE

Gazzettino | 1 Aprile 2023

p. 35, edizione Belluno

Cai ampezzano in prima fila per rifugi e sentieri

Nel 2022, la sezione del Club alpino italiano di Cortina d'Ampezzo ha speso 218mila euro per la manutenzione dei tre rifugi di proprietà, per la cura della fitta rete di sentieri escursionistici, ben 420 chilometri, per le attività sociali. Con introiti per 188.867 euro, c'è stato un disavanzo di gestione di 29.140 euro, coperto dalle riserve degli anni passati. Il passivo era stato di 112.384 euro nel 2021, anche allora determinato in gran parte dall'ammodernamento del rifugio Nuvolau.

IL PRESIDENTE

Il presidente di sezione Luigi Alverà commenta: «L'assemblea è occasione per tracciare il bilancio del lavoro svolto da direttivo, soci, volontari, per tenere in ordine i sentieri, e dai gestori dei rifugi, per garantire un'accoglienza, un'ospitalità in quota, che tenda alla qualità e alla sicurezza della fruizione della montagna. È anche occasione per ribadire che, da cento e quarant'anni, Cortina e il club alpino fanno turismo». Il sodalizio nacque nel 1882, Club alpino austriaco e tedesco, e già nel 1883 inaugurò il primo rifugio. «E' un impegno conferma Alverà anche perché i nostri rifugi sono vecchi, due su tre hanno più di cent'anni, uno ha fatto mezzo secolo l'anno scorso. Sono cresciuti nel tempo e hanno continuo bisogno di manutenzione, anche di interventi importanti, per rimanere al passo con le attuali esigenze, ma senza snaturare le loro caratteristiche particolari, di rifugi d'alta quota, del secolo scorso». Sono il Nuvolau, sulla cima della montagna; il Palmieri alla Croda da Lago; il Giussani sulla Tofana. Nel 2021 iniziò un radicale intervento di ammodernamento del Nuvolau e la prossima estate si farà festa per la ricorrenza di 140 anni. È stata sostituita la teleferica, per il trasporto degli approvvigionamenti. Si lavora anche al Palmieri, per sistemare i servizi igienici e per il riordino delle pertinenze, conclusa una lunga vertenza con le Regole d'Ampezzo. Per queste opere la sezione ha ricevuto sostegni dal Cai centrale. Richiede tanto lavoro anche la fitta rete di sentieri, ben 420 chilometri nella conca d'Ampezzo. Ci sono costanti lavori di manutenzione da parte dei collaboratori del Cai. Due volte all'anno i volontari si dedicano alla pulizia, primavera e autunno. Prosegue l'iniziativa "adotta un sentiero", che vede i soci, una settantina, percorrere il tracciato del quale hanno deciso di occuparsi, eseguire personalmente i lavori più leggeri, oppure avvisare i coordinatori, per un intervento più impegnativo. Molte opere sono fatte in accordo con Regole e Parco d'Ampezzo. L'assemblea ha votato il programma delle escursioni 2023, estive e invernali. Sono stati consegnati riconoscimenti a Rinaldo Alverà e Maria Giuliana Alverà, soci da 60 anni; per 50 anni a Franca Bernardi; a nove soci per 25 anni di tesseramento.

EDITORIALI E INTERVISTE

Corriere della Sera | 5 Aprile 2023

p. 29

Montagne gratis o a pagamento?

«Queste montagne qua non dovrebbero essere viste gratis!». Se l’imprenditore alberghiero sudtirolese Alex Meister, ex presidente dell’Azienda di soggiorno di Merano e proprietario tra l’altro del bellissimo e lussuoso Hotel San Luis ad Hafling (Avelengo nel toponimo italiano) aveva intenzione di conquistare gli amanti della montagna non poteva scegliere parole peggiori. Ma come: vai a parlare del tuo progetto ad Auronzo del Cadore, descrivi un albergo di altissimo livello completamente diverso dagli altri, parli di uso del legno del posto, di materiali riciclabili, di natura incontaminata, di camere su palafitte costruite sugli alberi come quelle che tutti i bambini del mondo hanno sognato dopo avere visto i fumetti di Tarzan nato centoundici anni fa dalla fantasia di Edgar Rice Burroughs e butti lì sparate così insensate? Teorizzando che sui terreni che hai rastrellato metterai «ordine» facendo pagare i turisti di passaggio che volessero parcheggiare l’auto senza «il casino di oggi, con auto parcheggiate a destra e sinistra»? Scusate, qual è il futuro? La salvaguardia della montagna, presa d’assalto negli ultimi anni da un turismo di massa troppo spesso asfissiante e volgare, affidata solo ai «schei»? Alla selezione dei resort a otto stelle deluxe che tengano la plebe lontana dalle Dolomiti più belle vendute (a parte la tassa di soggiorno: 2 euro) a 550 euro a notte?

Eppure, il municipio di Auronzo del Cadore è entusiasta. E nel giro di una manciata di ore, battendo ogni record di velocità burocratica bellunese, veneto, italiano ed europeo, il sindaco Dario Vecellio Galeno, eletto dalla lista civica, ha varato una delibera non solo favorevole ma favorevolissima al progetto. Assai meno esultano gli ambientalisti. A partire da Luigi Casanova, direttore della rivista del Mountain Wilderness italiana, che ricorda come il progetto sia previsto «sul terreno delle Regole, nate con lo scopo di salvaguardare

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la conservazione del patrimonio antico, per sua natura inalienabile e inusucapibile e di conseguenza non convertibile in area edificabile». E la storica comunità cadorina, che da secoli amministra i beni collettivi, non sembra troppo favorevole a scambiare i terreni scelti dall’albergatore tirolese con altre terre meno appetite. Per non dire dei dubbi della Regione e della soprintendenza. Certo, l’abbandono della montagna e le difficoltà di chi ancora ci vive non aiutano a scegliere...

Corriere delle Alpi | 18 Aprile 2023

p. 10

Varotto: “Se siamo coscienti che il problema esiste davvero possiamo iniziare a risolverlo”

Professor Varotto, si discute sulla data in cui collocare l'inizio dell'Antropocene, non sul suo sempre più pesante impatto sul pianeta. Che l'uomo alteri l'ambiente, ce l'ha spiegato già un secolo e mezzo fa Antonio Stoppani. Ma a quando si può datare la drastica accelerazione che sta compromettendo il clima del pianeta? «L'abate Stoppani, geologo, è stato uno dei precursori, coniando la definizione di Era Antropozoica, del termine Antropocene, sul quale oggi si dibatte per stabilirne la data di inizio: questione piuttosto stucchevole, perché nel suo cammino evolutivo Homo Sapiens ha nei millenni dilatato e approfondito in maniera progressiva il suo impatto sul pianeta. Difficile fissare un punto di inizio, ma direi che una accelerazione formidabile è avvenuta a partire dalla Rivoluzione Industriale, con l'uso massiccio di combustibili fossili e il conseguente rilascio dello "scarto" di CO² che oggi ha superato le 400 parti per milione nella libera atmosfera: non era mai avvenuto negli ultimi 800mila anni».Negli ultimi 70 anni le emissioni di CO² a livello globale sono aumentate del 500 per cento. Finora abbiamo pagato soprattutto la produzione degli Stati Uniti, adesso anche quella di Cina e India. In definitiva, il mondo subisce l'impatto di tre soli Paesi Non dovrebbe esserci un'assunzione di responsabilità proporzionale al danno? «Certamente. Ma non è semplice mettersi d'accordo a livello mondiale su questa ripartizione di responsabilità, in assenza di efficaci strumenti di governance a scala globale: sulla base del totale delle emissioni a partire dalla Rivoluzione industriale? Sulla base della classifica delle emissioni attuali? E come le calcoliamo, per nazione o pro capite? Ogni decisione su questi parametri cambia radicalmente lo scenario: Cina e India hanno emesso storicamente di gran lunga meno CO² di Europa e Stati Uniti (fino a fine Ottocento la responsabilità prevalente è stata del Regno Unito, ad esempio), e anche oggi se misuriamo l'impronta carbonica per abitante dovremmo considerare Australia e Stati Uniti tra i paesi più "colpevoli" e impattanti». Gli impegni fin qui presi a livello internazionale sono modesti, eppure indicano scadenze temporali precise per invertire la tendenza, in particolare il 2050. Ce la si può fare con le attuali misure, o è già tempo scaduto? «Le misure finora adottate sono ancora largamente insufficienti. Oltre che una rivoluzione tecnologica è necessaria una rivoluzione culturale, che stenta a diffondersi, anche se la sensibilità è in aumento. Detto questo, non credo esisterà mai un discrimine netto tra il "ce l'abbiamo fatta" e il "non ce l'abbiamo fatta". Non esiste un countdown certo: ogni giorno di ritardo nell'adozione di misure di contrasto e mitigazione determina un aumento dei danni e dei costi di adattamento, in sostanza un depauperamento economico che riguarderà in particolare le aree più povere e marginali della società e del pianeta, con un impatto geopolitico non trascurabile legato ai fenomeni migratori, che salvo contromisure decuplicheranno entro fine secolo. I cambiamenti climatici poi hanno una loro inerzia: anche invertendo drasticamente rotta subito serviranno decenni prima che nel sistema si generi una inversione di tendenza. Per questo dobbiamo fare presto, non possiamo più permetterci di fare come san Tommaso». Il recente accordo sulla tutela degli oceani è stato accolto con grande favore. Ma non è più fumo che arrosto? E soprattutto, come si fa in concreto a controllarne il rispetto? «È un passo importante, che serve a contrastare l'ocean grabbing e l'overfishing, fenomeni diffusi a scala planetaria e soprattutto nelle aree oceaniche dell'emisfero australe in cui i controlli sono carenti (e di cui spesso siamo complici ogni volta che acquistiamo una scatoletta di tonno, salvo poche eccezioni). La protezione del 30% delle acque internazionali con l'istituzione di riserve marine è un primo passo, che ovviamente richiede attenti controlli, ma non risolverà in ogni caso la crescente acidificazione degli oceani generata dall'assorbimento di CO², il vero grande problema per la futura sopravvivenza di barriere coralline, molluschi e specie ittiche». Le evidenze climatiche sono ormai indiscutibili. Cosa possiamo fare come persone da subito quanto meno per contenerne l'impatto, a prescindere dalle decisioni dei governi? E non sarebbe necessario comunque cominciare già a modificare gli stili di vita quotidiana? «Credo che la prima sfida sia informativa: diffondere la consapevolezza di questa emergenza in tutte le persone, senza differenze politiche, di età, reddito, istruzione, combattendo la disinformazione, le fake news (formidabile in questo senso il film "Don't look up") e chi ancora nega la responsabilità umana di quanto sta accadendo o attende passivo un deus ex machina tecnologico che risolva il problema per noi. La seconda sfida, conseguente, è adottare uno stile di vita che ci consenta di ridurre l'impronta carbonica (dovremmo pretendere ad esempio che questa venga dichiarata nei prodotti che acquistiamo), il consumo di acqua dolce (anche raccogliendo quella piovana, come propone il progetto BeWare), lo spreco di risorse. Si tratta di comportamenti, badate bene, che fanno bene anche al nostro portafogli! È una sfida che possiamo vincere, come nel rugby, solo se davvero facciamo gioco di squadra e facciamo dei passaggi all'indietro». Nel libro sull'Italia dell'antropocene viene proposto un quadro micidiale del Veneto prossimo venturo. Nella realtà, quali modifiche dobbiamo attenderci nell'arco di questo secolo? E qualche variazione traumatica potrebbe vedersi già nel 2050 se non saranno rispettati gli impegni? «Non occorre attendere il 2050, le conseguenze sono già sotto i nostri occhi oggi, destinate solo ad accentuarsi in futuro: siccità e razionamenti di acqua potabile, ingressione del cuneo salino nelle aree costiere, isole di calore sempre più persistenti nelle aree urbane, eventi estremi (medicanes, cicloni tropicali) sempre più frequenti. Nel 2050 parleremo del ghiacciaio della Marmolada ormai al passato: "C'era una volta la Regina delle Dolomiti..."». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Corriere delle Alpi | 30 Aprile 2023

p. 14

«Noi come Venezia, rovinati dall’Unesco»

«Il marchio nato per tutelare le eccellenze le sta distruggendo col turismo di massa Venezia e Dolomiti stanno meglio senza»

Le Alpi come Venezia, destinate ad affondare sotto il peso del turismo di massa. È il rischio che corrono le montagne, raccontato da Marco Albino Ferrari, giornalista, documentarista e direttore editoriale del Cai, nel libro «Assalto alle Alpi» (Einaudi, 2023). Marco Albino Ferrari sarà al Teatro Sociale di Trento lunedì 1 maggio (ore 21) in uno degli eventi principali del Trento Film Festival. «Il marchio Unesco peggiora le condizioni dei siti ai quali è applicato», avverte.

Marco Albino Ferrari, che cosa racconta in «Assalto alle Alpi»?

«Si parte da una storia un po’ dimenticata, ma che ha una portata enorme simbolica. Alla fine degli anni ‘60 un imprenditore genovese mette gli occhi su un versante delle Alpi liguri adatto allo sci, soprattutto per l’epoca quando nevicava molto. Lì costruisce un impianto sciistico e un intero villaggio sul modello delle stazioni “ski total” di moda in Francia. Anche il nome viene francesizzato: da San Grato, un santo martire a cui era intitolata una piccola cappella, a Saint Gréé».

Come era quel villaggio?

«Un unico edificio, immenso, allestito con tutto il necessario per una settimana bianca: quattro ristoranti, alcune boutique, la discoteca, il parrucchiere, una piscina riscaldata all’interno e una all’esterno. Per promuoverlo vengono le grandi star della tv, dal Mago Forrest a Ivana Spagna, fino a Ornella Muti».

Come finisce la storia di Saint Gréé?

«Come un transatlantico, alla fine degli anni Novanta è affondato. Con l’aumentare delle temperature la neve è diventata pioggia e le ruote delle seggiovie si sono fermate per sempre. Oggi è abbandonato, svuotato e vandalizzato».

Cosa ci insegna?

«Il rischio è che se le temperature continueranno a salire ci saranno altre Saint Gréé. La riflessione ci porta in altri luoghi, senza demonizzare l’economia dello sci che in molte valli ha salvato le popolazioni dalla miseria. Ci sono grandi impianti che funzionano benissimo, ma altri più piccoli restano aperti solo grazie all’accanimento terapeutico dei fondi pubblici».

Le Alpi come Venezia, assediata dai transatlantici?

«Il paragone è calzante. Anche Venezia ha un paesaggio delicato con equilibri precari, e il fenomeno dell’overtourism la sta distruggendo. Lì come in montagna, la natura è in pericolo a causa di chi dice di amarla e la pressione turistica la sta distruggendo. Dobbiamo cercare di eliminare il marchio di eccellenza Unesco da alcuni luoghi».

Però anche le Dolomiti sono patrimonio Unesco.

«Il marchio “patrimonio Unesco”, nato per difendere alcune eccellenze, le sta distruggendo. Venezia starebbe meglio senza, e anche le Dolomiti. Il marchio Unesco concentra il turismo di massa creando una geografia di serie A, che viene colpita dal turismo di massa e una geografia di serie B, luoghi più originali e senza messinscene commerciali, che restano sconosciuti e poco frequentati».

Oggi c’è un ritorno alla montagna, come convivere con i limiti che la natura impone?

«A partire dagli anni ’60 molti giovani sono fuggiti dalla montagna, andando a occupare un posto nell’edilizia popolare nelle periferie della città in cerca di un futuro diverso. Per molti anni la montagna è rimasta un luogo di anziani e si è assistito a un processo di rinaturalizzazione: oggi ci sono il doppio degli alberi che c’erano un tempo e il maggior numero di animali selvatici dal Basso Medioevo, quando è iniziata la colonizzazione delle montagne. Il ritorno di oggi non è un controesodo, i numeri sono piccoli e limitati ad alcune valli, ma va favorito. La montagna ha bisogno della presenza umana. Dobbiamo però ricordare che le Alpi non sono un luogo idealizzato: va trovato un equilibrio virtuoso tra uomo e natura. Le giovani famiglie di oggi sanno che per tornare a vivere in montagna bisogna scendere a compromessi nella convivenza con la fauna selvatica e i disagi».

DOLOMITI IN TV

L’Adige | 14 Aprile 2023

p. 35

Curzel, falegnami da brivido

E già si pensa alla terza stagione

La saga dei "Falegnami ad alta quota" (alias i Curzel di Caldonazzo) è iniziata quasi per caso: ma dopo due stagioni e 12 episodi trasmessi in televisione (sul canale 52, Dmax, piattaforma Discovery), il successo ed il ritorno sono davvero incredibili, sicuramente inaspettati.Abbiamo incontrato mercoledì i fratelli Giovanni e Paolo Curzel a Levico, al ristorante dove hanno deciso di invitare tutti i loro amici e collaboratori, ed ovviamente anche gli estimatori, per la festa di conclusione della seconda stagione tv: una festa dal

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sapore particolare dato che si festeggiavano i 60 anni dell'azienda, fondata nel 1963 da Germano Curzel, papà di Giovanni e Paolo, che era pure presente alla festa. L'azienda è cresciuta negli anni fino ad essere conosciuta, ora, praticamente ovunque grazie alla serie tv.In questa seconda serie, i "falegnami ad alta quota" hanno ricostruito il bivacco Buffa di Perrero, sul monte Cristallo a Cortina d'Ampezzo (quasi a quota 3 mila metri), ma hanno anche costruito una nuova tettoia per il rifugio Capanna Piz Fassa, a quota 3.152 metri sulle Dolomiti, una sauna in legno trasportata in una baita ad alta quota, fino all'intervento alla torre del castello sulla Rocca di Arco.«Inizialmente - racconta Giovanni - l'idea era quella di realizzare dei brevi video di qualche minuto, per far vedere quello che facciamo e soprattutto i luoghi magici del Trentino. Poi la cosa si è ingrandita fino a realizzare ben due serie. Ma l'idea di fondo rimane sempre la stessa, ossia promuovere i posti nei quali lavoriamo. Il successo ci ha sorpreso senza dubbio, forse potrebbe esserci anche una terza stagione».Il successo, oltre che essere vetrina per l'azienda, ha portato anche a molte richieste di assunzione, tanto che a breve due giovani verranno assunti per la stagione estiva. «Ovviamente in tv è tutto bello, sembra tutto semplice - prosegue Giovanni - ma così non è. Si lavora spesso in posti difficili ed in condizioni precarie, magari dormendo sei giorni su sette in tenda, sulla ghiaia, senza potersi lavare. Quello che si vede nella serie è quello che realmente accade, perché fin dall'inizio abbiamo messo in chiaro che non potevamo permetterci di rigirare scene o prestare attenzione alle inquadrature, come si dice. Ma a noi piace questo lavoro, piacciono i luoghi nei quali operiamo. Non c'è niente di meglio che poter vedere quelle cime, quei luoghi magici. Lavorarci è come fare bingo».La seconda stagione termina mostrando alcuni cantieri in fondovalle e le conclusioni di alcune opere sia al Capanna Fassa che al castello di Arco: «Ad Arco torneremo prossimamente - conclude Giovanni - per proseguire la sistemazione del tetto, mentre da fine maggio, appena inizierà la bella stagione e le condizioni lo consentiranno, torneremo a Capanna Fassa per l'ampliamento del rifugio. Saranno circa cinque mesi di lavoro. Sarà il diciottesimo rifugio su cui interverremo nell'ultima dozzina di anni».Una specializzazione pressoché unica non solo nei lavori ma anche nell'organizzazione che sta dietro a questi cantieri, degni proprio di "falegnami ad alta quota".

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