risponde alla necessità che l'ente sappia ciò che avviene all'interno del territorio che è sotto la sua tutela». È il caso ad esempio delle esercitazioni di Protezione civile, che non si possono fare senza il via libera dell'ente.«Per quanto riguarda le norme urbanistiche», prosegue Vigne, «queste si intrecciano con il Piano del Parco che è come un piano regolatore ed entra molto nel dettaglio anche dei materiali da utilizzare e delle caratteristiche degli edifici. Nel grande lavoro di aggiornamento del Piano che abbiamo voluto fare nei mesi scorsi per rendere più attuale e adeguato possibile un Piano che resterà in vigore per i prossimi dieci anni, ci sono state diverse aperture, recependo molte delle osservazioni ricevute».Uno degli aspetti più significativi riguarda la possibilità di ampliare le volumetrie degli edifici esistenti (pensando soprattutto ai rifugi).«Sono arrivate 59 osservazioni da tutti i portatori di interesse che abbiamo coinvolto», prosegue Vigne, «alcune puntuali, altre generali e quasi tutte sono state condivise. È stato un lavoro impegnativo ma la condivisione è essenziale nel rapporto tra il Parco e la comunità. Dopo l'estate si dovrebbe chiudere con il provvedimento regionale, ma siamo già pronti ad aprire anche un ragionamento sui confini. Oltre a Belluno, che ha già inserito nel Pat la possibilità di inserire la valle dell'Ardo, ci sono altri Comuni e realtà interessate all'ampliamento, ma è materia di cui parlare lontano dalle campagne elettorali». --© RIPRODUZIONE RISERVATA
NOTIZIE DAL CLUB ALPINO ITALIANO Alto Adige | 10 aprile 2022 p. 23 Il Cai: più soci per contare di più Bolzano «Abbiamo un grosso problema: agli altoatesini di lingua italiana, soprattutto a Bolzano, manca un po' il senso di appartenza, non si sentono coinvolti. L'Avs in città conta quasi 8000 soci su 100 mila abitanti, nonostante la popolazione di lingua tedesca costituisca la minoranza. Il Cai ne ha meno di 2.000. Un vero peccato, perché Bolzano io la considero una delle capitali della montagna. Viviamo in un posto meraviglioso. Più siamo, come soci Cai, più possiamo premere, più potere abbiamo nella difesa dell'ambiente. Per questo stiamo lavorando tanto per coinvolgere i giovani. La fascia che ci manca di più? Fra i 20 e i 40 anni». È il pensiero espresso dal presidente del Cai Alto Adige, Carlo Alberto Zanella, in occasione dell'assemblea annuale delle 15 sezioni locali.Tema principe l'ambiente, oltre naturalmente alle questioni interne di gestione della complessa macchina Cai, messa un po' in crisi negli ultimi due anni dal calo di iscritti causa pandemia (niente corsi, gite, sono rimasti solo i soci storici). Iscritti che però ora sono in forte risalita, perché i due anni di lockdown e restrizioni hanno generato immensa voglia di stare all'aria aperta, tanto che probabilmente si salirà nei numeri rispetto ai livelli pre-pandemici. L'anno scorso i soci erano 5.879, la proiezione per il 2022 è di 7.548.«L'ambiente - così Zanella - ci sta molto a cuore. Il Cai nazionale lo ha posto come priorità». Su questo aspetto si sta lavorando molto bene, in perfetta sintonia con l'Avs - «abbiamo un bellissimo rapporto» - e le associazioni protezionistiche. «Però non siamo integralisti. Non siamo contro il progresso. Certe cose vanno fatte. Siamo anche d'accordo sugli interventi della Provincia nei rifugi. Magari qualche intervento, ma sono critiche a livello personale, poteva essere fatto in altro modo, sono scelte degli architetti... Ma per il resto stanno facendo cose egregie». Anche le strade, vanno fatte: «In Pusteria la variante di Perca, di Chienes, dovevano essere realizzate. L'entrata in Badia è bellissima. Così si inquina meno. I turisti sono la nostra ricchezza, dobbiamo sopportarli, però non bisogna esagerare». Per quanto riguarda lo sci, prosegue, «siamo arrivati al limite, idem d'estate. Stiamo viziando i turisti. Dovrebbero essere loro ad adeguarsi alla montagna, non viceversa. Abbiamo piste meravigliose, tenute magnificamente, basta così».A detta di Zanella, «dovremmo cominciare a costringere i turisti a cambiare il loro sistema. Nei parchi americani ci sono riusciti, nonostante si paghi per accedere». Si dovrebbe partire dai passi: «Chi cammina, sale parcheggia e va. Chi vuole girare su e giù tutto il giorno si ferma, dalle 10 alle 16. Non dico pedaggi, ma limitazioni sì». Non tutte però. Zanella è duro sulla nuova funivia di Tires: «Un'opera inutile. Hanno rovinato una valle che poteva portare a un boom ambientalista. Non serve a nessuno ed è stata costruita coi soldi della comunità». Ma si lavora troppo pure altrove: «A Klausberg, in alta val Aurina, sbancano prati per allargare piste. Mi sono giunte voci non so se vere - ma anche il nuovo rifugio Santner era solo una voce più volte smentita e poi sappiamo com'è andata a finire, un'altra vergogna - che si vorrebbe realizzare una funivia da Anterselva a passo Stalle coi fondi olimpici. Poi c'è Pian Confin, Monte Pana, zona bellissima, dove si vuole un collegamento con l'Alpe di Siusi, un trenino. Trovo questi collegamenti allucinanti. Poi c'è Merano 2000. Partono dal presupposto che i vecchi impianti vadano sostituiti. Ok, ma se poi li allunghi, costruisci baite, rifugi, fai concerti in quota. I turisti, lo so, mi fermo sempre a parlarci, vengono qui per godersi la tranquillità. Lo confermano tutti. Non sono un pazzo talebano».La Provincia? «Lavora bene - conclude Zanella - collabora anche nella manutenzione rifugi. Ci sono tante buone idee, ma purtroppo c'è sempre qualcuno
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