Io Vivo Qui - Provincia di Belluno 2023/24

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PROGETTI DELLE SCUOLE PRIMARIE E SECONDARIE DI

PRIMO

GRADO DELLA PROVINCIA DI BELLUNO

ANNO SCOLASTICO 2023/2024

PROGETTI DELLE SCUOLE PRIMARIE E SECONDARIE DI PRIMO GRADO DELLA PROVINCIA DI BELLUNO

ANNO SCOLASTICO 2023/2024

IO VIVO QUI

NELLE DOLOMITI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO

INTRODUZIONE

Ester Cason Angelini

consigliere delegato Fondazione G. Angelini

Massimiliano Salvador dirigente Ufficio Scolastico Provinciale di Belluno

Mara Nemela direttrice della Fondazione Dolomiti UNESCO

LE SCUOLE E I PROGETTI REALIZZATI

L’UNESCO unisce: dalla presa di coscienza del nostro patrimonio alla conoscenza di altri Beni in Europa

Scuola secondaria di primo grado “V. Zanon” di Castion (IC Belluno3) classe IIC

Piccolo viaggio alla scoperta di sapori e tradizioni tra le Dolomiti della Val di Zoldo

Scuola dell’Infanzia, Scuola Primaria, cl. III e V, Scuola

Secondaria di primo grado cl.2 (IC Val di Zoldo)

Un bene prezioso: l’acqua

Scuola Primaria “P. Valeriano” di Castion (IC Belluno3) classe III e classe IV

Acqua Fun: adotta una fontana

Scuola secondaria di primo grado “V. Zanon” di Castion (IC Belluno3) classe IC (foto arrivano dirett. da te)

Piccoli poeti ecologici (raccolta di poesie a ricalco) tra le Dolomiti

Scuola secondaria di primo grado “I. Nievo” di Belluno (IC Tina Merlin Belluno2) classe IIB

La montagna è il mio futuro: sguardo sulle Dolomiti Bellunesi

Scuola secondaria di primo grado “G. Rocca” di Feltre (IC Feltre) classe IIIC

In copertina: il Pelmo, m 3168; in IV di cop.: Feltre e le Vette (foto L. Celi)

Le foto all’interno sono pubblicate dietro autorizzazione di genitori e dirigenti scolastici

INTRODUZIONE

Ester Cason Angelini consigliere delegato Fondazione G. Angelini, responsabile del progetto

Io vivo qui - alla scoperta e riscoperta dei luoghi di vita nel contesto delle Dolomiti è il titolo della nuova pubblicazione della Fondazione G. Angelini per il 2024, che raccoglie la sintesi dei lavori che alunni e insegnanti di alcune classi delle scuole bellunesi hanno svolto in modo encomiabile nell’anno scolastico 2023/2024. Si tratta di un progetto didattico della Fondazione Dolomiti UNESCO con cui la Fondazione Giovanni Angelini-Centro Studi sulla Montagna collabora da alcuni anni, quale referente della Rete della Formazione per la Provincia di Belluno della stessa Fondazione dedicata alle Dolomiti, in stretta collaborazione col M.I.U.R. – Ufficio Scolastico Provinciale di Belluno; e che vuole porre l’accento sul ruolo degli abitanti delle Dolomiti, a partire dai giovanissimi, quali protagonisti e attori di uno sviluppo sostenibile all’interno del Bene riconosciuto da UNESCO. Hanno partecipato al progetto classi della Scuola Primaria e Secondaria di primo grado degli Istituti Comprensivi di Feltre, Belluno2, Belluno3 e della Val di Zoldo che, sostenute dall’entusiasmo dei docenti e d’intesa con genitori e dirigenti, hanno ragionato e lavorato concretamente sui diversi aspetti del territorio dolomitico, così che i bambini e ragazzi potessero prendere coscienza delle valenze del paesaggio e delle culture in cui sono inseriti e sentirsi parte di una comunità; classi che hanno lavorato assiduamente con intensi laboratori didattici e momenti di scambio tra loro .“Io vivo qui” persegue, infatti, lo scopo di formare i ragazzi verso la cittadinanza attiva nel proprio territorio, così che si sentano protagonisti e in grado di proporre forme di miglioramento del paesaggio e della qualità della vita della comunità di appartenenza, dopo aver compreso che le specificità –geografiche, naturalistiche, architettoniche, storiche e socio economiche - rappresentano una componente essenziale del paesaggio, che sono abituati a vedere ma non a guardare, con attenzione.

Ringrazio tutti coloro che hanno permesso la realizzazione del progetto, segnalando anche che nella biblioteca del nostro Centro Studi sulla Montagna è presente una sezione “scolastica” delle scuole di montagna, dove possono confluire i prodotti completi delle ricerche realizzate dalle classi, così che il lavoro silenzioso, costante e meritorio di tanti insegnanti che amano la Scuola e il Territorio nella “costruzione” dei futuri cittadini, possa essere visionato da tutti.

Ringrazio, quindi, Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti UNESCO, Massimiliano Salvador dirigente dell’Istituto scolastico provinciale, insieme col referente del progetto

Franco Chemello, e i numerosi docenti che hanno collaborato al progetto:

Mariarosa Andrich, Chiara Antoniazzi, Elisa Bianchi, Mariacristina Carì, Mirka Cavalet, Andrea Dassié, Vanda De Boni, Giuliana De Cesero, Silvia De Pellegrin, Anna De Simoi, Silvia De Toffol, Michela Dal Molin, Tiziana Fattor, Patrizia Fava, Cinzia Rizzo, Francesca Rosso, Guglielmina Sagui, Deborah Simonetti, Mauro Sommavilla, Lorenza Stimamiglio Adimara Taddei, insieme con i dirigenti degli Istituti Comprensivi Bruna Codogno, Mauro De Lazzer, Giuseppe C. Musumeci e Teresa Scimonello.

Massimiliano Salvador dirigente del M.I.U.R. USR Veneto, Uff. IV-Ufficio Scolastico Provinciale di Belluno

Anche quest’anno mi pregio di salutare questo percorso rivolto a coinvolgere gli studenti bellunesi nel riflettere sulla propria relazione con l’ambiente dolomitico, tanto prezioso e affascinante, quanto fragile.

Questa ulteriore pubblicazione è la dimostrazione della continuità di un progetto particolarmente sentito dall’Ufficio Scolastico Territoriale di Belluno, in quanto rivolto a stimolare la relazione tra i giovani e il proprio territorio, quello bellunese, tanto prezioso e apprezzato quanto complesso. Come responsabile dell’Ufficio Scolastico di una provincia interamente montana, ringrazio la Fondazione Dolomiti Unesco e la Fondazione Giovanni Angelini per aver accompagnato gli alunni alla scoperta del valore del proprio ambiente, attraverso l’apporto di un metodo scientifico. Le Dolomiti sono oggetto di studio fin dalla nascita dell’interesse scientifico per l’ambiente montano, grazie al loro fascino, ma anche alla possibilità di offrirsi come un manuale che squaderna la complessità e la ricchezza della natura. Una complessità che la Fondazione Giovanni Angelini da sempre esplora, accompagnando il sistema scolastico ed educativo alla scoperta delle peculiarità naturalistiche, antropiche e culturali di questo patrimonio dell’umanità.

La montagna pone da sempre sfide ardue, ma ancor più oggi in quanto i cambiamenti climatici si fanno e si faranno sentire sempre di più in un territorio dove la resilienza consisterà tutta da un lato nell’amore per il proprio territorio e nell’attaccamento alle proprie tradizioni e dall’altro nella conoscenza, nell’apertura al mondo e al nuovo e nella capacità di innovazione e adattamento per cogliere le opportunità che si potranno aprire nelle pieghe dei mutamenti.

Pertanto, solo la crescita culturale e la riscoperta del proprio ambiente sociale e naturale, con lo sguardo al futuro sostenibile, possono contribuire a fermare l’esodo dei giovani da una provincia che in realtà ha molto da offrire, sempre che l’offerta culturale, l’ambiente sociale e l’offerta lavorativa siano adeguatamente stimolanti per i nostri giovani.

Vanno, quindi, promosse tutte le iniziative che, come la presente, possano sviluppare la consapevolezza delle eccezionali opportunità che può offrire il territorio, le esperienze significative e il metodo di ricerca.

La scoperta dell’importanza dell’acqua, i sapori locali, le “poesie ecologiche” assieme ad uno sguardo al futuro delle Dolomiti e all’ Europa sono percorsi preziosi per rendere gli studenti attori della propria formazione e del proprio territorio.

L’acquisizione di un approccio scientifico, l’investimento di energie verso un’economia sostenibile di montagna e lo sviluppo di una mentalità più aperta riusciranno a fidelizzare i nostri gio-

vani al proprio ambiente, perché sarà sempre più palese che “si vive meglio qui” piuttosto che in altre realtà, solo in apparenza più allettanti.

In conclusione, un sentito ringraziamento ai docenti che hanno guidato gli studenti alla scoperta dell’importanza di questi temi e un complimento vivissimo ai nostri ragazzi, con l’augurio che possano trovare un felice futuro nel nostro territorio.

Sono ormai molte le edizioni del progetto “Io Vivo Qui” che oggi possiamo consultare nei nostri archivi, realizzate non solo nella provincia di Belluno, ma anche negli altri territori che condividono l’onore, l’orgoglio, ma anche la responsabilità di abitare in un territorio magnifico e ricco di sfide come quello delle Dolomiti Patrimonio Mondiale.

Ogni anno vediamo giovani studenti affrontare tematiche legate alla tradizione, ma anche ad aspetti fortemente attuali, come quello dell’importanza della risorsa idrica, rafforzando così la loro consapevolezza rispetto al ruolo del singolo e della comunità nel preservare e tramandare alle generazioni future un territorio ricco di valori ambientali e culturali. La cornice che abbraccia le iniziative delle classi coinvolte rimane sempre quella del Patrimonio Mondiale, riconoscimento di Eccezionale Valore Universale conferito dall’UNESCO alle Dolomiti, che comporta un impegno costante nei confronti del territorio e dell’ambiente.

L’UNESCO - Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, considera l’educazione un diritto fondamentale da tutelare nel mondo. Siamo sempre felici di riscontrare l’entusiasmo e la collaborazione dei docenti coinvolti e di vedere come queste iniziative, che la Fondazione Dolomiti UNESCO appoggerà anche nei prossimi anni attraverso l’attività programmata dalla propria Rete della Formazione e della Ricerca Scientifica, mettano in connessione molte realtà, da quelle istituzionali e associative fino ai privati cittadini e favoriscano inoltre l’incontro e lo scambio tra studenti di diversi Istituti. Questa fitta “rete” di connessione costituisce una solida base per la divulgazione dei valori riconosciuti dall’UNESCO e per la costituzione di connessioni virtuose nell’ambito della conoscenza e gestione del territorio.

L’UNESCO unisce: dalla presa di coscienza del nostro patrimonio alla conoscenza di altri Beni in Europa

Scuola secondaria di primo grado

“V. Zanon” di Castion

(IC 3 Belluno) CLASSI II C

Insegnanti:

Maria Cristina Carì

Anna De Simoi

Silvia De Toffol

Michela Dal Molin

Cinzia Rizzo

Il progetto su cui la classe II C ha lavorato quest’anno prende l’avvio da una bellissima giornata trascorsa sulle Tre Cime di Lavaredo a inizio ottobre; accompagnati dal CAI sezione di Belluno gli studenti sono andati alla scoperta delle Dolomiti come patrimonio mondiale Unesco da tutelare, ma anche da proteggere dal sovraffollamento e dalla sempre più netta impronta lasciata dall’uomo. Obiettivo dell’uscita era esplorare il rapporto dell’uomo con la montagna attraverso il tempo: dalla costruzione del paesaggio alpino all’impatto attuale legato al turismo di massa e ai cambiamenti climatici.

Durante l’uscita, accompagnati dalla prof. Daniela Mangiola (operatrice naturalistico culturale nazionale CAI), i ragazzi hanno potuto prendere coscienza della necessità di pianificare un’escursione per ridurre i rischi, e di essere solidali nell’affrontare in gruppo la montagna; contemporaneamente hanno potuto scoprire luoghi mitici per la storia dell’alpinismo e divenire consci dell’importante azione svolta dal CAI nella manutenzione dei sentieri di montagna e nella gestione dei rifugi. Alla fine della giornata, con l’aiuto del CAI, si è realizzato un videoracconto dell’esperienza.

Al ritorno a scuola, gli studenti in gruppi hanno organizzato delle riprese, per creare alcuni video che parlassero della vita in montagna e delle conseguenze del cambiamento climatico in corso, sotto vari aspetti.

Nel primo video, sotto forma di intervista, si prendono in considerazione diversi punti di vista sulla vita in montagna; protagonisti erano un rifugista, un pastore, una ragazza di un paese e la proprietaria di un bar. Attraverso l’immedesimazione, i ragazzi hanno compreso le difficoltà e le opportunità di queste esperienze di vita, l’impatto del turi-

smo sulla vita in montagna e i grandi cambiamenti in corso.

Nel secondo video, il gruppo ha realizzato una specie di “telegiornale della montagna”, con vari servizi giornalistici che affrontano gli aspetti diversi della montagna, come la flora e la fauna delle Dolomiti, la descrizione del percorso per affrontare il giro delle tre Cime, i segni della Grande Guerra, il meteo, l’attrezzatura necessaria per affrontare le escursioni.

Un terzo gruppo ha poi analizzato con maggiore profondità la presenza del Bostrico nei nostri boschi, soprattutto in seguito alla tempesta Vaia, che sta portando danni irreparabili al patrimonio boschivo dolomitico. Lo stesso gruppo ha realizzato anche un pieghevole illustrato cartaceo, che potrebbe essere diffuso sul territorio per far conoscere meglio il problema.

Tutti i lavori realizzati sono stati proiettati nell’atrio della scuola il giorno 11 dicembre 2023, GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE MONTAGNE riconosciuta dall’ONU, a cui sono stati invitati i rappresentanti del gruppo Alpini di Castion (Giovanni Rossa, Elvio Bez) e del gruppo Bersaglieri (Oris Dal Pont), la prof.ssa Ester Cason in rappresentanza della Fondazione G. Angelini e la prof.ssa Daniela Mangiola per il CAI. Per sensibilizzare tutti i compagni nei confronti della conoscenza e delle tutele del territorio montano, sono stati distribuiti dei segnalibri con immagini di rilievi dolomitici ed è stato realizzato un cartellone con disegnate le cime più famose della provincia di Belluno. In collaborazione con la collega di musica prof.ssa Silvia De Toffol, i ragazzi hanno poi cantato in coro canti di montagna preparati durante le lezioni.

Il progetto ha poi preso forma attraverso l’uso della piattaforma e-twinning che permette di svolgere on line gemellaggi con scuole europee su tematiche varie. La proposta che abbiamo fatto, pubblicando sul sito il nostro appello, era quella di trovare classi di pari età, interessate a svolgere una ricerca sul patrimonio UNESCO presente nel proprio territorio e di confrontarsi con noi. Come si sa il patrimonio UNESCO comprende sia Beni naturali, che Beni storico-artistici sia anche Beni immateriali come le tradizioni popolari ed infatti i nostri partner ci hanno permesso di avere un quadro completo di tutte queste tipologie: si sono candidati a collaborare una scuola spagnola di Barcellona con la tradizione delle torri umane dette “CASTELLER”, tipiche della tradizione catalana; una classe greca di Nauplio con il TEATRO DI  EPIDAURO; ed una classe di Atene con il SANTUARIO DI DELFI. Noi naturalmente abbiamo proposto le DOLOMITI Bene Naturale Unesco.

L’attività ha permesso di far sì che i ragazzi si presentassero tra loro attraverso video e collegamenti on line in diretta e collaborassero insieme. Abbiamo potuto presentare le Dolomiti attraverso un Padlet che ha raccolto il video realizzato durante l’uscita alle Tre Cime, una presentazione sulle Dolomiti realizzata dai ragazzi in inglese, alcune domande a quiz realizzate con Mentimeter, un video sull’origine geologica delle rocce, il riferimento ad una serie di film e video musicali internazionali girati sulle Dolomiti, ed un approfondimento sui Giochi Olimpici 2026 che si svolgeranno a Cortina.

Parallelamente alle attività svolte in lingua inglese, sono stati organizzate anche specifiche lezioni in spagnolo, con colloqui diretti on line su Meeting con i compagni spagnoli ed attività e video in spagnolo, collegati all’argomento del progetto, come una serie di simulazioni in situazione tra turisti spagnoli in visita al nostro territorio e scambio di domande e risposte su abitudini di vita nei due Paesi.

Abbiamo poi lanciato una sfida alle altre due scuole, chiedendo di realizzare con qualsiasi tecnica una riproduzione delle tre Cime: i risultati sono stati molto divertenti.

Anche noi comunque abbiamo a nostra volta realizzato sia il Casteller che il tempio di Epidauro.

Ci sono stati anche scambi materiali di oggetti tra le scuole: la scuola spagnola ha inviato calzature, fascia e fazzoletto tipici dei Castellers, la scuola greca un puzzle fotografico da costruire del Teatro di Epidauro e noi una serie di cartoline illustrate con le cime più importanti delle Dolomiti.

L’attività ha anche permesso di conoscere meglio il territorio di Belluno, attraverso ricerche storico-artistiche; infatti i ragazzi hanno realizzato dei brevi video in cui presentano i luoghi più importanti della città in inglese ed invitano i compagni stranieri a venire a visitarla, tra cui la Villa Miari di Modolo, a pochi passi dalla scuola, tra le 15 ville venete maggiori della provincia di Belluno. L’ultima uscita del progetto, infatti, ha previsto la visita guidata in inglese alla grandiosa costruzione del primo ‘800 disegnata dall’architetto Andrea Miari. Il complesso costituisce uno dei maggiori esempi di ville perfettamente inserito nella grande tradizione agricola ed abitativa dei più significativi modelli veneti.

L’attività svolta ha quindi contribuito al raggiungimento di diversi obiettivi didattici quali:

• la consapevolezza della ricchezza del proprio territorio e la sua salvaguardia (storia, geografia, arte); la conoscenza scientifica del territorio Dolomitico, della sua formazione e delle sue peculiarità (scienze);

• il confronto con coetanei europei in chiave di collaborazione e conoscenza reciproca nel vero spirito unitario dell’Unione Europea (educazione alla cittadinanza); l’utilizzo delle lingue studiate in situazione, che ha dato un senso concreto all’impegno scolastico (spagnolo ed inglese);

lo sviluppo di varie competenze come quella multilinguistica, quella digitale, attraverso l’uso di diversi tools e della piattaforma stessa;

l’imparare ad imparare, per la raccolta di informazioni e la loro rielaborazione; e il senso della cittadinanza, nel riconoscere le diverse identità e tradizioni culturali in un’ottica di dialogo e rispetto reciproco e nell’osservare comportamenti rispettosi dell’ambiente, dei beni comuni e della sostenibilità ambientale.

Ma l’aspetto più interessante del progetto è stata forse l’interazione con i coetanei stranieri, che ha offerto nuove opportunità per rendere concreto il lavoro scolastico e verificarne sul campo la validità; le presentazioni e le attività svolte in classe, infatti, avevano comunque un pubblico reale a cui rivolgersi e hanno richiesto necessariamente chiarezza di espressione, creatività e completezza delle informazioni.

Un piccolo viaggio alla scoperta di sapori e tradizioni tra le Dolomiti della Val di Zoldo

Istituto Comprensivo

VAL DI ZOLDO

Scuola Primaria “V. Besarel” CLASSI III e V,

Scuola Secondaria di primo grado “D. Alighieri” CLASSE II, Scuola dell’Infanzia di Dont

Insegnanti:

Maria Luisa Serafin

Elisa Bianchi

Silvia De Pellegrin

Guglielmina Sagui

Lorenza Stimamiglio

Chiara Antoniazzi

Mauro Sommavilla

Tiziana Fattor

Deborah Simonetti

Il nostro Istituto Comprensivo si caratterizza da quasi vent’anni per promuovere negli alunni il senso di appartenenza alla nostra Valle dolomitica, approfondendo la conoscenza di alcuni aspetti legati all’ambiente, alle tradizioni, alla cultura locale nella sua globalità. Di particolare importanza per sviluppare i vari argomenti è da sempre la disponibilità di diversi esperti locali, che con passione dedicano il loro tempo nel trasmettere, in classe o nelle proprie case, informazioni sul territorio nei suoi diversi aspetti. Riteniamo che questa sia una risorsa veramente preziosa e non scontata, che permette di tenere vivo quel filo che ci lega ad un passato sempre più lontano, ma che è parte integrante di noi e della nostra storia.

Il progetto “Io vivo qui” ci ha permesso, in questo contesto, di sviluppare con entusiasmo le tematiche seguenti:

- Le fùoie rostide e le fortàie (classe V Primaria)

- La Gnaga: il famoso Carnevale di Fornesighe (classe III Primaria)

- Acconciature zoldane (classe 2a Secondaria di primo grado)

- Il gelato, tra storia e guinness (Scuola Infanzia di Dont)

LE FUOIE ROSTIDE (in dialetto ladino)

Par festeggià le noze i siaà an bel vànt de fùoie rostide par duti chi del paes. Par l’impasto ocor: uof, botiro, sgnapa, farina, zuchero, limon, vanilia; se le fas fuora sotile sotile col matarel, se a da vede fuora par fuora, po, na ota taiade su, se le friz inte l’oio e se le scuoerz de zuchero.

Le restà ancora puoche femene in Zoldo che e bone da le fa come che i fea na ota, una de cheste le la Letizia Scussel, na femena da Canp che a pasà i 90 aign.

Le chiacchiere o galani (in italiano)

Per festeggiare le nozze si preparava un bel cesto di chiacchiere per tutti gli abitanti del paese. Ingredienti per l’impasto: uova, burro, grappa, farina, zucchero, limoni, vaniglia (le quantità sono segrete!!)

Mescolati gli ingredienti si spiana una sfoglia sottile con il mattarello, dev’essere quasi trasparente, poi si tagliano le fùoie e si friggono nell’olio bollente; scolate e servite su di un piatto si ricoprono di zucchero.

Sono rimaste ancora poche donne in Zoldo che seguono la ricetta di un tempo, una di queste è una signora di Campo, ultranovantenne, Letizia Scussel.

LE FORTAIE (in dialetto ladino)

Co l è la Gnaga sa Fornegise, chele femene le fas le fortaie ma le ne a contà solche an presapuoch de come che se le fàs e de chel che ocor mete inte, de segur se dòra: uof, farina, zuchero, lat, scorza de limon, levà e sal.

Se fas passà la pastela inte na inpiria col manech lonch verso al stamp che le tocià inte l’oio caut. Colando, le fas dut an riz e le ciapa la forma toronda del stamp.

Le e bone apena fate, ancora caude ma se puol le magnà anca an puochi de di darè tociade inte al cafelat.

Le Fortàie (in italiano)

Alla festa della Gnaga di Fornesighe, le donne del paese fanno le fortàie; per conservare gelosamente la ricetta, ci hanno raccontato a grandi linee come si fanno e gli ingredienti che servono! Di sicuro si usano: uova, farina, latte, scorza di limone, lievito e sale.

Utilizzando un imbuto con il manico lungo, si versa la pastella in uno stampo immerso nell’olio bollente. Cadendo nell’olio si formano tanti riccioli di pasta che prendono la forma rotonda dello stampo.

Sono ottime appena pronte, ancora calde, ma si possono mangiare anche alcuni giorni dopo intinte nel caffelatte.

Abbiamo invitato a scuola alcuni rappresentanti dell’associazione “Al Piódech Zoldàn” di Fornesighe a raccontarci notizie e aneddoti sulla manifestazione.

La tradizione della Gnaga iniziò tantissimo tempo fa, pare addirittura alla fine dell’800; fu ripresa negli anni ’60 e da circa una trentina d’anni viene riproposta nella sua forma attuale. Il primo fine settimana di febbraio, a Fornesighe, viene organizzata la rinomata sfilata insieme al concorso a tema dei volti lignei, assai famoso e partecipato.

La sfilata rappresenta un corteo nuziale: sfilano gli sposi, i compari, il Matazìn, la Gnaga, la balia, il Coco e i suonatori. Ultimamente si sono aggiunti altri personaggi come la “coga pazza”, il dottore, lo sciatore, il malato, l’ubriaco, l’òm salvàrech, il prete… Anticamente erano solo i maschi coscritti dell’anno a fare la sfilata, le donne cucinavano per la festa. Oggi tutti insieme animano il Carnevale passando in fila più volte lungo le vie del paese.

La Gnaga è la maschera da cui prendono il nome la sfilata e l’intera festa. È una vecchia ricurva che porta nella gerla un ragazzo; simboleggia il passaggio dal vecchio al nuovo, ma anche l’addio all’inverno e l’arrivo di una nuova primavera. Jannik, uno degli ospiti venuti a scuola, ci ha dato una sua bella interpretazione sulla maschera che vogliamo qui riportare: siamo nani sulle spalle dei giganti, gli anziani, verso cui dobbiamo portare rispetto.

Il Matazìn è un personaggio allegro, scherzoso e colorato. Annuncia la festa

e deve far rumore: porta una catena di campanelli che fa suonare saltellando; è il primo del corteo. Da sempre raccoglieva tutti i bambini, che sapevano di doverlo seguire. Sposi e compari sono i personaggi che aprono la sfilata dopo il Matazìn e la Gnaga. L’òm salvàrech, “uomo selvatico”, nella tradizione alpina, ha generalmente la fama di protettore e ausiliatore. Egli infatti, del tutto ricoperto di licopodio, insegnava alla gente di montagna a lavorare il latte per farne burro e formaggio. Nel nostro specifico Carnevale, anche poiché indossa una maschera di legno assai paurosa, ha il ruolo di spaventare i bambini; nel corteo è arrivato in un secondo momento, inizialmente non c’era.

Il Coco è un’altra maschera tipica del corteo: è un vecchietto con un bastone e con un cestino: chiede offerte in denaro alla gente. Un tempo, come il suo nome fa pensare, chiedeva uova, o altri prodotti alimentari (burro, patate, fagioli, formaggio…). Con il ricavato della sua raccolta tutti insieme facevano una cena.

La giornata di festa è rallegrata da piatti tipici da gustare in piazza o in latteria e “addolcita” da specialità caratteristiche come le fortàie, le torte e il gelato artigianale!

Nello studio del nostro Carnevale abbiamo scoperto una vecchia poesia che parla del Carnevale e della Quaresima i quali si incontrarono un giorno a Mezzocanale, uno se ne andava e l’altra giungeva… Si scambiano alcune battute pungenti in un dialogo.

ACCONCIATURE ZOLDANE

Venerdì 17 novembre noi alunni della seconda media, guidati dalla signora Iva di Fornesighe, abbiamo imparato a creare le acconciature tipiche della Val di Zoldo.

In Val di Zoldo gli uomini usavano portare i capelli corti e indossavano un cappello tipico. Le donne, invece, iniziavano a raccogliere i capelli dal giorno del matrimonio. Era una acconciatura elaborata, se la facevano il primo giorno della settimana per poi tenerla i giorni seguenti, anche per dormire. La signora Iva ci ha spiegato che, prima di raccogliere i capelli a sua madre, sua zia li bagnava con un batuffolo imbevuto di alcool per disinfettare la testa. Dopo la pulizia dei capelli, la zia li divideva a metà e sulla nuca veniva posizionato il pòtol, un pugnetto di stoffa imbottito di lana con alcuni fili che pen-

devano a destra e a sinistra. Le due grandi ciocche di capelli venivano intrecciate insieme ai fili del pòtol per sostenerlo e tenere ferme le trecce. Indispensabili, a questo punto, erano le gusèle. Erano diciannove spilli cavi con una perla d’argento in cima, così posizionati: nove sul lato destro, nove sul lato sinistro, più uno al centro appuntato sul pòtol in modo orizzontale per tenere salda l’acconciatura.

Abbiamo scelto Bianca e Greta come modelle ed è stato molto interessante vedere la signora Iva al lavoro per realizzare sulle nostre compagne la tipica acconciatura femminile della Val di Zoldo.

Terminata la lezione, ci è venuto spontaneo salutare la signora Iva con un applauso affettuoso, grati per la sua gentilezza e disponibilità.

Dulcis in fundo… IL GELATO, TRA STORIA E GUINNESS!

Nei primi anni dell’800 in Val di Zoldo le cose non andavano tanto bene…così il gelato era sembrata una buona strada per guadagnare qualche soldo. I montanari, oltre al bisogno di tornare a casa con un gruzzoletto in tasca, sapevano tutto del latte e della panna; alcuni si erano già dedicati all’arte della pasticceria. Vi sono molte teorie che narrano di come gli Zoldani sono venuti a conoscenza delle creme gelato e dell’arte della mantecazione; tra le varie ipotesi vi è quella che un certo Antonio Tomea già nel 1865 vendesse il gelato a Vienna, poiché alcuni abitanti di Zoppè vendevano canditi e sorbetti a Vienna già nel 1853. Da Vienna la produzione del gelato si diffuse capillarmente soprattutto nelle città dell’impero Austro-ungarico e della Germania. La diffusione degli zoldani e degli zoppedini in Italia e in Europa, è testimoniata dalle numerose fotografie che ritraggono le gelaterie, la flotta dei carretti e le numerose persone che vi lavoravano. Vienna era la città in assoluto dove si vendeva la maggior quantità di gelato italiano. Tra i primi gelatieri a Vienna si ricordano i Molin Pradel, i Sommariva, i Ciprian, i Panciera, i De Pellegrin, gli Zampolli, i Traiber, i Bortolot, i Tomea, gli Arnoldo, i Mattiuzzi.

Ancora oggi Vienna è la città in Europa dove si consuma più gelato. Varie famiglie intrapresero il mestiere di ambulanti in molte località italiane: dapprima vendendo caramiei e pere cotte, per poi divenire, in seguito, i primi produttori di gelato, distribuendo il loro prodotto con i tipici carrettini bianco e azzurro.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1927, aprirono le prime gelaterie e negli anni ‘50 del secolo scorso iniziò una forte diffusione, soprattutto nelle città della Germania Federale.

L’arte del gelato artigianale, frutto di sacrifici, di passione e dedizione per il proprio lavoro, viene tramandata in Italia e nel mondo ancora oggi, anche se negli ultimi anni ha subito un lieve calo.

É invece storia attuale l’ingresso del gelato Zoldano nel guinness dei primati; infatti da qualche anno, l’ex gelatiere Dimitri Panciera detiene il record del maggior numero di palline di gelato sul cono: 155 in tre minuti e 40 secondi (record del 2023).

Lo stesso Dimitri ha ideato la porzioniera gigante (da record) realizzata poi da Adelio Remor e Ferruccio Mosena.

Per dare visibilità sul territorio al lavoro svolto dalla scuola, anche a chi frequenta la nostra Valle per scopi turistici, si è pensato in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, di realizzare due bacheche illustrative dedicate rispettivamente al Gelato, posizionata a Dont, e alla Gnaga, posta a Fornesighe.

UN BENE PREZIOSO: L’ACQUA

Scuola Primaria

“P. Valeriano” di Castion CLASSI III e IV

Insegnanti: Francesca Rosso

Adimara Taddei

Andrea Dassié

La partecipazione al progetto “Io vivo qui” ha permesso ai bambini di scoprire un aspetto del proprio territorio inerente all’ acqua e al suo utilizzo; appassionandosi, hanno colto il valore e l’importanza di questa risorsa e nel contempo hanno conosciuto aspetti culturali e sociali dei tempi passati legati all’acqua.

Non ci pensavamo, ma abbiamo capito che l’acqua è alla base della nostra vita: senz’ acqua non c’ è vita. La usiamo per lavarci e per lavare le stoviglie, i vestiti, le nostre case… Il nostro corpo è prevalentemente composto d’ acqua e i prodotti agricoli non crescono in sua assenza; insomma l’acqua è vitale per la sopravvivenza di tutti gli organismi viventi.

Studiando la Storia, abbiamo imparato che fin dalla

Preistoria gli uomini hanno scelto di abitare vicino a fiumi o laghi e che già dal Neolitico utilizzavano l’acqua per coltivare la terra e allevare il bestiame.

I popoli mesopotamici coltivavano la terra e andavano a prendere l’acqua nei fiumi Tigri ed Eufrate ed avevano imparato a controllare le loro acque attraverso canali e argini.

salva Mosè; il mar Rosso che si apre permette agli Ebrei di uscire dalla schiavitù in Egitto) e in classe quarta si è invece evidenziata l’importanza dell’acqua come purificatrice nello spirito (“pulizia”), nell’episodio del Battesimo di Gesù. Noi possiamo, oggi, accedere a questa risorsa in maniera molto semplice, l’acqua è sempre a nostra disposizione aprendo il rubinetto. Non è sempre stato così e lo abbiamo scoperto passeggiando nel nostro territorio.

Gli antichi Egizi abitavano in una regione in cui pioveva poco e il calore del sole era intenso, il territorio era fertile e abitabile solo nelle valli bagnate dal fiume Nilo.

Questo ci ha fatto capire come l’acqua sia una risorsa importante da conservare e gestire in quanto la nostra vita dipende da essa. Per quanto riguarda, poi, la programmazione nell’ora di Religione, in classe terza si è affrontato il tema della simbologia dell’acqua (la “salvezza”), nel racconto biblico di Mosè (il Nilo

In alcuni luoghi del nostro paese sono dislocate delle fontane e siamo venuti a conoscenza che i nostri nonni e bisnonni non avevano l’acqua in casa e quindi dovevano andarla a prendere proprio alla fontana. A questo punto abbiamo deciso di intervistare le persone anziane intorno a noi che ci hanno spiegato come la trasportavano, come la conservavano ed utilizzavano per i loro bisogni. In classe abbiamo intervistato anche la maestra Luisa (insegnante in pensione) che ci ha raccontato alcune esperienze catturando la nostra attenzione e curiosità. Le varie testimonianze sono state molto importanti e ci hanno fatto riflettere, ulteriormente, sull’importanza di questa preziosa risorsa.

Insieme alla 1 C della Scuola Secondaria di primo grado “V. Zanon” ci siamo recati alla fontana di Cavessago dove, guidati dalla prof. Mirka Cavalet, i ragazzi hanno rappresentato, in maniera molto coinvolgente, i fatti storici che hanno portato alla sua costruzione. Il signor Vito Tormen ha fatto vedere e spiegato quali erano gli utensili che servivano per raccogliere e trasportare l’acqua e i bambini hanno potuto sperimentarli, in particolare al zenpedòn.

Filastrocca ideata per l’occasione:

L’acqua è il bene più importante per la vita di uomini, animali e piante. Gli uomini nell’antichità usarono questa risorsa con impegno e abilità dando vita a fiorenti civiltà.

I nostri nonni poverini non avevano i lavandini in casa dell’acqua non potevano usufruire perché non c’ erano i rubinetti da aprire. Se l’acqua in casa si voleva portare, alla fontana si doveva andare. Anche fare il bucato era un’impresa complicata Perché la lavatrice ancora non era stata inventata.

L’energia già si produceva, dalla forza dell’acqua si otteneva. Lo sfruttamento di questo bene importante richiedeva un lavoro assai pesante. Noi oggi abbiamo tutte le comodità

L’acqua la utilizziamo con gran facilità, non possiamo però rimanere senza, usiamola con intelligenza.

Mentre cantando mi faccio la doccia chiudo l’acqua e salvo la goccia. Goccia che cade dal rubinetto

Se chiudo l’acqua risparmio un laghetto! Risparmio un lago se lavo di meno Io chiudo l’acqua e vivo sereno; non ho sprecato neppure una goccia se invece del bagno faccio la doccia se faccio la doccia al cagnolino senza la pompa, ma con il catino. Tante bottiglie risparmio fintanto

Che bagno le piante di sera, al tramonto; dopo il tramonto si cena e si va a letto lavo i dentini chiudendo il rubinetto! Chiudo il rubinetto e risparmio…sai cosa?

L’ acqua trasparente, fresca e preziosa, preziosa, pura, limpida e pulita, umida, brillante e che dona la vita!

Il nostro percorso intorno all’utilizzo dell’acqua è continuato: siamo andati a scoprire come la sua forza può generare energia. Ci siamo recati presso la Scuola Secondaria di primo grado “Zanon” dove i ragazzi Nicolò Pari, Tommaso Meggiolaro e Martino Bernardi della classe 1 B hanno saputo spiegare in modo coinvolgente e preciso il funzionamento di un mulino ad acqua. Sono riusciti catturare l’attenzione dei bambini facendo osservare e toccare le varie parti utilizzando un modellino in legno. Il prof. Fontanella ha spiegato e fatto vedere come funziona una turbina, i bambini hanno potuto osservare come l’acqua la azionava creando energia che accendeva una piccola lampadina.

Il viaggio intorno all’ acqua si è concluso con la visita ad un vero mulino.

Visita al mulino di Tassei

Martedì 16 aprile siamo andati a visitare il mulino di Tassei. L’autista del pulmino ci ha fatti scendere un po’ prima di arrivare a destinazione, così abbiamo proseguito il cammino a piedi. Al nostro arrivo, ci è venuto incontro un simpatico cane di nome Acqua e poi abbiamo conosciuto i due proprietari. Finalmente abbiamo visto la ruota del mulino! Era gigantesca! Dall’alto scendeva una cascata d’acqua che colpiva le pale della ruota facendole muovere. Siamo entrati all’interno del mulino a piccoli gruppi perché la stanza era piccolina. Qui una grande macina girava su sé stessa e riduceva in farina i chicchi di mais che erano stati messi all’interno. La forza dell’acqua faceva girare la ruota all’esterno che era collegata alla macina e, trasmettendole l’energia, la metteva in funzione. Successivamente la proprietaria ci ha offerto biscotti ed aranciata, abbiamo fatto ricreazione e abbiamo giocato sul prato lì vicino in compagnia di Acqua che ci rubava le nostre merendine. In attesa che il pulmino venisse a prenderci, ci siamo fermati in una vecchia scuola abbandonata e qui abbiamo conosciuto una signora, e abbiamo giocato con il suo nipotino e il suo cane Schizzo. Alla fine siamo ritornati a scuola, abbiamo raccontato che cosa ci è piaciuto di più di questa esperienza e poi abbiamo fatto il disegno. E’ stato proprio interessante avere la possibilità di vedere con i nostri occhi un mulino in funzione: abbiamo potuto renderci conto di quanto l’acqua fosse importante nel passato anche per produrre energia.

ACQUA FUN: ADOTTA UNA FONTANA

Scuola secondaria di primo grado “V. Zanon”, CLASSE 1C

Insegnante Mirka Cavalet

L’acqua è una risorsa preziosa che spesso diamo per scontata. Apriamo il rubinetto ed esce, ma raramente ci chiediamo come faccia ad arrivare nelle nostre case. Ne abbiamo capito un po’ di più divertendoci…

IL VIAGGIO DELL’ACQUA

Abbiamo creato un circuito idraulico, approfittando della settimana dell’orientamento, organizzata dalle professoresse Crestani e De Toffol, nella nostra scuola. Ci ha seguito il prof.

Giopp del CFS di Sedico.

Per comodità il nostro è un circuito chiuso, che utilizza una pompa alimentata con un pannello solare.

Cosa ci serve:

• pannello di legno, verticale

• serbatoio (una tanica)

• pompa dell’acqua

• tubi di rame e raccordi

• tubo in PVC

• colorante

• lavandino (ricavato dalla ciotola del cane) con mensola

• scarico di plastica

• pannello solare.

Abbiamo misurato il pannello per capire dove installare il lavandino, poi ognuno di noi (con l’aiuto del prof.) ha saldato i tubi con i raccordi. Utilizzando un trapano abbiamo fatto dei fori sul pannello per le viti e dei fori per far passare i tubi. Poi abbiamo montato il tutto. Il pannello solare attiva la pompa che trasporta l’acqua dal serbatoio in basso, più in alto fino al lavandino.

Quando apriamo il rubinetto nelle nostre case l’acqua esce ed è una grande comodità!!

Ma è sempre stato così?

I paesini del Castionese sono costellati da una miriade di fontane, grandi, piccole, con lavatoi e abbeveratoi per gli animali.

Di quelle descritte nel libro di V. Caputo “Duecentosettanta fontane per i Bellunesi”, Ist. Bell. Ric. Soc.Cult., 1987, ne abbiamo contate circa una sessantina, molte delle quali dismesse. Ma come facevano in passato a costruire queste fontane? A chi si rivolgevano le persone? Abbiamo seguito la storia della fontana situata al bivio del Cimitero di Castion.

Siamo nel marzo del 1934…

Una delegazione di castionesi scrive al Podestà di Belluno (il Podestà era a capo dell’amministrazione comunale durante il regime fascista). In sunto dice: “Signor Podestà! Abbiamo ampliato il cimitero e ci sono molte case nuove nei dintorni… Abbiamo bisogno di un’altra fontana pubblica. Tra l’altro costerebbe anche poco, perché l’acquedotto passa lì vicino”.

Ma il 23 aprile del 1934 il Capo dell’Ufficio Tecnico del Comune annota che non è possibile tale costruzione, perché l’acqua sarebbe dovuta derivare dalla condotta che alimentava la fontana di Cavessago e poiché la rete idrica era “un crivello” non sarebbe più arrivata l’acqua a Cavessago. Così in data 16 giugno il Podestà scrive al sig. Luigi De Biasi quanto rilevato dall’ufficio.

Passano i mesi e il Comune effettua lavori sull’acquedotto. I castionesi non demordono e ci riprova il sig. Antonio Cason il 20 novembre 1934. “Signor Podestà! Le famiglie non possono più attendere! La fontana di Castion è troppo lontana… non possono attingere l’acqua necessaria in modo agevole. E il cimitero è privo di una spina! Non si possono pulire le tombe e sistemare i fiori. Le rivolgo una “viva preghiera” anche in virtù dei lavori già in atto sull’acquedotto.”

Ma non si hanno notizie di risposta.

Il sig. Arturo Cibien ci riprova il 16 febbraio del 1935, con una lettera firmata da altri sette castionesi, oltre al sacerdote Don Aurelio Frezza. In questa lettera però i castionesi si impegnano a concorrere alla spesa per i lavori. Finalmente ci siamo e il Podestà Zampieri risponde, in una lettera del 9 marzo 1935: “Trovino i fondi, predisponga il preventivo di spesa”.

Il Capo Ufficio già il 18 marzo stende il preventivo di Lire 1200, per la costruzione di un abbeveratoio. Il 13 aprile 1935, data la delibera del Comune, la ditta Viola Abramo si aggiudica l’appalto, la contabilità viene chiusa a settembre del 1935. Dopo un anno e mezzo, ce l’hanno fatta!

PRIMA DOPO

Ecco alcune monete dell’epoca.

Per raccontare questa storia ai più piccoli, abbiamo fatto una simulazione storica, impersonando noi stessi i protagonisti della vicenda (come nella foto seguente)!

Abbiamo capito che le fontane sono le testimonianze del nostro passato, della nostra cultura contadina e dobbiamo prendercene cura. Ma cosa si può fare perché non cadano nel dimenticatoio? Abbiamo deciso di agire! Per fare qualcosa di concreto e sensibilizzare tutti abbiamo adottato una fontana. La fontana di Salenc, più antica della precedente, perché costruita con lastre di pietra. Anche oggi questa bellissima fontana disseta i passanti nei caldi pomeriggi d’estate.

Ci siamo armati di secchi, “bruschin” e …olio di gomito e siamo andati a pulirla.

È stato molto divertente ed un'occasione per ripulire anche i dintorni dalla spazzatura lasciata da qualche incivile! Abbiamo visto fiori, paesaggi a volte dati per scontati, un’acqua limpidissima.

A questo punto… sono i soldi la vera ricchezza? Noi un’idea ce l’abbiamo, voi che ne dite?

Ci teniamo a ringraziare quanti ci hanno aiutato in questo progetto ed in particolare i signori Giovanni Rossa, Vito Tormen e Oris Dal Pont, per averci fornito i documenti ed i libri necessari alla nostra documentazione. Ringraziamo anche le professoresse Costantini e Gazzi per averci aiutato nella pulizia della fontana. GRAZIE!

PICCOLI POETI ECOLOGICI (poesie a ricalco) TRA LE DOLOMITI

Scuola secondaria di primo grado “I. Nievo” di Belluno

(IC Belluno2 “T. Merlin”) CLASSE II B

Insegnanti: Patrizia Fava Mariarosa Andrich

I ragazzi della classe 2B della scuola I. Nievo di Belluno abitano vicino alle splendide Dolomiti patrimonio mondiale UNESCO e sono particolarmente sensibili alla tutela della montagna. Ad ottobre 2023 hanno trascorso due giorni alle Tre Cime di Lavaredo, con la guida preziosa del CAI sezione di Belluno, per il percorso legato al “Sentiero Italia CAI”. Durante il cammino, hanno svolto un’attività che consisteva nel raccogliere rifiuti dal sentiero; stupendosi dell’enorme quantità di plastica e cartacce rinvenute, si sono sentiti in dovere di lanciare un messaggio: bisogna rispettare la natura e le montagne in particolare! La poesia è sembrata il mezzo migliore per comunicare questo messaggio. Hanno realizzato quindi delle POESIE A RICALCO: partendo da una lirica di un autore famoso, l’hanno riscritta in modo personale, evidenziando i loro ideali: amare, proteggere e rispettare la montagna. Ed infine hanno trasformato le poesie in disegno utilizzando la tecnica grafica del pastello, per rappresentare pensieri e emozioni suscitati dalle loro poesie.

IL MIO CUORE È SULLE MONTAGNE

di Robert Burns

Il mio cuore è sulle montagne, il mio cuore non è qui; il mio cuore è sulle montagne alla caccia del cervo, alla caccia del cervo selvaggio e all’inseguimento del capriolo,

il mio cuore è sulle montagne, dovunque io vada.

Addio, o montagne, addio, o settentrione, dove nacque il coraggio, dove dimora il valore; dovunque io erri, dovunque io vaghi, le colline della Scozia sempre amerò.

Addio, o montagne dalla cima coperta di neve; addio, o declivi e verdi valli giù in basso; addio, o foreste e boschi scoscesi; addio, o torrenti e acque scroscianti.

Il mio cuore è sulle montagne, il mio cuore non è qui; il mio cuore è sulle montagne alla caccia del cervo, alla caccia del cervo selvaggio e all’inseguimento del capriolo, il mio cuore è sulle montagne, dovunque io vada.

IL MIO CUORE È SULLE MONTAGNE

Il mio cuore è sulle montagne pulite e tranquille, il mio cuore è sulle montagne a caccia dei rifiuti, a caccia della lattina e all’ inseguimento del padrone di un cane,

il mio cuore è sulle montagne pulite, ovunque io sia.

Addio rifiuti, addio o topolini che sopravvivono a fatica, dove nacque l’erba e dove abita una capra, dovunque io erri, dovunque io vaghi, le colline ed i monti sempre pulirò.

Addio, o sacchetti e imballaggi coperti dalla neve, addio, discese sporche di cartacce che scricchiolano, addio, foreste e boschi scoscesi; addio, o imbrattati torrenti.

Il mio cuore è sulle montagne pulite e tranquille; il mio cuore è sulle montagne a caccia dei rifiuti, a caccia della lattina e all’ inseguimento del padrone di un cane, il mio cuore è sulle montagne pulite, ovunque io sia.

IL CIELO È DI TUTTI

LA MONTAGNA È DI TUTTI

Qualcuno che la sa lunga mi spieghi questo mistero: il cielo è di tutti gli occhi di ogni occhio è il cielo intero. È mio, quando lo guardo. È del vecchio, del bambino, del re, dell’ortolano, del poeta, dello spazzino.

Non c’è povero tanto povero che non ne sia il padrone.

Il coniglio spaurito ne ha quanto il leone.

Il cielo è di tutti gli occhi, ed ogni occhio, se vuole, si prende la luna intera, le stelle comete, il sole.

Ogni occhio si prende ogni cosa e non manca mai niente: chi guarda il cielo per ultimo non lo trova meno splendente. Spiegatemi voi dunque, in prosa od in versetti, perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti.

di Anastasiia Kazakevych

Qualcuno che sa com’è fatta la salita me lo racconti, perché sono curiosa:

la montagna è di tutti gli animali e ogni occhio è la montagna intera. É del cervo, quando bruca l’erba ricoperta dalla rugiada. É della capra, è del corvo, della volpe, del lupo, del camoscio, dell’uomo.

Non c’è topolino tanto topolino che non ne sia il padrone.

Il visitatore smarrito lo è quanto la capra, ma la sfrutta.

La foresta sulla montagna è di tutti gli animali, ed ogni animale, se desidera, si prende lo specchio della bellezza intera, le foreste e tutta la neve croccante e fredda.

Ogni animale si prende ogni cosa, però non mancherà mai niente: chi cammina per ultimo sulla montagna non la trova meno incantevole.

Ora voi raccontatemi, sul tronco o sulle foglie, perché le montagne sono tante e di tutti, ma l’uomo le crede solo sue.

O graziosa luna, io mi rammento

Che, or volge l’anno, sovra questo colle

Io venia pien d’angoscia a rimirarti:

E tu pendevi allor su quella selva

Siccome or fai, che tutta la rischiari.

Ma nebuloso e tremulo dal pianto

Che mi sorgéa sul ciglio, alle mie luci

Il tuo volto apparìa, che travagliosa

Era mia vita: ed è, né cangia stile,

0 mia diletta luna. E pur mi giova

La ricordanza, e il noverar l’etate

Del mio dolore. Oh come grato occorre

Nel tempo giovanil, quando ancor lungo

La speme e breve ha la memoria il corso, Il rimembrar delle passate cose, Ancor che triste, e che l’affanno duri!

di Sofia Paganelli

O stupenda montagna, mi ricordo che or volge l’anno, sovra questo colle io venia pien d’angoscia a rimirarti: e adesso sei sommersa d’immondizia, e io non so più che cosa immaginare. Ma nebuloso e tremulo dal pianto che mi sorge sul ciglio, alle mie luci il tuo volto m’appar, che travagliosa è tua vita e sarà, né cangia stile , o mio diletto monte. E pur mi giova la ricordanza, e il noverar l’etate della tua bellezza. Oh, come grato occorre nel tempo giovanil, quando ancor lungo la speme e breve ha la memoria il corso, il rimembrar delle inviolate cime, ancor che triste e che l’affanno duri.

ALLA

LA MONTAGNA È IL MIO FUTURO: SGUARDO SULLE DOLOMITI BELLUNESI

Scuola secondaria di primo grado “G. Rocca” (IC Feltre) CLASSE IIIB

Insegnanti: Vanda De Boni Giuliana De Cesero

Il progetto “Io vivo qui” ha coinvolto la classe III B della Scuola secondaria di primo grado di Feltre in un percorso di esplorazione e valorizzazione del territorio dolomitico bellunese, dopo una riflessione sulle Dolomiti quale Patrimonio Mondiale sia per gli aspetti naturali che per quelli culturali. Attraverso la raccolta di dati multimediali - video, suoni, musica e foto - e l’incontro con Marco Recalchi, videomaker professionista, gli alunni hanno avuto l’opportunità di tradurre in forma espressiva le loro emozioni e sensazioni legate al vivere tra le montagne.

Le attività svolte si sono articolate in diverse fasi:

Esplorazione del territorio: gli alunni hanno effettuato diverse uscite sul territorio, documentando con foto, video e audio le bellezze paesaggistiche, i suoni della natura e le testimonianze degli abitanti.

Laboratorio multimediale: in classe, gli alunni hanno lavorato sui materiali raccolti, selezionando e organizzando i contenuti per la realizzazione del video finale.

Incontro con il videomaker: Marco Recalchi ha incontrato gli alunni per fornire loro una guida tecnica e creativa nella realizzazione del video.

Realizzazione del video: gli alunni hanno lavorato in gruppo per montare il video, scegliendo le musiche, curando le transizioni e definendo la voce narrante.

RISULTATI

Gli alunni, nelle loro uscite, pur penalizzati dal tempo meteorologico, hanno potuto così approfondire la conoscenza del loro territorio, sentendosene parte, e sviluppare nuove competenze espressive. Il video finale non corrisponde del tutto all’impegno e alla costanza con cui i ragazzi hanno selezionato il complesso del materiale di video, immagini, suoni e testi; rappresenta comunque una sintesi creativa ed emozionale delle loro esperienze e insieme un omaggio alle Dolomiti Bellunesi.

L’esperienza ha inoltre favorito la coesione del gruppo classe, ha dimostrato l’efficacia di un approccio didattico basato sull’apprendimento esperienziale e sulla valorizzazione delle emozioni e della creatività degli studenti e ha permesso loro di acquisire una maggiore consapevolezza del loro ruolo come cittadini attivi del territorio in cui vivono, che rientra tra gli scopi del progetto “Io vivo qui”.

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