Medea: furia e com-passione Angelo S. Angeloni
Appena iniziamo a leggere Medea di Euripide questa donna tremenda si rivela nella sua complessità psicologica che il poeta, grande conoscitore della psiche umana, approfondisce nel corso della tragedia. Ancora non compare sulla scena, ma nel lamento della nutrice c’è già tutto il suo stato d’animo: infelice, sventurata, tradita, ferita nei suoi affetti più cari, violenta «non prende cibo, e tutto il giorno […] si strugge in pianto, si abbandona al dolore, né mai leva gli occhi da terra né il volto, e sta come rupe o flutto marino, sorda ai consigli degli amici»1.
La vita le appare una desolazione, tutto le vacilla intorno, è sola nella sventura e nel dolore, nel rimpianto e nel rimorso lacerante verso il padre, la casa, la patria che ha tradito; sola nel terribile tormento di madre verso i figli. La nutrice non può trattenere più il dolore della sua padrona, e lo comunica alle donne corinzie del coro, che vorrebbero alleviarlo parlandole. *** Medea ci affascina per il sentimento di sim-patia e com-passione che la sua sofferenza suscita anche in noi. Ci affascina il suo tormento, la sua lotta, la sua natura di donna forte e debole, violenta e tenera, istintiva e razionale.
Medea è, infatti, la tragedia della “lotta” di questa donna e, innanzitutto, della lotta con se stessa. Questa lotta attraversa tutta la tragedia, ma si rivela nella sua drammaticità alla fine, nel bellissimo monologo nel quale il cuore di madre si scontra con quello di donna offesa, l’amore per i figli con la vendetta verso Giasone. Il monologo inizia con le parole tenerissime di madre che, come ogni madre, ha riposto le sue speranze nei figli: «Cari figli, invano per voi affanni e pene soffersi, invano acute doglie a partorirvi mi lacerarono il fianco. Quante speranze, infelice, in voi avevo riposte! Che un giorno avreste nutrita la mia vecchiezza e che, morta, pietosamente le vostre mani, gradito pensiero ai mortali, mi avrebbero sepolta. Ora la dolce speranza è caduta. Priva di voi, ho davanti a me un’assai penosa e dolorosa vita. Non più voi coi cari occhi vostri vedrete la madre. Per altri lidi, per altra vita, voi sarete partiti».
Con occhi luminosi e sereni i figli la guardano e le sorridono d’un ultimo sorriso inconsapevole, straziante insopportabile, disarmante; e nel cuore di Medea prende posto l’amore di madre. Ma dura poco. Torna l’orgoglio di donna e il pensiero della vendetta che ella aveva momentaneamente scacciato. Manda via i figli, poi li richiama, li abbraccia con un dolce, ultimo abbraccio, lodando le loro braccia, le