effe_numero 26_ARTE Genova

Page 1


Competenze, scelte, protagonisti

effe magazine_Numero 26, aprile 2025

Indice dei contenuti

Editoriale

Parola al Presidente

Presentazione ARTE Genova

Intervista a Paolo Gallo

Contributo di Marco Scajola

Fotonotizia

Le aziende casa dell’Emilia-Romagna

Firmato protocollo d’intesa con l’Anci

Studio IPES-Eurac alle Casette Inglesi

In diretta dall’Europa

Futuro sostenibile - Genova

Testi a cura dell’Ufficio Stampa e Relazioni esterne di Federcasa

Direzione creativa e progetto grafico MF

Editoriale

Giada di Miceli

Responsabile relazioni esterne e dell’ufficio segreteria

Dopo l’IACP di Palermo, questo numero di aprile è dedicato ad Arte Genova di Paolo Gallo. Dalla data della sua istituzione nel 1998, A.R.T.E. Genova progetta, costruisce, ristruttura e soprattutto gestisce oltre 10.000 alloggi di edilizia residenziale pubblica per provvedere al miglioramento delle condizioni abitative della popolazione ed al soddisfacimento della domanda abitativa espressa dalla stessa, con particolare riferimento alla domanda proveniente dalle fasce sociali a minor reddito. 14.293 inquilini e 6.674 alloggi ERP di proprietà: giusto per dare qualche numero.

Sempre in questo numero potrete trovare una nota dell’Assessore Marco Scajola che ci spiega coma dal 2015 a oggi l’amministrazione regionale ha portato in Liguria una nuova idea di edilizia residenziale e sociale pubblica non più isolata dal resto delle comunità, ma anzi ne sia parte integrante viva e riqualificata. Scajola ci spiega come è intervenuta la sua amministrazione e di come hanno migliorato gli alloggi, rendendoli più confortevoli ed energeticamente efficienti, oltre ad acquistarne e costruirne di nuovi all’avanguardia: un investito totale di oltre 100 milioni di euro coinvolgendo, nel complesso, più di 3000 alloggi.

All’interno del numero dedicato ad Arte Genova potrete approfondire i contenuti del Protocollo d’Intesa fra Federcasa e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani firmato a Roma nella sede di Via dei

Prefetti alla presenza del Presidente di Federcasa, del Vice Presidente Vicario Talluri e il Presidente dell’Anci Gaetano Manfredi.

Interessante la lettura sullo Studio delle “Casette inglesi”; grazie ad una collaborazione tra IPES, Eurac Research e i residenti delle Casette Inglesi potremo approfondire come affrontare al meglio l’emergenza climatica nelle abitazioni popolari.

Con la sua rubrica europea, Emiliano Cardia ci spiega come procede l’iter per la definizione del Quadro finanziario 2028-2034 dell’Ue che dovrà affrontare temi cruciali, tra cui competitività e produttività, flessibilità e fonti di finanziamento.

Invito tutti gli associati a consultare il Sito di Federcasa, sempre aggiornato con tutte le informazioni che riguardano la Federazione e vi ricordo di segnalarmi tutte le notizie che vorreste evidenziare inviandole all’indirizzo dimiceli@federcasa.it.

Per restare sempre aggiornati sulle nostre pubblicazioni seguiteci su: issuu.com/federcasa..

Firmato protocollo d’intesa con l’Anci

Sono lieto di informarvi che l’8 aprile a Roma, accompagnato in delegazione dal Vicepresidente vicario Luca Talluri, abbiamo firmato il primo Protocollo d’Intesa con l’Anci nazionale, che sarà solo l’inizio della stretta collaborazione che intendiamo instaurare con l’Associazione dei Comuni italiani.

Con il Presidente Manfredi, abbiamo posto le basi per una lunga e proficua collaborazione sui temi del settore casa, che costituirà uno strumento utile per valorizzare l’attività della Federazione, per evidenziare le emergenze, definire e avanzare con maggiore peso politico e condivisione le nostre proposte concrete alle Istituzioni italiane ai vari livelli, con particolare riferimento a Governo e Parlamento.

Federcasa e Anci, con questa prima collaborazione che avrà durata triennale, a partire proprio da questo mese di aprile, intendono conformare le loro volontà ed il loro impegno ad articolare un’attività di supporto tecnico specialistico ai Comuni e alle Aziende e Enti operanti nel settore dell’edilizia popolare, ciascuno per il proprio ambito, in riferimento ad azioni ed iniziative condivise di carattere normativo, propositivo, formativo e informativo relative al settore di riferimento delle case popolari.

L’oggetto dell’accordo è la collaborazione, la diffusione e lo sviluppo di una serie di tematiche ritenute di reciproco interesse e di prioritaria importanza tra le quali la semplificazione e facilitazione delle

relazioni tra i Comuni e le Aziende associate a Federcasa in generale, con particolare riferimento alle iniziative di valorizzazione e gestione del patrimonio pubblico destinato all’ERP e ERPS.

Ci confronteremo anche sull’elaborazione e lo scambio di dati, l’approfondimento e la definizione di ipotesi risolutive, progetti e soluzioni condivise, in merito alle principali criticità del comparto delle case popolari destinate alle fasce più deboli della popolazione, anche in riferimento alle opportunità di sostegni europei, nazionali e regionali che dovesse -

ro rendersi disponibili. L’intesa fra Federcasa e Anci prevede lo studio e proposizione, inoltre, di misure ed azioni comuni, da sottoporre congiuntamente in tutte le sedi istituzionali, al fine di contrastare correttamente e con strumenti adeguati i fenomeni di degrado e tensione sociale, oltre al sostegno e allo sviluppo dell’edilizia sociale pubblica.

Non poteva mancare l’approfondimento delle politiche per l’abitare, con particolare riguardo al Social Housing, alla sicurezza, alla manutenzione e all’adeguamento funzionale, all’efficientamento del patrimonio edilizio, nonché all’attuazione del Piano Casa, alla pianificazione urbanistica della rigenerazione urbana per l’aumento degli alloggi pubblici, sia di ERP, sia di ERPS, in stretta relazione con il territorio, anche attraverso la predisposizione e realizzazione di studi ed analisi sulle potenzialità.

Il protocollo sarà anche lo stimolo alla costruzione di reti istituzionali convenzionate sul territorio tra Comuni, ASL e Aziende Casa per la gestione sociale degli abitanti..

ARTE Genova

Affrontare il cambiamento

Dalla data della sua istituzione nel 1998, A.R.T.E. Genova progetta, costruisce, ristruttura e soprattutto gestisce oltre 10.000 alloggi diedilizia residenziale pubblica (sovvenzionata, agevolata e convenzionata) per provvedere al miglioramento delle condizioni abitative della popolazione ed al soddisfacimento della domanda abitativa espressa dalla stessa, con particolare riferimento alla domanda proveniente dalle fasce sociali a minor reddito.

Scopo di A.R.T.E. Genova è quello di gestire secondo principi di efficacia ed efficienza, il servizio di Edilizia Residenziale Sociale, come da finalità previste dalla legge regionale istitutiva e dallo Statuto, comprendente le seguenti funzioni principali:

• la progettazione e realizzazione degli interventi di Edilizia Residenziale Sociale;

• i rapporti con l’utenza;

• la gestione del patrimonio di proprietà e quello gestito per conto dei Comuni.

Principi ispiratori dell’attività aziendale, riportati anche nella Carta dei Servizi, sono:

• Eguaglianza e Imparzialità, i servizi sono erogati secondo regole uguali per tutti, senza alcuna distinzione né favoritismo nei confronti di qualsiasi soggetto;

• Continuità, i servizi sono svolti in modo continuativo e senza interruzioni che non siano regolate espressamente dalle norme di riferimento o non rientrino in aspetti organizzativi;

6.674

3.770

alloggi ERP di proprietà alloggi ERP amministrati per i Comuni

499 14.293

alloggi di proprietà non destinati all’edilizia Inquilini ERP all’interno dei nuclei

• Partecipazione, viene garantita sia la partecipazione dell’utente, favorendo la collaborazione degli uffici, che il diritto di accesso alle informazioni che lo riguardano, con possibilità di presentare osservazioni, memorie, documenti, suggerimenti per il miglioramento del servizio;

• Chiarezza e trasparenza, viene garantita un’informazione chiara, completa e tempestiva sulle procedure, sui tempi e sui criteri di erogazione dei servizi, nonché in merito ai diritti di cui può godere l’utente.

Il patrimonio gestito

A.R.T.E. gestisce complessivamente 10.444 alloggi di edilizia residenziale pubblica, tra alloggi di proprietà e in gestione per conto del Comune di Genova, oltre a 499 alloggi di proprietà destinati all’edilizia agevolata. Il 72% del patrimonio ha una vetustà superiore ai 40 anni.

Utenza

In linea con i dati ISTAT, che certificano la popolazione ligure come la più anziana d’Italia, l’età media

dei titolari dei contratti di ERP si attesta ai 65 anni. A ciò si aggiunga che i nuclei familiari dell’inquilinato ERP hanno una composizione media inferiore alle 2 unità. Le cosiddette ‘fasce protette’ della nostra utenza sono identificate in 2 categorie - A0 e A1 - e comprendono i nuclei con un reddito annuo lordo familiare non superiore ai 14.768 euro (pari a due pensioni minime INPS).

Queste 2 fasce rappresentano oltre il 42% degli assegnatari e il canone medio è pari a 47 euro. Questo segmento, che rappresenta i nuclei più fragili, peraltro ha difficoltà ad essere regolare nei pagamenti soprattutto per l’incidenza delle spese di amministrazione. Il canone medio rispetto a tutte le fasce di reddito è pari a 118 euro mensili. In generale, la composizione del reddito dei nuclei familiari è rappresentata per il 65% da pensioni o redditi assimilabili.

Presidi sul territorio - Uffici Decentrati

Seguendo le indicazioni definite dalla Legge Regionale nr.13 del 06/06/2017 l’Azienda ha adottato, attraverso l’apertura di presidi sul territorio, un

sistema di pronto intervento, di ascolto e di intermediazione sociale nei confronti dell’utenza al fine di garantire una risposta tempestiva ai problemi di manutenzione, di sicurezza e di vivibilità dei quartieri. L’Azienda, con gli Uffici Decentrati, attualmente 5 sedi dislocate strategicamente sul territorio, ha avviato un processo di “avvicinamento” agli assegnatari per garantire una presenza capillare sul territorio finalizzata a migliorare la qualità di vita nei propri quartieri e fornire una pronta risposta ai bisogni ed alle aspettative dell’utenza.

Nel 2022, inoltre, è stata integrata tale attività con l’avvio del progetto “A.R.T.E. Risponde”, che prevede il potenziamento del contatto con l’utenza attraverso l’uso di un numero telefonico dedicato alle segnalazioni di abusivismo e di richiesta di interventi finalizzati a migliorare la vivibilità nei quartieri di E.R.P. con operatore dedicato in giorni ed orario d’ufficio e segreteria telefonica negli altri giorni ed orari.

Posti letto per studenti

La Legge Regionale nr. 29 del 27/12/2018, ha disposto che al fine di incidere positivamente sulla struttura demografica della città di Genova favorendo l’inserimento di popolazione di età giovanile, formare forza lavoro qualificata per le imprese del territorio, nonché riqualificare quartieri disagiati, la Regione Liguria incentiva il trasferimento nella città di Genova di studenti universitari provenienti da fuori regione attraverso l’assegnazione di immobili.

A.R.T.E. Genova dopo aver individuato gli immobili di proprietà pubblica da destinare per le finalità indicate dalla Regione, ha effettuato gli interventi di ripristino, con successiva fornitura di arredi sugli alloggi realizzando complessivamente nr. 95 posti letto, mettendoli a disposizione dell’ente regionale che si occupa di gestire le richieste degli studenti e le relative graduatorie.

“Begato Project” – Rigenerazione del quartiere Diamante

Il Programma di rigenerazione del quartiere Diamante di Genova si è articolato in tre fasi, delle quali le prime due concluse.

L’intero quartiere di Diamante era composto da 1.444 alloggi, di cui 523 trovavano collocazione nei due complessi denominati “Dighe di Begato”. I due fabbricati che componevano le “Dighe” (Rossa e Bianca) sono stati realizzati a metà degli anni Ottanta, sulla collina tra Bolzaneto e Rivarolo, su progetto dell’architetto Pietro Gambacciani.

Il progetto di rigenerazione si è avviato attraverso la totale demolizione della Diga Rossa, mentre per la Diga Bianca si è voluta mantenere la porzione di edificio sita al Civ.11 di Via Cechov, abbattendo 476 alloggi sul totale dei 523 sopra menzionati.

FASE 1

Nel 2019, sono stati recuperati 630 alloggi sfitti, in diverse localizzazioni sul territorio di Genova, con un investimento pubblico di circa 12,7 milioni di euro complessivi per permettere la ricollocazione

delle famiglie di Begato e un contestuale recupero del patrimonio di A.R.T.E., consentendo, da luglio 2019 a maggio 2020, di trasferire 374 nuclei familiari, per un totale di 776 persone.

FASE 2

La FASE 2 del Programma di Riqualificazione del Quartiere Diamante ha riguardato la citata demolizione dei fabbricati denominati “Dighe di Begato”; tra giugno 2020 e maggio 2022 con l’abbattimento di ben 175.000 metri cubi di strutture edili.

FASE 3

Parallelamente all’esecuzione della Fase 2 è stata avviata la progettazione per la fase di realizzazione della “Nuova Begato”, che rappresenta la conclusione del percorso di rigenerazione urbana del quartiere Diamante: la c.d. FASE 3.

PINQuA “Programma innovativo nazionale sulla qualità dell’abitare ”

BEGATO

40 alloggi ERP e 20 alloggi ERS ricostruiti, 13.500.000 € di lavori, 6.100 mq di superfici pubbliche riqualificate

Il 6 ottobre 2023 è stata pubblicata la gara per la rigenerazione e la riqualificazione del quartiere Diamante, finanziata con 15 milioni di euro stanziati da Regione Liguria tramite il “Programma innovativo nazionale sulla qualità dell’abitare” (Pinqua).

In data 29 dicembre 2023 ARTE Genova ha aggiudicato l’appalto integrato per la Progettazione Esecutiva e realizzazione dell’intervento al Consorzio Stabile ITM (Infrastrutture Terrestri e Marittime) con sede a Forlì, una realtà che conta 36 imprese consorziate. Come da milestone PNRR l’intervento verrà terminato entro Dicembre 2025; prevede la realizzazione di 3 nuove palazzine di alloggi NZEB (Nearly Zero Energy Building) ad elevata efficienza energetica, ubicate su una porzione del sedime in precedenza occupato dalla “Diga”. Un totale di 60 alloggi di cui 40 destinati ad Edilizia Residenziale

Pubblica e 20 ad Edilizia Residenziale Sociale. L’inserimento del progetto di rigenerazione urbana tra quelli ammessi al finanziamento del PINQuA, ha portato ad avviare velocemente una fase di pre-consultazione della comunità per poter portare il contributo degli abitanti all’interno della proposta progettuale e farla divenire così più aderente alle segnalazioni di bisogni, alle idee ed ai desideri di cambiamento che migliorino la qualità della vita degli attuali e futuri abitanti del quartiere.

Contestualmente, attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro denominato “Tavolo Diamante”formato dalla Direzione Politiche Abitative del Comune di Genova, dall’Ambito Territoriale Sociale 41, dall’Educativa di strada e di comunità del Diamante, dal Portierato Sociale di Via Pedrini, dal Municipio V Valpolcevera, dal Servizio di Salute Mentale e dal Servizio per le Tossicodipendenze della Valpolcevera, dal Distretto Socio Sanitario 10, da ARTE, dall’Ordine degli Architetti e dal Dipartimento di Architettura e Design dell’Università di Genova –sono stati acquisiti elementi sull’abitare il quartie -

re, sulle sue zone d’ombra, sulla soddisfazione dei servizi presenti e sulle priorità da dare in merito alla riprogettazione. Da tali risultanze, e dal lavoro del Tavolo, oltre ai 60 nuovi alloggi nasce un grande Masterplan su quasi 250.000 mq di territorio che comprenderà un Parco Urbano con attività sportive, il recupero dei campetti polifunzionali esistenti, attività ricreative, aree gioco e didattiche legate alle attività e al quartiere, recupero di antiche “creuse” e percorsi nel verde. Saranno realizzati spazi a servizio del quartiere un Centro per la Cultura ed il recupero della Casetta Ambientale con nuovi spazi all’aperto. Altro punto qualificante dell’intervento, sarà la realizzazione della nuova piazza, posta nel cuore dell’ambito di rigenerazione, sulla quale si affaccerà la nuova Stazione dei Carabinieri corredata anche dagli alloggi per il personale in servizio. Il 20 Maggio scorso, alla presenza degli Assessori Scajola, per Regione Liguria, Piciocchi, per il Comune di Genova e dell’Amministratore Unico di ARTE Genova, Paolo Gallo, è stata “posata la prima pietra” del cantiere nel punto dove sorgerà l’edificio 1, quello che ospiterà la nuova Stazione dei Carabinieri oltre a 16 alloggi ERP.

CECHOV 11

Recupero e Riqualificazione Energetica ex Diga Bianca di Begato, 55 alloggi ERP ad alta efficienza energetica di ui 8 accessibili ai diversamente abili, 4.270.000 € di lavori

Sono in fase avanzata le lavorazioni sulle parti comuni della edificio sito al civ. 11 di Via Cechov: la parte non demolita della Diga Bianca.

Sull’ampia copertura piana dell’edificio, dopo un totale intervento di rifacimento e relativa coibentazione, verranno installatati sia un impianto fotovoltaico, sia un impianto mini eolico.

L’intervento, che prevede un finanziamento complessivo di 5.578.000 euro, è stato aggiudicato da A.R.T.E. Genova a Settembre 2023, è suddiviso in 2 lotti funzionali, entrambi in corso di realizzazione ed il termine dei lavori è previsto entro Dicembre 2025.

Superbonus 110%

1.498 alloggi interessati dall’efficientamento energetico (1.048 di proprietà A.R.T.E. o del Comune di Genova e 450 in ambito condominiale). 87.000.000,00 € di importo complessivo degli interventi (di cui 63 mln su edifici di proprietà A.R.T.E./Comune e 24 mln per la quota parte di proprietà pubblica in condomini). 65 edifici oggetto di riqualificazione energetica (di cui 29 su edifici di proprietà interamente pubblica e 36 in condominio).

Gli interventi gestiti direttamente da ARTE hanno coinvolto complessivamente 31 imprese di cui 14 locali impegnando, nel 2023, approssimativamente 200 unità tra operai e tecnici, mentre gli interventi condominiali hanno coinvolto circa 40 imprese, in prevalenza locali, con un impegno di circa 80 unità di personale. Gli interventi hanno consentito il miglioramento di almeno due classi energetiche abbattendo le emissioni di CO2 nel territorio per circa 1600 tonnellate/anno che, prevedendo una durata media della riqualificazione pari a circa 25 anni, comporterà minori emissioni complessive pari a 40.000 tonnellate di CO2.

Fondo Complementare al PNRR

7 interventi dislocati in tutta la provincia, facenti parte del programma “Sicuro Verde e Sociale riqualificazione Edilizia Residenziale Pubblica” di cui al DL 59/2021 ed inserito nel Piano nazionale per gli investimenti complementari al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; prevede un finanziamento complessivo di circa 12.200.000 € e coinvolge complessivamente 331 alloggi. Le tipologie di intervento sono state rivolte al miglioramento sismico ed efficientamento energetico degli edifici coinvolti.

PINQuA “Programma innovativo nazionale sulla qualità dell’abitare”

Centro storico

“Caruggi Ambito del Centro Storico di Genova e aree limitrofe”, 231 alloggi ERP e 30 alloggi ERS 6.100.000 € di lavori - 312 mq in adibiti a spazi espositivi e Archivio Storico restituiti alla Città in Via Dei Giustiniani e Via Ravecca.

Non solo a Genova

Complesso immobiliare di VILLA ZANELLI, situato a Savona, finanziamento complessivo: € 6.633.847,73 consegna lavori: 01/09/2020, collaudo lavori: 27/09/2023.

Cenni storici

Il Progetto è stato redatto dall’Ing. Pietro Fenoglio di Torino incaricato dal Cav. Nicolò Zanelli, capitano di lungo corso, il quale finanziò l’intero progetto tra la fine del 1906 e il 1908, rimanendo di proprietà dei Zanelli fino al 1933.

La Villa è un mirabile esempio di Architettura Liberty di inizio ‘900 dove la decorazione è la principale protagonista dell’opera architettonica. I fronti esterni sono infatti caratterizzati da un ricco apparato ornamentale che coniuga l’utilizzo di ferri battuti artistici, vetrate, infissi intagliati, all’inserimento di campiture rivestite con maioliche oltre all’ampio utilizzo di decorazioni in “pietra artificiale”, prefabbricate a stampo, nei quali si estrinseca tutto lo spirito del Liberty.

Dal 1933 la proprietà passa da prima al Comune di Milano e poi alla Regione Liguria fino ad essere acquisita da ARTE Genova il 30/12/2011.

Fase progettuale

Il Comune di Savona nel 2016 ha inserito il restauro della Villa Zanelli nelle richieste di finanziamento statale del c.d. “piano periferie”. Nelle more della definizione delle procedure amministrative concernenti il finanziamento statale, la Regione Liguria, mettendo a disposizione le risorse del Fondo Strategico Regionale, ha permesso di anticipare i tempi di redazione ed approvazione del progetto, che è caratterizzato da una notevole complessità, considerato lo straordinario valore artistico e ambientale della villa e del suo parco. Il progetto, redatto dalla società regionale I.R.E. per conto di ARTE Genova, è stato definito d’intesa con i competenti uffici Comunali e della Soprintendenza, portando a soluzioni che hanno conciliato l’esigenza della fruibilità e dell’aggiornamento tecnologico del manufatto con

quelle della conservazione e fruizione del suo valore artistico.

Lavori realizzati

Villa

• Piano terra: 119,90 mq circa di spazio espositivo anche ad uso Pubblico.

• Primo Piano: 180 mq circa di sale ristorante per 80 coperti e Reception Hotel;

• Piano secondo e successivi: 11 camere e Suite per un totale di 24 posti letto;

• 60 mq di bar con area attrezzata all’esterno;

• 150 mq di terrazza panoramica;

Dependance di 2 appartamenti

Parco storico: 7800 mq di parco storico in convenzione con il Comune di Savona destinati ad ospitare anche eventi musicali con l’utilizzo degli spazi museali e anche visite organizzate al parco ed alla Villa.

Spiaggia antistante la Villa

È stata rilasciata la concessione demaniale di 50 ml fronte mare da destinare a pertinenza dell’hotel riservata agli ospiti.

Al fine di individuare un operatore economico interessato alla gestione della struttura ricettiva

A.R.T.E. ha sollecitato il mercato, tramite una manifestazione di interesse, alla presentazione di una proposta di Partenariato Pubblico-Privato.

Ad oggi alcune iniziative presentate non sono state ritenute adeguate e complete in termini di conformità ai requisiti richiesti.

Sussiste, tuttavia, allo stato attuale un interesse di altri operatori per forme di partenariato e per l’acquisto della Villa..

L’intervista

Amministratore Unico ARTE Genova

Lei è al suo secondo mandato di Amministratore, ma prima ancora è stato per diversi anni Dirigente della Struttura Gestione dell’Azienda, che quindi conosce benissimo. Rispetto al cambiamento dello scenario sociale ed economico di questi ultimi anni, cosa ha percepito necessario rinnovare o migliorare nel servizio Casa offerto al cittadino per andare incontro alle sue esigenze?

«La Liguria è la Regione con l’età mediana più alta di tutta l’Unione Europea, ovvero 52 anni. L’età media dei nostri assegnatari al 2024 è stata 65 anni e, allargando la media agli interi nuclei familiari, il dato si attesta a 53 anni, quindi ancora più alto rispetto alla media degli anziani in Liguria. Sicuramente l’Azienda deve, e già lo sta facendo, tenere conto di questo contesto sociale ormai consolidato e ‘tipico’ del territorio. Ciononostante, a mio avviso, non si possono lasciare indietro le nuove generazioni che rappresentano comunque il nostro futuro. A tale proposito, A.R.T.E. Genova insieme ad altre istituzioni pubbliche ha effettuato interventi di ripristino di alloggi, con fornitura di arredo, realizzando complessivamente nr.95 posti letto, messi a disposizione all’Agenzia ligure per gli studenti e l’orientamento, che si occupa di gestire le richieste e la graduatoria. Grazie a questo progetto gli studenti provenienti da fuori Genova riescono ad avere una sistemazione in alloggi ristrutturati nel centro cittadino ad un prezzo contenuto, pari praticamente al costo di una colazione.»

Saper adattare la visione dell’Azienda all’attuale contesto sociale ed ai suoi bisogni è fondamentale per non lasciare indietro nessuno.

Fra i problemi più seri che coinvolgono la sua Azienda, come nella maggior parte del Paese c’è la morosità aggravata dalla situazione politica internazionale e dalla crisi economica. Quali sono i dati della sua azienda?

«Occorre, senza dubbio, fare distinzione tra quella parte di inquilinato che, suo malgrado, non riesce a rispettare i pagamenti e un’altra parte di inquilinato “negligente”. Grazie ad un continuo controllo delle posizioni contabili degli utenti in ritardo con i pagamenti, ed una costante funzione di ascolto, gli indici di morosità rimangono comunque contenuti. Bisogna comunque evidenziare che le cause che generano morosità, nella stragrande maggioranza dei casi, vanno certamente ricercate nel disagio economico in cui versano le fasce sociali che rappresentano l’utenza di A.R.T.E. configurando, quindi, la cosiddetta “morosità incolpevole”.

A tal proposito, la Regione stanzia ogni anno un fondo che consente di alleviare lo stato di difficoltà di nuclei familiari “morosi incolpevoli”. Inoltre, da qualche anno, è operativo il nuovo “Regolamento per il recupero della morosità”, approvato da A.R.T.E. e Comune di Genova d’intesa con le organizzazioni sindacali dell’utenza maggiormente rappresentative. Attraverso tale intesa si è creato un sistema che consente di definire piani di rientro del debito mediante rate mensili sostenibili.»

Le ‘Occupazioni’ sono in preoccupante aumento. Può darci qualche dato?

«In realtà, le occupazioni abusive che si sono registrate negli ultimi anni nell’area metropolitana di Genova sono pressoché rimaste costanti. In particolare, abbiamo osservato che, nella maggior parte dei casi, non si tratta di occupazioni di lungo periodo, volte ad insediarsi stabilmente nell’alloggio, ma piuttosto occupazioni abusive temporanee che spesso si risolvono spontaneamente anche in tempi brevi. Ciononostante, restiamo in allerta e teniamo costantemente monitorato il fenomeno anche attraverso l’aiuto dei cittadini stessi. A tal proposito, abbiamo istituito un numero verde dedicato alle segna -

lazioni abusive attraverso il quale ogni cittadino ci può segnalare in qualunque momento, anche in forma anonima, eventuali situazioni anomale che prontamente vengono verificate attraverso sopralluoghi effettuati, in primo accertamento, dal personale di A.R.T.E.

Successivamente, in caso di conferma dell’occupazione abusiva da parte del personale di A.R.T.E., è previsto l’intervento dei soggetti titolati per il riconoscimento degli occupanti ed il successivo sgombero (Polizia Locale, Forze dell’Ordine).»

Altro tema comune è quello dell’offerta delle case di edilizia pubblica che risulta spesso inferiore rispetto alla crescente lista di attesa delle graduatorie, questo anche a causa degli alloggi sfitti che necessitano spesso di interventi di manutenzione straordinaria. Avete adottato qualche buona pratica per cercare di arginare il problema?

«Premesso che la maggior parte degli alloggi che si sfittano necessitano di importanti interventi di ripristino per poter essere riassegnati, i cui oneri di spesa utilizzano, di norma, finanziamenti regionali assegnati a tale scopo; vi sono tuttavia anche unità abitative che rientrano nella cosiddetta ‘manutenzione ordinaria’, ossia che necessitano di interventi il cui costo è generalmente contenuto e solitamente autofinanziato dall’Azienda.

Ragionando su tale ultima categoria di immobili, al fine di individuare una soluzione parallela alla comune messa in disponibilità di alloggi di E.R.P., assieme al Comune di Genova, è stato elaborato un progetto sperimentale di autorecupero, accolto favorevolmente sia dalla Regione che dalle organizzazioni Sindacali degli inquilini, che può sintetizzarsi come segue:

- A.R.T.E. provvede ad eseguire la verifica sulla sicurezza degli impianti (energia elettrica e gas) fornendo gli alloggi in disponibilità al Comune per l’assegnazio -

ne nello stato in cui si trovano;

- il potenziale assegnatario, previa visione, accetta l’alloggio nello stato in cui si trova facendosi carico dei ripristini manutentivi ordinari, nonché degli oneri per la verifica impiantistica;

- a fronte di tale impegno, durante il rapporto locativo verrà scalato dalla voce canone un importo forfettario di € 3.000,00.

L’adozione di questa nuova modalità operativa ci ha consentito di procedere nel 2024 con l’assegnazione di 30 alloggi aiutando le famiglie ad avere una casa in tempi brevi. L’iniziativa viene reiterata anche per il 2025 con una prima individuazione, ad oggi, di 40 unità abitative da offrire a potenziali assegnatari.».

Risposte concrete alla domanda abitativa

Dal 2015 a oggi l’amministrazione regionale ha portato in Liguria una nuova idea di edilizia residenziale e sociale pubblica che non sia isolata dal resto delle comunità, ma anzi ne sia parte integrante viva e riqualificata. Abbiamo migliorato i nostri alloggi, rendendoli più confortevoli ed energeticamente efficienti, oltre ad acquistarne e costruirne di nuovi all’avanguardia. In totale abbiamo investito oltre 100 milioni di euro coinvolgendo, nel complesso, più di 3.000 alloggi.

Abbiamo inoltre supportato con tutte le risorse disponibili le persone in difficoltà nel pagare i canoni di locazione con fondo affitti e morosità incolpevole. Nel 2024, visto il mancato rifinanziamento di questo capitolo da parte del Governo, abbiamo per la prima volta stanziato risorse direttamente dal bilancio regionale. Stiamo, insomma, lavorando duramente, insieme alle quattro Arte del territorio, per aiutare più cittadini possibili e porre un freno alla crescente domanda abitativa.

Non può non essere citato, a tal proposito, il maxiprogetto di riqualificazione del quartiere Begato. Fiore all’occhiello delle politiche liguri e ritengo anche nazionali in tema di edilizia residenziale. Un restyling totale che trasformerà letteralmente un’intera area garantendo alloggi migliori, più efficienti, ma anche un contesto esterno con nuove aree verdi, centri di aggregazione, un decoro e una sicurezza generale neanche paragonabili a quanto

era prima del nostro intervento. È proprio questo progetto a fare da bandiera della suddetta nuova idea di edilizia popolare inclusiva e non ghettizzante sulla quale stiamo lavorando. Abbiamo creduto fin dall’inizio in un’opera storica osando, laddove nessuno prima lo aveva mai fatto. Con questa determinazione si possono davvero creare quartieri nuovi, pienamente connessi con le nostre città e accoglienti per chi li frequenta..

Begato

Rendering fotorealistico della rigenerazione urbana del quartiere in cui sorgevano le dighe di Begato. Sorgerà un nuovo quartiere con 60 alloggi ad alta efficienza energetica, verde pubblico e spazi associativi.

Genova

fotonotizia

Recupero locali in via Sertoli

Recupero dei locali a piano terra dell’edificio sito in via Sertoli 11A e 11B Genova per finalità Socio Educative.

Oggetto d’intervento sono due unità immobiliari via Sertoli 11 A e via Sertoli 11B poste al piano terreno di un edificio di proprietà di ARTE Genova e realizzato nel 2003. Gli immobili si trovavano allo stato grezzo, non sono mai stati utilizzati, e l’accesso ai locali medesimi era interdetto mediante pannellature in legno.

I locali a progetto avevano le seguenti destinazioni d’uso: via Sertoli 11 A: (180 mq) negozi di prima necessità o spazi ricreativi; via Sertoli 11 B: (240 mq) commerciale. Considerato il protratto inutilizzo di questi spazi, ARTE Genova ha deciso di recuperare questi due locali per finalità socio-educative. Sono stati effettuati i seguenti interventi: Via Sertoli 11 A: spazi educativi. Sono stati realizzati 3 locali da adibire ad aula educativa, 2 locali da adibire ad ufficio, oltre a relativi magazzini e 4 servizi igienici di cui uno accessibile ai disabili.

Via Sertoli 11 B: spazi sociali. Sono stati realizzati: un’ampia sala incontri, un ufficio, due magazzini, una cucina di servizio, una dispensa, un locale tecnico, oltre a complessivi 3 servizi igienici di cui uno accessibile ai disabili.

Entrambi i locali, nel rispetto dei più recenti obbiettivi green, sono stati dotati di impianti di climatizza-

zione invernale ed estiva mediante pompe di calore, nonché di impianti di illuminazione a LED. Anche per la cucina di servizio non è previsto l’utilizzo di gas. L’investimento complessivo, ammontante a 527.000 € è finanziato per 500.000 € da Regione Liguria, mediante il Programma Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027, e per i restanti 27.000 € da ARTE Genova.

I lavori, per un importo pari a 405.860 € sono stati terminati lo scorso Gennaio. A settembre 2024 è stato emanato l’Avviso pubblico per l’assegnazione

in locazione dei suddetti locali che sono stati aggiudicati alla Comunità di Sant’Egidio. La Comunità opererà a supporto di anziani, minori, migranti e più in generale sarà un punto di riferimento per tutti gli abitanti del quartiere..

fotonotizia

Le aziende casa dell’Emilia-Romagna

Soluzioni sostenibili per il futuro

L’iniziativa in Regione ha fatto il punto sullo stato del patrimonio residenziale pubblico gestito dalle Acer dell’Emilia-Romagna per conto dei Comuni Emilia-Romagna esempio virtuoso anche in Europa.

La fotografia dello stato di salute dell’housing sociale in Emilia-Romagna è stata presentata nei giorni scorsi nell’Aula Magna di via Aldo Moro in Regione. Attraverso un’analisi approfondita sulla gestione del patrimonio abitativo pubblico e sulle sfide emergenti in un contesto socio-demografico in evoluzione, amministratori pubblici, rappresentanti del Terzo settore, associazioni di categoria e sindacati hanno fatto il punto su un patrimonio che rappresenta il 2,4% dello stock abitativo regionale e circa l’11-12% degli immobili in locazione nella Regione, ricevendo chiare indicazioni per la realizzazione delle Politiche per la Casa dei prossimi anni.

LE RICERCHE ART-ER E NOMISMA

ART-ER, società consortile dell’Emilia-Romagna, e Nomisma, dopo aver effettuato un’accurata ricognizione sullo stato del patrimonio pubblico edilizio e rilevato il cambiamento demografico delle famiglie che vi risiedono o in attesa di alloggio nelle graduatorie pubbliche, hanno messo a sistema i dati delle nove Aziende Casa dell’Emilia-Romagna che insieme gestiscono un patrimonio residenziale di

60.579 alloggi; si tratta di 54.490 alloggi a canone sociale di proprietà dei Comuni e 6089 a canone calmierato di proprietà pubblica e privata destinati a famiglie di ceto medio in difficoltà, studenti, lavoratori e cohousing.

“Secondo i dati dell’anagrafe regionale sull’edilizia residenziale pubblica, al 31 dicembre 2023 in Emilia-Romagna sono presenti 54.490 alloggi, dei quali circa l’87% risulta occupato.

Approfondendo le ragioni dello sfitto, emerge che la principale causa sono problemi edilizi relativi all’alloggio o al fabbricato. Questo sottolinea l’im -

portanza di garantire risorse strutturali e continuative per la riqualificazione dell’erp. È evidente che i canoni pagati dagli inquilini, non possono essere sufficienti: quasi la metà si colloca nella fascia di protezione con un Isee inferiore 7.620 euro, e il 43% delle famiglie paga meno di 100 euro al mese per l’affitto” ha spiegato Serena Maioli, responsabile dell’Unità Ecosistemi Urbani e Innovazione di ART-ER.

I dati evidenziano quanto sia importante l’edilizia residenziale pubblica, come fattore di tenuta sociale per rispondere alla domanda delle famiglie che si trovano in situazioni di elevata fragilità economica.

Le ACER dell’Emilia-Romagna, e quindi i Comuni, dal 2013 al 2023 hanno investito 552 milioni di euro in riqualificazione edilizia ed efficientamento energetico, intervenendo su oltre 27.000 alloggi (20.100 riqualificati e 7.100 oggetto di efficientamento). Nello stesso periodo sono stati portati a termine 113 progetti e condotte prassi finalizzate al supporto all’inquilinato, alla prevenzione del disagio e della morosità e alla coesione sociale.

“Il settore dell’edilizia residenziale pubblica (ERP) è chiamato ad affrontare trasformazioni profonde – aggiunge Chiara Pelizzoni, senior project manager dell’Osservatorio immobiliare Nomisma – entro il 2070 la popolazione italiana calerà del 19,4%, mentre gli anziani aumenteranno del 14,8%, con

la quota di over 65 che salirà al 33,9%. Parallelamente, oggi incombe una crescente fragilità sociale: il 3,9% delle famiglie italiane presenta fragilità economica, sociale e abitativa allo stesso tempo, mentre in Emilia-Romagna la quota di individui in povertà è cresciuta dal 6,3% del 2018 al 9,6% del 2023”.

LE POLITICHE PER LA CASA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

L’assessore alle Politiche abitative della Regione Emilia-Romagna Giovanni Paglia ha sottolineato

che “il tema della casa oggi è sempre più fondamentale se si vuole parlare di coesione sociale e deve essere assunto al centro delle priorità politiche. È indispensabile elevare con forza il numero degli alloggi con canone accessibile alla più ampia platea di lavoratrici e lavoratori, soprattutto se giovani. L’Emilia-Romagna deve e vuole fare la sua parte sia come ente che come leva di un sistema di cui fanno parte le Acer, i Comuni, il privato sociale e tutti gli operatori che vogliono essere protagonisti di politiche che facciano della casa un diritto fondamentale”.

Molti gli strumenti e le azioni introdotte dalla Regione Emilia-Romagna, come evidenziato da Giulia Angelelli, dirigente delle Politiche abitative della Regione, che ha illustrato l’elenco dei programmi regionali in corso e quelli recentemente conclusi per la rigenerazione del patrimonio residenziale pubblico che hanno visto un ruolo determinante, in termini attuativi e gestionali, degli enti gestori ed in particolare delle Aziende casa dell’Emilia-Romagna.

“In un quadro di risorse statali da troppo tempo assenti, la Regione continua a finanziare con risorse proprie gli interventi sul patrimonio comunale erp. Obiettivo della Regione, attraverso i suoi programmi, è da un lato di sostenere l’azione dei Comuni per restituire funzionalità agli alloggi erp liberati con il turnover annuale, dall’altro intervenire dal punto di vista energetico e sismico sullo stock di alloggi sfitti che richiedono una progressiva riquali-

ficazione profonda”.

I programmi regionali coinvolgono pienamente le Aziende Casa che mettono in campo competenze ed efficienza tecnica nell’erogazione di servizi sempre più articolati. La governance delle politiche abitative è una componente cruciale per promuovere l’efficacia del servizio pubblico che oggi deve rispondere ad una pressante richiesta da parte di fasce sempre più ampie della popolazione.

“Il ruolo sociale svolto dalle Aziende Casa è fondamentale per affrontare le prossime sfide e per farlo servono risorse – ha spiegato Marco Buttie -

ri, presidente di Federcasa – bene quindi la misura straordinaria del Pnrr di 1381 milioni di euro su cui stiamo concentrando il nostro impegno per far sì che quest’opportunità eccezionale diventi uno strumento sostenibile e soprattutto continuativo nel tempo”.

E sono proprio le risorse per l’housing sociale il vero nodo da affrontare per i Comuni e per le Acer, hanno spiegato Marco Bertuzzi, presidente di Cispel

Emilia-Romagna, l’associazione di servizi che riunisce le Aziende Casa emiliano-romagnole, e Marco Panieri, presidente regionale di Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

“Al 31 dicembre 2024 le Acer hanno maturato un credito verso i Comuni di 34,5 milioni di euro, derivante dall’anticipazione di risorse per interventi di manutenzione straordinaria del patrimonio e a copertura delle morosità incolpevoli (in particole spese energetiche), confermando il loro ruolo essenziale nel supporto alla finanza locale. A questo si aggiunge che oltre il 48% dei nuclei residenti negli alloggi Acer ha un Isee inferiore o uguale a 7.620 euro l’anno.

Se da una parte il fenomeno della morosità rappresenta un rischio per la sostenibilità economica delle Aziende Casa, dall’altra le Acer diventano un vero e proprio strumento di welfare per arginare la povertà e contrastare la povertà energetica”. Nonostante il valore sociale dell’erp derivante dal

gap tra canone oggettivo e canone effettivo medio calcolato sulla base dei redditi degli utenti erp nell’intera regione ammonta a 70,8 milioni di euro all’anno, a fronte di bisogni abitativi sempre più articolati e differenziati, le Acer dell’Emilia-Romagna si sono progressivamente evolute diventando vere e proprie aziende di servizi in grado di garantire il diritto alla casa alle fasce più fragili della popolazione e diventando soggetti attivatori di welfare.

“Le ricerche di ART-ER e di Nomisma consegnano spunti importanti rispetto alle iniziative da attuare nei territori, sia per aumentare l’offerta abitativa a

favore delle famiglie fragili, del ceto medio in difficoltà, di studenti e lavoratori, sia per favorire, attraverso una collaborazione costante tra le Acer e i Comuni, la crescita economica e sociale degli abitanti del servizio pubblico” ha spiegato Marco Corradi, coordinatore delle Acer dell’Emilia-Romagna.

Le Aziende Casa si confermano quindi strumento operativo fondamentale al servizio dei Comuni per il mantenimento dei servizi pubblici essenziali e la crescita economica del territorio, in particolare nella città dove politiche abitative lungimiranti diventano strumento di sviluppo per rilanciare i centri storici cittadini con studentati e interventi di riqualificazione dell’edilizia residenziale.

L’UNIONE

EUROPEA E L’HOUSING SOCIALE

Da Bruxelles, la neo presidente della Commissione per le Politiche per la Casa del Parlamento Europeo on. Irene Tinagli ha infine rilevato che “L’emergenza abitativa è ormai un problema diffuso in tutta Europa, e questo ha portato l’Unione Europea a inserirla nella sua agenda politica, affidando una delega specifica a un Commissario e istituendo una commissione speciale sulla crisi abitativa in seno al Parlamento europeo.

Questa Commissione analizzerà tutti gli aspetti legati alla crisi abitativa, tra cui i bisogni abitativi, le politiche esistenti e gli effetti della speculazio -

ne, per poter essere in grado anche di proporre soluzioni innovative. In molte città, l’inaccessibilità dell’abitazione si lega alla difficoltà nel trovare lavoratori in diverse aree come ad esempio insegnanti, autisti, medici, infermieri. Per questo motivo serve una strategia dell’abitare, strutturale e continuativa, che valorizzi le esperienze virtuose già in atto sui territori.

È possibile rivedere il convegno che si è svolto presso l’Aula Magna della Regione Emilia-Romagna, “Le Aziende Casa dell’Emilia-Romagna: soluzioni sostenibili per il futuro” al seguente link: https://we.tl/t-xCCqvKxfVl..

Visione comune sulle politiche abitative

Firmato protocollo d’intesa con l’Anci

L’8 aprile a Roma nella sede dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani è stato firmato un protocollo d’intesa fra Federcasa e l’Anci.

Questo accordo, il primo firmato con l’Associazione dei Comuni su temi così importanti e strategici per il ‘settore casa, rappresenta un grande risultato ma sarà soprattutto uno strumento utile per valorizzare l’attività della federazione, per evidenziare le emergenze, definire e avanzare con maggiore peso politico e condivisione le nostre proposte concrete alle Istituzioni italiane ai vari livelli, con particolare riferimento a Governo e Parlamento. Proprio dopo la sottoscrizione, è stato concordato con il Presidente dell’Anci Gaetano Manfredi, alla presenza anche del nostro Vicepresidente Vicario Luca Talluri, l’attivazione di un confronto sui temi della fiscalità per le nostre Aziende, compreso quello dei contenziosi IMU. Quindi ci concentreremo anche su: Attuazione degli investimenti a valere sul comma 513 della Legge di Bilancio; azioni comuni per la riqualificazione del patrimonio immobiliare pubblico; gestione sociale degli inquilini, pianificazione urbanistica e rigenerazione urbana. Con piacere vi aggiorneremo sull’evoluzione e le risultanze di questa attività, condividendo le proposte che ne emergeranno. “Siamo riusciti nell’intento di porre all’attenzione dell’agenda politica il tema della Casa in Europa, con il nuovo Commissario e la Commissione speciale sulla crisi abitativa, e in Italia, con il Piano Casa in prossima discussio -

ne e le risorse del PNRR destinate come mai finora alla riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico” afferma il presidente Federcasa Marco Buttieri, che aggiunge “I nostri inquilini sono la nostra vera priorità e per garantire loro un’abitazione che costituisca una vera casa a misura d’uomo, dove poter vivere con dignità, lavoreremo in sinergia con i Comuni italiani per reperire risorse da investire e ridurre soprattutto il peso dei costi della gestione ordinaria sull’economia familiare. Solo così potremo dire di aver svolto in modo pieno il nostro ruolo di Aziende al servizio della Comunità”..

Il clima cambia, la casa si adatta

Studio IPES-Eurac alle Casette Inglesi

Bolzano, 2 aprile 2025 - Le “notti tropicali” a Bolzano, quelle in cui la temperatura non scende sotto i 20°C, sono aumentate da sole 2 nel 1961 a ben 25 nel 2015. Un dato allarmante che evidenzia come il cambiamento climatico stia già impattando concretamente la vita quotidiana dei cittadini altoatesini. Questo e altri dati significativi emergono dallo studio condotto da Eurac Research in collaborazione con IPES nel complesso residenziale bolzanino delle Casette Inglesi, le ex Semirurali, i cui risultati vengono presentati oggi presso la sede dell’IPES, in via Milano 2 a Bolzano. Lo studio, parte del più ampio progetto RETURN - finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del PNRR per analizzare l’impatto dei pericoli naturali in Italia: inondazioni, terremoti, siccità e ondate di calore - ha coinvolto attivamente i residenti delle Casette Inglesi per comprendere l’impatto delle ondate di calore sulla qualità della vita e identificare soluzioni efficaci per mitigarne gli effetti. “Questo progetto rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra enti di ricerca, istituzioni pubbliche e cittadini - spiega Wilhelm Palfrader, Direttore Generale dell’IPES -. I risultati ottenuti ci permetteranno di pianificare interventi mirati per migliorare il comfort abitativo e la resilienza dei nostri edifici di fronte all’emergenza climatica”.

La collaborazione è iniziata a gennaio 2024 con un incontro informativo presso la sede IPES, seguito dalla distribuzione di un questionario anonimo che,

a maggio dello scorso anno, ha raccolto informazioni sulle caratteristiche delle abitazioni e sulle strategie adottate dai residenti durante i periodi di caldo intenso. Durante l’estate 2024, i ricercatori hanno installato in alcuni appartamenti dispositivi di monitoraggio che hanno misurato parametri chiave quali temperatura interna, umidità relativa, concentrazione di anidride carbonica e, in alcuni casi, polveri sottili (PM2.5 e PM10) e composti organici volatili. Parallelamente, sono state condotte interviste approfondite con i residenti per documentare le loro esperienze e preoccupazioni.

L’analisi dei dati raccolti ha rivelato un quadro significativo delle condizioni abitative alle Casette Inglesi durante i periodi di caldo intenso. I dispositivi di monitoraggio hanno registrato temperature medie interne di 28.5°C, che in alcuni casi hanno raggiunto picchi preoccupanti fino a 31.3°C, ben al di sopra della soglia di comfort termico.

L’umidità relativa, altro fattore determinante per il benessere, è salita fino al 70%, creando condizioni potenzialmente disagevoli per i residenti. Particolarmente interessanti sono stati i dati sulla qualità dell’aria: le concentrazioni di anidride carbonica hanno temporaneamente raggiunto valori di 2.700 parti per milione in alcuni appartamenti, specialmente nelle ore notturne quando le finestre restavano chiuse, mentre i livelli di polveri sottili si sono attestati su una media di 5.3 microgrammi per metro cubo. Sebbene questi parametri rientrino nei limiti di sicurezza stabiliti, evidenziano comunque una situazione di potenziale stress ambientale per gli abitanti. Sul fronte comportamentale, la ricerca ha evidenziato come i residenti abbiano sviluppato strategie adattive efficaci: la pratica di chiudere le finestre durante le ore più calde del giorno per poi aprirle di notte ha mostrato effetti positivi tangibili sia sulla temperatura interna che sulla qualità dell’aria, dimostrando come anche semplici accorgimenti quotidiani possano fare la differenza nel mitigare gli effetti delle ondate di calore. Le interviste hanno rivelato una consapevolezza

diffusa ma variabile dei rischi associati alle ondate di calore. Molti residenti, soprattutto anziani, hanno espresso preoccupazione per i potenziali impatti sulla salute, citando problemi come difficoltà respiratorie, disturbi del sonno e riduzione della mobilità sociale dovuta alla necessità di rimanere in casa nelle ore più calde. È emerso un consenso sulla necessità di interventi strutturali agli edifici, con richieste specifiche che includono: sostituzione delle finestre esistenti con modelli a maggiore efficienza termica, rifacimento delle facciate con adeguato isolamento, installazione di sistemi di ombreggiamento esterni, miglioramento delle coperture in vetro che tendono a surriscaldarsi, maggiore cura degli spazi verdi comuni, considerati fondamentali per creare microclimi più freschi e favorire la socializzazione.

“IPES intende utilizzare i risultati dello studio per informare i futuri lavori di riqualificazione previsti per il complesso delle Casette Inglesi, adottando un approccio che integri efficienza energetica e adattamento climatico - anticipa la Presidente dell’Istituto per l’Edilizia Sociale della Provincia di Bolzano, Francesca Tosolini - l’evento di presentazione dei risultati in programma oggi rappresenta non solo la conclusione di questa fase di ricerca, ma anche l’avvio di un dialogo continuativo con i residenti per raccogliere idee e proposte per i futuri interventi”. .

In diretta dall’Europa

Avviato l’iter per la definizione del Quadro finanziario 2028-2034 dell’Ue: dovrà affrontare temi cruciali, tra cui competitività e produttività, flessibilità e fonti di finanziamento.

Con la recente comunicazione COM(2025) 46 final dell’11 febbraio 2025 la Commissione europea ha dato ufficialmente inizio al lungo percorso che porterà il Parlamento europeo ad approvare, entro gennaio 2028, il nuovo Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2028-2034, più noto come il bilancio a lungo termine dell’Unione europea. Il bilancio pluriennale del ciclo 2021-2027, approvato in piena pandemia da Covid-19, aveva una dotazione straordinaria di oltre 2mila miliardi di euro a prezzi correnti, comprendendo le voci tradizionali, tra cui la la politica di coesione e quella agricola si sono riconfermate come le due più significative e fissate complessivamente a circa 1.200 miliardi, a cui era stato aggiunto, con i suoi 806 miliardi di euro, il Next Generation EU con l’obiettivo di finanziare i Piani nazionali di ripresa e resilienza degli stati membri. Lo scenario però è radicalmente cambiato e la discussione sul nuovo bilancio pluriennale parte su basi molto diverse dal 2020. Innanzitutto, in termini di risorse, perché nel nuovo ciclo si dovrà cominciare a rimborsare i 357 miliardi di prestiti contratti sui mercati dei capitali dall’Ue per finanziare proprio il NgEu, con una previsione di circa 25-30 miliardi di euro l’anno dal 2028, interessi compresi, da saldare entro il 2058. Sul dibattito inciderà verosimilmente l’attuale scenario

internazionale, profondamente cambiato rispetto al passato: se nel 2020 il cigno nero della pandemia aveva richiesto una spesa straordinaria, adesso la guerra in Ucraina e la difesa comune, il costo dell’energia elevato e la politica commerciale americana richiedono un bilancio strutturalmente più ampio di quello dei cicli pre-Covid. Ci saranno anche nuove sfide per l’Europa che, se non affrontate con attenzione, rischiano di mettere in discussione la stessa Unione.

La prima sfida è quella della competitività e produttività: nel nuovo contesto geopolitico, per competere

con Usa, Cina e Brics vanno superati alcuni limiti del mercato unico e l’Europa è in ritardo: la sua struttura industriale è statica poiché negli ultimi cinquant’anni non è stata creata nessuna società Ue con una capitalizzazione di mercato superiore a 100 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo sono nate tutte e sei le società statunitensi con una valutazione superiore a 1 trilione di euro (Apple, Microsoft, Alphabet, Amazon, Nvidia, Tesla). Il risultato è la conseguenza di limitati investimenti in ricerca e innovazione e di difficoltà nella raccolta dei capitali privati.

La seconda sfida riguarda la capacità del bilancio di divenire più flessibile e finalizzato al finanziamento delle politiche europee: la flessibilità è fondamentale per garantire la capacità del bilancio di rispondere a una realtà in continua evoluzione, tuttavia, ciò non è possibile se i fondi Ue sono quasi tutti pre-programmati fin dall’inizio. Oltre il 90 per cento del quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e del Next Generation EU, infatti, sono preassegnati per scopi, programmi o dotazioni nazionali specifici. La guerra in Ucraina, la crisi energetica sono state affrontate riadattando e riassegnando i fondi esistenti, soprattutto della Politica di coesione, a volte con procedure lunghe, nonché creando nuovi fondi, programmi o misure ad hoc, aggravando ulteriormente il problema della dispersione dei finanziamenti Ue. Basti pensare che ci sono ancora oltre 50 programmi di spesa nel bilancio e altri programmi al di fuori di esso: sono necessari ulteriori sforzi per semplifi-

care, accelerare la spesa delle risorse e per garantire sinergie tra le politiche e l’azione finanziaria dell’Unione.

La terza sfida riguarda il finanziamento del bilancio Ue: un bilancio che garantisca prosperità economica e che ci consenta di essere più competitivi, innovativi, sostenibili ha un costo superiore rispetto ai cicli precedenti e su questo il documento della Commissione è chiaro.

Non può esserci un bilancio Ue adatto alle ambizioni europee e in particolare a garantire il rimborso di Next Generation EU e, allo stesso tempo, contributi finanziari nazionali stabili, senza introdurre nuove risorse proprie: bisognerà fare delle scelte. La Commissione ha intenzione di presentare la proposta del nuovo quadro finanziario per il ciclo 2028-2034 entro luglio di quest’anno. Alle tre sfide, forse se ne aggiunge una più politica e decisiva per noi, ossia la necessità di inserire nell’agenda europea il tema Casa come necessario attrattore di risorse specifiche, al fine di contrastare il disagio e la tensione sociale, garantire affordable houses, rispondere alle esigenze delle famiglie e dei giovani che cercano una soluzione abitativa, a fronte di salari che spesso non consentono di affrontare il mercato degli affitti in modo efficace. Certamente faremo la nostra parte nei prossimi mesi..

Ing. Luca Rollino

C2R Energy Consulting-Xori Group per Federcasa

Futuro sostenibile

Sconfiggere i demoni della demolizione, per rigenerare e per ricominciare: il caso della Diga di Begato

La demolizione della Diga di Begato e il Progetto Restart, la rigenerazione urbana partecipata che porta alla qualità dell’abitare. Una cura drastica, una best pratice che sarà studiata a lungo in futuro, per rigenerare un tessuto urbano di cui nessuno sentirà più la mancanza.

In che modo un’architettura può essere smantellata senza cancellare, ma anzi riscrivere, una parte di identità urbana? Da questa domanda prende le mosse un percorso collettivo di riflessione e azione che ha coinvolto istituzioni, università, enti locali e cittadini, a partire da un intervento tanto simbolico quanto necessario, complesso: la demolizione della Diga di Begato a Genova. Un edificio iconico, figlio di una stagione progettuale che ha segnato profondamente l’immaginario delle periferie italiane, è diventato il punto di avvio di un programma complesso di rigenerazione urbana: Restart. Ovvero: Ripartire, o meglio ancora, Ricominciare.

Nato dalla collaborazione tra Regione Liguria, Comune di Genova (con i servizi sociali e i lavori pubblici), l’Azienda Sanitaria Locale, le organizzazioni del terzo settore e ARTE Genova (Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia), il progetto ha generato riflessioni che sono confluite anche in una pubblicazione a più voci, “I demoni della demolizione”, curata dal Dipartimento Architettura e Design dell’Università degli Studi di Genova insieme all’Ordine e alla Fondazione degli Architetti PPC di Genova (in particolare, a cura di Laura Ballestrazzi, Egidio Cutillo, Massimiliano Giberti, Marco Guarino, Arianna Mondin, Andrea Pastorello, Nicoletta Piersantelli, Francesca Salvarani).

Il libro - e il progetto da cui nasce - affrontano la demolizione non solo come gesto tecnico, ma come dispositivo urbano e sociale, capace di aprire spazi

Energy Consulting-Xori Group per Federcasa

nuovi nel pensiero e nella città. Ne nasce un laboratorio partecipato che ridisegna le funzioni collettive del nuovo quartiere in costruzione, ma anche una riflessione più ampia sulle sorti di quelle grandi unità residenziali pubbliche che, per ragioni strutturali, culturali e sociali, stanno arrivando al termine del loro ciclo di vita.

La demolizione in architettura è un atto deliberato e preciso, che avviene per motivi ben definiti. Non è mai casuale; ogni demolizione nasce da una decisione e ha ragioni specifiche, che riguardano tanto il piano architettonico quanto quello sociale. Spesso implica una “caduta” fisica, ma anche un cambiamento sociale, che può portare a spostamenti significativi di popolazione. La demolizione viene adottata per sanare errori passati, per rinnovare un territorio, per eliminare edifici ormai obsoleti o per segnare una nuova fase nel ciclo di vita di un’area urbana. Sebbene in alcuni casi sia una scelta pianificata, spesso la demolizione è la risposta a eventi imprevisti, come disastri naturali, instabilità strutturale o decisioni politiche improvvise.

Nel contesto europeo, la demolizione ha rappresentato uno degli strumenti principali di trasformazione urbana. Ha simboleggiato il potere di decidere “la vita e la morte” non solo degli edifici, ma anche delle persone che insieme definivano le città. Nel passato, l’idea di demolire era qualcosa di quasi quotidiano, tanto da diventare parte inte -

grante dei primi film dei fratelli Lumière. Le macerie lasciate dalle guerre mondiali hanno alimentato un sentimento di ricostruzione e rinnovamento, che ha preso il posto delle operazioni di distruzione compiute dai regimi totalitari.

Oggi, sebbene il panorama sia cambiato, continuiamo a vivere quotidianamente il fenomeno dei crolli, che avvengono per diverse ragioni: dalla mancanza di manutenzione alla necessità di adattarsi a nuove esigenze sociali o politiche, passando per i cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, la demolizione di

C2R

strutture come la Costa Concordia e il Ponte Morandi ha segnato il nostro tempo, segnando forse la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova fase per l’architettura e la pianificazione urbana.

Ma oltre alla questione morale e ai conflitti che spesso accompagnano questo processo, la demolizione può essere anche una decisione progettuale necessaria per la trasformazione del territorio. Qual è l’impatto di un gesto così definitivo? Qual è il senso di abbattere per poi ricostruire? Come si organizza tecnicamente un’operazione di demolizione? E come vengono gestiti i movimenti di popolazione che ne derivano?

La demolizione non è solo un’azione fisica, ma un concetto che riguarda la pianificazione urbanistica e l’economia del cambiamento. In alcuni casi, può essere vista come una fase del progetto, parte di un processo di rigenerazione, ma in altri può essere necessaria per risolvere problemi economici o ecologici legati a edifici che richiedono ingenti risorse per essere mantenuti. La demolizione, infatti, è anche un’industria che genera un significativo giro d’affari, con implicazioni dirette sul mercato dei materiali di scarto e delle risorse.

Il caso delle Dighe di Begato a Genova è un esempio emblematico di come la demolizione possa influire non solo sull’architettura, ma anche sulla vita delle persone che le abitano. Il progetto di demolizione di questi edifici popolari ha comportato il trasferimento di molte famiglie e ha sollevato questioni sociali legate agli spostamenti forzati, ma anche al dialogo tra il nuovo e l’esistente. È un esempio di come la demolizione non sia mai un atto isolato, ma faccia parte di un più ampio processo di pianificazione urbana che cerca di conciliare la necessità di rinnovamento con il rispetto per le persone e per la storia del luogo.

La dinamite fu inventata da Alfred Nobel nel 1867 ed è spesso associata nell’immaginario collettivo

a esplosioni distruttive e guerre, ma nella realtà è stata impiegata, per oltre il 99% dei casi, a scopi civili. Si tratta di un esplosivo affidabile, diretto, potente ma gestibile: dosata correttamente, consente un controllo preciso della sua forza. È per questo motivo che, ancora oggi, resta uno degli strumenti più efficaci nelle demolizioni controllate.

Proprio a Genova, trent’anni fa, la dinamite fu protagonista dell’inizio di un processo di trasformazione urbana che avrebbe ridefinito profondamente l’identità della città. In occasione delle Celebrazioni colombiane, uno degli atti simbolici fu la demolizione della ex caserma dei Vigili del Fuoco - già Albergo degli Emigranti. Un’operazione tutt’altro che semplice, ostacolata da cavilli burocratici, ma che alla fine divenne un vero e proprio punto di innesco per una lunga stagione di cantieri e cambiamenti. Quella stagione vide cadere, una dopo l’altra, alcune delle strutture più ingombranti e simboliche dell’archeologia industriale e della storia urbana recente della città: la raffineria Erg di Bolzaneto, il complesso industriale Sanac, poi l’area dell’Ilva di

Energy Consulting-Xori Group per Federcasa

Cornigliano e l’Ansaldo Fiumara - due vere e proprie cittadelle nella città. A seguire, la Ex Bocciardo, i Silos Granari del Molo Parodi, l’ex stazione elettrica ferroviaria di Terralba, e il ponte in ferro, ormai obsoleto, della Fiumara. Infine, quasi per caso, fu il turno del Ponte Morandi, la cui drammatica vicenda ha reso ancora più evidente la necessità di ripensare, e talvolta di ricominciare da zero.

La dinamite ha avuto un ruolo anche invisibile ma determinante nella trasformazione infrastrutturale della città: ha modellato gli estuari, permesso il tracciamento delle gallerie della futura Gronda e del Terzo Valico ferroviario. In questo senso, Genova è anche la città della demolizione consapevole e progettata, dove il gesto della distruzione diventa parte integrante della rigenerazione, aprendo lo spazio fisico e simbolico per una nuova visione urbana.

A livello locale ma anche nazionale, questo quartiere è diventato il simbolo per eccellenza dell’Edilizia Residenziale Pubblica (E.R.P.), incarnando tutte le complessità e i significati – anche simbolici – legati al concetto di “periferia”. A marcarne l’identità per oltre quarant’anni è stata la presenza della cosiddetta Diga di Begato che prendeva il nome dalla piccola frazione rurale di Begato, composta in realtà da due enormi edifici – la Diga Rossa e la Diga Bianca per via dei loro colori prevalenti – costruiti negli anni Ottanta e demoliti nel 2021. Si trattava di due strutture alte 19 piani, capaci di accogliere complessivamente fino a 3.500 persone. Attorno a questi edifici, il tessuto urbano offriva ben poco: solo alcuni esercizi di prima necessità – un discount, un bar, una farmacia e una tabaccheria – completavano lo scenario. Un profondo snaturamento fisico, morfologico, paesaggistico, dell’identità dei luoghi.

La costruzione della Diga fu il tassello finale di un progetto urbanistico ampio e ambizioso, avviato

negli anni Sessanta e identificato fin dall’inizio con il nome di “quartiere Diamante”, ispirato al Forte che domina la vallata sottostante. Questo progetto risale formalmente al 1965, anno in cui la variante locale del Piano nazionale delle “Aree 167” per l’edilizia popolare stabilì di destinare i rilievi collinari tra la Val Polcevera e il centro cittadino all’insediamento di circa 70.000 nuovi abitanti. Le previsioni, spinte dall’espansione industriale e dal boom economico in corso, stimavano una crescita demografica che avrebbe portato Genova oltre il milione di residenti. Si immaginava così un processo di urbanizzazione capillare che avrebbe abbracciato tutto l’arco collinare fino alla cinta dei forti.

Ma lo scenario cambiò bruscamente negli anni Settanta, con la crisi industriale che arrestò l’espansione demografica e rese rapidamente superata l’idea di una colonizzazione massiva delle alture genovesi. Il nuovo Piano Regolatore Generale del 1976 ridimensionò fortemente quell’ambizione, circoscrivendo l’attuazione del progetto a po -

C2R

che aree selezionate. Tra queste, la più significativa fu proprio Begato, all’epoca ancora una collina prevalentemente boscosa, vissuta da una piccola comunità rurale dedita all’agricoltura e considerata zona di villeggiatura per la popolazione cittadina. Il nuovo insediamento avrebbe dovuto accogliere 21.000 persone, cioè circa il 40% degli abitanti dell’intera Val Polcevera, e i lavori proseguirono speditamente: nel 1980 la gran parte degli edifici era già completata.

Portato a esempio di sperimentazione edilizia in macrostrutture ed edifici alti e progettato dall’architetto Piero Gambacciani, l’ispirazione urbanistica di fondo era quella della “città radiosa” teorizzata da Le Corbusier, con grandi blocchi modulari di residenza immersi nel verde, dotati di servizi interni, negozi e infrastrutture viarie in grado di garantire autonomia e connessione con il tessuto urbano. Tuttavia, la realizzazione concreta si allontanò rapidamente da quell’ideale. Le costruzioni, realizzate con tecniche prefabbricate economiche, si rivelarono presto carenti sul piano qualitativo; molti degli spazi commerciali previsti non videro mai la luce, e i servizi promessi non vennero mai attivati. Il parco pubblico si degradò velocemente, e le vie interne, prive di una vera funzione sociale, si ridussero a semplici tracciati asfaltati senza vita. Gambacciani ha partecipato ai maggiori lavori e progetti eseguiti a Genova dagli anni settanta.È considerato uno degli architetti più influenti che hanno cambiato il volto alla città, anche se con interventi talora molto criticati da parte dell’opinione pubblica e non solo.

Fulcro del quartiere fu proprio la Diga di Begato: due colossi edilizi chiamati Rossa e Bianca, da rispettivamente 276 appartamenti e 245 alloggi, che attraversavano trasversalmente la valle da est a ovest, ostruendo completamente la vista del paesaggio. Il progetto prevedeva persino delle passerelle sospese, che collegavano i due edifici, permettendo agli abitanti di spostarsi da un lato all’altro della vallata

senza mai toccare terra. L’impatto sul territorio fu tanto massiccio quanto disarmonico e distruttivo. La Diga nacque anche per soddisfare una necessità emergenziale: ospitare temporaneamente numerose famiglie sfrattate dal centro storico e a posteriori dell’emanazione della Legge 392 del 1978 che aveva introdotto l’Equo Canone. Ma quel che doveva essere un alloggio provvisorio si trasformò ben presto in una condizione permanente. A quelle prime famiglie se ne aggiunsero altre, assegnate negli anni attraverso le graduatorie dell’edilizia popolare, in appartamenti a canone calmierato.

Fin dalla sua origine, la storia del quartiere è stata segnata da una forte criticità. I criteri con cui vennero assegnati gli alloggi pubblici all’interno delle Dighe contribuirono a concentrare al loro interno situazioni già fragili, generando nel tempo un accumulo di difficoltà su più fronti: economico, sociale e lavorativo.

A queste fragilità strutturali della comunità residente si aggiunsero le carenze dell’ambiente fisico: edifici costruiti con standard qualitativi bassi, spazi

Energy Consulting-Xori Group per Federcasa

comuni trascurati, assenza di servizi fondamentali o loro collocazione a distanza difficilmente raggiungibile. Sebbene negli ultimi anni si siano fatti tentativi per migliorare l’accessibilità e rafforzare la rete dei servizi, il quartiere ha continuato a scontare un pesante ritardo.

Negli anni Novanta e Duemila, le Dighe sono diventate emblema delle tante falle di quel modello abitativo, finendo spesso al centro delle cronache locali per episodi di micro-criminalità, occupazioni abusive, abbandono di veicoli e rifiuti ingombranti, e una gestione complessa sia dal punto di vista amministrativo che sociale. Problemi legati alla morosità, alla difficoltà nel far fronte alle spese condominiali e alle utenze, e più in generale alla manutenzione delle parti comuni, hanno reso ancora più evidente la crisi di un sistema ormai al collasso. Come accade spesso nei quartieri di edilizia popolare, la mancanza di ricambio tra gli assegnatari ha portato anche a un progressivo invecchiamento della popolazione residente, accentuando la percezione di isolamento e di marginalità.

Questa intensa concentrazione sociale, unita all’evidente fallimento del modello urbanistico su cui si era basato il progetto, fece di Begato un caso emblematico. Divenne uno dei luoghi più rappresentativi – e al contempo più controversi – dell’edilizia residenziale pubblica in Italia. Un quartiere che, suo malgrado, si trasformò in metafora vivente delle fragilità e delle contraddizioni delle periferie urbane.

Il tema dell’abbattimento delle Dighe di Begato è stato a lungo al centro del dibattito cittadino, diventando nel tempo oggetto di concorsi di idee e studi universitari, senza mai trovare una concreta attuazione. Solo nel 2018, grazie alla sinergia tra Regione Liguria, Comune di Genova e ARTE (Azienda Regionale Territoriale per l’Edilizia), si è aperto un percorso condiviso con la cittadinanza per valutare la possibilità di demolire i fabbricati, segnando

l’inizio di una nuova vita per il quartiere. È stato un cammino lungo e complesso, affrontato con attenzione e partecipazione, che ha portato al ricollocamento di 776 persone in altri alloggi in diversi quartieri della città, attraverso un’attenta valutazione dei bisogni e delle aspettative di ciascuno. Questo processo, accompagnato dal lavoro capillare delle associazioni attive sul territorio, ha dato vita a una delle prime esperienze italiane di edilizia sociale diffusa, segnando un cambio di paradigma nell’approccio alla gestione dell’abitare. Il progetto di rigenerazione urbana Restart Begato, presentato ufficialmente il 5 marzo 2019, ha avuto un momento decisivo con l’avvio della demolizione della Diga Rossa nell’aprile 2021. L’intervento, durato circa sei mesi, ha comportato la rimozione di 290.000 metri cubi di fabbricato, senza l’uso di esplosivi, ma grazie all’impiego della stessa gru titanica utilizzata per le Vele di Scampia. La Diga Bianca, invece, sarà oggetto di un intervento di recupero e riqualificazione.

Il nuovo volto di Begato prende forma con la costruzione di tre palazzine ad alta efficienza ener-

C2R

getica, che ospiteranno 60 nuovi alloggi: 20 destinati all’Edilizia Residenziale Sociale e 40 all’Edilizia Residenziale Pubblica, con una metratura media di circa 60 metri quadrati. A fianco degli interventi abitativi, il progetto prevede la riqualificazione della Casetta Ambientale, storico presidio di socialità, e la creazione di un percorso verde, pensato per riconnettere il quartiere con il paesaggio e favorire il benessere urbano.

Gli spazi liberati dalla demolizione saranno riconsegnati alla collettività attraverso una terrazza panoramica, un teatro all’aperto e una nuova Piazza del Diamante, che fungerà da fulcro simbolico del quartiere. Verrà inoltre realizzata la Casa della Cultura, presidio culturale e luogo di aggregazione dedicato ad attività artistiche, formative e sociali.

Il progetto presta particolare attenzione al benessere delle famiglie e alla qualità della vita quotidiana: è prevista una nuova area giochi per i bambini dell’asilo, la riqualificazione e copertura dei campi sportivi esistenti con l’aggiunta di spogliatoi, di un nuovo campo da basket, e la realizzazione di un’area cani attrezzata. Le associazioni del quartiere, cuore pulsante del tessuto sociale, troveranno sede in un nuovo centro polifunzionale progettato per favorire sinergie e operatività.

Un altro elemento chiave sarà l’apertura di una nuova Stazione dei Carabinieri, che rafforzerà la presenza istituzionale e il presidio di sicurezza all’interno del quartiere rinnovato. L’intervento, finanziato con 15 milioni di euro tramite il bando PINQuA, ha ottenuto il massimo contributo disponibile grazie alla candidatura presentata da Regione Liguria tramite ARTE Genova. La conclusione dei lavori è prevista entro dicembre 2025. Ma Restart Begato apre anche una riflessione più ampia: può questo modello di intervento essere replicato in altri quartieri di edilizia residenziale pubblica della città? Molti di essi, sorti negli anni

Ottanta nell’ambito del piano regolatore, si caratterizzano per un mix di edilizia sovvenzionata, convenzionata e agevolata, che ha garantito una maggiore tenuta sociale rispetto a contesti più fragili come quello di Begato.

Per queste aree, occorre un cambio di sguardo: non vanno più interpretate solo come luoghi problematici da marginalizzare, ma come territori con potenzialità spesso latenti, in cui attivare processi di rigenerazione fisica e sociale. Servono strumenti diversi, adatti alla complessità di ciascun contesto, per sperimentare nuovi approcci progettuali, ridefinire le politiche abitative e promuovere uno sviluppo più equilibrato tra centro e periferia, migliorando la competitività dell’intero sistema urbano. Le periferie sono spazi difficili, ma anche ricchi di risorse, attori locali, esperienze di auto-organizzazione e forti legami di appartenenza. In queste trame, spesso silenziose, si celano energie capaci di generare futuro. Riconoscerle e valorizzarle significa costruire città più giuste, inclusive e sostenibili. Ci sono città che restaurano, ristrutturano, recu -

perano. Genova, invece, demolisce. Perché certe ferite non si ricuciono: si abbattono. Ogni città ha i suoi demoni, i suoi fantasmi. Genova li affronta con la ruspa, e riparte da lì. Forse è per questo che qui demolire non è solo un cantiere, ma un esorcismo. Chissà se, ogni volta che a Genova si demolisce, qualcosa dentro ai genovesi viene giù insieme al cemento. Se anche fosse, va bene così..

Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.