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Un girone per chi dice “DanteDay” e non “Dantedì”: consi derazioni sulla Commedia

CULTURA UN GIRONE PER CHI DICE “DANTEDAY” E NON “DANTEDÌ”

CONSIDERAZIONI SULLA COMMEDIA

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ANDREA SCURATTI, 5cc Cari lettori di Etcetera, sono io, il vostro amichevole Andrea di quartiere e per l’ennesima volta sono qua a parlarvi - indovinate un po’ di chi? - di Dante! Come al solito: niente tediosa parafrasi o commento drena-vita, ma pensieri, leggeri da leggere, sul Sommo Poeta nel giorno in cui - lui scrive - “nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai in una selva oscura, che la diritta via era smarrita.”

Dopo tre anni sulle “sudate carte” della Commedia posso dire che, alla fine del Canto XXXIII del Paradiso, mi sono sentito un po’ vuoto: dopotutto Dante in questi tre anni mi ha accompagnato in questo mio percorso di vita qual al Majo, e senza di lui oggi non sarei qua a scrivere questo articolo, così come non ci sarei stato, altre infinite volte, per tutti gli articoli a lui dedicati. Ho iniziato a scrivere per Etcetera con un “cappuccino”, quei brevi articoli che proponiamo sulla nostra pagina Instagram (@etceteramajorana, e lesti, seguitela!), sull’Amore e Petrarca; tempi lontani, tempi bui, tempi da primo lockdown nazionale. È stato proprio lì che Dante mi ha parlato: aveva già iniziato a farlo all’inizio dell’anno, ma avevo i tappi nelle orecchie: a quanto pare non volevo ascoltare il dolce canto della sirena; poi a un certo punto mi ha tirato uno schiaffone, una cinquina sulla guancia che mi ha lasciato le cinque dita impresse, con annesso: “Ti sto parlando, ascoltami.” Ho dovuto guardarlo in faccia e ci rimasi di sasso, stupefatto, “ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso/ tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo/ de la mia grazia e del mio paradiso.” (Comm., Par., XV, vv. 34-36). ‘Sto bastardo mi aveva fatto male, ma non sentivo dolore.

Non è stato amore a prima vista: per me Dante in terza è stato un peso, anche se l’Inferno è la parte più “divertente” della Commedia. A fine anno ho imparato a vivere il Majo e a vivere Dante, che oramai per me sono indissolubilmente legati a doppio filo. È innegabile che più di ogni altra cosa il Purgatorio parla alla nostra umanità: non ci sono bestie, non ci sono santi, solo anime che stanno salendo un monte, che scontano le proprie colpe, ma non in eterno. Ogni giorno ci mettiamo alla prova e ogni giorno abbiamo successo in qualcosa: non dico cose grandi, importanti e quasi impossibili, dico un sorriso, uno sguardo, un ringraziamento. Nella Commedia, in percentuali, la maggior parte delle parole si rifà all’ambito semantico della vista: Dante nel Paradiso guarda sempre negli occhi di Beatrice, i quali gli sorridono. Dante non era un cocainomane bruciato, fatto di LSD, quindi non voglio sentire la domanda: “Come fanno degli occhi a sorridere?” Occhi che risplendono di luce propria, come stelle, ecco quando sorridono; ed è uno spettacolo sublime.

Le stelle, meta agognata da uomini di ogni tempo, che siamo riusciti a raggiungere. È questa la parola che chiude ognuna delle tre cantiche: “E quindi uscimmo a riveder le stelle.” (Comm., Inf., XXXIV, v. 139), “[...] puro e disposto a salire alle stelle.” (Comm., Purg., XXXIII, v. 145), “[...] l’amor che move il sole e l’altre stelle.” (Comm., Par., XXXIII, v. 145). È l’uomo che guarda verso l’alto,

verso Dio, verso colui che per Dante è la Verità. L’”alto volo” di Dante è come il “folle volo” di Ulisse, e allora perchè a uno va bene e all’altro no? Perché quel poverello di Ulisse usa solo la razionalità, invece Dante dalla sua parte ha un’arma segreta, un asso nella manica: l’amore di Dio e la protezione della Grazia. E ora, che si creda o no, che si senta questo amore di Dio o meno, dobbiamo dirlo: Dante è un raccomandato. Mi perdoni il Sommo Poeta, ma facile farsi la vacanzina nell’Aldilà, all-inclusive, pagata da Lui, senza preoccuparti che possa succederti qualcosa perché tanto Dio vuole incontrarti...

Scherzi a parte - sono proprio un simpaticone - sono davvero felice: felice non solo di aver scoperto Dante nel mio piccolo, ma che molti lo abbiano fatto: la partecipazione in massa al concorso letterario dedicato a lui mi ha piacevolmente colpito. Lo ammetto e chiedo scusa: non pensavo che ciò accedesse. È qualcosa un po’ più “di nicchia” e non mi aspettavo così tante persone: per il solo concorso di Poesia eravamo in venti. Consiglio caldamente a tutti voi di andare sul sito del Majo per leggere i componimenti, in poesia e in prosa, e a guardare i disegni e le fotografie.

Statemi bene, cari lettori, e state pronti, perché non nel prossimo numero, ma in quello di maggio ho pronta una sorpresa speciale per tutti voi, in onore della Notte nazionale del Liceo Classico... sperando che lo studio per la maturità non mi uccida prima!

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