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Speranza-Mancini: derby tra ministro e c.t. sul ruolo del calcio
Chiara Ferrara, 4bb
È stato un vero e proprio scontro senza esclusione di colpi quello avvenuto qualche settimana fa tra il ministro della Salute Roberto Speranza e il commissario tecnico della nazionale di calcio Roberto Mancini, i quali si sono espressi, non senza parole forti, riguardo la riapertura degli stadi esprimendo due visioni completamente diverse.
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«Si parla troppo di calcio e poco di scuola», sono queste le parole di Speranza, dalle quali traspare non poco la sua amarezza circa la questione. Da sempre il ministro della Salute ha più volte posto l’accento sul fatto che le priorità del paese sono altre e si è sempre detto contrario alla riapertura degli stadi, esprimendo la sua piena volontà di concentrarsi esclusivamente sulle questioni più importanti: la salute pubblica e la sicurezza nelle scuole.
Non tarda ad arrivare la risposta da parte del commissario tecnico, che non si trova per nulla d’accordo con l’affermazione del ministro e senza nemmeno citarlo risponde: «Si parla troppo di calcio e poco di scuola, la scuola è un diritto, come il lavoro, ma anche il calcio lo è. È uno sport importante, praticato da milioni di persone a ogni livello». Quindi, se da una parte Speranza si impegna a difendere il lavoro degli ospedali e tutti gli sforzi che si stanno compiendo per garantire una soddisfacente permanenza a scuola, con tutte le misure di precauzioni possibili, Roberto Mancini invece si sente in dovere di difendere ancora una volta il ruolo del calcio nella società italiana, definendolo un vero e proprio lavoro e in quanto tale beneficiario degli stessi diritti.
Non è però un mistero che, in seguito alla firma della Federcalcio e all’approvazione definitiva da parte del Comitato Tecnico Scientifico del Governo, il nuovo modello di quarantena per le squadre professionistiche sia piuttosto “soft”. Secondo questa nuova circolare infatti, in caso di positività di un membro del gruppo squadra, solo il contagiato andrà in isolamento mentre gli altri potranno continuare a giocare: tutto ciò sarà possibile sottoponendo tutti i membri dello staff e i giocatori ad un tampone a risposta rapida, ovvero un test salivare in grado di dare l’esito in dieci minuti, il giorno della prima partita successiva al rilevamento del contagio, più precisamente a quattro ore dal fischio di inizio. I giocatori che saranno negativi, avranno l’ok per scendere in campo. Comunque, di fronte ad una positività all’interno di una squadra, l’intero gruppo dovrà in ogni caso restare in ritiro per due settimane, muovendosi solo per le partite.
Penso che, al di là della situazione che si è venuta a creare e della quale ho avuto il piacere di parlarvi, si possa individuare un denominatore comune oltre al nome che lega questi due uomini seppur completamente diversi: la caparbietà con cui si sono contraddistinti in questa circostanza e con cui hanno espresso la propria visione sulla situazione non è indifferente. Sono dell’idea che bisogna sempre esporsi quando si tratta di esprimere la propria opinione e far valere le proprie idee, perché ritengo che sia questo ciò che ci distingue dagli altri e in un qualche modo ci rende unici, forse a volte sbagliamo i tempi o i modi, ma non è mai sbagliato far presente che esistiamo e che siamo parte di questa realtà. Ora, alcuni saranno d’accordo con Mancini e altri con il ministro Speranza, ma ritengo che questo episodio come anche molti altri possano servirci da lezione per imparare che, anche nelle situazioni difficili come quella che stiamo vivendo in questi mesi, sia necessario esprimere le nostre idee e i nostri pensieri per avere una chance di sopravvivere a questa realtà e non diventarne succubi.