ATLAS MAGAZINE - MAGGIO 2024

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LA RISPOSTA È NEI

LIBRI: I Sakura e gli “Haiku” di Primavera

pag. 22

ENERGIA

E SOSTENIBILITÀ:

Strategie efficaci per ridurre i costi delle bollette pag. 20

ATLAS PLANET: Viaggio in Indonesia pag. 29

BIMESTRALE N. 23 USCITA DEL 05/24

DIREZIONE:

Debora Bizzi

REDAZIONE:

Martina Campanelli

Simone Facchinetti

Mario Gnocchi

Sergio Grifoni

Leonardo Tiene

Davide Tremante

Michela Viola

AT DIRECTION E IMPAGINAZIONE GRAFICA: Giuseppe Di Benedetto

Margherita Ingoglia Silvia Mariani

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EDITORIALE
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L’ANSIA SOCIALE. COS’È, I SINTOMI E LA TERAPIA. di Debora Bizzi

Il disturbo dell’ansia sociale. Definito anche fobia sociale, è la paura <<di trovarsi in una particolare situazione sociale, di eseguire una qualche prestazione in pubblico o più in generale di dover interagire con persone sconosciute>>.1 Paura, disagio, intenso e persistente, di esporsi alle critiche, essere giudicati, sembrare ridicoli e provare umiliazione o imbarazzo. Si tratta di un’ansia che riguarda varie situazioni sociali e che può insorgere già in età infantile o adolescenziale. Soprattutto in situazioni sociali sconosciute. Nella quali si ha paura che le nostre azioni - le azioni di chi ne soffre - possano sembrare inadeguate o sbagliate, generando una forte preoccupazione in alcuni contesti sociali, tale da portare spesso all’evitamento degli stessi. Non si tratta di timidezza o di essere introverso, l’ansia sociale è un vero e proprio disturbo mentale, presente e dettagliatamente descritto nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, noto anche con l’acronimo DSM 5. <<Nella popolazione generale degli Stati Uniti una prevalenza a 12 mesi del disturbo colpisce il 7 % degli adulti, mentre in Europa la percentuale è del 2,3 %. Le femmine sono maggiormente soggette all’ansia sociale rispetto ai maschi e tale differenza è più marcata nella fascia adolescenziale e nei giovani adulti>>.2

Ecco i sintomi più comuni:

• paura o ansia riguardo a una o più situazioni sociali in cui si è esposti a eventuali giudizi

• preoccupazione o timore che i sintomi di ansia e paura vengano valutati negativamente dagli altri

• situazioni sociali che provocano quasi sempre paura o ansia

• situazioni sociali che vengono evitate o sopportate con intensa paura o ansia

• paura o ansia, intensa e persistente, alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale e al contesto socio-culturale

• paura, ansia o evitamento causano disagio clinicamente significativo o che ha conseguenze nel funzionamento sociale, lavorativo o di altri ambiti

• l’ansia sociale può anche manifestarsi con sintomi fisici come la tachicardia, tremori, iperidrosi, affanno, rossore, disturbi gastrointestinali, secchezza delle fauci, spossatezza, sensazione di oppressione e schiacciamento, fatica a parlare e a mantenere stabile il tono della voce, balbuzie, nausea, mal di testa, tensione muscolare, mancanza di concentrazione, insonnia.

Un disturbo diagnosticato. Che provoca attacchi di panico. Può in-

sorgere dopo aver avuto un’esperienza umiliante o in modo lento e graduale. Può insorgere a seguito di alcuni cambiamenti di abitudini o di vita, o può manifestarsi in modalità più lievi in alcuni momenti della nostra vita, per poi ripresentarsi. Può insorgere in individui con deficit fisici o malattie particolari,per i quali la paura del giudizio può manifestarsi in stretto legame a questi fattori. Un disturbo diagnosticato. Che può presentarsi insieme ad altri disturbi psichiatrici, in particolare altri disturbi d’ansia e disturbi depressivi. Per poter essere diagnosticata, la reazione fobica deve essere presente da diverso tempo (almeno sei mesi), intensa e sproporzionata. Inoltre il disturbo deve provocare un significativo peggioramento del funzionamento del soggetto (attraverso comportamenti di evitamento) e della qualità di vita. La sua cura, invece, può prevedere un trattamento farmacologico, psicoterapico - come le terapie cognitivo-comportamentali e quelle comportamentali - o una combinazione di questi. Tra le strategie terapeutiche, secondo l’approccio cognitivo-comportamentale, l’esposizione graduale del soggetto a contesti fobici temuti. Più si è esposti, più la reazione ansiosa tende a ridursi e il malato riesce ad affrontare con maggiore serenità i contesti sociali temuti.

Esistono poi diversi studi e libri che ci possono aiutare a superare, prevenire o curare l’ansia sociale. Eccone una breve lista:

• 10 soluzioni per sconfiggere timidezza e ansia sociale, Martin M. Anthony, Alberto Perdisa Editore

• Stop all’ansia sociale. Strategie per affrontare e gestire la timidezza, Nicola Marsigli, Erickson

• Fobia sociale. Manuale per chi soffre del disturbo, Gavin Andrews, Centro Scientifico Editore

• Come vincere l’ansia sociale. Superare le difficoltà di relazione con gli altri e il senso di insicurezza, Signe A. Dayhoff, Erickson.

Insomma, è una patologia che colpisce sempre più individui ed il consiglio migliore che possiamo dare ai nostri lettori è di non aver timore di riconoscerla. Di farsi aiutare sempre, di non combattere nessun momento difficile della nostra vita da soli. Di non aver vergogna di chiedere aiuto.

1 definizione https://it.wikipedia.org/wiki/Fobia_sociale

2 fonte DSM 5, 2013

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INDICE RUBRICA - CLIMATIZZAZIONE: I CONSIGLI DELL’ESPERTO ESTATE: COME RAFFRESCARE E RISPARMIARE ENERGIA 8 ORIGINI E STORIA DELLA BENEFICENZA 10 LE BUONE ABITUDINI QUOTIDIANE PER UNO STILE DI VITA SANO E ALL’INSEGNA DEL BENESSERE 13 TRASPORTO E MOBILITÀ SOSTENIBILI 15 RUBRICA - PILLOLE DELL’AVVOCATO MARCHIO E ROYALTIES: COME SFRUTTARLI LEGALMENTE, ANCHE COME LEVA FISCALE 17 ALLERGIE STAGIONALI PRIMAVERILI: AFFRONTARE IL POLLINE CON SAGGEZZA 19 ENERGIA E SOSTENIBILITÀ: STRATEGIE EFFICACI PER RIDURRE I COSTI DELLE BOLLETTE 20 RUBRICA - LA RISPOSTA È NEI LIBRI LA PRIMAVERA E LA LETTERATURA GIAPPONESE: I SAKURA E GLI “HAIKU” DI PRIMAVERA 22 TEAM BUILDING: STORIA ED ESEMPI DI UN ASPETTO UMANO SOTTOVALUTATO 27 RUBRICA - ATLAS PLANET VIAGGIO IN INDONESIA 29 RUBRICA - DETTO TRA NOI... LE CATENE DELLA LIBERTÀ 33 LEGENDA SANO SOSTENIBILE SOCIALE

FORMAZIONE PER

IL SUCCESSO MANAGERIALE

E PROFESSIONALE

• MIGLIORARE LE PERFORMANCE AZIENDALI

• CRESCITA PERSONALE

• CRESCITA PROFESSIONALE

• CREDITI FORMATIVI

PROFESSIONALI

ESTATE: COME RAFFRESCARE E RISPARMIARE ENERGIA

Vediamo in dettaglio come avere un livello ottimale di climatizzazione e vivere bene anche in estate, senza appesantire eccessivamente le bollette delle forniture elettriche.

1. Attenzione alla classe energetica del climatizzatore. La scelta del modello rappresenta un requisito chiave per diminuire i consumi ed evitare brutte sorprese in bolletta. Sono sempre da preferire i condizionatori in classe energetica superiore alla A in quanto consumano molto meno. Un vecchio condizionatore in classe D (consumo da etichetta 243 kWh) con un nuovo modello in classe A+++ (consumo da etichetta 103 kWh) può far risparmiare 140 kWh elettrici, pari a circa il 60%. (vedi punto 4).

2. Non raffreddare troppo l’ambiente e attenzione all’umidità.

La normativa prevede che durante la stagione estiva la tempera-

tura interna non debba scendere sotto i 24-25°C ma, il più delle volte, due o tre gradi in meno rispetto alla temperatura esterna sono già sufficienti. Inoltre, per scongiurare la sensazione di caldo opprimente, spesso può bastare l’attivazione della funzione “deumidificazione”, in quanto l’umidità presente nell’aria fa percepire una temperatura ben più elevata di quella reale. Tale provvedimento può far risparmiare circa il 25 % di energia.

3. Oscurare durante le ore più calde. Chiudere le persiane, abbassare le tapparelle o comunque schermare le superfici vetrate con delle semplici pellicole termoriflettenti consente di ridurre gli apporti solari in ingresso all’abitazione e conseguentemente l’energia richiesta dai climatizzatori. Questo semplice accorgimento si stima che consenta di far risparmiare fino al 25% in media del consumo di partenza (circa 85 kWh elettrici a famiglia).

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4. Sostituire i climatizzatori On-Off con i più moderni a tecnologia inverter.

In un condizionatore con sistema di controllo inverter, la velocità di rotazione del compressore viene regolata costantemente e questo permette di avere prestazioni ottimali in qualsiasi condizioni di impiego. Adeguando la potenza frigorifera e termica erogata all’effettiva necessità si adeguano anche gli assorbimenti elettrici e di conseguenza si adeguano anche i consumi.

5. Attenzione alla posizione.

Salvo casi particolari è preferibile che il climatizzatore sia di tipologia “split” da installare nella parte alta della parete: l’aria fredda tende, a scendere e si mescola più facilmente con quella calda che invece tende a salire. Occorre assolutamente evitare di posizionare il climatizzatore dietro le tende: l’effetto-barriera riduce/ blocca la diffusione dell’aria fresca.

6. Un climatizzatore per stanza. Installare un condizionatore potente in corridoio sperando che rinfreschi l’intera abitazione è inutile: l’unico risultato sarà quello di prendersi un colpo di freddo ogni volta che si attraversa il corridoio andando da una stanza all’altra, in quanto sarà l’unico ambiente ad essere raffrescato.

7. Non lasciare porte e finestre aperte. Il climatizzatore raffresca e deumidifica l’ambiente in cui è installato trasferendo il calore e l’umidità all’esterno. Far entrare aria calda obbliga l’apparecchiatura a compiere un lavoro supplementare per riportare la temperatura e l’umidità ai livelli richiesti.

8. Coibentare i tubi del circuito refrigerante all’esterno dell’abitazione.

Per evitare inutili dispersioni è necessario che le guaine isolanti dei tubi del circuito refrigerante presenti all’esterno dell’abitazio-

ne siano sempre integre. È inoltre opportuno assicurarsi che la parte esterna del climatizzatore non sia in una posizione prevalentemente assolata.

9. Usare il timer e la funzione ‘notte’. Grazie a queste funzioni è possibile ridurre al minimo il tempo di accensione dell’apparecchio e aumentare il comfort. La funzione “notte” o “sleep” regola, nelle ore notturne, la temperatura ambiente in modo da rispondere alla variazione della temperatura corporea.

10. Attenzione alla pulizia e alla corretta manutenzione. I filtri dell’aria e le ventole devono essere ripuliti alla prima accensione stagionale e almeno ogni due settimane, perché si tratta del luogo dove più di frequente si annidano muffe e batteri dannosi per la salute, tra i quali il batterio della legionella. È anche importante e utile fare controllare la tenuta del circuito del gas da un tecnico manutentore abilitato. Si ricorda inoltre che la normativa prevede l’obbligo del libretto impianto e di controlli periodici per gli impianti con una potenza superiore ai 12 kw di resa termica.

Oltre a quanto sopra; nel periodo estivo il top dell’economia di esercizio e del confort si ottiene installando un idoneo impianto fotovoltaico.

Ricorda che ci sono gli incentivi!

Restano in vigore gli incentivi del 50% e del 65% Impianti di climatizzazione invernale, micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, generatori d’aria calda a condensazione e pompa di calore e impianti fotovoltaici sono i lavori che è possibile realizzare fruendo dell’ecobonus al 50 e al 65%, a seconda degli interventi. E in alcuni casi specifici al 70%, fino al 31 dicembre 2024.

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ORIGINI E STORIA DELLA BENEFICENZA

La beneficenza: un’onda di gentilezza che avvolge il mondo, portando speranza e cambiamento nelle vite di coloro che ne hanno bisogno. Ma da dove ha avuto inizio questa marea di generosità? Bene, tutto ha avuto inizio con un semplice gesto di altruismo e compassione.

Storicamente ha radici profonde che risalgono all’antichità. Nell’antico Egitto infatti esistevano pratiche di donazione per sostenere i poveri e i bisognosi, con i faraoni che donavano terreni agricoli o cibo per aiutare i più deboli della società. Anche nella Grecia antica e a Roma, le persone ricche spesso facevano donazioni per costruire templi, teatri o per sostenere gli indigenti.

Tuttavia, la beneficenza nel senso moderno del termine ha iniziato a prendere forma durante il periodo medievale, quando le organizzazioni religiose come le chiese e i monasteri si sono impegnate nell’assistenza ai poveri, fornendo cibo, alloggio e cure mediche a coloro che ne avevano bisogno. Queste istituzioni caritative erano spesso sostenute da donazioni di individui ricchi e nobili, che vedevano nell’atto della beneficenza un modo per guadagnarsi il favore divino e per garantirsi un posto migliore nell’aldilà.

Con il passare del tempo, la beneficenza ha assunto forme sempre più strutturate e organizzate, con la nascita delle prime istituzioni di beneficenza ufficiali nel XVIII e XIX secolo. Organizzazioni come la Società Filantropica di Londra, fondata nel 1799, si sono impegnate a migliorare le condizioni di vita dei poveri urbani attraverso l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’assistenza sociale.

Nel corso del XX secolo, la beneficenza ha continuato a evolversi, con la nascita di organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e le Nazioni Unite, che si sono dedicate alla promozione della pace, della sicurezza e dello sviluppo globale.

Ma esaminiamo più dettagliatamente alcuni esempi contemporanei di beneficenza che hanno cambiato il mondo:

• Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, ha creato un movimento globale che promuove la cultura del cibo sano e sostenibile. Attraverso progetti come le “Presìdi”, Slow Food ha contribuito a preservare tradizioni millenarie e a promuovere uno sviluppo economico sostenibile nelle comunità locali in tutto il mondo. Grazie alla sua iniziativa non solo si celebra la diversità culinaria, ma si impegna anche a proteggere la biodiversità e a sostenere i

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produttori locali.

• Emergency, un’organizzazione italiana fondata da Gino Strada nel 1994, ha fornito assistenza medica e umanitaria alle vittime di guerra e di povertà in tutto il mondo. Grazie al loro impegno, milioni di persone hanno ricevuto cure mediche vitali e supporto psicologico nelle situazioni più difficili. Questa organizzazione non solo offre assistenza sanitaria gratuita a chiunque ne abbia bisogno, ma si impegna anche nella formazione del personale medico locale e nel sostegno alle comunità colpite da conflitti e disastri naturali.

• La Comunità di Sant’Egidio, un’organizzazione cattolica fondata a Roma nel 1968, si impegna a favore dei poveri, dei senzatetto e degli anziani soli. Attraverso i loro programmi di assistenza e inclusione sociale, hanno migliorato la vita di molte persone marginalizzate. Uno dei progetti più noti della Comunità di Sant’Egidio è il servizio di distribuzione dei pasti ai senza fissa dimora nelle città di tutto il mondo. Oltre a garantire un pasto caldo ogni giorno, questo servizio offre un momento di condivisione e solidarietà per coloro che vivono in condizioni di estrema vulnerabilità.

Insomma, la beneficenza ha radici molto antiche ma continua a essere una forza vitale nel mondo moderno, portando speranza e cambiamento nelle vite di milioni di persone in tutto il mondo. Ogni donazione, grande o piccola, può fare la differenza nella vita di qualcuno. Quando hai la possibilità di tendere una mano, non esitare: potresti essere la luce di speranza di cui qualcuno ha disperatamente bisogno.

i presìdi slow food

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LE BUONE ABITUDINI QUOTIDIANE PER UNO STILE DI VITA SANO E

ALL’INSEGNA DEL BENESSERE di Debora Bizzi

Mens sana in corpore sano. Frase che affonda le sue radici nelle Satire del poeta romano Decimo Giunio Giovenale ma che è, ormai da anni, per molti un mantra. Con questa celebre frase, l’autore intendeva ammonire quegli uomini vanitosi che pregavano gli Dei richiedendo bellezza, ricchezza e fama. Giovenale, infatti, sosteneva che l’essere umano doveva aspirare solo a due beni, la buona salute di mente e di corpo.

Celebre frase che racchiude in sé una sempre più attuale verità: raggiungere l’equilibrio tra corpo e mente è determinante per vivere sani e bene. Tra fisicità e salute mentale. E per stare bene con sé stessi è necessario trovare quell’equilibrio tra corpo e mente. Equilibrio. Perché entrambi - corpo e mente - hanno un’importanza unica e preziosa. Sono due entità, due parole, con due significati differenti ma con un legame indissolubile. E stiamo attenti a non cadere nell’inganno di pensare che la mente per essere sana non richiede un corpo sano. Mente e corpo. Due entità diverse ma che fanno parte di un tutt’uno. La mente ha effetti sul corpo e viceversa. Sono due entità, due parole, con due significati, in continua influenza reciproca.

Ed è così che uno stato emotivo negativo può essere l’origine di

una malattia fisica e, viceversa, uno stato emotivo positivo può aiutare nella guarigione. A qualsiasi età. E quando si parla di mente sana in corpo sano si è soliti parlare di alcune abitudini fondamentali, essenziali, senza le quali è praticamente impossibile raggiungere questo connubio. Abitudini quali mangiare bene, dormire bene, praticare sport o comunque fare attività fisica. Ovviamente il tutto con tempo e costanza. Senza per forza rinunciare a qualcosa, ma semplicemente ponendo attenzione, e sostituendo le cattive abitudini con nuove e buone. E, spesso, in questi casi, non abbiate timore di farvi aiutare dai vostri amici, dalla famiglia, dalle persone a voi care. Perché il loro supporto potrebbe risultare davvero essenziale.

Cibo, sonno e sport. Sono questi i punti cardine di uno stile di vita sano e all’insegna del benessere. Mangiare frutta e verdura di stagione, prediligere prodotti a km 0 e naturali, moderare i grassi saturi, il consumo di sale e zuccheri, l’assunzione di alcool, … Prediligere un’alimentazione sana ed equilibrata, una dieta varia, con legumi, cereali e ortaggi, bere molta acqua, evitare cibi ricchi di acidi grassi pericolosi e di colesterolo (grassi soprattutto animali). E se siamo in dubbio su quali alimenti prediligere nella nostra

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dieta, sempre meglio chiedere il consiglio di uno specialista. Che in uno stile di vita sano e all’insegna del benessere è periodicamente presente nelle nostre vite, anche solo per delle visite di routine, perché prevenire è sempre meglio che curare. Non fumare. Anche questo è essenziale per vivere una vita sana. Ma tornando ai tre cardini di uno stile di vita sano e all’insegna del benessere, oltre all’alimentazione della quale abbiamo già dato alcuni consigli, l’attività fisica è fondamentale. Avere una vita attiva limita il rischio di ammalarsi e ci supporta per eventuali malattie. L’attività fisica, infatti, contribuisce ad abbassare i valori della pressione arteriosa e quelli dell’ipercolesterolemia, a prevenire malattie cardiovascolari, obesità e sovrappeso, diabete, osteoporosi; contribuisce, inoltre, al benessere psicologico, riducendo ansia, depressione e senso di solitudine. Dormire almeno otto ore a notte, infine, è essenziale per svegliarsi attivi e rigenerati. Per ricaricare le nostre batterie. Dormendo, in particolare durante la fase REM, l’ipofisi produce l’ormone della crescita, grazie al quale il nostro organismo elimina le tossine e sostituisce le cellule morte; il sistema nervoso immagazzina e memorizza le cose apprese durante la giornata. Dormire bene, almeno 8 ore al giorno, aiuta dunque le nostre capacità mnemoniche. Inoltre, il nostro cervello utilizza i sogni notturni per rilassarsi e calmare la tensione psichica accumulata durante il giorno.

Dormire bene, almeno 8 ore al giorno, aiuta a rinforzare le difese immunitarie e a mantenere costante il livello della pressione sanguigna, aiuta a mantenersi in forma.

Avere queste buone abitudini per uno stile di vita sano e all’insegna del benessere significa scegliere di avere l’opportunità, la capacità e la motivazione di agire positivamente sul nostro benessere fisico e mentale.

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TRASPORTO E MOBILITÀ SOSTENIBILE

Il concetto di mobilità sostenibile è stato soltanto di recente introdotto, nonostante il settore dei trasporti abbia sempre avuto un significativo impatto sull’ambiente. In Italia, ad esempio, si discute di mobilità sostenibile a partire dalla fine degli anni Novanta e solo con l’art. 22 della legge n. 340 del 24 novembre 2000 sono stati introdotti i cc.dd. Pums (“Piani Urbani di Mobilità Sostenibile”), resi a loro volta obbligatori soltanto nel 2017 e soltanto per le città sopra ai centomila abitanti.

L’obiettivo del Pums è quello di definire azioni volte a migliorare l’efficienza della mobilità, integrandola con gli sviluppi urbanistici e territoriali, al fine di raggiungere livelli quantomeno sufficienti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In effetti, se correttamente impostata, la mobilità sostenibile si trasforma in uno strumento rilevante per limitare l’impatto ambientale dei trasporti, in maniera, per così dire, intelligente, in quanto consente di creare una modalità alternativa di movimento che sia vantaggiosa anche per le persone. Non a caso, nella definizione più comune di trasporto sostenibile non vengono inglobati soltanto elementi relativi alla riduzione dei rischi di inquinamento, al risparmio energetico, alla salvaguardia della salute e dello spazio pubblico, ma, altresì, concetti inerenti all’ideale raggiungimento di una mobilità “integrata”, in cui sia, cioè, possibile muoversi liberamente tra diversi mezzi di trasporto e a piedi.

Anche il Consiglio Europeo è intervenuto sul tema, dichiarando, nell’ambito della strategia europea in materia di sviluppo sostenibile del 2006, che la mobilità sostenibile deve avere come obiettivo quello di garantire che i sistemi di trasporto corrispondano ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, cercando, al contempo, di minimizzare le ripercussioni negative che determinati investimenti possano creare sull’economia. Tuttavia, la strada da percorrere per centrare completamente l’obiettivo della mobilità sostenibile è ancora lunga.

L’Urban Mobility Readiness (UMR) Index – rapporto annuale dell’Oliver Wyman Forum e dell’Università della California – ha stilato una classifica delle città con la mobilità più smart, dalla quale è emerso che sono pochi i paesi in cui è stata raggiunta una mobilità “a misura di cittadino” (cfr. https://www.economyup.it/mobilita/mobilita-sostenibile-cose-i-progetti-gli-incentivi-per-il-nuovo-modo-di-muoversi-nel-rispetto-dellambiente/).

Tra questi, meritano citazione San Francisco, Stoccolma, Helsinki, Singapore e Zurigo.

Stoccolma, peraltro, era stata già indicata nel 2020, dal City Mobility Index di Deloitte, come la città con la mobilità più intelligente, seguita, comunque, da Singapore e Amsterdam.

Quest’ultimo report prendeva, in realtà, in esame diversi criteri per la ricerca, incentrati sulle tre macroaree di “Prestazioni e resilienza”, “Visione e leadership” e “Servizio e inclusione” Infatti, per ogni città, la classificazione è risultata diversa a seconda del profilo di riferimento; basti pensare che Amsterdam è stata ritenuta “leader globale” nell’ambito della visione, ma solo una città “aspirante” per l’accessibilità dei trasporti, posto che il mezzo circolante principale è ancora rappresentato della auto private. Solo il 4% di chi vive ad Amsterdam preferisce camminare, al contrario di quanto accade, ad esempio, a Tokyo, dove, a fronte di una classificazione quale città “aspirante” in termini di qualità dell’aria, il 24% dei suoi cittadini si muove a piedi (cfr. https:// www.economyup.it/mobilita/mobilita-sostenibile-cose-i-progetti-gli-incentivi-per-il-nuovo-modo-di-muoversi-nel-rispetto-dellambiente/).

Per quanto concerne le statistiche dell’Italia, invece, secondo il “16° Rapporto di Euromobility sulla mobilità sostenibile nelle principali 50 città italiane”, Bologna è al primo posto per la mobilità sostenibile, seguita da Torino, Firenze e Milano, mentre le meno sostenibili sono Sassari, Potenza e Catania (cfr. https:// www.ingenio-web.it/articoli/mobilita-sostenibile-bologna-citta-in-vetta-alla-classifica-secondo-il-16-rapporto-euromobility/).

Insomma, molte prospettive sono già cambiate grazie a una serie di consapevolezze acquisite e alla modifica delle abitudini dei cittadini; camminare o andare in bicicletta non vengono più considerate come necessità, quanto piuttosto come strumenti che apportano (anche) benefici alla propria salute e al territorio in cui si vive, stante il ridotto impatto ambientale.

Tutti noi potremmo quotidianamente contribuire allo sviluppo di una mobilità sostenibile con gesti apparentemente inutili, ma che, se considerati collettivamente, potrebbero apportare rilevanti miglioramenti; ad esempio, ove possibile, sarebbe preferibile la c.d. mobilità “dolce” (e.g. camminare) o quella condivisa e si dovrebbero sempre osservare regole su velocità e controlli, oltre a scegliere di acquistare veicoli e motocicli meno inquinanti.

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MARCHIO E ROYALTIES: COME SFRUTTARLI LEGALMENTE, ANCHE COME LEVA FISCALE

dell’Avv. Simone Facchinetti

Possono godere dell’esenzione fiscale tanto i marchi celebri quanto quelli meno utilizzati. A tal fine occorre innanzitutto la registrazione del marchio in quanto fondamentale per poter dare certezza ai terzi dell’esistenza del marchio, tutelandolo tramite documentazione certa e precisa.

Brand, e quindi nome, e marchio registrato non sono sinonimi.

Il marchio ha tutela giuridica e, una volta registrato, si tutela verso terzi e beneficia di vantaggi fiscali; il nome, invece, non ha la stessa tutela giuridica e non sfrutta i vantaggi fiscali.

I requisiti fiscali per registrare un marchio sono:

- la novità, ovvero non deve esistere un marchio simile già registrato nel medesimo territorio (nazionale, europeo e per ogni stato UE) per la stessa categoria merceologica;

- la capacità distintiva, ovvero deve essere originale per evitare il rischio di essere contraffatto;

- la liceità, ovvero deve essere conforme alle leggi.

Per verificare se un marchio è effettivamente nuovo l’iter è diverso da paese a paese.

Come prima cosa occorre verificare l’anteriorità

e controllare se esiste un marchio simile già registrato o se il nuovo può confondersi con un altro esistente.

È, inoltre, necessario che il marchio sia distintivo in ogni suo aspetto.

Cosa tenere in considerazione per valutare marchio (fattori interni o esterni all’azienda):

- notorietà marchio

- settore di riferimento

- reputazione

- capacità di generare reddito

- capacità di distinguersi dalla concorrenza

L’esatto valore del marchio, e quindi delle royalties dovute, viene deciso sulla base di una perizia secondo quanto disposto dalla Cassazione che ha affermato con ordinanza che “sono indeducibili i costi tramite criteri forfettari privi di certezza e riscontri documentali”. Deve, dunque, essere un professionista esperto in marchi a valutare tramite perizia con certezza il valore delle royalties applicabili al marchio in base all’attività esercitata. Pertanto, il valore del marchio è agganciato al valore del fatturato aziendale. La perizia va effettuata inizialmente quando il marchio viene dato

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del marchio

in concessione d’uso ed è soggetto a una valutazione decennale. Tuttavia, la perizia deve essere effettuata, altresì, ogni volta mutino le condizioni di valutazione del marchio, poiché se questo subisce un deprezzamento va rideterminato il suo valore.

La royalty rappresenta un corrispettivo che l’azienda paga per beneficiare dell’utilizzo marchio al titolare di questo. Pertanto, le somme sono dovute solo se esiste un contratto di licenza in cui sia stabilito in cambio dell’utilizzo del marchio un corrispettivo da pagare che non si determina forfettariamente ma, perché sia deducibile, deve essere determinato con perizia che individua la percentuale di utilizzo dello stesso quando concesso a terzi.

Le royalties sono tassate secondo il principio di cassa e, se il percettore e proprietario marchio è una persona fisica, non sono soggette ad IVA né ad INPS, ma vengono dedotte dalla società secondo il principio di competenza. È, dunque, possibile sfruttare l’utilizzo del marchio fiscalmente ed economicamente: l’azienda, personalità giuridica, è autonoma e a sé stante rispetto all’imprenditore titolare marchio, persona fisica. Il titolare concede alla sua azienda la licenza di uso del marchio e riceve una somma di denaro come corrispettivo della concessione in godimento del marchio da parte dell’azienda.

Il titolare che riceve le somme è parzialmente detassato perché le somme non sono soggette alla contribuzione INPS ed è, inoltre, tassato solo sulle somme che riceve, mentre l’azienda deduce tut-

to il costo anche se non corrisposto.

L’azienda risparmia, dunque, il 30% (24% IRES e 3,9 % IRAP in Lombardia) e ha il 30% in più di liquidità aziendale che permette di far fronte al flusso di cassa attuale e futuro.

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A sx: l’Avvocato Simone Facchinetti In basso: lo staff dello Studio Legale Facchinetti

ALLERGIE STAGIONALI PRIMAVERILI:

AFFRONTARE IL POLLINE CON SAGGEZZA di

Davide Tremante

Con l’arrivo della primavera, mentre gli alberi si vestono di foglie fresche e i fiori sbocciano in tutta la loro gloria, per molti inizia anche una battaglia contro gli allergeni stagionali, in particolare il temuto polline. Le allergie primaverili possono trasformare questo periodo dell’anno in un incubo per chi soffre di reazioni allergiche. Ma cosa sono esattamente le allergie e come affrontarle al meglio?

Le allergie sono reazioni immunitarie eccessive del corpo a sostanze normalmente innocue presenti nell’ambiente, chiamate allergeni. Quando una persona allergica viene esposta a un allergene, il sistema immunitario reagisce producendo anticorpi specifici e porta a sintomi spiacevoli come starnuti, prurito agli occhi, congestione nasale e tosse.

Nel caso delle allergie primaverili, il principale colpevole è il polline, che viene rilasciato dalle piante durante il processo di impollinazione. Quando il polline si diffonde nell’aria, può essere inalato e scatenare una risposta allergica nelle persone sensibili.

Durante la primavera, diversi tipi di polline sono particolarmente attivi e possono causare problemi a chi soffre di allergie. Alcuni dei principali colpevoli includono:

1. polline di alberi: alberi come betulla, quercia e frassino sono tra i principali responsabili delle allergie primaverili. Il loro polline può essere trasportato dal vento per lunghe distanze, rendendo difficile sfuggirgli.

2. Polline di erbe: anche alcune erbe, come l’erba medica e il timo, rilasciano il loro polline in primavera, contribuendo ai sintomi allergici.

3. Polline di fiori: anche se meno comune rispetto al polline degli alberi e delle erbe, il polline di alcune piante fiorite può

scatenare reazioni allergiche in alcune persone.

Se fai parte dei tanti che combattono contro le allergie stagionali primaverili, ecco alcuni consigli per alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita durante questa stagione:

1. monitora i livelli di polline: tieni d’occhio i report giornalieri sui livelli di polline nella tua zona e cerca di limitare le attività all’aperto durante i periodi di picco di polline.

2. Usa filtri per l’aria: installa filtri HEPA nei tuoi sistemi di climatizzazione per ridurre la quantità di polline all’interno della tua casa o del tuo ufficio.

3. Indossa maschere per il viso: se devi trascorrere del tempo all’aperto durante i periodi di picco di polline, indossa una maschera per il viso per ridurre l’inalazione di allergeni.

4. Lava regolarmente la biancheria da letto: lavare regolarmente lenzuola, coperte e federe può aiutare a rimuovere il polline accumulato e ridurre l’esposizione durante il sonno.

5. Consultare un medico: se i sintomi allergici interferiscono significativamente con la tua vita quotidiana, consulta un allergologo per valutare le opzioni di trattamento, che possono includere antistaminici, decongestionanti o immunoterapia.

Conclusioni

Le allergie stagionali primaverili possono rendere difficile godersi appieno la bellezza della stagione, ma con le giuste precauzioni e una gestione attenta, è possibile ridurre i sintomi e migliorare il comfort durante i mesi più allergici dell’anno. Ricorda che con la giusta strategia potrai affrontare il polline con saggezza e goderti la primavera al massimo.

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ENERGIA E

SOSTENIBILITÀ:

STRATEGIE EFFICACI PER RIDURRE I COSTI DELLE BOLLETTE di Margherita Ingoglia

Viviamo in un’epoca in cui ogni scelta quotidiana può influenzare il futuro del nostro pianeta.

Di conseguenza, adottare strategie efficaci per migliorare l’efficienza energetica domestica è fondamentale per una vita più sostenibile e consapevole. Queste non solo aiutano a ridurre i costi energetici, ma hanno anche un impatto positivo sull’ambiente.

Scopriamo come piccole modifiche possano fare una grande differenza.

ILLUMINAZIONE EFFICACE

L’illuminazione è un importante fattore di consumo energetico nelle abitazioni. Utilizzare lampadine LED e massimizzare l’ingresso di luce naturale può ridurre notevolmente il consumo di energia.

Le lampadine LED sono particolarmente efficienti, consumando fino all’80% di energia in meno rispetto alle tradizionali lampadine a incandescenza e durando molto di più.

Integrare tecnologie intelligenti che regolano l’illuminazione in base alla luminosità ambientale può ulteriormente ottimizzare il consumo energetico, attivando le luci solo quando necessario.

Tuttavia, l’illuminazione non è solo una questione di lampadine!

Una delle strategie più efficaci e sostenibili per ridurre il bisogno di illuminazione artificiale è sfruttare al massimo la luce solare.

Questa pratica riduce il consumo energetico e ha anche benefici psicologici, migliorando l’umore e la produttività.

Ecco come ridurre al minimo l’illuminazione artificiale: - pulizia delle finestre: mantenere le finestre pulite può sembrare banale, ma è sorprendente quanto più luminoso possa diventare uno spazio semplicemente eliminando lo strato di polvere che filtra e riduce la luce solare. Una pulizia settimanale è l’ideale per massimizzare la luminosità della tua casa.

- Colori chiari e riflettenti: pareti, soffitti e anche pavimenti di colori chiari non solo rendono gli ambienti più ariosi e spaziosi, ma riflettono meglio la luce naturale, riducendo la necessità di accendere le lampade.

- Disposizione dei mobili: posiziona le aree di lavoro e di lettura vicino alle finestre per sfruttare la luce naturale durante il giorno. Assicurati che niente blocchi la luce entrante, come mobili alti o scaffalature.

- Il trucco degli specchi: collocare specchi di fronte alle finestre

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può aiutare a riflettere ulteriormente la luce naturale all’interno della stanza, illuminando angoli che altrimenti resterebbero in ombra.

GESTIONE INTELLIGENTE DEGLI ELETTRODOMESTICI

L’efficienza degli elettrodomestici ha un impatto diretto sul consumo energetico di una casa.

Scegliere apparecchi di alta classe energetica, come quelli con rating A+++, pur rappresentando un investimento iniziale maggiore, offre notevoli risparmi nel lungo periodo.

Inoltre, è importante scegliere elettrodomestici che si adattano alle proprie reali necessità.

Un frigorifero troppo grande per un singolo o una coppia, per esempio, spreca energia inutilmente.

Consigli per un uso efficiente degli elettrodomestici:

- lavatrice, asciugatrice e lavastoviglie: utilizzale solo a pieno carico e scegli programmi eco, che lavano efficacemente a temperature più basse. Decalcificale regolarmente (una volta al mese) per mantenere l’efficienza.

- Cottura: usa pentole a pressione o a vapore per cucinare più velocemente. In alternativa, anche solamente l’utilizzo dei coperchi sulle pentole riduce i tempi e l’energia necessari.

- Frigoriferi e congelatori: mantieni questi apparecchi lontani da fonti di calore e non riempirli eccessivamente, per permettere una circolazione ottimale dell’aria fredda. Scongela frequentemente il congelatore per evitare accumuli di ghiaccio che aumentano il consumo.

- Riduzione del Consumo in Standby: molti dispositivi con-

sumano energia in modalità standby. Utilizzare ciabatte elettriche con interruttori può aiutare a spegnere completamente i dispositivi quando non sono in uso, eliminando il consumo inutile e riducendo i costi energetici.

EFFICIENZA NELLA CLIMATIZZAZIONE

Un sistema di climatizzazione efficiente è cruciale per una gestione energetica efficace.

Regolare correttamente il sistema di climatizzazione e migliorare l’isolamento dell’abitazione può fare una grande differenza.

Per approfondire come gestire efficacemente la climatizzazione estiva e altre strategie per risparmiare energia, leggi l’articolo “Estate: Come Raffrescare e Risparmiare Energia” presente in questo numero, che offre consigli pratici su come ottimizzare l’uso dei climatizzatori durante i mesi caldi.

INVESTIMENTI A LUNGO TERMINE

Optare per sistemi energetici autonomi come il fotovoltaico e l’accumulo di energia è un investimento strategico che garantisce indipendenza energetica e sostenibilità a lungo termine. Queste tecnologie non solo riducono la dipendenza dalla rete elettrica ma offrono anche la possibilità di generare energia rinnovabile in loco.

Adottare queste strategie nella vita quotidiana può trasformare significativamente il modo in cui consumiamo energia, rendendo le nostre case non solo più efficienti ma anche ambientalmente sostenibili.

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LA PRIMAVERA E LA LETTERATURA GIAPPONESE: I SAKURA E GLI “HAIKU” DI PRIMAVERA di Martina Campanelli

La Primavera è la stagione della rinascita; la troviamo nella quotidianità, nella musica e nella letteratura.

Ci lasciamo alle spalle l’inverno e gli alberi spogli per immergerci in prati colorati coperti da un cielo sereno ed avvolti da un caldo tepore che risveglia la natura.

L’equinozio di Primavera è in Giappone una festa nazionale che fa parte di una lunga settimana colma di festeggiamenti, la così detta “Primavera Higan”. Quest’ultimo termine in giapponese significa letteralmente “l’altra sponda” e simboleggia il passaggio da una stagione all’altra, ma anche un metaforico passaggio dal buio alla luce; “l’altro lato della Primavera” che in Giappone è legato alla natura ma in generale con l’inizio di tutto, scuola, lavoro e anno fiscale.

Dal punto di vista culturale, bisogna considerare che in Giappone lo shintoismo ha origine sia dal timore quasi reverenziale per la natura, causato dai diversi disastri naturali che hanno sempre devastato l’arcipelago nipponico, sia dai riti legati alla tradizione contadina. Non c’è perciò da stupirsi se i giapponesi hanno sviluppato nel corso dei secoli una profonda devozione nei confronti dei fenomeni naturali e se i periodi dell’anno sono scanditi da una serie di celebrazioni di origine antica.

Tre termini cardine vengono collegati alla primavera ed ognuno di essi racchiude un significato metaforico; vediamoli insieme.

OUBAITORI

In Giappone, tale termine si ricollega alla fioritura dei quattro principali alberi da frutto che fioriscono in tutto il territorio: il pruno, l’albicocco, il ciliegio e il pesco che regalano profumi e colori differenti. Come in natura, anche l’umanità è variopinta, ciascuna persona ha una caratteristica e unica aura personale: siamo tutti diversi e viviamo secondo modalità e tempi altrettanto diversi. Ognuno segue il proprio cammino, sia esso un sentiero roccioso, un fiume da attraversare o una scala di nuvole: accettare sé stessi significa apprezzare i propri colori, il profumo che si emana e i frutti che si producono, indipendentemente da quali essi siano, che si tratti di pesche, prugne, albicocche o ciliegie.

KOMOREBI

Letteralmente “luce che filtra tra gli alberi”, quella del Komorebi è una filosofia che induce ad apprezzare quell’atmosfera soffusa e magica che si ricrea quando il cielo è anticipato da una rete di fitte fronde. Infatti, nonostante gli alberi oscurino il cielo, la luce riesce comunque a penetrare quell’oscurità e a riscaldare l’ambiente sottostante, rendendolo fertile e rigoglioso. Allo stesso modo funzionano i pensieri umani: dal caos che spesso rende poco nitide le idee presenti nelle nostre menti, si diramano fasci luminosi e brillanti.

Aspettare e pensare ad altro, alla fine, renderà chiara e luminosa anche la questione più irrisolta e tormentata.

WABI SABI

Della primavera sono celebrate, fin dai tempi antichi, la fertilità, ma soprattutto la bellezza: con i suoi prati fioriti, il vento profumato e il tepore sulla pelle, tutto appare perfetto in questa stagione.

Il concetto del Wabi-sabi, però, ricorda che non solo nella perfezione esiste bellezza, ma che è possibile trovarla anche in un fiore appassito, in un frutto acerbo o in una farfalla senz’ali. Spesso, si tende ad apprezzare ciò che, per convenzione, è considerato bello. Risulta semplice, così, godere del sole piuttosto che della pioggia o preferire un diamante a un sassolino, ma chi pratica questa filosofia rifiuta il lusso (“wabi“) e coltiva la serenità derivante dalla maturità intellettuale (“sabi“).

Secondo il Wabi-sabi, la vita e i beni materiali sono transitori e, per questo motivo, sfuggevoli. Per vivere un’esistenza felice e serena, essi vanno lasciati andare cosicché sia possibile acquisire un maggiore livello di umiltà, semplicità e serenità con sé stessi.

Il culmine della sensibilità giapponese verso la bellezza e la percezione della natura, con la descrizione del cambiamento delle stagioni, si concretizza indubbiamente negli Haiku.

L’Haiku è una delle più semplici e sincere forme di poesia, composto da 17 sillabe distribuite su 3 righe e che racchiude la bellezza della lingua giapponese; in questo breve componimento si condensano le emozioni e le sfumature del sentimento verso il cambiamento delle stagioni.

Ogni stagione è caratterizzata da propri Kigo, parole chiave essenziali di questo piccolo componimento poetico e quelli della primavera sono:

- Legati ai cambiamenti atmosferici che annunciano la primavera (Haru, la primavera; Haru tatsu, la primavera che cominincia; Kasumi, la foschia; Harui Ichiban, il vento della primavera; Atatakai, tiepido)

- Legati alle celebrazioni del periodo (HinaMatsuri, il festival delle Bambine festeggiato il 3 marzo; HanaMatsuri, il festival della fioritura festeggiato l’8 aprile)

- Legati al mondo degli animali (Kaeru, la rana che gracida; Tsubame, la rondine; Hibari, l’allodola; Harutsugedori, un uccellino canoro il cui canto annuncia la primavera)

Di seguito quattro esempi di Haiku che ruotano intorno alla Primavera e le sue immagini evocative:

Primavera

nella mia capanna non c’è nulla e c’è tutto Il significato di questo haiku è che dietro una povertà apparente, c’è invece un’inesauribile ricchezza

“Il consiglio del colombo” di Kobayashi Issa Su, allocco mio, muta la tua espressione! Questa è pioggia di primavera

Per capire questo Haiku serve sapere un fatto a cui i giapponesi fanno attenzione, cioè che quando piove il colombo si lascia bagnare, mentre l’allocco cerca riparo negli incavi degli alberi. In questa poesia il colombo incita l’allocco ad affrontare con serenità gli eventi naturali, senza nascondersi; questa non è una tempesta

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invernale ma una leggera pioggia primaverile.

Di seguito un Haiku di Takahama Kyoshi Vento di primavera Portando con me l’animo in lotta, in piedi sulla collina.

In piedi su una collina, con il vento intorno e dentro, Takayama Kyoshi trova una corrispondenza tra l’anima in lotta dentro di lui e il mondo che pare in lotta fuori da lui.

E per finire un altro bellissimo Haiku di Kobayashi Issa che esprime totalmente i tre elementi essenziali tipici di questo componimento: il tempo che passa, l’emozione degli esseri umani e una morale. Oltre alle preoccupazioni ed affanni umani, c’è la forza del cosmo e del ciclo della vita: il mondo non è perduto perché ricoperto di fiori.

Mondo in sofferenza eppure i ciliegi sono in fiore

I kigo della primavera forse più famosi sono infatti quelli legati alla flora come agli Ume, i pruni, i Nogusa, i fiori di campo e i Sakura, i fiori di ciliegio.

In linea con l’estetica giapponese, che vuole che tutto ciò che è bello sia anche effimero, anche i sakura incarnano l’intrinseca

malinconia di ciò che è destinato a finire presto. Il “mono no aware” (letteralmente “sensibilità delle cose”) è il concetto buddhista alla base di questo modo di pensare: tutto è precario, effimero e destinato a concludersi, ma proprio per questo motivo è anche bello, struggente e commovente. Questo fiore sboccia in modo appariscente ma dura solo pochi giorni e diventa simbolo della fugacità della bellezza e della vita: i Sakura hanno infatti in sé significati contradittori simboleggiando vita e morte, bellezza e caducità. Lo sbocciare dei fiori di ciliegio porta un senso di vitalità ma la loro breve vita ci ricorda quanto essa sia effimera. La metafora del sakura è centrale nel buddismo, dove il fiore del ciliegio ricorda ogni anno la natura effimera di tutte le cose, anche di quelle apparentemente destinate a durare.

Il popolo giapponese nutre un profondo amore verso questa pianta, legata a simboli e significati cardine per la sua sensibilità; alla contemplazione della fioritura dei ciliegi è dedicata una festa, l’Hanami, momento in cui tutta la nazione si prende una pausa dalla vita frenetica per ammirarli, organizzando pic-nic in compagnia di amici e parenti e diventando quindi un momento di comunione e contemplazione mentre si viene abbracciati dalle mille sfumature dei fiori che vanno dal fucsia al rosa fino al bianco. Addirittura si ammirano i ciliegi anche di notte, con la luce delle tradizionali lanterne di carta e in questo caso l’Hanami viene chiamato Yozakura.

Questa pratica ha origini antichissime e ad essa è legata una bellissima leggenda del folklore giapponese sulla fioritura del

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ciliegio.

Si narra che in una foresta incontaminata crescesse un ciliegio che non riusciva a fiorire; la sua aura negativa e triste impediva all’erba di crescere e agli animali di avvicinarsi. L’ albero era come bloccato, incapace di sbocciare e di vivere. Attirata da questa stranezza, una Kami, una divinità boschiva, ebbe compassione dell’albero e gli offrì il suo aiuto dandogli la capacità di trasformarsi in uomo così che potesse viaggiare e trovare delle ragioni buone e belle che lo portassero a fiorire; aveva un anno per trovare un motivo che gli permettesse di sbocciare, scaduto il quale sarebbe morto. Il ciliegio accettò, ma in principio l’umanità non gli piacque, così presa da guerre di potere, morte e violenza ma poi incontrò Sakura, una giovane donna, a cui si presentò col nome di Yohiro, ossia “speranza”.

I due si innamorarono ed il ciliegio confessò a Sakura la sua vera natura; l’anno era quasi passato e la dea si ripresentò per chiedere a Yohiro se fosse pronto a sbocciare o purtroppo a morire. Fu allora che Sakura capì che non poteva rimare senza il ciliegio, così la divinità le propose di fondersi a Yohiro nello stesso albero per stare insieme a lui per sempre; lei accettò e, quando i due amanti si abbracciarono, diventarono una cosa sola. A quel punto l’albero sbocciò, riempiendosi di centinaia di fiori rosa, simbolo di un amore eterno.

l significato spirituale e filosofico evocato dai fiori di ciliegio non si ferma alla religione e alla natura, ma attraversa i confini e si unisce anche al mondo della “guerra”.

Non per nulla, i Samurai venivano paragonati ai fiori di ciliegio:

la loro vita era magnifica e potente ma sempre pronta a spegnersi nel momento di maggiore vigore.

Il bushido, ovvero la morale e la vita dei samurai, ha una simbologia profondamente intrecciata con quella del sakura: come il ciliegio concentra la sua energia in piccoli fiori modesti, ma che insieme danno vita ad uno spettacolo forte e maestoso.

Allo stesso modo, come il ciliegio può assistere alla sua intera fioritura spazzata via dal vento, ma nonostante ciò fiorisce ogni anno, così nel bushido si dà tutta la propria energia sapendo che può essere uno sforzo effimero.

In battaglia, i samurai affrontano gli scontri con lo spirito del Sakura e ne imitano l’insegnamento nel mettere massimo impegno e dedizione in ogni cosa, senza che la paura della morte possa influenzare i propri comportamenti.

Durante la seconda guerra mondiale, gli aerei dei piloti kamikaze erano decorati con fiori di ciliegio; essi simboleggiavano la loro morte come splendidi petali di ciliegio caduti per l’imperatore. L’Hanami racchiude un momento di malinconia e di forte presa di coscienza sulla natura dell’esistenza. In giapponese, si parla di “mono no aware”, ossia la “sensibilità delle cose”, un concetto che evoca l’emozione suscitata dalla bellezza delle cose e dal senso di nostalgia che il loro cambiamento provoca in noi esseri umani. Tuttavia, questo non deve essere un limite, ma deve ispirare a vivere bene e intensamente e ad assaporare ogni momento bello dell’esistenza. Infatti, sebbene la sua fioritura duri pochi giorni, ciò non impedisce al ciliegio di sbocciare ogni anno in modo maestoso e variopinto!

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TEAM BUILDING:

STORIA ED ESEMPI DI UN ASPETTO UMANO SOTTOVALUTATO di Leonardo Tiene

Il concetto di team building non è nato da una notte all’alba, ma ha radici profonde nella comprensione dell’essere umano e delle dinamiche di gruppo. Nasce da una constatazione semplice ma potente che il successo di un gruppo dipende non solo dalle competenze individuali dei suoi membri, ma anche dalla qualità delle relazioni all’interno del team. Questa intuizione è stata supportata dalla scienza, che ha dimostrato ripetutamente l’efficacia del team building nel migliorare la produttività, la coesione di gruppo e la soddisfazione sul lavoro.

Studi nel campo della psicologia sociale hanno dimostrato che i team coesi e ben integrati tendono ad essere più efficaci nel raggiungere gli obiettivi comuni. Quando i membri di un team si fidano l’un l’altro, comunicano apertamente e lavorano insieme in armonia, sono in grado di affrontare sfide più grandi e di ottenere risultati migliori. Ma partiamo dalla storia!

Le radici del team building risalgono agli anni ‘20 e ‘30 del XX secolo, quando psicologi come Kurt Lewin iniziarono a studiare le dinamiche dei gruppi e i processi di leadership. Lewin e altri pionieri della psicologia sociale hanno sviluppato teorie e concetti che hanno fornito le basi per le moderne pratiche di team building. Negli anni successivi questo concetto è stato adottato da aziende e organizzazioni di tutto il mondo come strumento per migliorare le prestazioni del team e promuovere il benessere organizzativo.

Oggi è una pratica diffusa in molte organizzazioni, dalle piccole imprese alle grandi multinazionali. Le attività di team building, infatti, vanno dal divertente al formativo, e possono includere giochi, attività all’aperto, laboratori di problem solving e seminari di comunicazione. Indipendentemente dalla forma che assumono, tutte queste attività hanno lo stesso obiettivo: promuovere la fiducia, migliorare la comunicazione e rafforzare i legami tra i membri del team.

Vediamo alcuni esempi pratici.

1. Giornate all’aperto: attività come trekking, arrampicata o rafting non solo promuovono il lavoro di squadra, ma anche la fiducia reciproca e la risoluzione dei problemi. Affrontare sfide insieme in un ambiente naturale può rafforzare i legami tra i membri del team.

2. Laboratori di problem solving: queste attività mettono in evidenza le abilità di risoluzione dei problemi del team attraverso giochi e rompicapi. Affrontare insieme problemi complessi aiuta a sviluppare strategie di collaborazione e a migliorare la capacità di lavorare insieme per trovare soluzioni efficaci.

3. Seminari di comunicazione: la comunicazione è fondamentale per il successo di un team. I seminari di comunicazione possono aiutare i membri del team a comprendere meglio i propri stili comunicativi, a praticare l’ascolto attivo e a migliorare la capacità di comunicare in modo chiaro ed efficace.

4. Attività creative: dipingere insieme, scrivere una storia a più mani o partecipare a un corso di cucina sono solo alcuni esempi di attività creative che possono promuovere la collaborazione e l’innovazione all’interno del team. Lavorare insieme su progetti artistici o culinari stimola la creatività e rafforza i legami tra i membri del team.

Investire sul team building è una mossa saggia quindi che spinge verso l’efficacia e il benessere del team. Basato su solide fondamenta scientifiche, è una pratica che ha dimostrato più volte di poter migliorare le prestazioni del team e portare a risultati tangibili sul posto di lavoro. Quindi, quando si tratta di costruire una squadra di successo, oltre anche al lavoro, il team building è uno strumento che non può essere sottovalutato ma, piuttosto, scontato.

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uesto mese partiremo alla scoperta dell’Indonesia!

Gioiello dell’Asia sud-orientale, arcipelago ricco di culture affascinanti, paesaggi mozzafiato e avventure senza fine, composto da ben 17.000 isole.

VIAGGIO IN INDONESIA
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di Michela Viola

L’Indonesia è una terra di straordinaria diversità culturale, influenzata da secoli di scambi commerciali, migrazioni e colonizzazioni; sono presenti oltre 300 gruppi etnici e una miriade di lingue e tradizioni diverse.

La lingua ufficiale del Paese è l’indonesiano (o Bahasa Indonesia), e anche se le lingue e dialetti locali variano da regione a regione, il Bahasa Indonesia è ampiamente parlato e compreso, agevolando la comunicazione tra i locali.

L’Indonesia vanta la più grande popolazione musulmana al mondo: l’Islam è infatti la religione ufficiale di Stato, e viaggiando per il Paese è possibile scorgere numerose moschee.

La moneta ufficiale del Paese è la Rupia Indonesiana (IDR); a oggi, 1€ equivale a 17.201,2 IDR.

Il monte Gede Pangrango è la montagna più alta dell’Indonesia occidentale; situato nel Parco Nazionale di Halimun Salak, offre panorami spettacolari sulla giungla circostante e sulle vallate sottostanti.

Il fiume Kapuas, che scorre attraverso foreste pluviali e villaggi, è il più lungo del Paese.

Ma ciò che rende davvero unica l’Indonesia è la sua straordinaria bellezza naturale. Dai vulcani fumanti alle rigogliose foreste pluviali, dalle spiagge di sabbia bianca alle variopinte barriere coralline... le possibilità di avventura sono infinite!

Camminare fino alla vetta del monte Bromo sull’isola di Java al sorgere del sole, per ammirare il panorama mozzafiato sulla caldera vulcanica, è un’esperienza che lascia senza fiato. O ancora, le acque cristalline di Raja Ampat, al largo della costa della Nuova Guinea Occidentale, sono un paradiso per gli amanti dello snorkeling e del diving, con una ricchezza di biodiversità marina da lasciare a bocca aperta.

Jakarta è la capitale del Paese, caratterizzata dalla frenesia della vita quotidiana, ma ricca di storia e cultura. Con maestosi edifici coloniali alternati a imponenti grattacieli, Jakarta è un mix affascinante di antico e moderno che non smette mai di stupire.

Degna di nota è anche la giungla di Sumatra, un’autentica oasi di biodiversità, in cui è possibile avvistare oranghi selvaggi nel loro habitat naturale.

A Lombok è possibile scalare il maestoso vulcano Rinjani, per godere poi di panorami mozzafiato sulla caldera fumante e sulle isole circostanti. Sull’isola di Komodo, si può fare snorkeling tra le acque cristalline del Komodo National Park, e in cui poter anche avvistare l’iconico “Drago di Komodo”.

Per quanto ciascuna isola che compone l’arcipelago indonesiano sia ricca di meraviglie e consigliata per un viaggio nel Paese, l’isola di Bali è sicuramente una delle principali mete dell’Indonesia, destinazione rinomata per le sue spiagge paradisiache e la sua atmosfera rilassata, in cui potersi cimentare con il surf sulle onde turchesi dell’oceano Indiano o esplorare antichi templi nascosti

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tra le verdi foreste, oltre a godersi spettacolari tramonti sulla costa.

TEMPIO DI LEMPUYANG

Restando sull’isola di Bali, immancabile è la visita al tempio di Lempuyang, una delle mete spirituali più importanti e affascinanti dell’Indonesia. Conosciuto anche come “La Porta del Paradiso”, questo tempio è celebre per la sua iconica “Porta del Cielo” che offre una vista spettacolare del Monte Agung sullo sfondo. L’atmosfera mistica e il panorama mozzafiato attirano visitatori da tutto il mondo in cerca di tranquillità e contemplazione. Scalare i suoi gradini, circondati dalla foresta tropicale e sfiorati dall’aria fresca delle montagne, è un’esperienza che incanta i sensi e rigenera lo spirito. Il Tempio di Lempuyang rappresenta non solo una testimonianza della ricca tradizione religiosa di Bali, ma anche un luogo di connessione con la natura e di riflessione interiore.

Associazione a tutela dell’ambiente: Friends of the National Parks Foundation

L’Indonesia, con la sua ricca biodiversità e i suoi paesaggi mozzafiato, è un vero paradiso per gli amanti della natura. Tuttavia, la rapida crescita economica e lo sfruttamento delle risorse naturali hanno messo a dura prova gli ecosistemi del Paese. Per far fronte a questa emergenza, un’organizzazione si è distinta per il suo im-

pegno nella conservazione della natura: la Friends of the National Parks Foundation (FNPF)

La FNPF è un’organizzazione non governativa indipendente fondata nel 1997 con l’obiettivo di proteggere la ricca biodiversità del Paese, oltre a sostenere le comunità locali che da essa dipendono. La missione della FNPF è quella di salvaguardare gli habitat naturali, preservare le specie in pericolo e promuovere uno sviluppo sostenibile attraverso la tutela della natura e l’educazione ambientale.

L’organizzazione è impegnata in una serie di programmi e iniziative mirate a proteggere la flora e la fauna dell’Indonesia, uniche al mondo. Tra questi vi sono progetti di riforestazione per ripristinare le aree devastate dalla deforestazione, programmi di protezione delle specie a rischio (come, per esempio, l’orango del Borneo o il rinoceronte di Sumatra), e iniziative di sviluppo sostenibile per aiutare ed educare le comunità locali a prosperare in armonia con l’ambiente.

La FNPF collabora inoltre attivamente con le autorità locali, le organizzazioni governative, le aziende private e la gente del luogo per raggiungere i propri obiettivi di conservazione. Attraverso partenariati strategici e sinergie con altre organizzazioni ambientali, infatti, la FNPF è in grado di amplificare il suo impatto e di massimizzare le risorse disponibili per la protezione della natura.

Nonostante i successi della Friends of the National Parks Foundation, la lotta per la conservazione della natura in Indonesia è tutt’altro che terminata. La deforestazione, l’inquinamento e il commercio illegale di specie selvatiche continuano a minacciare gli ecosistemi del paese. Tuttavia, grazie all’impegno e alla dedizione dell’associazione e di altre organizzazioni simili, è possibile guardare con speranza verso un futuro in cui la bellezza naturale dell’Indonesia possa essere preservata, per il bene dell’ambiente e delle generazioni future.

Visita il sito dell’associazione per saperne di più: https://www. fnpf.org/?lang=it

In conclusione quindi, se siete alla ricerca di un viaggio indimenticabile, l’Indonesia vi aspetta a braccia aperte, pronta a sorprendervi e a incantarvi con la sua bellezza senza tempo.

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LE CATENE DELLA LIBERTÀ

Èuna piaga sociale ormai infetta da anni, che nessuna terapia riesce a lenire, mitigare o a far rimarginare. Forse occorrerebbe una sorta di gel piastrinico intriso di buona volontà, consapevolezza, disponibilità e, sicuramente, capacità cognitiva. Sto parlando dell’annoso problema delle carceri italiane. Non voglio entrare in argomenti che prestano la sponda a pensieri ideologici o di parte, anche perché probabilmente in tale contesto riflessivo non ci sono né vincitori, né vinti, dal momento che, tutti coloro che se ne sono occupati nel tempo, hanno sempre fallito. Certo che la materia da trattare non è di facile soluzione, visto che parliamo di dover gestire persone che soffrono per aver fatto soffrire. La differenza sta nel fatto che chi soffre per colpa loro, non lo hanno fatto per scelta. Occorrerebbe comunque, accantonando il desiderio dell’occhio per occhio, dente per dente, avere la forza di mettere in campo il sentimento della pietà, anche nei confronti magari di chi pietà non l’ha avuta. Bisogna poi farlo tra i marcati confini delle norme, obbligati come si è a far prevalere il raziocinio e la ragione, rispetto al sentimento e alla emozionalità. Dietro a quelle sbarre ci sono poi tanti soggetti variegati, ognuno con un ruolo diverso, ma tutti con una propria sensibilità: carcerati, agenti, impiegati, assistenti sociali, etc.

Tutti dovrebbero sapere che, dentro e fuori quelle celle, deve prevalere il principio della punizione e non della vendetta. Non è semplice vivere la condizione del non essere liberi, come è difficilissimo metabolizzare quella del privare della libertà o vigilare affinché non si riconquisti non avendone ancora diritto. L’etimologia delle parole stesse materializzano questa difficoltà. La parola prigione, per esempio, in latino significa prehensio, ovvero catturare.

Quando parliamo di galera, ci riferiamo storicamente alle avventurose galee, navi in legno dove i prigionieri erano costretti a remare.

Anche il termine carcere deriva dal latino, significando il coercere, cioè costringere.

Più sofisticato è il termine bagno penale, che altro non è che un preciso riferimento alla conversione dei bagni pubblici in prigioni in quel di Costantinopoli nella metà del Cinquecento.

Dall’aspetto tetro è invece il termine segrete, derivante sicuramente dai luoghi sotterranei dei castelli medievali, ove venivano rinchiusi i prigionieri, spesso sconosciuti ai più.

E poi non può mancare la farsesca espressione di finire al fresco, termine che si riferisce al fatto che, soprattutto nel passato, nelle celle non erano di certo previsti sistemi di riscaldamento. La prima prigione nel nostro Continente che ha rispecchiato il modello americano, è stata quella di Pentonville in Inghilterra, costruita nel 1842, dove ogni recluso veniva isolato dagli altri. Poiché il cibo veniva distribuito all’unisono, quando i detenuti

DETTO TRA NOI... di Sergio Grifoni

uscivano dalle rispettive celle, dovevano indossare una maschera, proprio per non riconoscersi tra loro.

Per risalire ai primordi, dobbiamo ancora una volta prendere in prestito la Bibbia, nel passo in cui si parla di un certo Giuseppe, figlio di Giacobbe, arrestato dai fratelli e gettato in una buia cisterna, in attesa di essere poi venduto come schiavo. Fu la prima volta che un individuo fu materialmente e fisicamente privato della sua libertà. Parlo volutamente di libertà fisica, visto che per quella spirituale non ci sono mai stati confini temporali.

Le motivazioni legate però alla privazione della libertà, risiedono in più ragioni apparentemente giustificative. Con la santa inquisizione, per esempio, il carcere a vita che veniva inflitto non era altro che un modo estremo per far espiare la pena, arrivando a quella di morte per i reati più gravi. Nel Medio Evo, per paura della fuga, venivano reclusi in carcere coloro che avevano contratto un debito, in attesa che onorassero gli impegni assunti. Era praticamente una carcerazione senza pena. Non si sa poi come potevano far fronte all’esposizione pecuniaria se stavano in galera! Questo sistema di coercizione preventiva, venne usata anche in Sardegna, durante gli anni del brigantaggio e delle faide fra falangi locali. Per evitare che si perpetrassero vendette e ritorsioni, spesso e volentieri, i massimi rappresentanti delle suddette famiglie, venivano prelevati e rinchiusi. La detenzione, soprattutto dalla borghesia, è stata anche oggetto di fornitura di mano d’opera che, se analizzata bene, può leggersi anche come sfruttamento. Senza volgere lo sguardo al sistema schiavistico del Sud America, basta ricordare infatti quante volte, anche nel nostro Paese, durante il periodo di guerra, i detenuti politici sono stati utilizzati per costruire strade, ponti e strutture comunque utili alla comunità. Quello non era un modo di redimere, ma solo di risparmiare. Il denominatore comune era sempre la parcellizzazione sistematica dello spazio e del tempo, attraverso l’isolamento costante del detenuto, considerato come strumento di redenzione.

Chissà se il proverbio “Chi va con lo zoppo, impara a zoppicare” prende spunto da ciò.

Nell’era pre-capitalistica il concetto si rovescia, non si sa se per opportunità, o convinzione.

Spunta improvvisamente l’assioma non assiomatico che, solo tenendo i detenuti insieme, oltre a poterli controllare con minori risorse umane e dispendio logistico, c’è anche l’opportunità di rendere palesi eventuali dimostrazioni punitive, utili per fungere da esempio.

Come quando gli eretici venivano condannati alla pubblica lapidazione o al rogo in piazza.

Alberto Sordi direbbe: “’na fregnaccia!!!”.

È ormai evidente che la teatralizzazione e il veder affliggere una punizione ad un proprio simile, anche estrema e meritata, non è

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un deterrente per scongiurare la ripetizione del reato.

E così agli albori dell’era moderna, si è cercato di trovare un compromesso fra le varie teorie comportamentali.

L’isolamento inizia ad essere praticato nella notte e durante i pasti, mentre il lavoro viene svolto in comune.

L’effetto è stato come quello di una aspirina per chi ha le placche in gola.

Il carcere poi, inteso come privazione della libertà, non lo si trova solo nei luoghi di reclusione e di custodia, ma si può materializzare anche negli ospedali, nei manicomi, negli ospizi, nelle fabbriche, nelle comunità terapeutiche, in famiglia.

Anche nella religione che, pur se vissuta con sano integralismo e sostenuta da una limpida fede, può diventare comunque privazione della libertà accettata.

Per questo il fenomeno delle carceri che scoppiano, dei suicidi

dei detenuti che aumentano, delle aggressioni agli agenti di custodia che lievitano, dei pizzini che circolano, della corruzione che dilaga, dei controlli che annaspano, è una piaga sociale ed affonda le proprie radici nel crescente disagio che le comunità vivono quotidianamente.

Il tutto a discapito di quelle astratte o pie intenzioni che vorrebbero fare dei luoghi di detenzione, qualunque essi siano, realtà dalla capacità rieducativa.

Pochi, a mio modesto avviso, sono coloro che, dopo aver vissuto una esperienza coercitiva, riescono a redimersi completamente. Detto fra noi, per costoro, resteranno sempre gli inevitabili pregiudizi della gente, gli amari sensi del proibizionismo, le sbirciatine fra le chiuse persiane della speranza.

Le rimaste manette dell’acquisita libertà.

ATLAS MAGAZINE | 34

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